Foto di Ali Oz
Disegno di Goethe per il Faust
martedì 13 gennaio 2009, ore 21
Teatro Municipale Valli
Balletto dell’Opera di Kiev
DON CHISCIOTTE
balletto in tre atti e un prologo
© A. Anceschi
Foto Orlando Sinibaldi
musica
Ludwig Minkus
libretto
Marius Petipa dal romanzo omonimo di Miguel de Cervantes
coreografia
Marius Petipa, Alexander Gorskij e Kas’jan Golejzovskij
scene e costumi
Volodimir Aref’ev
Kitri Anna Dorosˇ
Basilio Sergej Sidorskij
ˇ ˇ
La Ballerina di strada Kristina Sispor
ˇ ˇ
La Regina delle Driadi Kristina Sispor
Espado Alexander Sapoval
Le amiche Ol’ga Golica, Tat’jana Lezova
Danza gitana Ksenija Ivanenko
Mercedes Oksana Guljaeva
Don Chisciotte Dmitrij Kljavin
Sancho Panza Yurii Korobcevskij
ˇ
Lorenzo Sergej Skuz’
ˇ
Gamache Vjaceslav
Stel’mah
Cupido Marija Tkalenko
Tre ragazze spagnole Ol’ga Brzezinskaja,
Ol’ga Zareckaja,
ˇ
Ana Vasil’eva
ˇ
Bolero Oksana Guljaeva, Alexander Sapoval
in collaborazione con ATERDANZA
Foto di Ali Oz
personaggi e interpreti
Foto di Ravi Deepres
E subito prese a cacciarsi in mezzo
agli altri compagni, eseguendo tanti
e tanti giri e con tale maestria che
sebbene Don Chisciotte fosse abituato a vedere simili balli, nessuno
gli era sembrato tanto bello quanto
quello.
Ecco Don Chisciotte, nel mezzo delle sue avventure, spettatore attento
e curioso di un’esibizione di danza,
lui, così impacciato nei movimenti e
così sensibile alla bellezza.
Ed ecco questa sera Don Chisciotte, balletto brillante e impetuoso
sul tema dell’amore, commedia in
forma di danza e pantomima che
della passione più celebre mette
in scena i due estremi, l’ideale e il
reale: la poesia – l’amore astratto e
puro di Don Chisciotte per l’immaginaria Dulcinea del Toboso – e la
prosa – l’amore infuocato e ribelle
dei popolani Kitri e Basilio.
La fonte letteraria del soggetto è un
episodio del secondo libro del Don
Chisciotte di Miguel de Cervantes,
in cui le nozze sontuose tra il ricco
Camache e la bella Quiteria vengono interrotte e annullate da uno
stratagemma di Basilio, un povero
pastore di lei perdutamente innamorato che con l’astuzia riscatta lo
svantaggio e guadagna per entrambi l’happy end.
Il racconto di Cervantes – colorito,
divertente, ricco di suspense e con
un finale sorprendente – ispirò gli
autori di balletto fin dal Settecento,
forse anche perché, già ricco di
danza grazie alla vivida descrizione
dei balli che precedono il matrimonio, fornisce contemporaneamente
al coreografo un soggetto comicoromantico originale e un contesto
“esotico” in cui dispiegare le allora
amatissime danze di carattere.
I Don Chisciotte di impianto classico
che vediamo oggi discendono dal
balletto creato da Marius Petipa –
su musiche di Ludwig Minkus – nel
1869 per il Bolshoi di Mosca, e poi
da lui stesso riallestito in una nuova
veste per il teatro di San Pietroburgo nel 1871. Nel 1900 Aleksandr
Gorskij consegnò al nuovo secolo
la propria versione per il Bolshoi,
che, molto moderna per quei tempi,
dotava ogni personaggio di caratteri
propri e animava gli insiemi rendendoli più realistici (ancora negli anni
Settanta il cavaliere e il suo scudiero
entravano in scena con un cavallo
e un mulo veri!); essa divenne la
base degli adattamenti successivi,
tra cui quello di Kas’jan Golejzovskij
interpretato questa sera dal Balletto
dell’Opera di Kiev. Siamo dunque
nel solco della leggendaria scuola
russo-sovietica, che ha consacrato
Don Chisciotte nell’Olimpo dei balletti più famosi fissandone i caratteri,
lo stile e gli immancabili pezzi di bravura, anche se altri balletti ispirati al
famoso hidalgo – alle sue avventure
o alla sua figura – sono venuti sia prima (Hilverding, Noverre, Didelot…)
che dopo (Balanchine, Baryshnikov,
Neumeier…). In particolare, nei
teatri dell’Europa occidentale fu la
versione colta ed elegante messa a
punto da Nureyev nel 1966 a far conoscere Don Chisciotte, che, prima
della seconda metà del Novecento,
non era praticamente mai uscito
dalla patria russa.
