FDS 238 ▼ FEDELTÀ DEL SUONO Fondata nel 1991 Periodico mensile Reg. Trib. Terni n° 12/1992 REDAZIONE CENTRALE Via F. Mancini 23 - 05100 Terni (TR) T. +39 0744 44.13.39 - F. +39 0744 43.20.18 W. www.fedeltadelsuono.net E. [email protected] DIRETTORE EDITORIALE e DIRETTORE RESPONSABILE Andrea Bassanelli [email protected] Responsabile di progetto Pamela Mazzanti [email protected] Direttore Andrea Della Sala [email protected] Direzione tecnica Fulvio Chiappetta [email protected] Collaborano: Leonardo Bianchini, Valerio Maria Bonavia, Mauro Bragagna, Claudio Checchi, Paolo, Dameno, Paolo Fontana, Alberto Guerrini, Claudio Mazzotti, Andrea Morandi, Giacomo Pagani, Francesco Peluso, Giacomo Pongelli, Antonio Scanferlato, Cristiano Ubaldi, Violetta Valèry, Lorenzo Zen. Collaboratori tecnici: Italo Adami, Bartolomeo Aloia, Massimo Bianco, Luca Comi, Mattia D’Antonio, Paolo Mattei, Diego Nardi, Giulio Salvioni. Finito di stampare nel mese di: OTTOBRE 2015 Casa Editrice BLU PRESS: Via F. Mancini 23 - 05100 Terni (TR) Iscrizione R.O.C. n° 13.343 W. www.blupress.it - E. [email protected] DIRETTORE GENERALE Andrea Bassanelli [email protected] Ufficio Amministrativo Daniele Bassanelli [email protected] Ufficio Marketing Leonardo Ciocca [email protected] AGENZIA PUBBLICITÀ: INFO SERVICE - [email protected] T. +39 0744 43.36.06 - F. +39 0744 43.20.18 SERVIZIO ABBONAMENTI: T. +39 0744 44.13.39 - [email protected] STAMPA: ROTOPRESS INTERNATIONAL Srl (AN) DISTRIBUTORE PER L’ITALIA: MEPE SPA (MI) POSTE ITALIANE SPA Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB TERNI BLU PRESS edita: Casa HI-TECH, Costruire HIFI, Fedeltà del Suono, Gusto Magazine, Hi-Blog, Horror Show, I Quaderni di Costruire HiFi, L’Annuncio, Le Guide di Fedeltà del Suono, Le Guide di Fedeltà del Suono USATO, Nuova Hera, Scooter Facile, Secreta, Vinnie, XXX Tuning Copyright BLU PRESS. 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Il problema è che certe figure le avevamo date per scontate, pensando fossero immortali. Non è solo un fatto anagrafico, biologico. Il successo quando arriva è influenzato da un corollario di eventi anche estranei al valore di una determinata composizione. Se, ad esempio, un disco come Exile On Main Street uscisse ora, verrebbe lo stesso considerato epocale? E Space Oddity, senza la sbornia avuta per la conquista dello spazio, sarebbe oggi quel che è? Intendiamoci, nessuno solleva dubbi sulla qualità artistica di questi due immensi album. Un artista è veramente tale quando interpreta il proprio tempo, quando sa entrare in sintonia con la propria gente. Oggi continuiamo ad ascoltare nuovi dischi di personaggi come Bruce Springsteen, Bob Dylan, David Gilmour, David Bowie, U2, Rolling Stones che, diciamolo, sono almeno vent’anni, nella migliore delle ipotesi, che non hanno più nulla da dire, che producono dischi interessanti solo per i collezionisti incalliti. Che vanno avanti solo perché è troppo dura passare da vivi nel limbo di quelli che furono grandi. Siamo stati distratti dal fatto che li vediamo ancora in giro, ancora in studio ma la loro musica, quel genio creativo che li aveva contraddistinti si è affievolito, sia perché è naturale vedere le proprie prestazioni diminuire con l’età sia perché, soprattutto, non riescono più a cogliere quella connessione col presente fondamentale per colpire. Insomma, vedere relegati a macchine da innocuo intrattenimento serale (scaletta standard e alle undici tutti a nanna, grazie) decine di capiscuola mi mette un po’ di freddo nelle ossa. Forse sarebbe meglio, per tanti di questi eroi della prima ora, smettere e dedicarsi, se davvero si è amata la musica come