Foto di Ali Oz Disegno di Goethe per il Faust martedì 13 gennaio 2009, ore 21 Teatro Municipale Valli Balletto dell’Opera di Kiev DON CHISCIOTTE balletto in tre atti e un prologo © A. Anceschi Foto Orlando Sinibaldi musica Ludwig Minkus libretto Marius Petipa dal romanzo omonimo di Miguel de Cervantes coreografia Marius Petipa, Alexander Gorskij e Kas’jan Golejzovskij scene e costumi Volodimir Aref’ev Kitri Anna Dorosˇ Basilio Sergej Sidorskij ˇ ˇ La Ballerina di strada Kristina Sispor ˇ ˇ La Regina delle Driadi Kristina Sispor Espado Alexander Sapoval Le amiche Ol’ga Golica, Tat’jana Lezova Danza gitana Ksenija Ivanenko Mercedes Oksana Guljaeva Don Chisciotte Dmitrij Kljavin Sancho Panza Yurii Korobcevskij ˇ Lorenzo Sergej Skuz’ ˇ Gamache Vjaceslav Stel’mah Cupido Marija Tkalenko Tre ragazze spagnole Ol’ga Brzezinskaja, Ol’ga Zareckaja, ˇ Ana Vasil’eva ˇ Bolero Oksana Guljaeva, Alexander Sapoval in collaborazione con ATERDANZA Foto di Ali Oz personaggi e interpreti Foto di Ravi Deepres E subito prese a cacciarsi in mezzo agli altri compagni, eseguendo tanti e tanti giri e con tale maestria che sebbene Don Chisciotte fosse abituato a vedere simili balli, nessuno gli era sembrato tanto bello quanto quello. Ecco Don Chisciotte, nel mezzo delle sue avventure, spettatore attento e curioso di un’esibizione di danza, lui, così impacciato nei movimenti e così sensibile alla bellezza. Ed ecco questa sera Don Chisciotte, balletto brillante e impetuoso sul tema dell’amore, commedia in forma di danza e pantomima che della passione più celebre mette in scena i due estremi, l’ideale e il reale: la poesia – l’amore astratto e puro di Don Chisciotte per l’immaginaria Dulcinea del Toboso – e la prosa – l’amore infuocato e ribelle dei popolani Kitri e Basilio. La fonte letteraria del soggetto è un episodio del secondo libro del Don Chisciotte di Miguel de Cervantes, in cui le nozze sontuose tra il ricco Camache e la bella Quiteria vengono interrotte e annullate da uno stratagemma di Basilio, un povero pastore di lei perdutamente innamorato che con l’astuzia riscatta lo svantaggio e guadagna per entrambi l’happy end. Il racconto di Cervantes – colorito, divertente, ricco di suspense e con un finale sorprendente – ispirò gli autori di balletto fin dal Settecento, forse anche perché, già ricco di danza grazie alla vivida descrizione dei balli che precedono il matrimonio, fornisce contemporaneamente al coreografo un soggetto comicoromantico originale e un contesto “esotico” in cui dispiegare le allora amatissime danze di carattere. I Don Chisciotte di impianto classico che vediamo oggi discendono dal balletto creato da Marius Petipa – su musiche di Ludwig Minkus – nel 1869 per il Bolshoi di Mosca, e poi da lui stesso riallestito in una nuova veste per il teatro di San Pietroburgo nel 1871. Nel 1900 Aleksandr Gorskij consegnò al nuovo secolo la propria versione per il Bolshoi, che, molto moderna per quei tempi, dotava ogni personaggio di caratteri propri e animava gli insiemi rendendoli più realistici (ancora negli anni Settanta il cavaliere e il suo scudiero entravano in scena con un cavallo e un mulo veri!); essa divenne la base degli adattamenti successivi, tra cui quello di Kas’jan Golejzovskij interpretato questa sera dal Balletto dell’Opera di Kiev. Siamo dunque nel solco della leggendaria scuola russo-sovietica, che ha consacrato Don Chisciotte nell’Olimpo dei balletti più famosi fissandone i caratteri, lo stile e gli immancabili pezzi di bravura, anche se altri balletti ispirati al famoso hidalgo – alle sue avventure o alla sua figura – sono venuti sia prima (Hilverding, Noverre, Didelot…) che dopo (Balanchine, Baryshnikov, Neumeier…). In particolare, nei teatri dell’Europa occidentale fu la versione colta ed elegante messa a punto da Nureyev nel 1966 a far conoscere Don Chisciotte, che, prima della seconda metà del Novecento, non era praticamente mai uscito dalla patria russa. Come capì bene lo stesso Nureyev, “nel libro c’è così tanto che in un balletto si può sfiorare solamente la superficie” ed è vano accostar- si a questo balletto cercandovi la complessità, la profonda filosofia e l’ironia del Don Chisciotte di Cervantes. Petipa, marsigliese passato per Madrid, immaginava per il pubblico russo un balletto dal sapore mediterraneo e col Don Chisciotte creò un capolavoro di danze briose e frizzanti, pieno di toreri e di zingare, di nacchere e tamburelli, in cui tutto il corpo di ballo è chiamato ad esprimersi secondo i clichés del temperamento latino più passionale e spavaldo e le algide figure della danza accademica assorbono i tratti e l’energia dei balli del folklore spagnolo. Ma il balletto, in questo caso, non si appropria di un titolo celebre solo per inanellare belle danze appoggiandosi a una traccia nota (e peraltro i personaggi e l’intreccio del racconto subiscono, nel passaggio dal testo alla scena, modifiche sostanziali). Nonostante l’evidente intraducibilità del romanzo nelle forme e nei tempi della danza teatrale, infatti, è su un piano più astratto che – ci sembra – quella tensione tra ideale poetico e realtà prosaica che è il cuore dell’opera di Cervantes trova nell’architettura del balletto classico-romantico un approdo felice e una sintesi visiva delle più efficaci. La struttura tipica del balletto ottocentesco – al centro un atto “bianco” notturno e sovrannaturale, preceduto e seguito da atti “terreni” con scene corali e pantomimiche – rispecchia qui in termini teatrali i due poli dell’esistenza e della ragion d’essere di Don Chisciotte: gli ideali cavallereschi che muovono il suo agire e la greve realtà quotidiana che lo circonda, portati a sintesi Maria Cecilia Bizzarri (le citazioni sono tratte da: Miguel de Cervantes, Don Chisciotte della Mancia, parte seconda, cap. XX) Sinossi Prologo: Don Chisciotte, influenzato dai romanzi cavallereschi, decide di intraprendere un viaggio per compiere nobili gesta cavalleresche nel nome della dama dei suoi sogni, la bella Dulcinea. A tal fine, Sancho Panza – suo fedele servitore – viene nominato anche suo scudiero. Sancho è uomo concreto e per niente incline al sogno. Atto I Festa a Barcellona. Tra la folla si intravede Kitri, la figlia dell’oste, che conversa amabilmente con Basilio, il barbiere del villaggio e suo innamorato. Lorenzo, il padre di Kitri, ritiene che un barbiere non faccia per lei e la vuole dare in sposa a Gamash, un ricco aristocratico. Vedendoli insieme, Lorenzo va subito in collera e caccia Basilio. Kitri si rifiuta di obbedire alla volontà del padre. Al culmine della festa Don Chisciotte e il suo scudiero entrano nella piazza. Alla vista dell’oste, Don Chisciotte Atto II Scena I Un accampamento di gitani in una radura nei pressi di un mulino a vento. C’è anche il teatro delle marionette. Don Chisciotte e Sancho Panza vengono invitati a vedere lo spettacolo. Don Chisciotte vi partecipa con eccitazione. Dimenticandosi di essere davanti a un teatrino, Don Chisciotte irrompe sulla scena armato per proteggere le vittime degli abusi e gli oppressi. Rompe il teatrino e getta qua e là le marionette. Scorge poi il mulino a vento e lo scambia per il genio del male da sconfiggere, ma una pala del mulino lo solleva in aria. Scena II Don Chisciotte e Sancho Panza si ritrovano in una foresta. Don Chisciotte immagina