Come capì bene lo stesso Nureyev,
“nel libro c’è così tanto che in un
balletto si può sfiorare solamente
la superficie” ed è vano accostar-
si a questo balletto cercandovi la
complessità, la profonda filosofia e
l’ironia del Don Chisciotte di Cervantes. Petipa, marsigliese passato per
Madrid, immaginava per il pubblico
russo un balletto dal sapore mediterraneo e col Don Chisciotte creò
un capolavoro di danze briose e
frizzanti, pieno di toreri e di zingare, di nacchere e tamburelli, in cui
tutto il corpo di ballo è chiamato
ad esprimersi secondo i clichés del
temperamento latino più passionale
e spavaldo e le algide figure della
danza accademica assorbono i
tratti e l’energia dei balli del folklore
spagnolo.
Ma il balletto, in questo caso, non
si appropria di un titolo celebre
solo per inanellare belle danze appoggiandosi a una traccia nota (e
peraltro i personaggi e l’intreccio del
racconto subiscono, nel passaggio dal testo alla scena, modifiche
sostanziali). Nonostante l’evidente
intraducibilità del romanzo nelle forme e nei tempi della danza teatrale,
infatti, è su un piano più astratto che
– ci sembra – quella tensione tra
ideale poetico e realtà prosaica che
è il cuore dell’opera di Cervantes
trova nell’architettura del balletto
classico-romantico un approdo
felice e una sintesi visiva delle più
efficaci. La struttura tipica del balletto ottocentesco – al centro un atto
“bianco” notturno e sovrannaturale,
preceduto e seguito da atti “terreni”
con scene corali e pantomimiche
– rispecchia qui in termini teatrali i
due poli dell’esistenza e della ragion
d’essere di Don Chisciotte: gli ideali
cavallereschi che muovono il suo
agire e la greve realtà quotidiana
che lo circonda, portati a sintesi
Maria Cecilia Bizzarri
(le citazioni sono tratte da: Miguel
de Cervantes, Don Chisciotte della
Mancia, parte seconda, cap. XX)
Sinossi
Prologo: Don Chisciotte, influenzato
dai romanzi cavallereschi, decide di
intraprendere un viaggio per compiere nobili gesta cavalleresche nel
nome della dama dei suoi sogni, la
bella Dulcinea. A tal fine, Sancho
Panza – suo fedele servitore – viene
nominato anche suo scudiero. Sancho è uomo concreto e per niente
incline al sogno.
Atto I
Festa a Barcellona. Tra la folla si
intravede Kitri, la figlia dell’oste, che
conversa amabilmente con Basilio,
il barbiere del villaggio e suo innamorato.
Lorenzo, il padre di Kitri, ritiene che
un barbiere non faccia per lei e la
vuole dare in sposa a Gamash, un
ricco aristocratico.
Vedendoli insieme, Lorenzo va subito in collera e caccia Basilio. Kitri
si rifiuta di obbedire alla volontà del
padre. Al culmine della festa Don
Chisciotte e il suo scudiero entrano
nella piazza.
Alla vista dell’oste, Don Chisciotte
Atto II
Scena I Un accampamento di gitani in una radura nei pressi di un
mulino a vento. C’è anche il teatro
delle marionette. Don Chisciotte
e Sancho Panza vengono invitati
a vedere lo spettacolo. Don Chisciotte vi partecipa con eccitazione.
Dimenticandosi di essere davanti a
un teatrino, Don Chisciotte irrompe
sulla scena armato per proteggere
le vittime degli abusi e gli oppressi.
Rompe il teatrino e getta qua e là
le marionette. Scorge poi il mulino
a vento e lo scambia per il genio del
male da sconfiggere, ma una pala
del mulino lo solleva in aria.
