N
ISSN 2038-2553
Anno 34 - 2015 • Volume 33, n. 3
OTIZIARIO
ALLERGOLOGIC
Immunogenicità
dei farmaci biologici:
quale impatto clinico?
Le “immunoterapie orfane”
Il recettore ad alta affinità
per le IgE
VITAMINA D
1. e allergopatie, un rapporto affascinante,
ma ancora controverso
2. e focus sui pazienti pediatrici allergici
Anno 34, 2015 - Volume 33, n. 3
direttore responsabile
Gianni Mistrello
redazione
Fabrizio Ottoboni
progetto grafico
Maura Fattorini
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Pubblicazione Quadrimestrale
Il Notiziario Allergologico è on-line su
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UniCredit Tower è il grattacielo più alto
d’Italia con i suoi 230 metri d’altezza
progettato dallo studio americano Pelli Clarke Pelli Architects. L’imponente
Spire, posizionata in modo eccentrico
è ormai uno dei simboli di Milano. I tre
edifici che compongono il complesso
UniCredit Tower hanno inoltre ricevuto
dall’Us Green Building Council – organizzazione che promuove e garantisce,
in oltre 100 Paesi nel mondo, un approccio globale alla sostenibilità – la certificazione Leed Gold. Il bollino “verde”
rilasciato dall’Us Green Building Council
certifica il 22,5% di risparmio energetiFotografia di
Daniela Zelaschi Ottoboni
co, il 37,3% di riduzione dell’utilizzo di
acqua potabile negli edifici, il totale riutilizzo di acqua piovana, il 93% di riciclo dei rifiuti da cantiere, il 20,5% di materiale
proveniente da riciclo utilizzato nelle costruzioni e, infine, il 41% di materiali di
provenienza locale.
sommario
Notiziario Allergologico, Anno 34 - 2015 - Volume 33, n. 3
editoriale Il filo conduttore: Milano 2015
98
Fabrizio Ottoboni
aggiornamenti
Immunogenicità dei farmaci biologici: quale impatto clinico?
99
Alessandra Vultaggio, Andrea Matucci, Enrico Maggi
Le “immunoterapie orfane”
107
Erminia Ridolo, Cristoforo Incorvaia, Marcello Montagni, Gianenrico Senna, Giovanni Passalacqua
Il recettore ad alta affinità per le IgE
113
Rosa Molfetta e Rossella Paolini
Vitamina D e allergopatie:
un rapporto affascinante, ma ancora controverso
121
Carlo Lombardi
Auguri134
Vitamina D: focus sui pazienti pediatrici allergici
135
Massimo Landi
recensioni Fabrizio Ottoboni
Editing del genoma con CRISPR/Cas 9
138
Liang P, Xu Y, Zhang X et al. Cloro della piscina e allergia
139
Bernard A, Nickmilder M, Dumont X
Asma come fattore di rischio per herpes zoster negli adulti
140
Kwon HJ, Bang DW, Kim EN et al.
Taglio cesareo e ripristino del microbioma nel neonato
mediante tampone vaginale
141
Kristensen K, Henriksen
L Dominguez-Bello MG, De Jesus-Laboy K, Shen N et al.
Allergia ad Anisakis in Sicilia
142
Heffler E, Sberna ME, Sichili S et al.
curiosità L’asma negli uomini famosi
Gennaro D’Amato
143
editoriale
Il filo conduttore:
Milano 2015
Fabrizio Ottoboni
M
ilano… il 2015 è stato un
anno straordinario. EXPO!
Nella mia biblioteca ho trovato un vecchio almanacco
della famiglia milanese del 1959 e vi riporto alcune frasi introduttive.
“Volgendoci all’anno trascorso possiamo
dire, con legittimo orgoglio, che Milano
s’è mantenuta fedele al suo primato di
operosità con coraggiose realizzazioni,
con ispirate iniziative sia nel campo del
lavoro sia in quello culturale. L’edilizia
ha nuovamente allargati i confini della
città, la Metropolitana ha progredito
con ritmo meraviglioso, opere egregie
sono state compiute o sviluppate nel
campo dell’assistenza sociale, la reputazione di Milano è stata degnamente e
meritatamente accresciuta nell’area del
mercato comune sì da elencare la nostra città fra le capitali europee più valide quale sede convogliatrice dei nuovi
traffici, la Fiera ha segnato uno sviluppo
mai prima raggiunto”. Sostituendo il
termine Fiera con EXPO il risultato è lo
stesso. Un vero successo.
In questo n° del Not Allergol vi presento lavori straordinari per creatività o per
capacità di sintesi analitica.
Tutti parlano di farmaci biologici, ma
qual è l’impatto clinico? Alessandra Vultaggio espone in modo chiaro i pro ed
i contra.
Un problema molto sentito dagli allergologi: cosa faccio con allergie particolari? Erminia Ridolo e Coll. pongono
all’’AIFA una domanda che chiede risposta. Esistono cittadini di serie A ed
altri di serie B?
Come lavora il recettore Fc eRI, il detonatore delle reazioni allergiche? Rosa
Molfetta e Rossella Paolini ce lo spiegano in modo chiaro ed elegante.
Tutti parlano della vitamina D nelle
allergie. Chi benissimo, chi malissimo.
Due grandi esperti fanno il punto sul
98
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
problema. Carlo Lombardi presenta la
vitamina D e le controversie, e Massimo
Landi le conoscenze applicabili dai pediatri. Non male eh?
Le mie recensioni non sono fatte col
traduttore di Google applicato al summary. Avete constatato in passato che
io vi offro la possibilità di approfondire
senza fatica l’argomento. Anche stavolta
vi offro delle “chicche” che penso meravigliose. A voi il giudizio ;-)
Buona lettura
aggiornamenti
Immunogenicità
dei farmaci biologici:
quale impatto clinico?
Alessandra Vultaggio*
Andrea Matucci*
Enrico Maggi°
*SOD Immunoallergologia, AOU Careggi, Firenze
°Dipartimento di Medicina Clinica
e Sperimentale Università degli Studi di Firenze
Immunogenicity of biological agents:
what clinical impact?
Not Allergol 2015; vol. 33: n.3: 99-106.
introduzione
L’introduzione dei farmaci biologici
(biological agents - BA) ha rappresentato un passo fondamentale per il progresso della terapia di molte malattie
tra le quali i disordini immuno-mediati e le patologie oncologiche. Tra i BA
quelli di maggiore impiego sono rappresentati dagli anticorpi monoclonali
e dalle proteine di fusione. Il numero
dei BA attualmente commercializzati e
il progressivo aumento delle patologie
che oggi vengono trattate con questi
nuovi farmaci, riflettono il loro successo d’impiego. Nel prossimo futuro
è attesa la disponibilità di un numero
crescente di BA capaci di interagire con
molecole o fattori responsabili di diverse condizioni cliniche, che potranno
trovare giovamento dall’applicazione di
tali farmaci (1).
Uno dei principali motivi che possono
limitare il loro impiego è correlato alla
loro immunogenicità, cioè al fatto che
essi stessi rappresentano, almeno in una
riassunto
Parole chiave e sigle
• immunogenicità • BA=farmaci biologici • anticorpi anti-farmaco • anticorpo monoclonale
I farmaci biologici hanno profondamente modificato la storia naturale delle malattie immuno-mediate, ma presentano caratteristiche strutturali che determinano la loro capacità di
indurre una risposta immune anti-farmaco. Questa capacità viene definita immunogenicità
e si caratterizza per lo sviluppo di anticorpi specifici (anti-drug antibodies: ADA). Molteplici
fattori contribuiscono a condizionare l’immunogenicità di un BA, alcuni dei quali correlate al
farmaco stesso, alla modalità di somministrazione, alla patologia per la quale sono impiegati
nonché alle caratteristiche del paziente. L’induzione di una risposta immune al farmaco può
avere conseguenze cliniche o raramente rimanere un effetto biologico isolato. Tuttavia, nella
maggior parte dei casi, la produzione di ADA può complicarsi con riduzione dell'efficacia terapeutica o la comparsa di reazioni infusionali, anche di grave entità.
discreta percentuale dei pazienti trattati, molecole verso le quali il sistema
immunitario reagisce con la produzione di anticorpi anti-farmaco [anti-drug
antibodies (ADA)]. Gli ADA possono
interferire con l’efficacia del BA oppure possono essere responsabili di eventi avversi infusionali anche talvolta di
grado severo (2). Gli ADA possono
inoltre cross-reagire con strutture mo-
lecolari endogene che rappresentano la
controparte fisiologica del BA e quindi
interferire con alcune funzioni fisiologiche. Molteplici fattori contribuiscono
a condizionare l’immunogenicità di un
BA, alcuni dei quali correlate al farmaco stesso, alla modalità di somministrazione, alla patologia per la quale sono
impiegati nonché alle caratteristiche del
paziente (3).
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99
aggiornamenti
summary
Key words and Acronyms
• Immunogenicity • BA= biological agents • anti-drug antibodies • monoclonal antibody
Biological agents have deeply modified the natural history of immune-mediated diseases, but they display structural charachteristics leading to the development of a specific
immune response. This capability is called immunogenicity and it is characterized by the
development of anti-drug antibodies (ADA). Many factors contribute to the development
of the immunogenicity, some of them drug-related or the route of administration. In
addition the type of disease and patient’s characteristics may be important. The immunogenicity may or not have clinical outcomes. However in the majority of cases ADA development leads to a loss of response to the treatment or to the onset of infusion-related
reactions, even severe.
profilo di immunogenicità
dei farmaci biologici:
dati epidemiologici
Tutti i farmaci biologici, incluse le proteine a struttura completamente umana, hanno la potenzialità di indurre
immunogenicità con la conseguente
produzione di ADA. E’ facile comprendere come gli anticorpi monoclonali,
quali infliximab, cetuximab o rituximab, formati da regioni variabili di
origine murina e regioni costanti corrispondenti a immunoglobuline umani, contenendo quindi xeno-antigeni
riconosciuti come epitopi “non-self ”
da parte del sistema immunitario, siano
quindi capaci di stimolare una risposta
immune. Tra i vari monoclonali chimerici infliximab largamente utilizzato per
il trattamento delle patologie reumatologiche, dermatologiche e gastroenterologiche, costituisce uno degli esempi
più classici per capire l’impatto della
immunogenicità ed i suoi riflessi clinici. La prevalenza degli anticorpi anti-
infliximab (ATI) varia dal 12% al 44%
nei pazienti affetti da artrite reumatoide
e tra il 6 ed il 61% in coloro che sono
affetti da malattia di Crohn. Nella nostra esperienza in pazienti trattati con
infliximab e affetti da varie patologie
di tipo immuno-mediato, l’incidenza
degli ATI è circa del 14% (2-6 review
curr opin). La rimozione della componente murina dalla molecola, in modo
parziale o completo, ha portato alla
generazione di anticorpi monoclonali
umanizzati o “fully human”, rispettivamente. Ciò ha sicuramente comportato
una riduzione del fenomeno dell’ immunogenicità, anche se tuttavia non ha
permesso una sua completa abrogazione. Anticorpi monoclonali umanizzati
quali alemtuzumab e tocilizumab sono
capaci di indurre una risposta immune
rispettivamente in circa il 23% dei pazienti affetti da sclerosi multipla e nel
2-3% dei pazienti con artrite reumatoide (4). E’ molto interessante notare che
anche anticorpi completamente umani
possono indurre una marcata risposta
100
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
immune anti-farmaco. Per esempio,
adalimumab è risultato essere capace di
indurre ADA nel 2,8-3,7% dei pazienti con malattia infiammatoria cronica
dell’intestino e addirittura nel 70% dei
pazienti con artrite reumatoide (5). Un
altro anticorpo completamente umano, ma che ugualmente sembra possa
indurre una risposta immune è golimumab, antagonista del TNF-α di più
recente introduzione. Infatti, circa il
16% dei soggetti trattati ha dimostrato
sviluppare anticorpi farmaco-specifici
(6). Questi dati riguardanti un’ inattesa
immunogenicità anche a carico dei monoclonali “fully human” sembra essere
in relazione alla ben nota capacità del
sistema immunitario di montare una
risposta anti-idiotipo con produzione di anticorpi specifici nei confronti
delle regioni variabili di altre molecole di immunoglobuline, in questo caso
rappresentato dall’anticorpo monoclonale somministrato in relative grandi
quantità al paziente. Il fenomeno della immunogenicità riguarda, sebbene
in misura sicuramente più marginale,
anche proteine di fusione quali etanercept, che sembra indurre una risposta
anticorpale in una percentuale molto
bassa di pazienti (7). Del resto, anche le
proteine di fusione possono infatti essere immunogeniche per la formazione di
neo antigeni nel punto di fusione delle
due componenti della molecola.
perché i farmaci biologici
sono immunogenici?
L’immunogenicità di ciascun farmaco
biologico è determinata da una serie di
aggiornamenti
fattori, correlati in parte al farmaco in
parte al paziente, che contribuiscono
allo sviluppo della risposta immune (Figura 1).
Il grado di immunizzazione non è il
solo determinante intrinseco dell’immunogenicità. E’ ben noto che il pattern di glicosilazione, ossia la presenza
di catene oligosaccaridi presenti sulla
molecola biologica, come nel caso del
cetuximab, o di altre modificazioni
post-traslazionali (quali deamidazione
o ossidazione) possono rappresentare
fattori che conducono allo sviluppo di
immunogenicità (8). Inoltre alcuni fattori aggiuntivi quali la formazione di aggregati, la contaminazione del prodotto
con sostanze ad attività adiuvante-like,
nonché il protocollo di somministrazione e l’uso di co-trattamenti possono
influenzare il fenomeno (3). Tra i fattori
sicuramente da sottolineare il ruolo delFigura 1
la somministrazione in modo episodico,
ossia con cicli intervallati da pause corrispondenti alle fasi di remissione clinica.
I pazienti in trattamento con infliximab
secondo questa ultima modalità, hanno
infatti maggiori probabilità di sviluppare ATI rispetto a coloro che sono trattati
in modo continuativo (9). In aggiunta,
anche l’uso di farmaci immunosoppressori può significativamente impattare
sullo sviluppo degli ATI, soprattutto nei
pazienti in trattamento episodico (9).
E’ noto che il trattamento con alte dosi
di BA è in grado di favorire fenomeni
di tolleranza immunologica riducendo
l’immunogenicità del farmaco (10). Infatti, una correlazione inversa tra dose
del farmaco e frequenza di ADA è stata
riportata sia in pazienti con artrite reumatoide che in pazienti affetti da malattia di Crohn (11). Per quanto concerne
la modalità di somministrazione del far-
Fattori condizionanti la comparsa di immunogenicità
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
maco, sappiamo che la via sottocutanea
risulta sicuramente più immunogenica
rispetto a quella endovenosa (3).
Lo sviluppo degli ADA nei confronti di
un determinato farmaco è condizionata
dal tipo di patologia trattata. Ne è un
esempio tipico, il trattamento con rituximab che può condurre allo sviluppo di
ADA in circa l’1% ed il 4% dei pazienti
trattati per linfoma B o per artrite reumatoide rispettivamente, ma addirittura
in circa il 25% dei pazienti affetti da
sindrome di Sjogren e vasculiti ANCAassociate e fino al 40% dei pazienti affetti da Lupus Eritematoso Sistemico
(12,13,14). Riguardo ad infliximab una
maggiore incidenza degli ADA è stata
osservata in pazienti affetti da artrite
reumatoide (62,5%) rispetto a coloro
che sono affetti da artropatia sieronegativa o vasculite sistemica (37,5%) (15).
Le ragioni di queste differenze non sono
del tutto chiare, ma sono verosimilmente da mettere in relazione ai differenti
meccanismi patogenetici di malattia che
possono predisporre allo sviluppo della
risposta immune anti-farmaco. Il grado
di attivazione del sistema immunitario
può infatti contribuire allo sviluppo degli ADA; è stato chiaramente dimostrato
che il grado di espressione delle molecole di attivazione sulle cellule dendritiche
può accelerare lo sviluppo anticorpale
(16). Inoltre anche limitazioni di ordine
tecnico inerenti le varie metodiche per
la determinazione degli ADA possono in
parte contribuire a tali discrepanze. Sebbene al momento pochi studi siano disponibili riguardo al possibile ruolo di fattori
genetici, alcuni dati sembrano suggerire
una associazione tra polimorfismi del gene
101
aggiornamenti
Figura 2
Formazione di anticorpi-anti farmaco biologico:
meccanismi immunologici
La risposta immunitaria nei confronti
del BA può essere cellulare e umorale e
può attuarsi attraverso meccanismi Tdipendenti o T-indipendenti (Figura 2).
La risposta umorale T-indipendente si
realizza quando le cellule B, attraverso il
B cell receptor (BCR), riconoscono dei
pattern ripetitivi nell'anticorpo monoclonale, specie in presenza di aggregati,
rispondendo con la produzione di anticorpi a bassa affinità prevalentemente
della classe IgM. Viceversa, l’attivazione T-dipendente dei linfociti B induce
una risposta immune più potente con
formazione di anticorpi che vengono
appunto definiti come anticorpi T-dipendenti (18). Questo ultimo processo,
che coinvolge complessi “network” cellulari e molecolari attraverso interazioni
tra APC, cellule B e citochine, porta allo
switch-isotipico degli ADA da IgM ad
altri isotipi, nonché alla espansione di
cellule B memoria. Trattandosi infatti
di antigeni proteici, i farmaci biologici
vengono captati, internalizzati e processati mediante proteolisi in piccoli peptidi da parte delle cellule APC e quindi
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Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
per IL-10 e lo sviluppo di immunogenicità in pazienti con artrite reumatoide trattati con adalimumab (17). In termini più
generali possiamo dire che la presenza di
specifici aplotipi HLA potrebbe favorire
il riconoscimento di epitopi presenti sul
farmaco biologico.
meccanismi immunologici
di risposta cellulare
e anticorpale verso
i farmaci biologici
presentati a livello linfonodale a linfociti T helper in associazione a molecole
MHC di classe II; questa presentazione
porta al riconoscimento dell’antigene da
parte del T-cell receptor (TCR) e, quindi, all’espansione di cellule T specifiche.
