“Accogliere, accompagnare, discernere, educare: la pastorale della famiglia in situazioni difficili” A cura dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Famiglia Quando ci si accosta a persone e a famiglie profondamente ferite, occorre la massima delicatezza e tenerezza. Talvolta una persona ferita non la puoi nemmeno abbracciare, perché rischi di fargli molto male. Vorrei partire con l’intravedere un orizzonte di speranza e l'immagine che vi offro è quella del “tesoro in vasi di creta” di 2 Cor 4,7. Cioè, quando un vaso si spezza il tesoro resta, e, in questo caso, il tesoro sono le singole persone che hanno fatto quel matrimonio, che sono da accogliere come figli di Dio. Sono persone le cui vite, in un modo o nell'altro, si sono impastate insieme fra di loro, mescolandosi allo stesso tempo con tanti sentimenti confusi: rabbia, solitudine, risentimento, o, quando il cuore si apre, perdono e riconciliazione. Si avverte una grande sofferenza in queste storie di vita e la Chiesa, la Comunità Cristiana, che è Madre e Maestra, non può stare a guardare, ma è chiamata, come Maria alla sollecitudine per le nozze che non hanno più vino. La Chiesa deve curare i feriti con misericordia1 Vorrei che, sulle orme di Papa Francesco, entrassimo in punta di piedi avvicinandoci a questa porzione spesso dolorante della nostra realtà di Chiesa. Stanno nascendo in Italia varie esperienze di accompagnamento, personale e di gruppo, per persone che hanno vissuto il dramma della separazione o del divorzio. A Grosseto, su invito del Vescovo, circa sei anni fa, un gruppo di persone ha iniziato quello che è stato chiamato il “Percorso della Samaritana”, una donna con vari fallimenti matrimoniali alle spalle, che diventa PAPA FRANCESCO, “Viaggio Apostolico a Rio de Janeiro in occasione della XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù. Conferenza stampa del Santo Padre Francesco durante il volo di ritorno” in http://www.vatican.va/holy_father/francesco/speeches/2013/july/documents/papa-francesco_20130728_gmgconferenza-stampa_it.html (ultima visita 25/09/2013). 1 1 annunciatrice del Vangelo. Penso che tutti ricordiamo la domanda di Gesù : “va a chiamare tuo marito!” e lei che risponde “non ne ho di marito”, e Lui: “è vero, ne hai avuti cinque di mariti, e quello con cui stai ora non è tuo marito” (cfr. Gv 4,16-18). Nessuno immaginerebbe, dopo un dialogo del genere, che proprio lei, con fallimenti matrimoniali alle spalle, sia chiamata a condurre molti a fare esperienza di Gesù. Mi rendo conto che, nell’orizzonte pastorale, le situazioni più scottanti vengono da coloro che hanno acquisito una nuova unione, per le difficoltà legate all’accesso negato all’Eucarestia. Già, all’inizio del suo Pontificato, il 24 Luglio 2005, in un incontro dai toni familiari con il Clero di Aosta, il Santo Padre Benedetto XVI, su questo particolare argomento, si era espresso con queste parole : “Sappiamo tutti che questo è un problema particolarmente doloroso per le persone che vivono in situazioni dove sono esclusi dalla comunione eucaristica e naturalmente per i sacerdoti che vogliono aiutare queste persone ad amare la Chiesa, ad amare Cristo. (…) È importante che il parroco e la comunità parrocchiale facciano sentire a queste persone che, da una parte, dobbiamo rispettare l'inscindibilità del Sacramento e, dall'altra parte, che amiamo queste persone che soffrono”2. Ci sono a questo riguardo alcune considerazioni di fondo da sottolineare. Le affrontiamo in sei passaggi: 1. Purtroppo oggi su questo tema c'è molta confusione, talvolta anche tra gli stessi sacerdoti, con una pluriformità di prassi che genera confusione. Occorre quindi prima di tutto annunciare con chiarezza la Dottrina della Chiesa e un'attenzione speciale alle indicazioni del Magistero. Non c'è autentica Carità senza Verità. Come ha recentemente precisato Mons. Muller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, “la misericordia di Dio non è una dispensa dai comandamenti di Dio e dalle istruzioni della 2 BENEDETTO XVI, “Incontro con il clero della Diocesi di Aosta. Discorso di Sua Santità Benedetto XVI”, in: http://www.ratzingerbenedettoxvi.com/cleroaosta.htm (ultima visita del 22.04.2013). 