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5. I DIODI
5.1. IL DIODO COME COMPONENTE CIRCUITALE.
La giunzione p-n può essere considerata una delle strutture elementari che compongono dispositivi
complessi, come transistori o circuiti integrati, ma può anche costituire di per se un dispositivo
circuitale distinto, che può sia esistere in forma integrata, che in forma di componente discreto. La
giunzione p-n utilizzata come elemento circuitale costituisce un diodo. La parte p e la parte n
mediante due contatti di tipo resistivo (detti ohmici) sono unite, eventualmente attraverso dei
percorsi conduttori, agli altri componenti integrati o, nel caso di componente discreto, a due
conduttori, i terminali o morsetti esterni del dispositivo.
Si riprendano ora in considerazione la caratteristica del diodo e il relativo simbolo circuitale. La
parte p del diodo viene detta anodo e contrassegnata da un triangolo o freccia con la punta rivolta
verso la parte n, indicata da una linea, detta catodo. Quando la tensione applicata è tale da rendere
l’anodo positivo rispetto al catodo la giunzione è polarizzata direttamente e si ha circolazione di
corrente diretta, nel verso da p a n, positiva rispetto al riferimento assunto. La corrente raggiunge un
valore apprezzabile per un valore della tensione applicata, indicato generalmente con V, che
assume il significato di tensione di accensione o tensione di soglia del diodo e nei diodi al Silicio
vale circa 0,6 V. Dopo la tensione di soglia la corrente sale rapidamente con andamento
esponenziale. Tuttavia, superato un certo valore, la corrente che scorre nel diodo non è più limitata
in pratica dalle leggi della giunzione, ma dalla resistenza serie della parte di semiconduttore più
lontana dalla giunzione, che può essere considerata una resistenza puramente ohmica. A questa poi
si sommano le resistenze dei contatti e dei reofori di collegamento. La caratteristica quindi, al di
sopra di certi valori di corrente, tende a diventare rettilinea, anziché avere un andamento
esponenziale. In polarizzazione inversa, con la parte n positiva rispetto alla parte p, la corrente è
praticamente nulla in quanto data dalla corrente di saturazione inversa, che, a seconda del materiale
impiegato e alle normali temperature di esercizio, assume valori di qualche nano- o picoampere.
Continuando ad aumentare la polarizzazione inversa fino a una tensione detta VBD (BD =
breakdown) si entra nella zona di scarica, in cui la corrente torna ad aumentare bruscamente. La
tensione di scarica diminuisce al crescere del drogaggio e può andare da qualche volt fino a migliaia
di volt. Anche nella zona di scarica inversa la caratteristica è pressoché rettilinea. In ambedue le
zone, diretta e inversa, poiché vi è circolazione di corrente con tensione applicata al diodo non
nulla, vi è una certa dissipazione di potenza. Si ha pertanto un riscaldamento che, quando fosse
eccessivo, potrebbe portare alla distruzione del dispositivo. Esiste pertanto un limite sulla massima
potenza dissipabile. Per rilevare la caratteristica del diodo si può ricorrere al circuito di fig.5.1, in
cui la resistenza R ha il duplice scopo di limitare la corrente nel circuito e permetterne la misura
mediante la misura della caduta di
tensione ai capi della resistenza
VR
VR
stessa.
Un
diodo
viene
I
caratterizzato
dal
costruttore
R
R
attraverso tutta una serie di
parametri, che compaiono nei fogli
Va tensione
V
Va
caratteristici
descrittivi
del
applicata variabile
dispositivo. Fra questi particolare
importanza hanno la corrente
Fig.5.1: Rilievo della caratteristica tensione corrente di un inversa di saturazione Is, la
resistenza diretta Rs (dell’ordine
diodo
della decina di ohm in diodi per
piccoli segnali e di valore via via decrescente man mano che la corrente diretta massima del diodo
aumenta), la capacità di transizione a tensione nulla CT, la tensione diretta VF a diversi valori di
corrente, la tensione di breakdown VBD. Un particolare interesse assume il tempo di ripristino
inverso, cioè il tempo necessario, quando si passa dalla polarizzazione diretta a quella inversa, per
rimuovere le due falde di portatori minoritari ai due lati della giunzione. Tale tempo determina le
caratteristiche dinamiche del diodo. Vi è poi tutta una serie di parametri ausiliari, quali ad esempio i
limiti massimi da non superare, di evidente significato. Il comportamento di un diodo è influenzato
dalla temperatura. All’aumentare di quest’ultima diminuisce la tensione di soglia, che nel campo di
temperatura previsto risulta compresa tra circa 0,8 V alla temperatura minima e 0,5 V alla
temperatura massima. Il coefficiente di temperatura è di circa -2mV/°C. La corrente inversa di
saturazione aumenta in modo esponenziale, raddoppiando per ogni aumento di temperatura di circa
10 °C. Passando ad esempio da 25°C alla massima temperatura di 175 °C, si avrà
I S ( 175 )  I S
175  25
( 25 )  2 10
 I S ( 25 )215
La corrente inversa di saturazione può quindi raggiungere valori niente affatto trascurabili, anche se
a temperatura ambiente è molto piccola. Se ad esempio un diodo ha, a 25 °C, una corrente di
saturazione di 100 nA, si ha:
I S (175)  100  10 9  32768 A  3,3 mA
La zona di possibile impiego del diodo è limitata dalla corrente massima, dalla tensione inversa
massima e dalla massima potenza che il diodo può dissipare per non subire un riscaldamento
eccessivo (fig.5.2). Per la massima potenza dissipabile esiste una curva di “derating” (fig.5.3) che ha
lo stesso andamento e lo stesso significato di quella vista in precedenza per i resistori.