Queste cellule a loro volta svolgono
funzione helper per la attivazione delle
cellule B utilizzando sia segnali di membrana (il legame tra CD40 e CD40-ligando) sia segnali solubili (citochine). I
linfociti B così attivati subiscono i meccanismi dello “switch” isotipico durante
il quale la catena pesante dell’anticorpo
sintetizzato viene sostituita modificando
così la classe di immunoglobulina prodotta. Al termine di questa prima fase
del processo, vengono prodotti linfociti
B della memoria con maggiore affinità
per l’antigene che indurranno una risposta più forte ed immediata ad una eventuale ri-esposizione al farmaco biologico. A seconda della natura dell’antigene
(proteico, polisaccaridico o lipidico) e
delle citochine prodotte, i linfociti T
helper condizionano l’isotipo prodotto
(18). Per quanto riguarda i farmaci biologici, lo “switch” isotipico porta prevalentemente alla produzione di ADA IgG
e, in minor misura di ADA IgE. Anche
per quanto riguarda gli antagonisti del
TNF-α è stato dimostrato che gli ADA
appartengono prevalentemente all’isotipo IgG. La presenza di IgE farmacospecifiche è stata ormai confermata per
infliximab, adalimumab, etanercept,
natalizumab ed altri sia mediante l’uso
di metodiche in vivo (skin testing) che
in vitro (19). E' noto che soggetti in
grado di produrre quantità più elevate
di citochine Th2 quali IL-4 e IL-13,
aggiornamenti
più facilmente sviluppano ADA di isotipo IgE (20). La risposta immune nei
confronti di proteine “self ” è controllata
da certi meccanismi immunologici che
potrebbero essere coinvolti anche nella
risposta immunologica nei confronti
dei BA. In particolare, è prospettabile la
presenza e la dominanza di meccanismi
di tipo regolatorio su meccanismi di tipo
effettore in coloro che non sviluppano
anticorpi anti-farmaco. Recentemente
sono state descritte sequenze localizzate
in corrispondenza del frammento Fc e
Fab delle IgG, e denominate “Tregitopes” che in modo selettivo espandono
cellule regolatorie (Treg cells) ma non
cellule effettrici. Tali epitopi di tipo regolatorio sono in grado in vitro di attivare cellule T CD4+ CD25+ Foxp3+ e
di indurre la produzione di citochine e
chemochine regolatorie (21). Pertanto i
“Tregitopes” presenti sulla parte umana
dei BA potrebbero essere capaci di indurre tolleranza nei confronti degli epitopi idiotipici presenti sul BA (22).
ADA conducono allo sviluppo di reazioni infusionali o alla perdita di efficacia del trattamento. Esiste inoltre un
piccolo sottogruppo di pazienti in cui
entrambe queste conseguenze cliniche
su efficacia e sicurezza si manifestano.
Le conseguenze cliniche dell’immunogenicità possono essere dipendenti dalle
caratteristiche degli ADA, che sono sicuramente eterogenei in composizione,
specificità, isotipo e affinità (23). Nelle
fasi iniziali di un trattamento possono
essere indotti anticorpi IgM a bassa affinità e talvolta transienti, ma che possono essere in grado di attivare la cascata
complementare inducendo reazioni infusionali. Se il farmaco biologico attiva
meccanismi di immunità adattiva TConseguenze
cliniche
della immunogenicità
Figura 3
dipendenti, si assiste alla formazione di
ADA a maggior affinità e con isotipo
diverso (IgG e IgE) che possono svolgere funzioni biologiche diverse quali
attivazione del complemento, citotossicità anticorpo-dipendente (ADCC),
attivazione di mastociti e basofili. Gli
ADA che si legano ad epitopi in prossimità del sito di attività del BA sono
verosimilmente in grado di neutralizzare l’attività biologica del farmaco
(24). Inoltre gli ADA possono modificare la farmacocinetica del biologico
incrementandone o diminuendone la
clearance. Infine in alcuni pazienti la
presenza degli ADA è detettabile solo
in modo transitorio scomparendo al
proseguire della terapia stessa (25).
correlazione tra
anticorpi anti-farmaco
e reazioni d’ipersensibilità
Come sopra accennato, la somministrazione di farmaci biologici soprattutto
se contenenti porzioni murine può indurre risposte immunitarie responsabili della comparsa di sintomi, anche
severi, come si verifica nel corso delle
reazioni di ipersensibilità. In accordo a
quanto proposto da Pichler e coll., gli
eventi avversi ai farmaci biologici comprendono le reazioni cosiddette di tipo
β che possono essere distinte in immediate e ritardate (26). Le reazioni di
tipo immediato sono prevalentemente
anticorpo-dipendenti mentre quelle di
tipo ritardato prevedono l’intervento
del sistema del complemento o essere
dipendenti dai linfociti T. Dal punto di
vista patogenetico, tra le reazioni non
immunogenicità
dei farmaci biologici:
quale impatto clinico
L’immunogenicità dei BA rappresenta un importante “challenge” clinico
nell’utilizzo di questi farmaci in quanto essa può influenzare sia la loro efficacia che la loro sicurezza di impiego
(Figura 3).
Infatti, sebbene in una piccola percentuale di pazienti lo sviluppo di una risposta immune farmaco-specifica non
si associ a nessun “outcome” clinico,
nella maggior parte dei pazienti gli
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
103
aggiornamenti
anticorpo-dipendenti devono essere
ricordate quelle conseguenti alla liberazione massiva di citochine, definite
di tipo α che generalmente si manifestano alla prima somministrazione del
farmaco biologico (26). Dal punto di
vista clinico è doveroso ricordare che
una pronta identificazione dei sintomi
nonché la conoscenza dei meccanismi
patogenetici che sostengono il quadro
clinico è fondamentale per valutare i
rischi di successive esposizioni e quindi instaurare strategie di prevenzione.
Per quanto concerne le reazioni di
ipersensibilità anticorpo-dipendenti,
queste possono essere sostenute da
anticorpi IgE e non-IgE anche se non
clinicamente distinguibili (Figura 4)
(27).
Le reazioni anticorpo-dipendenti necessitano ovviamente di una fase di
sensibilizzazione per cui non si realizzano alla prima somministrazione del
farmaco ad eccezione di casi particolari in cui esistono anticorpi pre-esistenti. Esempio è costituito dagli anticorpi
IgE anti-cetuximab, farmaco biologico
chimerico utilizzato nel trattamento
delle patologie oncologiche intestinali, in cui l’epitopo riconosciuto dalle
IgE è costituito dalla componente
oligosaccaridica
(galattosio-α-1-3galattosio) presente sulla molecola del
farmaco e presente anche in proteine
animali (manzo, agnello) a cui il soggetto può essere sensibilizzato (8).
Una correlazione tra la presenza di
anticorpi IgE o la positività delle
prove cutanee e la comparsa di reazioni infusionali, è stata dimostrata
per vari farmaci biologici (28). Cer-
tamente interessante la discussione,
ancora non conclusa, sul ruolo degli anticorpi IgG nell’induzione di
anafilassi nell’uomo. Del resto, titoli elevati di anticorpi IgG sono stati
descritti in pazienti che sviluppano
reazioni anafilattiche nel corso del
trattamento con infliximab (4).
Quando gli ADA interferiscono con
l’efficacia del farmaco biologico
L’uso dei BA espone il clinico ad una
serie di “challenge”, tra i quali quello
della perdita di efficacia del farmaco.
Infatti, dati epidemiologici complessivi riportano che circa il 50% dei pazienti trattati, dopo un iniziale beneficio, divengono dei “non responder”
(totali o parziali) alla terapia (29). I
meccanismi che sottendono la perdita
di efficacia possono essere molteplici e
spesso non noti. In alcuni casi la non
risposta al farmaco può essere dovuta
ai meccanismi patofisiologici che sot-
104
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
Classificazione
patogenetica
delle reazioni avverse immediate
ai farmaci biologici
Figura 4
NON ANTIBODY-MEDIATED adverse
➤ Complement - mediated
➤ Cytokine release syndrome (CRS)
ANTIBODY-MEDIATED adverse reactions
➤ IgE - mediated
➤ Non IgE - mediated
tendono il fenomeno flogistico a carico del tessuto colpito dalla patologia,
oppure a motivazioni intercorrenti
quali fenomeni infettivi sovraimposti
o a motivi di ridotta aderenza e compliance del paziente alla terapia stessa. Tuttavia l’immunogenicità del BA
rappresenta uno dei maggiori determinanti della perdita di risposta al trattamento, con la produzione di ADA che
neutralizzano l’effetto terapeutico e/o
aumentano la “clearance” del farmaco
stesso (29). Per esempio, sia in corso
di artrite reumatoide che malattia infiammatoria cronica dell’intestino è
stata ben documentata l’associazione
tra sviluppo di ADA e perdita di efficacia. Questo fenomeno inoltre può
anche essere sottostimato dal fatto che
generalmente il monitoraggio della
immunogenicità non è effettuato nella
routinaria pratica clinica. E’ ben noto
che i livelli sierici di farmaco sono inversamente correlati alla presenza degli
ADA, e che scendono, talvolta fino a
scomparire, nel momento in cui compaiono gli anticorpi. A sua volta bassi
livelli di farmaco correlano con scarsa
risposta clinica (30). Pertanto in caso
di perdita di efficacia in corso di trattamento con BA, dovrebbe essere presa
in considerazione anche la possibilità
che il paziente abbia sviluppato ADA
e che abbia bassi livelli di farmaco circolante; sulla base di tale valutazione,
varie strategie cliniche possono essere
attuate quali l’intensificazione della
dose del farmaco o la scelta di farmaci
alternativi, se disponibili, appartenenti
alla stessa classe o con un target terapeutico diverso.
aggiornamenti
conclusioni
L’immunogenicità dei farmaci biologici
è un processo complesso condizionato
da molteplici fattori e che in una no-
tevole percentuale di pazienti si associa
ad importanti outcome clinici quali la
perdita di efficacia del farmaco e l’insorgenza di eventi avversi. La gestione dei
farmaci biologici nelle patologie croni-
che infiammatorie non può prescindere
dalla valutazione dell’immunogenicità e
dal suo monitoraggio al fine di evitare
l’uso di terapie non appropriate e ottimizzare quindi l’uso di tali farmaci.
8. Chung CH, Mirakhur B, Chan E et al. - Cetuximab-induced anaphylaxis and IgE specific
for galactose-α-1,3-galactose. N Engl J Med
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9. Moss AC, Brinks V, Carpenter JF - Review article: immunogenicity of anti-TNF biologics in IBDthe role of patient, product and prescriber factors.
Aliment Pharmacol Ther 2013;38:1188-1197.
10.Nechansky A, Kircheis R - Immunogenicity of
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11.Mok CC, van der Kleij, Wolbink GJ - Drug levels, anti-drug antibodies and clinical efficacy of
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13.Pijpe J, van Imhoff GW, Spijkervet FK et al.
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Sjogren’s syndrome: an open-label phase II study.
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Parte Prima
PRIMA CHE FACCIA SERA
Note e racconti di un medico
1. Semel Scout, Semper Scout
2. Le signore “schizzate”
3. Un abbraccio da Tolstoj
4. Raganelli, micilli e …
5. La casa delle ragazze di vetro
6. Saper campare in Magna Grecia
7. Vincere (nonostante) l’asma
8. Il medico e il mare
9. Allergici a Facebook
10.Amore per gli aforismi
11. Un nobel “atipico”
12.Quando i baroni… barano
13.L’acaro non è un animale domestico
14.La memoria dell’acqua
15.Il detective dei pollini
16.Un temporale da brividi
17.Ogni limite ha una … carenza
18.A proposito di vaccini
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19.“Rapiti” dall’ecstasy
20.Se Superman soffre d’asma
21.Nubi nere sulla città
22.Vite disfunzionali
23.La mia cassetta degli attrezzi
Parte seconda
FROM A DEADLINE TO ANOTHER
Appunti sparsi di viaggio
24.MERLUZZI E AZZURRE LONTANANZE
L’isola di Sylt e Cape Cod
25.SUL CAMMINO DELLE CONCHIGLIE
Santiago de Compostela
26.DON’T FORGET ME, ARGENTINA
Da la Plata alla Fine del Mondo
27.SULLE TRACCE DI MARCO POLO
Le molte anime dell’Asia
28.CARTOLINE DAL COMMONWEALTH
Australia e Canada
29.NON SI FINISCE MAI DI IMMIGRARE
Avventure di un “doc” negli U.S.A.
30.PHILEAS FOGG TORNA A CASA
In tour nel vecchio continente
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
aggiornamenti
Le "immunoterapie
orfane"
The problem of "Orphan immunotherapies"
Not Allergol 2015; vol. 33: n.3: 107-112.
introduzione
L’immunoterapia allergene specifica
(AIT) rimane al momento l’unico trattamento allergene-orientato e capace di
indurre una profonda immunomodulazione. L’AIT induce infatti una deviazione verso il fenotipo Th1, a scapito del
fenotipo Th2 tipico dell’allergia, provocando numerose variazioni di risposta
all’allergene nel sistema immunitario. Il
particolare meccanismo di azione la distingue dai farmaci tradizionali, che agiscono solitamente come antagonisti di
recettori o mediatori, con un’azione immediata, ma di breve durata (1). L’AIT
nacque come approccio totalmente empirico per il trattamento della “febbre da
fieno” (allergia a pollini) circa un secolo
fa. Nonostante le premesse fisiopatologiche fossero errate, l’efficacia clinica
fu immediatamente confermata, anche
nei primi studi controllati a partire dagli
anni 1950. L’individuazione del meccanismo IgE mediato della reazione allergica ha successivamente consentito di
Erminia Ridolo (1),
Cristoforo Incorvaia (2),
Marcello Montagni (1),
Gianenrico Senna (3),
Giovanni Passalacqua (4)
(1) Dipartimento di Medicina Clinica
e Sperimentale, Università di Parma,
(2) Allergologia e Riabilitazione Polmonare,
Ospedale ICP, Milano,
(3) Unità di Allergologia,
Ospedale – Università, Verona,
(4) Apparato Respiratorio e Allergologia;
IRCCS S. Martino-IST-Università di Genova
riassunto
Parole chiave e sigle
• immunoterapie orfane • AIT immunoterapia allergene specifica
• SCIT immunoterapia sottocutanea • SLIT immunoterapia sublinguale
• allergia professionale • allergeni rari
L’immunoterapia allergene specifica (AIT) è clinicamente efficace nelle malattie IgE-mediate,
come dimostrato dale numerose revisioni e meta-analisi. L’AIT sottocutanea e sublinguale è
indicata nelle allergopatie respiratorie dovute ai più comuni allergeni. Esistono comunque allergie dovute a cause più rare: epiteli animali (diversi dal gatto), muffe, allergeni professionali.
Per tali allergeni, l’AIT è poco studiata e gli estratti per la vaccinazione non sono solitamente
disponibili. Da qui il termine di “immunoterapie orfane”. Per l’allergia alimentare esiste un’abbondante letteratura, mentre diverso è il caso dell’allergia alla zanzara, alla zecca, al cane e per
gli allergeni da ambiente lavorativo. Per questi esistono solo studi con piccoli campioni o case
report sparsi, generalmente con risultati positivi.
La condizione di immunoterapia orfana è associata ad una insufficiente evidenza sperimentale, alla convinzione che determinati allergeni siano di importanza secondaria, ed a ragioni
farmacoeconomiche (non investimenti da parte dei produttori in terapie per allergeni rari, che
richiederebbero costosi studi registrativi).
Tuttavia, data la non trascurabile importanza del problema clinico, estratti appropriati per gli
allergeni orfani dovrebbero comunque rimanere disponibili.
espandere le conoscenze sui dettagli del
meccanismo di azione. A partire dagli
ultimi anni del 1900, per l’AIT sottocu-
tanea, sono state via via confermate l’efficacia e la relativa sicurezza d’impiego,
nella rinocongiuntivite allergica associa-
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
107
aggiornamenti
Key words and Acronyms
• orphan immunotherapy • AIT allergen immunotherapy
• SCIT subcutaneous immunotherapy • SLIT sublingual immunotherapy
• occupational allergy • rare allergens
summary
Allergen immunotherapy (AIT) is clinically effective, as confirmed by numerous reviews and
meta-analyses. Both subcutaneous (SCIT) and sublingual immunotherapy (SLIT) are indicated
in allergic rhinitis and asthma due to common inhalant allergens. Other allergies, related to
animal dander (other than cat), such as dog, molds, occupational allergens and insects are
well recognized. For these allergens, AIT is poorly studied and extracts are often unavailable.
Thus the definition of “orphan immunotherapies” is appropriate.
The available studies for orphan immunotherapies were selected essentially if they were randomized/controlled/blinded. In the remaining cases, case reports are also mentioned.
The literature on food desensitization is abundant, but for other orphan allergens such as
mosquito, Argas reflexus, dog, or occupational allergens, there are only few and small studies
or case reports, all consistently describing a beneficial effect, as expected in IgE-mediated
diseases.
The condition of “orphan immunotherapy” is associated to an insufficient evidence of efficacy from controlled trials, to an erroneous belief of the limited importance of some allergen
sources and to the unlikelihood for producers to have profits from commercial extracts (with
an expensive process for registration). It should be taken into consideration that adequate
preparations should be available also for orphan allergens.
ta o meno ad asma. In parallelo è stata
sviluppata la via di somministrazione
sublinguale (SLIT), che attualmente è
riconosciuta nelle line guida internazionali come alternativa alla sottocutanea.
Per la SLIT sono disponibili studi sperimentali rigorosi, condotti su grandi
numeri di soggetti, che confermano la
dose-dipendenza, l’efficacia ed il profilo
di sicurezza (2-4). Al momento attuale,
le Linee Guida raccomandano come
indicazione all’AIT (sia sottocutanea
che SLIT) la rinocongiuntivite allergica con o senza asma allergica, mentre
per l’allergia a veleno di imenotteri è
raccomandata solo la somministrazione
sottocutanea. Sono indispensabili per
la prescrizione di AIT la dimostrazione
certa del meccanismo IgE mediato e la
chiara individuazione dell’allergene per
cui si vuole vaccinare. L’AIT dispone
di numerosi estratti terapeutici standardizzati per la maggior parte degli
allergeni responsabili di manifestazioni
allergiche. Tra questi ricordiamo: graminacee, betulla, parietaria, acari della polvere, olivo, cipresso, ambrosia, epitelio
di gatto. Per alcune di queste sorgenti
allergeniche sono al momento disponibili prodotti commerciali considerati
farmaci a tutti gli effetti, ed approvati
per il commercio sia dall’EMA che dalla
FDA (5). Vi sono molte “sorgenti allergeniche”, per le quali il meccanismo
108
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
di azione è identico a quello delle riconosciute come comuni o molto diffuse,
ma per tali sorgenti allergeniche non è
stato possibile arrivare alla produzione o
sintesi di estratti standardizzati. Inoltre,
data la bassa prevalenza, la valutazione
clinica dell’AIT è rimasta sempre in
secondo piano. Allergeni come gli epiteli animali (diversi dal gatto), muffe, e
sensibilizzanti professionali non hanno
avuto l’opportunità di essere standardizzati. Per tali AIT è stato coniato il termine di immunoterapie orfane (orphan
immunotherapies) (Tabella 1).
Sicuramente l’allergia alimentare, in
quanto strettamente IgE mediate è un
aspetto estremamente promettente per
l’utilizzo dell’AIT. Gli studi sono numerosi ed in rapido aumento; nonostante
la desensibilizzazione ad allergeni alimentari non sia compresa nelle Linee
Guida, essa non può essere considerate
“immunoterapia orfana” e se ne farà
solo un breve cenno.
le evidenze
sperimentali
■ Allergia alimentare
L’allergia IgE mediata a determinati
alimenti rappresenta una delle principali cause di morbilità, specialmente in
età infantile. Attualmente, l‘unica terapia efficace è il totale evitamento degli
allergeni, ma questo non è in pratica
sempre applicabile, per la presenza nei
cibi di allergeni nascosti come contaminanti. Inoltre, la necessità di dover
sempre disporre di adrenalina autoiniettabile e/o di terapie di emergenza, limita notevolmente la qualità di vita dei
aggiornamenti
paziente e dei famigliari (specialmente
nel caso dei bambini). Il latte vaccino,
l’uovo ed in minor misura le arachidi
la soia ed i crostacei, sono le principali sorgenti allergeniche. La desensibilizzazione orale (somministrazione di
dosi crescenti dell’allergene fino alla
tolleranza) rappresenta al momento un
approccio estremamente promettente.
