CancerStat Umbria Anno II No. 12 Dicembre 2011 Registro Tumori Umbro di Popolazione ISSN 2039-814X Registro Nominativo delle Cause di Morte Registro Regionale dei Mesoteliomi I tumori del pene e del testicolo Direttore: Francesco La Rosa Coordinatore: Fabrizio Stracci Dipartimento di Specialità MedicoChirurgiche e Sanità pubblica. Sezione di Sanità Pubblica. Università degli Studi di Perugia. Regione dell’Umbria. Direzione regionale Salute, coesione sociale e società della conoscenza Luigi Mearini, Elisabetta Nunzi, Alessandro Zucchi, Massimo Porena Daniela D’Alò, Fabrizio Stracci, Fortunato Bianconi, Francesco La Rosa INDICE: I tumori del pene Parte I: pag. 1 Parte II pag. 5 Bibliografia pag. 9 Parte I: pag. 11 Parte II pag. 16 Bibliografia pag. 24 I tumori del testicolo CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 12 CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 12 CancerStat Umbria Registro Tumori Umbro di Popolazione Registro Nominativo delle Cause di Morte Registro Regionale dei Mesoteliomi Direttore: Anno II No. 12, Dicembre 2011 ISSN 2039-814X Codice CINECA-ANCE E205269 Pubblicato da: Registro Tumori Umbro di Popolazione Francesco La Rosa Coordinatore: Fabrizio Stracci Collaboratori: Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche e Sanità Pubblica. Sezione di Sanità Pubblica. Università degli Studi di Perugia. Via del Giochetto 06100 Perugia Anna Maria Petrinelli Daniela Costarelli Fortunato Bianconi Valerio Brunori Daniela D’Alò Silvia Leite Francesco Spano Tel.: +39.075.585.7329 - +39.075.585.7366 Fax: +39.075.585.7317 Email: [email protected] Segreteria: URL: www.rtup.unipg.it Luisa Bisello Regione dell’Umbria. Direzione regionale Salute, coesione sociale e società della conoscenza Emilio Duca Paola Casucci Marcello Catanelli Mariadonata Giaimo CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 12 I TUMORI DEL PENE I tumori del pene Luigi Mearini1, Elisabetta Nunzi1, Alessandro Zucchi1, Massimo Porena1,2 Daniela D’Alò3, Fabrizio Stracci2,3, Fortunato Bianconi3, Francesco La Rosa2,3 1 2 3 Clinica Urologica, Azienda Ospedaliera di Perugia Dipartimento di Specialità medico-chirurgiche e Sanità pubblica, Università di Perugia Registro Tumori Umbro di Popolazione, Dipartimento di Specialità medico-chirurgiche e Sanità pubblica, Università di Perugia Parte I D. D’Alò, F. Stracci, F. Bianconi, F. La Rosa INTRODUZIONE Nell’ambito dell’oncologia peniena si distinguono neoformazioni di natura benigna, lesioni precancerose, tumori maligni primitivi, rappresentati per la quasi totalità dal carcinoma squamoso e rare localizzazioni secondarie di neoplasie urogenitali o di altre sedi. Tra i tumori benigni si rilevano: le cisti e gli angiomi, di scarso interesse clinico e di riscontro molto infrequente; i nevi, per i quali è a volte consigliabile l’escissione per prevenire un’eventuale trasformazione maligna e i condilomi acuminati, causati dai papilloma virus umani (HPV). Questi ultimi interessano soprattutto i giovani, hanno inizialmente l’aspetto di papule, le quali evolvono in forma di papille appuntite di colorito perlaceo o rossastro e di consistenza molle. Con il tempo si possono formare masserelle, sessili o moriformi, di maggiori dimensioni. Le sedi preferenziali sono rappresentate dal solco balano-prepuziale e dal prepuzio, ma talora sono diffuse al glande e al meato uretrale. È frequente l’insorgenza di balanopostiti sovrapposte. L’autoinoculazione può portare a recidive e a lesioni multiple e può determinare inoltre una localizzazione uretrale o extragenitale (pieghe inguinali, mucosa anale). Il trattamento di scelta è rappresentato dalla laserterapia. Le forme precancerose sono lesioni che possono potenzialmente evolvere verso il quadro del carcinoma squamoso infiltrante. Se ne conoscono attualmente cinque: la leucoplachia, la balanite xerotica obliterans, il tumore di BuschkeLöwenstein (o condiloma acuminato gigante), la malattia di Bowen e l’eritroplasia di Queyrat; queste ultime vanno ricomprese nell’ambito del “carcinoma in situ” (CIS) o neoplasia intraepiteliale peniena (PIN). La leucoplachia è frequente negli anziani e nei diabetici, soprattutto se affetti da fimosi. L’aspetto più comune è quello di una placca dura, biancastra, a margini irregolari, localizzata nell’area del prepuzio, talora in corrispondenza del cercine fimotico o del meato uretrale di cui può provocare la stenosi. Possono sovrapporsi fenomeni infiammatori od ulcerazioni superficiali che mimano la trasformazione maligna. Generalmente I TUMORI DEL PENE la lesione consegue a uno stimolo irritativo locale cronico, quasi sempre rappresentato dalla persistenza di smegma (un accumulo di cellule epiteliali desquamate, sudore e residui) determinata dalla fimosi. La diagnosi differenziale si pone con la balanite xerotica obliterans, il carcinoma squamoso, il lichen planus, il lichen simplex chronicus e la candidiasi. Per la diagnosi di certezza è necessario effettuare una biopsia. All’esame istologico, fondamentale per rilevare eventuali aree di degenerazione, si riscontrano principalmente ipercheratosi, paracheratosi ed infiltrato linfocitario nel derma. La terapia consiste nell’escissione. La balanite xerotica obliterans presenta stretti rapporti di affinità con la craurosi della vulva e con il lichen scleroatrofico cutaneo, di cui è considerata l’equivalente a livello penieno. Colpisce in genere uomini sopra i 40 anni ed è più frequente nei diabetici. La malattia si presenta sotto forma di macchie biancastre squamose e atrofiche, uniche o multiple, disposte a mosaico. Le macchie possono fissurarsi ed ulcerarsi e tendono ad espandersi dal solco coronale e dal glande al meato uretrale esterno e al prepuzio determinando la stenosi del meato e la fimosi. La lesione causa prurito, bruciore, dolore locale e secrezione; inoltre può manifestarsi disuria in conseguenza della stenosi meatale. All’esame istologico si osserva atrofia dello strato malpighiano con degenerazione idropica delle cellule basali, ipercheratosi ed alterazioni del derma superficiale con presenza di infiltrato linfocitario. La degenerazione maligna è rara. Il trattamento può avvalersi dell’uso di corticosteroidi locali (creme o iniezioni sottolesionali), della circoncisione in caso di localizzazione al prepuzio e della escissione locale per le localizzazioni al glande. Il tumore di Buschke-Löwenstein (detto anche carcinoma verrucoso o condiloma acuminato gigante) si manifesta con escrescenze papillari multiple a forma di cavolfiore localizzate al glande e al prepuzio; ha una crescita locale progressiva che altera profondamente la morfologia di gran parte del pene, ma malgrado le dimensioni, il “tumore” tende a rimanere organo-confinato e a non metastatizzare, tuttavia recidiva con estrema frequenza. La degenerazione maligna è rara. Possono inoltre associarsi essudazioni maleodoranti, emorragie e fistolizzazioni. La malattia ha probabilmente un’origine virale (tipi 6 e 11 di HPV). Da un punto di vista istologico la lesione ricorda un carcinoma squamoso estremamente ben differenziato con poche mitosi ed aspetti papillari; è caratterizzata inoltre da iperplasia epiteliale, alterazione vacuolare delle cellule dello strato malpighiano ed ipercheratosi. Nel derma sono rilevabili papillomatosi ed infiltrato infiammatorio aspecifico. La diagnosi differenziale va posta con i condilomi acuminati ed il carcinoma squamoso. La terapia consiste nell’escissione ampia fino alla penectomia totale. La chemioterapia e la radioterapia locale sono inefficaci nel