PD
I
Imax
Pnominale
VBD Vmax
PDmax
V
25 °C
PDmax
Fig.5.2: SOA per un diodo
Tmax Tamb
Fig.5.3: “ Derating” della potenza nominale di
un diodo al crescere della temperatura
ambiente.
5.1.1. Classificazione dei diodi
Il diodo viene utilizzato come elemento non lineare; in pratica il diodo conduce o non conduce a
seconda del verso della tensione applicata. Un tale dispositivo può essere usato, come vedremo, allo
scopo di rettificare una forma d’onda o come rivelatore di inviluppo per la demodulazione di segnali
modulati. In entrambi i casi, a partire da un segnale a valore medio nullo, sfruttando il fatto che il
diodo conduce solo quando polarizzato in un solo verso, si ottiene un segnale pulsante, ma a valore
medio non nullo. Tuttavia esistono diodi usati per scopi diversi da quelli di rettificazione e il cui
funzionamento è spesso basato anche su fenomeni più complessi di quelli illustrati finora. Tentiamo
quindi una classificazione, necessariamente schematica, dei vari tipi di diodi, con brevi cenni ai
principi di funzionamento e alle applicazioni.
Diodi di segnale usati come rettificatori, rivelatori, demodulatori ecc. Sono componenti destinati a
trattare piccole potenze. Il principio di funzionamento è quello già visto, la struttura, profili di
drogaggio, estensione e profondità della giunzione, è ottimizzata in modo da ottenere le
caratteristiche desiderate per quanto riguarda la frequenza di lavoro, la conducibilità in
polarizzazione diretta, la tensione di scarica in polarizzazione inversa.
Diodi di potenza usati come raddrizzatori per alimentatori, per la conversione di energia da
corrente alternata in continua. Anche in questo
Raddrizzatori al Silicio per
caso la struttura è progettata in modo da
altissime potenze
ottimizzare certe caratteristiche, in particolare si
Tensione inversa fino a 5000 V
Corrente diretta media fino a 500 A
cerca di ottenere una elevata tensione di scarica
Sovracorrente momentanea di
in polarizzazione inversa e una bassa tensione
sovraccarico fino a 8500 A
ai capi del dispositivo in polarizzazione diretta.
Chiusure in metallo ceramica
I diodi per grandi potenze possono resistere a
tensioni inverse di diverse migliaia di V,
possono sostenere correnti medie di alcune
centinaia di A e sovracorrenti momentanee di
sovraccarico di parecchie migliaia di A. Le
dimensioni di questi dispositivi sono rilevanti,
raggiungendo lunghezze e diametri di parecchi
cm. Alcuni diodi per grandi potenze sono
mostrati in fig.5.4.
Diodi zener. Sono diodi progettati per lavorare
nella zona di scarica inversa. La tensione di
scarica dipende dal drogaggio del materiale.
Basse tensioni di scarica corrispondono a valori
elevati del drogaggio. In questo caso la zona di
Fig.5.4: Diodi di potenza
svuotamento è molto sottile e la scarica avviene
praticamente per effetto tunnel (spiegato al
punto successivo). Per drogaggi meno intensi, a cui corrispondono tensioni più elevate, la scarica
avviene per moltiplicazione a valanga dei portatori. Il passaggio fra le due modalità di scarica si ha
intorno a 6V. Nella zona della scarica il diodo presenta una piccola variazione di tensione per grandi
variazioni di corrente: si dice che la resistenza differenziale del diodo zener è piccola (in prima
approssimazione nulla). I diodi zener sono usati per esempio come regolatori di tensione o, come
vedremo, per creare dei gradini di tensione nella polarizzazione dei circuiti elettronici.