Data l’abbondanza dei dati sperimentali, l’immunoterapia per allergia alimentare non può essere considerate come
“orfana” (6-8). Al momento, I risultati
degli studi controllati con latte, uovo
ed arachidi sono favorevoli: si ottiene
la desensibilizzazione in circa ¾ dei pazienti, a prezzo però di una procedura
che richiede tempo e risorse mediche.
Inoltre, gli effetti collaterali in corso di
desensibilizzazione sono frquenti, e non
è tuttora chiaro se la desensibilizzazione,
una volta acquisita, sia permanente. Per
tali motivi, la “oral immunotherapy” è
ancora da considerarsi sperimentale.
■ Allergia a derivati animali
(diversi dal gatto)
L’allergia respiratoria indotta da allergeni di origine animale è da considerarsi
abbastanza commune. Le proteine sensibilizzanti sono solitamente contenute
nell’orina, nella saliva e nelle secrezioni
ghiandolari dell’animale, e si depositano sul pelo e sulla forfora per essere
poi disperse nell’aria respirata. Al momento esistono dati controllati sull’efficacia dell’AIT per l’allergia al gatto,
mentre per altri animali (cane, cavallo,
coniglio), i risultati sono inconsistenti e di bassa qualità sperimentale. Per
I derivati epiteliali di cane esiste un
solo studio controllato (9), nonostante la sorgente allergenica sia una causa
frequente di manifestazioni allergiche.
Anche l’allergia indotta da animali di
laboratorio rimane una causa di patologia professionale, specialmente tra i
lavoratori dell’industria farmacologica
e tossicologica (10). Uno studio datato, in aperto ha riportato risultati positivi utilizzando estratti per topo, ratto
e coniglio, con 12 controlli. 9/11 dei
trattati attivamente riportavano un beneficio clinico soggettivo (11). Hansen
et al. hanno trattato con AIT pazienti
allergici ai derivati epiteliali del ratto,
con rinocongiuntivite ed asma (12) ,
ottenendo un chiaro beneficio clinico.
Anche gli allergeni derivati dall’epitelio
di cavallo possono causare allergia respiratoria grave, fino all’anafilassi (13).
Uno studio non controllato, condotto
in 24 pazienti allergici ai derivati del
Tabella 1
cavallo ha confermato l’efficacia e la
sicurezza della desensibilizzazione. In
tale studio sono stati impiegati estratti
purificati, applicati con induzione cluster o convenzionale e mantenimento
per 3-5 anni (14) con significativa riduzione dei sintomi.
L’AIT con estratti di epitelio di cane
risulta, in generale, meno efficace di
quella con estratti di gatto (15), ma
bisogna considerare che esiste una notevole variabilità nel contenuto proteico e potenza allergenica degli estratti
commerciali (16). Recentemente, è
stata sintetizzata una molecola tetramerica contenente le lipocaline Can f
1, Can f 2, Can f 4 and Can f 6 (17),
capace di indurre IgG bloccanti ad alto
titolo. Anche in questo caso, nonostante I buoni risultati sperimentali, non è
disponibile un estratto standardizzato
per l’utilizzo clinico.
Allergeni “orfani” e relative molecole sensibilizzanti
Specie
Allergeni principali
• Topo, Ratto (Mus nusculus, Rattus norvegicus)
Mus m 1-4; Rat n 1 Rat n 4, Rat n 7
• Cavallo (Equus caballus)
Equ c 1
• Coniglio (Oryctolagus cuniculus)
Ory c 1-4
• Cane (Canis familiaris)
Can f 1, Can f 2, Can f 4
• Cavia (Cavia porcellus)
Cav p 1-4, Cav p 6
• Zanzara (Aedes aegypti)
Aed a 1, Aed a 2, Aed a 4
• Zecca (Argas reflexus)
Arg a 1
• Alternaria (Alternaria alternata)
Alt a 1
• Cladosporio (Cladosporiun herbarum)• Aspergillo (Aspergillus fumigatus)
Asp f 1
• Farine (Triticum aestivum, Secale cereale, Hordeum vulgare)
Tri a 1, Tri a 14, alfa gliadina
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
109
aggiornamenti
■ Allergia alla puntura di zanzare
Le reazioni allergiche alla puntura di
zanzara non sono particolarmente rare,
e sono descritti casi di orticaria generalizzata, angioedema, asma ed anafilassi
(18-20). Le reazioni possono essere dovute sia a sensibilizzazione IgE specifica alle proteine contenute nella saliva
dell’insetto, ma anche a risposta mediata da IgG e T linfociti (20). Esistono
al momento poche descrizioni di AIT
in questa situazione (21). Ariano et al.
riportano in 20 pazienti con reazioni
estese da puntura di zanzara, un significativo beneficio clinico utilizzando un
estratto di corpo intero (22). Uno studio randomizzato e controllato su 40
soggetti, trattati per 1 anno con estratto di Culex quinquefasciatus riporta un
miglioramento clinico e funzionale statisticamente significativo (23) con un
incremento delle IgG4 specifiche.
specifico allergene, Arg r 1 (25). Anche
in questo caso, come per la zanzara, è
stata sperimentata una AIT con estratto di corpo intero (26), ma anche in
questo caso, non è garantita la presenza in quantità sufficiente dell’allergene
maggiore.
■ Allergia a puntura di zecche
Il morso della zecca del piccione (Argas
reflexus) può provocare una reazione infiammatoria locale (tossica) ma anche
anafilassi. A. reflexus è una zecca con
ciclo vitale che arriva ai 10 anni e che
si nutre di sangue solo una o due volte
l’anno. Dato l’aumento dell’infestazione di piccioni in molte regioni dell’Europa Centrale e Meridionale, il ruolo
di Argas reflexus sta assumendo proporzioni rilevanti, anche perchè il parassita
prolifera senza difficoltà anche nell’ambiente umano (24). Le reazioni allergiche ad A. reflexus non sono comuni, ma
neanche particolarmente rare. Uno studio condotto in 13 pazienti con anafilassi ha consentito di individuare uno
■ Allergia a funghi
Anche l’allergia alle spore fungine non
è particolarmente rara, e tale sensibilizzazione è spesso stata messa in relazione con l’asma grave. Sono attualmente
riconosciuti almeno 107 molecole allergeniche (27,28), ma sono state studiate dal punto di vista dell’allergia e
dell’AIT solo poche specie (29). Oltre
all’allergia respiratoria classica (rinite
ed asma), I funghi sono implicatI anche nella fisiopatologia della rinosinusite, dell’apergillosi polmonare e della
dermatite atopica. In realtà ci sono pochi studi controllati sull’effetto clinico
dell’allergia a funghi, solitamente con
Alternaria e Cladosporium. Uno dei primi trial clinici in pazienti monosensibilizzati a Cladosporium è stato condotto
con un mantenimento della durata di
un anno. In tale studio si è osservata
una differenza statisticamente significativa tra attivi e placebo per i sintomi di
asma e rinite (30). Per quanto riguarda
la rinosinusite fungina esistono solo pochi studi, quasi tutti in aperto (31,32).
Tabar et al. in uno studio osservazionale
(33) ha riportato un effetto clinico positivo a fronte del 35% di eventi avversi
(34), ripetendo tali risultati in un altro
trial randomizzato. Cortellini et al. in
uno studio randomizzato e controllato
hanno osservato un miglioramento si-
110
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
gnificativo dei sintomi solo nel gruppo
attivo (35). La revisione più recente
della letteratura in proposito conta in
totale, in circa 50 anni, meno di 200
pazienti studiati (29)
■ Allergia a farina di cereali
L’allergia respiratoria (rinite e/o asma)
è comune nei lavoratori impiegati in
panetteria o produzione di prodotti da
forno. Sono solitamente coinvolti: farina
di grano, orzo, riso, e mais. L’asma del
panettiere è uno dei più frequenti casi di
allergia professionale o lavoro-correlata
(36). Le prove di efficacia dell’AIT in
questo contesto si basano essenzialmente su studi datati. L’unico studio controllato e randomizzato disponibile ha
coinvolto 30 pazienti asmatici, trattati
con estratto acquoso di farina per oltre
un anno (37). In detto studio si è osservata una riduzione dei sintomi e della
broncoreattività nonchè della reattività
cutanea. Vi sono poi alcuni case report
ed uno studio retrospettivo (38,39), tutti con risultati positivi. Permane tuttavia
l’assenza di estratti standardizzati, alla
quale si aggiunge l’incertezza sul ruolo
delle molecole realmente sensibilizzanti.
conclusioni
La definizione di “immunoterapia orfana” è essenzialmente empirica, basata
sulla diffusione epidemiologica della
patologia e, in conseguenza, sulla disponibilità di estratti per la vaccinazione e sulla dimostrazione sperimentale
della loro efficacia. Dal punto di vista
epidemiologico, molte delle fonti allergeniche (funghi, epiteli animali, aller-
aggiornamenti
geni occupazionali) sono considerati
rari pur non essendolo, e l’informazione specialistica per tali allergeni rimane
difettiva. In conseguenza, non sono disponibili estratti sufficientemente standardizzati, e la ricerca in tal senso ri-
sulterebbe troppo costosa nei confronti
dell’utilizzo pratico. E’ anche vero che,
nei casi di allergia professionale, dove
gli allergeni sono relativamente ben individuate e dove intervengono problemi medico-legali rilevanti, una ricerca
più intensiva sarebbe meglio giustificata, con preparazioni adeguate (40). In
generale, le “immunoterapie orfane”
potrebbero mantenere un ruolo almeno come “named patient product”, per
le condizioni cliniche più rare.
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112
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
aggiornamenti
Il recettore
ad alta affinità
per le IgE
Rosa Molfetta, Rossella Paolini
Dipartimento di Medicina Molecolare
Sapienza Università di Roma.
The high affinity receptor for IgE
Not Allergol 2015; vol. 33: n.3: 113-120.
introduzione
Gli anticorpi di classe IgE forniscono
una delle prime linee di difesa contro le
infezioni parassitarie - in particolare da
elminti - che sono le infezioni prevalenti
nei paesi meno sviluppati e che ancora
oggi colpiscono circa 1/3 della popolazione mondiale. Tuttavia, nei paesi industrializzati, dove tali infezioni sono quasi
del tutto eradicate, le IgE sono primariamente coinvolte nell’induzione e nella
regolazione delle reazioni allergiche.
In risposta all’assunzione di un allergene, la sintesi delle IgE è promossa dal
differenziamento preferenziale e deregolato della sottopopolazione dei linfociti
T helper 2 (Th2) anche se recentemente
è stato dimostrato il contributo di altre
sottopopolazioni di linfociti T (Th1 e
Th17) e di linfociti dell’immunità innata (1). I linfociti Th2 instaurano una cooperazione con i linfociti B attivati dallo
stesso allergene e, mediante la produzione delle interleuchine 4 e 13 (IL-4 e
IL-13), promuovono la sintesi e la secre-
riassunto
Parole chiave e sigle
• IgE • FceRI=recettore ad alta affinità per le IgE • ubiquitinazione • endocitosi
• DC=cellule dendritiche • Hrs=Hepatocyte growth factor-Regulated tyrosine kinase
Substrate • ITAM=Immunoreceptor Tyrosine-based Activation Motif
Gli anticorpi di classe IgE svolgono un ruolo chiave nel mediare le reazioni allergiche poiché
regolano un “network” molecolare che prevede il principale coinvolgimento del recettore ad
alta affinità per le IgE (FceRI) espresso su un’ampia gamma di cellule del sistema immunitario
e su cellule strutturali dei tessuti delle vie aeree.
Questo articolo descrive i principali meccanismi implicati nella regolazione dell'espressione
del recettore FceRI espresso su mastociti e basofili. In particolare, sarà discusso come il solo
legame con le IgE monomeriche rappresenti un meccanismo di regolazione a feedback positivo
mentre, l’ubiquitinazione dei complessi recettoriali aggregati dal legame IgE/antigene multivalente, rappresenti un meccanismo di regolazione a feedback negativo fornendo un segnale
importante per l’endocitosi e la degradazione dei recettori ingaggiati.
zione delle IgE da parte dei linfociti B.
Come tutte le altre classi anticorpali, le
IgE sono presenti in due forme: una forma di membrana e una forma secreta.
Entrambe le forme sono dotate di una
regione variabile deputata al riconoscimento dell’allergene e di una regione
costante che a livello delle catene pesanti
è costituita da 4 domini costanti. Le due
forme differiscono strutturalmente solo
a livello della porzione transmembrana
e citoplasmatica, presenti unicamente
nella regione costante della forma di
membrana, ed eliminate, in seguito a
splicing alternativo, per consentire il rilascio della forma secreta.
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
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aggiornamenti
summary
Key words and Acronyms
• IgE • FceRI=the high affinity IgE receptor • ubiquitination • endocytosis
• DC=Dendritic cell • Hrs=Hepatocyte growth factor-Regulated tyrosine kinase Substrate
• ITAM=Immunoreceptor Tyrosine-based Activation Motif
Over the last decades, IgE has been recognized as central mediator of allergic responses, regulating a network that mainly involved the high affinity IgE receptor (FceRI) expressed on a
broad array of immune cells and also on airway tissue structural cells.
The ligation of allergen to FceRI-bound IgE on mast cells and basophils initiates a signaling cascade leading to the release of preformed and de novo synthesized mediators. These events promote the so-called “early phase” of the allergic reaction characterized by vasodilation, increased
vascular permeability, up-regulation of adhesion molecules and contraction of smooth muscle
cells. Upon prolonged stimulation, a “late phase” reaction leads to the production of cytokines
and chemokines that orchestrate the recruitment and activation of several immune cells.
This article describes the main mechanisms involved in the regulation of FceRI expression on
mast cells and basophil. In particular, we will describe a positive-feedback regulation mechanism provided by monomeric IgE in the absence of allergen cross-linking, and, upon receptor
engagement, a negative-feedback regulation mechanism provided by receptor ubiquitination
that represents an important signal for the internalization and delivery of engaged receptor
complexes to lysosomes for degradation.
Le IgE di membrana, espresse sui linfociti B attivati dall’allergene, hanno come
unica funzione quella di legare l’allergene e di trasdurre, grazie all’associazione
con le catene invarianti Iga e Igb, un
segnale intracellulare che promuoverà il
differenziamento dei linfociti B in plasmacellule e quindi il rilascio delle IgE
in forma secreta.
Le IgE rilasciate entrano in circolo e legano recettori specifici per la loro porzione costante espressi sulla superficie
di mastociti e basofili. Le cellule “sensibilizzate” da tale legame rispondono
all’allergene specifico rilasciando mediatori immagazzinati nei loro granuli
e sintetizzando mediatori lipidici che
danno inizio alla fase precoce della reazione allergica. Alcuni di questi media-
tori di nuova sintesi insieme a numerose
citochine pro-infiammatorie, promuovono e sostengono la fase tardiva della
reazione caratterizzata dal reclutamento
e dall’attivazione di leucociti, tra cui linfociti T e granulociti eosinofili.
Tenendo conto di quanto detto si evince
come le IgE svolgano un ruolo cruciale nel coordinare la reazione allergica
mediante l’attivazione di un “network”
molecolare che prevede il primario coinvolgimento del recettore ad alta affinità
per le IgE (1).
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Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
il recettore ad alta
affinità per le ige (fcεri)
Il recettore ad alta affinità per le IgE
(FcεRI) appartiene ad una famiglia di
immunorecettori multimerici caratterizzati dalla presenza di subunità, distinte per ogni recettore, utilizzate per
il riconoscimento del ligando e altre
che condividono motivi citoplasmatici
conservati, responsabili dell’attivazione cellulare. Il complesso recettoriale è
privo di attività enzimatica intriseca, ma
trasduce i segnali intracellulari attraverso l’associazione con proteine tirosinochinasi citoplasmatiche. In particolare,
il recettore FcεRI è costitutivamente
espresso su mastociti e basofili in forma tetramerica. Esso è formato da una
subunità a responsabile del legame
all’IgE, una catena b che attraversa la
membrana quattro volte e due subunità
γ identiche tra loro tenute insieme da un
ponte disolfuro (2). Entrambe le subunità b e γ sono dotate, nella loro coda
citoplasmatica, di un dominio conservato chiamato motivo di attivazione
basato sulla presenza di tirosine (Immunoreceptor Tyrosine-based Activation
Motif, ITAM) che, dopo aggregazione
recettoriale, viene fosforilato da una
tirosino-chinasi della famiglia Src, Lyn,
associata costitutivamente alla subunità
recettoriale b (2, 3). Entrambe le catene
cooperano nella trasduzione del segnale
intracellulare: la fosforilazione della subunità γ rappresenta un segnale autonomamente in grado di promuovere attivazione cellulare anche in assenza della
subunità b, la cui presenza, tuttavia,
amplifica l’intensità del segnale attivatorio oltre a controllare il corretto assemblaggio del complesso multimerico (4).
Nell’uomo è stata anche dimostrata la
presenza di una forma recettoriale trimerica, priva della catena b prevalente-
aggiornamenti
mente espressa sulla membrana di monociti/macrofagi e cellule dendritiche
(DC) di soggetti atopici (5,6).
principali attività
biologiche promosse
dal network ig e/fcεri
Utilizzando il loro recettore ad alta affinità, i basofili che sono cellule circolanti, intercettano facilmente le IgE in
forma monomerica, mentre i mastociti,
pur essendo cellule residenti nei tessuti connettivi e nelle mucose, sono localizzati in prossimità dei vasi e grazie
a questa posizione strategica hanno la
possibilità di emettere propaggini che si
insinuano tra le cellule endoteliali con
la finalità di andare alla ricerca delle IgE
presenti in circolo (7).
L’emivita delle IgE nel siero è di soli 2-3
giorni, ma una volta che le IgE hanno
interagito con il loro recettore ad alta
affinità, esse rimangono stabili per mesi
sulla superficie dei mastociti.
Il “cross-linking” recettoriale indotto
in seguito all’interazione specifica tra
l’allergene e le IgE legate ai mastociti e
basofili promuove eventi di fosforilazione responsabili della propagazione del
segnale intracellulare che culmina con
il rilascio dei mediatori preformati e di
nuova sintesi (2,3).
