il diritto di asilo - Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto

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IL DIRITTO DI ASILO
status di rifugiato-protezione internazionale- protezione umanitaria -asilo costituzionale
SEMINARI DI DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONE – TRENTO- 29 OTTOBRE 2010
Claudia Pretto
IL DIRITTO DI ASILO
PROTEZIONE INTERNAZIONALE: STATUS DI RIFUGIATO-PROTEZIONE SUSSIDIARIAPROTEZIONE UMANITARIA ; ASILO COSTITUZIONALE
Questo intervento è volto ad analizzare, in forma schematica e riassuntiva, senza alcuna
presunzione di esaustività, il sistema di norme che disciplinano la protezione del cittadino
straniero che si trovi ad esercitare il diritto di asilo nell’ordinamento italiano. Il diritto di
asilo nell’ordinamento italiano si esplica in un sistema multilivello dallo Jus Cogens ripreso
poi dal divieto di respingimento dell’art 33 della Convenzione di Ginevra relativa allo status
di rifugiato, al diritto internazionale convenzionale, passando per il Trattato di Lisbona, le
direttive comunitarie fino all’art 10 comma 3 della Costituzione italiana.
Il diritto di asilo nell’ordinamento italiano ha sofferto di un deficit normativo che è stato solo
recentemente colmato con i decreti legislativi 251 del 2007 e 25 del 2008 modificato dal d.lgs
159/2008 i quali hanno dato attuazione delle direttive comunitarie: la 2004/83/CE ( nota come
direttiva qualifiche) e la direttiva 2005/85/CE, (nota come direttiva procedure), le quali
costituiscono, con al direttiva 2001/55/CE ( direttiva protezione temporanea) a formare
l’impianto del sistema europeo comune di asilo.
L’attuale analisi della prassi come verrà dimostrato di seguito dimostra come l’ampiezza che
la giurisprudenza aveva attribuito al diritto di asilo, fino alla attuazione delle direttive europee
2003/84/CE e 2005/85/CE, lasciava senza alcun dubbio maggiori margini di libertà
nell’esercizio del diritto di asilo costituzionale, ad esempio ai prefetti o ai giudici aditi di poter
decidere per la permanenza del richiedente asilo nel territorio italiano in virtù dell’oggetto
stesso del ricorso e cioè la possibilità di permanere nel territorio italiano .
Il comma 3 articolo 10 è una disposizione che necessita di una legge ordinaria per essere
disciplinata nello specifico ha da sempre impedito una concreta applicazione del comma 3 art.
10 Costituzione italiana, il Legislatore italiano infatti, non ha mai esplicitamente posto in
essere una norma ordinaria e pertanto l’azionabilità di detto comma è stata esercitata sempre
per mezzo di un atto di citazione e cioè di una istanza aperta al giudice sulla base di una
disposizione costituzionale .
Il legislatore italiano infatti, non aveva mai espressamente distinto fra diritto di asilo e status
di rifugiato .
Il concetto di asilo politico costituzionale è stato lasciato inevaso da parte del legislatore
italiano, pertanto si è dovuto ricorrere alla legge di attuazione della Convenzione di Ginevra
del 1951 come riferimento legislativo ordinario interno. Nel diritto di asilo costituzionale non
essendo infatti richiesto l’elemento della persecuzione come invece è richiesto nella
Convenzione di Ginevra .
Il diritto di asilo costituzionale nell’ordinamento italiano ha, come detto, una portata più
ampia rispetto al riconoscimento dell’articolo 1 della Convenzione di Ginevra
Lo ius comune internazionale in materia di asilo è successivo rispetto al diritto di asilo
costituzionale e oltre ad essere tardivo è molto più cauto nella tutela dei diritti, inoltre è bene
sottolineare come la Convenzione di Ginevra si limiti a regolare l’istituto dello status di
rifugiato e non il diritto di asilo soggettivo così come sancito dal comma 2 dell’articolo 10
della Costituzione italiana e cioè mentre il diritto internazionale si concentra sull’obbligo
dello Stato a verificare il fondato timore o la persecuzione per motivi di razza, ecc… il
costituente italiano sposta la prospettiva guardando la natura del diritto di asilo come diritto
del singolo, dell’individuo e non solo come mero obbligo dello Stato.
In questa diversa natura ontologica fra diritto soggettivo da un lato e dovere dello Stato
dall’altro si è giocata fino alla attuazione delle direttive europee nell’ordinamento italiano la
continua partita fra da un alto la possibilità di azionare in modo diverso entrambi e dall’altro
la coincidenza fra i due diritti nella natura ontologica dello status di rifugiato, cancellando
pertanto la natura precettiva del comma 3 articolo 10 della Costituzione italiana.
Nell’ordinamento italiano, indipendentemente dalla presenza della persecuzione o del fondato
timore della stessa per i motivi individuati dall’art. 1 della Convenzione di Ginevra ed
indipendentemente dall’art 33 della convenzione stessa, il diritto di asilo dovrebbe pertanto
essere inteso come diritto a presentare istanza di asilo fintanto ché venga verificato che nel
paese di origine non sia possibile esercitare uno di quei diritti tutelati dalla costituzione
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status di rifugiato-protezione internazionale- protezione umanitaria -asilo costituzionale
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italiana stessa. Si tratta senza alcun dubbio di una possibilità di vedersi riconosciuto il diritto
di asilo molto più ampia di quella che si ha con l’istanza dello status di rifugiato.
L’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam e la comunitarizzazione delle politiche
sull’immigrazione e l’asilo ai sensi dell’articolo 63 e ss TUE e della Carta di Nizza agli
articoli II-18 e II-19 sembrava aver aperto uno spiraglio per il riconoscimento di una
protezione comunitaria del diritto di asilo che andasse oltre la Convenzione di Ginevra e desse
ampio respiro e fosse ben solida nella tutela dei principi che si ancorano all’articolo 6 TUE.
Questa aspettativa è stata disattesa come emerge dalla attuazione nell’ordinamento italiano
delle direttiva qualifiche e della direttiva procedure che danno ampia possibilità agli Stati
membri di porre in essere delle norme interne e delle prassi che possono essere oggi definite in
alcuni ordinamenti quali quello italiano come norme in peius .
Il diritto di asilo nell’ordinamento italiano fino alla attuazione delle direttive qualifiche e
procedure non aveva mai avuto una disciplina comune e una procedura completa prevista per
legge sul diritto di asilo, che unisse sia il contenuto dell’articolo 10 comma 3 costituzione con
la disciplina sullo status di rifugiato e ancora con il divieto di espulsione previsto dall’
articolo 19 del D.lgs 286/98 , voluto dal legislatore per dare piena attuazione
nell’ordinamento italiano alla protezione prevista dall’articolo 3 CEDU
I pochi riferimenti nella legge ordinaria che disciplinavano alcuni aspetti della procedura
asilo, oltre alla legge di attuazione della Convenzione di Ginevra, la legge 722 del 1954, erano
la legge 39 del 1990, il D.pr 303/2004 e la legge Bossi Fini legge 189/2002 che ha mutato
l’assetto della normativa italiana in materia di immigrazione ed asilo . La legge Bossi Fini
infatti, già nel 2002 aveva introdotto la disposizione secondo la quale l’allontanamento non
autorizzato dai centri di identificazione viene sanzionato equiparandolo a rinuncia della
domanda di asilo. Oggi ciò è espressamente inserito dal neo decreto legislativo 159/2008 che
muta l’assetto di attuazione della direttiva europea 2005/85/CE. Si sottolinea come, la
capienza dei centri di identificazione ed espulsione, le cure e l’accoglienza dei detenuti sia
spesso carente rispetto ai numeri ed ai bisogni concreti.
Il problema della detenzione dei richiedenti asilo in Italia ed il loro trattenimento nei Centri di
identificazione ed espulsione nei reparti CARA ( centri accoglienza per richiedenti asilo e
rifugio) è necessariamente collegato alla scarsità di posti del Servizio Protezione Richiedenti
Asilo e Rifugio (lo SPRAR) che registra nel 2009 su 138 progetti territoriali solo 3000 posti di
fronte ai soli arrivi via mare nel 2008 che hanno registrato circa 38.000 sbarchi .
La totale inadeguatezza delle risposte del Governo rispetto al reale fenomeno della migrazione
forzata viene risolta con il mutamento dell’assetto dell’accesso all’esercizio del diritto di
asilo-protezione internazionale con la declamata esternalizzazione della procedura asilo, i
respingimenti alla frontiera il possibile allontanamento forzato dei richiedenti asilo nel
secondo grado di giudizio ed ancora il rinvio in Libia in virtù dell’accordo Libia Italia.
***
ALCUNI SPUNTI SUL DIRITTO DI ASILO INTERNAZIONALE
Il diritto di asilo quale diritto umano fondamentale come sancito dall’articolo 14 della
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo assurge ad obbligo da parte degli Stati come
diritto che nasce dal combinato disposto del divieto di respingimento dei richiedenti asilo, dal
divieto di tortura e pena inumana e degradante e del divieto di essere respinti lì dove tale pena
inumana e degradante può essere posta in essere.
Il diritto di asilo internazionale infatti è l’insieme di parti di diverse Convenzioni e Trattati
vincolati che devono essere letti alla luce della regola generale dell’interpretazione dei trattati
sancita dall’articolo 31 della Convenzione di Vienna1.
1
Diritto dei Trattati, Convenzione adottata a Vienna il 23 maggio 1969
Sezione 3 - INTERPRETAZIONE DEI TRATTATI
Articolo 31 - Regola generale di interpretazione
Un trattato deve essere interpretato in buona fede seguendo il senso ordinario da attribuire ai
termini del trattato nel loro contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo.
Ai fini dell'interpretazione di un trattato, il contesto comprende, oltre al testo, il preambolo e
gli allegati ivi compresi:
ogni accordo in rapporto col trattato e che è stato concluso fra tutte le parti in occasione della
conclusione del trattato;
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L’articolo 31 della Convenzione di Vienna sui Trattati del 1969 esplicitamente prevede che
ogni termine di un Trattato debba essere interpretato tenendo conto del significato e dello
scopo del Trattato stesso, in quanto il Trattato è espressione della volontà delle parti contraenti
. La Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati del 1969 è entrata in vigore il 27 gennaio
1980, tecnicamente non dovrebbe trovare applicazione alla Convenzione di Ginevra sullo
Status dei rifugiati del 1951 ed entrata in vigore il 21 aprile 1954, così come alla Convenzione
europea dei diritti dell’uomo del 1950 che è entrata in vigore il 3 settembre 1953, comunque è
stata più volte ribadita la sua applicazione anche a trattati e convenzioni posti in essere
precedentemente se contenenti norme ascrivibili allo Jus cogens, quali, per l’appunto, il divieto
di refoulment.
L’interpretazione delle disposizioni della Convenzione di Ginevra discende pertanto dalla
volontà delle parti: gli Stati firmatari; tale volontà oggi è conservata indelebilmente nei
Traveaux preparatoires e nel Manuale sulle procedure e sui criteri per la determinazione dello
status di rifugiato dell’Alto Commissariato dei rifugiati2. Questi testi indicano oggi ai
legislatori nazionali, agli enti chiamati a decidere sulle domane di asilo e ai giudici nazionali,
comunitari e regionali, quale fu la volontà delle parti e cioè degli Stati fondatori delle Nazioni
Unite che stipularono la Convenzione di Ginevra stessa, le difficoltà e le discussioni che
emersero e i punti sui quali le parti contraenti concordarono fin dall’inizio, come ad esempio il
divieto di refoulment.
La stessa Corte di Giustizia Internazionale ( ICJ) ha sottolineato, nel caso Gabcikovonagymaros Project ( Hungary/Slovakia) del 25 settembre 1997, come l’interpretazione dei
diritti umani fondamentali debba promuovere l’applicazione effettiva dei diritti umani stessi
senza limitarli alla mera declamazione e come nessuna corte possa supportare azioni che siano
poste in essere contro la tutela dei diritti umani stessi, così come tutelati da un Trattato o da una
Convenzione internazionali successive, solo perché poste in essere prima della stipula dei
Trattati che considerano violazioni le suddette azioni . Dunque l’interpretazione dei Trattati,
così come individuata dalla Convenzione di Vienna del 1969, trova applicazione anche alla
Convenzione di Ginevra sullo Status di rifugiato e, così come, come vedremo in seguito alla
Convenzione europea dei diritti dell’uomo .
Ai sensi dell’articolo 42 comma 1 della Convenzione di Ginevra uno Stato parte può, nel
momento della firma, ratifica o dell’accesso alla Convenzione stessa, porre in essere delle
riserve rispetto alla applicazione al proprio Stato di alcuni articoli della Convenzione stessa;
l’Italia, ad esempio, come diremo nei paragrafi successivi, optò per la così detta riserva
geografica dell’applicazione dell’articolo 1 della Convenzione stessa.
Per comprendere la portata e la vincolatività del divieto di refoulment è necessario soffermarsi
sui lavori preparatori della Convenzione, dai quali emerge decisamente e fermamente che gli
Stati contraenti stabilirono il divieto di riserva per qualunque Stato parte della Convenzione di
Ginevra, nessuna dichiarazione politica contro tale posizione fu presa in considerazione,
questa scelta unanime si pone oggi quale chiave di lettura della volontà del Legislatore della
Convenzione stessa: il dal divieto di respingimento assoluto e vincolante.
CONVENZIONE DI GINEVRA RELATIVA ALLO STATUS DI RIFUGIATI DEL 1951 E
SUCCESSIVO PROTOCOLLO DI NEW YORK DEL 1967
ogni strumento posto in essere da una o più parti in occasione della conclusione del trattato e
accettato dalle parti come strumento in connessione col trattato.
Si terrà conto, oltre che del contesto:
di ogni accordo ulteriore intervenuto fra le parti in materia di interpretazione del trattato o
della applicazione delle sue disposizioni;
di qualsiasi prassi successivamente seguita nell'applicazione del trattato attraverso la quale si
sia formato un accordo delle parti in materia di interpretazione del medesimo;
di qualsiasi regola pertinente di diritto internazionale applicabile nei rapporti fra le parti.
Un termine verrà inteso in un senso particolare se risulta che tale era l'intenzione delle parti.
2
The Refugee Convention, 1951, The Traveaux preparatoires anlysed, with a commentary by
the late Dr Paul Weis, Cambridge University, 1980. Si veda Manuale sulle procedure e sui
criteri per la determinazione dello status di rifugiato reperibile dal sito www.unhcr.org
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La Convenzione relativa allo Status dei Rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 (Recueil
des traités des Nations Unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)), è entrata in vigore il 22
aprile 1954, completata dal Protocollo relativo allo status dei rifugiati del 31 gennaio 1967,
entrato in vigore il 4 ottobre 1967 (in prosieguo: la «Convenzione di Ginevra»). Essa
rappresenta oggi l’unico strumento internazionale in materia di diritto di asilo, ma, come
vedremo lo status di rifugiato è ontologicamente diverso sia per contenuto che per onere
probatorio rispetto al diritto di asilo come inteso nell’art 10 comma 3 Cost italiana.
La Convenzione di Ginevra, pensata per tutelare, all’indomani della seconda guerra mondiale
quei soggetti che sono oggetto di specifiche persecuzioni per motivi individuati in determinate
categorie: razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le
sue opinioni politiche.
Per la determinazione dello status di rifugiato è necessario valutare:
 Ratione personae
 Ratione materiae
 Ratione Loci
Art. 1, sezione A, punto 2, primo comma, della Convenzione di Ginevra, il termine
«rifugiato» si applica a chiunque, “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di
razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue
opinioni politiche, si trova fuori dal Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa
di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure a chiunque, non
avendo una cittadinanza e trovandosi fuori dal Paese in cui aveva residenza abituale a
seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”.
Art. 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra così recita:
“La presente Convenzione non potrà applicarsi a coloro che beneficiano attualmente di
protezione o assistenza da parte di organi o agenzie delle Nazioni Unite diversi dall’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati”.
Qualora questa protezione o questa assistenza, per un qualunque motivo, dovessero venire a
cessare senza che la situazione di queste persone sia stata definitivamente regolata in
conformità con le risoluzioni adottate dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, costoro
avranno pieno diritto di usufruire del regime previsto dalla presente Convenzione».
