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Raffaello
Raffaello Sanzio pittore e architetto italiano, fu nel campo delle arti figurative, il sommo
rappresentante dell'ideale sereno del Rinascimento. Nacque ad Urbino il 6 aprile 1483. Il cognome
Sanzio deriva dalla latinizzazione di quello italiano, Santi, in Santius (anche quando firmava usando
il solo nome di battesimo l'artista si serviva della forma latina "Raphael"). Suo padre, Giovanni
Santi, era un modesto pittore alla corte di Urbino, un ambiente di grande cultura cosmopolita,
autore di una celebre Cronaca in rima e capo, proprietario di una bottega fiorentina,attivo come
ritrattista presso la corte di Mantova. Nel 1491 morì la madre Magia ed il padre si risposò, ma morì
il 1 agosto 1494. Rimasto orfano a soli undici anni, Raffaello venne affidato allo zio Bartolomeo,
sacerdote. A quell'epoca aveva già mostrato il suo talento dal momento che Giorgio Vasari, suo
contemporaneo, racconta che da bambino era stato "di grande aiuto al padre nelle numerose opere
che Giovanni eseguiva nello stato di Urbino". Purtroppo non si sa nulla di preciso su come
Raffaello lo abbia aiutato nell'attività di pittore e, mancando qualsiasi documentazione su questa
parte di vita, resta sconosciuta la fase della sua formazione. Più che i primi insegnamenti fornitigli
dal padre pittore, Giovanni Santi, dovettero influire sulla primissima formazione di Raffaello gli
stimoli di un centro di altissima cultura come Urbino, che gli offriva come testi di studio le opere di
Piero della Francesca e di Luciano Laurana. L'influenza più evidente sulle sue prime opere è quella
di Pietro Vannucci, il Perugino, uno dei più grandi pittori dell'epoca che lavorò soprattutto a Perugia
ed a Firenze. La prima opera documentata di Raffaello fu una pala d'altare per la chiesa di San
Nicola da Tolentino a Città di Castello, cittadina a metà strada tra Perugia ed Urbino. La pala venne
commissionata nel 1500 e terminata nel 1501 (fu poi gravemente danneggiata durante un terremoto
nel 1789 ed oggi ne rimangono solo alcuni frammenti). Negli anni seguenti Raffaello dipinse altre
opere per le chiese di Città di Castello e di Perugina, comprese diverse grandi pale d’altare, nonché
dipinti di dimensioni più piccole per privati. Il giovanissimo allievo dimostrò di essere in grado di
assimilare e superare con straordinaria facilità la lezione del maestro, in un rapido percorso che va
dalla predella della pala peruginesca per S. Maria Nuova a Fano (1497) all'Incoronazione della
Vergine per la cappella Oddi in S. Francesco a Perugia (1502-03, ora a Roma, Pinacoteca
Vaticana), al primo programmatico capolavoro, lo Sposalizio della Vergine per la chiesa di S.
Francesco a Città di Castello (1504, ora a Milano, Brera). Il campo delle esperienze del giovane
artista andava rapidamente ampliandosi attraverso contatti con Venezia,un primo soggiorno a Roma
e la collaborazione con Pinturicchio cui Raffaello fornì disegni e modelli per gli affreschi nella
Libreria Piccolomini a Siena. Quasi a segnare la conclusione di una esperienza, nell’anno 1504
Raffaello Sanzio si trasferì a Firenze alla corte di Pier Soderini per imparare le lezioni di due grandi
pittori: Leonardo da Vinci e Michelangelo. Pur trascorrendo in questa città gran parte dei quattro
anni successivi, Raffaello probabilmente non vi dimorò in modo continuo, ma seguitò a viaggiare
ed a lavorare in vari luoghi d'Italia (Perugia, Urbino e forse anche Roma). A Firenze Raffaello fece
amicizia con i pittori locali, soprattutto Fra Bartolomeo, questi fu uno degli artisti la cui influenza
spinse Raffaello ad abbandonare lo stile esile ed aggraziato del Perugino per forme più grandiose e
poderose. Le opere del periodo fiorentino, fino al 1507, dai raffinati ritratti alle tanto celebrate
Madonne dimostrano la stupenda facilità con cui Raffaello Sanzio seppe inserirsi in tale temperie
culturale, assimilando apporti diversi e contrastanti, come lo sfumato e la composizione piramidale
proposti da Leonardo e la tensione dinamica di Michelangelo; ne risultano composizioni di grande
naturalezza dove i ritmi si svolgono armoniosamente in uno squisito equilibrio tra concretezza
dell'immagine e perfezione formale. Verso la fine del 1508 si trasferì a Roma e venne subito preso a
servizio da Papa Giulio II che gli commissionò una serie di decorazioni di alcune sue stanze a
Palazzo Vaticano. La commissione di Giulio II segnò la svolta nella carriera del pittore.