La piena attivazione promossa dall’aggregazione di due o più recettori richiede la ri-localizzazione del complesso
recettoriale nei “raft” lipidici, regioni
specializzate della membrana plasmatica
caratterizzate dalla presenza di quantità
elevate di colesterolo e glicosfingolipidi (8). Dopo stimolazione recettoriale
i “raft” lipidici si fondono tra loro per
formare strutture più grandi e più stabili
che concentrano al loro interno i complessi recettoriali aggregati facilitando
la loro interazione con molecole di segnalazione (9). Le subunità recettoriali
b e γ fosforilate forniscono un sito di
ancoraggio per la chinasi citoplasmatica Syk che viene a sua volta attivata
dopo fosforilazione. L’utilizzo di inibitori specifici e di linee cellulari prive di
Syk hanno dimostrato un ruolo chiave
di tale chinasi nella propagazione del segnale mediato dal recettore FcεRI (10).
Una via di segnalazione complementare
Figura 1
è innescata da un’altra chinasi della famiglia Src, Fyn, e coopera con la via di
Lyn/Syk nella propagazione del segnale
attivatorio (11).
I mastociti attivati rilasciano una vasta
gamma di mediatori pro-infiammatori
preformati e di nuova sintesi (2,3). I
principali mediatori preformati includono l'istamina, l'eparina, enzimi proteolitici e numerosi fattori chemiotattici,
mentre quelli di nuova sintesi sia mediatori lipidici (leucotrieni, prostaglandine,
trombassani ed il fattore di attivazione
delle piastrine) che numerose citochine
e chemochine (IL-1, IL-3, IL-4, IL-5,
Effetti indotti dal legame delle IgE al recettore FcεRI
Il legame IgE monomerica/FcεRI aumenta la densità dei recettori occupati espressi sulla superficie dei mastociti e promuove proliferazione, sopravvivenza e sintesi di citochine. L’aggregazione di due o più complessi recettoriali indotta dal legame tra IgE e antigene multivalente
inizia la trasduzione di un segnale intracellulare responsabile della degranulazione e della
sintesi di mediatori lipidici e di numerose citochine pro-infiammatorie.
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
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aggiornamenti
IL-6, IL-8, GM-CSF e il TNF-a).
Il rilascio dei mediatori preformati richiede solo pochi secondi dall’aggregazione recettoriale IgE mediata, la sintesi
di mediatori lipidici richiede qualche
minuto mentre la sintesi ed il rilascio di
citochine necessita di alcune ore.
Recentemente è stato dimostrato che la
qualità della risposta indotta dall’azione di questi ultimi mediatori dipende
dall’affinità di legame tra allergene e IgE
specifiche. Infatti, nel caso di un legame ad elevata affinità viene promossa la
sintesi preferenziale di citochine, mentre nel caso di legami a minore affinità
si assiste ad una prevalente produzione
di chemochine (12). Ciò dipenderebbe dall’utilizzo di differenti adattatori
transmembrana e quindi dall’attivazione di tirosino-chinasi diverse.
A differenza della maggior parte delle cellule del sistema immunitario che
dopo attivazione vanno incontro a morte cellulare programmata, i mastociti attivati possono rimpiazzare il contenuto
dei loro granuli nel giro di pochi giorni
e possono sopravvivere per lunghi periodi se ricevono stimoli adeguati.
Come anticipato nel paragrafo precedente, mastociti e basofili non sono però
le uniche cellule a esprimere il recettore
ad alta affinità per le IgE. Infatti, una
forma trimerica di tale recettore può
essere indotta, in particolare dall’IL-4,
in numerose cellule del sistema immunitario inclusi monociti/macrofagi e
DCs (5,6). Come dimostrato da numerosi studi condotti nell’uomo, i livelli di
espressione della forma trimerica sono
molto variabili e correlati allo stato di
atopia. In particolare, l’analisi effettuata
La maggior parte degli studi finalizzati
all’identificazione dei meccanismi implicati nella regolazione dell’espressione
del recettore FcεRI sono stati condotti
a livello di mastociti e basofili. È stato
riscontrato che l’interazione tra IgE ed il
116
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
a livello di DCs derivate da precursori
isolati da sangue periferico, dimostra
come l’espressione del recettore trimerico sia molto bassa, o in alcuni casi assente, in soggetti non atopici, ma risulti
up-regolata in pazienti asmatici (6). Si
ritiene che sia nel caso di pazienti affetti
da asma allergico che nel caso di pazienti affetti da dermatite atopica l’aggregazione del recettore trimerico promossa
da IgE e allergene sulle diverse sottopopolazioni di DC umane trasduca un
segnale intracellulare che, pur essendo
meno potente di quello indotto dalla
forma tetramerica, è responsabile della
sintesi di citochine pro-infiammatorie
coinvolte nel reclutamento e nell’attivazione di leucociti. Inoltre, tale recettore
svolge un ruolo importante nel facilitare
la captazione e la presentazione degli allergeni ai linfociti effettori Th2 (1).
I recettori ad alta affinità per le IgE sono
stati recentemente riscontrati anche su
cellule strutturali delle vie aeree, tra cui
le cellule della muscolatura liscia, a livello delle quali contribuiscono alla produzione di fattori di crescita che hanno un
ruolo centrale negli eventi di rimodellamento delle vie aeree (13).
meccanismi implicati
nella regolazione
positiva dell’espressione
di fcεri
suo recettore FcεRI oltre ad aumentare
l’emivita delle IgE, stabilizza l’espressione in membrana dei recettori occupati
(14 e 15). In particolare, è stato riportato che mastociti isolati da topi “knockout” per l’IgE esprimono livelli molto
bassi di recettore in membrana. Viceversa, in topi normali ripetute esposizioni
a uno specifico allergene, stimolando
la produzione di IgE, aumentano sia i
livelli sierici dell’anticorpo che l’espressione in membrana di complessi recettoriali occupati.
Una situazione analoga è presente negli
individui atopici che hanno un più elevato contenuto di IgE nel siero rispetto
ai soggetti normali (16).
Ciò rende la risposta più versatile poiché
i mastociti e i basofili rispondono a uno
spettro più ampio di antigeni; più sensibile, in quanto anche una dose molto
bassa di antigene può promuovere la
loro completa attivazione; più potente,
in quanto viene rilasciato un numero
maggiore di mediatori per cellula.
Il meccanismo alla base di questa regolazione dipende da un alterato “turnover”:
i complessi recettore/IgE rimangono
stabilmente espressi in membrana e non
sono più soggetti a internalizzazione e
degradazione (14). Inoltre, il legame
con l’IgE induce la sintesi di nuove catene recettoriali con un conseguente progressivo accumulo del recettore sulla superficie del mastocita. In particolare, la
densità dei recettori occupati dalle IgE
nei basofili umani aumenta in maniera
proporzionale alla concentrazione delle
IgE totali presenti in circolo (16).
Nel 2001 è stato riportato da due gruppi indipendenti che il legame con l’IgE
aggiornamenti
Figura 2
Gli anticorpi in grado di farlo sono stati definiti citochinergici, a indicare che
hanno un’azione simile a quella delle
citochine: ad un estremo dello spettro
vi sono anticorpi IgE, definiti altamenti citochinergici, in grado di attivare i
mastociti promuovendo sopravvivenza,
adesione, migrazione e secrezione di
mediatori pro-infiammatori, ed all’altro
estremo anticorpi debolmente citochinergici perché sostanzialmente incapaci
di svolgere tali funzioni (19). In particolare, studi condotti nell’uomo hanno
dimostrato come basofili e mastociti
stimolati in coltura con IgE ad attività
citochinergica rilascino citochine (IL-6)
e chemochine (IL-8), ma anche istamina e leucotrieni (20). E’ stato inoltre
proposto che l’attivazione mastocitaria
indotta da anticorpi IgE citochinergici
sia in grado di promuovere la sintesi di
IL-4 e IL-13 che possono agire direttamente sui linfociti B contribuendo a
potenziare la sintesi di IgE mediante un
meccanismo a feedback positivo.
A tale proposito è interessante sottolineare che le IgE altamente citochinergiche sono anticorpi polispecifici: oltre
a legare l’allergene che ne ha indotto
la produzione mostrano una reattività
spiccata nei confronti di antigeni self,
tra cui catene di DNA a singolo e doppio filamento e tireoglobulina (19). Proprio grazie alla loro auto-reattività esse
riescono, anche in assenza di allergene,
a promuovere aggregazione recettoriale
e quindi a consentire la propagazione
del segnale attivatorio e la risposta funzionale.
In sintesi quindi, il legame delle IgE
al recettore FcεRI promuove funzioni
antigene-indipendenti che stabilizzano
il complesso in membrana, aumentano
la densità dei complessi occupati, ma
promuovono anche segnali di sopravvivenza e di proliferazione abbassando la
soglia di attivazione dei mastociti e dei
basofili. La loro piena attivazione richiede il legame con l’antigene multivalente
che, promuovendo un elevato grado di
“cross-linking” recettoriale, induce degranulazione e la sintesi di un ampio
spettro di mediatori lipidici e di numerose citochine (Figura 1).
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La via dell’ubiquitina
Rappresentazione schematica della via dell’ubiquitina e principali funzioni dei diversi tipi di
ubiquitinazione.
in forma monomerica, in assenza di
stimolazione da parte dell’allergene, è
anche in grado di promuovere una risposta funzionale che include sopravvivenza e proliferazione dei mastociti e la
neo-sintesi di numerose citochine e di
mediatori pro-infiammatori (17,18).
Tali effetti però non sono sempre riproducibili e questo può essere ricondotto
al fatto che non tutti gli anticorpi IgE
generati in vivo nel corso di una risposta policlonale hanno la stessa abilità di
promuovere una risposta funzionale.
aggiornamenti
La complessa serie di eventi molecolari
responsabili dell’attivazione dei mastociti e basofili è controbilanciata da meccanismi inibitori altrettanto complessi e
sofisticati.
Un importante meccanismo di regolazione a feedback negativo consiste nella
rimozione dei recettori ingaggiati dalla
superficie cellulare e nel loro trasporto
in compartimenti lisosomiali responsabili della loro degradazione.
Studi morfologici hanno dimostrato
come l’internalizzazione del recettore
FcεRI avvenga prevalentemente mediante endocitosi clatrina-dipendente
(21). Il nostro gruppo ha più di recente
dimostrato che per una rapida ed efficiente internalizzazione del recettore
aggregato è necessaria la presenza di un
complesso ternario contenente adattatori implicati nella via di endocitosi clatrina-dipendente (22). In assenza di tali
adattatori, interviene una via di endocitosi alternativa a quella clatrina-dipendente che richiede il coinvolgimento dei
“rafts” lipidici (23). Indipendentemente
dalla via endocitica coinvolta (clatrina- o
raft-dipendente), l’attivazione della via
dell’ubiquitina è richiesta affinché si abbia un efficiente down-regolazione dei
complessi recettoriali ingaggiati (24).
L’ubiquitinazione è una modificazione
post-traduzionale che consiste nel legame covalente di una o più molecole di
ubiquitina, una proteina di 8 kDa altamente conservata, ad una proteina bersaglio mediante l’azione specifica di tre
classi di enzimi che agiscono in maniera
sequenziale: E1, E2 ed E3 (25) (Figura
2). Mediante una reazione ATP-dipendente, l’enzima E1 attiva l’ubiquitina
formando un legame tioestere con la sua
glicina carbossil-terminale. L’ubiquitina
attivata si lega all’enzima E2 mediante
una reazione di transtiolazione che coinvolge nuovamente la regione carbossilterminale dell’ubiquitina stessa. Infine,
la terza classe di enzimi, costituita dalle
ligasi E3, catalizza il trasferimento dell’ubiquitina dall’enzima E2 a un residuo di
lisina della proteina bersaglio. Essa può
essere modificata dall’aggiunta di una
singola molecola di ubiquitina o di più
molecole di ubiquitina, si parla nel primo caso di mono-ubiquitinazione e nel
secondo caso di multi-ubiquitinazione,
oppure può essere soggetta a poli-ubiquitinazione qualora leghi covalentemente
una catena di poliubiquitina (Figura
2). La poli-ubiquitinazione promuove
la degradazione selettiva della proteina
modificata operata dal proteasoma (25).
La mono- o multi-ubiquitinazione di recettori di membrana agisce da segnale in
grado di promuovere sia l’internalizzazione del recettore modificato che il suo
successivo trasporto all’interno di compartimenti endocitici fino a guidarne
l’ingresso nei lisosomi, compartimenti
in cui il recettore viene, infine, degradato (26). A tale proposito, il nostro
gruppo ha dimostrato come l’adattatore
molecolare Cbl oltre ad essere implicato
nella trasduzione del segnale intracellulare, sia anche in grado di agire da E3
118
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
meccanismi implicati
nella regolazione
negativa dell’espressione
di fcεri:
la via dell’ubiquitina
ligasi promuovendo sia l’ubiquitinazione
delle subunità recettoriali b e γ che della
tirosino-chinasi Syk (27). In particolare,
l’ubiquitinazione del recettore FcεRI,
evento che richiede l’integrità dei “raft”
lipidici, promuove l’endocitosi antigenedipendente del complesso recettoriale
mediante interazioni specifiche con diversi adattatori endocitici contenenti
motivi d’interazione con l’ubiquitina
(28). Nell’ambito dei diversi adattatori
coinvolti un ruolo cruciale nel controllare il trasporto dei recettori internalizzati
nei lisosomi è svolto da Hrs (Hepatocyte
growth factor-Regulated tyrosine kinase
Substrate): la deplezione selettiva di tale
adattatore promuove, infatti, l’accumulo
dei recettori internalizzati negli endosomi e previene la loro degradazione lisosomiale.
In Figura 3 è schematizzato il modello
proposto dal nostro gruppo che illustra
come l’ubiquitinazione Cbl-dipendente
del recettore FcεRI regoli l’endocitosi
e la degradazione lisosomiale del complesso recettoriale ingaggiato.
conclusione
e considerazioni cliniche
Le nozioni esposte legate al ruolo fisiologico delle IgE e ai meccanismi che regolano l’espressione del recettore FcεRI
consentono di comprendere, dal punto
di vista meccanicistico, come trattamenti farmacologici che interferiscono con il
network delle IgE siano in grado di inibire la reazione allergica.
In particolare, l’anticorpo monoclonale umanizzato omalizumab, appartiene
a tale categoria di farmaci. Esso lega le
aggiornamenti
Figura 3
te i livelli di IgE libere, promuove una
graduale perdita del numero di recettori ad alta affinità rendendo i basofili
e i mastociti meno sensibili alla stimolazione da parte dell’allergene. Risultati
analoghi sono stati anche riscontrati nel
caso di sottopopolazioni di DC derivate
da precursori isolati da sangue periferico
di pazienti asmatici trattati con omalizumab. La riduzione del numero di recettori sulle DC è associata ad una ridotta
proliferazione dei linfociti T specifici per
l’allergene.
E’ importante, inoltre, considerare che
gli effetti dell’omalizumab non sono
ristretti alle sole cellule del sistema immunitario. Infatti, l’omalizumab, intercettando le IgE libere, agisce anche inibendo il legame con il recettore per le
IgE espresso sulle cellule muscolari lisce
delle vie aeree bloccando la produzione
IgE dipendente di citochine e fattori di
crescita.
In conclusione, il trattamento con l’omalizumab interferisce con le principali
funzioni biologiche mediate dal network
delle IgE contribuendo in maniera efficace a ridurre il rilascio di mediatori flogistici e la risposta infiammatoria.
Tuttavia, l’unico trattamento in grado
di modificare la storia naturale della malattia è l’immunoterapia specifica (ITS)
o iposensibilizzante introdotta per la
prima volta dall’inglese Leonard Noon
nel 1911. Essa rappresenta una sorta di
vaccino terapeutico ed è indicata nei pazienti affetti da allergie respiratorie (rinite e asma da moderata a lieve) e allergie
da imenotteri. La procedura consiste
nel somministrare, per via sublinguale o
sottocutanea, quantità progressivamente
crescenti dell’allergene purificato, settimanalmente o mensilmente per un periodo che dura dai 3 ai 5 anni. Questo
schema terapeutico devia gradualmente
la risposta allergica innescata dai linfociti Th2 verso una risposta predominata
dai Th1 che induce un’aumentata produzione di anticorpi IgG e una ridotta
produzione di IgE. Si assiste inoltre allo
sviluppo di linfociti T regolatori che,
mediante secrezione di citochine antiinfiammatorie, contribuiscono a ridurre
la risposta allergica.
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
119
Endocitosi ubiquitina-dipendente del recettore FcεRI
In seguito ad aggregazione recettoriale l’adattatore Cbl, reclutato in prossimità del complesso recettoriale ingaggiato, ubiquitina le subunità b e γ. Il complesso recettoriale ubiquitinato viene riconosciuto da adattatori endocitici che ne promuovono l’internalizzazione ed
il successivo trasporto in compartimenti endocitici (endosomi precoci e tardivi) ed infine nei
lisosomi. Modificato da: Molfetta et al. Molecular Immunology, 2010.
IgE libere indipendentemente dalla loro
specificità ed è somministrato nelle forme di asma severo ai pazienti refrattari a
trattamenti convenzionali.
Un primo importante effetto diretto
dell’omalizumab è la neutralizzazione
dell’IgE libera che, non potendo più legare il recettore FcεRI espresso sui mastociti e basofili, provoca il “disarmo” dei
principali effettori cellulari della reazione allergica.
Inoltre, alle dosi raccomandate, l’omalizumab, riducendo drammaticamen-
aggiornamenti
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aggiornamenti
Vitamina D e allergopatie:
un rapporto affascinante,
ma ancora controverso
Vitamin D and allergic diseases:
a fascinating relationship, but still controversial
Carlo Lombardi
Unità Dipartimentale
di Allergologia-Immunologia Clinica
& Pneumologia, Istituto Ospedaliero
Fondazione Poliambulanza – Brescia;
Membro Direttivo Nazionale Società Italiana
di Allergologia-Asma & Immunologia Clinica
(SIAAIC);
North-East Allergy Network (NEAN);
President Italian Chapter of Interasma.