ART 31 rifugiati in situazione irregolare nel Paese di accoglimento
I rifugiati in status di irregolarità: Gli stati contraenti non possono applicare sanzioni penali a
coloro che si trovino sul loro territorio, anche se in status di irregolarità per ivi esercitare il
diritto di asilo ai sensi della Convenzione di Ginevra ( per tale ragione il Legislatore italiano
della legge 94 del 15 luglio 2009 ha dovuto inserire nell’art 10 bis D.lgs 286/98 la disposizione
presente al comma 6: “Nel caso di presentazione di una domanda di protezione internazionale
di cui al decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, il procedimento è sospeso. Acquisita la
comunicazione del riconoscimento della protezione internazionale di cui al decreto legislativo
19 novembre 2007, n. 251, ovvero del rilascio del permesso di soggiorno nelle ipotesi di cui
all’articolo 5, comma 6, del presente testo unico, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a
procedere”).
ART 32_espulsione
ART 33 _DIVIETO DI RESPINGIMENTO ( NON REFOULMENT), principio ascritto
allo Jus cogens con il divieto di pena inumana e degradante sancito dall’art 3 CEDU
ART 7 _ esenzione della reciprocità
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-Patto internazionale sui diritti civili e politici, Adottato dall'Assemblea Generale il 16
dicembre 1966. Entrato in vigore il 23 marzo 1976. Articolo 1 6 (ICCPR)
“1. Il diritto alla vita è inerente alla persona umana. Questo diritto deve esser protetto dalla
legge. Nessuno può essere arbitrariamente privato della vita
2. Nei paesi in cui la pena di morte non è stata abolita, una sentenza capitale può essere
pronunciata soltanto per i delitti più gravi, in conformità alle leggi vigenti al momento in cui il
delitto fu commesso e purché ciò non sia in contrasto né con le disposizioni del presente Patto
né con la Convenzione per la prevenzione e la punizione del delitto di genocidio. Tale pena
può essere eseguita soltanto in virtù di una sentenza definitiva, resa da un tribunale
competente.
3. Quando la privazione della vita costituisce delitto di genocidio, resta inteso che nessuna
disposizione di questo articolo autorizza uno Stato parte del presente Patto a derogare in alcun
modo a qualsiasi obbligo assunto in base alle norme della Convenzione per la prevenzione e la
punizione del delitto di genocidio.
4. Ogni condannato a morte ha il diritto di chiedere la grazia o la commutazione della pena.
L'amnistia, la grazia o la commutazione della pena di morte possono essere accordate in tutti i
casi.
5. Una sentenza capitale non può essere pronunciata per delitti commessi dai minori di 18 anni
e non può essere eseguita nei confronti di donne incinte
6. Nessuna disposizione di questo articolo può essere invocata per ritardare o impedire
l'abolizione della pena di morte ad opera di uno Stato parte del presente Patto”.
Articolo 7
“Nessuno può essere sottoposto alla tortura né a punizioni o trattamenti crudeli, disumani o
degradanti, in particolare, nessuno può essere sottoposto, senza il suo libero consenso, ad un
esperimento medico o scientifico.”
-CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
Non contempla esplicitamente il diritto di asilo, ma questo nasce dal combinato disposto di
diversi articoli.
Art. 2 CEDU
Art. 3 CEDU – Proibizione della tortura
“Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”;
Art. 5 CEDU
Art. 8 CEDU
Art. 13 CEDU – Diritto ad un ricorso effettivo
“Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati
violati, ha diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un’istanza nazionale, anche quando la
violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni
ufficiali”3
Fra tutte in questa sede per una approfondita analisi sull’art 13 CEDU e sua applicazione alla
procedura asilo si rimanda a:Corte europea dei diritti dell’uomo,Terza Sezione, CHAHAL v.
the U.K. 15 November 1996, Reports 1996-V; ČO KA v. BELGIUM, Application no.
51564/99, decisione finale del 5 maggio 2002. Con questa decisione la corte da piena
interpretazione all’articolo 13 della Convenzione stabilendo infatti che il diritto ad un ricorso
giurisdizionale effettivo è violato quando la normativa statale non prevede l’effetto sospensivo
dei ricorsi avverso i provvedimenti di espulsione ed estradizione. Per quanto concerne la
definizione di rimedio effettivo (effective remedy), fra tutte si rimanda a Corte europea dei
diritti dell’uomo, 40035/98; Jabary v. Turkey dell’ 11 Luglio 2000; Corte europea dei diritti
dell’uomo, No. 25389/05 paragrafo 67, Gebremedhin v. France del 26 Aprile 2007. Per quanto
concerne la violazione dell’art 3 Cedu da parte dell’Italia fra tutti si ricorda : Corte europea dei
diritti dell’uomo Grande Camera,. 37201/06, Saady v. Italy del 28 Febbraio 2008.
3
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Il concetto di rimedio effettivo ai sensi dell’art 13 della CEDU è chiaramente stato analizzato
dalla Corte europea dei diritti dell’uomo in diverse decisioni, esso è stato ripreso dall’art 39
della direttiva procedure dove però non emerge una tutela del richiedente asilo rispetto ad un
rinvio nel paese di origine o nel paese terzo così detto sicuro come invece emerge
nell’interpretazione che la Corte EDU da dell’art 13.
***
IL SISTEMA COMUNE EUROPEO DI ASILO
Il Consiglio europeo, nella riunione straordinaria di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha
convenuto di lavorare all’istituzione di un regime europeo comune in materia di asilo basato
sull’applicazione, in ogni sua componente, della Convenzione di Ginevra (…), e di garantire in
tal modo che nessuno sia nuovamente esposto alla persecuzione, in ottemperanza al principio
di “non refoulement” (…).
Per la prima volta nel 2004 presso il Consiglio europeo si inizia a parlare esplicitamente di
“sistema comune europeo di asilo”4, come un sistema di norme comuni, quanto alle linee
generali e alla determinazione dello Stato membro competente ed esclude per la prima volta
esplicitamente a livello normativo la possibilità per uno cittadino di uno Stato membro di
esercitare il diritto di asilo in un altro Stato membro, per tale ragione oggi nessun cittadino
comunitario può avvalersi della protezione internazionale, si delinea pertanto la prima clausola
di esclusione esplicita rispetto alla possibilità di essere riconosciuti rifugiati ai sensi della
Convenzione di Ginevra e del protocollo aggiuntivo del 1967.
LA DETERMINAZIONE DELLO STATO COMPETENTE AD ESAMINARE LA
DOMANDA DI ASILO5
Uno dei primi ambiti disciplinati dal diritto comunitario, per quanto concerne il sistema
europeo comune in materia di diritto di asilo, è stato il così detto “sistema Dublino”, un
insieme di norme nate per determinare una univoca giurisdizione in materia di asilo, con lo
scopo di “ancorare” la domanda di un richiedente asilo ad un solo Stato membro ed evitare il
forum shopping, ma al contempo, con la conseguenza di limitare geograficamente la possibilità
dei richiedenti asilo di presentare la loro domanda di in qualsiasi Stato membro essi si trovino.
Come ricordato in dottrina in riferimento a Corte europea dei diritti dell’uomo, 43844/98, T.I.
v. The United Kingdom, del 7 marzo 2000, la Corte ha sottolineato come ogni Stato membro
abbia una responsabilità individuale nell’esaminare una richiesta di asilo per aver
individualmente ratificato la Convenzione di Ginevra sullo Status di rifugiato del 1951. Tale
responsabilità, non potrebbe pertanto essere trasferita ad un altro Stato senza che sia
effettivamente garantito il rispetto delle obbligazioni contenute nella Convenzione di Ginevra
stessa. Pertanto la giurisprudenza della corte potrebbe trovare pienamente applicazione nella
interpretazione ed attuazione delle normative europee sull’asilo, in particolare proprio sul
sistema Dublino, dove, ogni Stato membro è obbligato al pieno rispetto della normativa
internazionale citata che ha ratificato, indipendentemente dalla presunzione di competenza di
altro Stato membro nell’applicazione del sistema Dublino
4
Il primo esplicito riferimento è presente nel programma dell’Aja ( rafforzamento della libertà,
della sicurezza e della Giustizia nell’Unione europea, in G.U.C.E 3 marzo 2005 c53 p 1) ,
programma adottato dal Consiglio europeo del 2004 che prevede come obiettivo della così
detta seconda fase del regime europeo comune di materia di asilo la instaurazione di una
procedura comune al riguardo e di uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto l’asilo o
la protezione sussidiaria.
5
Così detto sistema Dublino II, Regolamento 343/2003/CE del Consiglio del 18 febbraio2003
che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per
l'esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese
terzo; Regolamento 1560/20037CE della Commissione del 2 settembre 2003 recante modalità
di applicazione del regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio che stabilisce i criteri e i
meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda
d'asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo
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IL DIRITTO DI ASILO
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Nell’attuare il sistema Dublino gli Stati membri, e con loro lo stesso ordinamento comunitario,
non possono esimersi dal rispetto degli obblighi che discendono in particolare dalla
Convenzione europea dei diritti dell’uomo, indipendentemente dalla possibilità di dare
efficacia vincolante alla definizione di “paese terzo sicuro”.
Il sistema Dublino, pensato per evitare il così detto asylum shopping garantendo nel contempo
che il caso di ogni persona richiedente asilo venga trattato da un solo Stato membro evitando
che alcuni richiedenti asilo in orbita.
Il Regolamento 343/2003/CE approvato dal Consiglio in data 18 febbraio 2003 e pubblicato
sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea il 25 febbraio 2003 mira ad individuare il più
rapidamente possibile lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo,
fissando termini specifici per ciascuna fase della procedura di determinazione dello Stato
competente, esso impedisce la possibilità di domande d'asilo multiple e impone la linea del
one chance nel senso che una volta avviata una procedura asilo in uno stato membro e
riconosciuto in quello stato questo Stato diventa tassativamente competente non sarà, salvo
alcune clausole di eccezione, consentito al richiedente asilo presentare domande di asilo in altri
stati membri.
-Principi generali
Un unico Stato membro è competente per l’esame di una domanda d'asilo; tuttavia, qualsiasi
Stato membro può decidere di esaminare una domanda d'asilo anche se tale esame non gli
compete in base ai criteri del regolamento. Lo stato competente non è quello scelto dal
richiedente (art 3).
Se l'analisi dei criteri del regolamento designa un altro Stato membro come Stato competente,
questo viene invitato ad occuparsi del richiedente asilo per quanto riguarda l'esame della sua
domanda. Nell'ipotesi nella quale lo Stato membro sollecitato riconosca la sua competenza, il
primo Stato membro è tenuto a garantire il trasferimento del richiedente asilo. In questo senso
la responsabilità del trasferimento è in capo al primo Stato il quale non dovrebbe notificare al
richiedente asilo un provvedimento in lingua a lui comprensibile, rispetto al quale deve essergli
garantito il diritto ad un rimedio effettivo ( ricorso effettivo = rimedio effettivo).
-Tutela dei Minori
Nel caso di minori si deve sottolineare che situazione del minore è indissociabile da quella del
genitore o del tutore che ha presentato la domanda d'asilo.
Applicazione tutela del richiedente asilo nel procedimento amministrativo, il richiedente asilo
deve essere informato in una lingua a lui comprensibile del contenuto dell’applicazione del
regolamento
-Avvio del procedimento Dublino II
Art 4: procedimento si avvia alla presentazione della domanda attraverso un verbale redatto
dalle autorità ( immediatamente dovrebbe scattare la verifica della competenza, senza alcun
indugio) E’ un procedimento amministrativo nell’ordinamento italiano pertanto devono essere
applicate tutte le garanzie del procedimento amministrativo, compreso il diritto di accesso agli
atti e la visione del proprio fascicolo.
-Gerarchia dei criteri (art 5)
I criteri enunciati nel regolamento devono essere applicati nell'ordine di presentazione. Essi
sono applicati sulla base della situazione esistente quando il richiedente asilo ha presentato la
sua domanda a uno Stato membro.
a)criteri relativi al principio dell'unità del nucleo familiare ( art 6-7-8)
Se il richiedente asilo è un minore non accompagnato, è competente per l'esame della domanda
di asilo lo Stato membro nel quale si trova legalmente un suo familiare, purché ciò sia nel
migliore interesse del minore. In mancanza di un familiare, è competente lo Stato membro in
cui il minore ha presentato la domanda d'asilo.
Se un familiare del richiedente risiede già in qualità di rifugiato in uno Stato membro, detto
Stato membro è competente per l’esame della sua domanda d'asilo, sempre che l'interessato lo
desideri. Se un familiare di un richiedente asilo ha presentato in uno Stato membro una
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IL DIRITTO DI ASILO
status di rifugiato-protezione internazionale- protezione umanitaria -asilo costituzionale
SEMINARI DI DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONE – TRENTO- 29 OTTOBRE 2010
Claudia Pretto
domanda sulla quale non è ancora stata presa una prima decisione, l'esame della domanda
d'asilo compete a detto Stato membro, sempre che l'interessato lo desideri.
Il regolamento prevede inoltre un criterio per le domande d'asilo presentate simultaneamente o
in date ravvicinate da diversi familiari per un esame congiunto.
Tutela della volontà degli interessati nel nucleo familiare in caso di presentazione di domande
da parte di familiari non ancora decise ( art 8)
b)criteri relativi al rilascio di permessi di soggiorno o visti ( art 9)
Lo Stato membro che ha rilasciato al richiedente asilo un permesso di soggiorno o un visto
valido è competente per l’esame della domanda d'asilo. Se il richiedente è titolare di più
permessi o visti, è considerato competente, ai fini dell’esame, lo Stato che:
-ha rilasciato il documento di soggiorno che conferisce il diritto di soggiorno più lungo o, se la
validità temporale è identica, lo Stato che ha rilasciato il documento di soggiorno la cui
scadenza è più lontana. La stessa regola si applica nel caso di più visti di natura diversa;
-ha rilasciato il visto la cui scadenza è più lontana, quando i visti sono di analoga natura.
La stessa regola vale quando il richiedente asilo è titolare di uno o più titoli di soggiorno
scaduti da meno di due anni o di uno o più visti scaduti da meno di sei mesi e non abbia
lasciato i territori degli Stati membri. In questi casi, è competente lo Stato membro in cui è
stata presentata la domanda.
c)criteri relativi all'ingresso o al soggiorno illegali in uno Stato membro ( art 10)
Se il richiedente asilo ha varcato illegalmente le frontiere di uno Stato membro, quest'ultimo è
competente per l’esame della sua domanda di asilo. Questa responsabilità cessa 12 mesi
dopo la data di attraversamento irregolare della frontiera.
Dispensa da visto (art 11)
Quando è accertato che il richiedente asilo ha soggiornato per un periodo continuato di
almeno 5 mesi in uno Stato membro prima di presentare la domanda d'asilo, detto Stato
membro è competente per l'esame della domanda d'asilo. Se il richiedente asilo ha
soggiornato per un periodo di almeno 5 mesi in vari Stati membri, lo Stato membro in cui
ciò si è verificato per l'ultima volta è competente per l'esame della domanda d'asilo.
d)criteri relativi all'ingresso legale in uno Stato membro
Se un cittadino di un paese terzo richiede asilo in uno Stato membro in cui non è sottoposto
all'obbligo di visto, l'esame della domanda d'asilo compete a tale Stato membro.
e)domanda presentata in una zona internazionale di transito di un aeroporto ( art. 12)
Quando la domanda d'asilo è presentata in una zona internazionale di transito di un aeroporto
di uno Stato membro da un cittadino di un paese terzo, detto Stato membro è competente per
l'esame della domanda.
f)"criterio generale" applicabile quando nessuno Stato membro può essere designato
competente per l’esame della domanda d’asilo sulla base dei criteri enumerati. In tali
casi, è competente il primo Stato membro nel quale la domanda è stata presentata.
Clausola umanitaria ( art. 15 )
Qualsiasi Stato membro può, pur non essendo competente in applicazione dei criteri vincolanti
definiti dal presente regolamento, accettare di esaminare una domanda d’asilo per ragioni
umanitarie, fondate in parte su motivi familiari o culturali (a condizione che le persone
interessate vi acconsentano).