trattamento di questa affezione. Sotto la denominazione di carcinoma in situ (CIS) si raccolgono tre quadri clinici: la malattia di Bowen e l’Eritroplasia di Queyrat, che possono evolvere in carcinoma squamoso invasivo, e la papulosi Bowenoide, del tutto benigna ma quasi indistinguibile istologicamente dalle prime due e pertanto da conoscere ai fini della diagnosi differenziale. Tali lesioni mostrano una proliferazione atipica dell’epitelio, mitosi anomale, acantosi ed abnorme cheratinizzazione (discheratosi), ma senza superamento della membrana basale. La diagnosi è sempre istologica. La malattia di Bowen si caratterizza per la presenza a livello dell’asta del pene di placche, generalmente solitarie, rotonde o lievemente irregolari, eritematose, rugose, di dimensioni comprese tra 10 e 15 millimetri, con presenza talora di croste ed ulcerazioni. È stata dimostrata l’associazione della malattia di Bowen con l’infezione da HPV-16, non sembra invece confermata quella con neoplasie occulte viscerali. La lesione evolve in carcinoma squamoso invasivo in non più del 5% dei casi. L’eritroplasia di Queyrat insorge quasi esclusivamente nei non circoncisi con aree eritematose (singole o multiple), vellutate e lucide, 2 I TUMORI DEL PENE lievemente rilevate e ben demarcate, localizzate sulla mucosa del glande, del prepuzio e del solco balano-prepuziale; le lesioni sono pruriginose e facilmente sanguinanti, specie dopo il coito o piccoli traumi. La presenza di aree ulcerate o papillari spesso ne indica l’avvenuta trasformazione in carcinoma squamoso infiltrante, che si verifica nel 10-20% dei casi, in genere dopo una lunga fase stazionaria o lentamente evolutiva. Una lesione umida può invece trasformarsi dopo circoncisione in una placca ben delimitata, lucida e asciutta. Il trattamento di scelta è chirurgico sia per la malattia di Bowen che per la Eritroplasia di Queyrat: circoncisione nel caso di localizzazione al prepuzio o in presenza di fimosi, escissione locale profonda con margini adeguati (almeno 5 mm) nelle altri sedi. Va associata la meatoplastica nelle stenosi del meato uretrale esterno. In presenza di microinvasione locale la lesione va trattata come se fosse un carcinoma squamoso invasivo. Valida alternativa alla chirurgia, soprattutto per il risultato estetico, è il trattamento con Laser (CO2 o Neodymium:YAG). Buoni risultati sono stati ottenuti anche con applicazioni topiche di unguento o crema di 5-fluorouracile al 5% (2 applicazioni / die per 3-4 settimane), proteggendo con un condom la parte trattata per evitare dermatiti a livello della cute sana circostante. I tumori maligni primitivi sono rappresentati per la quasi totalità dal carcinoma squamoso (oltre il 95% dei casi). La quota restante è costituita da carcinomi basocellulari (o basaliomi), melanomi maligni e sarcomi. IL CARCINOMA SQUAMOSO DEL PENE EPIDEMIOLOGIA Il carcinoma squamoso del pene è una neoplasia rara che origina di norma dall’epitelio del glande e della superficie interna del prepuzio. Grazie ad una migliore conoscenza della storia naturale della malattia, diagnosi precoce e trattamenti più efficaci, il tasso di cura per il cancro del pene è cresciuto dal 50% del 1990 all’80% dei nostri giorni. Nei paesi occidentali rappresenta lo 0.2-2% dei tumori nel sesso maschile; incidenze nettamente superiori (pari al 10-20% circa dei tumori maligni nel maschio) si riscontrano nei paesi dell’Estremo Oriente, in Africa e in Sud America, caratterizzati da un basso livello igienico-sanitario e da un clima tropicale caldo-umido; sono neoplasie estremamente rare nella popolazione ebraica e in quella araba (musulmani e Ibos della Nigeria), soggette alla pratica della circoncisione. La fascia di età più colpita è quella compresa tra i 50 ed i 70 anni (1, 2). L’incidenza cresce con l’età; di rado è riportato in età giovanile. La fimosi (presente nel 75% dei casi), le infezioni croniche e/o recidivanti locali (balano-postite, lichen sclero-atrofico), la scarsa igiene locale, il trattamento con sporalene e raggi UVA, l’infezione da HPV ed il fumo di sigaretta rappresentano i maggiori fattori di rischio noti (3, 4). La circoncisione praticata nel bambino riduce il rischio di tumore del pene, ma ciò non si verifica quando è eseguita in età adulta. Condivide con il carcinoma spinocellulare dell’orofaringe, dei genitali femminili (cervice, vagina e vulva) e del canale anale sia l’eziologia che la storia naturale. Il DNA del papilloma virus umano (HPV) è stato identificato nel 70-100% dei casi di neoplasia intraepiteliale e nel 40-50% dei casi di carcinoma infiltrante (4). Questi risultati sono stati confermati anche in uno studio caso-controllo in cui si è riscontrato il DNA dell’HPV nell’80% dei campioni tumorali, nel 69% dei quali prevaleva l’HPV 16 (5). L’HPV 18 presenta un ruolo causale nel 30-40% dei casi di carcinoma del pene (6). Anche i pazienti portatori di condiloma acuminato possono andare incontro a cancerizzazione (7). Il virus interagisce con oncogeni e geni oncosoppressori, quali p53 e Rb (8). E’ importante, inoltre, sottolineare che i soggetti affetti da cancro del pene che presentano 3 I TUMORI DEL PENE infezione da HPV, sembrano mostrare una prognosi migliore rispetto ai pazienti HPV negativi (6). Pertanto, da quanto detto si evince come l’insorgenza del carcinoma penieno si possa ricondurre soprattutto a fattori di rischio individuali (come, ad esempio, un elevato numero di partners sessuali, un precoce inizio dell’attività sessuale, etc.), potenzialmente modificabili attraverso un’opera di educazione alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse e a una migliore igiene personale; in questo modo si potrebbe ridurre drasticamente la frequenza di questa neoplasia nelle aree ad elevata incidenza. In Italia nel 2006 è stata stimata una prevalenza per il tumore maligno del pene (ICD-10 C60) di 3.930 casi (9). In Umbria nel periodo 2004-2008 sono stati riscontrati mediamente all’anno 2.4 casi di tumore maligno del pene ogni 100.000 uomini, con un tasso annuo di mortalità di 0.5 (Tabella 1). Tabella 1. Incidenza e mortalità del tumore maligno del pene. Umbria 1994-2008. INCIDENZA anni di riferimento n° totale casi tasso grezzo tasso standard* 1994-1998 1999-2003 2004-2008 47 34 50 2,4 1,7 2,4 3,2 2,1 2,8 MORTALITA' anni di riferimento n° totale morti tasso grezzo tasso standard* 1994-1998 1999-2003 2004-2008 7 10 11 La neoplasia è rara in uomini di età inferiore ai 40 anni, tuttavia la sua incidenza tende a crescere 0,4 0,5 0,5 0,7 0,9 0,7 con l’aumentare dell’età, risultando più colpita la fascia di età maggiore di 85 anni (Figura 1). Figura 1. Tasso di incidenza del carcinoma del pene per classe di età. Umbria 1994-2008. 