Scena II Don Chisciotte e Sancho
Panza si ritrovano in una foresta.
Don Chisciotte immagina di vedere Dulcinea circondata da driadi e
cupidi.
Scena III Kitri e Basilio sono in una
taverna. Arrivano Lorenzo, Gamash
e Don Chisciotte. L’oste vuole subito annunciare il fidanzamento di
Kitri e Gamash. Basilio, però, finge
il suicidio, come precedentemente
concordato con Kitri. La ragazza
finge di piangere sul corpo morto
dell’innamorato.
Don Chisciotte è in preda ad un
momento di nobiltà d’animo. Rimprovera l’oste senza cuore e sotto il
ricatto della sua spada lo costringe
ad acconsentire al matrimonio di
sua figlia col barbiere.
operistiche italiane e spettacoli di
danza con la presenza delle grandi
étoile dell’epoca.
Tuttavia, tali produzioni non riuscivano a soddisfare le richieste del sofisticato pubblico di Kiev e nell’estate
1867 Ferdinand Berger, famoso
impresario, crea la prima compagnia di canto stabile della città. Nella
sua prima stagione, la compagnia di
canto stabile del Teatro dell’Opera
di Kiev presenta La Sirena di Aleksander Dargomyžskij, Russlan e
Ludmilla di Michail Glinka e Notte di
Natale di Nikolaij Lisenko.
Ben presto il teatro acquista una
grande reputazione artistica tanto
che lo stesso Ciajkovskij inizia a
presentare le sue opere su questo
palcoscenico: Oprychnyk (1974),
Evgenij Oneghin (1984), Mazeppa
(1886) e La dama di picche (1890).
Il compositore stesso dirige due
concerti con l’Orchestra Sinfonica
dell’Opera di Kiev. Il decennio 18801890 è per il teatro un periodo molto
florido. Moltissime opere russe e di
artisti stranieri vengono presentate
sul suo palcoscenico e tutte riscuotono un grande successo per
l’elevata qualità artistica degli interpeti: tra queste, Notte di maggio di
Rimskij-Korsakov, Il prigioniero del
Caucaso di Kuyi, I Maccabei e Demon di Anton Rubinstein, Carmen di
George Bizet, Tannhäuser e L’olandese volante di Richard Wagner e
Le nozze di Figaro di W. A. Mozart.
Il 4 febbraio 1896, dopo la matineé
di Evgenij Oneghin, un incendio
scoppia in uno dei camerini del teatro. Alcune ore dopo, l’intero edificio
viene distrutto.
L’amministrazione comunale decide
quindi di contattare il famoso architetto Viktor Shreter e gli commissiona la progettazione di un nuovo
edificio; il 16 settembre 1901 il Teatro dell’Opera di Kiev riapre i battenti
con una struttura da 1683 posti,
moderna e confortevole in stile
neo-rinascimentale. Il nuovo Teatro
dell’Opera inaugura le sue attività
con Kiev, una cantata di Wilhelm
Hartweld che celebra la capitale
dell’Ucraina.
Il 18 ottobre 1931 nasce ufficialmente la prima compagnia di ballo
dell’Ucraina con la presentazione di
Pan Kanjovskij di Verikovskij. La seconda guerra mondiale interrompe
le attività del teatro che riprendono
nel 1945.
Gli anni del dopoguerra vedono una
programmazione piuttosto varia.
Numerosi giovani artisti entrano a far
parte della Compagnia, modificando
radicalmente il modo di interpretare
le opere classiche e i balletti.
Il Balletto dell’Opera di Kiev diventa
una delle più grandi Compagnie
europee.
Dal 1950 la Compagnia intraprende
tournée internazionali ottenendo
grande successo in Bulgaria, Jugoslavia, Ungheria e Francia. Nel
1964 il Balletto dell’Opera di Kiev
partecipa al Festival internazionale
Victor Yaremenko
Direttore Artistico Foto di Ravi Deepres
È una personalità di rilievo nel mondo della danza contemporanea
ucraina. La sua carriera di ballerino
è strettamente legata al Teatro dell’Opera di Kiev del quale entra a far
parte nel 1981 dopo aver ottenuto
il diploma alla Moscow Ballet Academy. Le sue grandi capacità - flessibilità, elevazione nel salto, dinamicità ed espressività - gli permettono
di interpretare l’intero repertorio
della tradizione classica e contemporanea russa ed internazionale.