Obbligo dello Stato prendere o riprendere a carico un richiedente asilo ( onde evitare i
così detti rifugiati in orbita) ( art. 16)
Se uno Stato membro ritiene che un altro Stato membro sia competente per l’esame di una
domanda d'asilo, esso può interpellare tale Stato membro affinché prenda a carico la domanda.
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Lo Stato membro competente per la domanda d'asilo è tenuto ad assolvere alcuni obblighi, in
particolare l'obbligo di prendere o riprendere a carico il richiedente e di portare a termine
l'esame della sua domanda.
La domanda di presa o ripresa a carico dovrà indicare ogni elemento che permette allo Stato
richiesto di determinare se è effettivamente competente ( spesso nei provvedimenti italiani ciò
non è specificato). Quando lo Stato richiesto accetta di prendere a carico o riprendere a carico
il richiedente asilo, lo Stato nel quale la domanda d’asilo è stata presentata notifica al
richiedente asilo una decisione motivata relativa all’inammissibilità della sua domanda in tale
Stato membro indicando l'obbligo di trasferimento del richiedente asilo verso lo Stato membro
competente; contro tale decisione può essere esperito un ricorso che non ha effetto sospensivo,
a meno che il giudice o l'organo giurisdizionale competente non decida altrimenti caso per
caso, se la legislazione nazionale lo consente.
N.B “Casi Dublino di ritorno”
-A uno Stato membro che abbia già esaminato o iniziato ad esaminare una domanda di asilo
può essere richiesto di rioccuparsi del richiedente asilo che si trovi in un altro Stato membro
senza averne il permesso. In tal caso, lo Stato membro responsabile in cui è trasferito il
richiedente dovrà ultimare l'esame della domanda. Si sottolinea come non ci siano ad oggi dati
ufficiali sui così detti casi Dublino e cioè su quei richiedenti asilo che, trasferitisi prima della
conclusione della procedura asilo in altro Stato membro siano rinviati nel primo se non hanno
titolo per stare nel secondo Stato membro. Il caso più grave noto e riportato dalla
giurisprudenza italiana così come dalla Corte di Strasburgo attraverso l’accoglimento di
molteplici misure ad interim ( articolo 39 Regolamento CEDU) è quello dei Dublinati afgani
che sono stati rinviati verso la Grecia (Tar Puglia 14 Maggio 2008; Mirzai C. Italie 19
novembre 2008;
Il regolamento stabilisce una serie di modalità pratiche relative alla presa o alla ripresa in
carico del richiedente (scadenze per la presentazione e l'evasione delle richieste e per
l'esecuzione dei trasferimenti, verifiche necessarie, notifiche delle decisioni, ecc.). Qualora uno
Stato membro non rispetti i rigidi termini stabiliti dal regolamento, si ritiene che abbia
implicitamente accettato la propria competenza nei confronti della persona interessata.
Stato membro individuato come competente ( art 18)
Lo Stato membro richiesto procede alle verifiche necessarie, in particolare nei suoi archivi, e
deliberà sulla richiesta di presa in carico di un richiedente entro due mesi a decorrere dalla data
in cui ha ricevuto la richiesta.
Nella procedura di determinazione dello Stato membro competente per l'esame della domanda
d'asilo sono utilizzati elementi di prova e prove indiziarie.
In mancanza di prove formali, lo Stato membro richiesto si dichiara competente se le prove
indiziarie sono coerenti, verificabili e sufficientemente particolareggiate per stabilire la
competenza.
Notifica provvedimento, trasferimento e istanza di riesame o ricorso (Art. 19)
n.b nell’ordinamento italiano è possibile presentare istanza di riesame presso il
Dipartimento libertà civili e immigrazione … sezione Dublino e, entro 60, giorni
depositare ricorso al TAR Lazio ( competente foro erariale). L’effetto sospensivo deve
essere espressamene richiesto in conformità con l’art 13 CEDU.
In caso di mancanza di tempo per esercitare l’autotutela o depositare il ricorso attivare la
corte EDU inviando fax alla Corte di Strasburgo ai sensi dell’art 39 CEDU, misure ad
interim con prove contrarie o con documenti rispetto ad una possibile violazione di uno
degli art CEDU citati. Indicando data e luogo del trasferimento, meglio far firmare il
richiedente asilo e corredare da documenti personali Sul concetto di paese membro sicuro
e dunque sul
La sentenza del TAR Puglia n. 1870 del 14/05/08, depositata il 24/06/08, offre
un’interessante ed innovativa lettura del Regolamento comunitario n. 343/03 (c.d.
Regolamento di Dublino,modificante l’omonima Convenzione), in particolar modo
dell’art. 10, comma I. Questa norma prevede che: “quando è accertato, sulla base degli
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elementi di prova e delle prove indiziarie di cui ai due elenchi menzionati all’articolo 18,
paragrafo 3, inclusi i dati di cui al capo III del regolamento (CE) n. 2725/2000, che il
richiedente asilo ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza
da un paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è
competente per l’esame della domanda d’asilo”.
1. Quando lo Stato membro richiesto accetta di prendere in carico il richiedente asilo, lo Stato
membro nel quale la domanda d'asilo è stata presentata notifica al richiedente asilo la decisione
di non esaminare la domanda e l'obbligo del trasferimento del richiedente verso lo Stato
membro competente.
La decisione menzionata al paragrafo 1 è motivata. Essa è corredata dei termini relativi
all'esecuzione del trasferimento e contiene, se necessario, le informazioni relative al luogo e
alla data in cui il richiedente deve presentarsi, nel caso in cui si rechi nello Stato membro
competente con i propri mezzi. La decisione può formare oggetto di ricorso o revisione. Il
ricorso o la revisione della decisione non ha effetto sospensivo ai fini dell'esecuzione del
trasferimento a meno che il giudice o l'organo giurisdizionale competente non decida in tal
senso caso per caso se la legislazione nazionale lo consente.
Cooperazione amministrativa6
Laddove sia necessario per finalità specifiche, quali la determinazione dello Stato membro
competente o l'esame di una domanda d'asilo, gli Stati membri posso scambiarsi i dati di
carattere personale riguardanti i richiedenti asilo, nel rispetto di rigorose regole di protezione
dei dati.
Le ragioni addotte dal richiedente a giustificazione della domanda d’asilo sono scambiate
soltanto se strettamente necessario e solo se l'interessato vi acconsente.
Le richieste di informazione devono essere motivate. Lo Stato membro che trasmette i dati
ne deve garantire l’esattezza e l’aggiornamento. Il richiedente ha diritto di conoscere i dati
trattati che lo riguardano e di ottenerne la rettifica, la cancellazione o il congelamento in caso
di violazione del presente regolamento o della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla protezione delle persone per quanto riguarda il
trattamento dei dati personali e la libera circolazione degli stessi.
Tutte le richieste, risposte e comunicazioni scritte in applicazione del regolamento saranno
inviate tramite la rete di comunicazione elettronica "DublinNet".
Diritto ad un rimedio effettivo
Applicazione in combinato disposto dell’art 13 Cedu con l’art 39 Direttiva Procedure
2005/85/CE ( art 47 carta di Nizza oggi partee Trattato di Lisbona)
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Sul fallimento del sistema Dublino quale violazione dei diritti dei richiedenti asilo si rimanda
a A. Mascia del 24 settembre 2010 http://antonellamascia.wordpress.com/2010/09/24/il%E2%80%9Cregolamento-di dublino%E2%80%9D-pregiudica-i-diritti-dei-rifugiati: “Ai sensi
del sistema di Dublino, la responsabilità dell’esame delle domande di asilo spetta agli Stati
membri situati lungo i confini dell’Ue, attraverso i quali entrano in Europa la maggior parte
dei richiedenti asilo.
Nella pratica, tale sistema non funziona. Paesi come la Grecia e Malta, in questi ultimi anni
non sono stati assolutamente in grado di fornire un’adeguata protezione ai richiedenti asilo,
poiché il loro numero ha superato di gran lunga le loro capacità di accoglienza. È una
situazione ingiusta, che può persino, in casi estremi, mettere in pericolo delle vite umane. È
veramente giunto il momento di rivedere il Regolamento di Dublino.
Tale regolamento non mira a garantire che la responsabilità dell’accoglienza dei richiedenti
asilo sia condivisa tra gli Stati membri dell’Ue. Né garantisce che i richiedenti asilo abbiano
accesso a procedure di asilo adeguate. È basato sull’errato presupposto che i sistemi di asilo
nazionali in Europa offrano tutti norme elevate di protezione delle persone che cercano di
sfuggire alle violenze e alle persecuzioni.
Tale sistema non funziona, e i rifugiati ne subiscono le conseguenze.
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IL SISTEMA EURODAC
Regolamento (CE) n. 2725/2000 del Consiglio, dell'11 dicembre 2000, che istituisce
l'«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione della
convenzione di Dublino.( GU L 316 del 15.12.2000).
Il sistema Eurodac permette agli Stati membri di identificare i richiedenti asilo e le persone
fermate mentre varcano irregolarmente una frontiera esterna rispetto allo Spazio Schengen.
Confrontando le impronte digitali dei soggetti fermati, gli Stati membri possono verificare se
un richiedente asilo o un cittadino straniero, che si trova illegalmente sul suo territorio, ha già
presentato una domanda in un altro Stato membro o se un richiedente asilo è entrato
irregolarmente nel territorio dell'Unione. Tale sistema è stato ideato dagli Stati membri per
evitare il così detto forum shopping delle richieste di asilo, ha delimitato pertanto la possibilità
di presentare molteplici domande di asilo da parte di stessi richiedenti asilo in diversi Stati
membri. Esso coincide pienamente con la volontà più volte espressa da parte degli Stati
membri stessi di costituire un sistema europeo comune di asilo.
Oltre alle impronte digitali, i dati trasmessi dagli Stati membri indicano lo Stato membro
d'origine, il luogo e la data dell'eventuale domanda d'asilo, il sesso, un numero
d'identificazione, nonché la data in cui sono state prese le impronte digitali e la data in cui sono
stati trasmessi i dati all'unità centrale. Le impronte sono rilevate per ogni persona di più di 14
anni e codificate nella base di dati direttamente dall'unità centrale.
Per i richiedenti asilo, i dati sono conservati per dieci anni, salvo se l'interessato ottiene la
cittadinanza di uno degli Stati membri; in tal caso gli elementi che lo riguardano devono essere
immediatamente cancellati non appena ottenuta la cittadinanza. Per i cittadini stranieri fermati
in occasione dell'attraversamento irregolare di una frontiera esterna, sono conservati per due
anni a decorrere dalla data alla quale le impronte digitali sono state rilevate.
Essi vengono invece cancellati immediatamente, prima dello scadere dei due anni, se lo
straniero:
 ottiene un permesso di soggiorno;
 ha lasciato il territorio degli Stati membri;
 ha acquisito la cittadinanza di uno Stato membro.
Per i cittadini stranieri che si trovano illegalmente sul territorio di uno Stato membro, Eurodac
permette soltanto il confronto delle impronte con quelle contenute nella base di dati centrale
per verificare se l'interessato non abbia presentato una domanda d'asilo in un altro Stato
membro. Queste impronte, una volta trasmesse per il confronto, non vengono più conservate da
Eurodac.
Per quanto riguarda la protezione dei dati a carattere personale, gli Stati membri d’origine
devono garantire che le impronte siano rilevate nel rispetto della legalità e che, sempre nel
rispetto della legalità, avvengano tutte le operazioni relative all’utilizzo, la trasmissione, la
conservazione o la cancellazione dei dati stessi. La Commissione verifica la corretta
applicazione del presente regolamento all’interno dell’unità centrale e adotta tutte le misure
necessarie per garantire la sicurezza dell’unità centrale. Oltre a ciò, essa deve informare il
Parlamento europeo e il Consiglio in merito alle misure adottate. Le persone e gli Stati membri
che hanno subito danni in conseguenza di un trattamento illecito di dati o di una verifica di
un’azione incompatibile con le disposizioni del presente regolamento hanno diritto di ottenere
un risarcimento dallo Stato membro responsabile del pregiudizio. In ogni caso, uno Stato
membro è esonerato in tutto o in parte da tale responsabilità se prova che l'evento dannoso non
gli è imputabile.
Oltre alle autorità nazionali di controllo, era stata istituita dal regolamento un'autorità di
controllo comune indipendente. Tuttavia, quest'ultima è stata sostituita dal Controllore europeo
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per la protezione dei dati (CEPD) che è un'autorità di controllo indipendente tenuta a verificare
il rispetto dei diritti delle persone rientranti nel sistema Eurodac, così come previsto
dall'articolo 286, paragrafo 2, del trattato CE.
Il regolamento 2725/2000 si applica ai territori ai quali è applicabile il regolamento "Dublino
II", vale a dire a tutti gli Stati membri, nonché all'Islanda, alla Norvegia e alla Svizzera ( questa
ultima applica Dublino II a far data dal dicembre 2008)
Direttiva 2004/83/CE del Consiglio del 29 aprile 2004 recante norme minime
sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di
persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul
contenuto della protezione riconosciuta
La direttiva è stata adottata sul fondamento dell’art. 63, primo comma, punto 1), lett. c), CE, il
quale incaricava il Consiglio dell’Unione europea di adottare misure relative all’asilo,
conformemente alla Convenzione di Ginevra e agli altri trattati pertinenti, nell’ambito delle
norme minime relative all’attribuzione dello status di rifugiato a cittadini di paesi terzi.
Dal terzo, dal sedicesimo e dal diciassettesimo ‘considerando’ della direttiva risulta che la
Convenzione di Ginevra costituisce la pietra angolare della disciplina giuridica internazionale
relativa alla protezione dei rifugiati e che le disposizioni della direttiva relative alle condizioni
per il riconoscimento dello status di rifugiato nonché al contenuto del medesimo sono state
adottate al fine di aiutare le autorità competenti degli Stati membri ad applicare detta
Convenzione basandosi su nozioni e criteri comuni (v., sentenza 2 marzo 2010, , Salahadin
Abdulla). La direttiva riporta solo minimi standard per l’individuazione degli status e i criteri,
ciò non toglie che uno Stato membro possa prevedere standard più alti. L’effetto dell’entrata in
vigore della direttiva in molti stati membri è stato quello di creare, come nel caso
dell’ordinamento italiano, un quadro completo sulla determinazione dello status/ degli status,
dall’altro in molti Stati membri dati gli standards minimi imposti dalla direttiva, si è creato una
sorta di deterioramento dell’accesso all’esercizio del diritto di asilo.
L’interpretazione delle disposizioni della direttiva qualifiche deve pertanto essere effettuata nel
pieno rispetto della Convenzione di Ginevra e degli altri trattati pertinenti di cui all’art. 63,
primo comma, punto 1), CE ( oggi art 77 e seguenti). Fra questi la Convenzione europea dei
diritti dell’uomo. Tale interpretazione deve infatti parimenti essere operata, come deriva dal
decimo ‘considerando’ della direttiva, nel rispetto dei diritti fondamentali nonché dei principi
riconosciuti segnatamente nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (sentenza
Salahadin Abdulla e a., cit., punti 53 e 54).
Lo scopo principale della direttiva qualifiche è quello di assicurare che gli Stati membri
applichino criteri comuni per identificare le persone che hanno effettivamente bisogno di
protezione internazionale e, dall’altra, di assicurare che un livello minimo di prestazioni sia
disponibile per tali persone in tutti gli Stati membri, la direttiva ha conosciuto una gestazione
difficile e gli standards minimi raggiunti sono stato l’effetto del timore di alcuni stati membri
di creare, in uno spazio comune quale lo spazio Schengen differenze di riconoscimento tali da
creare facilitazioni eccessive all’accesso e strumentalizzazioni della richiesta di asilo. Gli Stati
membri si sono mossi nella difesa della fortezza Europa più che nella tutela dell’effettività dei
diritti.