Not Allergol 2015; vol. 33: n.3: 121-133.
introduzione
E’ assodato da tempo il ruolo determinante della vitamina D (VD) nei meccanismi di assorbimento intestinale del
calcio e le sue complesse azioni sul tessuto osseo (interazione con i recettori per
VD (VDR) espressi dagli osteoblasti,
induzione della sintesi dell’osteocalcina
e produzione di RANKL con secondaria
attivazione degli osteoclasti). Il metabolita attivo della VD è rappresentato da
1,25-diidrossivitamina D3 che svolge le
sue funzioni legandosi ad uno specifico
VDR nucleare o situato a livello delle
membrane cellulari. E’ probabilmente improprio parlare di “vitamina D”,
nell’accezione classica del termine, in
quanto VD è in realtà un ormone secosteroideo, svolgendo svariate e complesse funzioni nell'ambito di diversi organi
e apparati. Non è quindi sorprendente
che numerose patologie, tra cui malattie
delle alte e basse vie respiratorie (asma
bronchiale, BPCO e rinite allergica),
malattie autoimmunitarie (diabete
riassunto
Parole chiave e sigle
• VD=vitamina D • VDR=recettore vitamina D • rinite allergica • asma bronchiale
• dermatite atopica • allergia alimentare
E’ assodato da tempo il ruolo determinante della vitamina D (VD) nei meccanismi di assorbimento intestinale del calcio e le sue complesse azioni sul tessuto osseo. VD è un ormone secosteroideo e svolge svariate e complesse funzioni nell'ambito di diversi organi e apparati. Non è
quindi sorprendente che numerose patologie, tra cui malattie delle alte e basse vie respiratorie
(asma bronchiale, BPCO e rinite allergica), malattie autoimmuni, patologie dermatologiche,
cardiovascolari e oncologiche, siano state associate ad un deficit di 25-idrossivitamina D3. VD
e i suoi recettori sembrano infatti implicati nella regolazione di molteplici funzioni immunologiche e in processi antinfiammatori, antinfettivi e antiproliferativi. La seguente review ha
lo scopo di analizzare le recenti evidenze correlate alle complesse interazioni fisiopatologiche
nell’ambito delle allergopatie. Considerando nel loro insieme i dati disponibili in letteratura non
è ad oggi possibile accettare o rifiutare a priori un nesso causale; vi sono infatti troppe variabili
(genetiche, epigenetiche, ambientali) e fattori di confondimento interferenti. Ulteriori studi,
in particolare d’intervento con disegno DBPC e prospettici di popolazione, saranno necessari
in futuro per una migliore definizione del ruolo della VD nelle allergopatie. Dai dati riportati
emerge però complessivamente un possibile coinvolgimento della carenza di VD nell’asma
bronchiale, nella dermatite atopica e nelle allergie alimentari. Più controversa è invece l’associazione con la rinite allergica. In quest’ottica appare comunque fondamentale garantire
adeguati livelli ematici di VD, in particolare nei soggetti in età pediatrica. Anche durante il
periodo della gravidanza sembra determinante un adeguato apporto di VD per evitare gli effetti successivi sui nascituri “time depending” per quanto riguarda lo sviluppo di allergopatie.
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
121
aggiornamenti
summary
Key words and Acronyms
• VD=Vitamin D • VDR=vitamin D receptor • allergic rhinitis • bronchial asthma
• atopic dermatitis • food allergy
It has long been known the decisive role of vitamin D (VD) in the mechanisms of intestinal calcium absorption and its complex actions on bone. VD is a secosteroid hormone and plays varied and complex functions within various organs and systems. It is
therefore not surprising that many diseases, including diseases of the upper and lower
airways (bronchial asthma, COPD and allergic rhinitis), autoimmune diseases, skin diseases, cardiovascular and neoplastic diseases, have been associated with a deficiency
of 25-hydroxyvitamin D3. VD and its receptors seem involved in the regulation of many
immunological functions and anti-inflammatory, anti-infective and anti-proliferative
processes. The following review has the aim of analyzing the recent evidence related to
the complex pathophysiological interactions in the context of allergic diseases. Considering together the data available in the literature to date is not possible to accept or
reject a priori a causal link: there are too many variables (genetic, epigenetic and environmental) and confounding factors interfering. Interventional DBPC and prospective
population studies will be needed in the future for a better definition of the role of VD
in allergies. Today, a possible involvement of VD in bronchial asthma, atopic dermatitis
and food allergies may be possible. More controversial is instead the association with
allergic rhinitis. In this prospective view it appears however essential to ensure adequate blood levels of VD, particularly in pediatric subjects. Even during pregnancy it
seems determining an adequate supply of VD to avoid subsequent effects on the unborn
regarding the development of allergies.
vie metaboliche ed azioni
ormonali della vd
mellito di tipo I, sclerosi sistemica),
patologie dermatologiche (dermatite
atopica), cardiovascolari e oncologiche, siano state associate ad un deficit
di 25-idrossivitamina D3. VD e VDR
sembrano infatti implicati nella regolazione di molteplici funzioni immunologiche e in processi antinfiammatori,
antinfettivi e antiproliferativi. Alla
base di questa disregolazione potrebbe
essere presente una modificazione del
segnale della via VD/VDR indotta da
fattori quali un ridotto apporto, una
ridotta attivazione, o un alterato metabolismo della VD.
VD comprende due secosteroidi che si
comportano come pro-ormoni, la vitamina D3 colecalciferolo), sintetizzata
a livello cutaneo dalla radiazione ultravioletta a partire dal 7-deidro-coleste
rolo, e la vitamina D2 (ergocalciferolo), che deriva invece dall’irradiazione
solare dell’ergosterolo dei vegetali e che
viene assunta quindi con la dieta. Numerosi fattori possono influenzare la
sintesi di VD, quali: l’altitudine, la stagionalità, l’inquinamento ambientale,
122
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
la pigmentazione, l’area cutanea esposta e l’età. Le più ricche fonti naturali
di VD sono rappresentate dall’olio di
fegato di merluzzo e da pesci di acqua
salata come sardine, aringhe, salmone e
sgombro. Uova, carne, latte e latticini
contengono a loro volta piccole quantità di VD. Oltre all’assunzione della
VD dalla dieta e dall'attivazione cutanea
indotta dall’esposizione solare, le differenze interindividuali del livello di VD
nel sangue dipendono dalla variabilità di
un singolo nucleotide in geni codificanti per gli enzimi coinvolti nel metabolismo della VD e per la proteina legante
la VD nel plasma. Nell’organismo VD
biologicamente inattiva viene convertita in un prodotto attivo mediante due
successive idrossilazioni: a livello epatico,
dove una 25-idrossilasi catalizza la sintesi di 25-idrossivitamina D (25(OH)-D)
(calcidiolo), e nel tubulo renale dove l’1α-idrossilasi catalizza la sintesi di 1,25
(OH)2-D3 o calcitriolo, il metabolita
biologicamente attivo (Figura 1).
A livello renale la 25(OH)-D può essere
idrossilata anche in posizione 24 dando
origine alla 24,25(OH)2-D; ma il ruolo
fisiologico di questo metabolita non è
tuttora stato ben definito. L’emivita della 25(OH)-D è di circa 20 giorni, la sua
concentrazione sierica è compresa tra 10
e 50 ng/ml (25-125 nmol/l) e la sintesi
di 1,25(OH)2-D3 è invece la tappa limitante del processo di attivazione della
VD ed è strettamente regolata. L’emivita
della 1,25(OH)2-D3 è di 3-5 giorni e
la sua concentrazione sierica è compresa
tra 20 e 76 pg/ml (48-182 pmol/l). L’1α-idrossilasi è presente non solo a livello
renale, ma anche in alcuni tipi di cellule
aggiornamenti
del sistema immunitario, come monociti, cellule dendritiche (DC) e anche a
livello della parete bronchiale. I metaboliti della VD sono escreti con la bile
ed esiste un loro circolo enteroepatico.
Il calcitriolo, similmente ad altri ormoni steroidei, si lega nei tessuti bersaglio
a recettori citoplasmatici che traslocano
l’ormone nel nucleo. L’interazione del
complesso VD -VDR con la cromatina
influenza i processi di trascrizione e promuove la sintesi proteica. L’1,25 (OH)2D3 modifica il legame tra la calmodulina e la miosina 1, una proteina presente
nei villi intestinali dove si lega all’actina
e alla membrana plasmatica. Il complesso calmodulina-miosina 1 favorisce l’ingresso del calcio nella cellula intestinale,
mentre il trasporto intracitoplasmatico
dello ione richiede l’intervento della
calbindina, una proteina caratterizzata
da elevata affinità con il calcio e la cui
sintesi è sotto il controllo della VD. Stimolando l’assorbimento intestinale di
Ca, P e Mg, il calcitriolo fornisce al tessuto osseo i substrati necessari per la sua
mineralizzazione. Non è invece ancora
chiaro se i metaboliti della VD influenzino direttamente il metabolismo osseo.
Il calcitriolo sinergizza con il PTH nel
promuovere il riassorbimento osseo
e inibisce in vitro la formazione della
matrice proteica. E’ stato invece dimostrato che l’1,25 (OH)2-D3 è in grado
di inibire direttamente la sintesi e la secrezione del PTH. La presenza di VDR
in numerosi tessuti, non direttamente
coinvolti nel controllo del metabolismo
minerale, quali cute, mammella, gonadi, pancreas, ipofisi, muscoli, cervello e
tessuto emopoietico, suggerisce che l’or-
Figura 1
VD: vie metaboliche
Tratta da: Holick MF. Vitamin D deficiency. N Engl J Med 357: 266-81, 2007, con modificazioni
mone possa avere numerosi altri effetti
fisiologici. Il miglior indicatore sierico
della VD è il 25-(OH)D (colecalciferolo), più stabile, con emivita più lunga e
direttamente correlato con l’entità della
esposizione ai raggi UV (Tabella 1 a pagina 124). In base alle Linee guida della
Società Italiana dell’Osteoporosi, del
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
123
aggiornamenti
Metabolismo Minerale e delle Malattie
dello Scheletro (SIOMMMS) il fabbisogno di vitamina D varia da 1.500 UI/
die (adulti sani) a 2.300 UI/die, considerando che esso aumenta con l’età, la
massa corporea, la massa grassa e l’apporto di calcio. In Italia l’apporto dietetico fornisce in media circa 300 UI/die,
di conseguenza quando l’esposizione solare è virtualmente assente è necessario
garantire supplementi per 1.200-2.000
UI/die.
Il latte materno ha uno scarso contenuto
di vitamina D (circa 20 UI/l) e le donne
carenti ne forniscono ben poco ai loro
lattanti. Secondo l’Institute of Medicine
al di sotto di un anno di età è preferibile
un introito giornaliero di 400 UI, da aumentare a 600 UI dopo l’anno. Questo
apporto può aumentare se il bambino
non è sufficientemente esposto alla luce
solare e nei mesi invernali. Il fabbisogno
di VD è assicurato per il 90% dalla quota sintetizzata a livello cutaneo e solo in
minima parte da quella alimentare. Nonostante la latitudine del nostro Paese
favorisca numerose ore di sole, e quindi
un minor rischio teorico di ipovitami-
nosi D, l’Italia si colloca tra i Paesi con
maggior incidenza di ipovitaminosi D
insieme a Spagna e Grecia (Figura 2 nella pagina accanto).
La carenza di VD è frequente negli anziani, ma anche in un terzo delle donne
in età pre-menopausale, soprattutto se
obese e residenti nelle regioni meridionali. Infatti l’86% delle donne italiane
sopra i 70 anni presenta livelli ematici di
25-idrossivitamina D3 inferiori a 10 ng/
ml alla fine dell’inverno. L’esposizione
solare si riduce con l’aumentare dell’età,
così come la produzione cutanea di VD
si riduce con l’età a parità di esposizione
ultravioletta. Peraltro, l’ ipovitaminosi
D non è esclusiva della popolazione anziana, perché anche il 30% e il 65% dei
giovani ha valori carenti, corrispondenti
rispettivamente a 25-idrossivitamina D
<20 ng/ml e <30 ng/ml. La VD è fortemente liposolubile, viene rapidamente
assorbita a livello duodenale e digiunale e distribuita attraverso la circolazione linfatica quasi totalmente al tessuto
adiposo, da cui viene liberata in piccole
quantità rispetto alla quota immagazzinata. Pertanto una maggiore massa
adiposa “diluisce” la VD, il che spiega
perchè il rischio della sua carenza sia più
elevato nei soggetti
obesi. L’aumentato spessore del tessuto adiposo sottocutaneo rende inoltre
difficile la penetrazione dei raggi UVB,
impedendo l’attivazione della VD. Altre
patologie frequentemente caratterizzate
da ipovitaminosi sono rappresentate da
celiachia, morbo di Crohn, insufficienza
pancreatica e malattie colestatiche. Anche epatopatie evolute determinano una
ridotta attivazione epatica o un’aumen-
124
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
Tabella 1
Interpretazione
dei livelli ematici di 25-(OH) D
Definizione nmol/Lng/ml
➤ Carenza
< 50
< 20
➤ Insufficienza50-75 20-30
➤ Sufficienza
➤ Eccesso
> 75
> 30
> 250
> 100
tata inattivazione della VD, come anche
nefropatie che portano a una ridotta attivazione renale. Come le cause, anche
le conseguenze della carenza di VD sono
molteplici e non sono solo rappresentate dal ridotto assorbimento di Calcio e
Fosforo (Figura 3 a pagina 126).
effetti extrascheletrici
della vd e interazioni
col sistema immunitario
Come in precedenza sottolineato, la
VD, oltre alle note funzioni nell’ambito dell’omeostasi ossea, svolgerebbe un
importante ruolo nella regolazione delle
funzioni immunitarie e nella produzione di antimicrobici endogeni. Nel sangue, la VD è legata alla VD-binding protein (DBP), proteina carrier con diverse
funzioni la cui variabilità genetica è in
qualche modo associata alla vulnerabilità nei confronti di malattie respiratorie
e autoimmuni. Tessuti diversi dall’osso
come mammella, cervello, prostata e colon, nonché cellule del sistema immunitario, sono risultati sensibili all’azione
dell’1,25-diidrossivitamina D3 in quanto dotati di recettori per la VD e alcune
cellule hanno nel loro corredo enzimatico anche l’1-alfa-idrossilasi.
L’1,25-diidrossivitamina D in modo
diretto o indiretto, controlla più di 200
geni, tra cui anche quelli implicati nella
regolazione di processi apoptotici, proliferativi, e di differenziazione cellulare.
La 1,25-diidrossivitamina D3 è anche
potente immunomodulatore in quanto
in grado di stimolare alcune cellule del
sistema immunitario, come macrofagi e
monociti, a produrre la catelicidina, un
aggiornamenti
Carenza di Vitamina D in Europa
Figura 2
Livelli sierici di 25 (OH) D nm ol/I)
peptide antimicrobico nei confronti del
M. tubercolosis e altri patogeni (Figura 4
a pagina 127).
Se le concentrazioni sieriche della
25-idrossivitamina D3 scendono sotto i 20 ng/ml (50 nmol/l), i monociti
e i macrofagi non sono più in grado
di attuare questa risposta immunitaria.
E’ interessante ricordare che l’efficacia
della vaccinazione con BCG per la tubercolosi è stata correlata con la latitudine; è noto che l’elevata latitudine viene
considerata “proxy” sia per i bassi livelli
di radiazione ultravioletta (UVR) che di
bassi livelli ematici di VD.
Studi sperimentali hanno permesso di
dimostrare che la VD è in grado di modulare l’attività di svariate cellule immunitarie, quali monociti, macrofagi, linfociti e cellule dell’epitelio respiratorio
(Figura 5 a pagina 128).
Molte cellule del sistema immunitario,
come macrofagi, cellule dendritiche, T e
B linfociti, possono convertire 25(OH)
D a 1,25(OH)2D mediante l’attività
CYP27B1 e quindi produrre elevati livelli locali di 1,25(OH)2D. L’attività
antimicrobica dei macrofagi nei confronti del M. tubercolosis aumenta in
presenza di 1,25-idrossivitamina D3 in
seguito alla stimolazione con i ligandi
del Micobatterio. L’attivazione del TollLike receptor 2 (TLR2) da parte del M.
tubercolosis determina un’ incrementata espressione di VDR e CYP27B che
favorisce a sua volta un’incrementata
conversione della 25-idrossivitamina
D in 1,25-diidrossivitamina D3 con
conseguente espressione del peptide
antimicrobico catelicidina tramite la
via del VDR. La catelicidina è prodotta
Latitudine
Tratta da: www.vitaminad.it/la-carenza-di-vitamina-d-in-italia
dai neutrofili, macrofagi, mastcellule,
cellule NK e dalle cellule epiteliali della
cute, del tratto respiratorio e gastrointestinale. Questo peptide antimicrobico mostra un’attività nei confronti dei
batteri Gram+, Gram-, virus e miceti
determinando una rottura delle membrane. Il trattamento con VD porta ad
un’up-regulation dell’mRNA della catelicidina in numerose linee cellulari, tra
cui cheratinociti, macrofagi e neutrofili.
Bassi livelli di VD sono anche stati riscontrati in pazienti con sepsi ricoverati
nelle Unità di Terapia Intensiva, quando
confrontati con i controlli sani. In que-
sti pazienti, il livello sierico di 25-idrossivitamina D3 correlava direttamente
con la concentrazione sierica di catelicidina, suggerendo che i livelli sistemici
di questo peptide potrebbero essere regolati dalla VD. Questo potrebbe essere
importante anche nel controllo delle infezioni, come nella rinosinusite cronica
e nelle esacerbazioni asmatiche.
Una delle principali funzioni accertate
della VD nell’ambito della risposta immune adattativa è la modulazione della
proliferazione e delle funzioni dei Linfociti T. Il metabolita attivo 1,25-diidrossivitamina D3 inibisce la proliferazione
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
125
aggiornamenti
Figura 3
Rappresentazione schematica delle maggiori cause
di carenza di vitamina D e suoi effetti /conseguenze
extrascheletrici
Tratta da: Holick MF, and Chen T C Am J Clin Nutr 2008;87:1080S-1086S, con modificazioni
dei Linfociti Th e favorisce l’espressione
delle citochine dipendenti dalla risposta Th2 quali l’IL-4, l’IL-5 e l’IL-10.
Nonostante la 1,25-diidrossivitamina D3 sembri essere in grado di agire
direttamente sui linfociti T attraverso
l’intervento della differenziazione delle
cellule T, dati recenti indicano che la
1,25-diidrossivitamina D3 esercita la
sua influenza sull’immunità adattativa
modulando l’attività delle cellule dendritiche (DCs). 1,25-diidrossivitamina
D3 inibisce la maturazione delle cellule
dendritiche e incrementa l’espressione
di citochine come l’IL-10, inducendo
quindi tolleranza attraverso la soppres-
sione dei linfociti Th1 e l’induzione di
cellule T regolatorie. La VD è in grado
anche di inibire l’espressione dell’IL-12,
rilasciata dalle cellule dendritiche, che
favorisce la differenziazione dei linfociti
T. L’IL-12 stimola lo sviluppo dei linfociti T helper di tipo 1 (Th1) e inibisce
invece i linfociti Th2. Infine, le cellule
dell’epitelio bronchiale esprimono gli
enzimi del metabolismo della VD e
sono in grado di convertire la 25-idrossivitamina D3 nel metabolita attivo
1,25-diidrossivitamina D3. Queste
cellule sono una ricca fonte di 1,25-diidrossivitamina D3 che induce l’espressione della catelicidina o del CD14
126
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
dalle cellule dell’immunità innata. Poichè l’epitelio respiratorio rappresenta il
bersaglio primario dei patogeni respiratori e la catelicidina possiede un’attività
antibatterica e antivirale, una riduzione
stagionale della risposta immunitaria
VD-mediata, potrebbe contribuire ad
un aumento delle infezioni delle basse
vie aeree durante l’inverno.
Probabilmente una delle principali azioni modulatorie dell’1,25-diidrossivitamina D3 è il suo effetto sulle cellule
T regolatorie (T regs) che prevengono
l’attivazione periferica di cellule T autoreattive. In assenza dell’1,25-diidrossivitamina D3 le cellule T regolatorie sono
ridotte sia funzionalmente che numericamente, contribuendo con ciò allo
sviluppo di malattie autoimmuni, come
la sclerosi multipla e il diabete mellito
tipo I. E’ probabile che il deficit di VD
possa influenzare il sistema immune anche in base al “timing” in cui si verifica
tale condizione di carenza; è infatti stato documentato che bassi livelli di VD
o basse esposizioni ambientali a UVR
durante il periodo in utero o nel corso
dell’infanzia si possono associare a patologie immuno-correlate.
