L’Unità didattica in breve
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Il rendimento di un ciclo
Meccanica, Macchine ed Energia – articolazione Energia 2 – Giuseppe Anzalone, Paolo Bassignana, Giuseppe Brafa Musicoro • Copyright © Ulrico Hoepli Editore S.p.A.
Le linee termiche ideali rappresentano trasformazioni termodinamiche
reversibili, quindi con aree sottese uguali sia in un senso sia nell’altro.
Ne consegue che si può percorrere idealmente la trasformazione in en­
trambi i sensi un numero infinito di volte, dato che l’energia accumulata
nell’andata viene restituita al ritorno: ciò costituisce un moto perpetuo.
Una macchina termica a funzionamento ciclico, che compie un lavoro
maggiore rispetto all’energia fornita dall’ambiente esterno, esegue un
moto perpetuo di prima specie; in realtà esso è irrealizzabile, per la pre­
senza di attriti e le dispersioni di calore. Tutti i processi reali sono irre­
versibili.
Applicando il primo principio della Termodinamica ai cicli chiusi,
ne deriva che il lavoro L sviluppato da un sistema termodinamico, nel
corso di un ciclo chiuso, è uguale alla differenza fra la quantità totale di
calore Q1 fornita al sistema e quella sottratta Q0. Il rendimento di un
ciclo è pari al rapporto fra il lavoro L e il calore fornito Q1. I corpi che
scambiano calore con il gas che compie il ciclo sono detti termostati o
sorgenti di calore.
Il ciclo di Carnot
Il ciclo di Carnot è costituito da quattro trasformazioni ideali, due
isoterme e due adiabatiche, ed è svolto da un gas ideale. Può essere in­
differentemente percorso in senso orario o antiorario. Il suo rendimento
non dipende dal tipo di gas impiegato, bensì dal rapporto fra le tempera­
ture assolute dei due termostati collegati. Per il ciclo inverso è definita
l’efficienza ε come rapporto fra il calore sottratto Q e il lavoro speso L.
Il teorema di Carnot afferma che nessun motore termico, che opera
scambiando calore con due termostati, può essere più efficiente di un
motore termico di Carnot, operante fra le medesime temperature.
Il secondo principio della Termodinamica
I principali enunciati del secondo principio della Termodinamica
sono:
— l’enunciato di Max Planck, secondo cui è impossibile realizzare un
mo­tore funzionante secondo un ciclo termodinamico chiuso che estrae
calore da una sorgente esterna e lo trasforma integralmente in lavoro
meccanico, senza generare ulteriori trasformazioni nei corpi che co­
stituiscono il sistema;
— l’enunciato derivato dalla formulazione del rendimento del ciclo
di Carnot, per il quale il rapporto fra la quantità di calore trasfor­
mata in lavoro e la quantità di calore prelevata dalla sorgente su­
periore non dipende dalla sostanza gassosa, ma dalle temperature
delle due sorgenti;
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INTRODUZIONE AL SECONDO principio della termodinamica
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— l’enunciato di Lord Kelvin, secondo cui non è possibile eseguire
una trasformazione ciclica chiusa, la quale realizza come unico risul­
tato la totale trasformazione in lavoro di tutto il calore proveniente
da una sola sorgente di calore a temperatura costante.
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L’enunciato di Max Planck esclude il moto perpetuo di seconda spe­
cie: esso è ipoteticamente svolto da una macchina termica che compie
un lavoro prelevando energia termica da una sola sorgente esterna, sen­
za altri scambi con l’ambiente esterno.
Dal secondo principio della Termodinamica si deduce che è impossi­
bile realizzare una macchina termica avente rendimento unitario. Teo­ri­
ca­mente può essere raggiunto se la temperatura superiore tende all’infi­
nito o se la temperatura inferiore tende a zero. Un importante corollario
af­ferma che tutti i cicli perfettamente reversibili, posti a lavorare scam­
biando calore con le medesime due sorgenti di calore, raggiungono lo
stesso valore di rendimento.
Entropia
In una trasformazione infinitesima reversibile, la quantità di calore dQ
scambiata alla temperatura T da 1 kg di gas con l’esterno, divisa per la
temperatura stessa, è pari alla variazione infinitesima dS dell’entro­
pia. La somma di tutti i rapporti dQ/T, riferita a qualsiasi processo
reversibile fra uno stato A (assunto come riferimento) e un altro stato
B, è indipendente sia dal processo di trasformazione sia dal percorso ed
è una proprietà del sistema in ogni suo specifico stato: tale proprietà è
definita entropia del sistema.
Il secondo principio della Termodinamica può anche essere espresso
in forma di principio dell’aumento dell’entropia: la somma delle
en­tropie di tutti i corpi che prendono parte a un processo subisce sempre
un incremento; essa rimane costante solo nel caso ideale di processi per­
fettamente reversibili.
Dal concetto di entropia deriva l’enunciato del secondo principio
della Termodinamica secondo Clausius, il quale afferma che la diffe­
renza fra il prodotto (T dS) e la quantità di calore infinitesima dQ risulta
uguale a zero per le trasformazioni ideali reversibili, maggiore di zero
per le trasformazioni reali irreversibili.
Se in un sistema termicamente isolato si svolgono trasformazioni re­
versibili, l’entropia totale del sistema resta invariata; se, invece, avven­
gono trasformazioni irreversibili, l’entropia totale aumenta. Ogni volta
che una certa quantità di energia viene convertita da uno stato all’altro,
una parte è dispersa e non è più utilizzabile per produrre lavoro; questa
parte rimane nell’ambiente, dato che l’energia non può essere né creata
né distrutta. In nessun caso l’entropia del sistema può diminuire, per­
tanto l’energia dell’universo tende a un massimo.