Art 2 definizioni
-“protezione internazionale”: lo status di rifugiato e di protezione sussidiaria quale definito alle
lettere d) e f);
rifugiato»: cittadino di un paese terzo il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per
motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza ad un determinato
gruppo sociale, si trova fuori dal paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale
timore, non vuole avvalersi della protezione di detto paese, oppure apolide che si trova fuori
dal paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate e
non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, e al quale
non si applica l'articolo 12;
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d) «status di rifugiato»: il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di un cittadino di un
paese terzo o di un apolide quale rifugiato;
e) «persona ammissibile alla protezione sussidiaria»: cittadino di un paese terzo o apolide che
non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti
sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un
apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale,
correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito all'articolo 15, e al quale
non si applica l'articolo 17, paragrafi 1 e 2, e il quale non può o, a causa di tale
rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese;
L’art. 12, n. 1, lett. a), della direttiva, intitolato «Esclusione» e figurante nell’ambito del suo
capo III, relativo ai requisiti per essere considerato rifugiato, così dispone: “Un cittadino di un
paese terzo o un apolide è escluso dallo status di rifugiato se:
a)
rientra nel campo d’applicazione dell’articolo 1D della Convenzione di Ginevra, relativo
alla protezione o assistenza di un organo o di un’agenzia delle Nazioni Unite diversi dall’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Quando siffatta protezione o assistenza cessi
per qualsiasi motivo, senza che la posizione di tali persone sia stata definitivamente stabilita in
conformità delle pertinenti risoluzioni adottate dall’assemblea generale delle Nazioni Unite,
queste persone sono ipso facto ammesse ai benefici della presente direttiva
Ai sensi dell’art. 13 della direttiva vale quanto segue:
“Gli Stati membri riconoscono lo status di rifugiato al cittadino di un paese terzo o all’apolide
ammissibile quale rifugiato in conformità dei capi II e III”
L’art. 21, n. 1, della direttiva, che figura nel suo capo VII, intitolato “Contenuto della
protezione internazionale”, prevede quanto segue:
“Gli Stati membri rispettano il principio di “non refoulement” in conformità dei propri obblighi
internazionali”
Conformemente ai suoi artt. 38 e 39, la direttiva è entrata in vigore il 20 ottobre 2004 e la sua
trasposizione doveva avvenire al più tardi entro il 10 ottobre 2006.
Applicazione della direttiva qualifiche nell’ordinamento italiano D.lgs 251/2007 7
L’ordinamento italiano ha dato attuazione alal direttiva 2004/83/CE con il decreto legislativo
251/2007 entrato in vigore il 19 novembre 2007
Dopo quasi un ventennio da quando la Legge Martelli nel 1990 che introduceva per la prima
volta in Italia una normativa sul diritto d’asilo, pur se fatta di un solo articolo, ma di portata
centrale in quando faceva venir meno le limitazioni geografiche e temporali adottate dall’Italia
nel 1954, alla ratifica della Convenzione di Ginevra sui rifugiati.
Esame della domanda del richiedente asilo art. 3
-Documentazione e situazione nel paese di origine o possibilità di protezione in altro stato;
-sforzo del richiedente asilo ( ha assolto il proprio onere probatorio? Sul punto si rimanda alla
sentenza della Cassazione S.U. sulla ripartizione dell’onere probatorio che non è solo in capo al
richiedente ma anche in capo alla commissione e poi al giudice, Corte di Cassazione Sezioni
Unite sentenza del 17 novembre 2008 n 27310);
-coerenza e plausibilità delle dichiarazioni del richiedente asilo;
-attendibilità
-tempestività della domanda o causa di giustificazione del ritardo;
art 4 refugé sur place: domanda di protezione internazionale che nasce successivamente
all’abbandono del paese di origine ( caso dei kenioti)
-possibilità di presentare istanza per nuovi fatti sopravvenuti dopo avere lasciato il paese;
-possibilità di presentare istanza per nuovi fatti personali accorsi successivamente all’arrivo
nello stato membro.
art. 5 Responsabili della persecuzione, agenti della persecuzione:
7
D.lgs. n.251 del 19 novembre 2007 , c.d. decreto qualifiche, adottato in virtù della delega
contenuta nella l. “comunitaria” n. 29/2006 e corrispondente alla direttiva qualifiche
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-Stato;
-parti organizzazioni che controllano lo Stato;
-soggetti non statuali;
art. 6 soggetti che offrono la protezione
art 7 status di rifugiato
persecuzione o il suo fondato timore siano riconducibili a motivi connessi alla razza, religione,
nazionalità, appartenenza a un gruppo sociale, opinione politica.
E’ irrilevante essere membro di uno specifico gruppo, ciò che conta è che l’ente persecutore
individui il perseguitato come appartenente a quel gruppo.
Art 10 esclusione
Capo IV Protezione sussidiaria
Viene introdotta una nuova forma di protezione complementare a quella riconosciuta dalla
Convenzione di Ginevra del 1951 che si sostanzia nella “protezione sussidiaria”.
Un nuovo status giuridico che trova applicazione solo in quei casi nei quali i richiedenti asilo
non presentino i requisiti per poter ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, può
essere invocato solo quando la persecuzione o il suo fondato timore siano riconducibili a
motivi connessi alla razza, religione, nazionalità, appartenenza a un gruppo sociale, opinione
politica.
Il decreto fissa in modo tassativo quali siano da considerarsi danni gravi alla persona che
determinano il riconoscimento della protezione sussidiaria:
a. la condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte;
b. la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante;
c. la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza
indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.
Tale previsione, seppur non derogabile, estende la portata del concetto di “danno grave” fino
ad abbracciare tipologie di persecuzioni e di gravi violazioni dei diritti umani non previste
espressamente dalla Convenzione di Ginevra del 1951, così come sancite in altre Convenzioni
internazionali sui diritti umani, di diritto umanitario e di diritto penale internazionale (le 4
Convenzioni di Ginevra del 1949, la Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti
dell’uomo del 1950, la Convenzione Internazionale contro tortura del 1984, la Convenzione
Europea per la prevenzione della tortura del 1987, lo Statuto della Corte Penale internazionale
del 1998).
Art 15 direttiva ( art 14 d.lgs 251/2007)
-Il decreto “qualifiche” recepisce integralmente il dettato dell’articolo 15(2) ( minaccia grave)
della direttiva CE e questo apre a una serie di importanti riflessioni, sollevate anche
dall’UNHCR ( si veda www.unhcr.org) . Si rimanda anche alla sentenza della corte di
giustizia proprio sull’art 15 della direttiva (CGCE, 17.2.2009, C-465/07, Elgafaji).
- “violenza indiscriminata” “minaccia individuale”: L’UNHCR la interpreta come l’esercizio
della forza non mirato ad un oggetto o a un individuo specifico e invita a tenere ben distinte le
ipotesi di protezione sussidiaria e temporanea, quest’ultima con un carattere di risposta
specifica e provvisoria in situazioni di afflusso massiccio.
Secondo l’Alto Commissariato tale nozione escluderebbe dall’ambito di applicazione della
protezione sussidiaria coloro per i quali il rischio presunto rappresenta una mera possibilità
remota, perché ad esempio la violenza è limitata ad una regione specifica o comunque perché
il rischio che corrono non può ritenersi “reale”.
L’ espresso riferimento alla persona di un “civile”,costituisce una limitazione che
comunque non dovrebbe escludere dalla protezione sussidiaria anche gli ex combattenti
in grado di dimostrare di aver rinunciato alle attività militari.
Anche rispetto alla definizione di “minaccia reale”, la direttiva comunitaria e il decreto
“qualifiche” non chiariscono i suoi contenuti e l’UNHCR raccomanda un approccio
interpretativo pragmatico, che prenda in considerazione diversi fattori: la situazione generale
nel paese, il numero dei morti, l’estensione del conflitto, la storia personale del richiedente ( su
questo punto si veda anche la recente sentenza della Cassazione italiana .
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Infine la portata della definizione “conflitto armato interno o internazionale”: l’UNHCR
sottolinea che le esigenze di protezione non possono essere ristrette ai soli casi di situazioni di
guerra dichiarata o di conflitti internazionali riconosciuti e che sebbene non esista una
definizione legale o un’interpretazione unanimemente riconosciuta di questo termine, ci si
dovrà ispirare al diritto internazionale umanitario.
L’ordinamento italiano, già anteriormente al recepimento della direttiva “qualifiche”,
riconosceva alla Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato, al
momento dell’adozione di una decisione di rigetto della domanda di asilo, la concessione della
protezione umanitaria, uno strumento di tutela sancito dall’articolo 5 comma 6 del D.lgs
286/98 quando ricorrono seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da
obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano.
Tale protezione costituisce l’attuazione concreta nel rilascio di un permesso di soggiorno
rispetto alla protezione esplicita prevista dall’art 19 comma 1 D.lgs 286/98 ( art 3 CEDU).
La definizione di “persecuzione” e “agenti persecutori”
La razza, la religione, la nazionalità, l’appartenenza ad un particolare gruppo sociale,
l’opinione politica, i 5 motivi di persecuzione disposti dalla Convenzione di Ginevra del ’51,
vengono integralmente ripresi dal decreto “qualifiche”.
Gli atti di persecuzione possono essere: atti di violenza fisica e psichica, provvedimenti
legislativi, amministrativi di polizia o giudiziari, azioni giudiziarie o sanzioni penali
discriminatorie, rifiuto di accesso ai mezzi di tutela giuridici e conseguente sanzione
sproporzionata o discriminatoria, azione o sanzioni a seguito del rifiuto del servizio militare in
un conflitto che potrebbe portare alla commissione di crimini e di reati, atti specifici contro un
genere sessuale o contro l’infanzia.
Rispetto alla definizione di “soggetto di persecuzione”, molto dibattuta in quanto non prevista
espressamente dalla Convenzione di Ginevra del 1951, il decreto allarga il novero dei soggetti
responsabili della persecuzione o del danno grave, includendo affianco degli organi statali
anche altri attori il cui ruolo nel corso degli anni è sempre più cresciuto, sovrapponendosi o
affiancando in molte realtà nazionali il potere delle autorità statali costituite. Si tratta dei partiti,
delle organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio o infine
di soggetti non statuali, se i partiti o le organizzazioni appena citate, comprese quelle
internazionali, non possono o non vogliono fornire protezione contro persecuzioni o danni
gravi.
Nell’esaminare la richiesta di protezione internazionale, la Commissione territoriale sarà
chiamata a valutare anche la sussistenza della possibilità di protezione esercitata da parte dello
Stato, dei partiti o delle organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo
territorio.
La protezione in linea di principio ricorre in presenza di adeguate misure all’interno del paese
volte ad impedire che possano essere inflitti atti persecutori o danni gravi, come tra l'altro un
sistema giuridico effettivo che permetta di individuare, di perseguire penalmente e di punire gli
atti che costituiscono persecuzione o danno grave e solo se ai richiedenti è di fatto realmente
garantito l’accesso a tali misure.
Una particolare attenzione va prestata ad un'Organizzazione internazionale in quanto soggetto
“protettore”, ipotesi che ricorre quando l’organismo esercita un controllo effettivo dello Stato o
di una parte consistente di esso e fornisce protezione a chi si trova su quel territorio.
Secondo il decreto per stabilire se sussiste o meno tale protezione si deve tener conto degli
eventuali orientamenti del Consiglio dell'Unione europea e, ove ritenuto opportuno, delle
valutazioni di altre competenti organizzazioni internazionali e in particolare dell'UNHCR.
Titoli di viaggio ( art 24), rilascio presso le questure per i rifugiati, presso le autorità
consolari in Italia del proprio paese di origine per gli status di protezione sussidiaria e/ o
motivi umanitari. Problema: fondate ragioni che non consentono al soggetto di rivolgersi
alle proprie ambasciate, la Questura che ha rilasciato il permesso rilascia il titolo di
viaggio.
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IL DIRITTO DI ASILO
status di rifugiato-protezione internazionale- protezione umanitaria -asilo costituzionale
SEMINARI DI DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONE – TRENTO- 29 OTTOBRE 2010
Claudia Pretto
Minori non accompagnati ( art 28): nomina tutore, categorie soggetti vulnerabili Decreto
legislativo 140 /2005 in attuazione della direttiva sulla protezione
Permesso di soggiorno: 5 anni status di rifugiato; 3 anni proitezxione sussidiaria; 1 anno
protezione umanitaria.
Possibilità di conversione previste dall’art 28 del D.p.r
Direttiva 2005/85/CE del Consiglio del 1o dicembre 2005 recante norme minime per le
procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello
status di rifugiato ( direttiva procedure)
Considerando n 21: “La designazione di un paese terzo quale paese di origine
sicuro ai fini della presente direttiva non può stabilire
una garanzia assoluta di sicurezza per i cittadini di tale
paese. Per la sua stessa natura, la valutazione alla base
della designazione può tener conto soltanto della situazione
civile, giuridica e politica generale in tale paese e se
in tale paese i responsabili di persecuzioni, torture o altre
forme di punizione o trattamento disumano o degradante
siano effettivamente soggetti a sanzioni se riconosciuti
colpevoli. Per questo motivo è importante che,
quando un richiedente dimostra che vi sono fondati motivi
per non ritenere sicuro tale paese per la sua situazione
particolare, la designazione del paese come sicuro
non può più applicarsi al suo caso.
Articolo 39
Diritto a un mezzo di impugnazione efficace
1. Gli Stati membri dispongono che il richiedente asilo abbia
diritto a un mezzo di impugnazione efficace dinanzi a un giudice
avverso i seguenti casi:
a) la decisione sulla sua domanda di asilo, compresa la decisione
e) una decisione di revoca dello status di rifugiato a norma
dell’articolo 38.
2. Gli Stati membri prevedono i termini e le altre norme
necessarie per l’esercizio, da parte del richiedente, del diritto
ad un mezzo di impugnazione efficace di cui al paragrafo 1.
3. Gli Stati membri prevedono, se del caso, norme conformi
ai loro obblighi internazionali intese:
a) a determinare se il rimedio di cui al paragrafo 1 produce
l’effetto di consentire ai richiedenti di rimanere nello Stato
membro interessato in attesa del relativo esito;
b) a prevedere la possibilità di un mezzo di impugnazione
giurisdizionale o di misure cautelari, qualora il mezzo di
impugnazione di cui al paragrafo 1 non produca l’effetto
di consentire ai richiedenti di rimanere nello Stato membro
interessato in attesa del relativo esito. Gli Stati membri possono
anche prevedere un mezzo di impugnazione d’ufficio; e
c) a stabilire i motivi per impugnare una decisione a norma
dell’articolo 25, paragrafo 2, lettera c), conformemente al
metodo applicato a norma dell’articolo 27, paragrafo 2, lettere
b) e c).
4. Gli Stati membri possono stabilire i termini entro i quali il
giudice di cui al paragrafo 1 esamina la decisione dell’autorità
accertante.
5. Qualora ad un richiedente sia stato riconosciuto uno status
che offre gli stessi diritti e vantaggi secondo il diritto nazionale
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IL DIRITTO DI ASILO
status di rifugiato-protezione internazionale- protezione umanitaria -asilo costituzionale
SEMINARI DI DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONE – TRENTO- 29 OTTOBRE 2010
Claudia Pretto
e comunitario dello status di rifugiato a norma della
direttiva 2004/83/CE, si può considerare che il richiedente disponga
di un mezzo di impugnazione efficace, se un giudice
decide che il mezzo di impugnazione di cui al paragrafo 1 è
inammissibile o ha poche possibilità di successo a motivo di un
insufficiente interesse del richiedente alla continuazione del procedimento.
6. Gli Stati membri possono altresì stabilire nella legislazione
nazionale le condizioni che devono sussistere affinché si possa
presumere che il richiedente abbia implicitamente ritirato o
rinunciato al mezzo di impugnazione di cui al paragrafo 1,
nonché le norme procedurali applicabili.
Articolo 15
Diritto all’assistenza e alla rappresentanza legali
1. Gli Stati membri accordano ai richiedenti asilo la possibilità
di consultare, a loro spese, in maniera effettiva un avvocato
o altro consulente legale, autorizzato o riconosciuto a norma
della legislazione nazionale, sugli aspetti relativi alla domanda di
asilo.
2. Nell’eventualità di una decisione negativa dell’autorità accertante,
gli Stati membri dispongono che, su richiesta, siano
concesse assistenza e/o rappresentanza legali gratuite nel rispetto
delle disposizioni del paragrafo 3.
