N ISSN 2038-2553 Anno 34 - 2015 • Volume 33, n. 3 OTIZIARIO ALLERGOLOGIC Immunogenicità dei farmaci biologici: quale impatto clinico? Le “immunoterapie orfane” Il recettore ad alta affinità per le IgE VITAMINA D 1. e allergopatie, un rapporto affascinante, ma ancora controverso 2. e focus sui pazienti pediatrici allergici Anno 34, 2015 - Volume 33, n. 3 direttore responsabile Gianni Mistrello redazione Fabrizio Ottoboni progetto grafico Maura Fattorini Stampato da: Àncora Arti Grafiche via Benigno Crespi, 30 - 20159 Milano In copertina: Torre Unicredit amministrazione e pubblicità Lofarma S.p.A. Viale Cassala 40, 20143 - Milano tel. +39 02 581981 fax +39 02 8322512 e-mail: [email protected] www.lofarma.it www.lofarma.com Registrazione Tribunale di Milano n. 306 dell’ 1.8.1980 Pubblicazione Quadrimestrale Il Notiziario Allergologico è on-line su www.lofarma.it UniCredit Tower è il grattacielo più alto d’Italia con i suoi 230 metri d’altezza progettato dallo studio americano Pelli Clarke Pelli Architects. L’imponente Spire, posizionata in modo eccentrico è ormai uno dei simboli di Milano. I tre edifici che compongono il complesso UniCredit Tower hanno inoltre ricevuto dall’Us Green Building Council – organizzazione che promuove e garantisce, in oltre 100 Paesi nel mondo, un approccio globale alla sostenibilità – la certificazione Leed Gold. Il bollino “verde” rilasciato dall’Us Green Building Council certifica il 22,5% di risparmio energetiFotografia di Daniela Zelaschi Ottoboni co, il 37,3% di riduzione dell’utilizzo di acqua potabile negli edifici, il totale riutilizzo di acqua piovana, il 93% di riciclo dei rifiuti da cantiere, il 20,5% di materiale proveniente da riciclo utilizzato nelle costruzioni e, infine, il 41% di materiali di provenienza locale. sommario Notiziario Allergologico, Anno 34 - 2015 - Volume 33, n. 3 editoriale Il filo conduttore: Milano 2015 98 Fabrizio Ottoboni aggiornamenti Immunogenicità dei farmaci biologici: quale impatto clinico? 99 Alessandra Vultaggio, Andrea Matucci, Enrico Maggi Le “immunoterapie orfane” 107 Erminia Ridolo, Cristoforo Incorvaia, Marcello Montagni, Gianenrico Senna, Giovanni Passalacqua Il recettore ad alta affinità per le IgE 113 Rosa Molfetta e Rossella Paolini Vitamina D e allergopatie: un rapporto affascinante, ma ancora controverso 121 Carlo Lombardi Auguri134 Vitamina D: focus sui pazienti pediatrici allergici 135 Massimo Landi recensioni Fabrizio Ottoboni Editing del genoma con CRISPR/Cas 9 138 Liang P, Xu Y, Zhang X et al. Cloro della piscina e allergia 139 Bernard A, Nickmilder M, Dumont X Asma come fattore di rischio per herpes zoster negli adulti 140 Kwon HJ, Bang DW, Kim EN et al. Taglio cesareo e ripristino del microbioma nel neonato mediante tampone vaginale 141 Kristensen K, Henriksen L Dominguez-Bello MG, De Jesus-Laboy K, Shen N et al. Allergia ad Anisakis in Sicilia 142 Heffler E, Sberna ME, Sichili S et al. curiosità L’asma negli uomini famosi Gennaro D’Amato 143 editoriale Il filo conduttore: Milano 2015 Fabrizio Ottoboni M ilano… il 2015 è stato un anno straordinario. EXPO! Nella mia biblioteca ho trovato un vecchio almanacco della famiglia milanese del 1959 e vi riporto alcune frasi introduttive. “Volgendoci all’anno trascorso possiamo dire, con legittimo orgoglio, che Milano s’è mantenuta fedele al suo primato di operosità con coraggiose realizzazioni, con ispirate iniziative sia nel campo del lavoro sia in quello culturale. L’edilizia ha nuovamente allargati i confini della città, la Metropolitana ha progredito con ritmo meraviglioso, opere egregie sono state compiute o sviluppate nel campo dell’assistenza sociale, la reputazione di Milano è stata degnamente e meritatamente accresciuta nell’area del mercato comune sì da elencare la nostra città fra le capitali europee più valide quale sede convogliatrice dei nuovi traffici, la Fiera ha segnato uno sviluppo mai prima raggiunto”. Sostituendo il termine Fiera con EXPO il risultato è lo stesso. Un vero successo. In questo n° del Not Allergol vi presento lavori straordinari per creatività o per capacità di sintesi analitica. Tutti parlano di farmaci biologici, ma qual è l’impatto clinico? Alessandra Vultaggio espone in modo chiaro i pro ed i contra. Un problema molto sentito dagli allergologi: cosa faccio con allergie particolari? Erminia Ridolo e Coll. pongono all’’AIFA una domanda che chiede risposta. Esistono cittadini di serie A ed altri di serie B? Come lavora il recettore Fc eRI, il detonatore delle reazioni allergiche? Rosa Molfetta e Rossella Paolini ce lo spiegano in modo chiaro ed elegante. Tutti parlano della vitamina D nelle allergie. Chi benissimo, chi malissimo. Due grandi esperti fanno il punto sul 98 Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 problema. Carlo Lombardi presenta la vitamina D e le controversie, e Massimo Landi le conoscenze applicabili dai pediatri. Non male eh? Le mie recensioni non sono fatte col traduttore di Google applicato al summary. Avete constatato in passato che io vi offro la possibilità di approfondire senza fatica l’argomento. Anche stavolta vi offro delle “chicche” che penso meravigliose. A voi il giudizio ;-) Buona lettura aggiornamenti Immunogenicità dei farmaci biologici: quale impatto clinico? Alessandra Vultaggio* Andrea Matucci* Enrico Maggi° *SOD Immunoallergologia, AOU Careggi, Firenze °Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Università degli Studi di Firenze Immunogenicity of biological agents: what clinical impact? Not Allergol 2015; vol. 33: n.3: 99-106. introduzione L’introduzione dei farmaci biologici (biological agents - BA) ha rappresentato un passo fondamentale per il progresso della terapia di molte malattie tra le quali i disordini immuno-mediati e le patologie oncologiche. Tra i BA quelli di maggiore impiego sono rappresentati dagli anticorpi monoclonali e dalle proteine di fusione. Il numero dei BA attualmente commercializzati e il progressivo aumento delle patologie che oggi vengono trattate con questi nuovi farmaci, riflettono il loro successo d’impiego. Nel prossimo futuro è attesa la disponibilità di un numero crescente di BA capaci di interagire con molecole o fattori responsabili di diverse condizioni cliniche, che potranno trovare giovamento dall’applicazione di tali farmaci (1). Uno dei principali motivi che possono limitare il loro impiego è correlato alla loro immunogenicità, cioè al fatto che essi stessi rappresentano, almeno in una riassunto Parole chiave e sigle • immunogenicità • BA=farmaci biologici • anticorpi anti-farmaco • anticorpo monoclonale I farmaci biologici hanno profondamente modificato la storia naturale delle malattie immuno-mediate, ma presentano caratteristiche strutturali che determinano la loro capacità di indurre una risposta immune anti-farmaco. Questa capacità viene definita immunogenicità e si caratterizza per lo sviluppo di anticorpi specifici (anti-drug antibodies: ADA). Molteplici fattori contribuiscono a condizionare l’immunogenicità di un BA, alcuni dei quali correlate al farmaco stesso, alla modalità di somministrazione, alla patologia per la quale sono impiegati nonché alle caratteristiche del paziente. L’induzione di una risposta immune al farmaco può avere conseguenze cliniche o raramente rimanere un effetto biologico isolato. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, la produzione di ADA può complicarsi con riduzione dell'efficacia terapeutica o la comparsa di reazioni infusionali, anche di grave entità. discreta percentuale dei pazienti trattati, molecole verso le quali il sistema immunitario reagisce con la produzione di anticorpi anti-farmaco [anti-drug antibodies (ADA)]. Gli ADA possono interferire con l’efficacia del BA oppure possono essere responsabili di eventi avversi infusionali anche talvolta di grado severo (2). Gli ADA possono inoltre cross-reagire con strutture mo- lecolari endogene che rappresentano la controparte fisiologica del BA e quindi interferire con alcune funzioni fisiologiche. Molteplici fattori contribuiscono a condizionare l’immunogenicità di un BA, alcuni dei quali correlate al farmaco stesso, alla modalità di somministrazione, alla patologia per la quale sono impiegati nonché alle caratteristiche del paziente (3). Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 99 aggiornamenti summary Key words and Acronyms • Immunogenicity • BA= biological agents • anti-drug antibodies • monoclonal antibody Biological agents have deeply modified the natural history of immune-mediated diseases, but they display structural charachteristics leading to the development of a specific immune response. This capability is called immunogenicity and it is characterized by the development of anti-drug antibodies (ADA). Many factors contribute to the development of the immunogenicity, some of them drug-related or the route of administration. In addition the type of disease and patient’s characteristics may be important. The immunogenicity may or not have clinical outcomes. However in the majority of cases ADA development leads to a loss of response to the treatment or to the onset of infusion-related reactions, even severe. profilo di immunogenicità dei farmaci biologici: dati epidemiologici Tutti i farmaci biologici, incluse le proteine a struttura completamente umana, hanno la potenzialità di indurre immunogenicità con la conseguente produzione di ADA. E’ facile comprendere come gli anticorpi monoclonali, quali infliximab, cetuximab o rituximab, formati da regioni variabili di origine murina e regioni costanti corrispondenti a immunoglobuline umani, contenendo quindi xeno-antigeni riconosciuti come epitopi “non-self ” da parte del sistema immunitario, siano quindi capaci di stimolare una risposta immune. Tra i vari monoclonali chimerici infliximab largamente utilizzato per il trattamento delle patologie reumatologiche, dermatologiche e gastroenterologiche, costituisce uno degli esempi più classici per capire l’impatto della immunogenicità ed i suoi riflessi clinici. La prevalenza degli anticorpi anti- infliximab (ATI) varia dal 12% al 44% nei pazienti affetti da artrite reumatoide e tra il 6 ed il 61% in coloro che sono affetti da malattia di Crohn. Nella nostra esperienza in pazienti trattati con infliximab e affetti da varie patologie di tipo immuno-mediato, l’incidenza degli ATI è circa del 14% (2-6 review curr opin). La rimozione della componente murina dalla molecola, in modo parziale o completo, ha portato alla generazione di anticorpi monoclonali umanizzati o “fully human”, rispettivamente. Ciò ha sicuramente comportato una riduzione del fenomeno dell’ immunogenicità, anche se tuttavia non ha permesso una sua completa abrogazione. Anticorpi monoclonali umanizzati quali alemtuzumab e tocilizumab sono capaci di indurre una risposta immune rispettivamente in circa il 23% dei pazienti affetti da sclerosi multipla e nel 2-3% dei pazienti con artrite reumatoide (4). E’ molto interessante notare che anche anticorpi completamente umani possono indurre una marcata risposta 100 Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 immune anti-farmaco. Per esempio, adalimumab è risultato essere capace di indurre ADA nel 2,8-3,7% dei pazienti con malattia infiammatoria cronica dell’intestino e addirittura nel 70% dei pazienti con artrite reumatoide (5). Un altro anticorpo completamente umano, ma che ugualmente sembra possa indurre una risposta immune è golimumab, antagonista del TNF-α di più recente introduzione. Infatti, circa il 16% dei soggetti trattati ha dimostrato sviluppare anticorpi farmaco-specifici (6). Questi dati riguardanti un’ inattesa immunogenicità anche a carico dei monoclonali “fully human” sembra essere in relazione alla ben nota capacità del sistema immunitario di montare una risposta anti-idiotipo con produzione di anticorpi specifici nei confronti delle regioni variabili di altre molecole di immunoglobuline, in questo caso rappresentato dall’anticorpo monoclonale somministrato in relative grandi quantità al paziente. Il fenomeno della immunogenicità riguarda, sebbene in misura sicuramente più marginale, anche proteine di fusione quali etanercept, che sembra indurre una risposta anticorpale in una percentuale molto bassa di pazienti (7). Del resto, anche le proteine di fusione possono infatti essere immunogeniche per la formazione di neo antigeni nel punto di fusione delle due componenti della molecola. perché i farmaci biologici sono immunogenici? L’immunogenicità di ciascun farmaco biologico è determinata da una serie di aggiornamenti fattori, correlati in parte al farmaco in parte al paziente, che contribuiscono allo sviluppo della risposta immune (Figura 1). Il grado di immunizzazione non è il solo determinante intrinseco dell’immunogenicità. E’ ben noto che il pattern di glicosilazione, ossia la presenza di catene oligosaccaridi presenti sulla molecola biologica, come nel caso del cetuximab, o di altre modificazioni post-traslazionali (quali deamidazione o ossidazione) possono rappresentare fattori che conducono allo sviluppo di immunogenicità (8). Inoltre alcuni fattori aggiuntivi quali la formazione di aggregati, la contaminazione del prodotto con sostanze ad attività adiuvante-like, nonché il protocollo di somministrazione e l’uso di co-trattamenti possono influenzare il fenomeno (3). Tra i fattori sicuramente da sottolineare il ruolo delFigura 1 la somministrazione in modo episodico, ossia con cicli intervallati da pause corrispondenti alle fasi di remissione clinica. I pazienti in trattamento con infliximab secondo questa ultima modalità, hanno infatti maggiori probabilità di sviluppare ATI rispetto a coloro che sono trattati in modo continuativo (9). In aggiunta, anche l’uso di farmaci immunosoppressori può significativamente impattare sullo sviluppo degli ATI, soprattutto nei pazienti in trattamento episodico (9). E’ noto che il trattamento con alte dosi di BA è in grado di favorire fenomeni di tolleranza immunologica riducendo l’immunogenicità del farmaco (10). Infatti, una correlazione inversa tra dose del farmaco e frequenza di ADA è stata riportata sia in pazienti con artrite reumatoide che in pazienti affetti da malattia di Crohn (11). Per quanto concerne la modalità di somministrazione del far- Fattori condizionanti la comparsa di immunogenicità Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 maco, sappiamo che la via sottocutanea risulta sicuramente più immunogenica rispetto a quella endovenosa (3). Lo sviluppo degli ADA nei confronti di un determinato farmaco è condizionata dal tipo di patologia trattata. Ne è un esempio tipico, il trattamento con rituximab che può condurre allo sviluppo di ADA in circa l’1% ed il 4% dei pazienti trattati per linfoma B o per artrite reumatoide rispettivamente, ma addirittura in circa il 25% dei pazienti affetti da sindrome di Sjogren e vasculiti ANCAassociate e fino al 40% dei pazienti affetti da Lupus Eritematoso Sistemico (12,13,14). Riguardo ad infliximab una maggiore incidenza degli ADA è stata osservata in pazienti affetti da artrite reumatoide (62,5%) rispetto a coloro che sono affetti da artropatia sieronegativa o vasculite sistemica (37,5%) (15). Le ragioni di queste differenze non sono del tutto chiare, ma sono verosimilmente da mettere in relazione ai differenti meccanismi patogenetici di malattia che possono predisporre allo sviluppo della risposta immune anti-farmaco. Il grado di attivazione del sistema immunitario può infatti contribuire allo sviluppo degli ADA; è stato chiaramente dimostrato che il grado di espressione delle molecole di attivazione sulle cellule dendritiche può accelerare lo sviluppo anticorpale (16). Inoltre anche limitazioni di ordine tecnico inerenti le varie metodiche per la determinazione degli ADA possono in parte contribuire a tali discrepanze. Sebbene al momento pochi studi siano disponibili riguardo al possibile ruolo di fattori genetici, alcuni dati sembrano suggerire una associazione tra polimorfismi del gene 101 aggiornamenti Figura 2 Formazione di anticorpi-anti farmaco biologico: meccanismi immunologici La risposta immunitaria nei confronti del BA può essere cellulare e umorale e può attuarsi attraverso meccanismi Tdipendenti o T-indipendenti (Figura 2). La risposta umorale T-indipendente si realizza quando le cellule B, attraverso il B cell receptor (BCR), riconoscono dei pattern ripetitivi nell'anticorpo monoclonale, specie in presenza di aggregati, rispondendo con la produzione di anticorpi a bassa affinità prevalentemente della classe IgM. Viceversa, l’attivazione T-dipendente dei linfociti B induce una risposta immune più potente con formazione di anticorpi che vengono appunto definiti come anticorpi T-dipendenti (18). Questo ultimo processo, che coinvolge complessi “network” cellulari e molecolari attraverso interazioni tra APC, cellule B e citochine, porta allo switch-isotipico degli ADA da IgM ad altri isotipi, nonché alla espansione di cellule B memoria. Trattandosi infatti di antigeni proteici, i farmaci biologici vengono captati, internalizzati e processati mediante proteolisi in piccoli peptidi da parte delle cellule APC e quindi 102 Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 per IL-10 e lo sviluppo di immunogenicità in pazienti con artrite reumatoide trattati con adalimumab (17). In termini più generali possiamo dire che la presenza di specifici aplotipi HLA potrebbe favorire il riconoscimento di epitopi presenti sul farmaco biologico. meccanismi immunologici di risposta cellulare e anticorpale verso i farmaci biologici presentati a livello linfonodale a linfociti T helper in associazione a molecole MHC di classe II; questa presentazione porta al riconoscimento dell’antigene da parte del T-cell receptor (TCR) e, quindi, all’espansione di cellule T specifiche. Queste cellule a loro volta svolgono funzione helper per la attivazione delle cellule B utilizzando sia segnali di membrana (il legame tra CD40 e CD40-ligando) sia segnali solubili (citochine). I linfociti B così attivati subiscono i meccanismi dello “switch” isotipico durante il quale la catena pesante dell’anticorpo sintetizzato viene sostituita modificando così la classe di immunoglobulina prodotta. Al termine di questa prima fase del processo, vengono prodotti linfociti B della memoria con maggiore affinità per l’antigene che indurranno una risposta più forte ed immediata ad una eventuale ri-esposizione al farmaco biologico. A seconda della natura dell’antigene (proteico, polisaccaridico o lipidico) e delle citochine prodotte, i linfociti T helper condizionano l’isotipo prodotto (18). Per quanto riguarda i farmaci biologici, lo “switch” isotipico porta prevalentemente alla produzione di ADA IgG e, in minor misura di ADA IgE. Anche per quanto riguarda gli antagonisti del TNF-α è stato dimostrato che gli ADA appartengono prevalentemente all’isotipo IgG. La presenza di IgE farmacospecifiche è stata ormai confermata per infliximab, adalimumab, etanercept, natalizumab ed altri sia mediante l’uso di metodiche in vivo (skin testing) che in vitro (19). E' noto che soggetti in grado di produrre quantità più elevate di