4 I TUMORI DEL PENE Parte II L. Mearini, E. Nunzi, A. Zucchi, M. Porena ANATOMIA PATOLOGICA Aspetto macroscopico La sede preferenziale di insorgenza del carcinoma del pene è il glande (50% dei casi circa); seguono il prepuzio ed il solco balano-prepuziale. La localizzazione sulla cute dell’asta è rara ed è in genere appannaggio dei tumori basocellulari. Due sono le modalità di crescita: papillare-verrucosa, di aspetto fungoide e piatta-nodulare, che si presenta frequentemente ulcerata. In entrambi i casi si osservano aspetti crateriformi in uno stadio avanzato. Le forme vegetanti-verrucose sono più frequenti di quelle nodulari ed hanno in genere un basso grado di malignità e scarsa tendenza alla diffusione metastatica. Nei casi in cui si ha progressione in profondità è frequente l’interessamento dei corpi cavernosi; il coinvolgimento dell’uretra, con conseguente stenosi e fistolizzazione, è invece raro e riscontrabile solo nelle forme più avanzate e destruenti. Pressoché costanti sono le infezioni sovrapposte della massa tumorale con conseguenti linfoadenopatie regionali (inguinali). Aspetto microscopico Il quadro istologico è quello tipico degli epiteliomi spinocellulari con vari gradi di differenziazione. Prevalgono le forme a bassa malignità (G1-G2 nei due terzi dei casi). Le forme indifferenziate (anaplastiche), che in genere assumono un aspetto macroscopico nodulare od ulcero-infiltrativo, sono poco frequenti. La tendenza alla disseminazione è più spiccata nelle neoplasie a partenza dal solco coronale, dal glande e dal frenulo, mentre è quasi nulla in quelle del prepuzio. È inoltre maggiore nei soggetti di giovane età. La diffusione metastatica, in genere abbastanza tardiva, si sviluppa soprattutto per via linfatica lungo i linfonodi inguinali, superficiali e profondi, a volte anche bilateralmente a causa delle ricche comunicazioni linfatiche esistenti alla base del pene. È importante tuttavia ricordare che il 7080% delle linfoadenopatie inguinali riscontrate non sono di natura ripetitiva, ma semplicemente reattive alla presenza di infezioni sovrapposte al tumore, pertanto di natura infiammatoria. Le metastasi a distanza sono rare al momento della diagnosi, ma possono comparire nel corso del follow-up (nel 10% circa dei casi). STADIAZIONE Nella classificazione TNM viene valutata l’estensione locale del tumore (T), il coinvolgimento linfonodale (N) e la presenza di metastasi a distanza (M) (Tabella 2) (10). Nella classificazione patologica (pTNM) il prefisso “p” identifica nelle singole categorie T, N, M (che corrispondono a quelle cliniche) lo stadio patologico, riscontrato all’esame dei pezzi operatori. Il grado di differenziazione della neoplasia (Grading, G) distingue, a seconda delle classificazioni, quattro livelli di differenziazione. Circa la metà dei casi di carcinoma del pene sono ben differenziati (G1) al momento della diagnosi; i casi restanti si presentano moderatamente differenziati (G2), scarsamente differenziati (G3) o indifferenziati (G4). 5 I TUMORI DEL PENE Tabella 2. Stadiazione dei tumori del pene. T – Tumore primitivo Tumore non definibile Tumore non evidenziabile Carcinoma in situ Carcinoma verrucoso non invasivo Tumore che invade il connettivo sottoepiteliale Tumore che invade il connettivo sottoepiteliale senza invasione linfovascolare ben differenziato o moderatamente differenziato (T1 G1-G2) T1b Tumore che invade il connettivo sottoepiteliale con invasione linfovascolare o scarsamente differenziato o indifferenziato (T1 G3-G4) T2 Tumore che invade il corpo spongioso o cavernoso T3 Tumore che invade l’uretra T4 Tumore che si estende alle strutture adiacenti N - Linfonodi regionali NX Linfonodi regionali non valutabili N0 Linfonodi regionali liberi da metastasi N1 Linfonodo inguinale palpabile mobile unilaterale N2 Linfonodo inguinale palpabile mobile bilaterale o multipli N3 Linfoadenopatia pelvica o massa linfonodale inguinale fissa, uni o bilaterale M - Metastasi a distanza MX Metastasi a distanza non accertabili M0 Metastasi a distanza assenti M1 Metastasi a distanza presenti TX T0 Tis Ta T1 T1a QUADRO CLINICO Le forme nodulari hanno inizialmente l’aspetto di papule o di noduli duri; tendono ad infiltrare i tessuti in profondità e ad ulcerarsi in superficie. Nelle fasi avanzate assumono un aspetto crateriforme con bordi irregolari e fondo granuloso ricoperto di materiale sanioso maleodorante; è costante la presenza di flogosi batterica. L’interessamento dei corpi cavernosi è abbastanza precoce e in casi estremi può determinare la distruzione completa del pene; la localizzazione all’uretra è invece più tardiva. Le forme papillari iniziano come piccole verruche, uniche o multiple, che tendono a fondersi in una massa unica. L’infiltrazione in profondità è in genere meno estesa e rapida, mentre la crescita esofitica può causare deformazione e quindi distruzione del prepuzio e del glande. Ulcerazioni ed infezioni sono frequenti. La diagnosi è spesso ritardata dalla presenza di una fimosi che ricopre la neoplasia e da una lunga storia di infezioni recidivanti. In genere i primi sintomi e segni includono prurito e bruciore all’interno del prepuzio, dolore coitale e fuoriuscita di sangue e materiale purulento dal meato fimotico. Altre volte è proprio la comparsa repentina o progressiva di una fimosi o la presenza di un indurimento del prepuzio ad allarmare il paziente. Nelle fasi più avanzate possono manifestarsi emorragie profuse, difficoltà alla minzione per compressione o più raramente infiltrazione dell’uretra, fistole urinarie e dolore. Il riscontro di adenopatie inguinali è, come già detto, frequente ed in genere di natura reattiva. 6 I TUMORI DEL PENE DIAGNOSI La diagnosi di certezza si ha solo con la biopsia. La valutazione della natura di eventuali linfoadenopatie inguinali palpabili (presenti al momento della diagnosi nel 35-60% dei soggetti) va obbligatoriamente rimandata ad un secondo tempo diagnostico, dopo una adeguata terapia antibiotica per 4-6 settimane. La TC addomino-pelvica o la RM hanno un ruolo nella stadiazione linfonodale e metastatica; la PET/TC potrebbe migliorare il riscontro di precoci interessamenti linfonodali e metastatici (11). La diagnosi differenziale va fatta con il sifiloma primario, in cui si ha un diverso aspetto della lesione che si presenta nodulare, erosa, non ulcerata al centro, a limiti netti e di consistenza molle. È presente inoltre adenopatia dolorosa. Si ha la positività dei tests sierologici e talora il criterio ex adiuvantibus della rapida risoluzione dopo terapia. La differenziazione dalle forme giganti di papillomi virali (già descritte) può essere più indaginosa. Spesso è solo il prelievo bioptico a dirimere il dubbio. PROGNOSI La sopravvivenza relativa a 5 anni è di circa il 70% (12). Principali fattori prognostici di questa neoplasia sono lo stato linfonodale (66% di sopravvivenza per i soggetti con linfonodi negativi e 27% per quelli con linfonodi positivi) ed il grado di differenziazione della neoplasia con valutazione dell’infiltrazione perineurale (13-15). TERAPIA I risultati attuali sono abbastanza confortanti in termini di sopravvivenza, ma lo sono molto meno in termini di esiti del trattamento, spesso mutilante. Chirurgia: trattamento della neoplasia primitiva La scelta del trattamento è influenzata dalle dimensioni del tumore, dalla sede, dall’estensione (glande o corpi cavernosi), nonché dall'esperienza dell’urologo curante. Il semplice intervento di escissione è sconsigliato in quanto gravato da significative percentuali di recidiva locale anche negli stadi più iniziali. La circoncisione semplice è indicata nel caso di piccole lesioni del prepuzio in stadio T1; l’amputazione parziale, effettuata 2 cm circa a monte della neoplasia, è adatta per le forme primitive T1-T2 del glande e per le forme più estese del prepuzio (T2); l’amputazione totale con uretrostomia perineale si effettua nelle neoplasie in stadio T3 e in tutti gli altri casi in cui l’amputazione parziale lascerebbe un moncone penieno troppo corto; l’emasculazione nel caso esista un interessamento dello scroto (T4). Anche se la chirurgia conservativa migliora la qualità della vita, presenta un rischio di recidiva locale superiore rispetto alla chirurgia ablativa (27% contro 5%) (16). La presenza di margini chirurgici positivi conduce inevitabilmente alla recidiva locale, mentre la rimozione