All'epoca aveva solo venticinque anni ed era un'artista in formazione, perciò non aveva ancora
ricevuto incarichi di tale importanza e prestigio. Raffaello seppe cogliere l'occasione nel modo
migliore e da allora, pur lavorando anche per altri mecenati, rimase prevalentemente al servizio di
Giulio II e del suo successore Leone X, per i quali seguì una serie di progetti che ne fecero il più
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ricercato artista di Roma. Il papa gli fece dipingere quattro stanze degli appartamenti papali tra il
1508 e il 1520, con molti allievi come aiuti.
Stanza della Segnatura: detta della Segnatura perché in essa si adunava il tribunale della Signatura
gratiae. I soggetti allegorici della Stanza della Segnatura (compiuta nel 1511), esaltanti la sintesi del
pensiero antico con la renovatio operata dal cristianesimo attraverso la raffigurazione del Vero, del
Bene, del Bello(in termini platonici la poetica,l’etica,l’estetica).Il vero è incarnato dalla filosofia,
celebrata nella Scuola di Atene: in un imponente edificio classico, a bracci perpendicolari con volte
a botte a lupanari, sono riuniti tutti i più importanti filosofi dell’antichità, posti su due livelli,
separati da una scalinata. Al centro, attorno al punto di fuga sono posti Platone ed Aristotele (il
primo indica il cielo, il secondo la terra).Il vero si raggiunge attraverso la Fede (la teologia) e con la
scienza (la filosofia),il bene attraverso l’arte e il bello attraverso la giustizia. L'insieme è fortemente
prospettico e da un senso di equilibrio, compostezza e classicità. La figura di Eraclito
(Michelangelo) è stata dipinta in un secondo momento, su ispirazione delle prime parti visibili della
volta della Cappella Sistina. Le quattro pareti sono lunettate e questa forma ad arco è il punto di
partenza su cui Raffaello imposta tutte le scene principali. La Disputa del Sacramento, la prima
scena dipinta, è il trionfo della chiesa:la rivelazione del Vero supremo, Dio, incarnatosi nel Figlio
dell’uomo. Nella parte inferiore è l’ostia consacrata riferimento sicuro per l’uomo, punto di
convergenza delle linee prospettiche e vertice di un triangolo immaginario che ha per base il bordo
dell’affresco. La Scuola di Atene è dipinta sulla parete di fronte. La struttura architettonica
dell’ambiente acquista una solennità romana. Al centro Platone e Aristotele, i due poli fondamentali
del pensiero rinascimentale. Raffaello conferisce vigore volumetrico ai suoi personaggi,
indubbiamente per la vicinanza con Michelangelo che contemporaneamente sta rivestendo con
affreschi la volta della Cappella Sistina.
