Il tema del marketing territoriale ha assunto di recente una notevole

UPI
UNIONE PROVINCE ITALIANE
Le province ed il marketing territoriale: un’opportunità di sviluppo
Intervento di Carlo Borgomeo
Assemblea generale delle Province
Milano 11-12 novembre 2002
Le province ed il marketing territoriale: un’opportunità per lo sviluppo
Il tema del marketing territoriale ha assunto di recente una
notevole rilevanza nella discussione sulle politiche pubbliche
di intervento nelle aree depresse del Paese.
Dopo la fine dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno ed
a seguito della non completa efficacia dimostrata dagli
strumenti della programmazione negoziata, l’attenzione si è
fortemente spostata sulla necessità di sostenere lo sviluppo con
attività mirate di attrazione di investimenti esteri.
Tale orientamento è derivato sia dall’oggettiva valutazione
della scarsa capacità del sistema Paese, e del Mezzogiorno in
particolare, di attrarre investimenti dall’estero sia dal
riferimento ad alcune politiche e strumentazioni messe in atto
in altri Paesi europei e ritenute particolarmente efficaci.
Ci si è resi conto tuttavia che l’ipotesi di trasferimento di
modelli di intervento adottati in altri contesti europei non tiene
conto
pienamente dell’assetto normativo ed organizzativo
della pubblica amministrazione italiana e non si presta alle
caratteristiche che i territori delle nostre aree depresse vanno
assumendo dal punto di vista dello sviluppo produttivo e del
contesto socio-economico.
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Si è creata inoltre una certa divaricazione tra le aspettative
generate dallo strumento marketing territoriale, che spesso è
stato evocato in modo generico ed applicato ad approcci
concettuali ed obiettivi confusi, ed il valore prodotto dalle
esperienze concretamente messe in atto.
Per disporre pertanto di uno schema utile ad orientare il
possibile ruolo delle Amministrazioni provinciali è necessario
analizzare in modo critico la genesi e l’evoluzione dei processi
più significativi ad oggi avviati, ma soprattutto operare una
delimitazione di campo e la scelta di un punto di vista
condiviso sulla complessa questione delle politiche per lo
sviluppo locale e territoriale.
E’ quanto ci si propone di avviare con lo studio affidato
dall’Unione Province Italiane alla c.borgomeo&co, di cui si
anticipano schematicamente in questo intervento alcune linee
generali di impostazione che ivi saranno sviluppate.
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Le province ed il marketing territoriale: un’opportunità per lo sviluppo
1. Alcune premesse
Molte analisi sulle politiche per lo sviluppo convergono nel sostenere che la competitività delle
imprese dipende in maniera crescente dalla competitività dei sistemi sociali e territoriali.
Questo per effetto degli scenari prodotti dalla competizione globale e dai processi di ristrutturazione
delle imprese, frequentemente interessati da riorganizzazioni e rilocalizzazioni; inoltre a seguito
dell’innovazione tecnologica le scelte localizzative appaiono meno determinate dagli spazi o dai
tradizionali fattori di carattere logistico e più dipendenti da condizioni complessive di contesto atte
a sostenere fasi o processi produttivi anche con ottiche temporalmente limitate.
L’attenzione si sposta dai singoli soggetti ai sistemi territoriali che assumono rilevanza centrale e si
pongono come elementi propulsivi entrando in competizione tra di loro.
I sistemi territoriali si vanno configurando e determinando in base alla convergenza di diversi
elementi e necessitano quindi di azioni che coinvolgono una pluralità di attori locali.
Non sempre è agevole ricondurre un sistema territoriale agli ambiti di competenza amministrativa:
molte delle attuali delimitazioni appaiono non sovrapponibili alle dinamiche reali di sviluppo e si
frappongono spesso come fattore di vincolo o duplicazione burocratica.
Come pure non sempre è riproducibile una logica di sviluppo spontaneo secondo i criteri della
specializzazione produttiva che pure ha sostenuto molti dei sistemi distrettuali di maggior efficacia
dal punto di vista della crescita del reddito e dell’occupazione o secondo la convergenza tra le
dinamiche prodotte da singole imprese.
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Se si condivide un concetto di sviluppo locale non meramente riferibile alla misurazione della
crescita quantitativa, ma riportato alla generazione di attività e di idee e quindi alla qualità
complessiva che viene prodotta a favore dei residenti di un determinato territorio, occorre indagare
e valorizzare quello che un sistema locale esprime in termini di potenziale di sviluppo incorporato:
reddito, capacità produttiva, ambiente, saperi, vocazioni e tradizioni, soggetti ed attori presenti.
Occorre inoltre comprendere quanto un sistema territoriale si riconosca in fattori di identità e quanto
sia effettivamente aperto a relazioni strutturali con il mondo esterno, sia dal punto di vista dei
rapporti economici e produttivi sia dal punto di vista socio-culturale; l’interazione tra elementi di
identità ed elementi di permeabilità costituisce un punto di forza per un territorio.