totale del glande e del prepuzio ha il più basso tasso di recidiva tra le modalità di trattamento per le piccole lesioni del pene (2%) (17). Oltre che con la terapia strettamente chirurgica, le lesioni superficiali possono essere trattate con tecniche pene-sparing, come la laser-terapia (laser CO2, Nd: YAG), la terapia fotodinamica e i trattamenti topici con 5-fluorouracile (5-FU) o 5% di Imiquimod crema . Radioterapia (RT) La radioterapia del tumore primario, oltre che preservare l’organo, mostra buoni risultati in pazienti selezionati con lesioni T1-2 e <4 cm di diametro. I migliori risultati sono stati ottenuti con la brachiterapia con tassi di controllo locale che vanno dal 70 al 90% (1618), tuttavia i pazienti con lesioni >4 cm non sono candidabili al trattamento. Il tasso di conservazione del pene dopo radioterapia è circa dell’80%, ma i tassi di recidiva locale sono superiori rispetto a quelli che si hanno dopo penectomia parziale, anche se la chirurgia di salvataggio teoricamente potrebbe ripristinare il controllo locale (19). Tra le 7 I TUMORI DEL PENE complicanze più frequenti vanno segnalate la stenosi uretrale (20-35%), la necrosi del glande (10-20%) e la fibrosi tardiva dei corpi cavernosi (20). Linfadenectomia inguinale Nei pazienti con neoplasie in stadio locale T1-T3 e negatività linfonodale, al momento dell’intervento, la linfadenectomia inguinale non va eseguita. Può essere indicata una linfoadenectomia inguinale di staging (linfonodo sentinella) nelle forme infiltranti o di alto grado; nei casi dubbi (linfonodi palpabili, mobili) la linfadenectomia va procrastinata di 3-4 settimane per permettere alla terapia antibiotica di ridurre la flogosi reattiva. Non vi è alcun drenaggio linfatico diretto dal pene ai linfonodi pelvici (21), per cui una linfadenectomia pelvica non è necessaria se non è presente coinvolgimento di linfonodi inguinali o vi è una sola metastasi intranodale. Al contrario, la linfadenectomia pelvica è raccomandata se il linfonodo di Cloquet o due o più linfonodi inguinali sono coinvolti. I linfonodi pelvici risultano positivi nel 23% dei casi in cui si hanno più di due linfonodi inguinali interessati, e nel 56% nei casi con più di tre linfonodi inguinali coinvolti o con interessamento extracapsulare in almeno uno dei linfonodi inguinali (22, 23). Chemioterapia Il ruolo della chemioterapia nel trattamento del carcinoma squamoso del pene non è ancora ben definito; la rarità di questa neoplasia rende infatti difficile l’esecuzione di studi clinici controllati. Oltre che nella terapia della fase avanzata, risultati incoraggianti si sono avuti anche nel trattamento integrato chemio-chirurgico della malattia linfonodale. L’entità della risposta dipende soprattutto dall’estensione della malattia. I farmaci considerati più efficaci in monochemioterapia sono la Bleomicina, il Methotrexate e il Cisplatino; le associazioni polichemioterapiche più utilizzate sono invece: Ciclofosfamide, Bleomicina e Cisplatino (risposte parziali nel 31% dei casi trattati, con durata media della risposta di quattro mesi); Methotrexate, Bleomicina e Cisplatino (risposte nel 72% dei casi, con durata media della risposta di sei mesi), e lo schema Cisplatino con 5-Fluorouracile in infusione continua, ritenuto uno dei più efficaci con tassi di risposta del 100% e una durata media della risposta di quattro mesi (questo schema deve essere però ancora verificato) (24- 27). 8 I TUMORI DEL PENE BIBLIOGRAFIA 1. Barnholtz-Sloan JS, Maldonado JL, Pow-sang J, Giuliano AR. Incidence trends in primary penile cancer. Urol Oncol 2007; 25(5):361-7. 2. ENCR (European Network of Cancer Registries). Eurocim version 4.0. European incidence database V2.2 (1999). Lyon, France: IARC, 2001. 3. 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La Rosa EPIDEMIOLOGIA I tumori del testicolo sono nel complesso piuttosto rari; tuttavia, in molti Paesi rappresentano la neoplasia più frequente negli uomini di età compresa tra i 15 e i 40 anni (1). La sua incidenza è in aumento (2, 3), benché si registri un’ampia variazione tra le diverse nazioni e tra differenti gruppi etnici e razziali. I tassi di incidenza più alti si riscontrano nei giovani uomini bianchi dei Paesi occidentali, pari a 11.5 per 100.000 maschi, in netto contrasto con quanto rilevato nei neri e negli asiatici (1-2 casi ogni 100.000 soggetti) (3, 4). I tumori a cellule germinali rappresentano circa il 98% dei tumori del testicolo. Da un punto di vista istologico sono suddivisi in 3 principali tipi: seminomi, non seminomi e seminomi spermatocitici. Negli Stati Uniti i seminomi costituiscono circa il 55% dei tumori a cellule germinali, mentre i non seminomi rappresentano circa il 44%. L’età mediana alla diagnosi di seminoma è di 35-39 anni, mentre per i non seminomi è di 10 anni minore, pari a 25-29 anni. Benché i due tipi di neoplasia mostrino differenti caratteristiche cliniche, diversi studi rilevano trends di incidenza simili nella maggior parte dei Paesi; ciò sta ad indicare probabilmente la presenza di fattori di rischio comuni (5, 6). Il terzo tipo di tumore testicolare a cellule germinali, il seminoma spermatocitico, comprende approssimativamente l’1-2% dei tumori a cellule germinali. Colpisce più frequentemente uomini di 50-54 anni di età (7) e si ritiene abbia un’eziologia differente dagli altri due tipi. L’estrema rarità dei tumori testicolari benigni (fibromi, angiomi, neurofibromi, teratomi benigni, etc.) e la rapidità di crescita che spesso contraddistingue questa patologia fa sì che, fino a prova contraria, ogni massa testicolare di recente insorgenza debba essere considerata maligna. In Italia il tumore del testicolo (ICD 10 C62) è la neoplasia più frequente nel sesso maschile nella fascia di età 0-44 anni dopo i tumori cutanei non melanomatosi (Figura 1) (8). 11 I TUMORI DEL TESTICOLO Figura 1. Tassi di incidenza e mortalità del tumore del testicolo per classe di età. Italia 1998-2002. Al 1° Gennaio 2006 è stata stimata una prevalenza di 35.617 casi (9). Nel periodo 2003-2005 ha rappresentato lo 0,9% di tutti i cancri incidenti (esclusi gli epiteliomi della cute) e lo 0,1% di tutti i decessi per cancro tra gli uomini. Il tasso d’incidenza grezzo medio annuo nella popolazione coperta dai registri dell’AIRTUM è stato di 6,2 casi ogni 100.000 uomini; nello stesso periodo si sono registrati, inoltre, in media 0,4 decessi per tumore del testicolo ogni 100.000 uomini (10). I tassi di incidenza variano nel nostro Paese con un rapporto fra i valori più alti (nelle aree del Nord) e quelli più bassi (nelle aree del Meridione) di circa 2. Il tipo istologico più frequente è il seminoma che rappresenta il 50% dei casi (8). L’incidenza del tumore del testicolo è in costante crescita dalla metà degli anni ’80 (Figura 2). L’APC nel periodo più recente è risultato del +4,5. Il trend ventennale della mortalità è invece opposto a quello dell’incidenza, anche se la riduzione dei tassi negli ultimi anni non è evidente (10) (Figure 2 e 3). Figura 2. Trends temporali dei tassi standardizzati di incidenza e mortalità del tumore del testicolo per 100.000 abitanti. Italia 1988-2002. 