12. DE-COSTRUZIONE «... rappresentare non

12. DE-COSTRUZIONE
«... rappresentare non tanto l'oggetto nello spazio quanto lo spazio stesso dell'oggetto,
privilegiando in tal modo le reali caratteristiche geometriche tridimensionali»
Massimo Scolari
Contenuto:
Mediante la scomposizione volumetrica e la messa in evidenza di "parti", si può
identificare la presenza di elementi ripetitivi, di operazioni geometriche, di presenza di
moduli, simmetrie e asimmetrie.
1. Scomposizione delle parti
2. Analisi e lettura delle opere
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1. Scomposizione delle parti
Si vogliono prendere in considerazione - quali esempi di applicazione del disegno come
strumento di analisi - alcune tavole elaborate da due architetti (oggi docenti) in occasione
della tesi di dottorato in Rappresentazione delle sedi universitarie di Palermo, Reggio
Calabria, Napoli e Firenze elaborate molti anni fa.
Le leggi compositive di architetture pre-esistenti, le partiture, le volumetrie e tutto ciò
che in una prima fase di lettura appare come unitario e perfettamente integrato svela i
termini del suo essere attraverso il metodo de-costruttivo: attraverso le fasi successive
della rilettura analitica e del disegno si compie una sorta di viaggio a ritroso verso le
modalità compositive che hanno portato l'oggetto architettonico ad essere quello che ci
si presenta.
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Mediante la scomposizione volumetrica e la messa in evidenza di "parti", si può
identificare la presenza di elementi ripetitivi, di operazioni geometriche, di presenza di
moduli, simmetrie e asimmetrie.
Questo metodo porta alla rappresentazione di un'architettura analoga, definendo uno
spazio diverso, studiando le relazioni intercorrenti fra le parti, le cui connotazioni
metriche e geometriche sono da ritrovarsi nella vasta gamma degli insiemi che
determinano la forma stessa. Si supera in tal modo uno studio puramente tipologico per
esplorare l'architettura attraverso la sommatoria di forme elementari. E' un processo di
"scavo" nella forma attraverso il disegno che ne svela la natura compositiva, le
compenetrazioni formali, le interdipendenze di corpi stereometrici.
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La tecnica privilegiata per questo tipo di analisi è quella assonometrica che meglio si
presta a scoprire particolari giochi d’incastro e d’intersezioni fra elementi che possono
dare luogo a una spazialità complessa e articolata.
Queste tavole sono state elaborate da Gabriella Curti, che ha indagato in particolare sul
disegno di progetto di Luciano Baldessari, architetto razionalista scomparso nella seconda
metà degli anni '80, il quale ha partecipato a tutte le vicende artistiche dell'architettura
razionalista, del MIAR, del Gruppo 7, e non solo di quelle italiane avendo studiato sia in
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Austria sia in Germania e, più tardi, vissuto a New York. È uno dei pochi architetti
italiani dell'epoca che possa vantare una formazione cosmopolita, anche se poi ritorna a
vivere in Italia definitivamente. Baldessari non è mai stato apprezzato tanto come
architetto vero e proprio, ha fatto molte scenografie, è stata una persona poliedrica che è
riuscita ad esprimersi con diverse tecniche anche nelle arti cosiddette “minori” però, a
mio avviso, è stato un progettista affascinante. La sua produzione è molto ricca e vasta, in
particolare alcuni dei suoi progetti sono molto più vicini all’espressionismo tedesco che
non al razionalismo italiano.
In quell’epoca ci sono state moltissime Expo - si potrebbe dire che sia stato un periodo in
cui l’effimero era in auge e molte erano le occasioni di grandi incontri e confronti
internazionali. I disegni presentati sono di uno stand smontabile di tessuti progettato per
un’Expo tenutasi a Monza nel 1930; la logica progettuale cambia se si progetta una cosa
che rimane invece di una che sarà smontata. E' interessante comunque rintracciarne le
geometrie e il modulo: la matrice compositiva parte da due quadrati che si accavallano
formando un rettangolo aureo e queste operazioni compositive possono essere capite solo
con il ri-disegno. Nella stessa tavola c'è una lettura di tipo funzionale di questo piccolo
edificio apparentemente semplice, ma si pensi al percorso interno e alla difficoltà di
esposizione per la presenza dei pilastri e della superficie curva; lo stesso padiglione di
Barcellona di Mies van der Rohe sembrerebbe essere costituito solo da quattro linee e
otto pilastri però c'è un'incredibile fluidità dello spazio perciò non c'è corrispondenza tra
la complessità spaziale e la semplicità apparente delle piante e dei prospetti. Qui è stato
scelto come strumento di rappresentazione l'assonometria in cui volutamente sono state
tolte alcune parti: ci sono soltanto il fondale, i pilotis e l'elemento lungo. Nella seconda
tavola sul Padiglione di Monza è stata scelta la prospettiva dall'alto forse perché tra le
prospettive è quella più astratta, non una realistica che simuli un possibile punto di vista,
ma una che osservi l'interno da una visione impossibile, una quasi-assonometria dove il
punto di vista è all'infinito. E’ stata scelta questa tecnica per mettere ancora più in
evidenza i setti e i pilastri e come confronto, troviamo una prospettiva che ricorda il
Danteum di Terragni, in cui i pilotis sono trattati come fossero trasparenti. Mentre la
prima tavola è di analisi delle matrici interne del progetto architettonico, questa seconda
costituisce un tentativo di ritrovarne i riferimenti storici: il Padiglione di Mies van der
Rohe del '29, nello studio della composizione di quadrati e di geometrie elementari, la
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casa Tugendhat a Brno anch'essa del '29, tutti riferimenti che hanno a che vedere non solo
con l'opera architettonica in esame ma anche con la poetica figurativa di Baldessari in
generale. La tavola è intitolata tipi e archetipi, dove il tipo è indubbiamente il padiglione;
Frank Lloyd Wright è presente con la Robie House come analogia di linguaggio
figurativo, ed il tempio Indù primitivo come archetipo rispetto al padiglione scelto.