Se questa è la complessità degli elementi da governare c’è da chiedersi quali sono i fattori di
attrazione che possono diventare decisivi e quindi quali sono le leve del marketing territoriale,
tenendo conto, in aggiunta, della forte differenziazione tra le aree locali e quindi della difficoltà di
produrre standard troppo rigidi. In altre parole va ricercato un punto di equilibrio tra la logica dello
sviluppo spontaneo e la necessità di dotarsi di una pianificazione strategica e di strumenti operativi
sufficientemente verificati e riproducibili.
Il termine marketing territoriale è stato spesso utilizzato con accezioni diverse senza un sufficiente
sforzo di approfondimento dei contributi teorici, peraltro piuttosto recenti, che hanno teso a
sottolineare come il termine, al di là del puro fatto evocativo di rinvio al concetto di produrre
“attrazione” per un territorio, si presta a diversi filoni interpretativi e soprattutto, a seconda degli
obiettivi perseguiti e dell’ambito settoriale e territoriale di riferimento, conduce a strategie e prassi
operative molto diversificate.
Anche in questo caso è opportuno definire meglio obiettivi e strumenti per individuare effettivi
percorsi di innovazione nelle politiche di sviluppo e concreti ambiti di intervento per i soggetti,
vecchi e nuovi, che vi si misurano.
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2. La centralità del territorio nei processi di sviluppo
Un sistema territoriale è connotato da una serie di elementi ben identificabili legati sia alla
dotazione di risorse (fisiche, infrastrutturali, produttive) sia ai caratteri distintivi assunti nel tempo
per effetto delle dinamiche storiche e socio-culturali e del grado di contaminazione prodottasi per le
relazioni con altri contesti territoriali.
Per quanto possa sembrare ovvia, questa osservazione non è tenuta spesso nella debita
considerazione da quegli interventi che considerano totalmente programmabili dall’esterno le
condizioni di “convenienza” per incidere sulle decisioni di localizzazione degli investitori: si
assume talvolta con disinvoltura, quasi dimenticando i modesti risultati conseguiti da anni di
intervento straordinario e di progetti speciali, la prospettiva di pianificare flussi di risorse finanziarie
e di “attrezzare” il territorio con infrastrutture confidando poi nell’adeguamento dell’efficienza
amministrativa locale per gestire i processi di attrazione dei nuovi investimenti.
Questa logica che può aver avuto successo in particolari condizioni e comunque in aree “greenfield”
non appare oggi percorribile in un territorio “denso” come quello del nostro Mezzogiorno: “denso”
in senso stretto perché costellato da diffuse e significative realtà di sistemi di impresa locali e di
“preesistenze” culturali ed ambientali; ma denso anche di stratificazioni di modelli e cicli di
intervento pubblico, che hanno lasciato sul territorio segni contraddittori, di realizzazioni
infrastrutturali di grande rilevanza come di opere incompiute, di realtà imprenditoriali forti come di
residui di speculazione economica, di capacità progettuale vera e di cultura dello sviluppo come di
attese assistenzialistiche.
Un territorio denso va quindi analizzato e scomposto nei suoi sottosistemi: per ogni componente
vanno evidenziati i punti di forza e di debolezza e vanno accompagnati i soggetti che a diverso
titolo ne sostengono il processo di sviluppo.
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Le province ed il marketing territoriale: un’opportunità per lo sviluppo
Occorre poter analizzare e rappresentare ai potenziali investitori che cosa un territorio rappresenta
dal punto di vista:
sociale: quantità e qualità delle risorse umane presenti, qualità dei servizi per la popolazione,
qualità urbanistica ed insediativa, funzionamento degli assetti politico-istituzionali, legalità;
produttivo: diffusione di imprese e servizi produttivi; esistenza di vocazioni produttive
locali; presenza di distretti o di filiere produttive; grado di cooperazione tra imprese;
della dotazione di infrastrutture: accessibilità, collegamenti, diffusione di infrastrutture di
base (porti, aeroporti, autostrade, ferrovie, aree attrezzate per insediamenti produttivi);
presenza di infrastrutture ambientali (depurazione, smaltimento);
dell’efficienza dell’apparato amministrativo: efficienza, presenza di servizi per la
semplificazione amministrativa; presenza di enti strumentali intermedi e diffusione delle
strutture associative;
delle risorse ambientali, naturali, paesaggistiche e culturali: presenza di aree protette, vincoli
ambientali; beni di particolare rilevanza naturalistica o storico-culturale;
Se un sistema territoriale non viene analizzato e rappresentato complessivamente in tutte queste
componenti, può risultare riduttivo individuare alcuni fattori, che pure possono avere influenza
maggiore nella scelta di localizzazione, ma che non garantiscono sull’efficacia del processo di
integrazione del nuovo investimento sul territorio in tutta la sua evoluzione successiva.
