occhio-visione

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In un batter d’occhio
Andrew Parker
544 milioni di anni fa, la vita sulla Terra scorreva lentamente nelle acque degli oceani. Gli unici
animali pluricellulari erano vermi marini e altri invertebrati a corpo molle, come le spugne e le
meduse. Poi, nel corso dei successivi cinque milioni di anni, il processo evolutivo si mise in moto. In
questo breve lasso di tempo - un batter d’occhio in termini geologici - i diversi tipi di animali, o phyla,
passarono da tre a trentotto, lo stesso numero di oggi. Improvvisamente comparve una grande varietà
di invertebrati con forme complesse, con gusci e tegumenti rigidi e con arti prensili: trilobiti, grossi
granchi, animali simili ad aragoste e molti altri organismi attivi e in grado di muoversi velocemente. Il
come e il quando di quest’evento straordinario, detto «esplosione cambriana» e descritto da Stephen
Jay Gould in La vita meravigliosa, è noto da tempo. Quello che finora era solo una congettura è il
perché. La spiegazione di Andrew Parker è che durante questo periodo si sia evoluto l’occhio: ciò
avrebbe portato all’inizio della predazione attiva e alla comparsa di zampe articolate, per afferrare la
preda, e di gusci duri e resistenti, per difendersi dai predatori.
Alla conquista del Monte Improbabile
Richard Dawkins
Come sappiamo, Darwin usò l’occhio per introdurre la sua discussione su «Organi di estrema
perfezione e completezza»:
Supporre che l’occhio con tutti i suoi inimitabili congegni per l’aggiustamento del fuoco a differenti
distanze, per il passaggio di diverse quantità di luce, e per la correzione della aberrazione sferica e
cromatica, possa essersi formato per selezione naturale, sembra, lo ammetto francamente, del tutto
assurdo.
È possibile che su questo preciso punto Darwin fosse stato influenzato dalle obiezioni mossegli
dalla moglie Emma. Quindici anni prima dell’Origine delle specie, Darwin aveva scritto un lungo
saggio che descriveva a grandi linee la sua teoria dell’evoluzione attraverso la selezione naturale.
Desiderava che Emma lo pubblicasse al momento della sua morte e le permise di leggerlo. Le note a
margine della moglie sono giunte sino a noi ed è particolarmente interessante notare con quale
insistenza ritornino sull’ipotesi del naturalista, che 1’occhio umano è «possibile si sia evoluto grazie a
una graduale selezione di lievi, ma in ogni caso utili, deviazioni». Negli appunti di Emma si legge:
«Un’ipotesi importante/E.D.». Molto tempo dopo la pubblicazione dell’Origine delle specie, in una
lettera a un collega americano Darwin confessò: «L’occhio mi fa venire ancor oggi un brivido freddo,
ma quando penso alle belle gradazioni conosciute, la ragione mi dice che dovrei superare quel
brivido». I dubbi occasionali di Darwin erano probabilmente simili a quelli dei fisici che ho citato
all’inizio del capitolo III. Tuttavia, Darwin considerò i suoi dubbi come una sfida da vincere, piuttosto
che una comoda scusa per rinunciare.
Quando parliamo dell’ «occhio», in ogni caso, lo facciamo spesso in maniera inadeguata. Le stime
più autorevoli indicano che gli occhi si sono evoluti almeno quaranta volte, e forse anche più di
sessanta, in modo indipendente nei diversi punti della scala del regno animale. In alcuni casi gli occhi
usano dei principi radicalmente diversi. Tra i quaranta e i sessanta occhi evolutisi in modo
indipendente sono stati riconosciuti nove differenti principi. Solo più avanti parlerò di alcuni dei nove
tipi base di occhio conosciuti, che possiamo immaginare come nove distinti picchi del massiccio del
Monte Improbabile.
Come facciamo a sapere che qualcosa si è evoluto in modo indipendente in due differenti gruppi di
animali? Come facciamo, per esempio, a sapere che i pipistrelli e gli uccelli hanno sviluppato le ali in
modo indipendente?