Stanza di Eliodoro: Il tema è religioso e politico. I soggetti narrati sono:la Cacciata di Eliodoro
dal Tempio, Il Miracolo di Bolsena, La Liberazione di San Pietro dal carcere, Papa Leone Magno
ferma Attila. Rappresenta episodi storici in cui si dimostra la protezione di Dio alla chiesa. Una di
queste è la Liberazione di san Pietro dal carcere: il racconto è diviso in tre scene distinte: al centro
un angelo sveglia il santo, a destra entrambi scappano, a sinistra i soldati si svegliano per inseguirli.
L'elemento più importante è quello della luce: debole quella della luna e delle torce, sfolgorante
quella dell'angelo, che si somma a quella naturale che proviene dalla finestra (reale) sottostante. Ci
sono ben cinque fonti di luce:a sinistra in cielo, un quarto di luna fra le nubi, l’aurora rosseggiante
all’orizzonte, la fiaccola in primo piano; al centro e a destra l’angelo circonfuso da un alone dorato.
I soggetti allegorici della Stanza di Eliodoro (1511-14) rappresentano la maturità dello stile di
Raffaello così come quelli dell’Incendio di borgo.
Stanza dell'Incendio di borgo (1517): rappresenta storie di papi che condividevano il nome di
Leone (adulazione nei confronti del nuovo papa Leone X). L'incendio del borgo era un incendio
conclusosi con il semplice gesto della croce del papa Leone IV. Il dipinto è ricco di movimento e
pone a confronto la vecchia basilica paleocristiana, un edificio con caratteristiche classiche, con
l'architettura cinquecentesca e i tre ordini classici romani, il dorico, lo ionico, e il corinzio: questi
sono segnali evidenti dell'interessamento dell'artista all'architettura, fresco di nomina a “architetto di
San Pietro”, che studiava il trattato di Vitruvio in quel momento. Citazione di Enea, in un uomo che
porta sulle spalle un vecchio Anchise, e con di lato un giovinetto. La stanza è in larga misura dovuta
a collaboratori ed è rimasta per secoli modello di pittura storica.
Stanza di Costantino (solo progettata): rappresenta episodi della vita dell'imperatore. Venne
iniziata nel 1517 e fu completata dopo la morte dell’artista. Raffaello ne ha fornito solo i cartoni,in
seguito venne realizzata dalla scuola. Il linguaggio di Raffaello Sanzio appare straordinariamente
arricchito: dal magistrale equilibrio spaziale e compositivo della Scuola di Atene si passa alla
tensione drammatica della Cacciata di Eliodoro (dove è sensibile una nuova attenzione agli esempi
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michelangioleschi), al colorismo ricco e pastoso della Messa di Bolsena, all'audace luminismo
della Liberazione di S. Pietro, precorritore delle esperienze di Caravaggio e di Rembrandt. Mutato il
clima culturale della corte papale con la successione di Leone X, pontefice di interessi eruditi e
classicheggianti, a Giulio II, Raffaello Sanzio seppe farsi interprete delle nuove tendenze,
divenendo, poco più che trentenne, il principe indiscusso della scena artistica romana, accolto nei
circoli letterari e umanistici. Egli assunse un numero incredibile di incarichi e mansioni pittoriche,
architettoniche, archeologiche (quale conservatore delle Antichità di Roma si dedicò tra l'altro, nel
1517, all'impresa di rilevare la pianta di Roma antica), tanto che dovette crearsi una vastissima
bottega imprenditoriale e servirsi dell'opera di collaboratori quali Giulio Romano, Perin del Vaga,
Giovanni da Udine, cui si deve in gran parte la realizzazione degli affreschi della terza Stanza, della
Loggia di Psiche alla Farnesina, della stufetta del cardinale Bibbiena e delle Logge Vaticane,