La promozione di un territorio a partire dalla capacità di rappresentarlo complessivamente in tutte le
sue articolazioni, evidenziando correttamente le criticità oltre che i punti di forza, è efficace se
rende leggibili anche la presenza e l’azione dei diversi soggetti locali che ne sostengono (o ne
rallentano, in caso negativo) i processi di sviluppo.
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In un sistema locale gli attori dello sviluppo non sempre sono immediatamente ed univocamente
rinvenibili negli attori istituzionali, siano essi appartenenti alla pubblica amministrazione, al sistema
creditizio, agli enti intermedi o alle rappresentanze del mondo economico e del lavoro: proprio
l’analisi delle esperienze di concertazione, seguita al rinnovato ruolo delle amministrazioni locali e
dei sindaci ed alla diffusione delle esperienze di programmazione negoziata, ha evidenziato la
difficoltà di definire l’apporto dei diversi attori locali in base alla collocazione istituzionale o ai
ruoli precostituiti. Si è avuta una notevole asimmetria ed alternanza di diversi attori nell’interpretare
e sostenere i processi di sviluppo: dove i processi di coesione hanno funzionato si è prodotto
sostegno reciproco tra sistema delle imprese ed amministrazioni, con un ruolo trainante talvolta di
una parte talvolta dell’altra, e spesso con la presenza di nuovi soggetti in grado di catalizzare le
energie positive.
Lo stesso sistema di offerta, inteso sia come proposta di modelli organizzativi (i patti, le agenzie di
sviluppo, etc.) sia come sistema di governo degli incentivi e dei flussi di risorse finanziarie ha
prodotto e può produrre sia effetti di traino effettivo verso logiche di sviluppo sia effetti perversi di
regressione verso nuove forme di dipendenza.
Se si riconosce, secondo quanto detto in premessa, la centralità del territorio nei processi di
sviluppo, occorre sostenere i percorsi progettuali e procedurali che partono da una approfondita
analisi dei bisogni: interpretare e valorizzare la domanda di sviluppo che proviene dagli attori
territoriali e su tale domanda incanalare, senza subirla acriticamente, l’offerta di flussi finanziari
derivanti da interventi pubblici o da investimenti esogeni.
Il valore si produce quindi creando attrattività mediante la sedimentazione della cultura e dei fattori
di sviluppo piuttosto che producendo interventi artificiali per l’attrazione.
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3. Il marketing territoriale
Il termine marketing territoriale si presta ad una lettura semplificata che non rispecchia i diversi
approcci disciplinari con i quali il tema è stato proposto in sede teorica e le diverse angolazioni
assunte dalle applicazioni in sede sperimentale.
In prima ipotesi, infatti, il richiamo è alle strategie ed alle attività messe in opera dalle imprese per
individuare ed ampliare il mercato di sbocco dei propri prodotti: applicato al territorio l’azione
sarebbe quindi rivolta ad individuare ed acquisire “clienti” e “quote di mercato” in competizione
con altri territori. La semplificazione è evidente: si è già detto della complessità dei sistemi
territoriali e della conseguente difficoltà ad assimilare le strategie per un territorio a quelle di un
soggetto imprenditoriale unitario; ma, soprattutto, si è sostenuto come la promozione di un territorio
verso il mondo esterno è strettamente legata a quello che il territorio esprime in termini di sviluppo
interno.
Necessariamente bisogna riferirsi a politiche e strumenti differenziati, che hanno obiettivi e target
di riferimento diversi e che necessitano di metodologie ben strutturate: spetta poi all’attività di
pianificazione strategica sul territorio rendere compatibili e coerenti i diversi strumenti di marketing
adottati; diventa quindi decisivo individuare un soggetto unitario (amministrazione, agenzia, rete di
agenzie) che coordina e rappresenta al mondo esterno il “prodotto” offerto dal territorio.
Vedremo sinteticamente nel seguito alcuni modelli applicati; conviene soffermarsi ancora sulle
definizioni di marketing territoriale proposte in letteratura, con l’intento di uscire da logiche di
semplificazione.
Una prima accezione fa riferimento al marketing territoriale come “politica”: organizzazione
dell’offerta di dotazioni infrastrutturali, di incentivi economici, di servizi pubblici con lo scopo di
attrarre investimenti esterni e sostenere lo sviluppo locale.
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Le province ed il marketing territoriale: un’opportunità per lo sviluppo
Un secondo approccio è più direttamente riferibile al tema dello sviluppo: processo finalizzato alla
creazione di valore per i residenti di un determinato territorio.
Più in generale il marketing territoriale è stato definito come l’analisi della domanda e dei bisogni
degli stakeholders di un territorio per costruire e rafforzare rapporti di scambio vantaggiosi sia con i
residenti del territorio stesso sia con clienti/mercati esterni: il marketing tende quindi a creare un
circolo virtuoso tra soddisfazione dei residenti - capacità di attrazione verso l’esterno- valore.