Il piano entropico ha come assi coordinati l’entropia in ascisse e
la temperatura assoluta in ordinate; le aree rappresentano i calori.
Il ciclo di Carnot ha la forma di rettangolo: più alto è il rettangolo,
maggiore è il rendimento del ciclo, indipendentemente dall’estensione
dell’area.
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Il secondo principio della Termodinamica nega la possibilità di esegui­
re trasformazioni energetiche all’infinito. A ogni trasformazione,
una parte di energia si disperde, fino a giungere a uno stato finale di
inutiliz­za­bilità. Ogni volta che in un sistema chiuso l’energia passa da
una for­ma all’altra, diminuisce l’energia disponibile per produrre lavo­
ro nel­la trasformazione successiva: ciò è rappresentato dall’entropia:
essa mi­su­ra la parte di energia che non può essere più trasformata in
lavoro. Gli au­menti di entropia corrispondono a una diminuzione di
energia disponibile. Oltre che una forma di inquinamento, i rifiuti e
gli scarichi che si accumulano nell’ambiente sono una forma di energia
priva di valore.
Entalpia
L’entalpia h è definita come somma fra l’energia interna U e il lavoro di
pompaggio pv; la sua unità di misura è il J/kg. L’entalpia misura il con­
tenuto energetico globale del sistema, dato che comprende sia l’energia
interna, quindi il calore posseduto da 1 kg di sostanza, sia l’energia do­
vuta alla forze di pressione che costringono il chilogrammo di sostanza
a occupare il volume v. La variazione di entalpia di una trasformazione
è cal­colabile come prodotto della capacità termica massica a pressione
co­stante cp per la differenza di temperatura ∆T.
I principali cicli termici impiegati nelle macchine
a combustione interna
I motori alternativi sono sistemi chiusi, i motori rotanti sono si­
stemi aperti: nei primi si introduce, al loro interno, una massa di gas
freschi, poi si avvia la reazione chimica di combustione con la trasfor­
mazione del calore sviluppato in lavoro e, infine, si ha l’espulsione dei
gas esausti; nei secondi la massa dei gas entra nella macchina ed esce
con un moto permanente.
I principali cicli sono: ciclo Otto, ciclo Diesel, ciclo Sabathè e
ci­clo Brayton-Joule; in tutti avvengono compressioni ed espansioni
adiabatiche, mentre l’introduzione e l’espulsione di calore avvengono
con trasformazioni isocore o isobare.
Il terzo principio della Termodinamica
Il terzo principio della Termodinamica è anche noto come princi­
pio di Nernst; esso afferma che al tendere a zero della temperatura
as­soluta, anche l’entropia di un corpo tende a zero. Il terzo principio
della Ter­mo­dinamica è una conferma dell’irraggiungibilità dello zero
assoluto.
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PROBLEMI DI RIEPILOGO
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1.Un ciclo di Carnot è alimentato dal calore Q1 = 770 kJ/kg, programmato
dal termostato superiore a temperatura T1 = 900 K, e scarica il calore Q0
al termostato inferiore a temperatura T0 = 290 K. Calcolare il calore Q0
allo scarico, il lavoro unitario erogato dal gas e il rendimento ηC.
2.Un ciclo di Carnot ha rendimento ηC = 58% ed esegue un lavoro L = 500 J/ kg;
la temperatura vale T1 = 600 K. Calcolare le quantità di calore Q1, Q0 e la
temperatura T0.
3.Una macchina frigorifera di Carnot mantiene l’interno a temperatura
–14 °C; l’ambiente esterno si trova a 30 °C. Calcolare l’efficienza.
4.Un volume di ossigeno esegue una compressione adiabatica ideale dalla
pressione iniziale p1 = 0,96 MPa, a temperatura iniziale T1 = 400 K, alla
pressione finale p2 = 1,6 MPa. Verificare che la variazione di entropia ∆S
sia zero.
5.Un volume di monossido di azoto esegue una trasformazione isocora dal­
la pressione iniziale p1 = 1,8 MPa, a temperatura iniziale T1 = 1100 K,
alla pressione finale p2 = 1 MPa. Calcolare la variazione di entropia ∆S.
6.Un volume di ammoniaca esegue una compressione isoterma dalla pres­
sione iniziale p1 = 1 bar, a temperatura iniziale T1 = 265 K, alla pressio­
ne finale p2 = 1,35 MPa. Calcolare la variazione di entropia ∆S.
7.Un volume di cloro, alla pressione p1 = 9 MPa, esegue un’espansione
isobara dalla temperatura iniziale T1 = 273 K alla temperatura finale
T2 = 440 K. Calcolare la variazione di entropia ∆S.
8.Un volume di argon esegue una compressione politropica, con esponente
m = 1,9, dalla pressione iniziale p1 = 1,85 bar, a temperatura iniziale
T1 = 400 K, alla pressione finale p2 = 1,48 MPa. Calcolare la variazione
di entropia ∆S.
9.Calcolare la variazione di temperatura e la variazione di entropia che
avvengono in un ciclo di Carnot, con rendimento ηC = 68%, che cede ca­
lore a un termostato inferiore, alla temperatura t0 = 85 °C, e la cui area
nel diagramma (T,S) vale 3805 J/kg.
10.Calcolare la variazione di entalpia subita da una massa d’aria che si
trova a temperatura t1 = 28 °C e che viene riscaldata fino a temperatura
t2 = 90 °C, a pressione costante.
11.Calcolare la variazione di entalpia per una massa di biossido di car­
bonio che compie un’espansione adiabatica dalla pressione iniziale
p1 = 2,7 MPa, a temperatura iniziale T1 = 600 K, alla pressione finale
p2 = 1 bar.
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