12 I TUMORI DEL TESTICOLO Figura 3. Trends temporali dei tassi standardizzati di incidenza e mortalità del tumore del testicolo per 100.000 abitanti. Italia 1998-2005. La sopravvivenza relativa a 5 anni risulta del 94% (11). In Umbria nel periodo 2004-2008 sono stati riscontrati mediamente all’anno 5,1 casi ogni 100.000 uomini, con un tasso grezzo di mortalità pari a 0 (Tabella 1). Tabella 1. Incidenza e mortalità del tumore del testicolo. Umbria 1994-2008. INCIDENZA anni di riferimento n° totale casi tasso grezzo tasso standard* 1994-1998 97 4.9 5.0 1999-2003 121 6.0 5.9 2004-2008 108 5.1 5.2 MORTALITA' anni di riferimento n° totale morti tasso grezzo tasso standard* 1994-1998 5 0.3 0.2 1999-2003 8 0.4 0.4 2004-2008 1 0 0.1 *pop. Stand. Umbria 2001 Nel periodo 1994-1998 la classe di età compresa tra i 35 e i 39 anni è risultata quella maggiormente colpita. Nel quadriennio successivo l’incidenza ha registrato un picco in una fascia d’età minore (2024 anni) e si è mantenuta alta nelle classi di età successive, per poi decrescere dopo i 40 anni. Dal 2004 al 2008 il numero maggiore di casi è stato riscontrato in uomini di età compresa tra i 30 e i 34 anni (Figura 4). 13 I TUMORI DEL TESTICOLO . Figura 4. Tasssi di incidenza del tumore del testicolo per classe di età. Umbria 1994-2008. Il tipo istologico più frequente è risultato il seminoma (54,9%) (Tabella 2). Tabella 2. Tipi istologici del tumore del testicolo. Umbria 1994-2008. Tipo istologico Seminoma NAS Carcinoma embrionale NAS Tumore maligno Teratoma maligno NAS Teratocarcinoma Carcinoma NAS Tumore germinale misto Tumore del sacco vitellino Seminoma spermatocitico Corioncarcinoma Tumore a cellule germinali NAS Altri istotipi Totale ICDO3M 9061/3 9070/3 8000/3 9080/3 9081/3 8010/3 9085/3 9071/3 9063/3 9100/3 9064/3 ETIOPATOGENESI La causa prima dei tumori del testicolo, verosimilmente genetica, è sconosciuta, anche se nella quasi totalità dei casi sono state riscontrate anomalie a carico del cromosoma 12, soprattutto del suo braccio corto e del locus del gene p53; è stato inoltre osservato un clustering familiare, in Casi 179 47 23 14 13 9 7 7 6 4 3 14 326 % 54,9 14,4 7,0 4,3 4,0 2,8 2,2 2,2 1,8 1,2 0,9 4,3 100,0 particolare tra fratelli (12). Sono noti però alcuni fattori che potrebbero agire in senso favorente e/o scatenante, rappresentati dalle disgenesie gonadiche e, soprattutto, dal criptorchidismo. È stata osservata infatti un’aumentata incidenza di tumori del testicolo in tutti i soggetti affetti da anomalie di sviluppo del testicolo, sindromi di 14 I TUMORI DEL TESTICOLO femminilizzazione o sindrome di Klinefelter, benché il fattore promovente la trasformazione neoplastica nelle disgenesie gonadiche non sia stato ancora identificato. I soggetti con anamnesi positiva per criptorchidismo hanno un rischio aumentato di sviluppare una neoplasia testicolare (13). Tuttavia, solo il 10% dei tumori a cellule germinali si sviluppa in uomini con primitivo criptorchidismo. Se il criptorchidismo predispone al cancro o se le due condizioni abbiano fattori di rischio comuni non è chiaro. A supporto di una comune eziologia vi è l’evidenza che il 10-25% di uomini con criptorchidismo unilaterale sviluppa un tumore a cellule germinali nella gonade controlaterale (14). Inoltre, entrambe le condizioni sono state associate a fattori di rischio comuni, quali basso peso alla nascita, prematurità e presenza di disgenesie gonadiche (15). Il rischio di sviluppare una neoplasia è tanto maggiore quanto più alta è la sede della ritenzione. Secondo una teoria molto diffusa, quella dell’ipertermia, la degenerazione neoplastica sarebbe determinata dalla aumentata temperatura, rispetto a quella scrotale, a cui il testicolo ritenuto viene esposto. Contro questa ipotesi vi è l’osservazione che la neoplasia incide con la stessa frequenza sia nel testicolo criptorchide non operato che in quello ricondotto nella sua sede naturale (e quindi non più soggetto all’insulto termico). L’insieme di questi fattori fa ritenere che l’evento criptorchidismo (cioè la turba della migrazione del testicolo) non sia altro che un aspetto di un’anomalia più ampia, causata da un fattore verosimilmente genetico. L’esistenza di un’alterazione ormonale viene ammessa da alcuni come possibile fattore scatenante, in base all’osservazione che il tumore del testicolo compare con la massima frequenza durante il periodo della maturità sessuale. Per quanto riguarda i tumori a cellule del Sertoli, il fattore ormonale sarebbe da ricercare nella stimolazione endocrina da parte delle gonadotropine materne ancora presenti nel neonato. Il traumatismo testicolare è spesso invocato dai pazienti come possibile responsabile, in senso causale e temporale, della tumefazione testicolare; esso non va assolutamente considerato un fattore etiologico, ma solo l’occasione per una accurata ispezione del testicolo a cui può seguire la scoperta della massa. Sono considerati altri fattori di rischio la presenza di neoplasia nel testicolo controlaterale, l’infertilità, l’atrofia testicolare, la microlitiasi testicolare, l’esposizione in utero a dietilstilbestrolo, la ginecomastia e l’esposizione occupazionale a cloruro di polivinile (16). 15 I TUMORI DEL TESTICOLO Parte II L. Mearini, E. Nunzi, A. Zucchi, M. Porena ANATOMIA PATOLOGICA CLASSIFICAZIONE I tumori del testicolo possono derivare, anche se con frequenze molto diverse, da tutti i tipi cellulari (epiteliali e non) presenti nell’organo. La classificazione anatomo-patologica attualmente usata è quella della WHO (World Health Organization) (17) che li distingue in: 1) Tumori delle cellule germinali: - neoplasie a cellule germinali intratubulari - seminoma (compresi i casi con cellule sinciziotrofoblastiche) - seminoma spermatocitico (indica se vi è componente sarcomatosa) - carcinoma embrionale - tumore del sacco vitellino - corioncarcinoma - teratoma (maturo, immaturo, con componente maligna) - tumori con più di un tipo istologico (con specificazione della percentuale delle singole componenti). 2) Tumori dello stroma gonadico e dei cordoni sessuali (a partenza dalle cellule interstiziali di Leydig e dalle cellule del Sertoli): - tumore a cellule di Leydig - tumore maligno a cellule di Leydig - tumore a cellule di Sertoli (variante ricca di lipidi, sclerosante, a grandi cellule con calcificazioni) - tumori maligni a cellule di Sertoli - tumore a cellule della granulosa (tipo adulto, tipo giovanile) - tecoma / gruppo fibroma dei tumori - altri tumori dello stroma gonadico o dei cordoni sessuali (misto, non completamente differenziato) - tumori contenenti cellule germinali e dei cordoni sessuali / stroma gonadico (gonadoblastoma). 3) Vari tumori stromali non specifici - tumori ovarici epiteliali - tumori dei dotti collettori e della rete testis - tumori (benigni e maligni) dello stroma non specifici. Esistono poi, di rarissima osservazione, linfomi testicolari, neoplasie secondarie e tumori carcinoidi. Le neoplasie testicolari sono di solito monolaterali e leggermente più frequenti nel testicolo destro. Una bilateralità, sincrona o metacrona e in genere con istologia analoga (frequentemente seminoma), si manifesta solo nel 2% circa dei casi. Tumori a cellule germinali La complessità classificativa dei tumori germinali è determinata dalla loro origine da cellule staminali multipotenti, in grado di differenziarsi in molti oncotipi, i quali possono inoltre variamente associarsi tra di loro per dar luogo, nel 60% circa dei casi, a tumori misti. L’estrema chemiosensibilità delle neoplasie germinali del testicolo, peraltro diversa nei vari istotipi (più lenta nei teratomi maturi, rapidissima nei carcinomi embrionari, intermedia nei seminomi) deriva in buona parte dalla loro elevata velocità di crescita. Seminoma È il più frequente dei tumori germinali (50% circa). Distinguiamo tre varianti istologiche: seminoma tipico (85% dei casi), anaplastico e spermatocitico. Macroscopicamente il testicolo