2 Chiesa, anzi essa concede la forza della grazia per la loro piena realizzazione, per rialzarsi dopo la caduta e per una vita di perfezione a immagine del Padre celeste”3. 2. Siamo ancora eccessivamente legati ad una pastorale di sacramentalizzazione, più che di annuncio e di evangelizzazione. Intendo dire che in una parrocchia ristretta su una dimensione esclusivamente sacramentale, c'è necessariamente poco spazio per i divorziati risposati o per i separati con nuova unione. Mentre, in una parrocchia che sta reinventando la pastorale con l’attenzione specifica agli ambiti umani di vita (affettività, tradizione, fragilità, cittadinanza, lavoro e festa), come ci ha indicato il Convegno di Verona del 2006, ci può essere diritto di cittadinanza per un divorziato risposato, pur nella consapevolezza che non può accedere ad Eucarestia e Penitenza. Purtroppo mi è capitato talvolta di vedere accostarsi all’Eucaristia persone, apparentemente in regola, che però non manifestavano in modo evidente la piena consapevolezza della realtà che stavano vivendo. Molte volte poi sono invece stato profondamente edificato da fedeli divorziati risposati che, in stretta obbedienza alle indicazioni della Chiesa, astenendosi dalla comunione eucaristica, pur con tutti gli errori commessi in passato, davano così testimonianza di fede reale e radicale, e addirittura incoraggiavano la conversione di altri. Allo stesso modo ho vissuto momenti di intensa commozione in ascolto delle “forti grida e lacrime” (cfr. Eb 5,7) di fratelli e sorelle, separati o divorziati che, con fatica, avevano deciso di orientare la propria vita permanendo nella fedeltà al matrimonio originario. 3. Occorre evitare il rischio di sentirsi proprietari dei Sacramenti, così da assumere toni di giudizio e di condanna definitiva 3 G.L. MULLER, “ Indissolubilità del matrimonio e dibattito sui divorziati risposati e i sacramenti”, in: http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/muller/rc_con_cfaith_20131023_divorziati-risposatisacramenti_it.html (ultima visita 30/10/2013). 3 verso certe persone. È importante la consapevolezza che i Sacramenti sono sempre eventi di Grazia che la Chiesa amministra, ma che vengono da Dio. Le stesse mani di un sacerdote che possono, con le rispettive formule, consacrare il pane ed il vino, sono totalmente impotenti nel far tornare tutto allo stato precedente. Nemmeno il Santo Padre può annullare un Matrimonio validamente celebrato e consumato. La Rota può soltanto verificare che non c'erano le condizioni perché quel determinato Matrimonio si celebrasse e quindi è da ritenersi nullo. Come ha recentemente precisato Mons. Muller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, “se i divorziati risposati sono soggettivamente nella convinzione di coscienza che il precedente matrimonio non era valido, ciò deve essere oggettivamente dimostrato dalla competente autorità giudiziaria in materia matrimoniale”4. Vi è da dire che oggi i tempi dei Processi si sono notevolmente accorciati e, in molti casi, anche i costi sono diminuiti notevolmente e spesso sostenuti dalle diocesi. Lo stesso Santo Padre Benedetto XVI, in quel discorso al Clero di Aosta, ha detto che c'è troppa sofferenza e questo aspetto va ulteriormente approfondito a livello teologico. Mi sembrano illuminanti, in tal senso,le indicazioni che dava alla Diocesi di Milano il Cardinal Colombo nel 1975: “Non saremo noi a pronunciare condanne sbrigative su questi nostri fratelli che non hanno bisogno di essere giudicati, ma di compatimento fraterno e aiuto incessante. Non taglieremo certo i fili che li legano ancora alla Chiesa; pregheremo per loro e, se possibile, con loro; li inviteremo a confidare nel Signore che - nell’ora e nei modi che Lui solo conosce - sa aprire vie insperate; li solleciteremo anche a una coraggiosa revisione di vita nella luce delle giuste e austere esigenze della Parola di Dio circa l’indissolubilità del Matrimonio. 