Yaremenko è stato insignito di premi
e onorificenze in numerose competizioni internazionali di danza (Mosca,
Tokyo e Varna). Alla fine della stagione 1999-2000 è diventato Direttore
Artistico del Balletto dell’Opera di
Kiev. Sotto la sua direzione artistica,
la Compagnia ha intrapreso tournée
in tutto il mondo.
Nel 2001 il suo debutto coreografico, il balletto in un atto intitolato
Shéhérazade, su musica di Rimskij-Korsakov ottiene un grande
successo. Nel 2002 in Germania,
Svizzera e a Kiev presenta un’altra
coreografia, Petroushka, su musica
di Igor Stravinskij.
Tra le sue ultime produzioni, Il Corsaro, Raymonda e coreografie in varie opere, tra le quali Turandot di G.
Puccini, Gioconda di A. Ponchielli, e
Faust di C. Gounod.
Atto III
Il matrimonio.
Balletto dell’Opera di Kiev
La storia del Teatro dell’Opera di
Kiev inizia il 27 ottobre 1867 con la
prima rappresentazione de La Tomba di Askold di Oleksij Verstovskij;
è la prima opera allestita con una
compagnia di canto permanente. La
Tomba di Askold celebra un evento
storico molto importante: la cristianizzazione della Russia da parte
del Principe Vladimir nell’889 a.C.,
iniziata da Kiev ed estesa poi al territorio occupato dall’attuale Russia e
Ucraina (Rus). Dopo aver adottato
la religione cristiana come religione
di stato, la Rus viene ufficialmente
ammessa tra le nazioni civilizzate.
Il 1867 segna una data storica per
la cultura musicale ucraina; il Teatro
dell’Opera di Kiev alza il sipario per
la prima volta. L’apertura di un teatro
d’opera permette alla città di Kiev di
essere elevata allo stesso livello culturale di Mosca e San Pietroburgo,
le uniche due città ad avere un teatro dell’opera con masse artistiche
permanenti all’epoca.
La costruzione di un teatro d’opera a Kiev non segna però l’inizio
di un’attività operistica e di danza
nella città. Il primo teatro della città
era infatti stato costruito nel 1805 e
presentava regolarmente produzioni
di danza classica di Parigi. Erano
quasi trent’anni che la Compagnia
non partecipava a dei festival; l’ultima volta risaliva infatti al 1935 e alla
sua partecipazione al London International Folklore Dance Festival,
dove vinse la medaglia d’oro.
Al Festival di Parigi la Compagnia
viene insignita dell’Etoile d’or dell’Accademia della danza francese,
mentre due solisti (Iraida Lukashova
e Valerij Parsegov) ricevono il premio Anna Pavlova e il premio Vaslav
Nijinsky.
Le rappresentazioni del Balletto dell’Opera di Kiev a Parigi diventano un
evento di portata europea.
Dal 1992 al 2000 la Compagnia
viene diretta da un noto coreografo
ucraino, Anatolij Shekera, che ha
svolto un ruolo di primaria importanza nello sviluppo del balletto ucraino
negli ultimi tre decenni del XX secolo, dedicandosi sia alla danza classica sia a quella moderna.
La sua messa in scena del balletto
Romeo e Giulietta di Sergej Prokof’ev è stata rappresentata in tutto
il mondo per oltre trent’anni ed ha
ricevuto la medaglia dell’UNESCO
come migliore interpretazione del
balletto di Prokofiev.
Oggi la Compagnia è diretta da
Victor Yaremenko, Artista Emerito
del Popolo Ucraino, uno dei più importanti solisti dell’attuale Compagnia. Ha debuttato come coreografo nella produzione di Shéhérazade
di Rimskij-Korsakov alla quale sono
seguiti nuovi allestimenti di Corsaro,
Petrushka e Raymonda.
La Compagnia è molto famosa in
Germania, Svizzera, Danimarca,
Giappone, Ungheria, Spagna, Italia,
Stati Uniti, Canada, Messico, America Latina e Australia.