La pluralità degli approcci riscontrabile anche nelle definizioni porta quindi a segmentare le azioni
di marketing: si parla di marketing d’area, di marketing locale, urbano, turistico.
Se si concorda con l’assunto che per poter attrarre risorse dall’esterno bisogna in primo luogo
migliorare il livello di soddisfazione ed il grado di dinamismo della popolazione e delle imprese
operanti in un territorio, assume particolare rilievo la definizione dell’ambito territoriale di
riferimento.
Coerentemente a quanto affermato sui sistemi locali di sviluppo è piuttosto difficile definire in
modo aprioristico il dimensionamento territoriale efficace per un’azione di marketing.
Considerate comunque necessarie le funzioni a livello statale e regionale, almeno per quanto
concerne la programmazione, l’indirizzo ed il coordinamento, l’ambito territoriale intermedio
costituisce quello in cui più frequentemente sono riscontrabili gli elementi comunemente ritenuti
necessari a sostenere una strategia di marketing: una popolazione abbastanza numerosa, una
sufficiente diffusione di imprese, meglio se articolata intorno a filiere o specializzazioni produttive,
un’offerta di risorse umane professionalmente qualificate, la presenza di centri di ricerca e
formazione.
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Le province ed il marketing territoriale: un’opportunità per lo sviluppo
Il dimensionamento va quindi ricercato prioritariamente in un ambito territoriale di area vasta,
tendenzialmente assimilabile al territorio di una provincia.
Basta questo ad individuare un ruolo per le Amministrazioni provinciali?
In realtà l’elemento decisivo per dimensionare correttamente l’attività è che in un dato territorio si
realizzi una condivisione effettiva sugli obiettivi di sviluppo: esistano, in altre parole, sufficienti
elementi di coesione, tra i soggetti locali, pubblici e privati, e ci sia consenso della popolazione
locale rispetto alla direzione di sviluppo.
E come si è già detto un ambito locale territoriale con caratteristiche di sistema non si sovrappone
necessariamente ad un ambito di competenza amministrativa.
Il ruolo per le Amministrazioni provinciali va costruito attivamente promuovendo un soggetto in
grado di sostenere unitariamente il processo con il coinvolgimento di tutti gli attori locali.
Le leve di un progetto di marketing territoriale possono essere ricondotte a quattro elementi
fondamentali: la progettazione di un insieme efficace di beni e servizi territoriali; la creazione di
incentivi per gli utenti interni ed esterni al territorio di riferimento; il miglioramento delle
condizioni di accesso all’area; la promozione dei valori e dell’immagine del territorio.
L’obiettivo di attrarre investimenti esogeni al territorio va sempre perseguito sviluppando
coerentemente azioni per il sostegno delle imprese endogene già operanti ed opportuni interventi
per la creazione di nuove imprese con il concorso dell’imprenditoria locale.
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4. L’attrazione di investimenti
Il riferimento al marketing territoriale viene spesso riduttivamente riportato alla capacità di
attrazione di investimenti esogeni ed in particolare di investimenti esteri.
L’attenzione dei governi locali verso le politiche di marketing si è sviluppata prevalentemente a
partire da processi di deindustrializzazione o di mancato decollo di
nuovi interventi per
insediamenti industriali, quando si è andata esaurendo, soprattutto nel Mezzogiorno del Paese, la
spinta sostenuta dall’intervento straordinario e dal sistema delle partecipazioni statali con la crisi di
alcuni settori portanti (siderurgia, chimica).
A fronte di uno scenario globale che si è andato caratterizzando per il notevole aumento
quantitativo dei flussi di investimenti e per la diversa composizione qualitativa degli stessi, da
industria di base a nuove tecnologie e servizi, l’Italia, come gli altri Paesi europei a forte
industrializzazione, ha visto diminuire la sua competitività, accrescere la tendenza delle sue imprese
ad investire all’estero e diminuire nettamente gli investimenti in entrata.
Queste tendenze hanno portato diversi Paesi europei già dagli anni ’80 ad avviare politiche
specifiche per l’attrazione di investimenti attraverso progetti e strumenti destinati a sostenere forti
interventi di riconversione produttiva e di nuova specializzazione prevalentemente basata su
investimenti esteri. Tale orientamento è stato ulteriormente rafforzato quando lo scenario
competitivo si è ulteriormente complicato per l’affacciarsi di Paesi come la Cina o i Paesi dell’Est
europeo, particolarmente attrattivi per il potenziale di mercato e per i vantaggi offerti dal punto di
vista dei costi di produzione.
Di tali politiche sono stati misurati gli effetti positivi di reindustrializzazione di alcune aree ed i
risultati ottenuti dal punto di vista occupazionale: occorrerà valutare nel tempo la tenuta di tali
interventi e verificarne gli effettivi benefici di impatto complessivo sui sistemi economici e sociali
locali.