citochine Th2 quali IL-4 e IL-13, aggiornamenti più facilmente sviluppano ADA di isotipo IgE (20). La risposta immune nei confronti di proteine “self ” è controllata da certi meccanismi immunologici che potrebbero essere coinvolti anche nella risposta immunologica nei confronti dei BA. In particolare, è prospettabile la presenza e la dominanza di meccanismi di tipo regolatorio su meccanismi di tipo effettore in coloro che non sviluppano anticorpi anti-farmaco. Recentemente sono state descritte sequenze localizzate in corrispondenza del frammento Fc e Fab delle IgG, e denominate “Tregitopes” che in modo selettivo espandono cellule regolatorie (Treg cells) ma non cellule effettrici. Tali epitopi di tipo regolatorio sono in grado in vitro di attivare cellule T CD4+ CD25+ Foxp3+ e di indurre la produzione di citochine e chemochine regolatorie (21). Pertanto i “Tregitopes” presenti sulla parte umana dei BA potrebbero essere capaci di indurre tolleranza nei confronti degli epitopi idiotipici presenti sul BA (22). ADA conducono allo sviluppo di reazioni infusionali o alla perdita di efficacia del trattamento. Esiste inoltre un piccolo sottogruppo di pazienti in cui entrambe queste conseguenze cliniche su efficacia e sicurezza si manifestano. Le conseguenze cliniche dell’immunogenicità possono essere dipendenti dalle caratteristiche degli ADA, che sono sicuramente eterogenei in composizione, specificità, isotipo e affinità (23). Nelle fasi iniziali di un trattamento possono essere indotti anticorpi IgM a bassa affinità e talvolta transienti, ma che possono essere in grado di attivare la cascata complementare inducendo reazioni infusionali. Se il farmaco biologico attiva meccanismi di immunità adattiva TConseguenze cliniche della immunogenicità Figura 3 dipendenti, si assiste alla formazione di ADA a maggior affinità e con isotipo diverso (IgG e IgE) che possono svolgere funzioni biologiche diverse quali attivazione del complemento, citotossicità anticorpo-dipendente (ADCC), attivazione di mastociti e basofili. Gli ADA che si legano ad epitopi in prossimità del sito di attività del BA sono verosimilmente in grado di neutralizzare l’attività biologica del farmaco (24). Inoltre gli ADA possono modificare la farmacocinetica del biologico incrementandone o diminuendone la clearance. Infine in alcuni pazienti la presenza degli ADA è detettabile solo in modo transitorio scomparendo al proseguire della terapia stessa (25). correlazione tra anticorpi anti-farmaco e reazioni d’ipersensibilità Come sopra accennato, la somministrazione di farmaci biologici soprattutto se contenenti porzioni murine può indurre risposte immunitarie responsabili della comparsa di sintomi, anche severi, come si verifica nel corso delle reazioni di ipersensibilità. In accordo a quanto proposto da Pichler e coll., gli eventi avversi ai farmaci biologici comprendono le reazioni cosiddette di tipo β che possono essere distinte in immediate e ritardate (26). Le reazioni di tipo immediato sono prevalentemente anticorpo-dipendenti mentre quelle di tipo ritardato prevedono l’intervento del sistema del complemento o essere dipendenti dai linfociti T. Dal punto di vista patogenetico, tra le reazioni non immunogenicità dei farmaci biologici: quale impatto clinico L’immunogenicità dei BA rappresenta un importante “challenge” clinico nell’utilizzo di questi farmaci in quanto essa può influenzare sia la loro efficacia che la loro sicurezza di impiego (Figura 3). Infatti, sebbene in una piccola percentuale di pazienti lo sviluppo di una risposta immune farmaco-specifica non si associ a nessun “outcome” clinico, nella maggior parte dei pazienti gli Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 103 aggiornamenti anticorpo-dipendenti devono essere ricordate quelle conseguenti alla liberazione massiva di citochine, definite di tipo α che generalmente si manifestano alla prima somministrazione del farmaco biologico (26). Dal punto di vista clinico è doveroso ricordare che una pronta identificazione dei sintomi nonché la conoscenza dei meccanismi patogenetici che sostengono il quadro clinico è fondamentale per valutare i rischi di successive esposizioni e quindi instaurare strategie di prevenzione. Per quanto concerne le reazioni di ipersensibilità anticorpo-dipendenti, queste possono essere sostenute da anticorpi IgE e non-IgE anche se non clinicamente distinguibili (Figura 4) (27). Le reazioni anticorpo-dipendenti necessitano ovviamente di una fase di sensibilizzazione per cui non si realizzano alla prima somministrazione del farmaco ad eccezione di casi particolari in cui esistono anticorpi pre-esistenti. Esempio è costituito dagli anticorpi IgE anti-cetuximab, farmaco biologico chimerico utilizzato nel trattamento delle patologie oncologiche intestinali, in cui l’epitopo riconosciuto dalle IgE è costituito dalla componente oligosaccaridica (galattosio-α-1-3galattosio) presente sulla molecola del farmaco e presente anche in proteine animali (manzo, agnello) a cui il soggetto può essere sensibilizzato (8). Una correlazione tra la presenza di anticorpi IgE o la positività delle prove cutanee e la comparsa di reazioni infusionali, è stata dimostrata per vari farmaci biologici (28). Cer- tamente interessante la discussione, ancora non conclusa, sul ruolo degli anticorpi IgG nell’induzione di anafilassi nell’uomo. Del resto, titoli elevati di anticorpi IgG sono stati descritti in pazienti che sviluppano reazioni anafilattiche nel corso del trattamento con infliximab (4). Quando gli ADA interferiscono con l’efficacia del farmaco biologico L’uso dei BA espone il clinico ad una serie di “challenge”, tra i quali quello della perdita di efficacia del farmaco. Infatti, dati epidemiologici complessivi riportano che circa il 50% dei pazienti trattati, dopo un iniziale beneficio, divengono dei “non responder” (totali o parziali) alla terapia (29). I meccanismi che sottendono la perdita di efficacia possono essere molteplici e spesso non noti. In alcuni casi la non risposta al farmaco può essere dovuta ai meccanismi patofisiologici che sot- 104 Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 Classificazione patogenetica delle reazioni avverse immediate ai farmaci biologici Figura 4 NON ANTIBODY-MEDIATED adverse ➤ Complement - mediated ➤ Cytokine release syndrome (CRS) ANTIBODY-MEDIATED adverse reactions ➤ IgE - mediated ➤ Non IgE - mediated tendono il fenomeno flogistico a carico del tessuto colpito dalla patologia, oppure a motivazioni intercorrenti quali fenomeni infettivi sovraimposti o a motivi di ridotta aderenza e compliance del paziente alla terapia stessa. Tuttavia l’immunogenicità del BA rappresenta uno dei maggiori determinanti della perdita di risposta al trattamento, con la produzione di ADA che neutralizzano l’effetto terapeutico e/o aumentano la “clearance” del farmaco stesso (29). Per esempio, sia in corso di artrite reumatoide che malattia infiammatoria cronica dell’intestino è stata ben documentata l’associazione tra sviluppo di ADA e perdita di efficacia. Questo fenomeno inoltre può anche essere sottostimato dal fatto che generalmente il monitoraggio della immunogenicità non è effettuato nella routinaria pratica clinica. E’ ben noto che i livelli sierici di farmaco sono inversamente correlati alla presenza degli ADA, e che scendono, talvolta fino a scomparire, nel momento in cui compaiono gli anticorpi. A sua volta bassi livelli di farmaco correlano con scarsa risposta clinica (30). Pertanto in caso di perdita di efficacia in corso di trattamento con BA, dovrebbe essere presa in considerazione anche la possibilità che il paziente abbia sviluppato ADA e che abbia bassi livelli di farmaco circolante; sulla base di tale valutazione, varie strategie cliniche possono essere attuate quali l’intensificazione della dose del farmaco o la scelta di farmaci alternativi, se disponibili, appartenenti alla stessa classe o con un target terapeutico diverso. aggiornamenti conclusioni L’immunogenicità dei farmaci biologici è un processo complesso condizionato da molteplici fattori e che in una no- tevole percentuale di pazienti si associa ad importanti outcome clinici quali la perdita di efficacia del farmaco e l’insorgenza di eventi avversi. La gestione dei farmaci biologici nelle patologie croni- che infiammatorie non può prescindere dalla valutazione dell’immunogenicità e dal suo monitoraggio al fine di evitare l’uso di terapie non appropriate e ottimizzare quindi l’uso di tali farmaci. 8. Chung CH, Mirakhur B, Chan E et al. - Cetuximab-induced anaphylaxis and IgE specific for galactose-α-1,3-galactose. N Engl J Med 2008;358:1109-1117. 9. Moss AC, Brinks V, Carpenter JF - Review article: immunogenicity of anti-TNF biologics in IBDthe role of patient, product and prescriber factors. Aliment Pharmacol Ther 2013;38:1188-1197. 10.Nechansky A, Kircheis R - Immunogenicity of therapeutics: a matter of efficacy and safety Expert Opin Drug Discov 2010;5:1067-1079. 11.Mok CC, van der Kleij, Wolbink GJ - Drug levels, anti-drug antibodies and clinical efficacy of the anti-TNFα biologics in rheumatic diseases. 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Un nobel “atipico” 12.Quando i baroni… barano 13.L’acaro non è un animale domestico 14.La memoria dell’acqua 15.Il detective dei pollini 16.Un temporale da brividi 17.Ogni limite ha una … carenza 18.A proposito di vaccini 106 with hypersensitivity reactions to infliximab. Clin Exp Allergy 2013;43:659-664. 29.Bendtzen K - Immunogenicity of anti-TNF-a biotherapies: I. Individualized medicine based on immunopharmacological evidence. Front Immunol 2015;6:109-113. 30.Yanai H, Hanauer SB - Assessing response and loss of response to biological therapies in IBD. Am J Gastroenterol 2011;106:685-698. 19.“Rapiti” dall’ecstasy 20.Se Superman soffre d’asma 21.Nubi nere sulla città 22.Vite disfunzionali 23.La mia cassetta degli attrezzi Parte seconda FROM A DEADLINE TO ANOTHER Appunti sparsi di viaggio 24.MERLUZZI E AZZURRE LONTANANZE L’isola di Sylt e Cape Cod 25.SUL CAMMINO DELLE CONCHIGLIE Santiago de Compostela 26.DON’T FORGET ME, ARGENTINA Da la Plata alla Fine del Mondo 27.SULLE TRACCE DI MARCO POLO Le molte anime dell’Asia 28.CARTOLINE DAL COMMONWEALTH Australia e Canada 29.NON SI FINISCE MAI DI IMMIGRARE Avventure di un “doc” negli U.S.A. 30.PHILEAS FOGG TORNA A CASA In tour nel vecchio continente Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 aggiornamenti Le "immunoterapie orfane" The problem of "Orphan immunotherapies" Not Allergol 2015; vol. 33: n.3: 107-112. introduzione L’immunoterapia allergene specifica (AIT) rimane al momento l’unico trattamento allergene-orientato e capace di indurre una profonda immunomodulazione. L’AIT induce infatti una deviazione verso il fenotipo Th1, a scapito del fenotipo Th2 tipico dell’allergia, provocando numerose variazioni di risposta all’allergene nel sistema immunitario. Il particolare meccanismo di azione la distingue dai farmaci tradizionali, che agiscono solitamente come antagonisti di recettori o mediatori, con un’azione immediata, ma di breve durata (1). L’AIT nacque come approccio totalmente empirico per il trattamento della “febbre da fieno” (allergia a pollini) circa un secolo fa. Nonostante le premesse fisiopatologiche fossero errate, l’efficacia clinica fu immediatamente confermata, anche nei primi studi controllati a partire dagli anni 1950. L’individuazione del meccanismo IgE mediato della reazione allergica ha successivamente consentito di Erminia Ridolo (1), Cristoforo Incorvaia (2), Marcello Montagni (1), Gianenrico Senna (3), Giovanni Passalacqua (4) (1) Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Parma, (2) Allergologia e Riabilitazione Polmonare, Ospedale ICP, Milano, (3) Unità di Allergologia, Ospedale – Università, Verona, (4) Apparato Respiratorio e Allergologia; IRCCS S. Martino-IST-Università di Genova riassunto Parole chiave e sigle • immunoterapie orfane • AIT immunoterapia allergene specifica • SCIT immunoterapia sottocutanea • SLIT immunoterapia sublinguale • allergia professionale • allergeni rari L’immunoterapia allergene specifica (AIT) è clinicamente efficace nelle malattie IgE-mediate, come dimostrato dale numerose revisioni e meta-analisi. L’AIT sottocutanea e sublinguale è indicata nelle allergopatie respiratorie dovute ai più comuni allergeni. Esistono comunque allergie dovute a cause più rare: epiteli animali (diversi dal gatto), muffe, allergeni professionali. Per tali allergeni, l’AIT è poco studiata e gli estratti per la vaccinazione non sono solitamente disponibili. Da qui il termine di “immunoterapie orfane”. Per l’allergia alimentare esiste un’abbondante letteratura, mentre diverso è il caso dell’allergia alla zanzara, alla zecca, al cane e per gli allergeni da ambiente lavorativo. Per questi esistono solo studi con piccoli campioni o case report sparsi, generalmente con risultati positivi. La condizione di immunoterapia orfana è associata ad una insufficiente evidenza sperimentale, alla convinzione che determinati allergeni siano di importanza secondaria, ed a ragioni farmacoeconomiche (non investimenti da parte dei produttori in terapie per allergeni rari, che richiederebbero costosi studi registrativi). Tuttavia, data la non trascurabile importanza del problema clinico, estratti appropriati per gli allergeni orfani dovrebbero comunque rimanere disponibili. espandere le conoscenze sui dettagli del meccanismo di azione. A partire dagli ultimi anni del 1900, per l’AIT sottocu- tanea, sono state via via confermate l’efficacia e la relativa sicurezza d’impiego, nella rinocongiuntivite allergica associa- Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 107 aggiornamenti Key words and Acronyms • orphan immunotherapy • AIT allergen immunotherapy • SCIT subcutaneous immunotherapy • SLIT sublingual immunotherapy • occupational allergy • rare allergens summary Allergen immunotherapy (AIT) is clinically effective, as confirmed by numerous reviews and meta-analyses. Both subcutaneous (SCIT) and sublingual immunotherapy (SLIT) are indicated in allergic rhinitis and asthma due to common inhalant allergens. Other allergies, related to animal dander (other than cat), such as dog, molds, occupational allergens and insects are well recognized. For these allergens, AIT is poorly studied and extracts are often unavailable. Thus the definition of “orphan immunotherapies” is appropriate. The available studies for orphan immunotherapies were selected essentially if they were randomized/controlled/blinded. In the remaining cases, case reports are also mentioned. The literature on food desensitization is abundant, but for other orphan allergens such as mosquito, Argas reflexus, dog, or occupational allergens, there are only few and small studies or case reports, all consistently describing a beneficial effect, as expected in IgE-mediated diseases. The condition of “orphan immunotherapy” is associated to an insufficient evidence of efficacy from controlled trials, to an erroneous belief of the limited importance of some allergen sources and to the unlikelihood for producers to have profits from commercial extracts (with an expensive process for registration). It should be taken into consideration that adequate preparations should be available also for orphan allergens. ta o meno ad asma. In parallelo è stata sviluppata la via di somministrazione sublinguale (SLIT), che attualmente è riconosciuta nelle line guida internazionali come alternativa alla sottocutanea. Per la SLIT sono disponibili studi sperimentali rigorosi, condotti su grandi numeri di soggetti, che confermano la dose-dipendenza, l’efficacia ed il profilo di sicurezza (2-4). Al momento attuale, le Linee Guida raccomandano come indicazione all’AIT (sia sottocutanea che SLIT) la rinocongiuntivite allergica con o senza asma allergica, mentre per l’allergia a veleno di imenotteri è raccomandata solo la somministrazione sottocutanea. Sono indispensabili per la prescrizione di AIT la dimostrazione certa del meccanismo IgE mediato e la chiara individuazione dell’allergene per cui si vuole vaccinare. L’AIT dispone di numerosi estratti terapeutici standardizzati per la maggior parte degli allergeni responsabili di manifestazioni allergiche. Tra questi ricordiamo: graminacee, betulla, parietaria, acari della polvere, olivo, cipresso, ambrosia, epitelio di gatto. Per alcune di queste sorgenti allergeniche sono al momento disponibili prodotti commerciali considerati farmaci a tutti gli effetti, ed approvati per il commercio sia dall’EMA che dalla FDA (5). Vi sono molte “sorgenti allergeniche”, per le quali il meccanismo 108 Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 di azione è identico a quello delle riconosciute come comuni o molto diffuse, ma per tali sorgenti allergeniche non è stato possibile arrivare alla produzione o sintesi di estratti standardizzati. Inoltre, data la bassa prevalenza, la valutazione clinica dell’AIT è rimasta sempre in secondo piano. Allergeni come gli epiteli animali (diversi dal gatto), muffe, e sensibilizzanti professionali non hanno avuto l’opportunità di essere standardizzati. Per tali AIT è stato coniato il termine di immunoterapie orfane (orphan immunotherapies) (Tabella 1). Sicuramente l’allergia alimentare, in quanto strettamente IgE mediate è un aspetto estremamente promettente per l’utilizzo dell’AIT. Gli studi sono numerosi ed in rapido aumento; nonostante la desensibilizzazione ad allergeni alimentari non sia compresa nelle Linee Guida, essa non può essere considerate “immunoterapia orfana” e se ne farà solo un breve cenno. le evidenze sperimentali ■ Allergia alimentare L’allergia IgE mediata a determinati alimenti rappresenta una delle principali cause di morbilità, specialmente in età infantile. Attualmente, l‘unica terapia efficace è il totale evitamento degli allergeni, ma questo non è in pratica sempre applicabile, per la presenza nei cibi di allergeni nascosti come contaminanti. Inoltre, la necessità di dover sempre disporre di adrenalina autoiniettabile e/o di terapie di emergenza, limita notevolmente la qualità di vita dei aggiornamenti paziente e dei famigliari (specialmente nel caso dei bambini). Il latte vaccino, l’uovo ed in minor misura le arachidi la soia ed i crostacei, sono le principali sorgenti allergeniche. La desensibilizzazione orale (somministrazione di dosi crescenti dell’allergene fino alla tolleranza) rappresenta al momento un approccio estremamente promettente. Data l’abbondanza dei dati sperimentali, l’immunoterapia per allergia alimentare non può essere considerate come “orfana” (6-8). Al momento, I risultati degli studi controllati con latte, uovo ed arachidi sono favorevoli: si ottiene la desensibilizzazione in circa ¾ dei pazienti, a prezzo però di una procedura che richiede tempo e risorse mediche. Inoltre, gli effetti collaterali in corso di desensibilizzazione sono frquenti, e non è tuttora chiaro se la desensibilizzazione, una volta acquisita, sia permanente. Per tali motivi, la “oral immunotherapy” è ancora da considerarsi sperimentale. ■ Allergia a derivati animali (diversi dal gatto) L’allergia respiratoria indotta da allergeni di origine animale è da considerarsi abbastanza commune. Le proteine sensibilizzanti sono solitamente contenute nell’orina, nella saliva e nelle secrezioni ghiandolari dell’animale, e si depositano sul pelo e sulla forfora per essere poi disperse nell’aria respirata. Al momento esistono dati controllati sull’efficacia dell’AIT per l’allergia al gatto, mentre per altri animali (cane, cavallo, coniglio), i risultati sono inconsistenti e di bassa qualità sperimentale. Per I derivati epiteliali di cane esiste un solo studio controllato (9), nonostante la sorgente allergenica sia una causa frequente di manifestazioni allergiche. Anche l’allergia indotta da animali di laboratorio rimane una causa di patologia professionale, specialmente tra i lavoratori dell’industria farmacologica e tossicologica (10). Uno studio datato, in aperto ha riportato risultati positivi utilizzando estratti per topo, ratto e coniglio, con 12 controlli. 