Foto di Nick Mead
… dopo di che finì il ballo, con gran
divertimento degli spettatori. Don
Chisciotte domandò a una delle
ninfe chi lo aveva composto e messo su; gli rispose che era stato un
beneficiario del paese il quale aveva
una spiccata capacità nell’architettare cose di simil genere.
pensa di trovarsi di fronte ad un
castellano e lo saluta con deferenza. L’oste risponde al saluto e lo
invita a visitare il villaggio. Sancho
Panza rimane nella piazza e viene
circondato da alcuni giovani che lo
invitano a partecipare alle danze. Lo
scudiero implora pietà in tutti i modi,
ma questi lo spingono su un telone
e lo lanciano in aria. Don Chisciotte
si affretta a soccorrere il proprio
servitore.
Appare Kitri; Don Chisciotte la confonde con la bellissima Dulcinea,
“l’innamorata dei suoi sogni”. Ma
Kitri è già svanita; è fuggita con
Basilio. Lorenzo, Gamash e Don
Chisciotte partono alla ricerca dei
due amanti.
Foto di Ali Oz
nella lettura costantemente distorta
e “folle” di ciò che gli accade.
Così, trova una ragione profonda
la parte centrale del balletto, tanto
diversa dal resto, in cui Don Chisciotte, stordito dalla lotta con i
mulini a vento, sogna, danzante in
mezzo alle driadi e agli amorini, la
bella dama Dulcinea che ispira le
sue gesta (tradizionalmente interpretata dalla stessa danzatrice che
interpreta Kitri, a sottolineare la confusione mentale del cavaliere). Essa
da un lato soddisfa il requisito stilistico dell’atto “bianco” e dall’altro
traduce l’aspetto lirico dell’originale
letterario, rivelando nel personaggio
eponimo (poco importa, allora, che il
suo ruolo sia solo pantomimico e, di
fatto, minore) l’indispensabile collante dell’intero balletto. E se l’amoresogno di Don Chisciotte per Dulcinea non può che configurarsi come
una sequenza di assoli e insiemi al
femminile di suprema delicatezza e
armonia, di cui lo stesso hidalgo si
fa solo spettatore, la passione tutta
terrena di Kitri e Basilio, protagonisti
“danzanti” di questo balletto, si manifesta in alcune delle variazioni più
famose della storia della danza, da
quella di Kitri nel primo atto, con i
salti a schiena inarcata e i giri veloci
a ventaglio spiegato di cui fu interprete eccezionale Maja Plisetskaja,
al grand pas de deux del finale, in
cui l’ardore ispanico torna gradualmente nei ranghi del rigore accademico. Ma, come è stato notato,
Don Chisciotte è anche il balletto
in cui trionfa il “popolo”, dal quale
i due protagonisti emergono e nel
quale sempre si rituffano: la malia
del corteggiamento domina anche
le danze dei toreri e delle paesane,
dei gitani e degli invitati alla festa,
in un turbinio di mantelle e tricorni,
spade sguainate e tutù a balze, salti
possenti e profondissimi cambrés.
Don Chisciotte, cap. XX
Appena la bianca aurora aveva
ceduto il luogo al rilucente Febo,
affinché coll’ardore de’ suoi lucenti
e caldi raggi asciugasse le liquide
perle dei suoi capelli d’oro, don
Chisciotte, scuotendo la pigrezza
delle sue membra, rizzossi in piè,
e chiamò il suo scudiere Sancio,
il quale tuttavia stava ronfando.
Vedutolo dormire a quel modo,
prima di svegliarlo sclamò:
– Oh tu bene avventurato sopra
quanti vivono sulla faccia della
terra, perché senza invidiare
né essere invidiato, riposando
stai con tranquillo sonno, né
incantatori ti perseguitano, né ti
agitano incantamenti! Dormi, tel
dico, te lo ripeto, ed altre cento
volte te lo andrò ripetendo, dormi
senzaché ti tengano in perpetua
veglia le gelosie per la tua dama,
o ti destino pensieri affannosi di
debiti, o la cura d’alimentare te e la
tua piccola ed angustiata famiglia!
Ora né l’ambizione t’inquieta, né
ti molestano le vane pompe del
mondo, poiché i tuoi desideri non
si estendono oltre il pensiero del
tuo asino, mentre quello della tua
persona l’hai posto tutto sulle mie
spalle: gravezza e carico che la
natura e il costume appoggiarono
ai grandi. Dorme il servo e sta
vegliando il padrone, e pensa al
modo di sostenerlo, di migliorarne
lo stato e di concedergli qualche
Foto di Ravi Deepres
favore. L’angustia di vedere che il
cielo si fa di bronzo, e nega alla terra
la necessaria rugiada, non affligge il
servo, ma sì bene il padrone, che
dee in mezzo alla sterilità e alla fame
aver cura di colui della cui opera si
è servito nel tempo della fertilità e
dell’abbondanza.