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Nelle valutazioni comparative sulla competitività dei sistemi Paese l’Italia si colloca agli ultimi
posti rispetto agli altri Paesi europei: nel Rapporto sulla competitività del sistema Italia del 2002,
pubblicato da Business International, l’Italia occupa il 14° posto su 17 Paesi dell’Europa
occidentale. Tale rapporto analizza i sistemi Paese confrontando dieci variabili di scenario:
ambiente politico, ambiente macroeconomico, opportunità di mercato, politiche per l’impresa e la
concorrenza, politiche verso gli investimenti esteri, commercio estero e controlli valutari, fisco,
mercato finanziario, mercato del lavoro, infrastrutture.
Secondo dati della Banca Mondiale nel 2001 l’Italia si è collocata al 18° posto nel mondo ed al 10°
in Europa per flussi di investimenti diretti esteri in entrata, ma soprattutto negli ultimi 5 anni ha
visto una crescita media annua di tali flussi sensibilmente inferiore a quella media dei Paesi europei.
Nettamente inversa la tendenza dei flussi di investimenti in uscita che è in forte crescita, anche se
riguarda prevalentemente imprese localizzate nel centro-nord del Paese ed è in sviluppo soprattutto
per i flussi verso i Paesi dell’Europa dell’Est.
Tali dati verranno analizzati nello studio con riferimento anche alle dinamiche territoriali e
settoriali. Ci interessa qui sottolineare come da tali indicatori, sulla competitività come sulla
capacità di attrazione degli investimenti dall’estero, emerga un relativo riavvicinamento tra i
principali Paesi europei, per effetto evidentemente della moneta unica e della convergenza di alcune
politiche attive in materia fiscale ed occupazionale nella UE.
Anche questa considerazione sembrerebbe quindi rafforzare l’idea che più che politiche e strumenti
tesi ad aumentare la capacità di attrazione del sistema Paese, che appare condizionata da fattori di
competitività non facilmente modificabili, è opportuno riferirsi a singole aree regionali o sistemi
territoriali che possono presentare condizioni interessanti per gli investitori di integrazione tra lo
sviluppo produttivo locale e l’insediamento di nuove imprese.
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5. Le esperienze in corso
Le esperienze di marketing territoriale avviate in Italia sono state molto condizionate dal
riferimento alle agenzie europee, ma si sono di fatto sviluppate in ambito regionale e locale, per
iniziativa di soggetti diversi, pubblici e privati, non essendo stata istituita nel nostro Paese
un’agenzia nazionale e non esistendo una normativa specifica in tema di marketing e di attrazione
investimenti.
A livello nazionale esiste un quadro istituzionale che vede il concorso di diversi soggetti che hanno
ampliato o diversificato la loro missione sviluppando programmi o iniziative di marketing ma che
operano senza un coordinamento efficace.
Un ruolo particolarmente significativo è svolto da Sviluppo Italia, che ha nella sua missione il
compito di attrarre investimenti nelle aree deboli del Paese, e che sta operando sia proponendosi
come agenzia centrale per il rapporto diretto con gli investitori, utilizzando alcuni degli strumenti di
incentivazione gestiti, sia come supporto al consolidamento delle esperienze avviate in ambito
locale; iniziative e programmi sono realizzati anche dall’Istituto Nazionale per il commercio estero,
che ha affiancato alla sua tradizionale attività di promozione delle imprese italiane all’estero nuovi
programmi rivolti ad investitori in collaborazione con il Ministero degli Esteri e con alcune
Regioni; significativa è ancora l’attività svolta dal sistema delle Camere di commercio sia per
iniziativa dei singoli Enti territoriali sia attraverso alcune reti per il marketing territoriale promosse
dall’Unioncamere.
A fronte dei rischi di sovrapposizione degli interventi sembra tuttavia prevalere l’ indirizzo di
favorire il coordinamento tra le iniziative avviate piuttosto che quello di creare un’unica agenzia
istituzionale a livello nazionale.
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Le province ed il marketing territoriale: un’opportunità per lo sviluppo
Del resto anche l’esperienza delle agenzie europee si sta confrontando con la difficoltà di
coordinare le diverse iniziative regionali e locali, tenendo conto anche dei vincoli posti dall’Unione
europea nell’individuazione delle aree possibili destinatarie di aiuti.
Alcune di queste agenzie hanno subito un’evoluzione recente: in Francia è stata creata nel 2001
l’AFII (Agence francaise pour le investissement internationaux), società pubblica dipendente dai
Ministeri dell’Economia e della Gestione del Territorio, per razionalizzare il quadro degli interventi
che presentava notevoli duplicazioni e sovrapposizioni tra il livello centrale e quello locale; la
nuova agenzia ha incorporato la rete degli uffici all’estero della DATAR, agenzia che opera dal
1963 con compiti di pianificazione territoriale, e le funzioni della stessa di coordinamento delle
agenzie locali che si occupano delle attività di assistenza diretta agli investitori (studi sull’offerta
localizzativa, gestione indiretta dei siti, gestione di incentivi).