3. Gli Stati membri possono prevedere nella legislazione nazionale
di accordare assistenza e/o rappresentanza legali gratuite:
a) soltanto nei procedimenti dinanzi a un giudice a norma del
capo V e non per i ricorsi o riesami ulteriori previsti dalla
legislazione nazionale, compreso il riesame della causa in
seguito ad un ricorso o riesame ulteriori; e/o
b) soltanto a chi non disponga delle risorse necessarie; e/o
c) soltanto rispetto agli avvocati o altri consulenti legali che
sono specificamente designati dalla legislazione nazionale
ad assistere e/o rappresentare i richiedenti asilo; e/o
d) soltanto se il ricorso o il riesame hanno buone probabilità di
successo.
Gli Stati membri provvedono affinché l’assistenza e la rappresentanza
legali di cui alla lettera d) non siano oggetto di restrizioni
arbitrarie.
4. Le norme a disciplina delle modalità di presentazione e di
trattamento di richieste di assistenza e/o rappresentanze legali
possono essere previste dagli Stati membri.
5. Gli Stati membri possono altresì:
a) imporre limiti monetari e/o temporali alla prestazione di
assistenza e/o rappresentanza legali gratuite, purché essi
non costituiscano restrizioni arbitrarie all’accesso all’assistenza
e/o rappresentanza legali;
b) prevedere, per quanto riguarda gli onorari e le altre spese,
che il trattamento concesso ai richiedenti non sia più favorevole
di quello di norma concesso ai propri cittadini per
questioni che rientrano nell’assistenza legale.
6. Gli Stati membri possono esigere un rimborso integrale o
parziale delle spese sostenute, allorché vi sia stato un considerevole
miglioramento delle condizioni finanziarie del richiedente
o se la decisione di accordare tali prestazioni è stata presa in
base a informazioni false fornite dal richiedente.
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IL DIRITTO DI ASILO
status di rifugiato-protezione internazionale- protezione umanitaria -asilo costituzionale
SEMINARI DI DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONE – TRENTO- 29 OTTOBRE 2010
Claudia Pretto
Attuazione direttiva procedure 2005/85/CE D.lgs 25/2008, 159/2008 e legge 94/2009 8
La riforma prevede l’introduzione di una serie di nuove terminologie: “protezione
internazionale”, che comunque continuerà a dover essere presentata personalmente dal
cittadino di paese terzo presso l’ufficio di polizia di frontiera, che inviterà il richiedente a
recarsi presso la Questura competente per territorio o presso l’ufficio della Questura
competente in base al luogo di dimora del richiedente. Le questure e gli uffici di frontiera ex
lege non devono essere competenti per la decisione sulla domanda di asilo, ma solo epr
raccogliere la domanda, segnalare al dipartimento libertà civili ed immigrazione –Unità
Dublino i dati per il controllo in Eurodac e predisporre la compilazione del modello C3 con un
traduttore.
L’abolizione delle clausole ostative alla procedura
Importante è inoltre l’abolizione prevista dal decreto “procedure” delle clausole ostative
all’ammissione alla procedura, facendo venir meno il potere in capo alla polizia di frontiera e
alla Questura di determinare l’ammissibilità della richiesta di asilo nel caso di arrivo del
richiedente da un paese terzo, ovvero di uno status di rifugiato già riconosciuto in un paese
terzo, nei casi di applicazione delle clausole di esclusione previste dalla Convenzione di
Ginevra nonché di precedenti penali di una certa gravità.
Il decreto conferisce in via esclusiva tale potere accertativo alle sole Commissioni territoriali
per il riconoscimento della protezione internazionale e le autorità di polizia sono tenute a
ricevere la domanda a procedere alla verbalizzazione e alla trasmissioni degli atti alla
Commissione Territoriale competente per territorio.
Espletate le formalità di rito in Questura, al richiedente verrà rilasciato un permesso di
soggiorno per richiesta asilo di tre mesi, rinnovabile in pendenza dell’intera procedura o un
attestato nominativo, nei casi in cui sarà ospitato presso un Centro di accoglienza per
richiedenti asilo (CARA) o trattenuto in un CIE
Il richiedente asilo ha diritto di permanere nel territorio italiano durante la procedura ( fase
prodromica alla commissione-audizione in commissione-decisione) e ha il diritto di vedersi
rilasciare un permesso di sogigonro epr richiesta asilo, decorsi sei mesi dal primo rilascio tale
permesso consente l’attività lavorativa.
Il richiedente asilo che si sia visto notificare un provvedimento di espulsione prima della
proposizione della domanda di asilo, e che si veda contestato il resto 10 bis ai sensi del comma
6 dell’art. 10 bis stesso si vede, presentando istanza di protezione internazionale, sospendere il
suddetto provvedimento di espulsione. Ciò pone dei dubbi interpretativi rispetto al diritto di
accesso alla procedura asilo e la prassi delle questure italiane, nonché le difficoltà del rivivere
di una espulsione pregressa in caso di rigetto da parte delle commissioni
L’accoglienza e il trattenimento: dai CID, CARA, CIE
La nuova normativa abolisce i Centri di identificazione (CID) creati dalla legge Bossi-Fini per
trattenere i richiedenti asilo in alcune situazioni per le quali si riteneva necessario una verifica
della loro identità o nazionalità ovvero della fondatezza della domanda di asilo.
Il richiedente l’asilo, seppure non possa essere accolto al solo fine di esaminare la domanda,
può essere ospitato in Centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) appositamente
costituiti.
Forti preoccupazioni sono state sollevate da parte delle Associazioni del terzo settore e dallo
stesso UNHCR all’interno del “Tavolo asilo” rispetto a questo punto della nuova disciplina,
che ha pressoché lasciato invariato, nella sostanza, la situazione precedente.
I casi infatti per il quale si parla oggi di “accoglienza nei CARA” e non più di “trattenimento
nei CID” sono i medesimi. Nei CARA, le cui strutture coincideranno in larga parte con i
precedenti CID, i richiedenti asilo saranno “ospitati” per un periodo fino a 20 giorni, ai fini
dell’identificazione o fino a 35 giorni, nei casi in cui la persona abbia eluso, o tentato di
eludere, i controlli di frontiera, o sia stato fermato in condizioni di soggiorno irregolare, o
quando la domanda di asilo sia stata presentata dopo l’espulsione o il respingimento.
8
D.lgs. n. 25/2008, c.d. decreto procedure, adottato in virtù della delega contenuta nella l.
“comunitaria” n. 13/2007 e corrispondente alla direttiva procedure, poi modificato, in
particolare, con il d.lgs. n. 159/2008 nell’ambito di uno dei molteplici cc.dd. pacchetti
sicurezza
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IL DIRITTO DI ASILO
status di rifugiato-protezione internazionale- protezione umanitaria -asilo costituzionale
SEMINARI DI DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONE – TRENTO- 29 OTTOBRE 2010
Claudia Pretto
Si tratterà di strutture aperte, all’interno delle quali verrà garantita la facoltà di uscire durante le
ore diurne prassi peraltro già presente in alcuni CID, indipendentemente dal motivo che ha reso
necessaria l’accoglienza nonché la facoltà di richiedere al prefetto un permesso per periodi
superiori, “per rilevanti motivi personali”.
Allo scadere dei termini previsti per l’accoglienza - 20 o 35 giorni - qualora la richiesta di asilo
non sia ancora stata esaminata, il richiedente dovrà lasciare il centro e gli verrà consegnato un
permesso di soggiorno di tre mesi rinnovabile fino alla decisione della Commissione in merito
al suo status.
Casi di trattenimento nei CIE ( art 21)
-commissione reati contro la pace;
-commissione reati indicati dall’art 380 1 e 2 comma c.p.p.
-destinatari di provvedimenti di espulsione o respingimento
Le Commissioni sul riconoscimento della protezione internazionale (art. 4)
Il decreto “procedure” aumenta il numero delle Commissioni Territoriali preposte all’esame
della domanda, che dalle attuali 7 (Crotone, Foggia, Gorizia, Milano, Roma, Siracusa, Trapani)
arriveranno fino ad un massimo di 10 con l’inclusione di Bari, Caserta e Torino.
Anche le Commissioni cambiano nome trasformandosi in Commissioni territoriali per il
riconoscimento della protezione internazionale.
La Commissione nazionale per il diritto d’asilo amplia le sue funzioni di coordinamento e
controllo sulle Commissioni territoriali, in materia di revoca e cessazione della protezione
internazionale, acquisendo nuove competenze ai fini della costituzione e aggiornamento di un
centro di documentazione sulla situazione socio-politico-economica dei Paesi di origine dei
richiedenti e di monitoraggio dei flussi di richiedenti asilo.
La Commissione Nazionale per il Diritto d’Asilo – Sezione Speciale Stralcio, competente ad
esaminare in via esclusiva le richieste d’asilo presentate in Italia anteriormente al 21 aprile
2005, data in cui le Commissioni Territoriali si sono sostituite alla precedente Commissione
centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato, ha terminato la sua attività.
Essa è competente per ogni provvedimento di revoca degli status. Poiché ha sede a Roma, il
foro competente in caso di impugnazione della revoca dello status sarà il Foro di Roma.
Abolizione delle procedure differenziate
La riforma re-introduce la procedura unica in luogo di quella “ordinaria” e “semplificata” in
vigore dal 21 aprile 2005.
Sono tuttavia previste alcune deroghe, tassative, con il ricorso all’“esame prioritario”: in
presenza di una richiesta presentata a seguito del raggiungimento di un provvedimento di
espulsione o da parte di un cittadino straniero condannato in Italia per un delitto ovvero se
sussistono le condizioni che potrebbero dar luogo all’applicazione delle clausole di esclusione
della Convenzione di Ginevra. L’esame prioritario è inoltre disposto in presenza di una
domanda di protezione palesemente fondata, di persone particolarmente vulnerabili o di
minori. In tali casi la Commissione Territoriale procede all’esame fissando l’audizione entro 7
giorni e la decisione nei 2 giorni successivi.
La Commissione territoriale competente per l’esame della richiesta di protezione internazionale
è definita sulla base del luogo dove è stata presentata l’istanza e alla Questura che ha
provveduto alla verbalizzazione spetterà trasmettere gli atti dovuti.
L'Ammissibilità della richiesta di protezione
La Commissione potrà pronunciarsi sulla eventuale non-ammissibilità della richiesta senza
aver tenuto l’audizione solo nei casi in cui il richiedente sia già stato riconosciuto rifugiato da
un Paese firmatario della Convenzione del ’51 e possa ancora avvalersi della sua protezione
ovvero se abbia reiterato identica domanda di asilo già precedentemente presentata in Italia,
senza che vi siano nuovi ulteriori elementi. In tutti gli altri casi, dovrà invece procedere
all’esame di merito della domanda attraverso un colloquio personale, in seduta non pubblica e,
ove necessario, in presenza di un interprete.
Diritto di informazione art 10; Obblighi del richiedente asilo art 11
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IL DIRITTO DI ASILO
status di rifugiato-protezione internazionale- protezione umanitaria -asilo costituzionale
SEMINARI DI DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONE – TRENTO- 29 OTTOBRE 2010
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Il Colloquio personale (art 12,13, 14, 15)
La Commissione può decidere infatti di omettere l’intervista quando ritiene di avere sufficienti
elementi per accogliere la domanda o nei casi in cui sia certificata da una struttura sanitaria
pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale l'incapacità' o
l'impossibilità dell’interessato di sostenere un colloquio personale.
L’audizione può inoltre avvenire ( come accade nella maggior parte dei casi) anche in presenza
di uno solo dei membri della Commissione, su istanza motivata del richiedente e, ove possibile,
del suo stesso sesso.
Documentazione-memorie- assenza di assistenza legale a spese dello stato solo nella fase
amministrativa ( art 16, 17, 18)
Il richiedente può presentare in ogni fase della procedura documenti comprovanti le sue
dichiarazioni ma il decreto “qualifiche” pur sottolineando la loro importanza ribadisce che non
debbono essere considerati come elemento esclusivo in quanto anche se i fatti riferiti non siano
suffragati da prove, essi possono essere considerati veritieri se l’autorità competente all’esame
ritiene che il richiedente abbia compiuto ogni ragionevole sforzo per produrli, fornendo idonea
motivazione all’eventuale mancanza di altri elementi significativi, le sue dichiarazioni sono
coerenti e plausibili, la presentazione della sua domanda è stata tempestiva (salvo non
giustifichi eventuali ritardi) e dai riscontri effettuati la sua storia risulta attendibile.
Viene inoltre fatto esplicito riferimento al diritto ad essere assistiti da un avvocato, a proprie
spese, o da personale di sostegno per portare assistenza nel caso il richiedente sia un anziano,
disabile, minore, donna in stato di gravidanza, genitore singolo con figlio minore o di persona
cui sia stato accertato essere stata vittima di gravi forme di violenza fisica o psichica, tortura,
stupri.
L'Abolizione della rinuncia implicita alla richiesta di asilo
Se il richiedente non si presenta alla data del colloquio senza una valida motivazione o qualora
si allontani dal Centro senza autorizzazione, la Commissione decide sulla base della
documentazione disponibile. Anche in questa ipotesi la riforma ha introdotto un’importante
novità rispetto alla precedente normativa, prevedendo l’abolizione della rinuncia implicita alla
richiesta di asilo.
La decisione della Commissione
I tempi per l’esame della richiesta e per l’adozione della relativa decisione sono di 33 giorni,
30 giorni entro i quali tenere l’audizione e, da questa data, 3 entro i quali la Commissione
territoriale deve emettere la sua decisione.
La Commissione territoriale può riconoscere lo status di rifugiato qualora ravvisi i presupposti
di persecuzione sanciti dall’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951 o la protezione
sussidiaria, in caso di persona comunque bisognosa di protezione internazionale che non
soddisfi i criteri della Convenzione.
Il diniego viene disposto dalla Commissione qualora ritenga che non sussistano i presupposti
per la protezione internazionale e/o il richiedente costituisca un pericolo per la sicurezza dello
Stato, l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica essendo stato condannato per i reati previsti
dall’articolo 407 comma 2 a) c.p.p. o in presenza di una delle cause di cessazione ed esclusione
o la persona provenga da un paese di origine sicuro.
Con la definizione di "paese terzo sicuro" si fa riferimento a quei paesi nei quali in via
generale vengono garantiti il rispetto dei diritti umani fondamentali e le autorità sono in grado
di fornire protezione ai loro cittadini. Il peso politico e diplomatico che tali valutazioni portano
con sé non può essere sottaciuto e in molte occasioni ha fatto pendere l'ago della bilancia,
guardando con "accondiscendenza" anche a paesi fortemente discussi.
L’applicazione di questo criterio comporta l’esclusione a priori dal diritto di chiedere asilo, di
intere categorie di soggetti solo sulla base della loro cittadinanza - in quanto provenienti da un
presunto paese sicuro – senza invece basare la decisione sulla loro situazione personale, con il
serio rischio di contravvenire al principio di non refoulement divenuto ormai un principio di
diritto consuetudinario.
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IL DIRITTO DI ASILO
status di rifugiato-protezione internazionale- protezione umanitaria -asilo costituzionale
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Claudia Pretto
A livello europeo è da anni in corso un dibattito molto serrato sull'adozione da parte degli Stati
membri di una lista comune sui paesi di origine sicuri, ma profonde sono ancora le spaccature e
le contrapposizioni, situazione che ha comunque permesso che alcuni paesi introducessero la
nozione nei propri sistemi legislativi. Tuttavia in più occasioni Corti nazionali e internazionali
hanno espresso riserve sull’applicazione indistinta di tale principio, da ultimo, solo a metà
febbraio, il Consiglio di Stato francese, che si è pronunciato ritenendo che Stati come la
Nigeria o l’Albania non possano essere considerati paesi di origine sicuri a causa
"dell’instabilità del contesto politico e sociale proprio di questi due paesi".
Il decreto “procedure” stabilisce tuttavia che in presenza di un richiedente proveniente da un
paese di origine sicuro, questo potrà comunque addurre gravi motivi per non ritenere sicuro
quel Paese nelle circostanze specifiche in cui egli si trova, in particolare in presenza di gravi
discriminazioni e repressioni di comportamenti non costituenti reato per l'ordinamento italiano,
riferiti al richiedente e che risultano oggettivamente perseguibili nel suo paese; in tal caso la
Commissione territoriale è tenuta a pronunciarsi sulla sua domanda solo dopo aver svolto
l’esame attenendosi alle procedure previste dal decreto n. 25/2008.