Diodi tunnel. Sono ottenuti con materiale a
polarizzazione diretta
I
drogaggio altissimo, intorno a 1019, 1020 atomi/cm3.
Si può mostrare che in un diodo, al crescere del
drogaggio, la caratteristica tensione corrente cambia,
da quella tipica già vista per il diodo normale, ad una
V
in cui si ha una forte conduzione sia in
polarizzazione inversa che in polarizzazione diretta.
La caratteristica del diodo tunnel presenta una zona a
polarizzazione inversa
resistenza differenziale negativa, fino a che, per
Fig.5.5: Caratteristica di un diodo normale elevati valori di tensione diretta si identifica con
e di un diodo tunnel. Si può pensare che il quella del diodo normale. La fig.5.5 mostra come si
passaggio dall’una all’altra avvenga evolve la caratteristica di una ipotetica giunzione
gradualmente al crescere del drogaggio.
quando il drogaggio diventa quello proprio di un
diodo tunnel. Il diodo tunnel veniva impiegato come interruttore e commutatore veloce. Oggi le sue
prestazioni sono superate da altri dispositivi, tuttavia la sua importanza culturale è notevole, in
quanto costituisce il primo componente di una classe di dispositivi basati strettamente su effetti
quantistici. La fig.5.6 spiega in modo schematico il funzionamento del diodo tunnel. A causa
dell’elevato drogaggio il livello di Fermi taglia la banda di valenza in zona p e la banda di
conduzione in zona n. Inoltre l’estensione della zona di carica spaziale è molto piccola. Ad essa
corrisponde quindi una barriera di potenziale molto sottile. L’effetto tunnel, che è specifico della
meccanica quantistica, cioè non trova spiegazione in termini di fisica classica, si manifesta nel
passaggio di elettroni attraverso una barriera di potenziale, anche se le particelle non possiedono
energia sufficiente per il superamento della barriera. Si dice che l’elettrone possiede anche al di là di
una barriera di potenziale una probabilità
p
n
spessore della zona di
di presenza, tanto maggiore quanto più la
Ec
carica spaziale
barriera stessa è sottile. L’elettrone
EG
conserva lo stesso livello energetico nel
polarizzazione
passaggio, quindi questo può verificarsi
diretta
Ev
se stati occupati da una parte vengono a
stati liberi
trovarsi affacciati a stati liberi dall’altra
EF
parte della barriera. Si osservi la fig.5.6,
che mostra il modello di banda di un
stati pieni
polarizzazione
diodo tunnel in equilibrio termico: come
inversa
si vede il livello di Fermi, orizzontale in
tutto il dispositivo, taglia la banda di
valenza in zona p e quella di conduzione
in zona n. In assenza di polarizzazione
Fig.5.6: Modello di banda del diodo tunnel
applicata i livelli che si corrispondono da
una e dall’altra parte della barriera di potenziale sono o liberi o occupati. Quindi, ovviamente del
resto, in assenza di polarizzazione non circola corrente. Se si fornisce una polarizzazione, le bande
in zona p e in zona n si sfalsano e, sia in polarizzazione diretta che in polarizzazione inversa,
vengono a trovarsi affacciati livelli occupati e livelli liberi. E’ quindi possibile il passaggio di
elettroni per effetto tunnel. Si osservi anche che nel caso di polarizzazione diretta si arriva a un
massimo di corrente quando tutti i livelli che stanno al di sotto del livello di Fermi in zona n sono
affacciati a quelli che stanno al di sopra del livello di Fermi in zona p. Al crescere ulteriore della
polarizzazione diretta l’estensione delle zone affacciate si riduce fino ad annullarsi, e il diodo tunnel
si comporta come un diodo normale.
Diodi varactor. Polarizzando un diodo inversamente, si ha a disposizione un dispositivo che si
comporta come un condensatore (capacità di transizione) pilotabile con la tensione applicata. I
diodi costruiti per questo scopo si chiamano diodi varactor: sono praticamente dei condensatori nei
quali il valore della capacità viene controllato in tensione e trovano applicazione negli apparati di
radiocomunicazione.