Questi disegni sono stati elaborati in occasione della tesi monografica per dottorato di
ricerca su Il disegno di progetto dell'architettura razionale. Luciano Baldessari tra
regola e trasgressione da Gabriella Curti.
Un’altra tavola rappresenta invece il Padiglione della Stampa progettato per la V
Triennale di Milano nel 1933; presenta dei grossi cilindri che non sono pilastri e disegni
interpretativi delle geometrie elementari. Baldessari lavora "per scavo" e questa è un’altra
logica nel comporre un edificio dove si lavora a togliere mentre le geometrie
volumetriche si incastrano.
Due dei riferimenti qui presenti sono alle sue stesse opere - al Padiglione per la Fiera
Internazionale di Milano del 1933 e agli edifici a P.za S. Babila del 1936/37 - mentre gli
altri due a Terragni, razionale e metafisico, il progetto del Danteum e una tomba
progettata nel 1929.
Baldessari ha partecipato anche al concorso per l'E42, però mentre nel concorso per gli
edifici postali il regime neo-nato voleva affrancarsi coinvolgendo i giovani nella cultura
del "potere", nel 1942 Adalberto Libera era diventato quasi un architetto "ufficiale", il
regime fascista cercava monumenti autocelebrativi e Baldessari era più o meno uno
sconosciuto che partecipa al concorso perdendolo, così come spesso perdono molti altri
architetti forse più bravi di quelli che vincono. Basti pensare alla partecipazione senza
successo di Le Corbusier a due concorsi internazionali di progetto: il Palazzo dei Soviet
di Mosca e il Palazzo delle Nazioni a Ginevra; i "migliori architetti" anche all'epoca
perdevano i concorsi.
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Queste due ultime tavole rappresentano un progetto scelto perché è quello più sensibile al
luogo: è una villa alla Giudecca del 1937 che presenta un "passo", modulo tipico
veneziano, che poi ritroviamo anche in un edificio di Gardella di molti anni dopo. A
questo edificio si accede direttamente via acqua. Nella prima tavola viene usato lo
spaccato assonometrico per l'analisi del progetto, mentre nella seconda si sottolinea
l'importanza della sacralità del luogo con riferimenti sia architettonici (Palladio, Le
Corbusier) che pittorici (Canaletto). Non è vero che queste architetture siano sempre
avulse dal contesto, gli stessi protagonisti del Movimento Moderno che prestano molta
attenzione nella costruzione logica della macchina architettonica hanno poi grande
sensibilità al luogo.
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L’altro lavoro che voglio presentare è di Gaetano Ginex. La prima tavola rappresenta il
Palazzo delle Poste a Palermo di Angelo Mazzoni degli anni '30. Mazzoni è un architetto
che in quegli anni ha costruito molte stazioni e diversi edifici postali; è stato un
personaggio abbastanza contraddittorio perché ha alternato edifici moderni e raffinati (ad
esempio la stazione centrale di Reggio Calabria e quella di Messina) con altri più
conservatori e retorici (il palazzo delle Poste a Grosseto); è come se avesse una doppia
anima, una più accademica e l'altra razionalista. La smembratura in elementi mette in
evidenza il rapporto di unità e parti, non solo delle piante de-composte, e sottolinea la
ricerca di un modulo scandito da pilastri.
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La seconda tavola rappresenta la Mrs. Venturi's house, progettata da Robert Venturi per
la madre; in questo disegno è possibile leggere anche i riferimenti formali sia all'ordine
classico sia alla pop-art con l'uso del "fuori scala". Quando si cerca di leggere, di
scomporre, di indagare attraverso lo strumento del disegno alcune architetture è perché si
cerca di ri-immettersi nel processo compositivo, e di capire quali siano state le logiche
compositive e le intenzionalità di chi l'ha progettato.
Gaetano Ginex, esecutore delle tavole descritte, così scrive sull'assonometria: «Decostruire quindi una struttura logicamente compiuta così che le forme possano essere
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viste come una serie di segni primitivi attraverso una manipolazione delle parti
elementari estraniate dal contesto unitario e collocate in un contesto differente. E' così
infatti che la rappresentazione assonometrica sposta la concezione unitaria dell'edificio ad
un'altra per elementi significativi con una particolare attenzione alle relazioni tra le
strutture formali...in altre parole consente di stabilire un nuovo possibile modello decostruito - una sorta di disegno analogo - che crea un contrasto tra spazio reale e spazio
disegnato attuando così una relazione comune percepibile attraverso la de-costruzione
assonometria».1
Un'altra tavola, invece, rappresenta la Winton Guest house di Frank O. Gehry; le sue
architetture di quegli anni si prestano molto bene al metodo della de-costruzione in
quanto il suo modo di comporre e di progettare era proprio quello per giustapposizioni di
parti. Molti elementi sono quasi esistenti autonomamente - ready made objects o objet
trouvé. Gehry si rifaceva al linguaggio urbano e, anche se non è di origine californiana,
vive e opera a Los Angeles dove trae spunti figurativi da elementi poveri del contesto
urbano, assurgendoli a linguaggio figurativo, utilizzando forme geometriche elementari e
complesse. Queste sono assonometrie dell'edificio dove è presente il tentativo di
decomporre vari pezzi per cercare di capirne l'unitarietà, l'autonomia che però è relativa
in quanto non esisterebbero se non nel complesso dell'edificio stesso.
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Gaetano Ginex. Disegno e de-costruzione, IPSA editore, Palermo 1990. p. 51.
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