Niente rispondeva Sancio a tutte
queste
esclamazioni
perché
dormiva; né sarebbesi svegliato sì
tosto se don Chisciotte con il piè
della lancia non lo avesse scosso,
e non gli avesse fatto spalancare gli
occhi. Svegliossi allora il sonnolente
e infingardo, e girandoli di qua, di là,
all’intorno, disse:
— Dalla banda di questo frascato,
se non m’inganno, esce un odore o
buon fiato che sa più di presciutto
fritto che di giunchi o di sermollino;
oh le nozze che incominciano con
questi odori, devono, per l’anima
mia, essere molto abbondanti e
generose!
— Finiscila, ghiottone, disse don
Chisciotte, alzati, e andiamo
a vedere questi sponsali, e
osserveremo sin dove giunga lo
sdegno dello sprezzato Basilio.
(...)
Obbedì Sancio, e messa la sella a
Ronzinante e la bardella al leardo,
si avviarono ambedue passo
passo, ed entrarono nel frascato.
La prima cosa che si offerse alla
vista di Sancio fu un vitello intero in
uno schidione di olmo. Nel luogo in
cui si doveva arrostire, ardeva una
buona catasta di legna, e stavano
sei grandi pignatte d’intorno al
fuoco. Non erano queste della
solita forma, ma piuttosto sei mezzi
orci, capaci ognuno di contenere
una beccheria di carni; e basti il
dire che ingoiavano castrati interi,
i quali o non si conosceva che vi
fossero od era come se vi fossero
tanti piccioncini. Le lepri senza
pelle, le galline senza penne che
attaccate stavan agli alberi per
esser poi sepolte nelle pignatte
erano innumerabili; gli uccelletti,
le selvaggine, le cacciagioni che
giacevano apprestate, movevano a
meraviglia.
in apparenza altrettante muraglie
di ben commessi mattoni; e due
caldaie di olio, più vaste di quelle
che si usano nelle tintorie, servivano
a frigger pastumi, che con due
grandissime pale si cavavano cotti,
e si tuffavano poi in altra caldaia di
miele che stava accanto.
Contò Sancio più di sessanta otri,
ognuno dei quali capiva in sé più di
due barili, e tutti (per quanto poi si
vide) erano pieni di vini generosi.
Il pane bianchissimo era a cataste,
come suole nelle aie esser a
monti il grano; i caci formavano
Erano oltre a cinquanta i cuochi,
e tutti netti come candidi armellini,
tutti diligenti e festosi tutti.
Nel dilatato ventre di un vitello
stavano riposti dodici piccioli
porchetti che servivano a dargli
sapore e tenerezza. (...) Sancio
Venerdì 16, sabato 17 gennaio 2009 ore 21
domenica 18 gennaio 2009 ore 15.30
Martedì 20 gennaio 2009 ore 20.30
Teatro Municipale Valli
Coro della Radio Svedese
Duo Tal & Groethuysen
musiche di Brahms, Schumann,
Dvorak, Werle, Strauss
Pancia adocchiava ogni cosa, e a
tutto si affezionava. Sulle prime restò
imprigionato e vinto dalle pignatte,
dalle quali avrebbe di buona voglia
staccato un pignattino; la volontà
passeggiava poi su que’ otri, né
era ritenuto rispetto alle paste nelle
padelle, se però poteansi chiamar
padelle quell’enormi caldaie.
(...)
Nel tempo che Sancio aveva queste
occupazioni, stava don Chisciotte
guardando da una parte del frascato, dov’egli scoprì intorno a dodici
contadini sopra dodici bellissime
cavalle con ricchi e sfarzosi fornimenti da campagna e con molti
sonagli nei pettorali, tutti vestiti da
giorno di festa: e questa truppa si
mise a fare non una, ma più carriere
su per lo prato, con allegre voci e
grida dicendo: – Vivano Camaccio
e Chilteria; egli è tanto ricco quanto
ella è bella e la più bella del mondo.