4 G.L. MULLER, “ Indissolubilità del matrimonio e dibattito sui divorziati risposati e i sacramenti”, in: http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/muller/rc_con_cfaith_20131023_divorziati-risposatisacramenti_it.html (ultima visita 30/10/2013). 4 Tuttavia faremmo il loro male se - permanendo essi in uno stato di vita difforme dalla volontà di Cristo - li ammettessimo ai sacramenti della Penitenza e a quella sorgente e a quel vertice della sacramentalità della Chiesa che è l’Eucaristia. In questo caso la condiscendenza del Signore, che siamo tenuti a esercitare, sarebbe sconvolta al punto da intaccare in qualche modo la struttura profonda della Chiesa stessa”5. 4. Va però precisato che i battezzati che vivono la separazione o il divorzio, restano per sempre e comunque figli del Padre Celeste e della Chiesa. Questa permanente figliolanza va dunque sottolineata con forza. Se infatti, talvolta, si è offuscata la luce della Verità, parimenti, in alcuni casi, si è mancati nella testimonianza della Carità per le famiglie che vivono la dolorosa condizione della separazione. Intendo dire che, con una certa rigidità, in alcune comunità cristiane sono state date indicazioni inesatte, costringendo ad astenersi dalla comunione eucaristica anche persone separate, non colpevoli della divisione, e che non avevano intrapreso una nuova unione. In altri casi non si è manifestata una piena accoglienza, pur nelle indicazioni del Magistero, per le famiglie spezzate, e una particolare cura per i loro figli, spesso particolarmente feriti, e ancor più bisognosi degli altri di sperimentare la maternità della Chiesa. Occorre allora che nelle parrocchie, nei movimenti e associazioni, nell’intera Chiesa Italiana, si aprano percorsi di fede per le famiglie che vivono, nelle differenti e specifiche situazioni, la condizione della separazione o del divorzio. “I ministri della Chiesa devono essere misericordiosi, farsi carico delle persone, accompagnandole come il buon samaritano che lava, pulisce, solleva il suo prossimo. Questo è Vangelo puro”6 Già molti passi sono stati fatti, nonostante che il fenomeno, in alcune zone del nostro paese, sia relativamente recente. Occorre 5 CARD. G. COLOMBO, Piano Pastorale per la Diocesi di Milano 1975-1976. Evangelizzazione, sacramento del matrimonio e famiglia, Elledici Torino 1975, 34. PAPA FRANCESCO, “Intervista a Papa Francesco pubblicata da Civiltà Cattolica” in: http://www.news.va/it/news/intervista-a-papa-francesco-pubblicata-da-civilta- (ultima visita 10/10/2013). 6 5 però un vero cambiamento di mentalità per esprimere a pieno la Verità e la Carità del Vangelo. 5. È necessario poi ribadire che anche chi vive una situazione di non totale comunione con la Chiesa perché contraddice a un impegno assunto con il matrimonio cristiano – parliamo qui dei divorziati risposati – appartiene ancora alla Chiesa, non ne è escluso. Lo afferma chiaramente il Direttorio al n.196: “Occorre richiamare l’appartenenza alla Chiesa anche dei cristiani che vivono in situazione matrimoniale difficile o irregolare: tale appartenenza si fonda sul battesimo con la «novità» che esso introduce e si alimenta con una fede non totalmente rinnegata. È una consapevolezza che deve crescere anche dentro la comunità cristiana: è in tale consapevolezza che la comunità cristiana può e deve prendersi cura di questi suoi membri; è nella stessa consapevolezza che essi possono e devono partecipare alla vita e alla missione della Chiesa, sin dove lo esige e lo consente la loro tipica situazione ecclesiale”7. Molto spesso, le separazioni vengono da un certo isolamento; è l'abisso in cui la coppia talvolta cade nella freneticità della vita moderna. Quando sopraggiunge una crisi (che di per sé, come termine, vuol dire frattura, ma anche possibile apertura al futuro, o meglio “verifica” ), se la si affronta da