si dice, a lanciare nuovi talenti, a rimettere in piedi un’industria discografica ormai ridotta a mera fotocopiatrice senza più spina dorsale. Perché poi, finiti anche i carrozzoni da stadio senza senso con cui ci illudiamo di stare ancora assistendo agli artisti che furono, ci sarà davvero il vuoto pneumatico. E non vorrei ritrovarmi qui a rimpiangere perfino la proiezione al cinema dello stesso concerto di The Wall che, per quanto grande, va in giro da trent’anni senza che all’orizzonte se ne intraveda il degno successore. [email protected] Andrea Della Sala Fedeltà del Suono @ Sommario ottobre 2015 4 FDS 238 03 06 14 EDITORIALE IN COPERTINA DAVID GILMOUR E KEITH RICHARDS Senza la famiglia Cioè senza la compagnia delle band più amate del mondo, Keith Richards e David Gilmour ci provano ancora. di Mauro Bragagna Speciale IFA 2015 a cura di Leonardo Ciocca Le Aziende informano a cura di Leonardo Ciocca 24 Storia di un Disco L’uomo che cammina di Marco Lincetto IL REGNO DEGLI ASCOLTI 28 Giradischi PRO-JECT 1 XPRESSION CARBON CLASSIC Chi ben comincia… di Giulio Salvioni 38 Diffusori bookshelf SONUS FABER CHAMELEON B Sono come tu mi vuoi di Leonardo Bianchini 48 54 58 da pag. 82 IL CAPPELLO A CILINDRO 20 44 pag. 68 Senza famiglia (e senza senso) di Andrea Della Sala CAVI E ACCESSORI pag .4 8 pag . 54 Suite di Cavi PORTENTO AUDIO REFERENCE, POWER LINK e SPEAKER LINK Un portento di cavo! di Leonardo Bianchini CUFFIE E ACCESSORI Convertitore Digitale-Analogico HENRY AUDIO USB DAC 128 MKII Piccolo grande DAC di Paolo Dameno Cuffia AUDIO TECHNICA ATH-TAD 400 In medio stat virtus di Leonardo Bianchini I DECALOGHI di Lorenzo Zen pag. 62 Nel nostro sito troverai anche - FDS Navigator - News - Foto Gallery Inedite - Archivio Arretrati - FDS su Facebook... pag. 84 HI-END MAGAZINE® 62 Diffusori da pavimento MOREL SOLAN WHITE La qualità è la costante dell’equazione di Alberto Guerrini 68 Preamplificatore valvolare MCINTOSH C2500 Il segreto del successo di Andrea Della Sala 74 76 82 84 85 86 88 96 97 www.fedeltadelsuono.net 5 pag. 38 L’AUDIOTA Perché le vecchie casse erano meglio di Diego Nardi IL CLUB BLU PRESS Accessori – Modulo Iscrizione e Abbonamenti LA BACCHETTA MAGICA CLASSICA DISCHI di Violetta Valéry DISCO DEL MESE di Mauro Bragagna COMPILATION LUNATIK a cura della Redazione ROCK E I SUOI FRATELLI AUDIOFILI di Mauro Bragagna APPUNTAMENTI D’ASCOLTO a cura della Redazione JAZZ DISCHI di Francesco Peluso IL MERCATO DELL’USATO a cura della Redazione pag. 6 da pag. 82 pag. 28 pag. 44 In Copertina • di Mauro Bragagna Senza la famiglia 6 FDS 238 ▼ Cioè senza la compagnia delle band più amate del mondo, Keith Richards e David Gilmour ci provano ancora. Hanno scelto la stessa data, il 18 settembre, per pubblicare i loro nuovi album solo. Keith Richards non ne realizzava uno dal 1993, l’anno del debutto del Late Show di David Letterman sulla CBS, mentre Gilmour ci ha fatto aspettare “soltanto” nove anni. Ci siamo appena occupati dei Rolling Stones con la ristampa del magnifico Sticky Fingers, mentre il numero scorso abbiamo dato spazio ad Amused to Death di Roger Waters, il più riuscito ed ambizioso album dei Pink Floyd senza il logo dei Pink Floyd. A vremmo preferito che Rattle That Lock e Crosseyed Heart uscissero un po’ più in là, per non inflazionare queste pagine a forza di Stones e di Floyd. Abbiamo deciso di presentarveli insieme perché quando c’era l’inflazione non stavamo peggio di adesso, e poi la storia non si scrive con i desideri. “Ci farai aspettare altri ventitré anni, per il prossimo?”, hanno chiesto a Keith Richards. “Non ne ho altri ventitré”, ha risposto serio. Accidenti, forse