9/11 dei trattati attivamente riportavano un beneficio clinico soggettivo (11). Hansen et al. hanno trattato con AIT pazienti allergici ai derivati epiteliali del ratto, con rinocongiuntivite ed asma (12) , ottenendo un chiaro beneficio clinico. Anche gli allergeni derivati dall’epitelio di cavallo possono causare allergia respiratoria grave, fino all’anafilassi (13). Uno studio non controllato, condotto in 24 pazienti allergici ai derivati del Tabella 1 cavallo ha confermato l’efficacia e la sicurezza della desensibilizzazione. In tale studio sono stati impiegati estratti purificati, applicati con induzione cluster o convenzionale e mantenimento per 3-5 anni (14) con significativa riduzione dei sintomi. L’AIT con estratti di epitelio di cane risulta, in generale, meno efficace di quella con estratti di gatto (15), ma bisogna considerare che esiste una notevole variabilità nel contenuto proteico e potenza allergenica degli estratti commerciali (16). Recentemente, è stata sintetizzata una molecola tetramerica contenente le lipocaline Can f 1, Can f 2, Can f 4 and Can f 6 (17), capace di indurre IgG bloccanti ad alto titolo. Anche in questo caso, nonostante I buoni risultati sperimentali, non è disponibile un estratto standardizzato per l’utilizzo clinico. Allergeni “orfani” e relative molecole sensibilizzanti Specie Allergeni principali • Topo, Ratto (Mus nusculus, Rattus norvegicus) Mus m 1-4; Rat n 1 Rat n 4, Rat n 7 • Cavallo (Equus caballus) Equ c 1 • Coniglio (Oryctolagus cuniculus) Ory c 1-4 • Cane (Canis familiaris) Can f 1, Can f 2, Can f 4 • Cavia (Cavia porcellus) Cav p 1-4, Cav p 6 • Zanzara (Aedes aegypti) Aed a 1, Aed a 2, Aed a 4 • Zecca (Argas reflexus) Arg a 1 • Alternaria (Alternaria alternata) Alt a 1 • Cladosporio (Cladosporiun herbarum)• Aspergillo (Aspergillus fumigatus) Asp f 1 • Farine (Triticum aestivum, Secale cereale, Hordeum vulgare) Tri a 1, Tri a 14, alfa gliadina Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 109 aggiornamenti ■ Allergia alla puntura di zanzare Le reazioni allergiche alla puntura di zanzara non sono particolarmente rare, e sono descritti casi di orticaria generalizzata, angioedema, asma ed anafilassi (18-20). Le reazioni possono essere dovute sia a sensibilizzazione IgE specifica alle proteine contenute nella saliva dell’insetto, ma anche a risposta mediata da IgG e T linfociti (20). Esistono al momento poche descrizioni di AIT in questa situazione (21). Ariano et al. riportano in 20 pazienti con reazioni estese da puntura di zanzara, un significativo beneficio clinico utilizzando un estratto di corpo intero (22). Uno studio randomizzato e controllato su 40 soggetti, trattati per 1 anno con estratto di Culex quinquefasciatus riporta un miglioramento clinico e funzionale statisticamente significativo (23) con un incremento delle IgG4 specifiche. specifico allergene, Arg r 1 (25). Anche in questo caso, come per la zanzara, è stata sperimentata una AIT con estratto di corpo intero (26), ma anche in questo caso, non è garantita la presenza in quantità sufficiente dell’allergene maggiore. ■ Allergia a puntura di zecche Il morso della zecca del piccione (Argas reflexus) può provocare una reazione infiammatoria locale (tossica) ma anche anafilassi. A. reflexus è una zecca con ciclo vitale che arriva ai 10 anni e che si nutre di sangue solo una o due volte l’anno. Dato l’aumento dell’infestazione di piccioni in molte regioni dell’Europa Centrale e Meridionale, il ruolo di Argas reflexus sta assumendo proporzioni rilevanti, anche perchè il parassita prolifera senza difficoltà anche nell’ambiente umano (24). Le reazioni allergiche ad A. reflexus non sono comuni, ma neanche particolarmente rare. Uno studio condotto in 13 pazienti con anafilassi ha consentito di individuare uno ■ Allergia a funghi Anche l’allergia alle spore fungine non è particolarmente rara, e tale sensibilizzazione è spesso stata messa in relazione con l’asma grave. Sono attualmente riconosciuti almeno 107 molecole allergeniche (27,28), ma sono state studiate dal punto di vista dell’allergia e dell’AIT solo poche specie (29). Oltre all’allergia respiratoria classica (rinite ed asma), I funghi sono implicatI anche nella fisiopatologia della rinosinusite, dell’apergillosi polmonare e della dermatite atopica. In realtà ci sono pochi studi controllati sull’effetto clinico dell’allergia a funghi, solitamente con Alternaria e Cladosporium. Uno dei primi trial clinici in pazienti monosensibilizzati a Cladosporium è stato condotto con un mantenimento della durata di un anno. In tale studio si è osservata una differenza statisticamente significativa tra attivi e placebo per i sintomi di asma e rinite (30). Per quanto riguarda la rinosinusite fungina esistono solo pochi studi, quasi tutti in aperto (31,32). Tabar et al. in uno studio osservazionale (33) ha riportato un effetto clinico positivo a fronte del 35% di eventi avversi (34), ripetendo tali risultati in un altro trial randomizzato. Cortellini et al. in uno studio randomizzato e controllato hanno osservato un miglioramento si- 110 Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 gnificativo dei sintomi solo nel gruppo attivo (35). La revisione più recente della letteratura in proposito conta in totale, in circa 50 anni, meno di 200 pazienti studiati (29) ■ Allergia a farina di cereali L’allergia respiratoria (rinite e/o asma) è comune nei lavoratori impiegati in panetteria o produzione di prodotti da forno. Sono solitamente coinvolti: farina di grano, orzo, riso, e mais. L’asma del panettiere è uno dei più frequenti casi di allergia professionale o lavoro-correlata (36). Le prove di efficacia dell’AIT in questo contesto si basano essenzialmente su studi datati. L’unico studio controllato e randomizzato disponibile ha coinvolto 30 pazienti asmatici, trattati con estratto acquoso di farina per oltre un anno (37). In detto studio si è osservata una riduzione dei sintomi e della broncoreattività nonchè della reattività cutanea. Vi sono poi alcuni case report ed uno studio retrospettivo (38,39), tutti con risultati positivi. Permane tuttavia l’assenza di estratti standardizzati, alla quale si aggiunge l’incertezza sul ruolo delle molecole realmente sensibilizzanti. conclusioni La definizione di “immunoterapia orfana” è essenzialmente empirica, basata sulla diffusione epidemiologica della patologia e, in conseguenza, sulla disponibilità di estratti per la vaccinazione e sulla dimostrazione sperimentale della loro efficacia. Dal punto di vista epidemiologico, molte delle fonti allergeniche (funghi, epiteli animali, aller- aggiornamenti geni occupazionali) sono considerati rari pur non essendolo, e l’informazione specialistica per tali allergeni rimane difettiva. In conseguenza, non sono disponibili estratti sufficientemente standardizzati, e la ricerca in tal senso ri- sulterebbe troppo costosa nei confronti dell’utilizzo pratico. E’ anche vero che, nei casi di allergia professionale, dove gli allergeni sono relativamente ben individuate e dove intervengono problemi medico-legali rilevanti, una ricerca più intensiva sarebbe meglio giustificata, con preparazioni adeguate (40). In generale, le “immunoterapie orfane” potrebbero mantenere un ruolo almeno come “named patient product”, per le condizioni cliniche più rare. animal dander asthma. J Allergy Clin Immunol. 1986;77(3):478-487 10.Crivellaro M, Senna G, Marcer G, Passalacqua G - Immunological treatments for occupational allergy. 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The high affinity receptor for IgE Not Allergol 2015; vol. 33: n.3: 113-120. introduzione Gli anticorpi di classe IgE forniscono una delle prime linee di difesa contro le infezioni parassitarie - in particolare da elminti - che sono le infezioni prevalenti nei paesi meno sviluppati e che ancora oggi colpiscono circa 1/3 della popolazione mondiale. Tuttavia, nei paesi industrializzati, dove tali infezioni sono quasi del tutto eradicate, le IgE sono primariamente coinvolte nell’induzione e nella regolazione delle reazioni allergiche. In risposta all’assunzione di un allergene, la sintesi delle IgE è promossa dal differenziamento preferenziale e deregolato della sottopopolazione dei linfociti T helper 2 (Th2) anche se recentemente è stato dimostrato il contributo di altre sottopopolazioni di linfociti T (Th1 e Th17) e di linfociti dell’immunità innata (1). I linfociti Th2 instaurano una cooperazione con i linfociti B attivati dallo stesso allergene e, mediante la produzione delle interleuchine 4 e 13 (IL-4 e IL-13), promuovono la sintesi e la secre- riassunto Parole chiave e sigle • IgE • FceRI=recettore ad alta affinità per le IgE • ubiquitinazione • endocitosi • DC=cellule dendritiche • Hrs=Hepatocyte growth factor-Regulated tyrosine kinase Substrate • ITAM=Immunoreceptor Tyrosine-based Activation Motif Gli anticorpi di classe IgE svolgono un ruolo chiave nel mediare le reazioni allergiche poiché regolano un “network” molecolare che prevede il principale coinvolgimento del recettore ad alta affinità per le IgE (FceRI) espresso su un’ampia gamma di cellule del sistema immunitario e su cellule strutturali dei tessuti delle vie aeree. Questo articolo descrive i principali meccanismi implicati nella regolazione dell'espressione del recettore FceRI espresso su mastociti e basofili. In particolare, sarà discusso come il solo legame con le IgE monomeriche rappresenti un meccanismo di regolazione a feedback positivo mentre, l’ubiquitinazione dei complessi recettoriali aggregati dal legame IgE/antigene multivalente, rappresenti un meccanismo di regolazione a feedback negativo fornendo un segnale importante per l’endocitosi e la degradazione dei recettori ingaggiati. zione delle IgE da parte dei linfociti B. Come tutte le altre classi anticorpali, le IgE sono presenti in due forme: una forma di membrana e una forma secreta. Entrambe le forme sono dotate di una regione variabile deputata al riconoscimento dell’allergene e di una regione costante che a livello delle catene pesanti è costituita da 4 domini costanti. Le due forme differiscono strutturalmente solo a livello della porzione transmembrana e citoplasmatica, presenti unicamente nella regione costante della forma di membrana, ed eliminate, in seguito a splicing alternativo, per consentire il rilascio della forma secreta. Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 113 aggiornamenti summary Key words and Acronyms • IgE • FceRI=the high affinity IgE receptor • ubiquitination • endocytosis • DC=Dendritic cell • Hrs=Hepatocyte growth factor-Regulated tyrosine kinase Substrate • ITAM=Immunoreceptor Tyrosine-based Activation Motif Over the last decades, IgE has been recognized as central mediator of allergic responses, regulating a network that mainly involved the high affinity IgE receptor (FceRI) expressed on a broad array of immune cells and also on airway tissue structural cells. The ligation of allergen to FceRI-bound IgE on mast cells and basophils initiates a signaling cascade leading to the release of preformed and de novo synthesized mediators. These events promote the so-called “early phase” of the allergic reaction characterized by vasodilation, increased vascular permeability, up-regulation of adhesion molecules and contraction of smooth muscle cells. Upon prolonged stimulation, a “late phase” reaction leads to the production of cytokines and chemokines that orchestrate the recruitment and activation of several immune cells. This article describes the main mechanisms involved in the regulation of FceRI expression on mast cells and basophil. In particular, we will describe a positive-feedback regulation mechanism provided by monomeric IgE in the absence of allergen cross-linking, and, upon receptor engagement, a negative-feedback regulation mechanism provided by receptor ubiquitination that represents an important signal for the internalization and delivery of engaged receptor complexes to lysosomes for degradation. Le IgE di membrana, espresse sui linfociti B attivati dall’allergene, hanno come unica funzione quella di legare l’allergene e di trasdurre, grazie all’associazione con le catene invarianti Iga e Igb, un segnale intracellulare che promuoverà il differenziamento dei linfociti B in plasmacellule e quindi il rilascio delle IgE in forma secreta. Le IgE rilasciate entrano in circolo e legano recettori specifici per la loro porzione costante espressi sulla superficie di mastociti e basofili. Le cellule “sensibilizzate” da tale legame rispondono all’allergene specifico rilasciando mediatori immagazzinati nei loro granuli e sintetizzando mediatori lipidici che danno inizio alla fase precoce della reazione allergica. Alcuni di questi media- tori di nuova sintesi insieme a numerose citochine pro-infiammatorie, promuovono e sostengono la fase tardiva della reazione caratterizzata dal reclutamento e dall’attivazione di leucociti, tra cui linfociti T e granulociti eosinofili. Tenendo conto di quanto detto si evince come le IgE svolgano un ruolo cruciale nel coordinare la reazione allergica mediante l’attivazione di un “network” molecolare che prevede il primario coinvolgimento del recettore ad alta affinità per le IgE (1). 114 Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 il recettore ad alta affinità per le ige (fcεri) Il recettore ad alta affinità per le IgE (FcεRI) appartiene ad una famiglia di immunorecettori multimerici caratterizzati dalla presenza di subunità, distinte per ogni recettore, utilizzate per il riconoscimento del ligando e altre che condividono motivi citoplasmatici conservati, responsabili dell’attivazione cellulare. Il complesso recettoriale è privo di attività enzimatica intriseca, ma trasduce i segnali intracellulari attraverso l’associazione con proteine tirosinochinasi citoplasmatiche. In particolare, il recettore FcεRI è costitutivamente espresso su mastociti e basofili in forma tetramerica. Esso è formato da una subunità a responsabile del legame all’IgE, una catena b che attraversa la membrana quattro volte e due subunità γ identiche tra loro tenute insieme da un ponte disolfuro (2). Entrambe le subunità b e γ sono dotate, nella loro coda citoplasmatica, di un dominio conservato chiamato motivo di attivazione basato sulla presenza di tirosine (Immunoreceptor Tyrosine-based Activation Motif, ITAM) che, dopo aggregazione recettoriale, viene fosforilato da una tirosino-chinasi della famiglia Src, Lyn, associata costitutivamente alla subunità recettoriale b (2, 3). Entrambe le catene cooperano nella trasduzione del segnale intracellulare: la fosforilazione della subunità γ rappresenta un segnale autonomamente in grado di promuovere attivazione cellulare anche in assenza della subunità b, la cui presenza, tuttavia, amplifica l’intensità del segnale attivatorio oltre a controllare il corretto assemblaggio del complesso multimerico (4). Nell’uomo è stata anche dimostrata la presenza di una forma recettoriale trimerica, priva della catena b prevalente- aggiornamenti mente espressa sulla membrana di monociti/macrofagi e cellule dendritiche (DC) di soggetti atopici (5,6). principali attività biologiche promosse dal network ig e/fcεri Utilizzando il loro recettore ad alta affinità, i basofili che sono cellule circolanti, intercettano facilmente le IgE in forma monomerica, mentre i mastociti, pur essendo cellule residenti nei tessuti connettivi e nelle mucose, sono localizzati in prossimità dei vasi e grazie a questa posizione strategica hanno la possibilità di emettere propaggini che si insinuano tra le cellule endoteliali con la finalità di andare alla ricerca delle IgE presenti in circolo (7). L’emivita delle IgE nel siero è di soli 2-3 giorni, ma una volta che le IgE hanno interagito con il loro recettore ad alta affinità, esse rimangono stabili per mesi sulla superficie dei mastociti. Il “cross-linking” recettoriale indotto in seguito all’interazione specifica tra l’allergene e le IgE legate ai mastociti e basofili promuove eventi di fosforilazione responsabili della propagazione del segnale intracellulare che culmina con il rilascio dei mediatori preformati e di nuova sintesi (2,3). La piena attivazione promossa dall’aggregazione di due o più recettori richiede la ri-localizzazione del complesso recettoriale nei “raft” lipidici, regioni specializzate della membrana plasmatica caratterizzate dalla presenza di quantità elevate di colesterolo e glicosfingolipidi (8). Dopo stimolazione recettoriale i “raft” lipidici si fondono tra loro per formare strutture più grandi e più stabili che concentrano al loro interno i complessi recettoriali aggregati facilitando la loro interazione con molecole di segnalazione (9). Le subunità recettoriali b e γ fosforilate forniscono un sito di ancoraggio per la chinasi citoplasmatica Syk che viene a sua volta attivata dopo fosforilazione. L’utilizzo di inibitori specifici e di linee cellulari prive di Syk hanno dimostrato un ruolo chiave di tale chinasi nella propagazione del segnale mediato dal recettore FcεRI (10). Una via di segnalazione complementare Figura 1 è innescata da un’altra chinasi della famiglia Src, Fyn, e coopera con la via di Lyn/Syk nella propagazione del segnale attivatorio (11). I mastociti attivati rilasciano una vasta gamma di mediatori pro-infiammatori preformati e di nuova sintesi (2,3). I principali mediatori preformati includono l'istamina, l'eparina, enzimi proteolitici e numerosi fattori chemiotattici, mentre quelli di nuova sintesi sia mediatori lipidici (leucotrieni, prostaglandine, trombassani ed il fattore di attivazione delle piastrine) che numerose citochine e chemochine (IL-1, IL-3, IL-4, IL-5, Effetti indotti dal legame delle IgE al recettore FcεRI Il legame IgE monomerica/FcεRI aumenta la densità dei recettori occupati espressi sulla superficie dei mastociti e promuove proliferazione, sopravvivenza e sintesi di citochine. L’aggregazione di due o più complessi recettoriali indotta dal legame tra IgE e antigene multivalente inizia la trasduzione di un segnale intracellulare responsabile della degranulazione e della sintesi di mediatori lipidici e di numerose citochine pro-infiammatorie. Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 115 aggiornamenti IL-6, IL-8, GM-CSF e il TNF-a). Il rilascio dei mediatori preformati richiede solo pochi secondi dall’aggregazione recettoriale IgE mediata, la sintesi di mediatori lipidici richiede qualche minuto mentre la sintesi ed il rilascio di citochine necessita di alcune ore. Recentemente è stato dimostrato che la qualità della risposta indotta dall’azione di questi ultimi mediatori dipende dall’affinità di legame tra allergene e IgE specifiche. Infatti, nel caso di un legame ad elevata affinità viene promossa la sintesi preferenziale di citochine, mentre nel caso di legami a minore affinità si assiste ad una prevalente produzione di chemochine (12). Ciò dipenderebbe dall’utilizzo di differenti adattatori transmembrana e quindi dall’attivazione di tirosino-chinasi diverse. A differenza della maggior parte delle cellule del sistema immunitario che dopo attivazione vanno incontro a morte cellulare programmata, i mastociti attivati possono rimpiazzare il contenuto dei loro granuli nel giro di pochi giorni e possono sopravvivere per lunghi periodi se ricevono stimoli adeguati. Come anticipato nel paragrafo precedente, mastociti e basofili non sono però le uniche cellule a esprimere il recettore ad alta affinità per le IgE. Infatti, una forma trimerica di tale recettore può essere indotta, in particolare dall’IL-4, in numerose cellule del sistema immunitario inclusi monociti/macrofagi e DCs (5,6). Come dimostrato da numerosi studi condotti nell’uomo, i livelli di espressione della forma trimerica sono molto variabili e correlati allo stato di atopia. In particolare, l’analisi effettuata La maggior parte degli studi finalizzati all’identificazione dei meccanismi implicati nella regolazione dell’espressione del recettore FcεRI sono stati condotti a livello di mastociti e basofili. È stato riscontrato che l’interazione tra IgE ed il 116 Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 a livello di DCs derivate da precursori isolati da sangue periferico, dimostra come l’espressione del recettore trimerico sia molto bassa, o in alcuni casi assente, in soggetti non atopici, ma risulti up-regolata in pazienti asmatici (6). Si ritiene che sia nel caso di pazienti affetti da asma allergico che nel caso di pazienti affetti da dermatite atopica l’aggregazione del recettore trimerico promossa da IgE e allergene sulle diverse sottopopolazioni di DC umane trasduca un segnale intracellulare che, pur essendo meno potente di quello indotto dalla forma tetramerica, è responsabile della sintesi di citochine pro-infiammatorie coinvolte nel reclutamento e nell’attivazione di leucociti. Inoltre, tale recettore svolge un ruolo importante nel facilitare la captazione e la presentazione degli allergeni ai linfociti effettori Th2 (1). I recettori ad alta affinità per le IgE sono stati recentemente riscontrati anche su cellule strutturali delle vie aeree, tra cui le cellule della muscolatura liscia, a livello delle quali contribuiscono alla produzione di fattori di crescita che hanno un ruolo centrale negli eventi di rimodellamento delle vie aeree (13). meccanismi implicati nella regolazione positiva dell’espressione di fcεri suo recettore FcεRI oltre ad aumentare l’emivita delle IgE, stabilizza l’espressione in membrana dei recettori occupati (14 e 15). In particolare, è stato riportato che mastociti isolati da topi “knockout” per l’IgE esprimono livelli molto bassi di recettore in membrana. Viceversa, in topi normali ripetute esposizioni a uno specifico allergene, stimolando la produzione di IgE, aumentano sia i livelli sierici dell’anticorpo che l’espressione in membrana di complessi recettoriali occupati. Una situazione analoga è presente negli individui atopici che hanno un più elevato contenuto di IgE nel siero rispetto ai soggetti normali (16). Ciò rende la risposta più versatile poiché i mastociti e i basofili rispondono a uno spettro più ampio di antigeni; più sensibile, in quanto anche una dose molto bassa di antigene può promuovere la loro completa attivazione; più potente, in quanto viene rilasciato un numero maggiore di mediatori per cellula. Il meccanismo alla base di questa regolazione dipende da un alterato “turnover”: i complessi recettore/IgE rimangono stabilmente espressi in membrana e non sono più soggetti a internalizzazione e degradazione (14). Inoltre, il legame con l’IgE induce la sintesi di nuove catene recettoriali con un conseguente progressivo accumulo del recettore sulla superficie del mastocita. In particolare, la densità dei recettori occupati dalle IgE nei basofili umani aumenta in maniera proporzionale alla concentrazione delle IgE totali presenti in circolo (16). Nel 2001 è stato riportato da due gruppi indipendenti che il legame con l’IgE aggiornamenti Figura 2 Gli anticorpi in grado di farlo sono stati definiti citochinergici, a indicare che hanno un’azione simile a quella delle citochine: ad un estremo dello spettro vi sono anticorpi IgE, definiti altamenti citochinergici, in grado di attivare i mastociti promuovendo sopravvivenza, adesione, migrazione e secrezione di mediatori pro-infiammatori, ed all’altro estremo anticorpi debolmente citochinergici perché sostanzialmente incapaci di svolgere tali funzioni (19). In particolare, studi condotti nell’uomo hanno dimostrato come basofili e mastociti stimolati in coltura con IgE ad attività citochinergica rilascino citochine (IL-6) e chemochine (IL-8), ma anche istamina e leucotrieni (20). E’ stato inoltre proposto che l’attivazione mastocitaria indotta da anticorpi IgE citochinergici sia in grado di promuovere la sintesi di IL-4 e IL-13 che possono agire direttamente sui linfociti B contribuendo a potenziare la sintesi di IgE mediante un meccanismo a feedback positivo. A tale proposito è interessante sottolineare che le IgE altamente citochinergiche sono anticorpi polispecifici: oltre a legare l’allergene che ne ha indotto la produzione mostrano una reattività spiccata nei confronti di antigeni self, tra cui catene di DNA a singolo e doppio filamento e tireoglobulina (19). Proprio grazie alla loro auto-reattività esse riescono, anche in assenza di allergene, a promuovere aggregazione recettoriale e quindi a consentire la propagazione del segnale attivatorio e la risposta funzionale. In sintesi quindi, il legame delle IgE al recettore FcεRI promuove funzioni antigene-indipendenti che stabilizzano il complesso in membrana, aumentano la densità dei complessi occupati, ma promuovono anche segnali di sopravvivenza e di proliferazione abbassando la soglia di attivazione dei mastociti e dei basofili. La loro piena attivazione richiede il legame con l’antigene multivalente che, promuovendo un elevato grado di “cross-linking” recettoriale, induce degranulazione e la sintesi di un ampio spettro di mediatori lipidici e di numerose citochine (Figura 1). Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 117 La via dell’ubiquitina Rappresentazione schematica della via dell’ubiquitina e principali funzioni dei diversi tipi di ubiquitinazione. in forma monomerica, in assenza di stimolazione da parte dell’allergene, è anche in grado di promuovere una risposta funzionale che include sopravvivenza e proliferazione dei mastociti e la neo-sintesi di numerose citochine e di mediatori pro-infiammatori (17,18). Tali effetti però non sono sempre riproducibili e questo può essere ricondotto al fatto che non tutti gli anticorpi IgE generati in vivo nel corso di una risposta policlonale hanno la stessa abilità di promuovere una risposta funzionale. aggiornamenti La complessa serie di eventi molecolari responsabili dell’attivazione dei mastociti e basofili è controbilanciata da meccanismi inibitori altrettanto complessi e sofisticati. Un importante meccanismo di regolazione a feedback negativo consiste nella rimozione dei recettori ingaggiati dalla superficie cellulare e nel loro trasporto in compartimenti lisosomiali responsabili della loro degradazione. Studi morfologici hanno dimostrato come l’internalizzazione del recettore FcεRI avvenga prevalentemente mediante endocitosi clatrina-dipendente (21). Il nostro gruppo ha più di recente dimostrato che per una rapida ed efficiente internalizzazione del recettore aggregato è necessaria la presenza di un complesso ternario contenente adattatori implicati nella via di endocitosi clatrina-dipendente (22). In assenza di tali adattatori, interviene una via di endocitosi alternativa a quella clatrina-dipendente che richiede il coinvolgimento dei “rafts” lipidici (23). Indipendentemente dalla via endocitica coinvolta (clatrina- o raft-dipendente), l’attivazione della via dell’ubiquitina è richiesta affinché si abbia un efficiente down-regolazione dei complessi recettoriali ingaggiati (24). L’ubiquitinazione è una modificazione post-traduzionale che consiste nel legame covalente di una o più molecole di ubiquitina, una proteina di 8 kDa altamente conservata, ad una proteina bersaglio mediante l’azione specifica di tre classi di enzimi che agiscono in maniera sequenziale: E1, E2 ed E3 (25) (Figura 2). Mediante una reazione ATP-dipendente, l’enzima E1 attiva l’ubiquitina formando un legame tioestere con la sua glicina carbossil-terminale. L’ubiquitina attivata si lega all’enzima E2 mediante una reazione di transtiolazione che coinvolge nuovamente la regione carbossilterminale dell’ubiquitina stessa. Infine, la terza classe di enzimi, costituita dalle ligasi E3, catalizza il trasferimento dell’ubiquitina dall’enzima E2 a un residuo di lisina della proteina bersaglio. Essa può essere modificata dall’aggiunta di una singola molecola di ubiquitina o di più molecole di ubiquitina, si parla nel primo caso di mono-ubiquitinazione e nel secondo caso di multi-ubiquitinazione, oppure può essere soggetta a poli-ubiquitinazione qualora leghi covalentemente una catena di poliubiquitina (Figura 2). La poli-ubiquitinazione promuove la degradazione selettiva della proteina modificata operata dal proteasoma (25). La mono- o multi-ubiquitinazione di recettori di membrana agisce da segnale in grado di promuovere sia l’internalizzazione del recettore modificato che il suo successivo trasporto all’interno di compartimenti endocitici fino a guidarne l’ingresso nei lisosomi, compartimenti in cui il recettore viene, infine, degradato (26). A tale proposito, il nostro gruppo ha dimostrato come l’adattatore molecolare Cbl oltre ad essere implicato nella trasduzione del segnale intracellulare, sia anche in grado di agire da E3 118 Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 meccanismi implicati nella regolazione negativa dell’espressione di fcεri: la via dell’ubiquitina ligasi promuovendo sia l’ubiquitinazione delle subunità recettoriali b e γ che della tirosino-chinasi Syk (27). In particolare, l’ubiquitinazione del recettore FcεRI, evento che richiede l’integrità dei “raft” lipidici, promuove l’endocitosi antigenedipendente del complesso recettoriale mediante interazioni specifiche con diversi adattatori endocitici contenenti motivi d’interazione con l’ubiquitina (28). Nell’ambito dei diversi adattatori coinvolti un ruolo cruciale nel controllare il trasporto dei recettori internalizzati nei lisosomi è svolto da Hrs (Hepatocyte growth factor-Regulated tyrosine kinase Substrate): la deplezione selettiva di tale adattatore promuove, infatti, l’accumulo dei recettori internalizzati negli endosomi e previene la loro degradazione lisosomiale. In Figura 3 è schematizzato il modello proposto dal nostro gruppo che illustra come l’ubiquitinazione Cbl-dipendente del recettore FcεRI regoli l’endocitosi e la degradazione lisosomiale del complesso recettoriale ingaggiato. conclusione e considerazioni cliniche Le nozioni esposte legate al ruolo fisiologico delle IgE e ai meccanismi che regolano l’espressione del recettore FcεRI consentono di comprendere, dal punto di vista meccanicistico, come trattamenti farmacologici che interferiscono con il network delle IgE siano in grado di inibire la reazione allergica. In particolare, l’anticorpo monoclonale umanizzato omalizumab, appartiene a tale categoria di farmaci. Esso lega le aggiornamenti Figura 3 te i livelli di IgE libere, promuove una graduale perdita del numero di recettori ad alta affinità rendendo i basofili e i mastociti meno sensibili alla stimolazione da parte dell’allergene. Risultati analoghi sono stati anche riscontrati nel caso di sottopopolazioni di DC derivate da precursori isolati da sangue periferico di pazienti asmatici trattati con omalizumab. La riduzione del numero di recettori sulle DC è associata ad una ridotta proliferazione dei linfociti T specifici per l’allergene. E’ importante, inoltre, considerare che gli effetti dell’omalizumab non sono ristretti alle sole cellule del sistema immunitario. Infatti, l’omalizumab, intercettando le IgE libere, agisce anche inibendo il legame con il recettore per le IgE espresso sulle cellule muscolari lisce delle vie aeree bloccando la produzione IgE dipendente di citochine e fattori di crescita. In conclusione, il trattamento con l’omalizumab interferisce con le principali funzioni biologiche mediate dal network delle IgE contribuendo in maniera efficace a ridurre il rilascio di mediatori flogistici e la risposta infiammatoria. Tuttavia, l’unico trattamento in grado di modificare la storia naturale della malattia è l’immunoterapia specifica (ITS) o iposensibilizzante introdotta per la prima volta dall’inglese Leonard Noon nel 1911. Essa rappresenta una sorta di vaccino terapeutico ed è indicata nei pazienti affetti da allergie respiratorie (rinite e asma da moderata a lieve) e allergie da imenotteri. La procedura consiste nel somministrare, per via sublinguale o sottocutanea, quantità progressivamente crescenti dell’allergene purificato, settimanalmente o mensilmente per un periodo che dura dai 3 ai 5 anni. Questo schema terapeutico devia gradualmente la risposta allergica innescata dai linfociti Th2 verso una risposta predominata dai Th1 che induce un’aumentata produzione di anticorpi IgG e una ridotta produzione di IgE. Si assiste inoltre allo sviluppo di linfociti T regolatori che, mediante secrezione di citochine antiinfiammatorie, contribuiscono a ridurre la risposta allergica. Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 119 Endocitosi ubiquitina-dipendente del recettore FcεRI In seguito ad aggregazione recettoriale l’adattatore Cbl, reclutato in prossimità del complesso recettoriale ingaggiato, ubiquitina le subunità b e γ. Il complesso recettoriale ubiquitinato viene riconosciuto da adattatori endocitici che ne promuovono l’internalizzazione ed il successivo trasporto in compartimenti endocitici (endosomi precoci e tardivi) ed infine nei lisosomi. Modificato da: Molfetta et al. Molecular Immunology, 2010. IgE libere indipendentemente dalla loro specificità ed è somministrato nelle forme di asma severo ai pazienti refrattari a trattamenti convenzionali. Un primo importante effetto diretto dell’omalizumab è la neutralizzazione dell’IgE libera che, non potendo più legare il recettore FcεRI espresso sui mastociti e basofili, provoca il “disarmo” dei principali effettori cellulari della reazione allergica. Inoltre, alle dosi raccomandate, l’omalizumab, riducendo drammaticamen- aggiornamenti Bibliografia 1. Gould HJ, Sutton BJ-IgE in allergy and asthma today. Nature reviews 2008;8:205–217. 2. 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PLoS One 2009;4:e5604. aggiornamenti Vitamina D e allergopatie: un rapporto affascinante, ma ancora controverso Vitamin D and allergic diseases: a fascinating relationship, but still controversial Carlo Lombardi Unità Dipartimentale di Allergologia-Immunologia Clinica & Pneumologia, Istituto Ospedaliero Fondazione Poliambulanza – Brescia; Membro Direttivo Nazionale Società Italiana di Allergologia-Asma & Immunologia Clinica (SIAAIC); North-East Allergy Network (NEAN); President Italian Chapter of Interasma. Not Allergol 2015; vol. 33: n.3: 121-133. introduzione E’ assodato da tempo il ruolo determinante della vitamina D (VD) nei meccanismi di assorbimento intestinale del calcio e le sue complesse azioni sul tessuto osseo (interazione con i recettori per VD (VDR) espressi dagli osteoblasti, induzione della sintesi dell’osteocalcina e produzione di RANKL con secondaria attivazione degli osteoclasti). Il metabolita attivo della VD è rappresentato da 1,25-diidrossivitamina D3 che svolge le sue funzioni legandosi ad uno specifico VDR nucleare o situato a livello delle membrane cellulari. E’ probabilmente improprio parlare di “vitamina D”, nell’accezione classica del termine, in quanto VD è in realtà un ormone secosteroideo, svolgendo svariate e complesse funzioni nell'ambito di diversi organi e apparati. Non è quindi sorprendente che numerose patologie, tra cui malattie delle alte e basse vie respiratorie (asma bronchiale, BPCO e rinite allergica), malattie autoimmunitarie (diabete riassunto Parole chiave e sigle • VD=vitamina D • VDR=recettore vitamina D • rinite allergica • asma bronchiale • dermatite atopica • allergia alimentare E’ assodato da tempo il ruolo determinante della vitamina D (VD) nei meccanismi di assorbimento intestinale del calcio e le sue complesse azioni sul tessuto osseo. VD è un ormone secosteroideo e svolge svariate e complesse funzioni nell'ambito di diversi organi e apparati. Non è quindi sorprendente che numerose patologie, tra cui malattie delle alte e basse vie respiratorie (asma bronchiale, BPCO e rinite allergica), malattie autoimmuni, patologie dermatologiche, cardiovascolari e oncologiche, siano state associate ad un deficit di 25-idrossivitamina D3. VD e i suoi recettori sembrano infatti implicati nella regolazione di molteplici funzioni immunologiche e in processi antinfiammatori, antinfettivi e antiproliferativi. La seguente review ha lo scopo di analizzare le recenti evidenze correlate alle complesse interazioni fisiopatologiche nell’ambito delle allergopatie. Considerando nel loro insieme i dati disponibili in letteratura non è ad oggi possibile accettare o rifiutare a priori un nesso causale; vi sono infatti troppe variabili (genetiche, epigenetiche, ambientali) e fattori di confondimento interferenti. Ulteriori studi, in particolare d’intervento con disegno DBPC e prospettici di popolazione, saranno necessari in futuro per una migliore definizione del ruolo della VD nelle allergopatie. Dai dati riportati emerge però complessivamente un possibile coinvolgimento della carenza di VD nell’asma bronchiale, nella dermatite atopica e nelle allergie alimentari. Più controversa è invece l’associazione con la rinite allergica. In quest’ottica appare comunque fondamentale garantire adeguati livelli ematici di VD, in particolare nei soggetti in età pediatrica. Anche durante il periodo della gravidanza sembra determinante un adeguato apporto di VD per evitare gli effetti successivi sui nascituri “time depending” per quanto riguarda lo sviluppo di allergopatie. Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 121 aggiornamenti summary Key words and Acronyms • VD=Vitamin D • VDR=vitamin D receptor • allergic rhinitis • bronchial asthma • atopic dermatitis • food allergy It has long been known the decisive role of vitamin D (VD) in the mechanisms of intestinal calcium absorption and its complex actions on bone. VD is a secosteroid hormone and plays varied and complex functions within various organs and systems. It is therefore not surprising that many diseases, including diseases of the upper and lower airways (bronchial asthma, COPD and allergic rhinitis), autoimmune diseases, skin diseases, cardiovascular and neoplastic diseases, have been associated with a deficiency of 25-hydroxyvitamin D3. VD and its receptors seem involved in the regulation of many immunological functions and anti-inflammatory, anti-infective and anti-proliferative processes. The following review has the aim of analyzing the recent evidence related to the complex pathophysiological interactions in the context of allergic diseases. Considering together the data available in the literature to date is not possible to accept or reject a priori a causal link: there are too many variables (genetic, epigenetic and environmental) and confounding factors interfering. Interventional DBPC and prospective population studies will be needed in the future for a better definition of the role of VD in allergies. Today, a possible involvement of VD in bronchial asthma, atopic dermatitis and food allergies may be possible. More controversial is instead the association with allergic rhinitis. In this prospective view it appears however essential to ensure adequate blood levels of VD, particularly in pediatric subjects. Even during pregnancy it seems determining an adequate supply of VD to avoid subsequent effects on the unborn regarding the development of allergies. vie metaboliche ed azioni ormonali della vd mellito di tipo I, sclerosi sistemica), patologie dermatologiche (dermatite atopica), cardiovascolari e oncologiche, siano state associate ad un deficit di 25-idrossivitamina D3. VD e VDR sembrano infatti implicati nella regolazione di molteplici funzioni immunologiche e in processi antinfiammatori, antinfettivi e antiproliferativi. Alla base di questa disregolazione potrebbe essere presente una modificazione del segnale della via VD/VDR indotta da fattori quali un ridotto apporto, una ridotta attivazione, o un alterato metabolismo della VD. VD comprende due secosteroidi che si comportano come pro-ormoni, la vitamina D3 colecalciferolo), sintetizzata a livello cutaneo dalla radiazione ultravioletta a partire dal 7-deidro-coleste rolo, e la vitamina D2 (ergocalciferolo), che deriva invece dall’irradiazione solare dell’ergosterolo dei vegetali e che viene assunta quindi con la dieta. Numerosi fattori possono influenzare la sintesi di VD, quali: l’altitudine, la stagionalità, l’inquinamento ambientale, 122 Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 la pigmentazione, l’area cutanea esposta e l’età. Le più ricche fonti naturali di VD sono rappresentate dall’olio di fegato di merluzzo e da pesci di acqua salata come sardine, aringhe, salmone e sgombro. Uova, carne, latte e latticini contengono a loro volta piccole quantità di VD. Oltre all’assunzione della VD dalla dieta e dall'attivazione cutanea indotta dall’esposizione solare, le differenze interindividuali del livello di VD nel sangue dipendono dalla variabilità di un singolo nucleotide in geni codificanti per gli enzimi coinvolti nel metabolismo della VD e per la proteina legante la VD nel plasma. Nell’organismo VD biologicamente inattiva viene convertita in un prodotto attivo mediante due successive idrossilazioni: a livello epatico, dove una 25-idrossilasi catalizza la sintesi di 25-idrossivitamina D (25(OH)-D) (calcidiolo), e nel tubulo renale dove l’1α-idrossilasi catalizza la sintesi di 1,25 (OH)2-D3 o calcitriolo, il metabolita biologicamente attivo (Figura 1). A livello renale la 25(OH)-D può essere idrossilata anche in posizione 24 dando origine alla 24,25(OH)2-D; ma il ruolo fisiologico di questo metabolita non è tuttora stato ben definito. L’emivita della 25(OH)-D è di circa 20 giorni, la sua concentrazione sierica è compresa tra 10 e 50 ng/ml (25-125 nmol/l) e la sintesi di 1,25(OH)2-D3 è invece la tappa limitante del processo di attivazione della VD ed è strettamente regolata. L’emivita della 1,25(OH)2-D3 è di 3-5 giorni e la sua concentrazione sierica è compresa tra 20 e 76 pg/ml (48-182 pmol/l). L’1α-idrossilasi è presente non solo a livello renale, ma anche in alcuni tipi di cellule aggiornamenti del sistema immunitario, come monociti, cellule dendritiche (DC) e anche a livello della parete bronchiale. I metaboliti della VD sono escreti con la bile ed esiste un loro circolo enteroepatico. Il calcitriolo, similmente ad altri ormoni steroidei, si lega nei tessuti bersaglio a recettori citoplasmatici che traslocano l’ormone nel nucleo. L’interazione del complesso VD -VDR con la cromatina influenza i processi di trascrizione e promuove la sintesi proteica. L’1,25 (OH)2D3 modifica il legame tra la calmodulina e la miosina 1, una proteina presente nei villi intestinali dove si lega all’actina e alla membrana plasmatica. Il complesso calmodulina-miosina 1 favorisce l’ingresso del calcio nella cellula intestinale, mentre il trasporto intracitoplasmatico dello ione richiede l’intervento della calbindina, una proteina caratterizzata da elevata affinità con il calcio e la cui sintesi è sotto il controllo della VD. Stimolando l’assorbimento intestinale di Ca, P e Mg, il calcitriolo fornisce al tessuto osseo i substrati necessari per la sua mineralizzazione. Non è invece ancora chiaro se i metaboliti della VD influenzino direttamente il metabolismo osseo. Il calcitriolo sinergizza con il PTH nel promuovere il riassorbimento osseo e inibisce in vitro la formazione della matrice proteica. E’ stato invece dimostrato che l’1,25 (OH)2-D3 è in grado di inibire direttamente la sintesi e la secrezione del PTH. La presenza di VDR in numerosi tessuti, non direttamente coinvolti nel controllo del metabolismo minerale, quali cute, mammella, gonadi, pancreas, ipofisi, muscoli, cervello e tessuto emopoietico, suggerisce che l’or- Figura 1 VD: vie metaboliche Tratta da: Holick MF. Vitamin D deficiency. N Engl J Med 357: 266-81, 2007, con modificazioni mone possa avere numerosi altri effetti fisiologici. Il miglior indicatore sierico della VD è il 25-(OH)D (colecalciferolo), più stabile, con emivita più lunga e direttamente correlato con l’entità della esposizione ai raggi UV (Tabella 1 a pagina 124). In base alle Linee guida della Società Italiana dell’Osteoporosi, del Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 123 aggiornamenti Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS) il fabbisogno di vitamina D varia da 1.500 UI/ die (adulti sani) a 2.300 UI/die, considerando che esso aumenta con l’età, la massa corporea, la massa grassa e l’apporto di calcio. In Italia l’apporto dietetico fornisce in media circa 300 UI/die, di conseguenza quando l’esposizione solare è virtualmente assente è necessario garantire supplementi per 1.200-2.000 UI/die. Il latte materno ha uno scarso contenuto di vitamina D (circa 20 UI/l) e le donne carenti ne forniscono ben poco ai loro lattanti. Secondo l’Institute of Medicine al di sotto di un anno di età è preferibile un introito giornaliero di 400 UI, da aumentare a 600 UI dopo l’anno. Questo apporto può aumentare se il bambino non è sufficientemente esposto alla luce solare e nei mesi invernali. Il fabbisogno di VD è assicurato per il 90% dalla quota sintetizzata a livello cutaneo e solo in minima parte da quella alimentare. Nonostante la latitudine del nostro Paese favorisca numerose ore di sole, e quindi un minor rischio teorico di ipovitami- nosi D, l’Italia si colloca tra i Paesi con maggior incidenza di ipovitaminosi D insieme a Spagna e Grecia (Figura 2 nella pagina accanto). La carenza di VD è frequente negli anziani, ma anche in un terzo delle donne in età pre-menopausale, soprattutto se obese e residenti nelle regioni meridionali. Infatti l’86% delle donne italiane sopra i 70 anni presenta livelli ematici di 25-idrossivitamina D3 inferiori a 10 ng/ ml alla fine dell’inverno. L’esposizione solare si riduce con l’aumentare dell’età, così come la produzione cutanea di VD si riduce con l’età a parità di esposizione ultravioletta. Peraltro, l’ ipovitaminosi D non è esclusiva della popolazione anziana, perché anche il 30% e il 65% dei giovani ha valori carenti, corrispondenti rispettivamente a 25-idrossivitamina D <20 ng/ml e <30 ng/ml. La VD è fortemente liposolubile, viene rapidamente assorbita a livello duodenale e digiunale e distribuita attraverso la circolazione linfatica quasi totalmente al tessuto adiposo, da cui viene liberata in piccole quantità rispetto alla quota immagazzinata. Pertanto una maggiore massa adiposa “diluisce” la VD, il che spiega perchè il rischio della sua carenza sia più elevato nei soggetti obesi. L’aumentato spessore del tessuto adiposo sottocutaneo rende inoltre difficile la penetrazione dei raggi UVB, impedendo l’attivazione della VD. Altre patologie frequentemente caratterizzate da ipovitaminosi sono rappresentate da celiachia, morbo di Crohn, insufficienza pancreatica e malattie colestatiche. Anche epatopatie evolute determinano una ridotta attivazione epatica o un’aumen- 124 Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 Tabella 1 Interpretazione dei livelli ematici di 25-(OH) D Definizione nmol/Lng/ml ➤ Carenza < 50 < 20 ➤ Insufficienza50-75 20-30 ➤ Sufficienza ➤ Eccesso > 75 > 30 > 250 > 100 tata inattivazione della VD, come anche nefropatie che portano a una ridotta attivazione renale. Come le cause, anche le conseguenze della carenza di VD sono molteplici e non sono solo rappresentate dal ridotto assorbimento di Calcio e Fosforo (Figura 3 a pagina 126). effetti extrascheletrici della vd e interazioni col sistema immunitario Come in precedenza sottolineato, la VD, oltre alle note funzioni nell’ambito dell’omeostasi ossea, svolgerebbe un importante ruolo nella regolazione delle funzioni immunitarie e nella produzione di antimicrobici endogeni. Nel sangue, la VD è legata alla VD-binding protein (DBP), proteina carrier con diverse funzioni la cui variabilità genetica è in qualche modo associata alla vulnerabilità nei confronti di malattie respiratorie e autoimmuni. Tessuti diversi dall’osso come mammella, cervello, prostata e colon, nonché cellule del sistema immunitario, sono risultati sensibili all’azione dell’1,25-diidrossivitamina D3 in quanto dotati di recettori per la VD e alcune cellule hanno nel loro corredo enzimatico anche l’1-alfa-idrossilasi. L’1,25-diidrossivitamina D in modo diretto o indiretto, controlla più di 200 geni, tra cui anche quelli implicati nella regolazione di processi apoptotici, proliferativi, e di differenziazione cellulare. La 1,25-diidrossivitamina D3 è anche potente immunomodulatore in quanto in grado di stimolare alcune cellule del sistema immunitario, come macrofagi e monociti, a produrre la catelicidina, un aggiornamenti Carenza di Vitamina D in Europa Figura 2 Livelli sierici di 25 (OH) D nm ol/I) peptide antimicrobico nei confronti del M. tubercolosis e altri patogeni (Figura 4 a pagina 127). Se le concentrazioni sieriche della 25-idrossivitamina D3 scendono sotto i 20 ng/ml (50 nmol/l), i monociti e i macrofagi non sono più in grado di attuare questa risposta immunitaria. E’ interessante ricordare che l’efficacia della vaccinazione con BCG per la tubercolosi è stata correlata con la latitudine; è noto che l’elevata latitudine viene considerata “proxy” sia per i bassi livelli di radiazione ultravioletta (UVR) che di bassi livelli ematici di VD. Studi sperimentali hanno permesso di dimostrare che la VD è in grado di modulare l’attività di svariate cellule immunitarie, quali monociti, macrofagi, linfociti e cellule dell’epitelio respiratorio (Figura 5 a pagina 128). Molte cellule del sistema immunitario, come macrofagi, cellule dendritiche, T e B linfociti, possono convertire 25(OH) D a 1,25(OH)2D mediante l’attività CYP27B1 e quindi produrre elevati livelli locali di 1,25(OH)2D. L’attività antimicrobica dei macrofagi nei confronti del M. tubercolosis aumenta in presenza di 1,25-idrossivitamina D3 in seguito alla stimolazione con i ligandi del Micobatterio. L’attivazione del TollLike receptor 2 (TLR2) da parte del M. tubercolosis determina un’ incrementata espressione di VDR e CYP27B che favorisce a sua volta un’incrementata conversione della 25-idrossivitamina D in 1,25-diidrossivitamina D3 con conseguente espressione del peptide antimicrobico catelicidina tramite la via del VDR. La catelicidina è prodotta Latitudine Tratta da: www.vitaminad.it/la-carenza-di-vitamina-d-in-italia dai neutrofili, macrofagi, mastcellule, cellule NK e dalle cellule epiteliali della cute, del tratto respiratorio e gastrointestinale. Questo peptide antimicrobico mostra un’attività nei confronti dei batteri Gram+, Gram-, virus e miceti determinando una rottura delle membrane. Il trattamento con VD porta ad un’up-regulation dell’mRNA della catelicidina in numerose linee cellulari, tra cui cheratinociti, macrofagi e neutrofili. Bassi livelli di VD sono anche stati riscontrati in pazienti con sepsi ricoverati nelle Unità di Terapia Intensiva, quando confrontati con i controlli sani. In que- sti pazienti, il livello sierico di 25-idrossivitamina D3 correlava direttamente con la concentrazione sierica di catelicidina, suggerendo che i livelli sistemici di questo peptide potrebbero essere regolati dalla VD. Questo potrebbe essere importante anche nel controllo delle infezioni, come nella rinosinusite cronica e nelle esacerbazioni asmatiche. Una delle principali funzioni accertate della VD nell’ambito della risposta immune adattativa è la modulazione della proliferazione e delle funzioni dei Linfociti T. Il metabolita attivo 1,25-diidrossivitamina D3 inibisce la proliferazione Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 125 aggiornamenti Figura 3 Rappresentazione schematica delle maggiori cause di carenza di vitamina D e suoi effetti /conseguenze extrascheletrici Tratta da: Holick MF, and Chen T C Am J Clin Nutr 2008;87:1080S-1086S, con modificazioni dei Linfociti Th e favorisce l’espressione delle citochine dipendenti dalla risposta Th2 quali l’IL-4, l’IL-5 e l’IL-10. Nonostante la 1,25-diidrossivitamina D3 sembri essere in grado di agire direttamente sui linfociti T attraverso l’intervento della differenziazione delle cellule T, dati recenti indicano che la 1,25-diidrossivitamina D3 esercita la sua influenza sull’immunità adattativa modulando l’attività delle cellule dendritiche (DCs). 1,25-diidrossivitamina D3 inibisce la maturazione delle cellule dendritiche e incrementa l’espressione di citochine come l’IL-10, inducendo quindi tolleranza attraverso la soppres- sione dei linfociti Th1 e l’induzione di cellule T regolatorie. La VD è in grado anche di inibire l’espressione dell’IL-12, rilasciata dalle cellule dendritiche, che favorisce la differenziazione dei linfociti T. L’IL-12 stimola lo sviluppo dei linfociti T helper di tipo 1 (Th1) e inibisce invece i linfociti Th2. Infine, le cellule dell’epitelio bronchiale esprimono gli enzimi del metabolismo della VD e sono in grado di convertire la 25-idrossivitamina D3 nel metabolita attivo 1,25-diidrossivitamina D3. Queste cellule sono una ricca fonte di 1,25-diidrossivitamina D3 che induce l’espressione della catelicidina o del CD14 126 Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 dalle cellule dell’immunità innata. Poichè l’epitelio respiratorio rappresenta il bersaglio primario dei patogeni respiratori e la catelicidina possiede un’attività antibatterica e antivirale, una riduzione stagionale della risposta immunitaria VD-mediata, potrebbe contribuire ad un aumento delle infezioni delle basse vie aeree durante l’inverno. Probabilmente una delle principali azioni modulatorie dell’1,25-diidrossivitamina D3 è il suo effetto sulle cellule T regolatorie (T regs) che prevengono l’attivazione periferica di cellule T autoreattive. In assenza dell’1,25-diidrossivitamina D3 le cellule T regolatorie sono ridotte sia funzionalmente che numericamente, contribuendo con ciò allo sviluppo di malattie autoimmuni, come la sclerosi multipla e il diabete mellito tipo I. E’ probabile che il deficit di VD possa influenzare il sistema immune anche in base al “timing” in cui si verifica tale condizione di carenza; è infatti stato documentato che bassi livelli di VD o basse esposizioni ambientali a UVR durante il periodo in utero o nel corso dell’infanzia si possono associare a patologie immuno-correlate. Recentemente è stata anche sottolineata la possibile complessa relazione fra microbioma e VD. Il microbioma è costituito dall’insieme dei batteri commensali che colonizzano gli apparati gastrointestinale e respiratorio e la cute. In modelli murini 1,25(OH)2D è stata in grado di sopprimere l’infiammazione tissutale mediante un’alterazione del microbioma. La carenza di VD aumenta infatti la severità della colite e il numero dei batteri a livello del colon. Analoghi aggiornamenti effetti sono stati rilevati anche nel tratto respiratorio di ratti con allergopatia respiratoria dove un deficit di VD ha prodotto un incremento dell’infiammazione polmonare e del numero dei batteri intraluminali. In studi sull’uomo, un incremento dell’apporto dietetico di VD ha determinato un cambiamento della composizione del microbiota fecale. In modelli animali è stato anche dimostrato che i probiotici possono upregolare l’espressione del VDR nel colon, riducendo l’infiammazione e ritardando la transizione da displasia a neoplasia. L’insieme di questi dati suggerisce quindi che non solo è possibile che la VD possa modulare l’infiammazione tissutale mediante modificazioni del microbioma, ma che possa avvenire anche il contrario, ovvero che il microbioma e l’infiammazione cambiano a loro volta la risposta dei tessuti alla VD mediante una regolazione dell’espressione dei VDR. Figura 4 Trasformazione della 25-idrossivitamina D3 in 1,25-diidrossivitamina D3 in relazione alle funzioni del sistema immunitario. vd e dermatite atopica E’ stata volutamente inserita una breve disamina sulla dermatite atopica (DA) in quanto trattasi di patologia che largamente antecede lo sviluppo di allergia alimentare, rinite allergica e asma bronchiale (“allergic or atopic march”). Vi sono ormai numerosi dati sperimentali che hanno confermato gli effetti molecolari della VD sulla cute. 1,25 diidrossi-VD determina infatti la differenziazione dei cheratinociti. VD riduce inoltre i livelli cutanei di IL-1α, IL-6 e RANTES determinando un ri- Tratta da: Holick MF- Vitamin D deficiency. N Engl J Med 357: 266-81, 2007, con modificazioni. duzione dei processi di infiammazione. Bassi livelli di proteine necessarie per la formazione dello strato corneo, tra cui la fillagrina, sono stati rilevati in ratti null per l’espressione di 25-OH-VD1α-idrossilasi. Infine una carenza di VD può determinare un incremento delle sovrainfezioni batteriche e virali, tipiche Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 127 aggiornamenti Figura 5 Le complesse azioni della VD sul sistema immunitario ne con lo SCORAD index, altri lavori hanno dimostrato che questo trend è presente esclusivamente nei soggetti con sensibilizzazioni allergeniche (29). vd e allergie alimentari Tratta da: J. Yawn, et al.