In Germania ed in Spagna l’attività è realizzata prevalentemente da agenzie regionali autonome che
operano quindi anche in competizione tra loro.
Un modello di agenzia nazionale che opera direttamente è quello dell’EIRE : l’agenzia irlandese
IDA si occupa attraverso la propria rete sia della gestione del patrimonio immobiliare sia delle
attività di promozione e di assistenza agli investitori.
Nel modello inglese un ufficio centrale INVEST UK si occupa della promozione dell’immagine del
Regno Unito all’estero e di alcuni servizi informativi per gli investitori, operando poi mediante
accordi con le agenzie nazionali, alcune delle quali fortemente strutturate ed a loro volta articolate a
livello regionale come la VDA (Welsh Development Agency) del Galles o la LIS (Locate in
Scotland) della Scozia.
Agenzie più centralizzate a livello governativo operano in Portogallo (ICEP), in Polonia (PAIZ) e
nella Repubblica Ceca (CzechInvest).
Rinviando agli approfondimenti dello studio una comparazione di dettaglio di questi modelli,
interessa qui sottolineare la diversificazione e la continua evoluzione di queste esperienze, da
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Le province ed il marketing territoriale: un’opportunità per lo sviluppo
mettere in relazione con i processi di decentramento in atto in tutti i Paesi e con la difficoltà di
rispondere con un modello unico ad esigenze diversificate e spesso in conflitto tra loro: problemi di
risposta a crisi industriali ed esigenze di riconversione di siti produttivi, disponibilità di aree libere,
supporto a politiche regionale di incentivi a favore di nuovi insediamenti industriali
Questo spiega anche perché si sia rivelata non praticabile, anche se spesso richiamata nella
discussione sul tema dell’attrazione, l’applicazione di un modello di riferimento (quale ad es.
l’Agenzia del Galles) da replicare in un’area fortemente articolata al suo interno quale il nostro
Mezzogiorno.
Se rimane aperto quindi nel nostro Paese il problema di garantire un reale coordinamento delle
iniziative e di evitare che la sovrapposizione di competenze diventi un vincolo per l’attuazione degli
investimenti, è interessante notare come le iniziative che si stanno sviluppando in molte aree
costituiscono una premessa utile per impostare politiche di attrazione e di marketing fortemente
ancorate alle specificità dei territori ed alle esigenze di integrazione tra sviluppo locale e nuovi
investimenti.
L’eterogeneità delle esperienze avviate rende tuttavia difficile una loro comparazione rispetto alla
composizione dei soggetti promotori ed all’attività realizzate: non si sono ancora sviluppate vere e
proprie agenzie regionali, anche se esistono settori specifici dedicati all’attrazione degli
investimenti ed al marketing territoriale all’interno di agenzie di sviluppo regionali; in generale
occorre riferirsi a progetti, nati a partire dalla problematica di riconversione o valorizzazione di
un’area industriale, o per iniziativa di consorzi di comuni o società di gestione di strumenti della
programmazione negoziata.
Il caso della ITP – Agenzia per gli investimenti a Torino ed in Piemonte – è comunemente
considerato quello più assimilabile all’esperienza delle agenzie regionali europee: partecipata dalla
Regione, dalle amministrazioni locali torinesi, dall’Unioncamere regionale e dalla Camera di
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Commercio di Torino, l’agenzia è stata promossa dalle associazioni industriali e dispone di una
propria rete di uffici all’estero; offre agli investitori servizi informativi e di assistenza per
localizzare iniziative industriali in Piemonte e per realizzare l’intero ciclo dell’insediamento
produttivo in collaborazione con le amministrazioni competenti per territorio.
Diverso il caso dell’Emilia-Romagna dove l’agenzia regionale per lo sviluppo ERVET, controllata
dalla Regione e partecipata da Enti locali, associazioni imprenditoriali e camere di commercio, ha
ampliato la sua attività al marketing territoriale dopo aver promosso e realizzato centri servizi
specializzati per le imprese locali e tesi a consolidare alcuni settori particolarmente forti
dell’economia regionale; i servizi sono prevalentemente di carattere informativo, mediante il sito
Invest in Emilia Romagna articolato anche in sezioni specifiche per le singole province e di sistemi
di ricerca per disporre di dati e visualizzazioni cartografiche per le aree industriali.
Analogamente in altre regioni sono stati realizzati sistemi informativi per le analisi dei siti
localizzativi su base regionale, gestiti direttamente dalla Regione o da Società regionali di sviluppo:
è il caso della Sardegna che dispone di un osservatorio sulle aree industriali; dell’Abruzzo con un
suo sito sulle opportunità localizzative in regione; del Molise con un sistema informativo sulle aree
di insediamento a livello comunale; dell’Umbria che dispone di un sistema informativo realizzato
dalla società regionale di sviluppo.