di vedere Dulcinea circondata da driadi e cupidi. Scena III Kitri e Basilio sono in una taverna. Arrivano Lorenzo, Gamash e Don Chisciotte. L’oste vuole subito annunciare il fidanzamento di Kitri e Gamash. Basilio, però, finge il suicidio, come precedentemente concordato con Kitri. La ragazza finge di piangere sul corpo morto dell’innamorato. Don Chisciotte è in preda ad un momento di nobiltà d’animo. Rimprovera l’oste senza cuore e sotto il ricatto della sua spada lo costringe ad acconsentire al matrimonio di sua figlia col barbiere. operistiche italiane e spettacoli di danza con la presenza delle grandi étoile dell’epoca. Tuttavia, tali produzioni non riuscivano a soddisfare le richieste del sofisticato pubblico di Kiev e nell’estate 1867 Ferdinand Berger, famoso impresario, crea la prima compagnia di canto stabile della città. Nella sua prima stagione, la compagnia di canto stabile del Teatro dell’Opera di Kiev presenta La Sirena di Aleksander Dargomyžskij, Russlan e Ludmilla di Michail Glinka e Notte di Natale di Nikolaij Lisenko. Ben presto il teatro acquista una grande reputazione artistica tanto che lo stesso Ciajkovskij inizia a presentare le sue opere su questo palcoscenico: Oprychnyk (1974), Evgenij Oneghin (1984), Mazeppa (1886) e La dama di picche (1890). Il compositore stesso dirige due concerti con l’Orchestra Sinfonica dell’Opera di Kiev. Il decennio 18801890 è per il teatro un periodo molto florido. Moltissime opere russe e di artisti stranieri vengono presentate sul suo palcoscenico e tutte riscuotono un grande successo per l’elevata qualità artistica degli interpeti: tra queste, Notte di maggio di Rimskij-Korsakov, Il prigioniero del Caucaso di Kuyi, I Maccabei e Demon di Anton Rubinstein, Carmen di George Bizet, Tannhäuser e L’olandese volante di Richard Wagner e Le nozze di Figaro di W. A. Mozart. Il 4 febbraio 1896, dopo la matineé di Evgenij Oneghin, un incendio scoppia in uno dei camerini del teatro. Alcune ore dopo, l’intero edificio viene distrutto. L’amministrazione comunale decide quindi di contattare il famoso architetto Viktor Shreter e gli commissiona la progettazione di un nuovo edificio; il 16 settembre 1901 il Teatro dell’Opera di Kiev riapre i battenti con una struttura da 1683 posti, moderna e confortevole in stile neo-rinascimentale. Il nuovo Teatro dell’Opera inaugura le sue attività con Kiev, una cantata di Wilhelm Hartweld che celebra la capitale dell’Ucraina. Il 18 ottobre 1931 nasce ufficialmente la prima compagnia di ballo dell’Ucraina con la presentazione di Pan Kanjovskij di Verikovskij. La seconda guerra mondiale interrompe le attività del teatro che riprendono nel 1945. Gli anni del dopoguerra vedono una programmazione piuttosto varia. Numerosi giovani artisti entrano a far parte della Compagnia, modificando radicalmente il modo di interpretare le opere classiche e i balletti. Il Balletto dell’Opera di Kiev diventa una delle più grandi Compagnie europee. Dal 1950 la Compagnia intraprende tournée internazionali ottenendo grande successo in Bulgaria, Jugoslavia, Ungheria e Francia. Nel 1964 il Balletto dell’Opera di Kiev partecipa al Festival internazionale Victor Yaremenko Direttore Artistico Foto di Ravi Deepres È una personalità di rilievo nel mondo della danza contemporanea ucraina. La sua carriera di ballerino è strettamente legata al Teatro dell’Opera di Kiev del quale entra a far parte nel 1981 dopo aver ottenuto il diploma alla Moscow Ballet Academy. Le sue grandi capacità - flessibilità, elevazione nel salto, dinamicità ed espressività - gli permettono di interpretare l’intero repertorio della tradizione classica e contemporanea russa