non è immortale. E allora facciamoli girare adesso, i loro dischi, del doman non v’è certezza. David Gilmour “Rattle That Lock” Pare che il dittatore nordcoreano Kim Jong-un abbia giustiziato il numero due del regime facendolo sbranare da centoventi cani, tenuti affamati gior- ni e giorni per prepararli al grande evento. Una ferocia simile ha accolto Rattle That Lock, il singolo che ha anticipato l’omonimo album di David Gilmour, colpevole di essere soltanto un pezzo pop. E lo è, effettivamente, con un pizzico di dance che rimanda ai Roxy Music degli Anni Ottanta, a Brian Ferry. Potrebbe essere anche un complimento, non trovate? Non è memorabile, ma nella sua immedia- 8 FDS 238 ▼ In Copertina • DAVID GILMOUR & KEITH RICHARDS tezza è un invito a liberarci dalle catene di ogni tipo, intellettuali e materiali. Emancipatevi dalla schiavitù mentale, cantava Bob Marley in Redemption Song. Con meno poesia e meno bellezza David fa altrettanto, nel testo la sua compagna/collaboratrice Polly Samson si è ispirata al “Paradiso Perduto” di John Milton, nientemeno. Peccato che la sua voce sia diventata fragile come quella di Roger Waters, ma in questo caso la forma è meno importante del messaggio, come conferma la presenza del Liberty Choir di Londra, i cui componenti nel tempo libero insegnano canto ai carcerati. E poi un pezzo ritmato dà un po’ di creatina ad un disco che non è sognante e seppiato come On an Island, ma rimane sostanzialmente malinconico. È preceduto da una miniatura squisitamente floydiana, 5 A.M., con l’orchestra di Zbigniew Preisner (i musicisti sono praticamente gli stessi dell’album precedente) e la Fender Stratocaster luminosa come sempre, quando prova a reinventare le note di Shine On You Crazy Diamond. Chissà se Gilmour ricordava una vecchia composizione di Waters, 4:30 A.M., chissà se si sveglia davvero alle cinque di mattina. L’album è un concept che raccoglie i pensieri che accompagnano una persona lungo l’arco di una giornata. Sembra dirci: questo sono io, l’amico d’infanzia di Syd Barrett con la testa a posto, quello che amate, ma questa volta ho voluto provare a fare qualcosa di diverso. Ed ecco partire Rattle That Lock, la cui energia ci introduce al cuore più profondo dell’album. Faces of Stone ha un profumo francese, parte cameristica e poi si sviluppa con l’incedere di una giostra lenta. È resa singolare da uno strumento come il Calliope, un organo a vapore dell’Ottocento chiamato così in omaggio alla Musa della Poesia. Una macchina fiabesca e desueta che ci saremmo aspettati di ascoltare in un album di Vinicio Capossela, più che in quello di un Floyd. È il richiamo ad un passato color seppia, ideale per accompagnare il ricordo di una passeggiata con la madre in un parco, negli Anni Settanta, quando era già affetta da una grave forma di demenza. A Boat Lies Waiting è una gemma altrettanto struggente che richiama nel titolo l’amore di Richard Wright per le barche. La vita in mare è anche la grande passione di David Crosby, che con l’immancabile Graham Nash dipinge le parti vocali di una canzone sulla morte di un amico (senza di te vado alla deriva a bordo di questa triste barcarola), così intensa da non lasciarci neanche un’ombra di sconforto nel cuore, come quando ascoltiamo il Requiem di un grande compositore. “Sento la sua mancanza con molto dolore, come amico, ma mi manca molto anche quella intesa musicale. Il pezzo è come una pausa nel viaggio, un momento per riflettere e pensare a Rick”. (David Gilmour) Dancing Right in Front of Me è invece dedicata al tempo che passa, al bilancio di una vita e di un rapporto, ma l’incantesimo non si ripete: parte citando