Recentemente è stata anche sottolineata la possibile complessa relazione fra
microbioma e VD. Il microbioma è
costituito dall’insieme dei batteri commensali che colonizzano gli apparati
gastrointestinale e respiratorio e la cute.
In modelli murini 1,25(OH)2D è stata
in grado di sopprimere l’infiammazione tissutale mediante un’alterazione del
microbioma. La carenza di VD aumenta
infatti la severità della colite e il numero
dei batteri a livello del colon. Analoghi
aggiornamenti
effetti sono stati rilevati anche nel tratto respiratorio di ratti con allergopatia respiratoria dove un deficit di VD
ha prodotto un incremento dell’infiammazione polmonare e del numero dei batteri intraluminali. In studi
sull’uomo, un incremento dell’apporto dietetico di VD ha determinato un
cambiamento della composizione del
microbiota fecale. In modelli animali è
stato anche dimostrato che i probiotici possono upregolare l’espressione del
VDR nel colon, riducendo l’infiammazione e ritardando la transizione
da displasia a neoplasia. L’insieme di
questi dati suggerisce quindi che non
solo è possibile che la VD possa modulare l’infiammazione tissutale mediante
modificazioni del microbioma, ma che
possa avvenire anche il contrario, ovvero che il microbioma e l’infiammazione cambiano a loro volta la risposta
dei tessuti alla VD mediante una regolazione dell’espressione dei VDR.
Figura 4
Trasformazione della 25-idrossivitamina
D3 in 1,25-diidrossivitamina D3 in relazione alle funzioni
del sistema immunitario.
vd e dermatite
atopica
E’ stata volutamente inserita una breve disamina sulla dermatite atopica
(DA) in quanto trattasi di patologia
che largamente antecede lo sviluppo
di allergia alimentare, rinite allergica
e asma bronchiale (“allergic or atopic
march”). Vi sono ormai numerosi dati
sperimentali che hanno confermato gli
effetti molecolari della VD sulla cute.
1,25 diidrossi-VD determina infatti la
differenziazione dei cheratinociti. VD
riduce inoltre i livelli cutanei di IL-1α,
IL-6 e RANTES determinando un ri-
Tratta da: Holick MF- Vitamin D deficiency. N Engl J Med 357: 266-81, 2007, con modificazioni.
duzione dei processi di infiammazione.
Bassi livelli di proteine necessarie per la
formazione dello strato corneo, tra cui
la fillagrina, sono stati rilevati in ratti
null per l’espressione di 25-OH-VD1α-idrossilasi. Infine una carenza di VD
può determinare un incremento delle
sovrainfezioni batteriche e virali, tipiche
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
127
aggiornamenti
Figura 5
Le complesse azioni della VD sul sistema immunitario
ne con lo SCORAD index, altri lavori
hanno dimostrato che questo trend è
presente esclusivamente nei soggetti con
sensibilizzazioni allergeniche (29).
vd e allergie
alimentari
Tratta da: J. Yawn, et al.- Vitamin D for the treatment of respiratory diseases:
Is it the end or just the beginning? J. Steroid Biochem. Mol. Biol. (2015), con modificazioni.
nel decorso della DA, per riduzione dei
livelli cutanei di peptidi antimicrobici
(AMP), come la catelicidina. L’insieme
di questi dati sembra quindi indicare un
ruolo fondamentale della VD a livello
cutaneo (effetto antinfiammatorio, processi di integrità di barriera, attività antinfettiva) sostanziando un razionale per
la supplementazione di VD nei pazienti
con DA. In effetti, è stato osservato un
ruolo patogenetico e/o un effetto favorevole della VD in numerose patologie
cutanee, come psoriasi, vitiligo, acne e
rosacea. Sebbene non tutti concordanti
(Back et al., 2009; Hata et al., 2014), in
letteratura esistono numerosi lavori che
correlano livelli insufficienti di VD con
la DA e Sidbury et al. hanno dimostrato
che la supplementazione di VD riduce i
sintomi della DA inverno-correlati (22).
Tali dati sono stati recentemente confermati anche da Camargo et al. (2014)
in uno studio DBPC condotto in Mongolia su bambini con riacutizzazione
della DA nei mesi invernali. Sebbene
uno studio italiano (Peroni et al.,2010)
abbia documentato che i livelli sierici di
VD siano più elevati nei pazienti pediatrici con DA lieve rispetto a quelli con
forme più severe, mediante valutazio-
128
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
Le allergie alimentari e i casi di anafilassi
correlati sono incrementati drammaticamente nelle ultime due decadi, sia in
età pediatrica che adulta. Per spiegare
tale aumento, in particolare durante
l’infanzia, sono state avanzate numerose ipotesi; tra cui la cosiddetta “hygiene
hypothesis”, il tipo di intake alimentare delle madri durante la gravidanza, la
non adeguata utilizzazione dell’allattamento materno e, più recentemente, il
ruolo patogenetico della VD.
Uno studio australiano ha analizzato l’associazione tra i livelli sierici di
25-OH-VD e allergie alimentari. La variabile che modificava questa associazione era rappresentata dal Paese di nascita
dei genitori (p = 0.03); tra i neonati con
genitori australiani quelli con livelli sierici insufficienti di 25(OH)VD avevano
più probabilità di essere allergici agli alimenti. Questa associazione non era invece evidente per i neonati i cui genitori
non erano nati in Australia.
Nascere in autunno o in inverno sembra essere un fattore di rischio per lo
sviluppo di allergia alimentare. In uno
studio condotto a Boston, i bambini afferiti a PS a causa di una reazione
allergica correlata ad assunzione di alimenti erano più frequentemente nati in
autunno/inverno rispetto a primavera/
estate (P=0.002). Ciò può riflettere una
aggiornamenti
ridotta esposizione a UVR e quindi più
bassi livelli di VD. In effetti, elevati
tassi di prescrizione di adrenalina auto
iniettabile e di allergia alimentare sono
rilevabili in aree con elevata latitudine
(Australia, Nord America). E’ stato anche dimostrato che soggetti di razza nera
hanno un’elevata prevalenza di allergie
alimentari; ciò sembra riflettere la nota
scarsa attivazione cutanea della VD da
parte delle UVR in questi pazienti. Anche l’obesità rappresenta un fattore rischio sia per bassi livelli di VD che per
lo sviluppo di allergia alimentare (26).
I bassi livelli di 25(OH)VD sembrano
inoltre determinare pattern diversi di
sensibilizzazione agli alimenti. Nel National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES 2003–2006) è
stata ad esempio dimostrata un’associazione inversa fra livelli di 25(OH)VD
ed allergia ad arachidi e gamberetti, ma
non con uova o latte vaccino. Anche
avere elevati livelli plasmatici di VD è
stato correlato in alcuni studi con una
maggiore incidenza di allergia alimentare. Per conciliare questi risultati apparentemente conflittuali è stato proposto
che sia alti che bassi livelli di VD possano predisporre all’allergia alimentare;
questa ipotesi è stata denominata “ushaped association”.
La supplementazione di fish oil, che
rappresenta un’ottima fonte alimentare di VD, durante la gravidanza è stata
correlata ad una minore incidenza di
allergia alimentare nei nascituri in almeno 3 studi d’intervento randomizzati
controllati. Studi recenti sembrano indicare che livelli sufficienti di VD svolgano un ruolo protettivo nei confronti
L’asma bronchiale è una malattia cronica delle vie aeree caratterizzata da
ostruzione bronchiale, solitamente reversibile spontaneamente o in seguito
alla terapia, ed è sostenuta da una risposta infiammatoria con inappropriata
attivazione dei linfociti Th2. A partire
dagli anni ’60 si è assistito ad un progressivo incremento della prevalenza
dell’asma e il deficit di VD è stato spesso indicato come un possibile fattore
contribuente dell’epidemia asmatica;
ciò in base soprattutto all’osservazione
che le più elevate prevalenze dell’asma
sono riscontrabili in Paesi lontani dall’equatore. Va anche ricordato che la VD
contribuisce alla crescita/sviluppo polmonare e alla sintesi di surfattante da
parte delle cellule alveolari di tipo II.
In lavori sperimentali su modelli murini, il trattamento con VD ha ridotto
l’iperreattività bronchiale e l’infiltrato
eosinofilo bronchiale. Inoltre è stata dimostrata una anomalia genetica (SNP)
in nuclei famigliari di soggetti asmatici
per il coinvolgimento di vie metaboliche per la VD e per la regolazione dei
livelli plasmatici della VD. Poiché però
l’asma è una patologia immuno-mediata
e la VD svolge azioni molto complesse
sul sistema immunitario, sono stati effettuati numerosi studi, sia sperimentali
che clinici, per documentare una possibile correlazione fra deficit di VD e
asma. VD sembra interagire con l’asma
a vari livelli. Varianti del VDR sono state associate quale fattore di rischio per
l’insorgenza di asma, collegando quindi la VD alla patogenesi dell’asma. Un
ampio studio longitudinale ha mostrato
che la scarsa assunzione di VD e basse
concentrazioni sieriche di VD sono associate con il deterioramento della funzionalità polmonare negli adulti e risultati analoghi sono stati evidenziati negli
adolescenti. Pazienti con bassi livelli di
VD presentano anche un’aumentata
condizione di iperreattività bronchiale e
ridotta risposta alla terapia steroidea. La
VD sembra inoltre associata ad un’aumentata espressione dell’IL-4.
La capacità della VD di incrementare
le difese immunitarie potrebbe ridurre,
come avviene per la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), i fattori
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
129
delle allergie alimentari nel primo anno
di vita. Sono invece necessari ulteriori approfondimenti circa il ruolo della
VD nell’ambito delle allergie alimentari
dell’adulto.
Un meccanismo plausibile per spiegare
l’associazione tra VD e allergia alimentare potrebbe essere la mancanza dell’induzione da parte della VD delle difese
epiteliali innate (come la catelicidina) o
una disregolazione delle proteine costituenti le tight junction. Questi meccanismi determinerebbero una compromissione nella funzionalità di barriera
a livello intestinale o una modificazione
nella composizione microbica gastrointestinale VD-mediata. Il potenziale effetto della VD nella promozione della
tolleranza alimentare negli individui
sensibilizzati potrebbe essere spiegata
grazie alla capacità della VD di indurre
l’espressione delle cellule T regolatorie
che secernono IL-10.
vd e asma
bronchiale
aggiornamenti
Figura 6
Carenza di VD e allergopatie
che scatenano le esacerbazioni asmatiche causate dalle infezioni delle vie respiratorie.
I glucocorticoidi sono gli antinfiammatori più efficaci disponibili per il trattamento dell’asma e in alcuni pazienti
la resistenza o la non responsività alla
terapia corticosteroidea rappresenta un
rilevante problema. E’ stato dimostrato
che l’associazione di VD al trattamento corticosteroideo in pazienti resistenti
alla terapia, ha determinato un’aumentata responsività al desametasone, grazie al ripristino della risposta difettiva
dell’IL-10 ai glucocorticoidi attraverso
i linfociti T CD4+. Una resistenza alla
terapia steroidea è stata anche osservata
in bambini asmatici con bassi livelli di
VD portando, di conseguenza, ad un
più consistente utilizzo di questi farmaci
e a più elevati rates di ospedalizzazione e
valutazioni presso PS per esacerbazioni
asmatiche.
Una peculiarità delle alterazioni fisiopatologiche dell’asma è rappresentata
dai fenomeni di “remodeling” delle vie
aeree con un incremento del numero/
massa delle cellule muscolari lisce.
MMP-9 è l’enzima principale coinvolto nel rimodellamento delle vie aeree
ed è espresso ad elevati livelli nei pazienti con restringimento severo e irreversibile delle vie aeree. Anche un’altra
metalloproteinasi (ADAM33) è responsabile dell’aumentata suscettibilità
nei confronti dell’insorgenza dell’asma
e del rimodellamento delle vie aeree. La
sua espressione correla con lo sviluppo
130
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
e la severità dell’asma e una sua diminuzione con un adeguato approccio
terapeutico.
Studi in vitro hanno dimostrato che
l’1,25-diidrossivitamina D3 ha un effetto diretto antiproliferativo sulle cellule
muscolari lisce dell’epitelio respiratorio
umano ed è in grado di inibire l’espressione sia di MMP-9 sia di ADAM 33
suggerendo un potenziale ruolo della
VD nella prevenzione del remodeling e
nel trattamento dell’asma. NF-KB p65
è inibito dalla VD3; ciò porta a ritenere che l’inibizione di questa via possa
essere uno dei principali meccanismi
con cui la VD attenua i fenomeni di
remodeling. Trials clinici d’intervento
hanno valutato se la supplementazione
di VD potesse essere efficace nel trattamento dei pazienti asmatici. Nel 2014
sono stati pubblicati i risultati, non incoraggianti, di uno studio statunitense
multicentrico randomizzato-controllato
denominato “VIDA” (Vitamin D3
add-on therapy enhances corticosteroid
responsiveness in asthma). Sono stati arruolati 408 adulti con asma sintomatico
e livelli di 25(OH)VD inferiori a 30 ng/
ml; i pazienti sono stati suddivisi in 2
gruppi; uno trattato con una dose iniziale unica di carico orale di colecalciferolo
(100.000 IU) seguita da terapia orale
continuativa giornaliera per 28 settimane con 4000 UI, l’altro con placebo; tali
interventi erano associati al trattamento
standard con cicloesonide (320 µg/die).
Se l’asma veniva ben controllato, cicloesonide veniva ridotta ad un quarto della
dose iniziale. L’outcome primario dello
studio era il tempo intercorso alla prima esacerbazione (non modificato nel
aggiornamenti
gruppo trattato con VD). Un altro outcome secondario (dose totale inalata di
steroide) è stato invece favorevolmente
modificato dalla VD. Altri studi, pubblicati sempre nel 2014, hanno peraltro
documentato un miglioramento dei
parametri di funzionalità respiratoria
dopo l’aggiunta alla terapia antiasmatica
di VD3. Uno studio randomizzato controllato condotto su bambini asmatici
trattati con budesonide (800 µg/die) ha
valutato l’effetto dell’ aggiunta di VD3
(500UI/die di colecalciferolo), versus
placebo, sui sintomi asmatici. I bambini trattati anche con VD3 hanno avuto un minor numero di esacerbazioni
asmatiche. Un altro lavoro ha valutato
l’efficacia dell’immunoterapia allergenespecifica in bambini asmatici in relazione ai livelli sierici di VD dimostrando
che, se i livelli di 25-OH-VD erano superiori a 30 ng/mL, gli outcomes finali
ottenibili con l’immunoterapia specifica
(induzione di FOXp3 e effetto steroidsparing) erano migliori in questo gruppo di pazienti. Importanti appaiono gli
studi che hanno valutato l’intervento
con supplementazione di VD in donne
gravide sul successivo sviluppo di asma
nei nascituri. Sebbene i dati disponibili
non siano tutti univoci, un’associazione inversa tra l’assunzione di VD in
gravidanza e sviluppo di asma precoce
nell’infanzia è stata documentata in studi condotti negli Stati Uniti e in Gran
Bretagna. Questi studi inducono a ritenere che la VD possa svolgere un effetto modulatorio “time dependent” sulle
funzioni immunitarie nell’asma. Va peraltro segnalato un recentissimo studio
di follow-up, durato tra i 20 e i 25 anni,
in cui sono stati valutati gli effetti di
elevati, o viceversa bassi, livelli ematici
di VD durante il periodo di gravidanza
sui figli, in cui non è stato dimostrato
un effetto protettivo della VD sullo sviluppo successivo di asma e sui parametri
di funzionalità respiratoria; anzi, bassi
livelli di VD nelle madri gravide riduce
il rischio successivo di ospedalizzazioni
per asma e l’uso dei farmaci antiasmatici
(31).
Una recente revisione sistematica ha invece incluso solo studi epidemiologici
che misuravano le concentrazioni sieriche di 25(OH)VD in pazienti asmatici
(32). Sono stati identificati un totale di
340 articoli di cui 23 studi sono stati
inclusi nella revisione finale (2 studi
caso-controllo, 12 studi di coorte e 9
studi trasversali). Le conclusioni degli
Autori sono state che è possibile il ruolo della VD nelle esacerbazioni asmatiche nei bambini, ma sono ancora poche
le evidenze per un dimostrato effetto
sull’incidenza dell'asma. Nella maggior
parte degli studi che avevano valutato il
ruolo della 25(OH)VD nella prevalenza e nella gravità dell’asma nei bambini
e negli adulti, è stato osservato che non
vi era alcuna associazione tra bassi livelli
sierici di VD e asma. Gli Autori affermano che, anche se sono conosciute le
raccomandazioni per la concentrazione
ottimale della VD, queste non possono
essere applicabili per il controllo dei
sintomi asmatici. La VD sembra quindi
avere un ruolo a vari livelli nell’asma:
1) nei meccanismi di esordio precoce
della malattia; 2) nella sua patogenesi e
nei processi di remodeling; 3) nella prevenzione delle esacerbazioni, in parti-
colare quelle dovute ad agenti infettivi;
e 4) nel ripristino della sensibilità agli
steroidi nell’asma steroido-resistente
con bassi livelli di IL-10, ma saranno
necessari ulteriori studi per confermare
queste iniziali osservazioni. Un recente
studio ha infine documentato un effetto della VD nel ridurre della componente infiammatoria eosinofila della
mucosa bronchiale in pazienti con asma
non atopico ma caratterizzato da severa
flogosi eosinofila bronchiale associato
a un lieve miglioramento sul controllo
dell’asma (33). Non è stata invece evidenziata una riduzione della componente neutrofilica valutata con lo sputo
indotto. Non vi è peraltro dubbio che la
supplementazione di VD negli asmatici
che fanno lungamente uso di steroidi
possa avere un effetto protettivo nei
confronti dei fenomeni di demineralizzazione ossea jatropatica (34).
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
131
vd e rinite
allergica
Poiché anche nella rinite allergica è
presente un Th2 skewing è ipotizzabile un ruolo immunomodulatorio della
VD anche in questa patologia. La VD
potrebbe avere un effetto soppressivo
dell’infiammazione a livello della mucosa nasale, influenzando, quando carente,
lo sviluppo e il persistere della rinosinusite cronica. Per quanto riguarda un’eventuale correlazione fra deficit di VD
e rinite allergica, i dati disponibili in
letteratura sono però piuttosto scarsi e
anche contradditori. Uno studio coreano ha dimostrato una possibile correlazione tra bassi livelli di VD e rinite
aggiornamenti
Considerando nel loro insieme i dati
disponibili in letteratura sui complessi rapporti tra VD e allergopatie non è
ad oggi possibile accettare o rifiutare a
priori un nesso causale; vi sono infatti
troppo variabili (genetiche, epigenetiche, ambientali) e fattori di confondimento interferenti. Ulteriori studi, in
particolare d’intervento con disegno
DBPC e prospettici di popolazione,
saranno necessari in futuro per una
migliore definizione del ruolo della
VD nelle allergopatie. Dai dati riportati emerge però complessivamente un
possibile coinvolgimento della carenza
di VD nell’asma bronchiale, nella dermatite atopica e nelle allergie alimentari (Figura 6).