Nei casi in cui la Commissione non accoglie la richiesta di protezione internazionale ma
ritiene possano sussistere gravi motivi di carattere umanitario ai sensi dell’articolo 5 comma 6
del Testo Unico sull’Immigrazione può comunque chiedere al Questore di valutare il rilascio di
un permesso per motivi umanitari. LA DECISIONE DEVE ESSERE MOTIVATA E
DOVREBBE ESSERE, PER IL PIENO RISPETTO DEL DIRITTO DI DIFESA,
TRADOTTA IN LINGUA COMPRENSIBILE AL RICHEIDENTE ASILO.
Tutela giurisdizionale: mezzi di impugnazione
Il D.lgs 25/2008 prevedeva all’art 35 che la proposizione del ricorso comporti la sospensione
automatica dell’esecutività del provvedimento di diniego della protezione internazionale e della
connessa espulsione. La modifica del novembre 2008 con il D.lgs 159/2008 sono intervenuta
prevendendo la non automaticità ma l’obbligatorietà di inserire nel ricorso l’istanza di
sospensiva, questo si pone in contrasto con il citato art 13 CEDU e art 39 direttiva procedure. Il
ricorso viene proposto ai sensi degli art 737 c.p.c e seguenti, impugnabile poi con reclamo in
corte di appello.
La riforma introduce termini perentori per la proposizione del ricorso: 30 giorni dalla data di
notifica del provvedimento. Nei casi di trattenimento nei CIE, però, i termini per la
presentazione del ricorso, a pena di inammissibilità, rimangono di 15 giorni.
Viene invece abrogato lo strumento del riesame introdotto dalla legge 189/2002 e che
prevedeva la possibilità nei casi di trattenimento facoltativo nei CID di presentare entro 5
giorni dalla data di notifica del diniego, istanza alla Commissione Territoriale competente che
avrebbe proceduto a riascoltare l’interessato integrata da un membro della Commissione
Nazionale per il Diritto d’Asilo ( SI SOTTOLINEA COME SIANO STATE COMUNQUE
ACCOLTE ISTANZE DI RIESAME)
Foro Competente
La riforma dispone che è il tribunale in composizione monocratica con sede nel capoluogo di
distretto di corte d’appello in cui si trova la Commissione Territoriale che ha deciso della
domanda di protezione internazionale, competente a pronunciarsi nel merito del ricorso, anche
quando non coincide con il domicilio eletto dal ricorrente.
L’espressa indicazione legislativa del Tribunale competente colma una grave lacuna che aveva
causato non pochi problemi in questi anni; con l’entrata in vigore del Regolamento attuativo
della Bossi-Fini, il 21 aprile del 2005, si era andato sviluppando un orientamento
giurisdizionale che riconosceva la competenza in merito al ricorso ai Tribunali dove aveva sede
la corte di appello in cui si trova la Commissione Territoriale. Una sentenza della Corte di
Cassazione, n. 11916/2007, però ha invece attribuito la competenza al Tribunale dove ha sede
la Commissione territoriale con la conseguenza che i ricorsi ancora pendenti sono stati
dichiarati inammissibili e riassunti innanzi al foro competente, causando gravi ritardi e disagi
ai ricorrenti privi di un documento legale di soggiorno.
Forti critiche sono state sollevate dalle Associazioni di tutela rispetto ai termini per
l’impugnazione e allo stesso foro competente: i termini troppo brevi per la presentazione del
21
IL DIRITTO DI ASILO
status di rifugiato-protezione internazionale- protezione umanitaria -asilo costituzionale
SEMINARI DI DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONE – TRENTO- 29 OTTOBRE 2010
Claudia Pretto
ricorso (estesi da 15 giorni a 30 giorni, nella maggior parte dei casi, dopo il lungo lavoro di
lobby delle associazioni) ostacolano la proposizione di una difesa articolata e puntuale, i
colloqui con il ricorrente, spesso complessificati dalle difficoltà di comprensione linguistica o
di produzione/richiesta di ulteriore documentazione da allegare agli atti.
La previsione poi che la competenza a pronunciarsi sui ricorsi spetti unicamente ad alcuni
tribunali, dieci in tutta Italia (dal momento che le Commissioni territoriali verranno portate a
dieci con l’inclusione di Bari, Caserta e Torino) ha tra i suoi effetti più preoccupanti lo scarso
sviluppo della giurisprudenza in materia di asilo, la difficoltà per i ricorrenti che non hanno la
residenza nel luogo della Commissione Territoriale (ipotesi molto frequente stante il vasto e
diramato sistema di accoglienza) di individuare/contattare un legale che opera nel foro di
competenza, infine la difficoltà anche per le associazioni di tutela di seguire il ricorrente “a
distanza” e di fare da “mediatori” con il legale
Ricorso: decisione della Corte
Art. 35. Impugnazione
1. Avverso la decisione della Commissione territoriale e' ammesso ricorso dinanzi al tribunale
che ha sede nel capoluogo di distretto di corte d'appello in cui ha sede la Commissione
territoriale che ha pronunciato il provvedimento. Il ricorso e' ammesso anche nel caso in cui
l'interessato abbia richiesto il riconoscimento dello status di rifugiato e la Commissione
territoriale lo abbia ammesso esclusivamente alla protezione sussidiaria. Il ricorso e' proposto,
a pena di inammissibilità, nei trenta giorni successivi alla comunicazione del provvedimento;
allo stesso e' allegata copia del provvedimento impugnato. Nei casi di accoglienza o
trattenimento disposti ai sensi degli articoli 20 e 21 (1), il ricorso e' proposto, a pena di
inammissibilità, nei quindici giorni successivi alla comunicazione del provvedimento dinanzi
al tribunale che ha sede nel capoluogo di distretto di corte d'appello in cui ha sede il centro.
2. Avverso la decisione della Commissione nazionale sulla revoca o sulla cessazione dello
status di rifugiato o di persona cui e' accordata la protezione sussidiaria, e' ammesso ricorso
dinanzi al tribunale competente in relazione alla Commissione territoriale che ha emesso il
provvedimento che ha riconosciuto lo status di cui e' stata dichiarata la revoca o la cessazione.
3. Tutte le comunicazioni e notificazioni si eseguono presso l'avvocato del ricorrente mediante
avviso di deposto in cancelleria.
4. Il procedimento si svolge dinanzi al tribunale in composizione monocratica con le modalità
dei procedimenti in camera di consiglio.
5. [Entro cinque giorni dal deposito del ricorso, il tribunale, con decreto apposto in calce allo
stesso, fissa l'udienza in camera di consiglio. Il ricorso e il decreto di fissazione dell'udienza
sono notificati all'interessato e comunicati al pubblico ministero e alla Commissione nazionale
ovvero alla competente Commissione territoriale.] Entro cinque giorni dal deposito del ricorso,
il tribunale, con decreto apposto in calce allo stesso, fissa l'udienza in camera di consiglio. Il
ricorso e il decreto di fissazione dell'udienza sono notificati all'interessato e al Ministero
dell'interno, presso la Commissione nazionale ovvero presso la competente Commissione
territoriale, e sono comunicati al pubblico ministero. (6)
6. La proposizione del ricorso avverso il provvedimento che rigetta la domanda di
riconoscimento dello status di rifugiato o di persona cui e' accordata la protezione sussidiaria ai
sensi dei commi 1 e 2 sospende l'efficacia del provvedimento impugnato.
7. La proposizione del ricorso avverso il provvedimento che dichiara inammissibile la
domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o di persona cui e' accordata la protezione
sussidiaria ovvero avverso la decisione adottata dalla Commissione territoriale ai sensi
dell'articolo 22, comma 2, e dell'articolo 32, comma 1, lettera b-bis) (2), non sospende
l'efficacia del provvedimento impugnato. Il ricorrente può tuttavia chiedere al tribunale,
contestualmente al deposito del ricorso, la sospensione del provvedimento quando ricorrano
gravi e fondati motivi. In tale caso il tribunale, nei cinque giorni successivi al deposito, decide
con ordinanza non impugnabile, anche apposta in calce al decreto di fissazione dell'udienza.
Nel caso di sospensione del provvedimento impugnato al richiedente e' rilasciato un permesso
di soggiorno per richiesta di asilo ed e' disposta l'accoglienza nei centri di cui all'articolo 20.
8. La procedura di cui al comma 7 si applica, in ogni caso, al ricorso presentato dal richiedente
di cui agli articoli 20, comma 2, lettere b) e c), e 21 (3). Il richiedente ospitato nei centri di
accoglienza ai sensi dell'articolo 20, comma 2, lettere b) e c) (4), o trattenuto ai sensi
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IL DIRITTO DI ASILO
status di rifugiato-protezione internazionale- protezione umanitaria -asilo costituzionale
SEMINARI DI DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONE – TRENTO- 29 OTTOBRE 2010
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dell'articolo 21 permane nel centro in cui si trova fino alla adozione dell'ordinanza di cui al
comma 7.
9. [All'udienza può intervenire un rappresentante designato dalla Commissione nazionale o
territoriale che ha adottato l'atto impugnato. La Commissione interessata può in ogni caso
depositare alla prima udienza utile tutti gli atti e la documentazione che ritiene necessari ai fini
dell'istruttoria.] Il Ministero dell'interno, limitatamente al giudizio di primo grado, può stare in
giudizio avvalendosi direttamente di un rappresentante designato dalla Commissione nazionale
o territoriale che ha adottato l'atto impugnato. La Commissione interessata può in ogni caso
depositare alla prima udienza utile tutti gli atti e la documentazione che ritiene necessari ai fini
dell'istruttoria. Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 417-bis, secondo comma, del codice
di procedura civile. (7)
10. [Il tribunale, sentite le parti e assunti tutti i mezzi di prova necessari, decide con sentenza
entro tre mesi dalla presentazione del ricorso, con cui rigetta il ricorso ovvero riconosce al
ricorrente lo status di rifugiato o di persona cui e' accordata la protezione sussidiaria; la
sentenza viene notificata al ricorrente e comunicata al pubblico ministero e alla Commissione
interessata.] Il tribunale, sentite le parti e assunti tutti i mezzi di prova necessari, entro tre mesi
dalla presentazione del ricorso decide con sentenza con cui rigetta il ricorso ovvero riconosce
al ricorrente lo status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria; la
sentenza è notificata al ricorrente e al Ministero dell'interno, presso la Commissione nazionale
ovvero presso la competente Commissione territoriale, ed è comunicata al pubblico ministero.
(7)
11. [Avverso la sentenza pronunciata ai sensi del comma 10 il ricorrente ed il pubblico
ministero possono proporre reclamo alla corte d'appello, con ricorso da depositarsi nella
cancelleria della corte d'appello, a pena di decadenza, entro dieci giorni dalla notificazione o
comunicazione della sentenza.] Avverso la sentenza pronunciata ai sensi del comma 10 il
ricorrente, il Ministero dell'interno e il pubblico ministero possono proporre reclamo alla corte
d'appello, con ricorso da depositare presso la cancelleria della corte d'appello, a pena di
decadenza, entro dieci giorni dalla notificazione o comunicazione della sentenza. (7)
12. Il reclamo non sospende gli effetti della sentenza impugnata; tuttavia la corte d'appello, su
istanza del ricorrente, può disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa
quando ricorrano gravi e fondati motivi.
13. Nel procedimento dinanzi alla corte d'appello, che si svolge in camera di consiglio, si
applicano i commi 5, 9 e 10.
14. [Avverso la sentenza pronunciata dalla corte d'appello può essere proposto ricorso per
cassazione. Il ricorso deve essere proposto, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla
notificazione della sentenza. Esso viene notificato ai soggetti di cui al comma 5 (5), assieme al
decreto di fissazione dell'udienza in camera di consiglio, a cura della cancelleria. La Corte di
cassazione si pronuncia in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 375 c.p.c.] Avverso la
sentenza pronunciata dalla corte d'appello può essere proposto ricorso per cassazione. Il ricorso
deve essere proposto, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla notificazione della
sentenza. Esso è notificato alle parti assieme al decreto di fissazione dell'udienza in camera di
consiglio, a cura della cancelleria. La Corte di cassazione si pronuncia in camera di consiglio ai
sensi dell'articolo 375 del codice di procedura civile. (8)
(1) Le originarie parole: «Nei soli casi di trattenimento disposto ai sensi dell'articolo 21» sono
state così sostituite dalle attuali: «Nei casi di accoglienza o trattenimento disposti ai sensi degli
articoli 20 e 21» dall'art. 1, comma 1 lett. h), del decreto legislativo 3 ottobre 2008, n. 159.
(2) Le parole: «e dell'articolo 32, comma 1, lettera b-bis)» sono state inserite dall'art. 1, comma
1, lett. i), del decreto legislativo 3 ottobre 2008, n. 159.
(3) Le originarie parole: «Nei di cui agli articoli 20, comma 2, lettera d), e 21» sono state così
sostituite dalle attuali: «di cui agli articoli 20, comma 2, lettere b) e c), e 21» dall'art. 1, comma
1 lett. l), del decreto legislativo 3 ottobre 2008, n. 159.
(4) Le originarie parole: «ai sensi dell'articolo 20, comma 2, lettera d)» sono state così
sostituite dalle attuali: «ai sensi dell'articolo 20, comma 2, lettere b) e c)» dall'art. 1, comma 1
lett. l), del decreto legislativo 3 ottobre 2008, n. 159.
(5) Le originarie parole: «comma 6» sono state così sostituite dalle attuali: «comma 5» dall'art.
1, comma 1 lett. m), del decreto legislativo 3 ottobre 2008, n. 159.
(6) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 13, lettera a) della legge 15 luglio 2009, n. 94.
23
IL DIRITTO DI ASILO
status di rifugiato-protezione internazionale- protezione umanitaria -asilo costituzionale
SEMINARI DI DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONE – TRENTO- 29 OTTOBRE 2010
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(7) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 13, lettera b) della legge 15 luglio 2009, n. 94.
(8) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 13, lettera c) della legge 15 luglio 2009, n. 94.
Il ricorrente non può mai ad oggi godere dell’effetto sospensivo riconosciuto dal decreto
“procedure” ai sensi del neo art 35 modificato dal D.lgs 159/2008, in particolare qualora abbia
presentato domanda di asilo in condizioni di trattenimento in un Cie, o si sia allontanato senza
giustificato motivo dal CARA, Cie o da un centro dello SPRAR, o quando concerne un
provvedimento che aveva dichiarato l’inammissibilità della domanda di protezione.
In questi casi la sospensione deve essere espressamente richiesta al giudice, chiamato a
decidere con ordinanza non impugnabile entro 5 giorni, fatto salvo il diritto del ricorrente di
chiedere al tribunale la sospensione del provvedimento, qualora ricorrano gravi e fondati
motivi.
Fino alla pronuncia dell’ordinanza, il ricorrente ospitato/trattenuto in un centro, continua a
rimanere all’interno della struttura e nel caso della sospensione del provvedimento impugnato,
gli viene rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta di asilo.
Nei casi ordinari invece, il giudice emette sentenza in merito al ricorso entro 3 mesi dalla
proposizione della causa.
Il ricorrente rimane nella condizione di richiedente asilo fino alla pronuncia della sentenza del
tribunale civile.
Durante la pendenza del ricorso, il richiedente asilo, già ospite del CARA, di un centro dello
SPRAR o di un CIE, al quale il giudice ha concesso la sospensione dell’espulsione, ha diritto a
rimanere nella struttura, secondo le modalità stabilite dal decreto legislativo 140/2005 in
materia di accoglienza dei richiedenti asilo.
Qualora inoltre abbia già un permesso di soggiorno per richiesta di asilo con diritto al lavoro, il
ricorrente potrà continuare a svolgere attività lavorative.
La decisione è appellabile con reclamo - questa volta non immediatamente sospensivo, salvo
apposita istanza - da depositarsi entro 10 giorni dalla notificazione o comunicazione della
sentenza di primo grado.