Michelle dei Beatles e procede stancamente nonostante un bel solo di piano firmato dallo stesso Gilmour, messo a metà di un pezzo che dura sei minuti, decisamente troppi. In Any Tongue è una traccia molto floydiana (parente non troppo lontana, ma meno riuscita, di Comfortably Numb), con l’esordio del figlio Gabriel al pianoforte ed il testo pacifista che ci ricorda come la parola “mama” sia uguale in tutte le lingue. Un po’ ingenua? Non osiamo immaginare la smorfia di Waters (ok, non lo citiamo più, promesso) quando la ascolterà… Dopo tante canzoni arriva Beauty, uno strumentale che invita a meditare sulla gioia di vivere, senza la profondità ed il fascino delle migliori tracce di The Endless River, sottovalutato capitolo finale della saga Pink Floyd. Convince di più, se non altro per l’effetto sorpresa, The Girl in the Yellow Dress, un brano jazzato che evoca le atmosfere dei locali fumosi e glamour di una volta: piacerà sicuramente a Sting. In tutto l’album Gilmour mostra il suo eclettismo di polistrumentista, ma in questo caso si limita a suonare la chitarra lasciando spazio alla cornetta di Robert Wyatt, al sax di Colin Stetson e al piano di Jools Holand. Today ci invita a chiudere gli occhi, ma la musica non è da sogno. Nasce da un’idea di Phil Manzanera, che ha invitato Gilmour a mettere insieme tre brani scartati in precedenza per farne qualcosa di nuovo. Canzoni come A Day in the Life (che fondeva due composizioni distinte di John Lennon e Paul McCartney) quando riescono bene finiscono nelle enciclopedie alla voce “meraviglia”, ma non è questo il caso. Si conclude con And Then…, che riprende il tema iniziale con una strumentazione più ricca, e ci fa ascoltare anche la Martin D 35 immortalata in Wish You Were Here. Un finale accattivante ma non proprio memorabile per un album decisamente discontinuo, che alterna brani di ottimo livello e riem- La musica liquida senza compromessi W20 Music Server & Player con alimentazione a batteria, 12TB di archiviazione interna e disco cache SSD 240GB N10 Player di Rete con cache SSD X100 N100 Music Server & Player Player di Rete con cache per DAC USB SSD per DAC USB X725 Amplificatore/DAC per serie X100/N100 Audio Natali Srl - Via Alessandro Volta 14 - 51016 Montecatini Terme - Pistoia - Tel 0572-772595 - Fax 0572-913216 Web: www.audionatali.com - E-mail: [email protected] 10 FDS 238 ▼ In Copertina • DAVID GILMOUR & KEITH RICHARDS pitivi che abbassano il piacere d’ascolto, ed il giudizio finale. Dal punto di vista tecnico annotiamo che nonostante i quasi cinquantadue minuti di musica si sia deciso di pubblicarlo su un vinile singolo, anziché sull’ormai abituale doppio inciso su tre o quattro facciate, ma la qualità audio è comunque superba. Banda passante completa, macro e micro contrasto molto buoni, dinamica finalmente rispettata anche – udite, udite!- sul cd, che suona bene quasi quanto il suo cugino da 180 grammi. L’esemplare che abbiamo ascoltato non si è rivelato silenzioso come The Endless River, ma qualche rumorino imprevisto non ha limitato il piacere d’ascolto. Da sottolineare la confezione curatissima ed il prezzo scaccia crisi. Keith Richards “Crosseyed Heart” L’ultimo album in studio l’ha pubblicato nel 1992, dopo l’uscita di Bill Wyman dai Rolling Stones. Ci ha sempre tenuto così tanto, alla sua band, che Keef non ha mai voluto disturbarne l’attività, nemmeno quando Mick accettava a fatica le sue musiche da purista e, soprattutto, la sua voce. Quando la ascoltate in un album degli Stones, statene certi, state entrando in un’oasi di suoni roots. Jagger è molto attento alle mode musicali, ma a Keith non interessano. Preferisce