è in genere aumentato di volume e di consistenza. Al taglio l’area neoplastica (che può anche sostituire completamente il testicolo) appare generalmente omogenea, di colorito biancogrigiastro e ben delimitata, anche se non capsulata. Dal punto di vista istologico il tumore è caratterizzato, nella forma tipica, da una grande 16 I TUMORI DEL TESTICOLO uniformità cellulare. Le cosiddette “cellule del seminoma” sono cellule larghe e poligonali, con limiti netti, grande nucleo centrale ed uno o due nucleoli ben visibili, disposte in cordoni o nidi. Le mitosi sono rare. Lo stroma, più o meno abbondante, presenta spesso un’infiltrazione linfocitaria la quale, essendo espressione di una maggiore reattività del sistema immunitario, ha probabilmente significato prognostico favorevole. La variante anaplastica si contraddistingue per lo spiccato polimorfismo nucleare; rispetto al seminoma tipico; questa forma tenderebbe a metastatizzare in una fase più precoce. La variante spermatocitica (7% circa di tutti i seminomi) è da considerare, in effetti, una neoplasia completamente distinta dalle altre due. Si manifesta infatti in una fascia di età più avanzata (intorno ai 65 anni), non metastatizza quasi mai e quindi ha una prognosi molto favorevole. Da un punto di vista istologico la neoplasia è caratterizzata dalla presenza di cellule di svariate dimensioni con nuclei spesso disposti “a spirema”. Carcinoma embrionale Il carcinoma embrionale comprende il 15-20% dei tumori germinali. Il testicolo si presenta in genere di dimensioni normali, ma di consistenza dura. Al taglio la neoplasia (spesso di piccole dimensioni) appare irregolare, priva di capsula e scarsamente delimitata rispetto al tessuto circostante. È frequente il riscontro di zone di necrosi emorragica. All’interno della massa possono essere presenti strutture, definite corpi embrioidi, che riproducono la struttura dell’abbozzo embrionario primitivo. Microscopicamente si osservano voluminose cellule di aspetto epiteliale estremamente polimorfe con citoplasma chiaro e nucleo ipercromatico, disposte in strutture papillari, solide o tubulo-acinose. Il riscontro di mitosi e cellule giganti è frequente. La tendenza a metastatizzare è elevata. Tumore del sacco vitellino Questa neoplasia, conosciuta anche come carcinoma embrionale infantile o tumore del seno endodermico, è frequente in forma pura solo nell’età infantile; nelle età “più avanzate” è invece più comune riscontrarlo in associazione al carcinoma embrionario. Il tumore presenta al taglio un aspetto mucinoso giallo-rossiccio; è costituito da cellule poligonali o cuboidali, generalmente disposte in strutture papillari o solide. Lo stroma è rappresentato da cellule mesenchimali primitive. L’origine della neoplasia da un tessuto extraembrionario, qual è il sacco vitellino, è confermata dalla positività delle cellule per l’alfa-fetoproteina. Metastatizza molto tardivamente. Corioncarcinoma Questa forma, estremamente rara come neoplasia pura (0,5% circa di tutti i tumori germinali) è relativamente più frequente in forma combinata (8% circa). Deriva dalla differenziazione delle cellule del carcinoma embrionario verso strutture di tipo placentare. L’aspetto macroscopico del testicolo può essere normale, perché il tumore è di solito piccolo e scarsamente palpabile; al taglio sono evidenti lacune ematiche e zone di necrosi emorragica, dovute alla crescita tumultuosa che caratterizza questi tumori. Microscopicamente sono presenti elementi cellulari sinciziotrofoblastici (voluminosi, con nuclei ipercromatici e HCG+) e citotrofoblastici (poligonali e con citoplasma chiaro), dai quali dipende l’innalzamento dei livelli ematici della gonadotropina corionica (HCG). Il corioncarcinoma colpisce in genere giovani adulti ed ha un’elevatissima tendenza a metastatizzare sia per via linfatica che per via ematica. Teratoma Con questo termine si identifica un insieme di neoplasie composte da cellule e tessuti derivanti da più linee germinali; rappresentano globalmente 17 I TUMORI DEL TESTICOLO il 5-10% dei tumori del testicolo e, sebbene siano ben differenziati, devono essere considerati potenzialmente maligni. Dal punto di vista macroscopico la neoplasia si presenta in genere sotto forma di una massa voluminosa ed irregolare. Al taglio si riscontra una superficie estremamente varia con aree cistiche (a contenuto mucoso o gelatinoso) ed aree solide composte da tessuti di varia natura, compresi cartilagine ed osso, variamente mescolati tra loro. Microscopicamente si rilevano elementi di derivazione ectodermica (cisti rivestite da epitelio malpighiano cheratino-produttore), endodermica (epiteli di rivestimento dell’apparato digerente o di quello urinario) e mesodermica (tessuto cartilagineo od osseo). Si distinguono tre varietà di teratomi: “maturo”, a prognosi favorevole; “immaturo”, costituito da tessuti meno differenziati della forma precedente e da interpretare come forma di passaggio tra teratoma e carcinoma embrionario; “con trasformazione maligna”, piuttosto raro e caratterizzato dalla presenza di elementi francamente maligni. Quest’ultima varietà non va confusa con il teratocarcinoma, ovvero una forma germinale combinata di teratoma e carcinoma embrionale. Tumori germinali combinati Rappresentano il 60% circa dei tumori del testicolo. Essi derivano dalla combinazione di elementi di più istotipi. Le associazioni più frequenti sono quelle tra: teratoma e carcinoma embrionale (teratocarcinoma); seminoma e carcinoma embrionale; teratoma, carcinoma embrionario, tumore del sacco vitellino e sinciziotrofoblasto. Un’accurata identificazione e quantificazione delle singole componenti è ovviamente fondamentale per un’appropriata scelta terapeutica. La prognosi si correla con quella della forma più aggressiva. Tumori dello stroma gonadico e dei cordoni sessuali Tumori a cellule di Leydig Rappresentano il 3% circa delle neoplasie testicolari. L’aspetto macroscopico è quello di noduli circoscritti; le cellule conservano generalmente la loro morfologia. Possono produrre androgeni e/o estrogeni e dar luogo a pubertà precoce o ginecomastìa. Nel 90% dei casi si tratta di forme benigne. Tumori a cellule di Sertoli Anche questi tumori si presentano in genere sotto forma di piccoli noduli. Microscopicamente sono costituiti da cellule con morfologia ben conservata, disposte a formare strutture trabecolari o tubuli seminiferi immaturi. Come i tumori a cellule di Leydig, sono nel 90% dei casi forme benigne. Tumori “misti” Si tratta di forme abbastanza rare e, a differenza dei tumori germinali combinati, contengono sia elementi germinali che elementi derivanti dallo stroma gonadico. Il gonadoblastoma, appartenente a questo gruppo, si manifesta solo in gonadi disgenetiche ritenute di soggetti con fenotipo femminile. MODALITÀ DI DIFFUSIONE La diffusione metastatica dei tumori del testicolo avviene prevalentemente per via linfatica, soprattutto per i seminomi, raggiungendo le stazioni regionali paracavali, paraortiche ed interaortocavali; esistono connessioni tra queste stazioni regionali ed i linfonodi iliaci interni (più raramente gli iliaci esterni) e soprattutto tra catene linfonodali dei due lati. È importante ricordare che, nei soggetti sottoposti in precedenza ad interventi chirurgici nella regione inguinale, le prime stazioni colpite possono essere proprio quelle inguinali, senza interessamento dei linfonodi retroperitoneali. Dai linfonodi lateroaortici la diffusione metastatica può 18 I TUMORI DEL TESTICOLO estendersi ai linfonodi mediastinici e