Infine è previsto il terzo grado di giudizio, da proporsi in Cassazione, a pena di decadenza,
entro 30 giorni dalla notifica della sentenza.
Introduzione del principio del ricorso a spese dello Stato9
Il decreto “procedure” esplicita per la prima volta il diritto per i ricorrenti ad accedere
all’istituto del gratuito patrocinio a spese dello Stato, secondo le modalità di autocertificazione
della situazione finanziaria personale, senza quindi dover ricorrere alla richiesta di specifica
documentazione all’ambasciata del paese di origine ( richiamo art 94 D.p.r 115/2002)
Al richiedente asilo che ha proposto il ricorso ai sensi dell'articolo 35, si applica l'articolo 11
del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140, e dunque se la decisione definitiva non
interviene nel termine di sei mesi dalla proposizione della domanda matura comunque il diritto
a svolgere una attività lavorativa e ad avere prorogato il permesso di soggiorno per richiesta
asilo...
Il richiedente di cui al comma 1 ospitato nei centri di cui all'articolo 20 ( centri di accoglienza)
rimane in accoglienza nelle medesime strutture con le modalità stabilite dal decreto legislativo
30 maggio 2005, n. 140.
Il richiedente trattenuto nei centri di cui all'articolo 21 nei CIE, che ha ottenuto la sospensione
del provvedimento impugnato, ai sensi dell'articolo 35, comma 8 ( del decreto legislativo 25
del 2008), ha accoglienza nei centri di cui all'articolo 20 ( dello stesso decreto) con le modalità
stabilite dal decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140.
Secondo l’art. 6, comma sesto, del decreto legislativo 30 maggio 2005 n. 140, relativo alle
misure di accoglienza dei richiedenti asilo, “L'indirizzo della struttura di accoglienza, è
comunicato, a cura della Prefettura - Ufficio territoriale del Governo, alla Questura, nonché alla
Commissione territoriale e costituisce il luogo di residenza del richiedente, valevole agli effetti
9
DIRITTI DI DIFESA DEI RICHIEDENTI ASILO
E PATROCINIO A SPESE DELLO STATO Un documento/analisi giuridica a cura di Fulvio
Vassallo Paleologo, docente all’Università degli Studi di Palermo, Facoltà di Giurisprudenza,
membro
del
direttivo
dell’ASGI,
tratto
da:
http://www.personaedanno.it/cms/data/articoli/files/012803_resource1_orig.doc
24
IL DIRITTO DI ASILO
status di rifugiato-protezione internazionale- protezione umanitaria -asilo costituzionale
SEMINARI DI DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONE – TRENTO- 29 OTTOBRE 2010
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della notifica e della comunicazione degli atti relativi al procedimento di riconoscimento dello
status di rifugiato, nonché alle procedure relative all'accoglienza, disciplinate dal presente
decreto. E' nella facoltà del richiedente asilo comunicare tale luogo di residenza al proprio
difensore o consulente legale”.
In tutte le fasi della procedura, incluso il ricorso giurisdizionale, e la conseguente richiesta di
ammissione al patrocinio gratuito dunque, il richiedente asilo o protezione sussidiaria, che
presenta un ricorso contro il diniego, è da considerare come una persona identificata con un “
attestato nominativo” rilasciato dal Questore, legalmente residente e domiciliata in Italia in
base ad un riconoscimento e ad una documentazione proveniente dalla Pubblica
Amministrazione, che sarebbe anzi tenuta a rilasciare l’attestato nominativo all’interessato, con
immediatezza, e non a trattenere tale attestazione presso gli uffici, per tutta la durata della
procedura e nelle fasi del ricorso giurisdizionale. Spesso si verifica invece che tale consegna
immediata al richiedente asilo non avviene, con successive difficoltà di accesso ai diritti e di
difesa qualora la persona venga trasferita successivamente da una ad un’ altra delle numerose
strutture di accoglienza predisposte sul territorio nazionale.
Una lettura orientata in senso costituzionale della normativa oggi vigente sul patrocinio a spese
dello stato, con riguardo ai richiedenti asilo, non può considerarli in una posizione peggiore
degli immigrati irregolari, o altre volte ritenerli alla stessa stregua degli immigrati regolari per
ragioni economiche, e condurre a soluzioni applicative che risultino in contrasto con il
riconoscimento costituzionale del diritto di asilo o con il diritto di difesa garantito dall’art. 24
della Costituzione, oltre che dalle Convenzioni Internazionali sottoscritte dall’Italia e dalle
Direttive comunitarie..
Occorre pertanto richiamare quanto affermato dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n.144
del 2004, seppure relativa al diverso caso di immigrati irregolari, e non richiedenti asilo dotati
di uno status legale, almeno fino alla definizione dei mezzi di ricorso. In quella sentenza la
Corte Costituzionale stabiliva la irrilevanza del possesso del codice fiscale ai fini dell’accesso
all’istituto del gratuito patrocinio. Osservava la Corte come l’obbligo di produrre il codice
fiscale si configurerebbe come un «mero adempimento burocratico privo di giustificazione»,
perché gli immigrati non in regola con la legge non possono avere codice fiscale, quindi il suo
mancato possesso non sarebbe “imputabile allo straniero ma ad una impossibilità giuridica di
carattere oggettivo”.
Si deve anche ricordare come l’istituto del patrocinio a spese dello stato ha recentemente
ampliato la sua portata applicativa. Con la sentenza n. 254 del 2007 la Corte Costituzionale ha
riconosciuto al cittadino straniero, imputato in un procedimento penale e ammesso al
patrocinio a spese dello stato, che non conosce la lingua italiana, di nominare un proprio
interprete. La Corte rileva che “il riconoscimento in capo all'imputato straniero che non
conosce la lingua italiana del diritto di nomina di un proprio interprete non può, in virtù dei
principi sopra esposti, soffrire alcuna limitazione. Invero, l'istituto del patrocinio a spese dello
Stato, essendo diretto a garantire anche ai non abbienti l'attuazione del precetto costituzionale
di cui al terzo comma dell'art. 24 della Costituzione, prescrive che a questi siano assicurati i
mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione e ciò in esecuzione del principio
posto dal primo comma della stessa disposizione, secondo cui tutti possono agire in giudizio
per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”.
La decisione della Corte conferma come il legislatore, anche tenendo conto del principio di
uguaglianza affermato dall’art. 3 della Costituzione, può variamente disciplinare le condizioni
soggettive di accesso all’istituto del patrocinio a spese dello Stato, ma sempre entro i limiti
della ragionevolezza e della non discriminazione, oltre che nel rispetto dei principi
fondamentali come gli art. 10 e 24 affermati dalla Carta Costituzionale.. Come si è visto,
peraltro, lo stesso legislatore, anche a seguito delle difficoltà interpretative che si segnalavano
in passato, con il D.Lgs. n.25 del 28 gennaio 2008 ha espressamente previsto la ammissione al
patrocinio a spese dello stato in favore dei richiedenti asilo o altro status di protezione
internazionale che intendano proporre ricorso contro la decisione negativa della Commissione
territoriale.
Si può osservare in conclusione che se dovessero prevalere ancora considerazioni meramente
formali, o peggio, esclusivamente orientate ad esigenze di contenimento della spesa, sulla
quale si può invece intervenire nella fase di liquidazione dei compensi agli avvocati, si
negherebbe effettività al diritto di difesa tramite il patrocinio a spese dello stato, violando i
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IL DIRITTO DI ASILO
status di rifugiato-protezione internazionale- protezione umanitaria -asilo costituzionale
SEMINARI DI DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONE – TRENTO- 29 OTTOBRE 2010
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precetti costituzionali, a partire dagli articoli 3,10 e 24, ed i richiami normativi, interni e
comunitari, richiamati in precedenza.
Diritti connessi al riconoscimento della protezione internazionale
La nuova disciplina introduce significativi miglioramenti alla condizione dei rifugiati e dei
protetti sussidiari. Si allunga il periodo di validità del permesso di soggiorno per rifugiati che
passa da 3 a 5 anni, rinnovabile e che al primo rinnovo permetterà al titolare di presentare
richiesta di cittadinanza italiana.
I titolari di protezione sussidiaria avranno un permesso triennale, rinnovabile previa la verifica
delle condizioni che ne hanno permesso il rilascio e convertibile in un permesso di soggiorno
per motivi di lavoro in presenza dei requisiti previsti per legge.
Restano invariate le disposizioni in merito al rilascio del titolo di viaggio per i titolari di
protezione sussidiaria, con prassi molto differenti sul tutto il territorio nazionale a causa
dell’ampia discrezionalità riconosciuta al Questore nel riservarsi i criteri per definire quando
ricorrano fondate ragioni che non consentono al protetto sussidiario di chiedere il passaporto
alle autorità del suo paese.
Il decreto “qualifiche” riconosce ai titolari di protezione sussidiaria il diritto al
ricongiungimento alle condizioni previste per i cittadini stranieri.
Il decreto “qualifiche” prevede inoltre che ai protetti sussidiari e ai rifugiati vengano
riconosciute lo stesso trattamento in materia di assistenza sociale e sanitaria riconosciuto al
cittadino italiano, come stabilito dalla Convenzione di Ginevra. Tale chiarificazione dovrebbe
superare l’impasse che escludeva i rifugiati da alcune prestazioni socio assistenziali a causa
della mancanza della carta di soggiorno ( ora permesso di soggiorno per lungo soggiornanti
CE) – come stabilito dalla legge finanziaria 2001. L’equiparazione già stabilita dalla
Convenzione di Ginevra ed ora ribadita dalle disposizioni normative dovrebbe definitivamente
ammettere rifugiati e protetti sussidiari al beneficio di tutte le prestazioni socio assistenziali
previste per i cittadini – invalidità civile, assegno di accompagno, assegno di maternità.
***
DIRITTO DI ASILO COSTITUZIONALE
I padri della costituenti, prima ancora del Legislatore internazionale, avevano individuato il
diritto di asilo fra il principi fondamentali dell’ordinamento italiano, votando praticamente
all’unanimità, nell’aprile del 1947, il comma 3 dell’articolo 10 della costituzione italiana e
costruendo così, in quella sede, il diritto di asilo costituzionale come quel diritto soggettivo
esercitato in Italia da chi si veda impedito nel proprio paese di origine nell’esercizio di quei
diritti riconosciuti dalla carta costituzionale italiana.
Lo scopo dei costituenti è stato fin da subito quello di assicurare la protezione, all’indomani
della seconda guerra mondiale, l’esercizio delle libertà democratiche garantite dalla
Costituzione italiana a quanti fosse stato negato, indipendentemente dall’appartenenza politica
e a prescindere dalla persecuzione o dal timore di persecuzione:
“Lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà
democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della
Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge” .
Il legislatore costituente ha pertanto innalzato il diritto di asilo fra i diritti fondamentali della
costituzione italiana attribuendo a tale diritto la natura intrinseca di diritto soggettivo e non di
mero interesse legittimo.
La natura del diritto all’ asilo costituzionale distanzia immediatamente tale diritto dal mero
interesse legittimo proprio di gran parte delle procedure che riguardano la condizione giuridica
dello straniero, a parte il diritto alla unità familiare e la libera circolazione dei cittadini
comunitari. Pertanto l’istanza del richiedente asilo prevede l’esercizio di un diritto che non si
identifica nel mero riconoscimento di una protezione da parte dell’ordinamento italiano, ma
nella libertà di vedersi tutelato, lì dove siano stati violati nel paese di origine quegli stessi diritti
e quelle libertà tutelati dalla costituzione italiana, il diritto di asilo nell’ordinamento italiano da
intendersi come diritto soggettivo del singolo e dunque come obbligo dello stato.
26
IL DIRITTO DI ASILO
status di rifugiato-protezione internazionale- protezione umanitaria -asilo costituzionale
SEMINARI DI DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONE – TRENTO- 29 OTTOBRE 2010
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La norma ascritta al comma 3 dell’articolo 10 della Costituzione italiana riconosce un diritto
all’ingresso ed al soggiorno per tutti coloro che desiderino presentare domanda di asilo per la
violazione di una di quelle libertà tutelate dalla carta costituzionale italiana . Si badi che il
diritto all’ingresso, pur non essendo riconosciuto esplicitamente nell’ordinamento
internazionale, rappresenta, come sottolineato in dottrina la condicio sine qua non per
l’esercizio del diritto di asilo stesso 10.
La natura del richiedente asilo quale titolare di diritto soggettivo separa nettamente il
richiedente asilo stesso dal cittadino straniero, il quale è per lo più titolare di un interesse
legittimo a fare ingresso e presentare una istanza allo Stato.
Pertanto il comma 3 dell’articolo 10 della costituzione italiana dovrebbe già servire da monito
al legislatore italiano per non confondere il richiedete asilo con il migrante irregolare.
Il diritto di asilo prima ancora della ratifica delle Convenzione di Ginevra con la legge 722 del
trovava fondamento in una disposizione costituzionale e pertanto entrava pienamente quale
principio fondante il sistema democratico del modello costituzionale italiano .
Se si analizza il diritto di asilo internazionale, si vede come, a differenza di quello italiano non
preveda l’esplicito riconoscimento di un diritto soggettivo a chiedere asilo e fare ingresso nel
territorio dello stato per ivi esercitarvi un diritto soggettivo.
Il comma 3 dell’articolo 10 della costituzione italiana è stato per anni fonte di dibattito
dottrinale poiché ci si è chiesti se avrebbe avuto bisogno di una norma di attuazione o poteva
direttamente essere esercitato.
Una soluzione a tale interrogativo a favore del diritto di asilo riconosciuto nell’ordinamento
italiano come diritto soggettivo perfetto si è delineata a partire dalla famosa sentenza Ocalan
nella quale il Tribunale ordinario di Roma il 1 ottobre 1999 ha riconosciuto un diritto
soggettivo perfetto a chiedere asilo direttamente applicabile, indipendentemente dalla presenza
di una legge ordinaria di attuazione .
Una volta respinti i presupposti di inammissibilità avanzati dal Governo italiano infatti, il
giudice di Roma adito, ha riconosciuto il diritto di asilo costituzionale a Ocalan ritenendo, in
base alla documentazione prodotta ( i dossier sulla situazione dei diritti umani in Turchia
redatti tra l'altro dal Dipartimento di Stato USA, dal Parlamento europeo, da Amnesty
International, le pronunce di condanna della Turchia da parte della Corte europea dei diritti
dell'uomo, ecc) e alle risultanze di prove testimoniali, l'esistenza del presupposto di base
dell'assenza in Turchia delle libertà democratiche riconosciute, invece, dalla Costituzione
italiana, con particolare accenno al rispetto dell'integrità della persona, al rispetto delle libertà
civili, alla proibizione della discriminazione in relazione alla razza.
Secondo il giudice di Roma, inoltre, la previsione costituzionale dell'asilo politico va integrata
e completata alla luce di quella sul divieto di estradizione dello straniero per motivi politici
(art. 10.4 Cost. ) successivamente ribadito sul piano internazionale dalla Convenzione Europea
di estradizione di Parigi del 1957 che stabilisce, ad ulteriore garanzia dell'estradando, che
l'estradizione non verrà concessa nel caso in cui lo Stato richiesto "abbia dei seri motivi di
credere che la domanda, pur motivata da un reato di diritto comune, sia stata presentata per
perseguire o punire un individuo per considerazioni di razza, religione, nazionalità ed opinioni
politiche oppure che la situazione di detto individuo rischi di essere aggravata da una qualsiasi
di queste ragioni".
Il giudice in tale sentenza ha respinto la tesi del Governo italiano costituitosi, dell'infondatezza
dell'istanza di asilo per la sopravvenuta mancanza nell'attore dell'interesse ad agire, in ragione
del suo abbandono del territorio italiano e della sua attuale condizione di detenuto in Turchia .
La Corte di cassazione italiana per un breve periodo in due sentenze n.8323/2004 e n.