Più controversa è invece l’associazione
con la rinite allergica. In quest’ottica
appare, quindi e comunque, fondamentale garantire adeguati livelli ematici di VD, in particolare nei soggetti
in età pediatrica. Anche durante il periodo della gravidanza sembra determinante un adeguato apporto di VD per
evitare gli effetti successivi sui nascituri
“time depending” per quanto riguarda
lo sviluppo di allergopatie.
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Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
allergica, ma un altro studio, sempre
condotto in Corea, non ha confermato tali risultati (Jung et al., 2013;
Cheng et al., 2013). Un altro studio
condotto in Norvegia (HUNT study)
con follow-up a 11 anni, ha osservato
un’associazione diretta tra deficit di
VD e sesso maschile nello sviluppo di
rinite, mentre nel sesso femminile è
stato documentato un effetto opposto
(AOR 0.83 (95%) CI 0.66-1.05) per
ciascuna riduzione di 25 nM dei livelli
sierici di 25(OH)VD.
E’ possibile che la relazione fra rinite
allergica e deficit di VD dipenda dalla gravità stessa del deficit; infatti in
un lavoro pubblicato da Arshi et al.
(2012) è stata documentata una significativa correlazione tra deficit severo
di VD (< 12.5 nm/L) e prevalenza di
rinite allergica (30% dei casi) rispetto
a controlli sani (5.1%). Erkkola et al.
hanno infine documentato che l’intake di VD durante la gravidanza è stato
negativamente associato a rischio sia
di asma che di rinite allergica (19).
E’ quindi probabile che, anche per
la rinite allergica come per l’asma, il
“timing” d’intervento potrebbe essere
cruciale nell’azione protettiva della
VD.
conclusioni
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aggiornamenti
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Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
133
Buon 2016
Agli Autori
Giuseppe Guida
Claudia Petrarca
Riccardo Asero
Gennaro D’Amato
Isabella Annesi-Maesano
Lorenzo Cecchi
Carolina Vitale
Gennaro Liccardi
Anna Stanziola
Alessandro Santuzzi
Antonio Molino
Maurizia Lanza
Alessandro Vatrella
Maria D’Amato
Mario Zanca
Giuseppe Pingitore
Carla Lombardo
Patrizia Bonadonna
Alessandra Vultaggio
Andrea Matucci
Enrico Maggi
Erminia Ridolo
Cristoforo Incorvaia
Marcello Montagni
Gianenrico Senna
Gianni Passalacqua
Rosa Molfetta
Rossella Paolini
Carlo Lombardi
Massimo Landi
Ai Lettori
Con la speranza che ci seguano
con lo stesso interesse anche il prossimo anno.
Auguri da
Gianni Mistrello, Fabrizio Ottoboni e Maura Fattorini
134
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
aggiornamenti
Vitamina D:
focus sui pazienti
pediatrici allergici
Massimo Landi
Pediatra di famiglia Asl To1 Torino
Collaboratore di ricerca Allergologia
e Pneumologia pediatrica
Istituto di Biomedicina e Immunologia
Molecolare CNR di Palermo
Vitamin D: focus on allergic pediatric patients
Not Allergol 2015; vol. 33: n.3: 135-137.
considerazioni
generali
Durante i due ultimi decenni, gli interessi scientifici riguardo il sistema
vitamina D sono progressivamente aumentati; a parte il ben noto ruolo di
questa vitamina nel metabolismo del
calcio e delle ossa recenti osservazioni
hanno suggerito un suo possibile ruolo immuno-modulatore anche nelle
malattie allergiche, asma compresa (1).
Questo aspetto potrebbe assumere una
particolare rilevanza nei pazienti pediatrici. Un numero crescente di letteratura
ha sottolineato che la vitamina D svolge
un ruolo importante nella funzione / regolazione generale del sistema immunitario, specialmente per quanto riguarda
la funzione dei linfociti, segnalazione e
attivazione dei recettori delle cellule T
e produzione di citochine (2,3). Sulla
base di queste osservazioni, la vitamina
D è stato valutata come un potenziale
fattore che influenzi l'incidenza, la gravità e il corso dell’ asma e delle malattie
riassunto
Parole chiave e sigle
• Vitamina D • malattie allergiche • immunomodulazione • supplementazione
• asma • rinite • Pediatric allergy • prevenzione primaria
Negli ultimi anni, l'interesse del mondo scientifico verso la vitamina D è gradualmente aumentato, e sono stati condotti diversi studi per analizzare il suo possibile ruolo nella modulazione
dello sviluppo/de corso delle malattie allergiche. Inoltre, la supplementazione di vitamina D è
stata valutata come un approccio utile per il trattamento delle allergie ma i dati sono eterogenei. Una ricerca della letteratura è stata fatta in modo indipendente dagli Autori, individuando
articoli per una revisione narrativa. La vitamina D svolge un ruolo chiave nel metabolismo del
calcio e del fosfato, ed è essenziale per la salute delle ossa in neonati, bambini e adolescenti.
Tuttavia, non vi sono prove attualmente sufficienti per sostenere la supplementazione di vitamina D per la prevenzione o il trattamento delle malattie allergiche nei neonati, bambini e
adolescenti, in materia di rinite allergica, asma, allergie alimentari e dermatite atopica.
Ipotesi correlazione bassi livelli di Vit D ed aumento allergie
Alcuni dati supportano l’esistenza di un rapporto tra latitudine e livelli
di esposizione solare e conseguente livello di 25(OH) D e prevalenza di malattie
allergiche. I dati sono tuttavia contrastanti
Correlazione tra assunzione Vit D nelle gravide e prevenzione malattie
allergiche non evidenziata
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
135
aggiornamenti
summary
Key words and Acronyms
• Vitamin
•
D • allergic diseases • immunomodulation • supplementation • asthma
rhinitis • pediatric allergy • primary prevention
In recent years, the interest of the scientific world towards vitamin D gradually increased,
and several studies have been conducted to dissect its possible role in modulating the development/course of allergic diseases. Also, Vitamin D supplementation has been assessed as a
beneficial approach for treating allergies in some, but not all studies. We reviewed herein the
available and relevant literature concerning the possible links between Vitamin D, its supplementation and allergic diseases. A literature search was made independently by the Authors,
identifying articles for a narrative review. As per literature, Vitamin D plays a key role in calcium and phosphate metabolism,
and it is essential for bone health in infants, children and adolescents. However, there is presently insufficient evidence to support vitamin D supplementation for prevention or treatment
of allergic diseases in infants, children and adolescents, concerning allergic rhinitis, asthma,
food allergy and atopic dermatitis.
allergiche in generale (4,5) giocando un
possibile ruolo anche di tipo preventivo.
Tuttavia è anche vero che alcuni studi
hanno suggerito che alti livelli sierici
di vitamina D possono aumentare il rischio di disturbi allergici di (6,7).
Il Colecalciferolo, e i suoi metaboliti,
sono più propriamente ormoni che possono essere sintetizzati dal corpo umano
(Figura 1).
I supposti effetti antiallergici della vitamina D possono in parte essere riconducibili all'azione sulle cellule dendritiche, favorendo la produzione di IL-10 e
riducendo la produzione di IL-12 (8).
Un livello sierico di VD≥ 50 nmol / L è
considerato sufficiente, valori <50 nmol
/ L insufficienti, e <40 nmol / L forse a
rischio di malattie. Per garantire un adeguato apporto di vitamina D, l'American Academy of Pediatrics ha aumenta-
136
to la dose giornaliera raccomandata per
i bambini e adolescenti (9), ad una dose
di 400 UI fino a 12 mesi di età e di 400600 oltre i 12 mesi (10), raccomandando che tale integrazione deve iniziare
durante i primi giorni di vita. Per quanto riguarda le malattie allergiche, gli studi disponibili forniscon risultati contrastanti. Certamente, altri fattori possono
giocare un ruolo cruciale nella sviluppo
di allergie e asma, tra cui l'ambiente e la
genetica. A questo proposito, un aspetto
interessante sembrerebbe avere la latitudine (11): alte latitudini, che sono caratterizzate da una irradiazione ultravioletta inferiore, possono essere associate
ad una frequenza inferiore di allergia,
mentre una esposizione ai raggi ultravioletti superiore (latitudini più basse), è
Metabolismo della Vitamina D
Figura 1
7- dehydrocholesterol
UV
25OH Vitamin D calcidiol
skin
kidney
Vitamin D3
cholecalciferol
1-25OH Vitamin D calcidiol
DIETARY INTAKE
(herring, salmon, codfish,
tuna, milk, egg yolk)
SUPPLEMENTS
Vitamin D2
ergocalciferol
Bone resorption
Increased Ca abssorption
Decreased phosphate excretion
IMMUNOMODULATION
Tratta da Della Giustina A, Landi M, Bellini F et al. - Vitamin D, allergies and asthma:
focus on pediatric patients World Allergy Organ J. 2014;7(1):27.
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
aggiornamenti
stata associato con una maggiore probabilità di avere una storia di rinite allergica
o asma o entrambe le condizioni durante
l'infanzia. Studi interventistici con Vitamina D in pazienti con malattie immuno-mediate non sono completamente
esaustivi. Il grado di coinvolgimento della vitamina D dipendente sull’omeostasi
e la regolazione del sistema immunitario
nelle malattie allergiche deve ancora essere esplorato (12).
osservazioni
conclusive
Considerando l’insieme della letteratura disponibile , non è ad oggi possibile
confermare o smentire il ruolo diretto
del Vit D nelle malattie allergiche in età
pediatrica: sono infatti presenti ancora
molti fattori confondenti. Dati sperimentali forniscono prove che la Vit D
agisca sulla funzione immunitaria ma la
complessità di questo sistema, non può
applicarsi alla popolazione generale.
Inoltre, non è ancora possibile raccomandare in assoluto strategie per l'uso
della Vit D nella terapia dell'asma e
nelle malattie allergiche o nella prevenzione (13,14). Sono necessari ulteriori
studi clinici prospettici per meglio comprendere il meccanismo molecolare che
possa influenzare i disturbi immunologici ed il loro sviluppo (15).
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12.Hart PH, Gorman S, Finlay-Jones JJ - Modulation of the immune system by UV radiation: more than just the effects of vita-
min D? Nat Rev Immunol 2011;11:584–596.
13.Braegger C, Campoy C, Colomb V et al.
- ESPGHAN Committee on Nutrition: Vitamin D
in the Healthy Paediatric Population:A Position
Paper by the ESPGHAN Committee on Nutrition.
J Pediatr Gastroenterol Nutr 2013;56:692–701.
14.Flohr C, Mann J - New approaches to the
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15.Muehleisen B, Gallo RL - Vitamin D in allergic disease: shedding light on a complex problem. J Allergy Clin Immunol 2013;131:324–329.
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
137
è social
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recensioni
Editing del genoma con CRISPR/Cas 9
Figura
Figura
2 1
CRISPR/Cas 9 system
CRISPR/Cas9-mediated gene editing in human
tripronuclear zygotes
Liang P, Xu Y, Zhang X e 13altri
Protein & Cell May 2015:6(5):363-372.
L
a scoperta più importante del 2015 secondo una commissione di scienziati è stata l’applicazione della tecnica
CRISPR/Cas 9 per correggere o modificare il genoma vegetale e animale. Questa tecnica è stata inventata negli States nel
2012 da Jennifer Doudna, Emmanuelle Charpentier e Feng
Zhang (a cui è stato attribuito il brevetto, sotto contestazione
da parte delle altre due scienziate).
Il 16 marzo è stato pubblicato il lavoro cinese che ha utilizzato
ovuli fecondati umani, scartati per la fecondazione assistita
perché avevano 3 copie di ogni cromosoma. Il gruppo cinese
ha cercato di sostiuire in 86 zigoti il gene HBB, che se mutato
Figura
Figura
1 1
I macachini ottenuti con CRISPR
Xiangyu G, Xiao-Jiang L - Targeted genome editing in primate embryos,
in Cell Research 2015 DOI:10.1038/cr.2015.64
138
causa la beta-talassemia. Il risultato è stato inferiore alle attese:
su 71 zigoti sopravvissuti alla procedura, in 28 le mutazioni
erano state eliminate e soltanto in 4 la cellula aveva sostituito
il gene HBB. Inoltre ci sono state numerose mutazioni “fuori
bersaglio”, introdotte da un’azione del complesso CRISPR/
Cas9 su altre parti del genoma.
Il lavoro ha scatenato ovviamente una montagna di critiche,
ma anche entusiasmo, perché solleva problemi filosofici, etici
e morali ma non alle sei aziende private che hanno finanziato
la ricerca cinese, e le università elencate nell’articolo quali
titolari di brevetti che essa ha utilizzato e le Big Farm che
stanno tirando fuori centinaia di milioni di dollari… e i cinesi
continuano (Figura 1)
L’acronimo sta per l’enzima prodotto dal gene Cas9 e i
Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats,
le ripetizioni palindromiche di gruppi di Dna estraneo
disposti a intervalli regolari. I CRISPR fanno parte del sistema
immunitario dei batteri, si era scoperto dodici anni fa in
quelli dello yogurt. Sono anche dei “redattori genetici” grazie
all’endonucleasi Cas che riconosce l’RNA nel quale il DNA
virale si traduce per replicarsi. L’enzima Cas si appropria di
quell’RNA, così riconosce esattamente i pezzi di DNA virale
e li elimina tutti. La correzione resta nel genoma del batterio
ed è ereditato dalle cellule figlie.
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
recensioni
Figura
Figura
3 1
Alcune applicazioni di CRISPR/Cas9
Cloro della piscina e allergia
Chlorinated pool attendance, airway epithelium defects
and the risks of allergic diseases in adolescents:
Interrelationships revealed by circulating biomarkers
Bernard A, Nickmilder M, Dumont X
Environmental Research 2015;140:119–126.
A
E l’Europa? La Gran Bretagna ha da settimane autorizzato la
manipolazione di embrioni umani con questa tecnica per studiare i meccanismi alla base degli aborti spontanei frequenti
nella prima settimana di sviluppo.
Le applicazioni di CRISPR/Cas9 sono infinite (Figura 3).
In campo medico cito solo la possibilità di utilizzare i maiali
per gli xenotrapianti, che stavolta si possono fare e una probabile cura della sindrome di Duchenne mediante la produzione
di una distrofina più corta ma capace di ristorare un parziale
recupero della forza e della funzionalità muscolare dell’animale. In campo agrario la possibilità di avere piante resistenti
alla siccità o agli insetti, non OGM perché il gene modificato
viene introdotto col ”taglia e cuci” senza vettori batterici o
virali. Il mondo cambierà in meglio grazie a CRISPR/Cas9…
F.O.
Il primo lavoro
Wiedenheft B, Sternberg SH, Doudna JA
RNA guided genetic silencing systems
in bacteria and archaea.
Nature 2012;482(n7385):331–8.DOI:10.1038/nature10886
lfred Bernard dell’Università Cattolica di Lovanio in
Belgio da molti anni studia gli effetti dannosi del cloro
sulla salute umana, in particolare nei bambini e adolescenti.
Il ricercatore fa notare che il cloro e suoi derivati, usati per
disinfettare l’acqua delle piscine può irritare la pelle, gli occhi
e le vie respiratorie superiori, e provocare alcuni cambiamenti
delle vie aeree e quindi promuovere lo sviluppo di malattie
allergiche. Ovviamente le evidenze epidemiologiche sono
scarse. In questo studio trasversale Bernard e coll. hanno
esaminato 835 adolescenti misurando le concentrazioni
sieriche di CC16 (Club cell protein), di SP-D (surfactantassociated protein D), delle IgE sia specifiche che totali. Il
rapporto di concentrazione sierica di CC16 / SP-D è un
indice che integra i cambiamenti nella permeabilità (SP-D) e
nella funzione secretoria (CC16) dell’epitelio delle vie aeree.
In entrambi i sessi, il nuoto precoce in piscine clorurate
è emerso come il predittore più forte di basso CC16 e del
rapporto CC16/SP-D nel siero. Tra le ragazze un basso
rapporto CC16/SP-D era associato ad una elevata probabilità
di sensibilizzazione agli animali domestici (OR 2.97, 95%
CI 1,19-8,22) e per rinite allergica in quelle sensibilizzate ai
pollini (OR 4.12, 95% CI 1,28-14,4). Tra i ragazzi, un basso
rapporto CC16 / SP-D è stato associato ad un aumento della
probabilità di essere allergici agli acari della polvere di casa
(OR 2.01, 95% CI 1,11-3,73), di avere rinite allergica se
sensibilizzati agli acari (OR 3.52, 95 % CI 1,22-11,1) e l’asma
in soggetti sensibilizzati a qualsiasi aeroallergene (OR 3.38,
95% CI 1,17-11,0) o a pollini (OR 5,82, 95% CI 1.51- 27.4).
Gli Autori concludono che questi dati supportano l’ipotesi
che collega lo sviluppo di malattie allergiche a disordini degli
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
139
recensioni
epiteli delle vie aeree causati da fattori di stress ambientali tra
cui il cloro delle piscine che può provocare danni permanenti
all’epitelio.
F.O.
Asma come fattore di rischio
per herpes zoster negli adulti
Asthma as a risk factor for zoster in adults:
A population-based case-control study.
Per saperne di più
• Fjellbirkeland L, Gulsvik A, Walløe A - “[Swimming-induced asthma]”.
Tidsskr. Nor. Laegeforen. (in Norvegese) 1995;115 (17):2051–3.
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• Voisin C, Sardella A, Marcucci F, Bernard A - Infant swimming in
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• Nickmilder M, Carbonnelle S, Bernard A. House cleaning with chlorine
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• Voisin C, Sardella A, Bernard A - Risks of new-onset allergic sensitization
and airway inflammation after early age swimming in chlorinated pools.
Int J Hyg Environ Health. 2014 Jan;217(1):38-45.
140
Kwon HJ, Bang DW, Kim EN et al.
J Allergy Clin Immunol. Published online December 28, 2015.
L'
herpes zoster (fuoco di S. Antonio) si presenta classicamente
come un arrossamento doloroso e pruriginoso su un lato
del corpo. Le complicazioni vanno dalla nevralgia posterpetica,
a cicatrici, a problemi visivi, a infezioni secondarie e paralisi. E’
il risultato della riattivazione del virus varicella zoster latente.
L’equipe di ricercatori americani aveva già dimostrato in uno
studio precedente l’esistenza di una relazione tra l’asma e il
rischio di zoster nei bambini asmatici (OR= 2,07; IC95%=
1,24-3,52).
Nel nuovo studio gli Autori hanno valutato se lo stato
asmatico fosse associato con il rischio di zoster questa volta
nell’adulto.