ed internazionale. Yaremenko è stato insignito di premi e onorificenze in numerose competizioni internazionali di danza (Mosca, Tokyo e Varna). Alla fine della stagione 1999-2000 è diventato Direttore Artistico del Balletto dell’Opera di Kiev. Sotto la sua direzione artistica, la Compagnia ha intrapreso tournée in tutto il mondo. Nel 2001 il suo debutto coreografico, il balletto in un atto intitolato Shéhérazade, su musica di Rimskij-Korsakov ottiene un grande successo. Nel 2002 in Germania, Svizzera e a Kiev presenta un’altra coreografia, Petroushka, su musica di Igor Stravinskij. Tra le sue ultime produzioni, Il Corsaro, Raymonda e coreografie in varie opere, tra le quali Turandot di G. Puccini, Gioconda di A. Ponchielli, e Faust di C. Gounod. Atto III Il matrimonio. Balletto dell’Opera di Kiev La storia del Teatro dell’Opera di Kiev inizia il 27 ottobre 1867 con la prima rappresentazione de La Tomba di Askold di Oleksij Verstovskij; è la prima opera allestita con una compagnia di canto permanente. La Tomba di Askold celebra un evento storico molto importante: la cristianizzazione della Russia da parte del Principe Vladimir nell’889 a.C., iniziata da Kiev ed estesa poi al territorio occupato dall’attuale Russia e Ucraina (Rus). Dopo aver adottato la religione cristiana come religione di stato, la Rus viene ufficialmente ammessa tra le nazioni civilizzate. Il 1867 segna una data storica per la cultura musicale ucraina; il Teatro dell’Opera di Kiev alza il sipario per la prima volta. L’apertura di un teatro d’opera permette alla città di Kiev di essere elevata allo stesso livello culturale di Mosca e San Pietroburgo, le uniche due città ad avere un teatro dell’opera con masse artistiche permanenti all’epoca. La costruzione di un teatro d’opera a Kiev non segna però l’inizio di un’attività operistica e di danza nella città. Il primo teatro della città era infatti stato costruito nel 1805 e presentava regolarmente produzioni di danza classica di Parigi. Erano quasi trent’anni che la Compagnia non partecipava a dei festival; l’ultima volta risaliva infatti al 1935 e alla sua partecipazione al London International Folklore Dance Festival, dove vinse la medaglia d’oro. Al Festival di Parigi la Compagnia viene insignita dell’Etoile d’or dell’Accademia della danza francese, mentre due solisti (Iraida Lukashova e Valerij Parsegov) ricevono il premio Anna Pavlova e il premio Vaslav Nijinsky. Le rappresentazioni del Balletto dell’Opera di Kiev a Parigi diventano un evento di portata europea. Dal 1992 al 2000 la Compagnia viene diretta da un noto coreografo ucraino, Anatolij Shekera, che ha svolto un ruolo di primaria importanza nello sviluppo del balletto ucraino negli ultimi tre decenni del XX secolo, dedicandosi sia alla danza classica sia a quella moderna. La sua messa in scena del balletto Romeo e Giulietta di Sergej Prokof’ev è stata rappresentata in tutto il mondo per oltre trent’anni ed ha ricevuto la medaglia dell’UNESCO come migliore interpretazione del balletto di Prokofiev. Oggi la Compagnia è diretta da Victor Yaremenko, Artista Emerito del Popolo Ucraino, uno dei più importanti solisti dell’attuale Compagnia. Ha debuttato come coreografo nella produzione di Shéhérazade di Rimskij-Korsakov alla quale sono seguiti nuovi allestimenti di Corsaro, Petrushka e Raymonda. La Compagnia è molto famosa in Germania, Svizzera, Danimarca, Giappone, Ungheria, Spagna, Italia, Stati Uniti, Canada, Messico, America Latina e Australia. Foto di Nick Mead … dopo di che finì il ballo, con gran divertimento degli spettatori. Don Chisciotte domandò a una delle ninfe chi lo aveva composto e messo su; gli rispose