sopraclaveari o anche ad altre sedi distanti mediante la circoIazione generale. La via ematogena è caratteristica soprattutto dei non-seminomi, con sedi secondarie ai polmoni e al fegato, ma anche ad encefalo ed ossa. Il tessuto metastatico non sempre riproduce la stessa istologia del tumore primario. QUADRO CLINICO La maggior parte dei pazienti si rivolge al medico per la presenza di una tumefazione scrotale indolente, di consistenza dura e in genere di volume aumentato, la cui insorgenza viene spesso attribuita ad un pregresso trauma. Nel 20% circa dei casi, specie nei tumori non seminomatosi, la tumefazione può associarsi a dolore. Più raramente il dolore, di tipo gravativo con irradiazione al funicolo ed alla regione lombare omolaterale, dovuto a stiramento del funicolo per aumentato peso del testicolo e quindi legato alla stazione eretta, può rappresentare l’unica manifestazione della malattia in fase iniziale. Nel 10% dei casi, soprattutto nelle forme non seminomatose, la neoplasia può manifestarsi con segni e sintomi riferibili a metastasi a distanza: dispnea, presenza di masse addominali, perdita di peso, anoressia, adenopatie cervicali e ginecomastia. Quest’ultima, presente nel 5% circa dei casi, spesso bilaterale, è causata da uno squilibrio tra secrezione androgenica ed estrogenica. DIAGNOSI Qualsiasi tumefazione del testicolo va considerata, fino a dimostrazione del contrario, di sospetta natura neoplastica, specie se insorta in un soggetto giovane e con le caratteristiche cliniche precedentemente descritte. Ugualmente sospetto va considerato un idrocele che sia insorto in un soggetto giovane, senza precedenti di flogosi genitali. Esame obiettivo La morfologia del testicolo può essere più o meno alterata dalla tumefazione che, di solito, è dura, indolente e non transilluminabile. Un aspetto molto irregolare e bernoccoluto è tipico del teratoma. Un dato clinico molto caratteristico è la perdita alla digitopressione della tipica sensibilità dell’organo. Il riscontro di una normale dolorabilità testicolare non esclude però con certezza la presenza di una piccola neoplasia profonda, incapace di ridurre in maniera significativa la sensibilità del parenchima normale circostante. Un coinvolgimento dell’epididimo si ha solo nel 20% dei casi, a differenza della cute scrotale, quasi mai interessata. La manovra di pinzamento della vaginale è positiva. La diagnosi differenziale va posta essenzialmente con le oramai infrequenti forme specifiche, a decorso lento o spento. Potrà essere utile a questo riguardo l’anamnesi e la ricerca di eventuali altri foci a livello dell’apparato urinario o di altri distretti dell’organismo. Un elemento obiettivo differenziale è rappresentato dall’interessamento prevalente dell’epididimo nelle forme specifiche, a differenza dell’interessamento del didimo e del raro coinvolgimento dell’epididimo nelle neoplasie. La manovra di pinzamento della vaginale è inoltre negativa. Diagnostica per immagini La necessità di esami di diagnostica per immagini si riduce, in questa fase, alla sola ecografia, capace di rilevare l’esistenza di processi espansivi anche se localizzati in profondità e difficilmente palpabili, nonché l’eventuale interessamento della vaginale e dell’epididimo. L’indagine può essere particolarmente utile allorché esista un idrocele secondario che ostacoli la palpazione del testicolo. Nei casi dubbi, e comunque come completamento diagnostico, può essere utile una RM del testicolo per una più corretta definizione densitometrica. 19 I TUMORI DEL TESTICOLO Markers tumorali sierici Di indiscussa utilità è la determinazione dei markers tumorali hCG, AFP e LDH, i quali risultano elevati in una larga percentuale dei casi di tumori non seminomatosi. La gonadotropina corionica (hCG) è stata il primo marker individuato in soggetti affetti da tumori del testicolo; viene prodotta dalle cellule sinciziotrofoblastiche e risulta elevata nel 10% dei seminomi e nel 40-60% dei non seminomi, soprattutto corioncarcinomi; viene dosata la catena beta della molecola (beta-hCG), specifica di questo ormone. L’Alfafetoproteina (AFP) è una sieroglobulina prodotta dalle cellule del sacco vitellino e dall’intestino fetale. Risulta aumentata nelle malformazioni fetali, nei processi di rigenerazione epatica, per intensa proliferazione degli epatociti o per la presenza di tumori. Nell’ambito delle neoplasie testicolari si riscontrano aumenti dell’AFP nelle forme non seminomatose e nei seminomi non puri, che presentano cioè elementi non seminomatosi. La latticodeidrogenasi (LDH) può essere elevata in molti tipi di tumore del testicolo. L’LDH è un enzima che viene rilasciato nel sangue in caso di danno o necrosi cellulare. Non è specifico per il tumore, ma può aggiungere informazioni importanti, utili nella diagnosi, nella stadiazione, ma soprattutto nel follow-up. È importante ricordare che i markers, oltre che in fase diagnostica e di stadiazione, sono di fondamentale importanza per il successivo followup del paziente. L’esecuzione di biopsie a scopo diagnostico è sempre da proscrivere per i gravi rischi di disseminazione metastatica che comporta. radicale (pT). Nella categoria N viene indicato lo stato dei linfonodi regionali. I linfonodi inguinali e intrapelvici vanno considerati regionali solo nel caso di intervento chirurgico scrotale o inguinale. La categoria (S) è riferita ai valori di nadir dei markers tumorali (AFP, HCG e LDH) dopo orchiectomia. Stadiazione clinica Ha lo scopo di verificare l’estensione della malattia in modo da programmare, dopo l’esecuzione dell’esame istologico, il trattamento terapeutico più appropriato. Dopo l’orchiectomia diagnostica, è fondamentale effettuare il monitoraggio post-operatorio dei markers (nel caso ovviamente che questi fossero già alterati) per verificarne l’azzeramento nei tempi dovuti (il tempo di dimezzamento è di circa 2 giorni per la hCG e 5 giorni per l’AFP; parametro S della stadiazione). Il mancato azzeramento costituisce un pesante indizio di malattia residua (metastasi). La valutazione dell’estensione alle stadiazioni linfonodali e a tutte le altre sedi di possibile interessamento secondario, può essere fatta inizialmente mediante ecografia e Rx torace, ma va in ogni caso completata con una TC total body, che serve a valutare i parametri N ed M della stadiazione, con elevata sensibilità ma bassa specificità (19, 20); la PET-TC non raccomandata per lo staging della malattia riveste un ruolo interessante nel follow-up (21-24). La valutazione più accurata dell’eventuale interessamento linfonodale metastatico si ottiene però senza dubbio, nelle forme non seminomatose, con la linfadenectomia retroperitoneale, che unisce al tempo diagnostico quello terapeutico. STADIAZIONE La più utilizzata è quella del sistema di stadiazione TNM; la classificazione TNM è valida solo per le neoplasie germinali e richiede la conferma dell’istologia tumorale (Tabella 2) (18). Il grading non è esprimibile. Per la definizione di T è necessaria l’effettuazione dell’orchiectomia 20 I TUMORI DEL TESTICOLO Tabella 2. TNM T: tumore primitivo pTX tumore non definibile pT0 non evidenza di tumore pTis neoplasia a cellule germinali intratubulare (carcinoma in situ) pT1 tumore limitato al testicolo ed epididimo senza invasione vascolare o linfatica: il tumore può invadere la tunica albuginea ma non la vaginale pT2 tumore limitato al testicolo ed epididimo con invasione vascolare o linfatica, o tumore che invade la tunica albuginea con coinvolgimento della vaginale pT3 tumore che invade il funicolo