affacciate sul cortile di S. Damaso. Le logge furono poi arricchite col repertorio decorativo delle
grottesche, tema derivato dalla decorazione della Domus Aurea e adottato più tardi anche nella
decorazione delle logge di Villa Madama. Nel 1514, alla morte del Bramante, Raffaello Sanzio fu
nominato architetto capo della fabbrica di S. Pietro (inizialmente assieme a Fra' Giocondo e a
Giuliano da Sangallo); a lui si deve il progetto (trasmessoci dal Serlio) che modificava
profondamente quello bramantesco non solo per la trasformazione della pianta della chiesa da croce
greca a croce latina, ma per un diverso sentimento formale tendente a conferire all'edificio,
mediante stretti deambulatori e la moltiplicazione delle cappelle, un accentuato chiaroscuro
pittorico. Questa tendenza caratterizza anche altri edifici di Raffaello Sanzio, quali il perduto
palazzo Branconio dell'Aquila (noto da un disegno del Parmigianino) e il palazzo Pandolfini di
Firenze. Di chiara derivazione bramantesca sono invece la chiesetta di S. Eligio degli Orefici
(1510), caratterizzata da estrema eleganza strutturale e purezza di proporzioni, e la cappella Chigi in
S. Maria del Popolo (terminata nel 1520), che rivela anche una sicura conoscenza dei monumenti
antichi. Il richiamo alle strutture degli antichi edifici termali è presente nel ritmo grandioso di Villa
Madama, progettata da Raffaello Sanzio (ma solo in parte da lui stesso realizzata) per Giulio de'
Medici, poi Clemente VII, sulle pendici del Monte Mario; l'artista progettò anche il superamento
dei dislivelli del terreno mediante terrazze e giardini e poderose sovrastrutture a nicchioni, sulle
quali sorgono le logge decorate a grottesche. Le nuovissime "invenzioni" strutturali e decorative
dell'architettura di Raffaello Sanzio furono vere matrici, attraverso Giulio Romano, Sansovino e
Sanmicheli, dell'architettura manieristica della prima metà del Cinquecento. L'attività pittorica
dell'ultimo decennio, oltre ai cartoni per la superba serie di arazzi della Cappella Sistina (1515-16),
registra ancora una sequenza di capolavori, dai penetranti ritratti (Ritratto di cardinale, Madrid,
Prado; Baldassar Castiglione, Parigi, Louvre; Leone X, Firenze, Uffizi; La velata, Firenze, Palazzo
Pitti), alle più famose pale sacre (Madonna di Foligno, Roma, Pinacoteca Vaticana; Madonna
Sistina, Dresda, Gemäldegalerie; Madonna della seggiola, Firenze, Palazzo Pitti; S. Cecilia,
Bologna, Pinacoteca, modello di "sacra conversazione" destinato a enorme fortuna), fino alla
grande e tormentata Trasfigurazione (Roma, Pinacoteca Vaticana) che, rimasta incompiuta alla
morte del maestro, fu poi terminata da Giulio Romano. L’opera è l’ultima alla quale lavora l’artista,
la composizione è divisa in due parti: in alto il soggetto principale, in basso l’episodio che gli angeli
narrano subito dopo:la liberazione di un giovane indemoniato. Il Cristo non è soltanto circondato da
un alone luminoso, ma quasi formato di luce. E’ un volto umano,cui mancano però la consistenza
volumetrica e la nettezza della linea di contorno,perché è smaterializzato. Alla levità trascendente si
oppone la plasticità intensa della folla agitata;alla luce della certezza, l’oscurità dell’attesa. Le due
parti del dipinto sono coordinate del movimento trascendente,ma se il quadro appare unitario,la
qualità artistica delle due parti non è omogenea. Quella inferiore rileva atteggiamenti retorici nella
ricerca di effetti drammatici mediante contrapposti michelangeleschi. È probabile che l’esecuzione
di questa parte spetti alla Scuola di Raffaello.