25020/2005, ha inteso il diritto di asilo solo come “diritto ad accedere nel territorio dello
Stato al fine di esperire la procedura per ottenere lo status di rifugiato, e non ha contenuto più
ampio del diritto ad ottenere il permesso di soggiorno temporaneo ex art. 1 comma 5 del D.L.
n.416/89 convertito nella legge n.39/89”, questo in pieno contrasto con la precdente decisione
della stessa Corte di cassazione a Sezioni Unite n. 467/97 avesse ricordato come - asilo e status
di rifugiato siano due categoria che restano ontologicameente distinte nella nozione, nel
contenuto, nell'onere probatorio in quanto al richiedente asilo non è chiesta la prova del
presupposto della persecuzione , essendo solo unico l'iter procedimentale". Questa posizione
10
M. BENVENUTI, Andata e ritorno per il diritto di asilo costituzionale, in Diritto Immigrazione
e Cittadinanza, Franco Angeli editore XII, 2-21010.
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IL DIRITTO DI ASILO
status di rifugiato-protezione internazionale- protezione umanitaria -asilo costituzionale
SEMINARI DI DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONE – TRENTO- 29 OTTOBRE 2010
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della Cassazione è stata definitivamente superata dalla sentenza a S.U. del 2008 n 27310 dove
la con la quale la Corte di Cassazione ha espressamente ricordato come l’onere probatorio in
caso di impugnazione a seguito di diniego della domanda di protezione internazionale spetti
anche al giudice e non solo al richiedente asilo, in questa decisione la Suprema Corte ha anche
definitivamente chiarito che: “In tema di riconoscimento dello status di rifugiato, la Suprema
Corte ha stabilito che, anche sotto il vigore dell’art. 1 del d.l. n. 416 del 1989, conv. in l. n. 39
del 1990, i principi regolatori dell’onere della prova, incombente sul richiedente, devono
essere interpretati prendendo in considerazione i criteri della Direttiva 2004/83/CE (attuata
con d.lgs. n. 251 del 2007), nonostante la mancata scadenza del termine di recepimento
interno. Alla luce di questi criteri ermeneutici, applicabili anche alle norme non di derivazione
comunitaria, la S.C. ha ritenuto che si deve tenere conto della credibilità del richiedente e
della concreta possibilità di fornire i riscontri probatori necessari, ravvisando a carico del
giudice un dovere di cooperazione e più ampi poteri istruttori officiosi, nell’accertamento dei
fatti rilevanti per il riconoscimento dello status di rifugiato, peraltro pienamente compatibili
con il rito camerale, ritenuto applicabile anche nel vigore dell’art. 1 d.l. n. 416 del 1989 conv.
in l. n. 39 del 1990, prima dell’entrata in vigore dell’art. 35 d.lgs. n. 25 del 2008, attuativo
della Direttiva 2005/85/CE.”
GIURISPRUENZA:
- Corte di cassazione - Sezione VI civile - Ordinanza 27 luglio 2010 n. 17576: Allo
straniero, condannato nel suo Paese per le opinioni politiche difformi da quelle del Governo,
può essere concessa la protezione internazionale in Italia. La Cassazione ha accolto il ricorso di
un cittadino turco appartenente a un movimento politico di etnia curda, il quale ha chiesto asilo
politico in Italia per paura di essere sottoposto a persecuzioni nel proprio Stato di origine. La
Cassazione, in particolare, ha affermato che la persecuzione politica sussiste anche quando
vengano legalmente adottate sanzioni penali all'esito di un regolare processo a carico di chi ha
espresso mere opinioni politiche. Al contrario, ha concluso il collegio, non può essere
considerata persecuzione la repressione adottata con sanzione penale dell'attività di di
incitamento alla violenza;
-Corte di Cassazione Sez. Prima - Ord. del 03.05.2010, n. 10636: il decreto del Giudice di
Pace di Caserta in questa sede impugnato - nell’affermare che
il ricorrente aveva inoltrato istanza di riconoscimento dello status rifugiato, ottenendo
permesso di soggiorno per richiesto asilo politico, e che tuttavia la Commissione centrale
per il riconoscimento dello status di rifugiato con provvedimento del 23 settembre 2004
non aveva riconosciuto al richiedente tale stato, traendone la conseguenza che il decreto
di espulsione era stato regolarmente emesso, in quanto lo straniero non era risultato
essere in possesso di alcun permesso di soggiorno, e nell’omettere di pronunciarsi sul
concreto pericolo, prospettato dall’opponente, di essere sottoposto a persecuzione o a
trattamenti inumani e/o degradanti in caso di espulsione nel paese di origine, pericolo
concreto che, se accertato, avrebbe comportato una situazione ostativa all’espulsione
dello straniero - non si è uniformato al disposto del citato art. 19, comma 1, del d. lgs.
1998/286 e ai principi di diritto in precedenza enunciati, atteso che l’istituto del divieto di
espulsione o di respingimento previsto dalla richiamata disposizione costituisce una
misura di protezione umanitaria ed a carattere negativo, che non conferisce, di per sé, al
beneficiario alcun titolo di soggiorno in Italia, ma solo il diritto di non vedersi nuovamente
immesso in un contesto di elevato rischio personale, spettando al giudice di valutare in
concreto la sussistenza delle allegate condizioni ostative all’espulsione o al respingimento
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IL DIRITTO DI ASILO
status di rifugiato-protezione internazionale- protezione umanitaria -asilo costituzionale
SEMINARI DI DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONE – TRENTO- 29 OTTOBRE 2010
Claudia Pretto
(Cass. 2004/8423; 2006/3845);
-CGCE SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione) 17 giugno 2010, Direttiva
2004/83/CE – Norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della
qualifica di rifugiato – Apolide di origine palestinese che non ha chiesto la protezione o
l’assistenza dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi
palestinesi nei paesi del Vicino Oriente (UNRWA) – Domanda per il riconoscimento dello
status di rifugiato – Rigetto dovuto alla non sussistenza dei presupposti previsti dall’art. 1,
sezione A, della Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio
1951 – Diritto di detto apolide al riconoscimento dello status di rifugiato in forza dell’art. 12, n.
1, lett. a), secondo periodo, della direttiva 2004/83;
-CGCE, SENTENZA DELLA CORTE (GRANDE SEZIONE) 2 MARZO 2010 (
cessazione status di rifugiato)
«Direttiva 2004/83/CE – Norme minime sulle condizioni per il riconoscimento dello status di
rifugiato o di beneficiario della protezione sussidiaria – Qualità di “rifugiato” – Art. 2, lett. c) –
Cessazione dello status di rifugiato – Art. 11 – Cambiamento delle circostanze – Art. 11, n. 1,
lett. e) – Rifugiato – Timore infondato di persecuzioni – Valutazione – Art. 11, n. 2 – Revoca
dello status di rifugiato – Prova – Art. 14, n. 2»
Nei procedimenti riuniti C 175/08, C 176/08, C 178/08 e C 179/08, aventi ad oggetto domande
di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi degli artt. 68 CE e 234 CE, dal
Bundesverwaltungsgericht (Germania), con decisioni 7 febbraio e 31 marzo 2008, pervenute in
cancelleria il 29 aprile 2008, nelle cause Aydin Salahadin Abdulla (C 175/08), Kamil Hasan (C
176/08), Ahmed Adem, Hamrin Mosa Rashi (C 178/08), Dler Jamal (C 179/08) contro
Bundesrepublik Deutschland
LA CORTE dichiara:
1) L’art. 11, n. 1, lett. e), della direttiva del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/83/CE, recante
norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o
di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul
contenuto della protezione riconosciuta, deve essere interpretato nel senso che: – una persona
perde lo status di rifugiato quando, considerato un cambiamento delle circostanze avente un
carattere significativo e una natura non temporanea, occorso nel paese terzo interessato,
vengano meno le circostanze alla base del fondato timore della persona stessa di essere
perseguitata a causa di uno dei motivi di cui all’art. 2, lett. c), della direttiva 2004/83, motivi
per i quali essa è stata riconosciuta come rifugiata, e non sussistano altri motivi di timore di
«essere perseguitat[a]» ai sensi dell’art. 2, lett. c), della direttiva 2004/83;
– ai fini della valutazione di un cambiamento delle circostanze, le autorità competenti dello
Stato membro devono verificare, tenuto conto della situazione individuale del rifugiato, che il
soggetto o i soggetti che offrono protezione di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva 2004/83
abbiano adottato adeguate misure per impedire che possano essere inflitti atti persecutori, che
quindi dispongano, in particolare, di un sistema giuridico effettivo che permetta di individuare,
di perseguire penalmente e di punire gli atti che costituiscono persecuzione e che il cittadino
interessato, in caso di cessazione dello status di rifugiato, abbia accesso a detta protezione;
– i soggetti che offrono protezione ex art. 7, n. 1, lett. b), della direttiva 2004/83 possono
comprendere organizzazioni internazionali che controllano lo Stato o una parte consistente del
suo territorio, anche per mezzo della presenza di una forza multinazionale su tale territorio.
2) Quando le circostanze in base alle quali lo status di rifugiato è stato riconosciuto abbiano
cessato di sussistere e le autorità competenti dello Stato membro verifichino che non ricorrono
altre circostanze che giustifichino il fondato timore della persona interessata di essere
perseguitata, per il medesimo motivo di quello inizialmente rilevante o per uno degli altri
motivi elencati all’art. 2, lett. c), della direttiva 2004/83, il criterio di probabilità per l’esame
del rischio derivante da dette altre circostanze è lo stesso criterio applicato ai fini della
concessione dello status di rifugiato.
3) L’art. 4, n. 4, della direttiva, nella misura in cui fornisce indicazioni quanto alla portata, in
termini di forza probatoria, di atti o minacce precedenti di persecuzione, può applicarsi quando
le autorità competenti considerino di revocare lo status di rifugiato ai sensi dell’art. 11, n. 1,
lett. e), della direttiva 2004/83 e l’interessato, per giustificare il permanere di un fondato timore
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di persecuzione, faccia valere circostanze diverse da quelle sulla cui base era stato riconosciuto
come rifugiato. Tuttavia, ciò potrà di regola verificarsi solamente quando il motivo di
persecuzione sia diverso da quello considerato al momento del riconoscimento dello status di
rifugiato e vi siano atti o minacce precedenti di persecuzione i quali sono collegati al motivo di
persecuzione esaminato in tale fase.
- ECJ JUDGMENT OF THE COURT (Grand Chamber) 17 February 2009,
In Case C-465/07,
REFERENCE for a preliminary ruling under Articles 68 EC and 234 EC from the Raad
van State (Netherlands), made by decision of 12 October 2007, received at the Court on
17 October 2007, in the proceedings
Meki Elgafaji,
Noor Elgafaji
(Directive 2004/83/EC – Minimum standards for determining who qualifies for refugee
status or for subsidiary protection status – Person eligible for subsidiary protection –
Article 2(e) – Real risk of suffering serious harm – Article 15(c) – Serious and individual
threat to a civilian’s life or person by reason of indiscriminate violence in situations of
armed conflict – Proof )
-Tribunale di Palermo, Decreto dell'11 Dicembre 2009: é illegittimo il diniego al rinnovo di
un permesso di soggiorno per protezione umanitaria senza il pronunciamento della
Commissione nazionale asilo
-Corte di Cassazione Sentenza del 27 ottobre 2009, depositata il 15 dicembre 2009, n.
26253: la domanda di asilo presentata alla polizia di frontiera durante i controlli identificativi
dallo straniero in condizione irregolare deve essere sempre raccolta e comporta il divieto di
respingimento;
-Consiglio di Stato ordinanza n 669/2009, divieto di respingimento verso la Grecia di
richiedenti asilo afgani, pericolo per impossibilità di accedere ad una procedura asilo, stato di
detenzione;
-Tribunale di Trieste Sentenza del 17 agosto 2009 n. 304/2009: ha diritto allo status di
rifugiato il richiedente che subisce atti persecutori nel Paese di origine in ragione del suo
orientamento sessuale e non può invocare la protezione delle autorità poiché lì l’omosessualità
costituisce un reato
-Corte di Cassazione Sentenza del 19 maggio 2009 n°11535: la Commissione Territoriale è
competente a valutare la posizione del richiedente asilo.
-Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, sentenza del 21 aprile 2009, depositata il 19
maggio 2009, n. 11535: le Commissioni territoriali competenti a decidere delle domande di
asilo devono, nei casi in cui non accolgano la domanda di protezione umanitaria, trasmettere
gli atti al Questore per l'eventuale rilascio del permesso di soggiorno, quando ricorrano gravi
motivi di carattere umanitario, e sussiste la giurisdizione del giudice ordinario su un
provvedimento del Questore di diniego di rilascio del permesso di soggiorno per motivi
umanitari, richiesto ai sensi dell'art. 5, sesto comma del d.lgs n. 286 del 1998.
-Corte di Cassazione Sezioni Unite sentenza del 17 novembre 2008 n 27310: In tema di
riconoscimento dello status di rifugiato, la Suprema Corte ha stabilito che, anche sotto il vigore
dell’art. 1 del d.l. n. 416 del 1989, conv. in l. n. 39 del 1990, i principi regolatori dell’onere
della prova, incombente sul richiedente, devono essere interpretati prendendo in considerazione
i criteri della Direttiva 2004/83/CE (attuata con d.lgs. n. 251 del 2007), nonostante la mancata
scadenza del termine di recepimento interno. Alla luce di questi criteri ermeneutici, applicabili
anche alle norme non di derivazione comunitaria, la S.C. ha ritenuto che si deve tenere conto
della credibilità del richiedente e della concreta possibilità di fornire i riscontri probatori
necessari, ravvisando a carico del giudice un dovere di cooperazione e più ampi poteri istruttori
officiosi, nell’accertamento dei fatti rilevanti per il riconoscimento dello status di rifugiato,
peraltro pienamente compatibili con il rito camerale, ritenuto applicabile anche nel vigore
dell’art. 1 d.l. n. 416 del 1989 conv. in l. n. 39 del 1990, prima dell’entrata in vigore dell’art. 35
d.lgs. n. 25 del 2008, attuativo della Direttiva 2005/85/CE. (Nel caso di specie la S.C. ha
cassato la pronuncia di merito perché non aveva ritenuto ammissibile la prova testimoniale
richiesta in secondo grado, sul rilievo che essa non fosse stata articolata per capitoli separati, e,
reputando insufficienti le dichiarazioni del richiedente in ordine alla professione religiosa sciita
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e all’appartenenza alla minoranza curda nonostante l’attestata conoscenza di tale idioma, aveva
rigettato la domanda) La Suprema corte ha fatto esplicito riferimento al paragrafo 196 del
Manuale UNHCR;
-Corte di Cassazione Ordinanza del 19 giugno 2008 n. 16730: se avverso l’espulsione si
invocano motivi religiosi va presentata istanza di riconoscimento dello status di rifugiato;
-Tribunale del Lavoro di Milano - sentenza n. 373/08 depositata il 31 Gennaio 2008: i
cittadini stranieri con status di rifugiato sono equiparati ai cittadini italiani in materia di
assistenza sociale, ad esempio la corresponsione dell’indennità di accompagnamento ex
L.18/80;
-Corte di Cassazione ordinanza del 28 aprile 2006: individuazione del Tribunale civile
competente a ricevere i ricorsi avverso le pronunce negative emesse dalle Commissioni
Territoriali;
-Corte di Cassazione - Sentenza del 25 novembre 2005 n. 25028: distinzione fra asilato e
rifugiato;
-Corte di Cassazione - Sentenza del 21 marzo 2005 n. 6077: una mera enunciazione di
condizioni personali e familiari appare inidonea a rappresentare le condizioni legali per
l'ottenimento dello status di rifugiato e quindi ad attivare la relativa procedura di
riconoscimento
-Corte di Cassazione - Sentenza del 2 febbraio 2005 n. 2091: non spetta il riconoscimento
dello status di rifugiato a qualunque soggetto che si allontani da un paese nel quale,
notoriamente, sussista grave e diffusa compressione dei diritti civili, spettando lo status solo a
colui che versi nel fondato timore di essere personalmente perseguitato inragione delle proprie
idee o della propria condizione.
-Tribunale di Catania - Sentenza del 15 dicembre 2004 n. 4010: l'Asilo costituzionale è un
diritto che si può esercitare anche in mancanza di una legge specifica
-Tribunale di Catania - Decreto cautelare del 5 agosto 2004: non è espellibile chi è in attesa
della risposta relativa alla richiesta di asilo ai sensi art. 10 Cost
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