IL CONFINE TRA L`ASTENSIONE E L`ACCANIMENTO TERAPEUTICO

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IL CONFINE TRA L’ASTENSIONE
E L’ACCANIMENTO
TERAPEUTICO
L’URGENZA CHIRURGICA NELL’ANZIANO
FRAGILE
Presidenti: A. Leggeri, G. Liguori
SOCIETA’ TRIVENETA DI CHIRURGIA
Trieste, 24 settembre 2011
1)SOSPENSIONE
DELLE
CURE
ASTENSIONE,
RINUNCIA
O
TERAPEUTICO)
(detta
anche
ABBANDONO
In taluni casi si può configurare come EUTANASIA
PASSIVA cioè “Cessazione di alcuni interventi medici
che vengono definiti futili” oppure “Omissione
volontaria di quegli atti proporzionati e adeguati alla
situazione clinica del paziente che contribuiscono o
favoriscono la morte”
2)EUTANASIA ATTIVA
L’intervento attivo, diretto e programmato dei sanitari
che provoca direttamente la morte.
“Un’azione o omissione che di natura sua e nelle
intenzioni è tale da provocare la morte, allo scopo di
eliminare ogni dolore”
“Azione che procura intenzionalmente e nel suo
interesse la morte di un individuo, la cui qualità della
vita sia permanentemente compromessa da una
malattia, menomazione o condizione fisica”
3)SUICIDIO ASSISTITO
“Aiuto medico e amministrativo portato ad un soggetto
che ha chiesto di morire tramite suicidio”
4)ACCANIMENTO TERAPEUTICO (meglio definito
come “accanimento clinico” o atto straordinario)
• Ostinazione in trattamenti da cui non si possa
fondatamente attendere un beneficio per la salute del
malato e/o un miglioramento della qualità di vita.
•
•
Iniziative clinico-assistenziali sproporzionate alla
condizione clinica del paziente, attuate su malati
terminali da sanitari che in realtà non dispongono più
di vere risorse terapeutiche (Perico 1985).
Un trattamento di documentata inefficacia in
relazione all’obiettivo, a cui si aggiunga la presenza
di un rischio elevato e/o una particolare gravosità
per il paziente con un’ulteriore sofferenza in cui
l’eccezionalità
dei
mezzi
adoperati
risulta
chiaramente sproporzionata agli obiettivi della
condizione specifica (Manni 1996).
QUESTIONI CENTRALI
* SENSO DELLA SOFFERENZA E DELLA MORTE
* PROPORZIONALITA’ DELLE CURE
* FUTILITA’ DELLE TERAPIE
* RUOLO DEI SANITARI
* LIBERTA’ E CONCETTO DI AUTODETERMINAZIONE
* RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL
TRATTAMENTO SANITARIO
* CONCETTO DI QUALITA’ E DIGNITA’ DELLA VITA
* DIRITTI DELL’UOMO
SENSO DELLA SOFFERENZA E DELLA MORTE
Per noi occidentali sussiste una tragica connessione tra la vita e la
sofferenza/morte, definita quest’ultima come una “ferita inferta
all’essere”.
Elaborati due paradigmi:
1) EDONISTA al male, alla sofferenza e alla morte è attribuito il
carattere dell’assoluta negatività, che implica l’assoluta carenza di
senso a cui si può contrapporre il piacere come unica dimensione in
grado di riempire il vuoto
2) DIALETTICO nel male, nella sofferenza e nella morte, pur
riconosciuti come negativi, si individua una straordinaria possibiltà
di apertura al bene, attraverso un percorso che porterebbe ogni
uomo a conquistare una più alta consapevolezza di sé, cioè
un’identità compiutamente antroplogica.
PROPORZIONALITA’ DELLE CURE
Se a livello teorico e definitorio l’eutanasia, l’astensione,
l’abbandono e l’accanimento terapeutico, la terapia
appaiono ben definiti e facilmente distinguibili, meno
semplice risulta affrontare i casi concreti.
Dal punto di vista etico, un criterio utile può essere quello
della PROPORZIONALITA’ DELLE CURE.
Tale nozione non esclude la necessità di bilanciare i costi e
i benefici dei trattamenti, rispettando però il bene
integrale della persona che soffre e muore.
PROPORZIONALITA’ DELLE CURE
Fino a che punto è moralmente obbligatorio mettere in atto
una determinata terapia o mantenere un mezzo di
sostegno vitale ?
In quali circostanze è possibile, o forse doveroso,
interrompere l’applicazione dei rimedi terapeutici in uso?
Bisogna ricorrere sempre ed a tutti i costi ad ogni possibile
intervento medico che sia tecnicamente praticabile ?
La distinzione tra mezzi ordinari e straordinari è puramente
relativa oppure esiste una soglia assoluta oltre la quale
un mezzo deve essere considerato straordinario per
chiunque ?
PROPORZIONALITA’ DELLE CURE
Di fronte a tali domande l’affermazione dominante (a
partire dal XVI secolo) è che l’obbligo delle cure si deve
riferire ai soli MEZZI ORDINARI, mentre non si estende
a quelli valutati come STRAORDINARI.
MEZZI ORDINARI: si indicano quei mezzi che possono
essere ottenuti ed usati senza gravi difficoltà e che
risultano efficaci per la terapia della malattia o non ne
influenzano in maniera determinante la sua evoluzione
(come nel caso di malato terminale)
MEZZI STRAORDINARI: tutti quei mezzi che comportano
un’eccessiva difficoltà in ordine a dolore fisico,
ripugnanza, costi, ecc e che risultano inefficaci per la
terapia della malattia (“mezzi moralmente impossibili”)
PROPORZIONALITA’ DELLE CURE
ESEMPIO 1: In Letteratura si distingue
alimentazione da nutrizione artificiale.