- Vitamin D for the treatment of respiratory diseases: Is it the end or just the beginning? J. Steroid Biochem. Mol. Biol. (2015), con modificazioni. nel decorso della DA, per riduzione dei livelli cutanei di peptidi antimicrobici (AMP), come la catelicidina. L’insieme di questi dati sembra quindi indicare un ruolo fondamentale della VD a livello cutaneo (effetto antinfiammatorio, processi di integrità di barriera, attività antinfettiva) sostanziando un razionale per la supplementazione di VD nei pazienti con DA. In effetti, è stato osservato un ruolo patogenetico e/o un effetto favorevole della VD in numerose patologie cutanee, come psoriasi, vitiligo, acne e rosacea. Sebbene non tutti concordanti (Back et al., 2009; Hata et al., 2014), in letteratura esistono numerosi lavori che correlano livelli insufficienti di VD con la DA e Sidbury et al. hanno dimostrato che la supplementazione di VD riduce i sintomi della DA inverno-correlati (22). Tali dati sono stati recentemente confermati anche da Camargo et al. (2014) in uno studio DBPC condotto in Mongolia su bambini con riacutizzazione della DA nei mesi invernali. Sebbene uno studio italiano (Peroni et al.,2010) abbia documentato che i livelli sierici di VD siano più elevati nei pazienti pediatrici con DA lieve rispetto a quelli con forme più severe, mediante valutazio- 128 Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 Le allergie alimentari e i casi di anafilassi correlati sono incrementati drammaticamente nelle ultime due decadi, sia in età pediatrica che adulta. Per spiegare tale aumento, in particolare durante l’infanzia, sono state avanzate numerose ipotesi; tra cui la cosiddetta “hygiene hypothesis”, il tipo di intake alimentare delle madri durante la gravidanza, la non adeguata utilizzazione dell’allattamento materno e, più recentemente, il ruolo patogenetico della VD. Uno studio australiano ha analizzato l’associazione tra i livelli sierici di 25-OH-VD e allergie alimentari. La variabile che modificava questa associazione era rappresentata dal Paese di nascita dei genitori (p = 0.03); tra i neonati con genitori australiani quelli con livelli sierici insufficienti di 25(OH)VD avevano più probabilità di essere allergici agli alimenti. Questa associazione non era invece evidente per i neonati i cui genitori non erano nati in Australia. Nascere in autunno o in inverno sembra essere un fattore di rischio per lo sviluppo di allergia alimentare. In uno studio condotto a Boston, i bambini afferiti a PS a causa di una reazione allergica correlata ad assunzione di alimenti erano più frequentemente nati in autunno/inverno rispetto a primavera/ estate (P=0.002). Ciò può riflettere una aggiornamenti ridotta esposizione a UVR e quindi più bassi livelli di VD. In effetti, elevati tassi di prescrizione di adrenalina auto iniettabile e di allergia alimentare sono rilevabili in aree con elevata latitudine (Australia, Nord America). E’ stato anche dimostrato che soggetti di razza nera hanno un’elevata prevalenza di allergie alimentari; ciò sembra riflettere la nota scarsa attivazione cutanea della VD da parte delle UVR in questi pazienti. Anche l’obesità rappresenta un fattore rischio sia per bassi livelli di VD che per lo sviluppo di allergia alimentare (26). I bassi livelli di 25(OH)VD sembrano inoltre determinare pattern diversi di sensibilizzazione agli alimenti. Nel National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES 2003–2006) è stata ad esempio dimostrata un’associazione inversa fra livelli di 25(OH)VD ed allergia ad arachidi e gamberetti, ma non con uova o latte vaccino. Anche avere elevati livelli plasmatici di VD è stato correlato in alcuni studi con una maggiore incidenza di allergia alimentare. Per conciliare questi risultati apparentemente conflittuali è stato proposto che sia alti che bassi livelli di VD possano predisporre all’allergia alimentare; questa ipotesi è stata denominata “ushaped association”. La supplementazione di fish oil, che rappresenta un’ottima fonte alimentare di VD, durante la gravidanza è stata correlata ad una minore incidenza di allergia alimentare nei nascituri in almeno 3 studi d’intervento randomizzati controllati. Studi recenti sembrano indicare che livelli sufficienti di VD svolgano un ruolo protettivo nei confronti L’asma bronchiale è una malattia cronica delle vie aeree caratterizzata da ostruzione bronchiale, solitamente reversibile spontaneamente o in seguito alla terapia, ed è sostenuta da una risposta infiammatoria con inappropriata attivazione dei linfociti Th2. A partire dagli anni ’60 si è assistito ad un progressivo incremento della prevalenza dell’asma e il deficit di VD è stato spesso indicato come un possibile fattore contribuente dell’epidemia asmatica; ciò in base soprattutto all’osservazione che le più elevate prevalenze dell’asma sono riscontrabili in Paesi lontani dall’equatore. Va anche ricordato che la VD contribuisce alla crescita/sviluppo polmonare e alla sintesi di surfattante da parte delle cellule alveolari di tipo II. In lavori sperimentali su modelli murini, il trattamento con VD ha ridotto l’iperreattività bronchiale e l’infiltrato eosinofilo bronchiale. Inoltre è stata dimostrata una anomalia genetica (SNP) in nuclei famigliari di soggetti asmatici per il coinvolgimento di vie metaboliche per la VD e per la regolazione dei livelli plasmatici della VD. Poiché però l’asma è una patologia immuno-mediata e la VD svolge azioni molto complesse sul sistema immunitario, sono stati effettuati numerosi studi, sia sperimentali che clinici, per documentare una possibile correlazione fra deficit di VD e asma. VD sembra interagire con l’asma a vari livelli. Varianti del VDR sono state associate quale fattore di rischio per l’insorgenza di asma, collegando quindi la VD alla patogenesi dell’asma. Un ampio studio longitudinale ha mostrato che la scarsa assunzione di VD e basse concentrazioni sieriche di VD sono associate con il deterioramento della funzionalità polmonare negli adulti e risultati analoghi sono stati evidenziati negli adolescenti. Pazienti con bassi livelli di VD presentano anche un’aumentata condizione di iperreattività bronchiale e ridotta risposta alla terapia steroidea. La VD sembra inoltre associata ad un’aumentata espressione dell’IL-4. La capacità della VD di incrementare le difese immunitarie potrebbe ridurre, come avviene per la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), i fattori Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 129 delle allergie alimentari nel primo anno di vita. Sono invece necessari ulteriori approfondimenti circa il ruolo della VD nell’ambito delle allergie alimentari dell’adulto. Un meccanismo plausibile per spiegare l’associazione tra VD e allergia alimentare potrebbe essere la mancanza dell’induzione da parte della VD delle difese epiteliali innate (come la catelicidina) o una disregolazione delle proteine costituenti le tight junction. Questi meccanismi determinerebbero una compromissione nella funzionalità di barriera a livello intestinale o una modificazione nella composizione microbica gastrointestinale VD-mediata. Il potenziale effetto della VD nella promozione della tolleranza alimentare negli individui sensibilizzati potrebbe essere spiegata grazie alla capacità della VD di indurre l’espressione delle cellule T regolatorie che secernono IL-10. vd e asma bronchiale aggiornamenti Figura 6 Carenza di VD e allergopatie che scatenano le esacerbazioni asmatiche causate dalle infezioni delle vie respiratorie. I glucocorticoidi sono gli antinfiammatori più efficaci disponibili per il trattamento dell’asma e in alcuni pazienti la resistenza o la non responsività alla terapia corticosteroidea rappresenta un rilevante problema. E’ stato dimostrato che l’associazione di VD al trattamento corticosteroideo in pazienti resistenti alla terapia, ha determinato un’aumentata responsività al desametasone, grazie al ripristino della risposta difettiva dell’IL-10 ai glucocorticoidi attraverso i linfociti T CD4+. Una resistenza alla terapia steroidea è stata anche osservata in bambini asmatici con bassi livelli di VD portando, di conseguenza, ad un più consistente utilizzo di questi farmaci e a più elevati rates di ospedalizzazione e valutazioni presso PS per esacerbazioni asmatiche. Una peculiarità delle alterazioni fisiopatologiche dell’asma è rappresentata dai fenomeni di “remodeling” delle vie aeree con un incremento del numero/ massa delle cellule muscolari lisce. MMP-9 è l’enzima principale coinvolto nel rimodellamento delle vie aeree ed è espresso ad elevati livelli nei pazienti con restringimento severo e irreversibile delle vie aeree. Anche un’altra metalloproteinasi (ADAM33) è responsabile dell’aumentata suscettibilità nei confronti dell’insorgenza dell’asma e del rimodellamento delle vie aeree. La sua espressione correla con lo sviluppo 130 Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 e la severità dell’asma e una sua diminuzione con un adeguato approccio terapeutico. Studi in vitro hanno dimostrato che l’1,25-diidrossivitamina D3 ha un effetto diretto antiproliferativo sulle cellule muscolari lisce dell’epitelio respiratorio umano ed è in grado di inibire l’espressione sia di MMP-9 sia di ADAM 33 suggerendo un potenziale ruolo della VD nella prevenzione del remodeling e nel trattamento dell’asma. NF-KB p65 è inibito dalla VD3; ciò porta a ritenere che l’inibizione di questa via possa essere uno dei principali meccanismi con cui la VD attenua i fenomeni di remodeling. Trials clinici d’intervento hanno valutato se la supplementazione di VD potesse essere efficace nel trattamento dei pazienti asmatici. Nel 2014 sono stati pubblicati i risultati, non incoraggianti, di uno studio statunitense multicentrico randomizzato-controllato denominato “VIDA” (Vitamin D3 add-on therapy enhances corticosteroid responsiveness in asthma). Sono stati arruolati 408 adulti con asma sintomatico e livelli di 25(OH)VD inferiori a 30 ng/ ml; i pazienti sono stati suddivisi in 2 gruppi; uno trattato con una dose iniziale unica di carico orale di colecalciferolo (100.000 IU) seguita da terapia orale continuativa giornaliera per 28 settimane con 4000 UI, l’altro con placebo; tali interventi erano associati al trattamento standard con cicloesonide (320 µg/die). Se l’asma veniva ben controllato, cicloesonide veniva ridotta ad un quarto della dose iniziale. L’outcome primario dello studio era il tempo intercorso alla prima esacerbazione (non modificato nel aggiornamenti gruppo trattato con VD). Un altro outcome secondario (dose totale inalata di steroide) è stato invece favorevolmente modificato dalla VD. Altri studi, pubblicati sempre nel 2014, hanno peraltro documentato un miglioramento dei parametri di funzionalità respiratoria dopo l’aggiunta alla terapia antiasmatica di VD3. Uno studio randomizzato controllato condotto su bambini asmatici trattati con budesonide (800 µg/die) ha valutato l’effetto dell’ aggiunta di VD3 (500UI/die di colecalciferolo), versus placebo, sui sintomi asmatici. I bambini trattati anche con VD3 hanno avuto un minor numero di esacerbazioni asmatiche. Un altro lavoro ha valutato l’efficacia dell’immunoterapia allergenespecifica in bambini asmatici in relazione ai livelli sierici di VD dimostrando che, se i livelli di 25-OH-VD erano superiori a 30 ng/mL, gli outcomes finali ottenibili con l’immunoterapia specifica (induzione di FOXp3 e effetto steroidsparing) erano migliori in questo gruppo di pazienti. Importanti appaiono gli studi che hanno valutato l’intervento con supplementazione di VD in donne gravide sul successivo sviluppo di asma nei nascituri. Sebbene i dati disponibili non siano tutti univoci, un’associazione inversa tra l’assunzione di VD in gravidanza e sviluppo di asma precoce nell’infanzia è stata documentata in studi condotti negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Questi studi inducono a ritenere che la VD possa svolgere un effetto modulatorio “time dependent” sulle funzioni immunitarie nell’asma. Va peraltro segnalato un recentissimo studio di follow-up, durato tra i 20 e i 25 anni, in cui sono stati valutati gli effetti di elevati, o viceversa bassi, livelli ematici di VD durante il periodo di gravidanza sui figli, in cui non è stato dimostrato un effetto protettivo della VD sullo sviluppo successivo di asma e sui parametri di funzionalità respiratoria; anzi, bassi livelli di VD nelle madri gravide riduce il rischio successivo di ospedalizzazioni per asma e l’uso dei farmaci antiasmatici (31). Una recente revisione sistematica ha invece incluso solo studi epidemiologici che misuravano le concentrazioni sieriche di 25(OH)VD in pazienti asmatici (32). Sono stati identificati un totale di 340 articoli di cui 23 studi sono stati inclusi nella revisione finale (2 studi caso-controllo, 12 studi di coorte e 9 studi trasversali). Le conclusioni degli Autori sono state che è possibile il ruolo della VD nelle esacerbazioni asmatiche nei bambini, ma sono ancora poche le evidenze per un dimostrato effetto sull’incidenza dell'asma. Nella maggior parte degli studi che avevano valutato il ruolo della 25(OH)VD nella prevalenza e nella gravità dell’asma nei bambini e negli adulti, è stato osservato che non vi era alcuna associazione tra bassi livelli sierici di VD e asma. Gli Autori affermano che, anche se sono conosciute le raccomandazioni per la concentrazione ottimale della VD, queste non possono essere applicabili per il controllo dei sintomi asmatici. La VD sembra quindi avere un ruolo a vari livelli nell’asma: 1) nei meccanismi di esordio precoce della malattia; 2) nella sua patogenesi e nei processi di remodeling; 3) nella prevenzione delle esacerbazioni, in parti- colare quelle dovute ad agenti infettivi; e 4) nel ripristino della sensibilità agli steroidi nell’asma steroido-resistente con bassi livelli di IL-10, ma saranno necessari ulteriori studi per confermare queste iniziali osservazioni. Un recente studio ha infine documentato un effetto della VD nel ridurre della componente infiammatoria eosinofila della mucosa bronchiale in pazienti con asma non atopico ma caratterizzato da severa flogosi eosinofila bronchiale associato a un lieve miglioramento sul controllo dell’asma (33). Non è stata invece evidenziata una riduzione della componente neutrofilica valutata con lo sputo indotto. Non vi è peraltro dubbio che la supplementazione di VD negli asmatici che fanno lungamente uso di steroidi possa avere un effetto protettivo nei confronti dei fenomeni di demineralizzazione ossea jatropatica (34). Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 131 vd e rinite allergica Poiché anche nella rinite allergica è presente un Th2 skewing è ipotizzabile un ruolo immunomodulatorio della VD anche in questa patologia. La VD potrebbe avere un effetto soppressivo dell’infiammazione a livello della mucosa nasale, influenzando, quando carente, lo sviluppo e il persistere della rinosinusite cronica. Per quanto riguarda un’eventuale correlazione fra deficit di VD e rinite allergica, i dati disponibili in letteratura sono però piuttosto scarsi e anche contradditori. Uno studio coreano ha dimostrato una possibile correlazione tra bassi livelli di VD e rinite aggiornamenti Considerando nel loro insieme i dati disponibili in letteratura sui complessi rapporti tra VD e allergopatie non è ad oggi possibile accettare o rifiutare a priori un nesso causale; vi sono infatti troppo variabili (genetiche, epigenetiche, ambientali) e fattori di confondimento interferenti. Ulteriori studi, in particolare d’intervento con disegno DBPC e prospettici di popolazione, saranno necessari in futuro per una migliore definizione del ruolo della VD nelle allergopatie. Dai dati riportati emerge però complessivamente un possibile coinvolgimento della carenza di VD nell’asma bronchiale, nella dermatite atopica e nelle allergie alimentari (Figura 6). Più controversa è invece l’associazione con la rinite allergica. In quest’ottica appare, quindi e comunque, fondamentale garantire adeguati livelli ematici di VD, in particolare nei soggetti in età pediatrica. Anche durante il periodo della gravidanza sembra determinante un adeguato apporto di VD per evitare gli effetti successivi sui nascituri “time depending” per quanto riguarda lo sviluppo di allergopatie. 1. Bossé Y, Maghni K, Hudson TJ - 1a,25dihydroxy-vitamin D3 stimulation of bronchial smooth muscle cells induces autocrine, contractility and remodelling processes. Physiol. Genomics 2007;29:161–168. 2. Faglia G, Beck-Peccoz P - Malattie del sistema endocrino e del metabolismo McGrawHill, Milano, 2006:142-143. 3. Adami S, Romagnoli E, Carnevali V et al. - Linee guida su prevenzione e trattamento dell’ipovitaminosi D con colecalciferolo. Reumatismo 2011;63(3):129-147. 4. Song Y, Qi H, Wu C - Effect of 1,25-(OH)2D3 (a vitamin D analogue) on passively sensitized human airway smooth muscle cells. Respirology 2007;12:486–494. 5. Xystrakis E, Boswell S, Peek E et al. - Reversing the defective induction of IL-10 secreting regulatory T cells in glucocorticoid-resistant asthma patients. 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Erkkola et al. hanno infine documentato che l’intake di VD durante la gravidanza è stato negativamente associato a rischio sia di asma che di rinite allergica (19). E’ quindi probabile che, anche per la rinite allergica come per l’asma, il “timing” d’intervento potrebbe essere cruciale nell’azione protettiva della VD. conclusioni Bibliografia aggiornamenti Bibliografia ports 2014;6:118. 11.Holick MF - Vitamin D deficiency. N Engl J Med 2007;357:266-281. 12.Litonjua AA - Vitamin D and corticosteroids in asthma: synergy, interaction and potential therapeutic effects. Expert Rev. Respir. Med. 2013;7(2):101–104. 13.Castro M, King TS, Kunselman SJ et al. Effect of vitamin D3 on asthma treatment failures in adults with symptomatic asthma and lower vitamin D levels: the VIDA randomized clinical trial. JAMA 2014;311(20):2083–2091. 14.Arshi S, Fallahpour M, Nabavi M et al. The effects of vitamin D supplementation on airway functions in mild to moderate persistent asthma, Ann. 