Diodi Shottky. Il contatto metallo - semiconduttore ( ad esempio Alluminio, Silicio n) può formare
una barriera rettificante. I diodi che utilizzano un contatto metallo semiconduttore si chiamano
Diodi Shottky. La loro tensione di accensione è più bassa di quella dei diodi al Silicio e per questo
motivo trovano applicazione per esempio nelle logiche veloci non saturanti.
Fotodiodi. In polarizzazione inversa la zona di giunzione è sensibile a tutte le sorgenti di energia
che possono generare coppie elettrone - lacuna. Quindi il diodo in polarizzazione inversa può
venire utilizzato per realizzare rivelatori di forme di energia incidente, come ad esempio fotoni. Si
parla in questo caso di fotorivelatori o di fotodiodi. Sistemando un gran numero di fotodiodi in
forma lineare o in una struttura a matrice si possono realizzare sensori lineari o bidimensionali per
scopi di esplorazione di immagini, come nelle applicazioni tipo telefax o videocamere.
Diodi luminescenti (LED). Sono diodi che utilizzano materiali in cui vi è un’alta probabilità di
ricombinazione radiante, cioè l’elettrone e la lacuna che si ricombinano hanno un’elevata
probabilità di dare origine a un fotone (la probabilità che ciò accada nel Silicio è praticamente zero).
I principi di funzionamento dei LED sono troppo complicati perché possano essere illustrati in
questa sede. Come già si è accennato nell’introduzione ai dispositivi a semiconduttore il capostipite
dei materiali per i LED può essere considerato l’Arseniuro di Gallio (GaAs). Molti dei materiali più
comunemente impiegati sono dei composti detti III -V dall’appartenenza degli elementi costituenti
alla tabella periodica degli elementi. Spesso si usano composti con tre o anche quattro elementi
costituenti (es. ALInGaP). Si usano anche materiali non III -V: ad es. il Carburo di Silicio (SiC), che
viene impiegato per LED emittenti nel blu. Il colore della radiazione emessa dipende dal gap
energetico: approssimativamente si può dire che la frequenza  della radiazione dipende dal gap
secondo la relazione E = h, con h costante di Planck. Il gap dipende dalla composizione e dal
drogaggio. I LED funzionano in forte conduzione. Le linee di sviluppo dei LED sono nel senso di
aumentare l’efficienza luminosa, estendere il campo delle lunghezze d’onda ottenibili e la vita
media, che comunque può già raggiungere le centomila ore. I Led vengono usati per indicatori,
talvolta per sostituire lampade, data anche la loro affidabilità molto maggiore, come ad esempio
nelle luci di frenata delle auto, per telecomandi ecc.
Diodi Laser. Per quanto riguarda i materiali valgono discorsi simili a quelli fatti per i LED. Nei
laser la presenza di cavità risonanti consente di ottenere radiazione con un grado di coerenza (non
possiamo soffermarci sul concetto di coerenza; in modo approssimato si può dire che una radiazione
con elevato grado di coerenza tende a essere costituita da una forma d’onda definita che resta
invariata nel tempo; la misura del grado di coerenza di una sorgente si effettua provocando
l’interferenza tra porzioni del campo prodotto dalla sorgente in tempi diversi - coerenza temporale e
in punti diversi dello spazio - coerenza spaziale). I laser sono in grado di produrre una luce con una
banda spettrale molto più stretta e molto più concentrata dei LED e vengono impiegati nelle
telecomunicazioni mediante fibra ottica, per la lettura/scrittura di dischi, per la lettura di codici a
barre ecc.
Accoppiatori ottici. Si consideri infine il circuito di fig.5.7, realizzato utilizzando un LED e un
fotodiodo. Un circuito di questo genere può servire per trasferire un’informazione dal lato emittente
al lato ricevente del circuito, assicurando tuttavia un isolamento galvanico (accoppiatori ottici veri e
propri) tra le due parti o ancora il circuito può essere utilizzato per rivelare quando un corpo opaco
si interpone tra il LED e il
R1
R2
fotodiodo. Si noti che, impiegando
LED ad alta efficienza, la
C
trasmissione può essere effettuata
LED
anche su distanze piuttosto
Ei
Vcc
Eu
rilevanti
(nel
visibile
o
nell’infrarosso - riservatezza della
trasmissione) e su bande abbastanza ampie. Ognuno può
Fig.5.7: Accoppiamento ottico tra LED e fotodiodo
costruirsi un trasmettitore a Led
che trasmetta ad esempio musica alla distanza di molte decine di metri.
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