che era stato un beneficiario del paese il quale aveva una spiccata capacità nell’architettare cose di simil genere. pensa di trovarsi di fronte ad un castellano e lo saluta con deferenza. L’oste risponde al saluto e lo invita a visitare il villaggio. Sancho Panza rimane nella piazza e viene circondato da alcuni giovani che lo invitano a partecipare alle danze. Lo scudiero implora pietà in tutti i modi, ma questi lo spingono su un telone e lo lanciano in aria. Don Chisciotte si affretta a soccorrere il proprio servitore. Appare Kitri; Don Chisciotte la confonde con la bellissima Dulcinea, “l’innamorata dei suoi sogni”. Ma Kitri è già svanita; è fuggita con Basilio. Lorenzo, Gamash e Don Chisciotte partono alla ricerca dei due amanti. Foto di Ali Oz nella lettura costantemente distorta e “folle” di ciò che gli accade. Così, trova una ragione profonda la parte centrale del balletto, tanto diversa dal resto, in cui Don Chisciotte, stordito dalla lotta con i mulini a vento, sogna, danzante in mezzo alle driadi e agli amorini, la bella dama Dulcinea che ispira le sue gesta (tradizionalmente interpretata dalla stessa danzatrice che interpreta Kitri, a sottolineare la confusione mentale del cavaliere). Essa da un lato soddisfa il requisito stilistico dell’atto “bianco” e dall’altro traduce l’aspetto lirico dell’originale letterario, rivelando nel personaggio eponimo (poco importa, allora, che il suo ruolo sia solo pantomimico e, di fatto, minore) l’indispensabile collante dell’intero balletto. E se l’amoresogno di Don Chisciotte per Dulcinea non può che configurarsi come una sequenza di assoli e insiemi al femminile di suprema delicatezza e armonia, di cui lo stesso hidalgo si fa solo spettatore, la passione tutta terrena di Kitri e Basilio, protagonisti “danzanti” di questo balletto, si manifesta in alcune delle variazioni più famose della storia della danza, da quella di Kitri nel primo atto, con i salti a schiena inarcata e i giri veloci a ventaglio spiegato di cui fu interprete eccezionale Maja Plisetskaja, al grand pas de deux del finale, in cui l’ardore ispanico torna gradualmente nei ranghi del rigore accademico. Ma, come è stato notato, Don Chisciotte è anche il balletto in cui trionfa il “popolo”, dal quale i due protagonisti emergono e nel quale sempre si rituffano: la malia del corteggiamento domina anche le danze dei toreri e delle paesane, dei gitani e degli invitati alla festa, in un turbinio di mantelle e tricorni, spade sguainate e tutù a balze, salti possenti e profondissimi cambrés. Don Chisciotte, cap. XX Appena la bianca aurora aveva ceduto il luogo al rilucente Febo, affinché coll’ardore de’ suoi lucenti e caldi raggi asciugasse le liquide perle dei suoi capelli d’oro, don Chisciotte, scuotendo la pigrezza delle sue membra, rizzossi in piè, e chiamò il suo scudiere Sancio, il quale tuttavia stava ronfando. Vedutolo dormire a quel modo, prima di svegliarlo sclamò: – Oh tu bene avventurato sopra quanti vivono sulla faccia della terra, perché senza invidiare né essere invidiato, riposando stai con tranquillo sonno, né incantatori ti perseguitano, né ti agitano incantamenti! Dormi, tel dico, te lo ripeto, ed altre cento volte te lo andrò ripetendo, dormi senzaché ti tengano in perpetua veglia le gelosie per la tua dama, o ti destino pensieri affannosi di debiti, o la cura d’alimentare te e la tua piccola ed angustiata famiglia! Ora né l’ambizione t’inquieta, né ti molestano le vane pompe del mondo, poiché i tuoi desideri non si estendono oltre il pensiero del tuo asino, mentre quello della tua persona l’hai posto tutto sulle mie spalle: gravezza e carico che la natura e il