COMUNICATO STAMPA
Convegno della Fondazione Michelangelo con 300 esperti internazionali
TUMORE DEL SENO: COLPITA UNA DONNA SU DIECI
CURE MIRATE MA ANCHE CHEMIO PERSONALIZZATA
Scoprire bersagli su cui misurare l’efficacia deve essere un obiettivo anche per le
terapie più utilizzate, le antracicline che fino a prova contraria restano insostituibili
Milano, 14 maggio 2008 - Fino a quando non ci sarà una vasta ricerca indipendente
che decreti la superiorità di altre combinazione terapeutiche, la chemioterapia non
si tocca. E’ questo in sintesi il messaggio per medici e malati di tumore del seno che in Italia colpisce una donna su dieci provocando ancora 11.000 decessi l’anno sottolineato al meeting della Fondazione Michelangelo, oggi a Milano all’Istituto
Nazionale dei Tumori (INT) con tre dei massimi esperti internazionali: Larry
Norton (Sloan Kettering Cancer Center), Gabriel Hortobagyi (MD Anderson
Cancer Center) e Norman Wolmark (NSABP Foundation di Pittsburgh), oltre a
Luca Gianni, coordinatore scientifico della Fondazione, chairman dello European
Breast Cancer Group e direttore dell’oncologia medica 1 dell’INT. “Con questo
seminario di alto livello internazionale, la Fondazione Michelangelo, fondata e
presieduta da Gianni Bonadonna a Milano, si pone sempre più punto di
riferimento mondiale della ricerca applicata alla clinica per offrire al più presto i
risultati alle pazienti – afferma Luca Gianni – Negli ultimi anni l’introduzione di
nuove molecole ha provocato cambiamenti nella chemioterapia e recentemente
alcuni ricercatori hanno messo in dubbio le antracicline, farmaci di riferimento
presenti in tutte le combinazioni chemioterapiche”. Ma, secondo quanto
evidenziato al meeting della Fondazione da Gabriel Hortobagyi, past president
dell’ASCO (la società scientifica americana di oncologia) piuttosto che discutere se
togliere o meno queste molecole dalla terapia sarebbe importante focalizzarsi
sull’identificazione di predittori della risposta terapeutica - efficace o di resistenza
- per ciascun paziente in modo da personalizzare la chemioterapia, in analogia a
quanto fatto per il recettore HER2 per le cure ‘intelligenti’. Secondo quanto
evidenziato al meeting della Fondazione Michelangelo, il bersaglio su cui vengono
valutate le antracicline, il recettore TOPO IIa, non è l’unico sui cu agiscono. Vi
sono infatti altri marcatori della loro attività che andrebbero ricercati per
personalizzare la chemioterapia. E ciò vale anche per altri chemioterapici.
Gli studi che hanno messo in discussione l’utilizzo delle antracicline sono quelli sul
carcinoma mammario HER2-positivo del BCIRG (Breast Cancer International Research
Group) coordinato da Dennis J. Slamon dell’Università della California a Los Angeles,
e una valutazione retrospettiva condotta da un gruppo di oncologi coordinati da
Alessandra Gennari dell’Istituto nazionale di ricerca oncologica di Genova. Ma,
secondo quanto illustrato ancora da Hortobagy, una recente overview di studi (la
‘Oxford overview’) dimostra senza dubbi la superiorità dei regimi chemioterapici basati
su antracicline rispetto a quelli senza questa classe di farmaci. Mentre invece il risultato
di un singolo studio, sul quale si baserebbe la supposta equivalenza terapeutica delle
antracicline rispetto ai regimi che non le includono negli studi sopra citati, non è
sufficiente per apportare cambiamenti nel trattamento del carcinoma mammario.
Almeno fino a quando un’ampia analisi indipendente e prospettica sugli studi compiuti
non lo accerti. “Per le pazienti – spiega Luca Gianni - le antracicline rappresentano un
punto di riferimento, secondo l’ultimo aggiornamento della meta-analisi effettuata
dall’European Early Breast Cancer Collaborative Trials’ Group che indica un beneficio
in termini di minori recidive e minore mortalità da carcinoma mammario rispetto ai
regimi chemioterapici senza antracicline, e ciò indipendentemente da età della paziente,
stato dei suoi recettori estrogenici e terapie concomitanti. Prima di rinunciare a farmaci
capaci di tanto - sulla presunta scorta di ipotesi per quanto ragionevoli esse siano o per
timore di effetti collaterali che sino a ieri la comunità medica ha sempre ritenuto
valessero il rischio per i vantaggi attesi - è opportuno riflettere accuratamente”. Un
compito che fin dai suoi esordi, la Fondazione Michelangelo promuove in ogni settore
dell’oncologia ma in particolare in senologia, per offrire soluzioni cura dei pazienti
affetti da cancro.
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