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Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 133 Buon 2016 Agli Autori Giuseppe Guida Claudia Petrarca Riccardo Asero Gennaro D’Amato Isabella Annesi-Maesano Lorenzo Cecchi Carolina Vitale Gennaro Liccardi Anna Stanziola Alessandro Santuzzi Antonio Molino Maurizia Lanza Alessandro Vatrella Maria D’Amato Mario Zanca Giuseppe Pingitore Carla Lombardo Patrizia Bonadonna Alessandra Vultaggio Andrea Matucci Enrico Maggi Erminia Ridolo Cristoforo Incorvaia Marcello Montagni Gianenrico Senna Gianni Passalacqua Rosa Molfetta Rossella Paolini Carlo Lombardi Massimo Landi Ai Lettori Con la speranza che ci seguano con lo stesso interesse anche il prossimo anno. Auguri da Gianni Mistrello, Fabrizio Ottoboni e Maura Fattorini 134 Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 aggiornamenti Vitamina D: focus sui pazienti pediatrici allergici Massimo Landi Pediatra di famiglia Asl To1 Torino Collaboratore di ricerca Allergologia e Pneumologia pediatrica Istituto di Biomedicina e Immunologia Molecolare CNR di Palermo Vitamin D: focus on allergic pediatric patients Not Allergol 2015; vol. 33: n.3: 135-137. considerazioni generali Durante i due ultimi decenni, gli interessi scientifici riguardo il sistema vitamina D sono progressivamente aumentati; a parte il ben noto ruolo di questa vitamina nel metabolismo del calcio e delle ossa recenti osservazioni hanno suggerito un suo possibile ruolo immuno-modulatore anche nelle malattie allergiche, asma compresa (1). Questo aspetto potrebbe assumere una particolare rilevanza nei pazienti pediatrici. Un numero crescente di letteratura ha sottolineato che la vitamina D svolge un ruolo importante nella funzione / regolazione generale del sistema immunitario, specialmente per quanto riguarda la funzione dei linfociti, segnalazione e attivazione dei recettori delle cellule T e produzione di citochine (2,3). Sulla base di queste osservazioni, la vitamina D è stato valutata come un potenziale fattore che influenzi l'incidenza, la gravità e il corso dell’ asma e delle malattie riassunto Parole chiave e sigle • Vitamina D • malattie allergiche • immunomodulazione • supplementazione • asma • rinite • Pediatric allergy • prevenzione primaria Negli ultimi anni, l'interesse del mondo scientifico verso la vitamina D è gradualmente aumentato, e sono stati condotti diversi studi per analizzare il suo possibile ruolo nella modulazione dello sviluppo/de corso delle malattie allergiche. Inoltre, la supplementazione di vitamina D è stata valutata come un approccio utile per il trattamento delle allergie ma i dati sono eterogenei. Una ricerca della letteratura è stata fatta in modo indipendente dagli Autori, individuando articoli per una revisione narrativa. La vitamina D svolge un ruolo chiave nel metabolismo del calcio e del fosfato, ed è essenziale per la salute delle ossa in neonati, bambini e adolescenti. Tuttavia, non vi sono prove attualmente sufficienti per sostenere la supplementazione di vitamina D per la prevenzione o il trattamento delle malattie allergiche nei neonati, bambini e adolescenti, in materia di rinite allergica, asma, allergie alimentari e dermatite atopica. Ipotesi correlazione bassi livelli di Vit D ed aumento allergie Alcuni dati supportano l’esistenza di un rapporto tra latitudine e livelli di esposizione solare e conseguente livello di 25(OH) D e prevalenza di malattie allergiche. I dati sono tuttavia contrastanti Correlazione tra assunzione Vit D nelle gravide e prevenzione malattie allergiche non evidenziata Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 135 aggiornamenti summary Key words and Acronyms • Vitamin • D • allergic diseases • immunomodulation • supplementation • asthma rhinitis • pediatric allergy • primary prevention In recent years, the interest of the scientific world towards vitamin D gradually increased, and several studies have been conducted to dissect its possible role in modulating the development/course of allergic diseases. Also, Vitamin D supplementation has been assessed as a beneficial approach for treating allergies in some, but not all studies. We reviewed herein the available and relevant literature concerning the possible links between Vitamin D, its supplementation and allergic diseases. A literature search was made independently by the Authors, identifying articles for a narrative review. As per literature, Vitamin D plays a key role in calcium and phosphate metabolism, and it is essential for bone health in infants, children and adolescents. However, there is presently insufficient evidence to support vitamin D supplementation for prevention or treatment of allergic diseases in infants, children and adolescents, concerning allergic rhinitis, asthma, food allergy and atopic dermatitis. allergiche in generale (4,5) giocando un possibile ruolo anche di tipo preventivo. Tuttavia è anche vero che alcuni studi hanno suggerito che alti livelli sierici di vitamina D possono aumentare il rischio di disturbi allergici di (6,7). Il Colecalciferolo, e i suoi metaboliti, sono più propriamente ormoni che possono essere sintetizzati dal corpo umano (Figura 1). I supposti effetti antiallergici della vitamina D possono in parte essere riconducibili all'azione sulle cellule dendritiche, favorendo la produzione di IL-10 e riducendo la produzione di IL-12 (8). Un livello sierico di VD≥ 50 nmol / L è considerato sufficiente, valori <50 nmol / L insufficienti, e <40 nmol / L forse a rischio di malattie. Per garantire un adeguato apporto di vitamina D, l'American Academy of Pediatrics ha aumenta- 136 to la dose giornaliera raccomandata per i bambini e adolescenti (9), ad una dose di 400 UI fino a 12 mesi di età e di 400600 oltre i 12 mesi (10), raccomandando che tale integrazione deve iniziare durante i primi giorni di vita. Per quanto riguarda le malattie allergiche, gli studi disponibili forniscon risultati contrastanti. Certamente, altri fattori possono giocare un ruolo cruciale nella sviluppo di allergie e asma, tra cui l'ambiente e la genetica. A questo proposito, un aspetto interessante sembrerebbe avere la latitudine (11): alte latitudini, che sono caratterizzate da una irradiazione ultravioletta inferiore, possono essere associate ad una frequenza inferiore di allergia, mentre una esposizione ai raggi ultravioletti superiore (latitudini più basse), è Metabolismo della Vitamina D Figura 1 7- dehydrocholesterol UV 25OH Vitamin D calcidiol skin kidney Vitamin D3 cholecalciferol 1-25OH Vitamin D calcidiol DIETARY INTAKE (herring, salmon, codfish, tuna, milk, egg yolk) SUPPLEMENTS Vitamin D2 ergocalciferol Bone resorption Increased Ca abssorption Decreased phosphate excretion IMMUNOMODULATION Tratta da Della Giustina A, Landi M, Bellini F et al. - Vitamin D, allergies and asthma: focus on pediatric patients World Allergy Organ J. 2014;7(1):27. Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 aggiornamenti stata associato con una maggiore probabilità di avere una storia di rinite allergica o asma o entrambe le condizioni durante l'infanzia. Studi interventistici con Vitamina D in pazienti con malattie immuno-mediate non sono completamente esaustivi. Il grado di coinvolgimento della vitamina D dipendente sull’omeostasi e la regolazione del sistema immunitario nelle malattie allergiche deve ancora essere esplorato (12). osservazioni conclusive Considerando l’insieme della letteratura disponibile , non è ad oggi possibile confermare o smentire il ruolo diretto del Vit D nelle malattie allergiche in età pediatrica: sono infatti presenti ancora molti fattori confondenti. Dati sperimentali forniscono prove che la Vit D agisca sulla funzione immunitaria ma la complessità di questo sistema, non può applicarsi alla popolazione generale. Inoltre, non è ancora possibile raccomandare in assoluto strategie per l'uso della Vit D nella terapia dell'asma e nelle malattie allergiche o nella prevenzione (13,14). Sono necessari ulteriori studi clinici prospettici per meglio comprendere il meccanismo molecolare che possa influenzare i disturbi immunologici ed il loro sviluppo (15). Bibliografia 1. Sharief S, Jariwala S, Kumar J et al. - Vitamin D levels and food and environmental allergies in the United States: Results from the National Health and Nutrition Examination Survey 2005–2006. J Allergy Clin Immunol 2011;127:1195–1202. 2. Thuesen BH, Skaaby T, Husemoen LL et al. - The association of serum 25-OH vitamin D with atopy, asthma, and lung function in a prospective study of Danish adults. Clin Exp Allergy 2015;45(1):265-272. 3. von Essen MR, Kongsbak M, Schjerling P et al. - Vitamin D controls T cell antigen receptor signaling and activation of human T cells. Nat Immunol 2010;11:344–349. 4. 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Pediatrics 2012;130:e1424. 10.Abrams SA - Dietary Guidelines for Calcium and Vitamin D: a new era.Pediatrics 2011;127:566–568. 11.Staples JA - Ecologic Analysis of Some Immune-Related Disorders, Including Type 1 Diabetes, in Australia: Latitude, Regional Ultraviolet Radiation, and Disease Prevalence Environ. Health Perspect 2003;111:518–523. 12.Hart PH, Gorman S, Finlay-Jones JJ - Modulation of the immune system by UV radiation: more than just the effects of vita- min D? Nat Rev Immunol 2011;11:584–596. 13.Braegger C, Campoy C, Colomb V et al. - ESPGHAN Committee on Nutrition: Vitamin D in the Healthy Paediatric Population:A Position Paper by the ESPGHAN Committee on Nutrition. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2013;56:692–701. 14.Flohr C, Mann J - New approaches to the prevention of childhood d atopic dermatitis. Allergy 2014;69(1):56–61. 15.Muehleisen B, Gallo RL - Vitamin D in allergic disease: shedding light on a complex problem. J Allergy Clin Immunol 2013;131:324–329. Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 137 è social seguici su: recensioni Editing del genoma con CRISPR/Cas 9 Figura Figura 2 1 CRISPR/Cas 9 system CRISPR/Cas9-mediated gene editing in human tripronuclear zygotes Liang P, Xu Y, Zhang X e 13altri Protein & Cell May 2015:6(5):363-372. L a scoperta più importante del 2015 secondo una commissione di scienziati è stata l’applicazione della tecnica CRISPR/Cas 9 per correggere o modificare il genoma vegetale e animale. Questa tecnica è stata inventata negli States nel 2012 da Jennifer Doudna, Emmanuelle Charpentier e Feng Zhang (a cui è stato attribuito il brevetto, sotto contestazione da parte delle altre due scienziate). Il 16 marzo è stato pubblicato il lavoro cinese che ha utilizzato ovuli fecondati umani, scartati per la fecondazione assistita perché avevano 3 copie di ogni cromosoma. Il gruppo cinese ha cercato di sostiuire in 86 zigoti il gene HBB, che se mutato Figura Figura 1 1 I macachini ottenuti con CRISPR Xiangyu G, Xiao-Jiang L - Targeted genome editing in primate embryos, in Cell Research 2015 DOI:10.1038/cr.2015.64 138 causa la beta-talassemia. Il risultato è stato inferiore alle attese: su 71 zigoti sopravvissuti alla procedura, in 28 le mutazioni erano state eliminate e soltanto in 4 la cellula aveva sostituito il gene HBB. Inoltre ci sono state numerose mutazioni “fuori bersaglio”, introdotte da un’azione del complesso CRISPR/ Cas9 su altre parti del genoma. Il lavoro ha scatenato ovviamente una montagna di critiche, ma anche entusiasmo, perché solleva problemi filosofici, etici e morali ma non alle sei aziende private che hanno finanziato la ricerca cinese, e le università elencate nell’articolo quali titolari di brevetti che essa ha utilizzato e le Big Farm che stanno tirando fuori centinaia di milioni di dollari… e i cinesi continuano (Figura 1) L’acronimo sta per l’enzima prodotto dal gene Cas9 e i Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats, le ripetizioni palindromiche di gruppi di Dna estraneo disposti a intervalli regolari. I CRISPR fanno parte del sistema immunitario dei batteri, si era scoperto dodici anni fa in quelli dello yogurt. Sono anche dei “redattori genetici” grazie all’endonucleasi Cas che riconosce l’RNA nel quale il DNA virale si traduce per replicarsi. L’enzima Cas si appropria di quell’RNA, così riconosce esattamente i pezzi di DNA virale e li elimina tutti. La correzione resta nel genoma del batterio ed è ereditato dalle cellule figlie. Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 recensioni Figura Figura 3 1 Alcune applicazioni di CRISPR/Cas9 Cloro della piscina e allergia Chlorinated pool attendance, airway epithelium defects and the risks of allergic diseases in adolescents: Interrelationships revealed by circulating biomarkers Bernard A, Nickmilder M, Dumont X Environmental Research 2015;140:119–126. A E l’Europa? La Gran Bretagna ha da settimane autorizzato la manipolazione di embrioni umani con questa tecnica per studiare i meccanismi alla base degli aborti spontanei frequenti nella prima settimana di sviluppo. Le applicazioni di CRISPR/Cas9 sono infinite (Figura 3). In campo medico cito solo la possibilità di utilizzare i maiali per gli xenotrapianti, che stavolta si possono fare e una probabile cura della sindrome di Duchenne mediante la produzione di una distrofina più corta ma capace di ristorare un parziale recupero della forza e della funzionalità muscolare dell’animale. In campo agrario la possibilità di avere piante resistenti alla siccità o agli insetti, non OGM perché il gene modificato viene introdotto col ”taglia e cuci” senza vettori batterici o virali. Il mondo cambierà in meglio grazie a CRISPR/Cas9… F.O. Il primo lavoro Wiedenheft B, Sternberg SH, Doudna JA RNA guided genetic silencing systems in bacteria and archaea. Nature 2012;482(n7385):331–8.DOI:10.1038/nature10886 lfred Bernard dell’Università Cattolica di Lovanio in Belgio da molti anni studia gli effetti dannosi del cloro sulla salute umana, in particolare nei bambini e adolescenti. Il ricercatore fa notare che il cloro e suoi derivati, usati per disinfettare l’acqua delle piscine può irritare la pelle, gli occhi e le vie respiratorie superiori, e provocare alcuni cambiamenti delle vie aeree e quindi promuovere lo sviluppo di malattie allergiche. Ovviamente le evidenze epidemiologiche sono scarse. In questo studio trasversale Bernard e coll. hanno esaminato 835 adolescenti misurando le concentrazioni sieriche di CC16 (Club cell protein), di SP-D (surfactantassociated protein D), delle IgE sia specifiche che totali. Il rapporto di concentrazione sierica di CC16 / SP-D è un indice che integra i cambiamenti nella permeabilità (SP-D) e nella funzione secretoria (CC16) dell’epitelio delle vie aeree. In entrambi i sessi, il nuoto precoce in piscine clorurate è emerso come il predittore più forte di basso CC16 e del rapporto CC16/SP-D nel siero. Tra le ragazze un basso rapporto CC16/SP-D era associato ad una elevata probabilità di sensibilizzazione agli animali domestici (OR 2.97, 95% CI 1,19-8,22) e per rinite allergica in quelle sensibilizzate ai pollini (OR 4.12, 95% CI 1,28-14,4). Tra i ragazzi, un basso rapporto CC16 / SP-D è stato associato ad un aumento della probabilità di essere allergici agli acari della polvere di casa (OR 2.01, 95% CI 1,11-3,73), di avere rinite allergica se sensibilizzati agli acari (OR 3.52, 95 % CI 1,22-11,1) e l’asma in soggetti sensibilizzati a qualsiasi aeroallergene (OR 3.38, 95% CI 1,17-11,0) o a pollini (OR 5,82, 95% CI 1.51- 27.4). Gli Autori concludono che questi dati supportano l’ipotesi che collega lo sviluppo di malattie allergiche a disordini degli Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 139 recensioni epiteli delle vie aeree causati da fattori di stress ambientali tra cui il cloro delle piscine che può provocare danni permanenti all’epitelio. F.O. Asma come fattore di rischio per herpes zoster negli adulti Asthma as a risk factor for zoster in adults: A population-based case-control study. Per saperne di più • Fjellbirkeland L, Gulsvik A, Walløe A - “[Swimming-induced asthma]”. Tidsskr. Nor. Laegeforen. (in Norvegese) 1995;115 (17):2051–3. • Bernard A, Carbonnelle S, Michel O et al. - Lung hyperpermeability and asthma prevalence in schoolchildren: unexpected associations with the attendance at indoor chlorinated swimming pools . Occup Environ Med 2003;60 (6):385–394. • Voisin C, Sardella A, Marcucci F, Bernard A - Infant swimming in chlorinated pools and the risks of bronchiolitis, asthma and allergy Eur Respir J 2010; 36: 41–47 • Bernard A, Carbonnelle S, de Burbure C, Michel O, Nickmilder MChlorinated pool attendance, atopy, and the risk of asthma during childhood. Environ Health Perspect. 2006;114:1567–1573. • Nickmilder M, Carbonnelle S, Bernard A. House cleaning with chlorine bleach and the risks of allergic and respiratory diseases in children. Pediatr Allergy Immunol. 2006;18:27–35. • Voisin C, Sardella A, Bernard A - Risks of new-onset allergic sensitization and airway inflammation after early age swimming in chlorinated pools. Int J Hyg Environ Health. 2014 Jan;217(1):38-45. 140 Kwon HJ, Bang DW, Kim EN et al. J Allergy Clin Immunol. Published online December 28, 2015. L' herpes zoster (fuoco di S. Antonio) si presenta classicamente come un arrossamento doloroso e pruriginoso su un lato del corpo. Le complicazioni vanno dalla nevralgia posterpetica, a cicatrici, a problemi visivi, a infezioni secondarie e paralisi. E’ il risultato della riattivazione del virus varicella zoster latente. L’equipe di ricercatori americani aveva già dimostrato in uno studio precedente l’esistenza di una relazione tra l’asma e il rischio di zoster nei bambini asmatici (OR= 2,07; IC95%= 1,24-3,52). Nel nuovo studio gli Autori hanno valutato se lo stato asmatico fosse associato con il rischio di zoster questa volta nell’adulto. I ricercatori hanno censito 371 casi di herper zoster e 742 controlli. L’ asma era presente nel 23% dei casi (87 soggetti) e nel 15% dei controlli. Gli adulti asmatici avevano un rischio di sviluppare herpes zoster superiore del 70% rispetto agli adulti non asmatici (OR=1,73; IC95%= 1,26-2,39; p<0,001) anche dopo aggiustamento dei dati in base ai potenziali fattori confondenti identificati nell’analisi univariata. Gli Autori sottolineano che l’asma determina un innalzamento del rischio di infezioni microbiche serie e comuni e che ciò può essere in parte spiegato dal funzionamento sub-ottimale dei meccanismi delle risposta immunitaria innata ed adattativa. Poiché l’asma rappresenta un fattore di rischio non riconosciuto di herpes zoster nell’adulto, i clinici dovrebbero prendere in seria considerazione la necessità di vaccinare i soggetti asmatici di età uguale o superiore ai 50 anni come categoria a sé stante. Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 recensioni L'altro lavoro Kim B-S et al. Increased Risk of Herpes Zoster in Children with Asthma: A Population-Based Case-Control Study. The Journal of Pediatrics 2013;163(3):816–821. Taglio cesareo e ripristino del microbioma nel neonato mediante tampone vaginale Cesarean section and disease associated with immune function Kristensen K, Henriksen L JACI 2016;137(2):587–590. Partial restoration of the microbiota of cesarean-born infants via vaginal microbial transfer di Stati Uniti e Canada, fino al 38% dell’Italia. Il primo lavoro descrive accuratamente le conseguenze del parto cesareo e di come incrementa il rischio di malattie associate con il non corretto funzionamento del sistema immunitario, su una casistica di 750569 bambini danesi, nati tra il 1997 ed il 2012. Nascere con i ferri porta ad un maggior rischio di asma, laringite, gastroenterite, colite ulcerativa, celiachia, infezioni delle basse vie respiratorie e di artrite giovanile idiopatica. Il secondo lavoro fatto da scienziati del Mount Sinai School of Medicine in New York è uno studio preliminare, 4 casi, su come simulare nei bambini nati col cesareo l’esposizione batterica cui sono sottoposti i neonati partoriti naturalmente. L’idea è semplice: un’ora prima dell’intervento chirurgico nella vagina della partoriente veniva inserita una garza sterile, che nei 60 minuti si riempiva dei microbi vaginali. Rimossa poco prima dell’intervento e conservata in modo opportuno, entro 2-3 minuti dalla nascita, veniva usata per tamponare occhi, bocca, naso, orecchie e cute del neonato. A vari intervalli nel primo mese sono stati raccolti campioni, oltre 1500, su varie aree del corpo dei bambini e delle loro madri e con tecniche di DNA sequencing sono state identificate le comunità microbiche dei nati naturalmente e col cesareo. Il risultato è stato sorprendente: i bambini nati col parto Dominguez-Bello MG, De Jesus-Laboy K, Shen N et al. Nature Medicine 2016 doi:10.1038/nm.4039 D urante il parto naturale il bebè incontra i suoi primi microbi di origine materna che lo colonizzeranno, insieme a quelli che riceverà poi con l’allattamento al seno. Questo microbioma raggiungerà negli anni successivi una completa maturazione e svolgerà funzioni essenziali per il benessere del bambino. La corretta colonizzazione del neonato è influenzata negativamente da diverse pratiche quali il taglio cesareo, l’uso di antibiotici perinatali, l’alimentazione con latte artificiale. L’incremento del ricorso al taglio cesareo negli ultimi trenta anni ha interessato tutto il mondo occidentale, con notevole variabilità da paese a paese: da un minimo incremento, attestatosi sul 12-14% nei paesi scandinavi, passando per un 20% Tratta da: http://www.gvinculo.com.br/2012/06/indicacoes-reais-eficticias-para.html Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 141 recensioni cesareo e immediatamente “tamponati” coi microbi vaginali materni avevano un microbioma arricchito in batteri, i.e. Lactobacillus e Bacteroides, come nei bambini nati naturalmente. L’esperimento ha scatenato l’entusiasmo degli scienziati che hanno già organizzato uno studio più ampio, circa 90 partorienti, con un più lungo monitoraggio delle comunità microbiche e dello stato sanitario dei bambini. Immagino la contentezza dei produttori di probiotici… Buona fortuna.F.O. Tratta da Reid G, Younes JA, Van der Mei HC et al. - Microbiota restoration: Natural and supplemented recovery of human microbial communities. Nat Rev Microbiol. 2011;9:27–38. Allergia ad Anisakis in Sicilia High prevalence of Anisakis simplex hypersensitivity and allergy in Sicily, Italy Acciuga infestata da Anisakis to con aceto/limone. Tutti i soggetti sono stati intervistati per i loro problemi clinici di allergie cutanee, respiratorie, alimentari e successivamente sottoposti a test cutanei con A. simplex, aeroallergeni, micofiti, acari, forfore animali e allergeni alimentari. I soggetti con test cutaneo positivo ad A. simplex sono risultati 527 su 3419, indicante una prevalenza del 15,4% nella popolazione. 66 pazienti avevano una storia suggestiva di reazioni allergiche dopo l’ingestione di pesce crudo o marinato e 29 di questi lo erano. La distribuzione dei sintomi allergici è indicata nella figura 2. Un’interessante scoperta è emersa dal lavoro catanese: un’alta prevalenza di sensibilizzazione alle muffe e agli acari tra allergici all’A. simplex e questo potrebbe indicare secondo gli Autori che l’allergia a muffe ed acari è un fattore di rischio per sviluppare successivamente un’allergia al parassita.F.O. Figura Figura 2 1 Heffler E, Sberna ME, Sichili S et al. Ann Allergy Asthma Immunol 2016;116:146-150. H effler e colleghi di Catania hanno voluto investigare la prevalenza della sensibilizzazione ed allergia ad Anisakis simplex in 3419 pazienti consecutivi, giunti alla loro osservazione durante un periodo di 22 mesi. Nella Sicilia orientale è pratica diffusa consumare piatti a base di pesce crudo o marina- 142 Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 Distribuzione dei sintomi allergici curiosità Q uesta e la prima descrizione di un attacco asmatico. Quasi tremila anni fa Omero utilizzò per primo il termine asma (asthma: respiro breve) per indicare l’atroce soffocamento che affliggeva Ettore disteso sul campo di battaglia senza che alcuno dei nemici lo avesse colpito. Ebbene sì, anche persone straordinarie possono soffrire di asma bronchiale, una patologia che affligge anche i piu grandi: in realtà, anzi, piu i ricchi dei poveri, dato che l’ipotesi igienica ci dice che quando si vive in condizioni igieniche non ottimali ci si difende di più dall’allergia. Fin da quando studiavo medicina, e quindi ancor prima della laurea, mi affascinava il poter curare l’asma di cui soffrivano alcuni amici e i loro figli. Desideravo impegnarmi a far passare l’ansia, la paura di morire per il blocco del respiro che inevitabilmente questa malattia induce. Di asma hanno sofferto, e soffrono, grandi campioni dello sport, scrittori, attori, uomini politici... Chissà se Marcel Proust, affetto da asma con crisi ricorrenti di ostruzione bronchiale anche grave, avrebbe reagito, magari scrivendo in modo diverso il suo À la recherche du temps perdu. Tra le sue pagine, il lettore attento riesce a intuire quanto Proust avvertisse l’asma come una patologia condizionante. Da bimbo era portato a Combray dalla nonna per l’elioterapia marina estiva, e ogni volta che si trovava a Parigi nel Bois de Boulogne, aveva tosse o asma. Molto probabilmente egli soffriva di allergia di tipo perenne con riacutizzazioni stagionali da Graminacee, ma ai suoi tempi non esistevano test in grado di diagnosticarne la sensibilizzazione allergica. Un giorno, Proust scrisse alla madre di avere sofferto di “un attacco d’asma d’incredibile violenza e tenacia: tale e il bilancio deprimente della notte che ho dovuto trascorrere in piedi”. L’asma negli uomini famosi Gennaro D'Amato Nella pianura vede Ettore disteso, intorno a lui sono fermi i suoi uomini egli è preda di un atroce soffocamento, ha perso conoscenza: non e stato toccato dall’ultimo degli Achei. Omero Iliade, canto XV Altro grand’uomo affetto da asma (non certo l’unica patologia a minarne il fisico) fu Giacomo Leopardi, poeta e scrittore sublime. Proprio mentre componeva la stupenda poesia La ginestra nella villa vesuviana dell’amico Antonio Ranieri, lontano da Napoli per lo scoppio del colera nella capitale partenopea nel 1833, Leopardi ebbe una crisi di cui scrisse: (sono stato colpito) “per la prima volta, da un vero e legittimo attacco d’asma che mi ha impedito di camminare, di giacere, e di dormire.” E difficile dire quanto l’asma abbia influenzato la produzione poetica di Leopardi, ma certamente la comparsa dell’“atroce divinita”, come egli chiamava la sua malattia, contribui a incrementare la sua visione, gia pesantemente negativa, dell’esistenza. Afflitto dalle sofferenze, il poeta di continuo invocava quella morte che arrivo in un pomeriggio d’estate. Il 14 giugno 1837, dopo aver dettato Il tramonto della luna, Leopardi si avvicinò alla tavola per mangiare una granita. Non l’aveva ancora finita, però, che lo si senti esclamare, tenendosi il petto: “Mi sento crescere l’asma!” Un’asma verosimilmente bronchiale e cardiaca insieme, che lo portò a morte. Grazie all’interessamento di Antonio Ranieri le sue spoglie non furono gettate in una fossa comune, come le norme igieniche del periodo prevedevano causa colera, ma trasportate nella chiesa di San Vitale a Fuorigrotta. Oggi riposano nel parco virgiliano di Piedigrotta, nella tomba dichiarata da tempo monumento nazionale. Ad avere sofferto di asma sono anche grandi di vari altri contesti, incluso il piu insospettabile: lo sport. Superando le difficoltà respiratorie indotte dalla patologia d’asma, molti di loro hanno saputo conquistare allori importanti, non ultimo il più importante di tutti: l’oro olimpico. Tra quanti sono arrivati tanto in alto, uno grandissimo rimane il nuotatore Mark Spitz. Nell’estate del 1972 ero un giovane medico di guardia presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Ruggi D’Aragona di Salerno, prossimo a trasferirmi al Cardarelli di Napoli. Un giorno, mentre assistevo un paziente arrivato con una terribile crisi asmatica ma ormai, per fortuna, in via di miglioramento, un infermiere entrò tutto trafelato dicendo che alle Olimpiadi di Monaco alcuni terroristi avevano ammazzato degli atleti israeliani. Tremai non sapendo se avessero colpito solo atleti iscritti alle gare sotto la bandiera con la stella di David (come, in effetti, avvenne) o potessero aver ucciso anche Mark Spitz, americano di religione ebraica che aveva appena finito di vincere ben sette medaglie d’oro pur soffrendo di asma bronchiale da quando era un bambino. Una medaglia dopo l’altra, un record assoluto, battuto solo da Michael Phelps, Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 143 curiosità un altro statunitense, che ne vinse otto alle Olimpiadi di Pechino del 2008. Curiosamente, Phelps soffriva a sua volta di un disturbo potenzialmente invalidante, l’ADHD (sindrome da deficit di attenzione e iperattività) ma a quanto pare non se ne fece condizionare: alle Olimpiadi di Atene aveva già vinto sei ori e due bronzi, e altri quattro ori conquistò ai Giochi di Londra nel 2012. E' proprio per gli sport acquatici che dovrebbe optare in primis chi, affetto da asma bronchiale, desideri praticare attivita agonistica. Nessuna disciplina è comunque preclusa, nemmeno quelle che si svolgono in ambiente freddo (e dunque potenzialmente piu minaccioso) come ad esempio lo sci. E proprio in questa disciplina, e per la precisione nello sci di fondo, che l’italia ha un testimonial di prestigio tra i campioni che soffrono di asma: è Giorgio Di Centa, campione dei 50 km alle Olimpiadi invernali di Torino 2006 e portabandiera azzurro nella cerimonia di apertura dei XXI Giochi invernali, a Vancouver nel 2010. Tra gli altri sport che vantano testimonial asmatici c’è il basket: alfiere dei cestisti affetti da questa patologia e Dennis Rodman, campione estroverso molto apprezzato dal gentil sesso. Vincitore di 5 titoli NBA, e poi wrestler e attore cinematografico, aveva come motto: “L’importante non è vincere, ma gareggiare senza perdere nè pareggiare”. Tra gli atleti affetti da asma o allergopatie respiratorie e che ho conosciuto personalmente c’è Totò Antibo. Il grande fondista era allergico ai pollini di Graminacee e Parietaria, circostanza che gli rendeva particolarmente preziosi i calendari pollinici che gli preparavo, adattando i farmaci antiasmatici alle presenze in atmosfera e agli stimoli stagionali degli allergeni, tanto più in coincidenza dei momenti clou della sua stagione agonistica. Nel 1988 vinse la medaglia d’argento sui 10.000 metri alle Olimpiadi di Seoul e, in successione, stabilì i record italiani dei 5.000 e poi 10.000 metri, le stesse distanze su cui il “cavallino di Altofonte” si aggiudicò a Spalato, nel 1990, i titoli europei. Non solo sport: tra i tanti altri personaggi famosi che hanno sofferto di asma ricordiamo il comandante Ernesto “Che” Guevara, che fu affetto da questa patologia fin da piccolo. Proprio per questo la sua famiglia, in Argentina, si trasferì da Rosario in una località montana vicino a Cordoba, dove el Che visse per oltre dieci anni e studiò aiutato dalla madre, poiché l’asma gli impediva di frequentare la scuola; non i campi da rugby, tuttavia, sport nel quale eccelleva. Quando in seguito i Guevara si trasferirono a Buenos Aires, Ernesto s’iscrisse a medicina: la sua tesi di laurea fu proprio sull’asma allergica, pregio che in parte emenda il vizio del fumo del Che: i sigari cubani certamente non fanno bene ai bronchi di chi è affetto da asma bronchiale! Anche almeno due geni della musica sono nel novero dei grandi asmatici: Fryderyk Chopin e Ludwig van Beethoven. Il primo, uno dei più talentuosi compositori e pianisti di tutti i tempi, fu affetto da tubercolosi polmonare e da asma per tutta la vita, con violenti attacchi di ostruzione delle vie aeree che lo resero sempre più debole e fragile. E' facile pensare che nella stupenda musica che creava avesse parte la malattia polmonare che si traduceva, attraverso la sua mente estremamente sensibile, in note di struggente delicatezza: pause e sospensioni delle sue opere sembrano seguire il ritmo delle sue crisi, e trarne ispirazione. Sebbene l’aria gli mancasse all’improvviso e i medici gli avessero consigliato di riguardarsi, Chopin faceva l’impossibile per continuare a suonare e tenere concerti anche in pubblico, essendo ovviamente la sua musica molto amata e richiesta. Altro titano delle sette note affetto da asma bronchiale fu Ludwig van Beethoven. Si apprezza ancora di piu la sua grandezza, se si pen- 144 Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3 sa alle tante patologie di cui soffrì il grande compositore: oltre all’asma, c’erano i reumatismi e la gotta cui si unirono successivamente la cirrosi epatica, e soprattutto la sordità, la menomazione in assoluto più invalidante per un musicista. Il primo attacco d’asma insorse con violenza quando aveva 16 anni, facendogli mancare improvvisamente l’aria nel contesto di un evento febbrile (verosimilmente un’influenza) che lo colpì subito dopo la morte della madre. Provato dallo straziante stimolo emotivo derivato da una così grande perdita, in quell’occasione Beethoven scrisse: “Dal mio ritorno a Bonn ho goduto poche ore serene. Tutto questo tempo sono stato afflitto dall’asma. A questa si è aggiunta la malinconia che per me è una sofferenza grave quasi quanto la malattia stessa.” Fin dall’inizio, quindi, l’asma di Beethoven si presentò strettamente interconnessa con le sue emozioni, tanto più in coincidenza di quegli stati d’ansia che non di rado lo coglievano. “La musica deve fare sprizzare il fuoco dallo spirito degli uomini” soleva dire, ma nel 1802 – ad appena 33 anni – cominciò a prendere coscienza della sordità che, inesorabilmente, s’avviava a divenire totale. Costretto al progressivo isolamento – per non dover rivelare in pubblico il suo handicap – Beethoven si guadagnò una reputazione di misantropo che lo fece soffrire fino al termine dei suoi giorni. Fortunatamente la sua creatività non si arrestò e, con coraggio e grande forza di carattere, continuò a produrre pagine immortali di musica. Il 26 marzo 1827, infine, cedendo ai mali che da troppo tempo lo affliggevano, il grande compositore alzo le mani al cielo – come vuole un’immagine ro mantica – e morì nel mezzo di un furioso temporale. Non aveva che appena cinquantasette anni e si stringe il cuore a pensare che, con le attuali terapie antiasmatiche, avrebbe potuto comporre ancora tanta musica divina. Istruzioni per gli autori I l Notiziario Allergologico è una pubblicazione quadrimestrale di aggiornamento nel campo della Allergologia e delle discipline ad essa correlate, rivolta ai Medici ed ai Ricercatori. Il Notiziario Allergologico non pubblica articoli sperimentali, ma aggiornamenti e rassegne concordati tra la Redazione e gli Autori, sia per quanto riguarda i contenuti che la lunghezza. Il Comitato Scientifico partecipa al reperimento delle informazioni e controlla la correttezza scientifica della rivista; comunque le affermazioni e le opinioni espresse negli articoli sono quelle degli Autori e non esprimono necessariamente il parere del Comitato Scientifico o della Redazione. • I manoscritti per la pubblicazione devono venire inviati tramite posta elettronica a: [email protected] Nei manoscritti, oltre al nome completo degli Autori, dovrà essere indicata l’affiliazione degli stessi e l’indirizzo postale dell’Autore al quale verranno inviate le bozze. • Il testo dovrà essere in formato Word o analogo senza usare programmi di impaginazione specifici. • Le illustrazioni, le fotografie e le tabelle dovranno essere salvate e inviate in files separati (JPG, TIFF, PDF). RIASSUNTO E SUMMARY Ogni articolo sarà preceduto da un riassunto breve (250 parole, 1700 caratteri spazi inclusi) e da un summary in inglese più ampio (450 parole, 3000 caratteri spazi inclusi). • Parole chiave: la lista di 4-8 parole chiave deve mettere in evidenza gli argomenti più significativi trattati nel lavoro. BIBLIOGRAFIA La bibliografia verrà scritta in base alle indicazioni riportate di seguito: • Lavori comparsi in periodici: cognome e iniziale del nome degli Autori, titolo del lavoro, titolo abbreviato del periodico, anno, numero del volume, pagina iniziale e finale. Es: Holt PG - Mucosal immunity in relation to the development of oral tolerance/sensitization. Allergy 1998;4:16-19. • Monografie e i trattati: cognome e iniziale del nome degli Autori, titolo, editore, luogo e anno di pubblicazione. Es: Errigo E - Malattie allergiche. Etiopatogenesi, diagnostica e terapia. Lombardo Editore, Roma, 1994. • Lavori pubblicati come capitoli di volumi: indicare cognome e iniziale dei nomi degli Autori, titolo del capitolo, titolo del volume in cui il lavoro è pubblicato, preceduto dall’indicazione del Curatore, e seguita da quella dell’Editore, luogo e anno di pubblicazione, pagina iniziale e finale del capitolo citato. Es: Philips SP, Whisnant JP - Hypertension and stroke. In: Laragh JH, Brenner BM (Eds.) Hypertension: pathophysiology, diagnosis and management. 2nd ed., New York, Raven Press, 1995, p. 465-478. La bibliografia verrà ordinata in ordine di citazione nel corso del testo e ogni citazione verrà contrassegnata da un numero progressivo di identificazione. In casi particolare, quando la bibliografia sia composta da riviste sintetiche, trattati, monografie e sia limitata a poche voci, non verrà citata nel testo ma raggruppata alla fine del lavoro sotto il titolo “Letture consigliate”. I titoli delle riviste dovranno essere abbreviati secondo le indicazioni del Cumulated Index Medicus. CITAZIONI DI SPECIALITÀ Ogni composto farmaceutico deve essere citato in base al suo nome chimico e/o alla sua denominazione comune internazionale, evitando di citare il nome del marchio. Quest’ultimo potrà essere indicato solo se inevitabile e con la lettera iniziale in maiuscolo. ABBREVIAZIONI Abbreviazioni e simboli usati, secondo gli standard indicati in Science 1954; 120: 1078. Una volta definiti, essi possono venire usati come tali nel corso del testo. BOZZE Le prime bozze verranno inviate al primo Autore, a meno che non venga altrimenti indicato. Le seconde bozze verranno corrette in Redazione. Le bozze dovranno venire restituite nello spazio di sette giorni dalla data di arrivo, con l’approvazione dell’Autore. Unità di misura Unit conte per minuto curie millicurie microcurie chilogrammo grammo milligrammo microgrammo nanogrammo picogrammo femtogrammo litro millilitro microlitro nanolitro picolitro chilometro metro centimetro millimetro micrometro nanometro picometro Angstrom kilo Daltons ora minuto primo minuto secondo counts per minute curie millicurie microcurie kilogram gram milligram microgram nanogram picogram femtogram litre millilitre microlitre nanolitre picolitre kilometre metre centimetre millimetre micrometre nanometre picometre Angstrom kilo Daltons hour minute second cpm Ci mCi μC Kg g mg μg ng pg fg L mL μL nL pL Km m cm mm μm nm pm Å kDa h min sec Lofarma nel mondo www.lofarma.it