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La Trasfigurazione
Un altro e non meno grande Raffaello è quello dei ritratti, qui il divino Sanzio è finalmente
umano:qui avvertiamo con un brivido che ci esalta e sorprende la presenza d'una presa intellettuale
e critica e il corso di una tensione inquieta che ci rendono il colloquio col pittore non soltanto
accessibile ma riconducibile ad una dimensione emotiva e dialettica moderna. I ritratti rimasero per
lui un'attività secondaria soprattutto dopo il trasferimento a Roma, dove fu obbligato a dedicare
quasi tutto il suo tempo ai grandi progetti vaticani. Naturalmente ritrasse i due papi per cui lavorò,
Giulio II e Leone X. Oltre ai papi Raffaello non ritrasse molti personaggi celebri: i modelli erano
per lo più persone della sua cerchia di amici, molte delle quali sconosciute. Uno degli incarichi più
importanti che Raffaello ricevette dal Papa fu una serie di dieci arazzi con scene della vita di San
Pietro e di San Paolo destinati alla Cappella Sistina. I cartoni realizzati vennero inviati a Bruxelles
per essere tessuti nella bottega di Pier van Aelst. I primi tre arazzi eseguiti arrivarono a Roma nel
1519. È possibile che Raffaello abbia visto la serie completa installata nella Cappella Sistina prima
di morire nel 1520, mentre la vide certamente Leone X che morì l'anno seguente. Gli arazzi ora si
trovano nei Musei Vaticani mentre i sette cartoni sono stati prestati dalla collezione privata della
corona britannica al Victoria ad Albert Museum di Londra. Alla sua morte, Raffaello Sanzio era già
entrato nella leggenda: forse nessun altro artista è stato nel tempo altrettanto amato e idealizzato, ma
proprio per questo la sua opera, che ha goduto di ininterrotta fortuna dal classicismo secentesco in
avanti, ha subito notevoli deformazioni interpretative, sia nell'accentuazione dei valori formali volti
in accademia (dai neoclassici ai puristi), sia nelle forzature spiritualistiche e romantiche (dai
nazareni tedeschi ai preraffaelliti inglesi). Raffaello fu uno dei disegnatori più grandi e prolifici
dell'epoca: di lui sopravvivono oltre 400 disegni e molti altri sono andati perduti nel corso dei
secoli. Visse in un periodo in cui l'arte del disegno stava attraversando una fase di transizione ed in
cui la punta d'argento e la penna, utilizzati ai tempi della sua gioventù, erano stati sostituiti dal
gesso (di solito rosso o nero). Reso popolare da Leonardo. Raffaello era padrone di tutte le tecniche
del disegno del suo tempo e fu l'ultimo grande esponente italiano della punta d'argento che continuò
ad utilizzare fino al 1515 circa, quando era già stata abbandonata da gran parte degli artisti di
maggiore prestigio. Il tema più ricorrente nell'opera di Raffaello è quello della Madonna col
Bambino, che del resto è anche quello più comune nell'arte italiana, ed egli seppe ritrarlo
innumerevoli volte senza renderlo mai monotono. Spesso Raffaello aggiunge San Giovannino e
colloca il gruppo piramidale entro un ampio e fresco paesaggio. La Madonna del Cardellino mostra
come quest’influsso si risolva nelle posizioni e nelle forme, non ci sono come in Leonardo,
l’inquietante analisi della natura, non c’è il tentativo di capire l’essenza delle cose. Il rapporto fra i
personaggi è quello degli affetti semplici e familiari e la natura circostante è il luogo amico e
piacevole dove essi vivono. Nell’opera è presente anche una monumentalità che si va accentuando
negli ultimi anni del periodo fiorentino.