il blues con i suoi derivati, il country più sporco e creativo, alla Gram Parsons, il folk più coraggioso, il rock’n’roll degli albori (Chuck Berry, Buddy Holly, Bo Diddley...). Il reggae degli inizi, quando si mescolava ancora con l’errebì. I musicisti giamaicani, come ricorda chi ha letto “Life”, una delle autobiografie più sincere mai pubblicate, lo hanno accettato come uno dei loro… Questa è la sua musica, lo è sempre stata e sempre lo sarà. In un momento di pausa dagli Stones si è incontrato con l’ineffabile Steve Jordan, che lo ha invitato a registrare con lui qualcosa di nuovo, seguendo il procedimento già utilizzato da Richards quando ha scritto pezzi come Jumpin’ Jack Flash e Street Fightin Man: da solo, in studio, con Charlie Watts. Chitarra e batteria, il sangue e le ossa del rock. Crosseyed Heart è quindi un album dei Rolling Stones senza le strizzate d’occhio commerciali e la voce di quel Mick Jagger che, ci piace ricordarlo, è coetaneo del professor Mario Monti. La vita sesso droga e rock’n’roll fa bene alla salute, se non ti uccide prima. E Keith è il più resistente di tutti. Non stiamo qui a ricordare le sue peripezie, pare che adesso vada addirittura in chiesa la domenica, ma la mattina continua a fare colazione con un bel cannone, forse per questo i giamaicani lo amano tanto. Ma come si fa a non amarlo? Ascolti il brano d’apertura, che sembra arrivare dai dischi di Robert Johnson ma è registrato benissimo, e ti viene voglia di scendere in strada per comprare una chitarra: non la suona bene come Ry Cooder, o tattile come John Lee Hooker, ma nelle dita ha qualcosa di magico e di forte, un’idea di suono che ti accompagna tutta la vita. Speriamo che Keef ci regali un unplugged, prima o poi. Dopo un minuto e 52 secondi arriva Heartstopper (lei è vegetariana ed io amo la carne), e ci chiediamo come sarebbe con la voce di Mick. Migliore, dai!, è un rock’n’roll con i controfiocchi, di quelli antichi che capita di ascoltare in album di Bob Dylan come Tempest, duri e crudi al di là del loro sapore letterario. Richards non usa tante metafore ma racconta bene il distacco, lo stordimento, la fine di un amore e la nostalgia. Con un senso virile che ricorda il Clint Eastwood della maturità, che può soffrire ma senza far cadere una lacrima. È da cinquantatré anni negli Stones e quindi sotto i riflettori, ma di lui in realtà non sappiamo molto, forse niente, come ci suggerisce in Nothing on Me. “Il blues è l’amore della mia vita, più attraente del sesso, delle droghe, delle donne. È la lingua che parlo meglio e quella in cui meglio mi esprimo. (Keith Richards) Almeno i suoi gusti li conosciamo. L’amore per Otis Redding ed il suono della Stax, ad esempio, che fa rivivere in Lover’s Plea, con il sax del dell’indimenticabile compagno di bagordi Bobby Keys, che ascoltiamo anche nell’irresistibile Amnesia, bella come una canzone dei Los Lobos se fossero cresciuti a Londra, con i riff che ti si appiccicano dappertutto. La passione per le canzoni d’amore che sanno di vita e non di sit-com, come dimostra il duetto tutta sostanza e niente lustrini di Illusion – cos’è quell’illusione che leggo nei tuoi occhi? - con una Norah Jones asciutta come una modella di Armani. L’amore per gli eroi degli Anni Trenta come Leadbelly, di cui riprende la celebre Goodnight, Irene (1933), in una versione così sobria che sarebbe piaciuta a Sparta e con il testo non censurato: “prendo la morfina e poi muoio”… Love Overdue è un reggae firmato Gregory Isaacs, dal fascino inattuale e per niente radiofonico. Reggae che non ti fa venire voglia di ballare, ma di sognare. Come il country di Robbed Blind, che ci ri-