Jacob Ferdinand Voet (Anversa, 1639 – Parigi?, 1689) Ritratto del Cardinale Benedetto Odescalchi Tela, 72 x 56 cm Collezione G.G. Poldi Pezzoli (inv. n. 1155) Già attribuito al Maratta e alla cerchia del Baciccio, questo ritratto è opera di Ferdinand Voet cui già lo riconduceva Bautier (1939), seguito da Petrucci (1995) e dalla storiografia più recente (Petrucci 2000; Pizzo 2000; Geddo 2001; Jansen, Meijer, Squellati Brizio 2001-01). Prima di salire al soglio pontificio con il nome di Innocenzo XI, Benedetto Odescalchi fu cardinale dal 1645 al 1676, ed è in questa veste che il Voet lo ritrae attraverso la sua condotta pittorica inconfondibile e versatile. A mezzo busto, in leggero scorcio, l’effigiato indossa il cappello cardinalizio e la mozzetta chiusa da una fila di piccoli bottoni dalla quale spunta il colletto bianco. Come spesso nei ritratti dell’artista, la figura si staglia su un fondo scuro uniforme e la testa è messa in risalto da un alone chiaro a lato del viso. Rapida e istintiva, la tecnica pittorica a pennellate larghe sulla mozzetta si fa finita e curata nel volto sfilato, caratterizzato da un naso importante e occhi piccoli infossati e cerchiati da borse. I baffetti e la barba, come i capelli che incorniciano il volto, sono resi attraverso una materia morbida e sfumata stesa a tocchi fini. Il ritratto è in buono stato di conservazione anche se una patina di sporco lo spegne non poco, facendogli perdere in vivezza. Lo stile “antiaccademico” e “anticonvenzionale” dell’artista, come lo definisce Petrucci (1995, p. 284), si esprime nella priorità data al colore piuttosto che ai volumi e al disegno, un colore steso a velature su cui pennellate fluide ottengono quasi un effetto di non finito (straordinario in questo senso l’Autoritratto conservato agli Uffizi; ill. in Petrucci 1995, p. 291, fig. 1), a fronte del quale, il realismo analitico del volto – la verità tattile dell’incarnato, la liquidità degli occhi - crea un contrasto di notevole effetto. Questa duplice presa, sfuocata e definita al tempo stesso, tradisce la marca fiamminga nella libertà pittorica slegata da formule plasticodisegnative e nell’inclinazione al realismo. Duplice presa che permette ora di far risaltare, in un tripudio spumeggiante di merletti e damaschi, l’effimera frivolezza del mondo aristocratico, ora l’intensità dell’espressione e la natura del carattere. Particolarmente austero e riservato era quello dell’Odescalchi, di cui colpisce qui lo sguardo penetrante che racconta morigeratezza. Non così, l’aria bonaria e lasciva delle tante “belle” in abiti discinti ritratte da Voet, a causa delle quali egli fu bandito da Roma, nel 1678, proprio dall’Odescalchi, divenuto Papa Innocenzo XI. Di questo ritratto esiste un’altra versione autografa nella Staatsgemaldesammlungen di Monaco, di dimensioni più ridotte che, secondo Petrucci, parrebbe essere il prototipo, eseguito dal vero, da cui deriva l’opera milanese (Petrucci 1995). Dal modello elaborato nel ritratto del cardinale Voet avrebbe poi desunto – il pontefice non amava farsi ritrarre - il Ritratto di Innocenzo XI, già nella collezione del Principe Innocenzo Odescalchi a Roma (Petrucci 2000, p. 31, fig. 10). L’età dell’ effigiato e l’affinità stilistica con i ritratti di Alfonso Litta, arcivescovo di Milano (1664 al 1679), e del cardinale Federico Borromeo (1670-1673), rispettivamente in collezione privata a Roma e Milano (ill. in Petrucci 2000, pp. 29, 35; fig. 1, tav. III), inducono per il nostro dipinto ad una cronologia prossima al 1676, data che segna l’elezione del Cardinale a Pontefice e quindi terminus ante quem per l’opera. Raffaella Colace Bibliografia aggiornata al 2004 G. Bertini, Fondazione Artistica Poldi Pezzoli. Catalogo Generale, Milano 1881, p. 26. Museo Artistico Poldi Pezzoli. Catalogo, Milano 1902, p. 6. H. Schmerber, Betrachtungen über die Italienische Malerei im 17. Jahrhundert, Strassburg 1906, p. 102. H. Voss, Die Malerei des Barock in Rom, Berlin 1925, p. 600. A. Morassi, Il Museo Poldi-Pezzoli in Milano, Roma 1932, pp. 11, 24. P. Bautier, Un portraitiste flamand en Italie au XVIIe siècle. Jacob Ferdinand Voet, in “Annuaire des Musées Royaux des Beaux- Arts de Belgique”, II, 1939, pp. 173-183; p. 180. F. Russoli, Il Museo Poldi Pezzoli in Milano. Guida per il visitatore, Firenze 1951, p. 11. A. Mezzetti, Contributi a Carlo Maratta, in “Rivista dell’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte”, IV, 1955, pp. 253-354; pp. 350-351. F. Russoli, La Pinacoteca Poldi Pezzoli, Milano 1955, p. 186. F. Russoli, Pittura e scultura, in Il Museo Poldi Pezzoli, Milano 1972, pp. 197-288, pp. 200, 260. F. Russoli, Il Museo Poldi Pezzoli in Milano. Guida per il visitatore, Firenze 1978, p. 24. M. Natale, Museo Poldi Pezzoli. Dipinti, Milano 1982, cat. 231, p. 167. F. Petrucci, Monsù Ferdinando ritrattista. Note su Jacob Ferdinand Voet (1639-1700?), in “Storia dell’Arte”, 1995, 84, pp. 283-300; p. 284. T. Montanari, Jacob Ferdinand Voet e Livio Odescalchi, in “Prospettiva”, 1996, 81, pp. 5255; pp. 52, 54. F. Petrucci, Gaulli, Maratta e Voet: nuove attribuzioni, in “Fimantiquari”, IV, 1996, pp. 54-64; p. 63. F. Petrucci, “Ferdinando de’ Ritratti” per l’aristocrazia lombarda, in “Arte Lombarda”, nuova serie, CXXIX, 2000, 2, pp. 29-38; p. 37. M. Pizzo, Il soggiorno lombardo di Jacob Ferdinand Voet pittore fiammingo, in “Arte Lombarda”, CXXIX, 2000, 2, pp. 44-47; p. 45 C. Geddo, New light on the career of Jacob-Ferdinand Voet, in “The Burlington Magazine”, CXXXXIII, 2001, pp. 138-144; p. 140. G. Jansen, B.W. Meijer, P. Squellati Brizio, Repertory of Dutch and Flemish Paintings in Italian Public Collections. II Lombardy, 2 voll., Firenze 2001-2002; I, cat. 292., p. 185.