Raffaello viene considerato, dopo Donato Bramante, il più eminente architetto italiano del periodo
rinascimentale. Purtroppo è difficile dare un giudizio definitivo sul suo valore in quanto molte
opere rimasero incompiute alla sua morte ed alcune di essere non vennero neppure completate in
seguito, mentre molte di quelle effettivamente realizzate dall'artista sono state distrutte o
modificate. Raffaello non prese mai moglie ma pare che nel 1514 ci fossero stati accordi per il suo
matrimonio con Maria Bibbiena (nipote di un cardinale) non andati a buon fine per la morte
prematura della ragazza. L'altra donna legata al suo nome è una cortigiana passata alla storia come
"La fornarina", che si diceva fosse la sua amante, anche se in realtà non è neppure provato che sia
realmente esistita. Secondo Vasari la morte prematura di Raffaello fu dovuta addirittura agli eccessi
amorosi: dopo una nottata particolarmente smodata, l'artista, colto da febbre, non disse ai dottori
quale era stata la causa del malore e fu sottoposto a salassi invece che a cure ricostituenti.
Qualunque sia stata la causa, Raffaello morì il 6 aprile 1520, giorno del suo compleanno. Sulla sua
bara fu posta l’opera che raffigurava al meglio il rapporto con Cristo e con il Cristianesimo “La
Trasfigurazione”.Seguito dal cordoglio di tutta la corte papale venne sepolto, come egli stesso
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aveva chiesto, nel Pantheon di Roma. Raffaello non fu solo un pittore, i suoi contemporanei
affermano che la sua morte, venerdì santo, non era solo una coincidenza, in realtà egli incarnò i
massimi ideali della cristianità e fu la più sublime forza rinnovatrice della chiesa e del rinascimento.
Raffaello è stato talmente l'interprete di un ideale di bellezza classica, canonica, passata poi nel
gusto d'interi secoli di civiltà e connaturatosi con il nostro ideale di bellezza che non si distingue più
tra il bello di natura ed il bello artistico. È in quest'essenza che si coglie il mistero e la grandezza
dell'artista. Raffaello è sicuramente conosciuto come celebratore dello spirito e della cultura
umanistica attraverso i grandi temi del pensiero e della fede religiosa presente nelle sue opere.
Bisogna guardarsi da un errore abbastanza frequente che consiste nel credere che il merito di
Raffaello risieda nella concezione e forse nella composizione, ma non nell'esecuzione, e nel ridurre
l'artista, come voleva Bernard Berenson, a un geniale «illustratore». Raffaello è anche un
grandissimo pittore. È vero che una specie di pudore lo ha spesso spinto a dissimulare i suoi mezzi e
la sua scienza sotto un'apparenza di semplicità, persino di ingenuità. È vero anche che egli ha avuto
il ruolo di maestro di bottega, che l'ampiezza del suo compito lo ha spesso obbligato ad affidare, in
parte o anche completamente, l'esecuzione degli incarichi ai suoi allievi o collaboratori, che non è
facile infine determinare il grado esatto d'importanza dei suoi interventi. Ci si accorda tuttavia a
giudicare autografe un certo numero di opere la cui qualità è evidente: qualità del disegno,
testimoniata d'altronde dai numerosi studi preparatori del maestro che le grandi collezioni mondiali
conservano e che fanno gustare tutta la sensibilità dei contorni nati da un gioco di curve; qualità del
colore, generalmente discreto e in funzione della forma, qualche volta più ricco come dimostra la
Messa di Bolsena; qualità del tocco, leggero e vibrante nei migliori casi, ma di un virtuosismo che
non si manifesta volentieri. Dal 1507 è espressione della consapevolezza di ciò che davvero Firenze
significava per la sua arte. E' chiaro nell'opera “La Deposizione” una forte influenza di
Michelangelo specialmente se osserviamo come il gruppo della Vergine addolorata, che doveva in
un primo tempo seguire il corteo degli uomini verso la tomba si sia trasformato nella scena dello
svenimento, il cosiddetto SPASIMO. Anche la superficie pittorica riflette il risalto marmoreo del
Tondo Doni di Michelangelo. L'opera è di straordinaria potenza con verdi luminosi, forza e
armonia. Bellezza e forza emanano in particolare dalla figura del giovane e trovano rispondenza
nella perfezione formale della figura femminile inginocchiata che sorregge la Vergine e del volto
appassionato della Maddalena.