costume appoggiarono ai grandi. Dorme il servo e sta vegliando il padrone, e pensa al modo di sostenerlo, di migliorarne lo stato e di concedergli qualche Foto di Ravi Deepres favore. L’angustia di vedere che il cielo si fa di bronzo, e nega alla terra la necessaria rugiada, non affligge il servo, ma sì bene il padrone, che dee in mezzo alla sterilità e alla fame aver cura di colui della cui opera si è servito nel tempo della fertilità e dell’abbondanza. Niente rispondeva Sancio a tutte queste esclamazioni perché dormiva; né sarebbesi svegliato sì tosto se don Chisciotte con il piè della lancia non lo avesse scosso, e non gli avesse fatto spalancare gli occhi. Svegliossi allora il sonnolente e infingardo, e girandoli di qua, di là, all’intorno, disse: — Dalla banda di questo frascato, se non m’inganno, esce un odore o buon fiato che sa più di presciutto fritto che di giunchi o di sermollino; oh le nozze che incominciano con questi odori, devono, per l’anima mia, essere molto abbondanti e generose! — Finiscila, ghiottone, disse don Chisciotte, alzati, e andiamo a vedere questi sponsali, e osserveremo sin dove giunga lo sdegno dello sprezzato Basilio. (...) Obbedì Sancio, e messa la sella a Ronzinante e la bardella al leardo, si avviarono ambedue passo passo, ed entrarono nel frascato. La prima cosa che si offerse alla vista di Sancio fu un vitello intero in uno schidione di olmo. Nel luogo in cui si doveva arrostire, ardeva una buona catasta di legna, e stavano sei grandi pignatte d’intorno al fuoco. Non erano queste della solita forma, ma piuttosto sei mezzi orci, capaci ognuno di contenere una beccheria di carni; e basti il dire che ingoiavano castrati interi, i quali o non si conosceva che vi fossero od era come se vi fossero tanti piccioncini. Le lepri senza pelle, le galline senza penne che attaccate stavan agli alberi per esser poi sepolte nelle pignatte erano innumerabili; gli uccelletti, le selvaggine, le cacciagioni che giacevano apprestate, movevano a meraviglia. in apparenza altrettante muraglie di ben commessi mattoni; e due caldaie di olio, più vaste di quelle che si usano nelle tintorie, servivano a frigger pastumi, che con due grandissime pale si cavavano cotti, e si tuffavano poi in altra caldaia di miele che stava accanto. Contò Sancio più di sessanta otri, ognuno dei quali capiva in sé più di due barili, e tutti (per quanto poi si vide) erano pieni di vini generosi. Il pane bianchissimo era a cataste, come suole nelle aie esser a monti il grano; i caci formavano Erano oltre a cinquanta i cuochi, e tutti netti come candidi armellini, tutti diligenti e festosi tutti. Nel dilatato ventre di un vitello stavano riposti dodici piccioli porchetti che servivano a dargli sapore e tenerezza. (...) Sancio Venerdì 16, sabato 17 gennaio 2009 ore 21 domenica 18 gennaio 2009 ore 15.30 Martedì 20 gennaio 2009 ore 20.30 Teatro Municipale Valli Coro della Radio Svedese Duo Tal & Groethuysen musiche di Brahms, Schumann, Dvorak, Werle, Strauss Pancia adocchiava ogni cosa, e a tutto si affezionava. Sulle prime restò imprigionato e vinto dalle pignatte, dalle quali avrebbe di buona voglia staccato un pignattino; la volontà passeggiava poi su que’ otri, né era ritenuto rispetto alle paste nelle padelle, se però poteansi chiamar padelle quell’enormi caldaie. (...) Nel tempo che Sancio aveva queste occupazioni, stava don Chisciotte guardando da una parte del frascato, dov’egli scoprì intorno a dodici contadini sopra dodici bellissime cavalle con ricchi e sfarzosi fornimenti da campagna e con molti sonagli nei pettorali, tutti vestiti da giorno di festa: e questa truppa si mise a fare non una, ma