soli, senza alcun aiuto, se non si hanno intorno una rete di relazioni umane ed ecclesiali feconde, la coppia inesorabilmente rischia di crollare. Ecco l'importanza dei percorsi per giovani sposi e dei cosiddetti Gruppi Famiglia, dove gli stessi figli maturano nel loro cammino, e che costituiscono autentiche forme di prevenzione. Prendiamo poi il caso di persone separate che si trovano la vita completamente trasformata e spesso sono strette da un senso di desolazione, se non si trovano accanto preti e sposi che le sostengano, più facilmente andranno in cerca di una nuova persona che colmi quel vuoto. 7 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia, 25 luglio 1993, 196. 6 Spesso capita che quando uno si separa, le stesse amicizie di prima non reggono più, perché si vivevano in coppia e si avverte l’imbarazzo. Ecco allora che pian piano si fanno conoscenze nuove, molto spesso di persone a loro volta separate, e questo non aiuta. Quello che invece può aiutare è un gruppo di separati credenti che fanno un cammino ecclesiale, magari ricco della Parola di Dio, e che però, oltre a questo gruppo particolare, si sentono parte viva della comunità. C’è poi da considerare un ruolo particolarmente importante dell’intera comunità cristiana nei confronti dei figli dei separati, per ridare ali di speranza. In molti posti stanno nascendo i cosiddetti “Gruppi di Parola”, per l’accompagnamento di quei figli che hanno vissuto la divisione dei genitori. 6. Per coloro che sono separati e non hanno acquisito una nuova unione esistono ampi spazi di partecipazione alla vita della Chiesa. Vediamo in concreto quali possono essere: Innanzitutto, il dolore per la separazione, comunque lo si chiami e comunque lo si viva, certamente interroga il cuore di chi lo sperimenta. Bisogna fare emergere nei separati che incontriamo la sete di Dio, magari inespressa, ma presente in ogni uomo e donna toccati dal dolore del fallimento matrimoniale. L’esperienza, di ascolto e di accoglienza dei separati, ci offre un eccezionale arricchimento personale: tale sofferenza, se accolta, può essere una ricchezza per ciascuno di noi e anche per la Chiesa; tale ricchezza non può andare dispersa. Occorre prima di tutto aiutare l’intera comunità a divenire più accogliente nella consapevolezza che, un atteggiamento di condanna estrema delle persone, non è condiviso da quel Cristo che nei Vangeli invita a non puntare il dito dinanzi all’adultera, evidentemente colpevole. Un tempo crollavano solo alcuni tipi di coppie. Oggi nessuno può garantire che tra i suoi familiari non capiti una situazione di separazione. Forse, un giorno, quel dito puntato potrebbe ritorcersi contro noi stessi, o i nostri cari. 7 Ci sono esperienze di separati che "donano" la testimonianza del loro dramma di famiglia disunita durante gli incontri di preparazione al Matrimonio, ma anche alle coppie in crisi, ai giovani sposi. Possono parlare alle coppie unite sulla loro esperienza di perdono. Il perdono non è un’emozione passeggera, ma un cammino lungo e lento che dura tutta la vita. E questo una persona separata lo sa bene, perché ogni giorno ci si accorge di non avere perdonato completamente e che vi è ancora qualche incrostazione di rancore in fondo all’anima. Possono inoltre donare la loro esperienza di preghiera sofferta per il coniuge che li ha offesi. Soprattutto, una cosa mi pare ancora più importante: buona parte dei separati afferma di avere capito il sacramento del matrimonio solo dopo la separazione. Forse potremmo trovare un modo perché questo approfondimento del sacramento del matrimonio divenga utile anche alle coppie unite. Tra i separati vi sono poi persone che hanno fatto la scelta di fedeltà al sacramento del matrimonio. Essi testimoniano, con la loro vita la fedeltà a un amore non più ricambiato, un amore quindi che non si aspetta più niente dall’altro, ma che comunque resta disponibile ad amare, e addirittura a riunirsi dopo decenni. È l’amore gratuito. Il separato fedele, in quanto lo ha