Al di là di ogni ragionevole dubbio
Sean B. Carroll
La scimmia Colobus digerisce la sua colazione a base di foglie utilizzando una capacità che manca sia
agli scimpanzè che alle altre scimmie antropomorfe e che condivide solamente con le scimmie più
strettamente imparentate. Il Colobus è un ruminante. È in grado di specializzarsi su una dieta di foglie
perché ha uno stomaco particolarmente grande a camere multiple. Un adulto di oltre 13 kg consuma da
1,5 a 3 kg di foglie al giorno, cosa che gli conferisce un ventre pronunciato che si nota quando si siede
a riposare. Nell’intestino del Colobus sono presenti batteri che favoriscono la digestione del grosso
bolo di foglie nel corso del lento passaggio attraverso il suo sistema digerente, mentre enzimi specifici
smontano le importanti sostanze nutritive prodotte dai batteri.
I sistemi visivo e digerente di questi primati sollevano una delle più importanti domande in biologia:
come sorgono nuove capacità? In questo capitolo esploreremo i modi con cui le specie acquisiscono
nuove capacità e modificano i talenti che già possiedono. Il messaggio alla base di questo capitolo sarà
come vengono create nuove funzioni e nuovi geni a partire da «vecchi» geni. Spiegherò come la
duplicazione accidentale, casuale, dei geni fornisca componenti genetici disponibili per l’evoluzione di
nuove funzioni, e come componenti sia nuovi che vecchi vengano regolati con precisione per servire
lo stile di vita delle specie.
Avrei potuto usare molti esempi diversi di invenzione e regolazione fine di capacità da parte delle
specie. Mi concentrerò, invece, quasi del tutto sull’origine e 1’evoluzione della visione dei colori per
diversi importanti motivi. Prima di tutto, l’utilità di questo senso per chi lo possiede è evidente.
Secondo, gli animali che vivono in habitat diversi (1’oceano, la savana, la foresta, le grotte, il
sottosuolo ecc.) hanno sistemi visivi che sono incredibilmente ben adattati alla vita in questi habitat.
Terzo, conosciamo molto bene la biologia e la fisica della visione dei colori, e siamo perciò in grado di
capire le piccole e le grandi differenze nelle capacità delle diverse specie e nei colori che sono in grado
di vedere. Abbiamo scoperto che esiste un’ampia gamma di colori, l’ultravioletto, che l’uomo non è in
grado di vedere ma che alcuni uccelli, insetti e molti altri animali usano per la ricerca del cibo, del
compagno e dei conspecifici. Quarto, i geni alla base della visione dei colori sono stati studiati forse
più approfonditamente di quelli riguardanti qualunque altro carattere.
Occhio e cervello – La psicologia del vedere.
L. Gregory, Raffaello Cortina Editore
Il colore della Luna. Come vediamo e perché
Paola Bressan, Editori Laterza
La fisiologia della percezione
Walter J. Freeman, Le Scienze Quaderni n.127
La visione: Finestra sulla coscienza
Nikos K. Logothetis, Le Scienze Quaderni n.127
I pittori e i difetti della vista
Philippe Lanthony, Le Scienze Quaderni n.127
Come i fotorecettori rispondono alla luce
Julie L. Schnapf e Denis A. Baylor, Le Scienze Quaderni n. 78
Una nuova teoria della visione dei colori
Edwin H. Land, Le Scienze Quaderni n. 78
Il colore come costruzione mentale
Paolo Camiz, Le Scienze Quaderni n. 78
Colori: inesauribile attrazione
Andrea Frova, Le Scienze Quaderni n. 78
I geni per la percezione dei colori
Jeremy Nathans, Dossier Le Scienze n.9
La visione dei colori secondo Edwin Land
Semir Zeki, Dossier Le Scienze n.9
Le illusioni cromatiche
P. Brou, T. Sciascia, L. Linden e J. Lettvin, Dossier Le Scienze n.9
L’elaborazione dell’immagine visiva
Semir Zeki, Dossier Le Scienze n.9
Percezione. Meraviglie e misteri dell’occhio, dall’ape all’uomo
Mente e Cervello n.45, set 2008
Libri su neuroni specchio
Articoli su neuroni specchio (Le Scienze)
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