più carriere su per lo prato, con allegre voci e grida dicendo: – Vivano Camaccio e Chilteria; egli è tanto ricco quanto ella è bella e la più bella del mondo. Don Chisciotte ciò udito, disse tra sé: — Conviene dire che non abbiano costoro veduto mai la mia Dulcinea del Toboso, ché se ciò fosse andrebbono più a rilento nel lodare questa loro Chilteria. Di lì a poco cominciarono ad entrare per diversi parti del frascato molte bande di danzatori, fra le quali una eravi di schermitori di spade alla moresca, formata da ventiquattro belli e graziosi pastori e vestiti di sottile e candida tela, con asciuga- toi lavorati di vari colori di fina seta. Uno di quelli che guidava le cavalle dimandò a certo snello garzone, se fosse rimasto ferito alcuno dei danzatori. — Nessuno sin ora, quegli rispose, e siamo ancora tutti sani? e subito incominciò ad intrecciarsi con gli altri compagni, con tanti giri e con tanta destrezza che quantunque don Chisciotte fosse avvezzo a veder simili danze, nessuna come quella eragli tanto piaciuta. Trovò modo sollazzevole un’altra danza fatta tra bellissime donzelle sì giovani da doverle giudicare tra i quattordici e i diciotto anni, vestite tutte di verdi palme, coi capelli parte intrecciati, parte sciolti, ma tutti sì biondi che gareggiar poteano con quelli del sole, e tutti inghirlandati di gelsomini, di rose, di amaranti e di madreselve. Erano guidate da un venerabile vecchio e da attempata matrona, e l’una e l’altro molto più svelti e leggieri di quello che promettesse la loro età. Si servivano per lo suono di una piva zamorana; portando elleno negli occhi l’onestà, e la leggerezza nei piedi, si mostravano danzatrici senza pari. Venne dopo questa un’altra danza di quelle che soglionsi chiamare danze parlanti. Era formata di otto ninfe in due schiere, una delle quali era diretta dal dio Cupido, e da Interesse l’altra, quegli adorno di ali ed arco e faretra e frecce: questi vestito di ricchi colori d’oro e di seta. (...) da: Miguel de Cervantes Saavedra, Don Chisciotte della Mancia, libro II cap. XX, Edoardo Perino Editore, Roma, 1888; edizione disponibile su www.liberliber.it Le foto sono fotogrammi di Don Quixote di Orson Wells. Prossimi spettacoli Teatro Municipale Valli Ballo al Savoy musica di Paul Abraham Venerdì 23, sabato 24, domenica 25 gennaio 2009 ore 21, Teatro Ariosto Platonov Fondazione Comune di Reggio Emilia Soci fondatori aderenti Re (part I) / Map di Anton Checov con Alessandro Haber coreografia scene e costumi Shen Wei L’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare le eventuali spettanze relative a diritti di riproduzione per le immagini e i testi di cui non sia stato possibile reperire la fonte. A cura dell’Ufficio stampa, comunicazione e promozione / Danza e RED Soci fondatori Martedì 10 febbraio 2009 ore 21 Teatro Ariosto Shen Wei Dance Arts Sostenitori Partner ROTARY CLUB REGGIO EMILIA Amici del Teatro Delegazione di Reggio Emilia Paola Benedetti Spaggiari, Enea Bergianti, Franco Boni, Gemma Siria Bottazzi, Gabriella Catellani Lusetti, Achille Corradini, Donata Davoli Barbieri, Anna Fontana Boni, Grande Ufficiale Comm. llario Amhos Pagani, Comm. Donatella Tringale Moscato Grazia Maria di Mascalucia Pagani, Paola Scaltriti, Mauro Severi, Corrado Spaggiari, Deanna Ferretti Veroni, Vando Veroni, Gigliola Zecchi Balsamo Cittadini del Teatro Gianni Borghi, Vanna Lisa Coli, Andrea Corradini, Ennio Ferrarini, Milva Fornaciari, Silvia Grandi, Ramona Perrone, Viviana Sassi, Alberto Vaccari Le attività di spettacolo e tutte le iniziative per i giovani e le scuole sono realizzate con il contributo e la collaborazione della Fondazione Manodori