spermatico con o senza invasione linfatica o vascolare pT4 tumore che invade lo scroto con o senza invasione linfatica o vascolare N: linfonodi regionali clinici NX N0 N1 N2 linfonodi regionali non definibili assenza di metastasi nei linfonodi regionali metastasi con diametro linfonodale massimo di 2 cm o multipli, nessuno con diametro maggiore di 2 cm metastasi con diametro linfonodale maggiore di 2 cm ma inferiore a 5 cm o multipli, nessuno con diametro maggiore di 5 cm N3 metastasi con diametro linfonodale maggiore di 5 pN : linfonodi regionali patologici pNX linfonodi regionali non definibili pN0 assenza di metastasi nei linfonodi regionali pN1 metastasi con diametro linfonodale massimo di 2 cm o multipli, nessuno con diametro maggiore di 2 cm pN2 metastasi con diametro linfonodale maggiore di 2 cm ma inferiore a 5 cm o più di 5 linfonodi positivi, nessuno con diametro maggiore di 5 cm; o evidenza di estensione extralinfonodale pN3 metastasi con diametro linfonodale maggiore di 5 M: metastasi a distanza MX metastasi a distanza non evidenziabili M0 assenza di metastasi a distanza M1 metastasi a distanza M1a linfonodo/i non regionali o polmone M1b altri siti S: markers tumorali sierici Sx markers tumorali sierici non valutabili o non disponibili S0 markers tumorali sierici nei limiti della norma LDH (U/l) hCG (mIU/ml) AFP (ng/ml) S1 < 1.5 x N e < 5000 e < 1000 S2 1.5-10 x N o 5000-50000 o 1000-10000 S3 > 10 x N o > 50,000 o > 10000 N = limite superiore dei valori normali LDH = lattico deidrogenasi hCG = gonadotropina corionica umana AFP = alfa-fetoproteina Stage IA Stage IB Stage IS pT1 pT2, pT3 or pT4 Any patient/TX N0 N0 N0 M0 M0 M0 S0 S0 S1-3 21 I TUMORI DEL TESTICOLO FATTORI PROGNOSTICI Per lo stadio I dei seminomi le dimensioni del tumore (> 4 cm) e l'invasione della rete testis sono stati identificati come i fattori predittivi più importanti di recidiva (25). Per lo stadio I delle forme non-seminomatose l'invasione vascolare o linfatica del tumore primario è il più importante fattore predittivo di malattia metastatica occulta. Il tasso di proliferazione, così come la percentuale di carcinoma embrionale, sono fattori aggiuntivi che migliorano il valore predittivo di invasione vascolare (26, 27). TERAPIA L’orchifuniculectomia per via inguinale è sempre il primo atto, contemporaneamente terapeutico, diagnostico e stadiante. Successivamente, le modalità di trattamento delle neoplasie del testicolo variano a seconda del tipo istologico (seminomi e non-seminomi), dell’estensione clinica della malattia e dei fattori prognostici. Le principali differenze nel trattamento derivano, sostanzialmente, dalla notevole radiosensibilità dei tumori seminomatosi rispetto a quelli non seminomatosi. Seminomi Stadio clinico I Nel 15-20% dei pazienti con seminoma sono presenti delle metastasi subcliniche, generalmente localizzate a livello retroperitoneale (28); la sola osservazione permette di evitare un sovratrattamento nell’80% dei casi, tuttavia è necessario un lungo follow-up. La radioterapia adiuvante sulle stazioni linfonodali para-aortiche o paraaortiche e iliache omolaterali con dosi ridotte (2024 Gy) è in grado di ridurre il tasso di ripresa di malattia solo del 2-3% (29-32). Un’alternativa di trattamento è un singolo ciclo di carboplatino, efficace al pari della radioterapia del retroperitoneo. Stadi clinici IIA/B Costituiscono il 20% circa dei seminomi al momento della diagnosi. Il trattamento di scelta è sempre quello di una radioterapia adiuvante sui linfonodi para-aortici e iliaci omolaterali con una sopravvivenza libera da malattia a 6 anni pari al 95%, mentre la sopravvivenza globale è prossima al 100% (33, 34). Stadi avanzati Rappresentano il 5-10% dei tumori al momento della diagnosi; devono essere trattati con chemioterapia sistemica, utilizzando gli schemi impiegati per i tumori non-seminomatosi. Non-seminomi Stadio clinico I Costituisce lo stadio di presentazione nel 40% circa dei casi e la scelta del trattamento più opportuno va fatta, dopo l’orchifunicolectomia per via inguinale, fra tre opzioni: una protocollo di attenti controlli con markers, Rx torace e TC, seguiti da chemioterapia sistemica nel caso di recidiva (che si manifesta nel 30% dei casi) (3436); un intervento di linfadenectomia retroperitoneale “nerve sparing” (per evitare o ridurre il rischio di eiaculazione retrogada), in grado spesso di eradicare le possibili metastasi linfonodali retroperitoneali (sede secondaria più frequente) con conseguente guarigione nel 90% circa dei casi (37-40); due cicli di cisplatino, etoposide, bleomicina. Nel caso si riscontrino linfonodi positivi all’intervento può essere indicata l’effettuazione di due cicli di chemioterapia adiuvante con schemi contenenti cisplatino-etoposide-bleomicina. La probabilità di guarigione è, globalmente, intorno al 70% (41). Stadi clinici II A/B e Stadi avanzati Il trattamento di scelta degli stadi II è rappresentato dalla chemioterapia sistemica dopo orchifuniculectomia; l’alternativa potrebbe essere la linfadenectomia retroperitoneale con chemioterapia adiuvante. La chemioterapia con 3 o 4 cicli di PEB (Bleomicina, Etoposide, Cisplatino) è in grado di determinare remissioni 22 I TUMORI DEL TESTICOLO complete in una buona percentuale dei casi, con modesta tossicità. Altre combinazioni utilizzate, anche in caso di refrattarietà o recidiva di malattia, sono: PEI/VIP (Cisplatino, Etoposide, Ifosfamide), TiP (Paclitaxel, Ifosfamide, Cisplatino) o VeIP (Vinblastina, Ifosfamide, Cisplatino) (generalmente 4 cicli) con probabilità di guarigione globalmente nell’ordine del 75% (4248). 23 I TUMORI DEL TESTICOLO BIBLIOGRAFIA 1. Chia VM, Quraishi SM, Devesa SS, Purdue MP et al. International trends in the incidence of testicular cancer, 1973–2002. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 2010 May;19(5):1151–1159. 2. Huyghe E, Matsuda T, Thonneau P. Increasing incidence of testicular cancer worldwide: a review. J Urol 2003;170:5–11. 3. Purdue MP, Devesa SS, Sigurdson AJ, McGlynn KA. International patterns and trends in testis cancer incidence. Int J Cancer 2005;115:822–7. 4. Bray F, Ferlay J, Devesa SS, McGlynn KA, Moller H. Interpreting the international trends in testicular seminoma and nonseminoma incidence. Nat Clin Pract Urol 2006;3:532–43. 5. 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Numero 3 - Il Registro Rumori Infantili Umbro-Marchigiano. - La ricerca dei tumori professionali nell’ambito del progetto OCCAM. Numero 4 Il quadro epidemiologico per la programmazione della prevenzione oncologica regionale in Umbria. Numero 5 - Incontro con il Gruppo multidisciplinare regionale per le neoplasie tiroidee in Umbria. Perugia 28/29 ottobre 2010. Tavola rotonda: Utilità della creazione di registri regionali dei carcinomi della tiroide. o L’esperienza del gruppo multidisciplinare regionale per le neoplasie della tiroide. o Registro Tumori Umbro di Popolazione (RTUP) e carcinoma della tiroide. Numero 6 - Incontro con il Gruppo multidisciplinare regionale per le neoplasie tiroidee in Umbria. Perugia 28/29 ottobre 2010. Tavola rotonda: Utilità della creazione di registri regionali dei carcinomi della tiroide. o Registro Siciliano dei Tumori della tiroide. - Convegno: Nuove acquisizioni nella gestione clinica del carcinoma della tiroide di origine follicolare: cosa dicono le linee guida? Numero 7 - Neoformazioni della cute e del cavo orale. Melanoma. Terni 13.11.2010 o L’epidemiologia dei tumori cutanei in Umbria. o Prevenzione primaria e secondaria dei tumori cutanei. 28