vissuto sulla sua pelle, può gridare che un matrimonio è davvero completo è indistruttibile in quanto ci si sposa pienamente in Dio. “È il caso del coniuge che ha subito divorzio, ma che - ben conoscendo l'indissolubilità del vincolo matrimoniale valido - non si lascia coinvolgere in una nuova unione, impegnandosi invece unicamente nell'adempimento dei suoi doveri di famiglia e delle responsabilità della vita cristiana. In tal caso il suo esempio di fedeltà e di coerenza cristiana assume un particolare valore di testimonianza di fronte al mondo e alla Chiesa, rendendo ancor più necessaria, da parte di questa, un'azione 8 continua di amore e di aiuto, senza che vi sia alcun ostacolo per l'ammissione ai sacramenti”8. Per contro quei risposati che, con la consapevole rinunzia ad accostarsi al sacramento dell’Eucarestia, rimangono certi che Dio guarda il cuore di ogni uomo o donna, e vivono le altre "presenze" di Cristo (nella Chiesa, nel fratello, nella Parola, nella preghiera, nel sacrificio offerto), essi possono aiutare ad approfondire il significato dell’Eucarestia, testimoniando con la "comunione d’anima" la loro dolorosa obbedienza alle indicazioni della Chiesa. Così infatti ci esortava il Beato Giovanni Paolo II. “Esorto caldamente i pastori e l'intera comunità dei fedeli affinché aiutino i divorziati procurando con sollecita carità che non si considerino separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita. Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio. La Chiesa preghi per loro, li incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così li sostenga nella fede e nella speranza”9. Spesso però, le crisi sarebbero superabili, se si realizzasse un intreccio virtuoso fra le varie competenze da mettere in gioco per realizzare un autentico accompagnamento, integrando il contributo dei Consultori di ispirazione cristiana con le specifiche iniziative della pastorale familiare. Mi sembra che l’indirizzo pastorale da perseguire possa essere scandito in quattro tappe rappresentate da altrettante parole-chiave: accogliere, discernere, accompagnare, educare. Si tratta infatti di persone che, pur avendo commesso degli errori, restano figli di Dio e della Chiesa e in tal senso sono da accogliere con tenerezza. Occorre poi discernere le varie situazioni evitando di creare confusione nei comportamenti. A tal proposito sono preziose, oltre all’elenco dei vari casi possibili, le opportune indicazioni pastorali da 8 GIOVANNI PAOLO II, Esortazione Apostolica Familiaris consortio, Libreria Editrice Vaticana 1981, 83. 9 Ibidem, 84. 9 tenere, descritte nel cap. 7 del Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia della CEI. Soprattutto è necessario accompagnare in un autentico cammino di conversione alimentato dalla luce della Parola e dalla sapienza del Magistero. In tal senso dove i casi sono sanabili occorre avviare un fecondo dialogo perché ciò sia reso possibile, oppure, se ci sono le condizioni necessarie, invitare ad avviare l’iter presso i Tribunali Ecclesiastici per verificare la validità del matrimonio precedente. Oltre ai cammini di gruppo, è particolarmente fruttuosa la direzione spirituale che illumini le singole coscienze, acquieti i rancori e solleciti azioni concrete di perdono. Così, mostrando la via corretta da seguire, pur trattandosi di una situazione irregolare, si può educare alla vita buona del Vangelo in quella particolare condizione. Tutto questo è per dire che siamo chiamati come Pastori a rendere presente quel Cristo che attraverso le nostre parole ed i nostri cuori dice loro: “Non siete soli!”. “I ministri del Vangelo devono essere persone capaci di riscaldare il cuore delle persone, di camminare nella notte con loro, di sapere dialogare e anche di scendere nella loro notte, nel loro buio senza perdersi”10. PAPA FRANCESCO, “Intervista a Papa Francesco pubblicata da Civiltà Cattolica” in: http://www.news.va/it/news/intervista-a-papa-francesco-pubblicata-da-civilta- (ultima visita 10/10/2013). 10 10