Ulteriori esperienze significative sono quelle realizzate in ambito locale, quali ad esempio:
l’Agenzia Sviluppo Nord Milano, creata per favorire la deindustrializzazione di aree dimesse, che
cura anche attività di promozione e servizi per investitori esterni; il Consorzio Area Alto Milanese,
che ha messo a punto modelli di marketing urbano; InvestiACatania, agenzia creata dal Comune per
accompagnare il processo di sviluppo del polo catanese, caratterizzato da una forte specializzazione
nel settore hi-tech; Promofirenze che ha avviato un progetto di marketing territoriale per l’area
metropolitana Firenze-Prato-Pistoia.
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Le province ed il marketing territoriale: un’opportunità per lo sviluppo
Da segnalare ancora le iniziative realizzate nell’ambito del sistema camerale attraverso la creazione
di aziende speciali o di progetti, quali ad esempio: CESVITEC a Napoli che ha realizzato un
sistema informativo sulle disponibilità localizzative a livello provinciale; InvestiaVibo un sistema di
informazioni gestito dalla camera di commercio locale per l’area di ViboValentia; Promobrindisi,
che offre servizi alle imprese in materia di internazionalizzazione e di promozione.
Esistono poi diverse strutture nate per la gestione di Patti territoriali o Contratti d’Area che stanno
affiancando ai servizi di gestione di tali strumenti attività di promozione e marketing territoriale; ad
esempio si segnalano in questa tipologia: Agrigento Sviluppo ed Enna Sviluppo in Sicilia, Abruzzo
Sviluppo, Grosseto Sviluppo; analogamente la rete dei BIC ha affiancato, in molte aree, all’attività
iniziale di realizzazione e promozione degli incubatori di impresa, iniziative di promozione e
marketing.
Un discorso a parte merita la problematica della gestione delle aree attrezzate: la gestione pubblica
è prevalente e normalmente affidata agli enti locali o a consorzi di enti locali; esistono poi
esperienze di società miste tra enti locali, altri enti pubblici ed associazioni imprenditoriali; sono
ancora poche le iniziative di gestione di iniziativa delle imprese..
L’esperienza di gestione pubblica delle aree nel Mezzogiorno, attraverso i Consorzi ASI, è
attualmente in corso di revisione: molte regioni stanno avviando un’azione di progressiva
privatizzazione di tali Enti, che hanno spesso creato notevoli vincoli burocratici per l’insediamento
delle imprese più che offrire vantaggi, a causa di una legislazione piuttosto farraginosa e di notevoli
sovrapposizione di competenze con i Comuni.
Sta di fatto che nel caso italiano la realizzazione e la gestione di aree attrezzate è spesso
indipendente da un’analisi approfondita delle esigenze del territorio; le azioni di marketing trovano
di frequente un vincolo piuttosto che un sostegno nella disponibilità degli enti gestori a fornire
informazioni dettagliate sulle aree utilizzabili. La separazione di competenze e di obiettivi tra i
percorsi di infrastrutturazione del territorio e la valorizzazione in termini di sviluppo economico
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costituisce l’anomalia più evidente per l’impostazione delle politiche di attrazione: esistono aree
territoriali fortemente promosse e ricche di fattori di attrazione, che sono totalmente sature dal
punto di vista delle opportunità localizzative; e viceversa aree con buone disponibilità di
infrastrutture libere che non beneficiano di opportune azioni di valorizzazione e promozione.
La rapida rassegna fin qui compiuta – rinviando al completamento dello studio una mappatura più
completa e sistematica delle esperienze in corso- consente di evidenziare la particolarità del caso
italiano rispetto alle iniziative più strutturate presenti in altri Paesi europei:
le attività ed i servizi per l’attrazione di investimenti ed il marketing territoriale sono
suddivise tra diversi soggetti e non esiste, né a livello di governo centrale né a livello
regionale, un presidio unitario del processo in tutte le sue fasi ( ricerca delle opportunità e
classificazione dei siti localizzativi, pianificazione strategica e studi sui fattori di attrazione,
infrastrutturazione e gestione delle aree, promozione diretta verso gli investitori e
promozione sul territorio, gestione dei servizi e del sistema di incentivazione, assistenza
diretta all’investitore );
questo produce una notevole frammentazione di esperienze e la nascita di progetti episodici
connessi solo ad alcune fasi del processo e produce anche la sovrapposizione di interventi o
il richiamo solo nominalistico all’attrazione di investimenti;
esiste una tendenza a sviluppare progetti ed iniziative al di fuori delle competenze e dei
percorsi procedurali ed organizzativi ordinari delle pubbliche amministrazioni locali, con il
duplice effetto negativo di depotenziare ulteriormente il ruolo dei soggetti locali nella
funzione di sostegno allo sviluppo locale e di operare in chiave di strumentazione aggiuntiva
piuttosto che di coordinamento e razionalizzazione di quella esistente.