I ricercatori hanno censito 371 casi di herper zoster e 742
controlli. L’ asma era presente nel 23% dei casi (87 soggetti) e
nel 15% dei controlli.
Gli adulti asmatici avevano un rischio di sviluppare herpes
zoster superiore del 70% rispetto agli adulti non asmatici
(OR=1,73; IC95%= 1,26-2,39; p<0,001) anche dopo
aggiustamento dei dati in base ai potenziali fattori confondenti
identificati nell’analisi univariata.
Gli Autori sottolineano che l’asma determina un innalzamento
del rischio di infezioni microbiche serie e comuni e che ciò può
essere in parte spiegato dal funzionamento sub-ottimale dei
meccanismi delle risposta immunitaria innata ed adattativa.
Poiché l’asma rappresenta un fattore di rischio non
riconosciuto di herpes zoster nell’adulto, i clinici dovrebbero
prendere in seria considerazione la necessità di vaccinare i
soggetti asmatici di età uguale o superiore ai 50 anni come
categoria a sé stante.
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
recensioni
L'altro lavoro
Kim B-S et al.
Increased Risk of Herpes Zoster in Children
with Asthma: A Population-Based Case-Control
Study.
The Journal of Pediatrics 2013;163(3):816–821.
Taglio cesareo e ripristino del microbioma
nel neonato mediante tampone vaginale
Cesarean section and disease associated
with immune function
Kristensen K, Henriksen L
JACI 2016;137(2):587–590.
Partial restoration of the microbiota
of cesarean-born infants via vaginal
microbial transfer
di Stati Uniti e Canada, fino al 38% dell’Italia.
Il primo lavoro descrive accuratamente le conseguenze del
parto cesareo e di come incrementa il rischio di malattie associate con il non corretto funzionamento del sistema immunitario, su una casistica di 750569 bambini danesi, nati tra
il 1997 ed il 2012. Nascere con i ferri porta ad un maggior
rischio di asma, laringite, gastroenterite, colite ulcerativa, celiachia, infezioni delle basse vie respiratorie e di artrite giovanile idiopatica.
Il secondo lavoro fatto da scienziati del Mount Sinai School
of Medicine in New York è uno studio preliminare, 4 casi,
su come simulare nei bambini nati col cesareo l’esposizione
batterica cui sono sottoposti i neonati partoriti naturalmente.
L’idea è semplice: un’ora prima dell’intervento chirurgico nella vagina della partoriente veniva inserita una garza sterile, che
nei 60 minuti si riempiva dei microbi vaginali. Rimossa poco
prima dell’intervento e conservata in modo opportuno, entro
2-3 minuti dalla nascita, veniva usata per tamponare occhi,
bocca, naso, orecchie e cute del neonato. A vari intervalli nel
primo mese sono stati raccolti campioni, oltre 1500, su varie
aree del corpo dei bambini e delle loro madri e con tecniche di
DNA sequencing sono state identificate le comunità microbiche dei nati naturalmente e col cesareo.
Il risultato è stato sorprendente: i bambini nati col parto
Dominguez-Bello MG, De Jesus-Laboy K, Shen N et al.
Nature Medicine 2016 doi:10.1038/nm.4039
D
urante il parto naturale il bebè incontra i suoi primi microbi di origine materna che lo colonizzeranno, insieme
a quelli che riceverà poi con l’allattamento al seno. Questo
microbioma raggiungerà negli anni successivi una completa
maturazione e svolgerà funzioni essenziali per il benessere del
bambino. La corretta colonizzazione del neonato è influenzata
negativamente da diverse pratiche quali il taglio cesareo, l’uso
di antibiotici perinatali, l’alimentazione con latte artificiale.
L’incremento del ricorso al taglio cesareo negli ultimi trenta
anni ha interessato tutto il mondo occidentale, con notevole
variabilità da paese a paese: da un minimo incremento, attestatosi sul 12-14% nei paesi scandinavi, passando per un 20%
Tratta da: http://www.gvinculo.com.br/2012/06/indicacoes-reais-eficticias-para.html
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141
recensioni
cesareo e immediatamente “tamponati” coi microbi vaginali
materni avevano un microbioma arricchito in batteri, i.e. Lactobacillus e Bacteroides, come nei bambini nati naturalmente.
L’esperimento ha scatenato l’entusiasmo degli scienziati che
hanno già organizzato uno studio più ampio, circa 90 partorienti, con un più lungo monitoraggio delle comunità microbiche e dello stato sanitario dei bambini. Immagino la contentezza dei produttori di probiotici… Buona fortuna.F.O.
Tratta da Reid G, Younes JA, Van der Mei HC et al. - Microbiota restoration: Natural and supplemented recovery of human microbial
communities. Nat Rev Microbiol. 2011;9:27–38.
Allergia ad Anisakis in Sicilia
High prevalence of Anisakis simplex hypersensitivity
and allergy in Sicily, Italy
Acciuga infestata da Anisakis
to con aceto/limone. Tutti i soggetti sono stati intervistati per i
loro problemi clinici di allergie cutanee, respiratorie, alimentari
e successivamente sottoposti a test cutanei con A. simplex, aeroallergeni, micofiti, acari, forfore animali e allergeni alimentari.
I soggetti con test cutaneo positivo ad A. simplex sono risultati
527 su 3419, indicante una prevalenza del 15,4% nella popolazione. 66 pazienti avevano una storia suggestiva di reazioni
allergiche dopo l’ingestione di pesce crudo o marinato e 29 di
questi lo erano. La distribuzione dei sintomi allergici è indicata
nella figura 2.
Un’interessante scoperta è emersa dal lavoro catanese: un’alta
prevalenza di sensibilizzazione alle muffe e agli acari tra allergici
all’A. simplex e questo potrebbe indicare secondo gli Autori che
l’allergia a muffe ed acari è un fattore di rischio per sviluppare
successivamente un’allergia al parassita.F.O.
Figura
Figura
2 1
Heffler E, Sberna ME, Sichili S et al.
Ann Allergy Asthma Immunol 2016;116:146-150.
H
effler e colleghi di Catania hanno voluto investigare la
prevalenza della sensibilizzazione ed allergia ad Anisakis
simplex in 3419 pazienti consecutivi, giunti alla loro osservazione durante un periodo di 22 mesi. Nella Sicilia orientale è
pratica diffusa consumare piatti a base di pesce crudo o marina-
142
Not Allergol Anno 34 - 2015 • Vol. 33, n. 3
Distribuzione dei sintomi allergici
curiosità
Q
uesta e la prima descrizione di
un attacco asmatico. Quasi tremila anni fa Omero utilizzò per
primo il termine asma (asthma:
respiro breve) per indicare l’atroce soffocamento che affliggeva Ettore disteso sul
campo di battaglia senza che alcuno dei
nemici lo avesse colpito. Ebbene sì, anche
persone straordinarie possono soffrire di
asma bronchiale, una patologia che affligge anche i piu grandi: in realtà, anzi, piu i
ricchi dei poveri, dato che l’ipotesi igienica ci dice che quando si vive in condizioni
igieniche non ottimali ci si difende di più
dall’allergia. Fin da quando studiavo medicina, e quindi ancor prima della laurea,
mi affascinava il poter curare l’asma di cui
soffrivano alcuni amici e i loro figli. Desideravo impegnarmi a far passare l’ansia,
la paura di morire per il blocco del respiro
che inevitabilmente questa malattia induce.
Di asma hanno sofferto, e soffrono, grandi
campioni dello sport, scrittori, attori, uomini politici...
Chissà se Marcel Proust, affetto da asma
con crisi ricorrenti di ostruzione bronchiale
anche grave, avrebbe reagito, magari scrivendo in modo diverso il suo À la recherche
du temps perdu. Tra le sue pagine, il lettore
attento riesce a intuire quanto Proust avvertisse l’asma come una patologia condizionante. Da bimbo era portato a Combray
dalla nonna per l’elioterapia marina estiva,
e ogni volta che si trovava a Parigi nel Bois
de Boulogne, aveva tosse o asma. Molto
probabilmente egli soffriva di allergia di
tipo perenne con riacutizzazioni stagionali
da Graminacee, ma ai suoi tempi non esistevano test in grado di diagnosticarne la
sensibilizzazione allergica. Un giorno,
Proust scrisse alla madre di avere sofferto di
“un attacco d’asma d’incredibile violenza e
tenacia: tale e il bilancio deprimente della
notte che ho dovuto trascorrere in piedi”.
L’asma negli uomini famosi
Gennaro D'Amato
Nella pianura vede Ettore disteso, intorno a lui sono fermi i suoi uomini
egli è preda di un atroce soffocamento, ha perso conoscenza:
non e stato toccato dall’ultimo degli Achei.
Omero Iliade, canto XV
Altro grand’uomo affetto da asma (non
certo l’unica patologia a minarne il fisico)
fu Giacomo Leopardi, poeta e scrittore sublime. Proprio mentre componeva la stupenda poesia La ginestra nella villa vesuviana dell’amico Antonio Ranieri, lontano da
Napoli per lo scoppio del colera nella capitale partenopea nel 1833, Leopardi ebbe
una crisi di cui scrisse: (sono stato colpito)
“per la prima volta, da un vero e legittimo
attacco d’asma che mi ha impedito di camminare, di giacere, e di dormire.” E difficile
dire quanto l’asma abbia influenzato la produzione poetica di Leopardi, ma certamente la comparsa dell’“atroce divinita”, come
egli chiamava la sua malattia, contribui a
incrementare la sua visione, gia pesantemente negativa, dell’esistenza. Afflitto dalle
sofferenze, il poeta di continuo invocava
quella morte che arrivo in un pomeriggio
d’estate. Il 14 giugno 1837, dopo aver dettato Il tramonto della luna, Leopardi si avvicinò alla tavola per mangiare una granita.
Non l’aveva ancora finita, però, che lo si
senti esclamare, tenendosi il petto: “Mi sento crescere l’asma!” Un’asma verosimilmente bronchiale e cardiaca insieme, che lo
portò a morte. Grazie all’interessamento di
Antonio Ranieri le sue spoglie non furono
gettate in una fossa comune, come le norme igieniche del periodo prevedevano causa colera, ma trasportate nella chiesa di San
Vitale a Fuorigrotta. Oggi riposano nel parco virgiliano di Piedigrotta, nella tomba
dichiarata da tempo monumento nazionale. Ad avere sofferto di asma sono anche
grandi di vari altri contesti, incluso il piu
insospettabile: lo sport. Superando le difficoltà respiratorie indotte dalla patologia
d’asma, molti di loro hanno saputo conquistare allori importanti, non ultimo il più
importante di tutti: l’oro olimpico. Tra
quanti sono arrivati tanto in alto, uno grandissimo rimane il nuotatore Mark Spitz.
Nell’estate del 1972 ero un giovane medico
di guardia presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Ruggi D’Aragona di Salerno, prossimo a trasferirmi al Cardarelli di Napoli.
Un giorno, mentre assistevo un paziente
arrivato con una terribile crisi asmatica ma
ormai, per fortuna, in via di miglioramento, un infermiere entrò tutto trafelato dicendo che alle Olimpiadi di Monaco alcuni
terroristi avevano ammazzato degli atleti
israeliani. Tremai non sapendo se avessero
colpito solo atleti iscritti alle gare sotto la
bandiera con la stella di David (come, in
effetti, avvenne) o potessero aver ucciso anche Mark Spitz, americano di religione
ebraica che aveva appena finito di vincere
ben sette medaglie d’oro pur soffrendo di
asma bronchiale da quando era un bambino. Una medaglia dopo l’altra, un record
assoluto, battuto solo da Michael Phelps,
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143
curiosità
un altro statunitense, che ne vinse otto alle
Olimpiadi di Pechino del 2008. Curiosamente, Phelps soffriva a sua volta di un disturbo
potenzialmente
invalidante,
l’ADHD (sindrome da deficit di attenzione
e iperattività) ma a quanto pare non se ne
fece condizionare: alle Olimpiadi di Atene
aveva già vinto sei ori e due bronzi, e altri
quattro ori conquistò ai Giochi di Londra
nel 2012. E' proprio per gli sport acquatici
che dovrebbe optare in primis chi, affetto
da asma bronchiale, desideri praticare attivita agonistica. Nessuna disciplina è comunque preclusa, nemmeno quelle che si
svolgono in ambiente freddo (e dunque
potenzialmente piu minaccioso) come ad
esempio lo sci. E proprio in questa disciplina, e per la precisione nello sci di fondo,
che l’italia ha un testimonial di prestigio tra
i campioni che soffrono di asma: è Giorgio
Di Centa, campione dei 50 km alle Olimpiadi invernali di Torino 2006 e portabandiera azzurro nella cerimonia di apertura
dei XXI Giochi invernali, a Vancouver nel
2010. Tra gli altri sport che vantano testimonial asmatici c’è il basket: alfiere dei cestisti affetti da questa patologia e Dennis
Rodman, campione estroverso molto apprezzato dal gentil sesso. Vincitore di 5 titoli NBA, e poi wrestler e attore cinematografico, aveva come motto: “L’importante non
è vincere, ma gareggiare senza perdere nè
pareggiare”. Tra gli atleti affetti da asma o
allergopatie respiratorie e che ho conosciuto personalmente c’è Totò Antibo. Il grande fondista era allergico ai pollini di Graminacee e Parietaria, circostanza che gli
rendeva particolarmente preziosi i calendari
pollinici che gli preparavo, adattando i farmaci antiasmatici alle presenze in atmosfera
e agli stimoli stagionali degli allergeni, tanto più in coincidenza dei momenti clou
della sua stagione agonistica. Nel 1988 vinse la medaglia d’argento sui 10.000 metri
alle Olimpiadi di Seoul e, in successione,
stabilì i record italiani dei 5.000 e poi
10.000 metri, le stesse distanze su cui il “cavallino di Altofonte” si aggiudicò a Spalato,
nel 1990, i titoli europei. Non solo sport:
tra i tanti altri personaggi famosi che hanno
sofferto di asma ricordiamo il comandante
Ernesto “Che” Guevara, che fu affetto da
questa patologia fin da piccolo. Proprio per
questo la sua famiglia, in Argentina, si trasferì da Rosario in una località montana
vicino a Cordoba, dove el Che visse per oltre dieci anni e studiò aiutato dalla madre,
poiché l’asma gli impediva di frequentare la
scuola; non i campi da rugby, tuttavia,
sport nel quale eccelleva. Quando in seguito i Guevara si trasferirono a Buenos Aires,
Ernesto s’iscrisse a medicina: la sua tesi di
laurea fu proprio sull’asma allergica, pregio
che in parte emenda il vizio del fumo del
Che: i sigari cubani certamente non fanno
bene ai bronchi di chi è affetto da asma
bronchiale! Anche almeno due geni della
musica sono nel novero dei grandi asmatici:
Fryderyk Chopin e Ludwig van Beethoven.
Il primo, uno dei più talentuosi compositori e pianisti di tutti i tempi, fu affetto da
tubercolosi polmonare e da asma per tutta
la vita, con violenti attacchi di ostruzione
delle vie aeree che lo resero sempre più debole e fragile. E' facile pensare che nella
stupenda musica che creava avesse parte la
malattia polmonare che si traduceva, attraverso la sua mente estremamente sensibile,
in note di struggente delicatezza: pause e
sospensioni delle sue opere sembrano seguire il ritmo delle sue crisi, e trarne ispirazione. Sebbene l’aria gli mancasse all’improvviso e i medici gli avessero consigliato
di riguardarsi, Chopin faceva l’impossibile
per continuare a suonare e tenere concerti
anche in pubblico, essendo ovviamente la
sua musica molto amata e richiesta. Altro
titano delle sette note affetto da asma bronchiale fu Ludwig van Beethoven. Si apprezza ancora di piu la sua grandezza, se si pen-
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sa alle tante patologie di cui soffrì il grande
compositore: oltre all’asma, c’erano i reumatismi e la gotta cui si unirono successivamente la cirrosi epatica, e soprattutto la
sordità, la menomazione in assoluto più
invalidante per un musicista. Il primo attacco d’asma insorse con violenza quando
aveva 16 anni, facendogli mancare improvvisamente l’aria nel contesto di un evento
febbrile (verosimilmente un’influenza) che
lo colpì subito dopo la morte della madre.
Provato dallo straziante stimolo emotivo
derivato da una così grande perdita, in
quell’occasione Beethoven scrisse: “Dal
mio ritorno a Bonn ho goduto poche ore
serene. Tutto questo tempo sono stato afflitto dall’asma. A questa si è aggiunta la
malinconia che per me è una sofferenza
grave quasi quanto la malattia stessa.” Fin
dall’inizio, quindi, l’asma di Beethoven si
presentò strettamente interconnessa con le
sue emozioni, tanto più in coincidenza di
quegli stati d’ansia che non di rado lo coglievano. “La musica deve fare sprizzare il
fuoco dallo spirito degli uomini” soleva
dire, ma nel 1802 – ad appena 33 anni –
cominciò a prendere coscienza della sordità
che, inesorabilmente, s’avviava a divenire
totale. Costretto al progressivo isolamento
– per non dover rivelare in pubblico il suo
handicap – Beethoven si guadagnò una reputazione di misantropo che lo fece soffrire
fino al termine dei suoi giorni. Fortunatamente la sua creatività non si arrestò e, con
coraggio e grande forza di carattere, continuò a produrre pagine immortali di musica. Il 26 marzo 1827, infine, cedendo ai
mali che da troppo tempo lo affliggevano, il
grande compositore alzo le mani al cielo –
come vuole un’immagine ro mantica – e
morì nel mezzo di un furioso temporale.
Non aveva che appena cinquantasette anni
e si stringe il cuore a pensare che, con le
attuali terapie antiasmatiche, avrebbe potuto comporre ancora tanta musica divina.
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• Lavori comparsi in periodici: cognome e iniziale del nome degli Autori,
titolo del lavoro, titolo abbreviato del periodico, anno, numero del volume,
pagina iniziale e finale.
Es: Holt PG - Mucosal immunity in relation to the development of oral
tolerance/sensitization. Allergy 1998;4:16-19.
• Monografie e i trattati: cognome e iniziale del nome degli Autori, titolo, editore, luogo e anno di pubblicazione.
Es: Errigo E - Malattie allergiche. Etiopatogenesi, diagnostica e terapia.
Lombardo Editore, Roma, 1994.
• Lavori pubblicati come capitoli di volumi: indicare cognome e iniziale dei nomi degli Autori, titolo del capitolo, titolo del volume in cui il
lavoro è pubblicato, preceduto dall’indicazione del Curatore, e seguita da
quella dell’Editore, luogo e anno di pubblicazione, pagina iniziale e finale
del capitolo citato.
Es: Philips SP, Whisnant JP - Hypertension and stroke. In: Laragh JH,
Brenner BM (Eds.) Hypertension: pathophysiology, diagnosis and management. 2nd ed., New York, Raven Press, 1995, p. 465-478.
La bibliografia verrà ordinata in ordine di citazione nel corso del testo e
ogni citazione verrà contrassegnata da un numero progressivo di identificazione. In casi particolare, quando la bibliografia sia composta da riviste
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1954; 120: 1078.
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