Don Chisciotte ciò udito, disse tra
sé: — Conviene dire che non abbiano costoro veduto mai la mia Dulcinea del Toboso, ché se ciò fosse
andrebbono più a rilento nel lodare
questa loro Chilteria.
Di lì a poco cominciarono ad entrare
per diversi parti del frascato molte
bande di danzatori, fra le quali una
eravi di schermitori di spade alla
moresca, formata da ventiquattro
belli e graziosi pastori e vestiti di
sottile e candida tela, con asciuga-
toi lavorati di vari colori di fina seta.
Uno di quelli che guidava le cavalle
dimandò a certo snello garzone,
se fosse rimasto ferito alcuno dei
danzatori.
— Nessuno sin ora, quegli rispose,
e siamo ancora tutti sani? e subito
incominciò ad intrecciarsi con gli
altri compagni, con tanti giri e con
tanta destrezza che quantunque
don Chisciotte fosse avvezzo a
veder simili danze, nessuna come
quella eragli tanto piaciuta.
Trovò modo sollazzevole un’altra
danza fatta tra bellissime donzelle
sì giovani da doverle giudicare tra i
quattordici e i diciotto anni, vestite
tutte di verdi palme, coi capelli parte
intrecciati, parte sciolti, ma tutti sì
biondi che gareggiar poteano con
quelli del sole, e tutti inghirlandati
di gelsomini, di rose, di amaranti e
di madreselve. Erano guidate da un
venerabile vecchio e da attempata
matrona, e l’una e l’altro molto più
svelti e leggieri di quello che promettesse la loro età. Si servivano
per lo suono di una piva zamorana;
portando elleno negli occhi l’onestà,
e la leggerezza nei piedi, si mostravano danzatrici senza pari.
Venne dopo questa un’altra danza
di quelle che soglionsi chiamare
danze parlanti. Era formata di otto
ninfe in due schiere, una delle quali
era diretta dal dio Cupido, e da Interesse l’altra, quegli adorno di ali ed
arco e faretra e frecce: questi vestito
di ricchi colori d’oro e di seta.
(...)
da: Miguel de Cervantes Saavedra,
Don Chisciotte della Mancia, libro
II cap. XX, Edoardo Perino Editore,
Roma, 1888; edizione disponibile su
www.liberliber.it
Le foto sono fotogrammi di Don
Quixote di Orson Wells.
Prossimi spettacoli
Teatro Municipale Valli
Ballo al Savoy
musica di Paul Abraham
Venerdì 23, sabato 24, domenica 25
gennaio 2009 ore 21, Teatro Ariosto
Platonov
Fondazione
Comune
di Reggio Emilia
Soci fondatori aderenti
Re (part I) / Map
di Anton Checov
con Alessandro Haber
coreografia scene e costumi Shen Wei
L’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare le eventuali spettanze relative a diritti di
riproduzione per le immagini e i testi di cui non sia stato possibile reperire la fonte.
A cura dell’Ufficio stampa, comunicazione e promozione / Danza e RED
Soci fondatori
Martedì 10 febbraio 2009 ore 21
Teatro Ariosto
Shen Wei Dance Arts
Sostenitori
Partner
ROTARY CLUB
REGGIO EMILIA
Amici del Teatro
Delegazione di
Reggio Emilia
Paola Benedetti Spaggiari, Enea Bergianti, Franco Boni,
Gemma Siria Bottazzi, Gabriella Catellani Lusetti,
Achille Corradini, Donata Davoli Barbieri, Anna Fontana
Boni, Grande Ufficiale Comm. llario Amhos Pagani,
Comm. Donatella Tringale Moscato Grazia Maria di
Mascalucia Pagani, Paola Scaltriti, Mauro Severi,
Corrado Spaggiari, Deanna Ferretti Veroni, Vando Veroni,
Gigliola Zecchi Balsamo
Cittadini del Teatro
Gianni Borghi, Vanna Lisa Coli, Andrea Corradini,
Ennio Ferrarini, Milva Fornaciari, Silvia Grandi, Ramona
Perrone, Viviana Sassi, Alberto Vaccari
Le attività di
spettacolo e tutte
le iniziative per i
giovani e le scuole
sono realizzate
con il contributo e
la collaborazione
della Fondazione
Manodori