le esperienze positive sono quelle in cui si è indotta una percezione positiva da parte degli
investitori dell’attrattività del territorio: l’attività di comunicazione e di promozione si è
basata su una presentazione delle opportunità a partire dalla valorizzazione del sistema
istituzionale e delle potenzialità del sistema produttivo locale oltre che dell’offerta di
infrastrutture e risorse umane qualificate;
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Le province ed il marketing territoriale: un’opportunità per lo sviluppo
In sintesi, ed è un’osservazione quasi ovvia, non si può ottenere fiducia dagli investitori esterni,
limitandosi ad un’azione di rappresentazione artificiosa di una realtà territoriale, se non si dimostra
che esistono realmente aspettative positive ed elementi concreti di fiducia da parte degli attori
locali.
6. Il ruolo delle Province
Le amministrazioni provinciali sono presenti attivamente nella promozione e nella gestione di molte
iniziative o società di sviluppo che si occupano di marketing territoriale; tuttavia tale presenza non
sempre è sufficientemente sostenuta da una valutazione strategica delle opportunità di sviluppo del
territorio né da una chiara definizione dell’apporto specifico che il sistema province può portare in
queste esperienze.
Il presidio istituzionale di un ambito territoriale, che per dimensione è quello più idoneo ad
organizzare offerta localizzativa e strumenti operativi di marketing, può non essere sufficiente se
non c’è un’effettiva capacità di coordinare l’azione di diversi attori locali dentro un progetto
condiviso sugli obiettivi di sviluppo.
Si è detto che ha senso fare marketing territoriale se sono ben rappresentabili i fattori di attrazione
di un territorio e se si è in grado di offrire reali garanzie, sul piano della coesione sociale ed
istituzionale e sul piano dell’efficienza , che tali fattori sono acquisiti stabilmente ed in grado di
essere potenziati; in caso contrario non c’è abilità promozionale e comunicativa che possa attrarre
investimenti realmente funzionali allo sviluppo.
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Le province ed il marketing territoriale: un’opportunità per lo sviluppo
In relazione alle particolari condizioni del territorio si può scegliere di creare di un’agenzia locale di
sviluppo tesa a realizzare le funzioni di coordinamento ed a governare le diverse fasi del processo o
di operare attraverso la convergenza delle attività ordinarie dei singoli soggetti: in entrambi i casi
un’amministrazione può portare il suo contributo solo sulla base di un’accurata analisi degli
strumenti e delle risorse che è in grado concretamente di mettere in campo ed organizzarle secondo
una metodologia operativa; una partecipazione generica e di pura adesione formale a questi processi
può essere controproducente per il territorio e negativa per l’immagine dell’amministrazione stessa.
Partecipare alla costruzione di un modello operativo di marketing territoriale comporta quindi per
un’amministrazione:
una verifica a monte delle pre-condizioni: esistenza e condivisione di obiettivi di sviluppo;
coesione sociale ed istituzionale; individuazione di massima del potenziale di sviluppo
territoriale e dei fattori di attrazione;
individuazione di un ruolo e scelta del modello organizzativo per il governo del processo;
le alternative, ove praticabili con il consenso degli altri soggetti locali, tra un ruolo di
coordinamento (pianificazione strategica e programmazione), di governo operativo delle
attività, di concorso nell’ambito delle competenze istituzionali a realizzare singole fasi del
processo;
verifica e destinazione delle risorse finanziarie ed organizzative: individuazione degli
strumenti, attivazione di nuove funzioni, formazione e qualificazione delle risorse umane.
Tali scelte preliminari sono necessarie a qualificare l’azione successiva in sede di promozione ed
attuazione del modello: l’integrazione delle competenze per obiettivi che sono tipiche di un
processo che si applica ad una realtà complessa ed articolata consente poi di affrontare in modo
corretto le problematiche:
conoscitive: analisi dei punti di forza e di debolezza del territorio; studio del sistema
produttivo e delle potenzialità di crescita; analisi dell’offerta localizzativa; verifica del
sistema infrastrutturale; analisi sul mercato del lavoro locale; studi sull’offerta formativa;
analisi del contesto ambientale;
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Le province ed il marketing territoriale: un’opportunità per lo sviluppo
operative: efficienza del sistema amministrativo locale e attuazione degli strumenti di
semplificazione; gestione degli strumenti di incentivazione; implementazione dell’offerta di
servizi; realizzazione e gestione dei sistemi informativi;
promozionali : presentazione dell’offerta territoriale; attività di comunicazione.
Solo a valle di una verifica attenta di questo complesso di elementi si dovrebbe decidere di avviare
un’azione di marketing territoriale con una ragionevole aspettativa che produca valore per un
determinato territorio.
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