Alimentazione: assunzione da parte di un
organismo vivente delle sostanze indispensabili
per il suo metabolismo e per le sue funzioni
vitali quotidiane
Nutrizione: esito di tale assunzione
La nutrizione in quanto tale non può mai essere
qualificata come “artificiale” perché appartiene
al vivente. E’ la modalità di somministrazione
delle componenti nutritive che la definisce
artificiale.
NA è mezzo ordinario se l’apparato digerente o il
metabolismo del paziente sono funzionanti,
altrimenti diventa mezzo straordinario.
PROPORZIONALITA’ DELLE CURE
ESEMPIO 2: paziente con carcinoma inoperabile, con
prognosi di 6 mesi, dolorosissimo, affetto da diabete
insulino-dipendente.
L’indicazione ad usare l’insulina (per evitare coma
diabetico) è da considerarsi indipendente dalla patologia
tumorale concomitante.
L’uso dell’insulina è pertanto da considerarsi un mezzo
ordinario. Diventa straordinario qualora la sua
somministrazione comporti ulteriori aggravi o non ci si
trovi in stadio terminale o in stato di morte imminente.
PROPORZIONALITA’ DELLE CURE
La distinzione tra mezzi ordinari e straordinari:
- Viene da una lunga tradizione della Teologia morale
Cristiana
- Criticata nei nostri tempi perché poco precisa
- Oggi quasi superata
- E’ debole perché non tiene conto dei progressi della
medicina (inizialmente certi interventi chirurgici
maggiori erano considerati straordinari a causa dei costi
eccessivi, del dolore intenso post-operatorio e degli
strumenti non adeguati)
- Include però considerazioni etiche, coinvolge il paziente,
la famiglia o il surrogato.
FUTILITA’ DELLE TERAPIE
Nel mondo anglofono, a partire dagli anni ’90, ha avuto
successo l’espressione FUTILITA’: “inadeguatezza a
realizzare uno scopo determinato o a produrre un
risultato; l’inefficacia”.
Tuttavia tale espressione ha acquistato, nelle questioni
mediche, una connotazione etica che ne rende più
difficile la definizione.
In pratica, l’espressione futilità medica è venuta a
designare un giudizio clinico e prudenziale in un
particolare caso in fine di vita.
FUTILITA’ DELLE TERAPIE
Futilità medica riconosciuta fin da 3500 anni fa (Smith
Papyrus, papiri di Ebers), poi attraverso Ippocrate e
successivamente nella tradizione medica Occidentale.
Da 25 anni, con l’emergere del principio di “autonomia” del
paziente e con lo sviluppo dei moderni mezzi di
rianimazione e di sostegno della vita, ha assunto anche
una rilevanza morale.
FUTILITA’ DELLE TERAPIE
Negli anni ’70 la maggioranza delle formulazioni nella
Letteratura si concentrava sui DIRITTI NEGATIVI, cioè
il diritto che qualcosa non sia fatto invocando spesso il
principio di autonomia del paziente per giustificare tale
rifiuto.
Negli anni ’80 però alcuni pazienti iniziarono a reclamare
DIRITTI POSITIVI, cioè il diritto che qualcosa sia fatto,
creando talora situazioni di conflitto potenziale tra
medico e paziente, portando ad un aumento delle attese
del pubblico per ciò che la medicina può offrire.
( erosione dell’autorità della professione medica, fascino
crescente intorno ai progressi della medicina, efficacia
crescente della farmacologia)
FUTILITA’ DELLE TERAPIE
Numerosi casi giudiziari (lawsuits) di diritti negativi:
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Karen Quinland (New Jersey) 1975
Nancy Cruzan (Missouri) 1990
Paul Brophy (Massachussets) 1986
Baby Doe (Indiana) 1982
Baby Jane Doe (Keri-Linn)(New York) 1983
Gilgunn vs. Massachusetts General Hospital 1995
Terry Schiavo (Florida) 2005
FUTILITA’ DELLE TERAPIE
Casi giudiziari di diritti positivi:
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Baby L (Parigi) 1990
Mrs. Helga Wanglie (Minnesota) 1991
Baby K (Virginia) 1994
Robert Wendal (California) 1995
Charlotte Wyatt (Portsmouth UK) 2005
Baby Luke Winston Jones (Bangor UK) 2004
FUTILITA’ DELLE TERAPIE
Numerosi problemi aperti:
-
-
-
Conflitti medici-famiglie
Assenza di linee di condotta professionali o istituzionali
a riguardo della futilità medica
Grandi differenze nell’atteggiamento
riguardo dei malati cronici o terminali
dei
medici
al
FUTILITA’ DELLE TERAPIE
Tentativo in Letteratura di elaborare una definizione più
possibile univoca della “futilità medica”, così che essa
potesse essere applicata a tutti i casi nei quali fosse
sorto il problema, facilitando il processo decisionale.
Tuttavia:
1)
Concetto piuttosto “fluido” o “elusivo”, legato al
progresso della scienza e della pratica medica
2)
Giudizio essenzialmente soggettivo (differenti opinioni
tra medici e tra pazienti)
FUTILITA’ DELLE TERAPIE
Definizione quantitativa (Schneiderman et.al): un’azione
futile è tale quando non può realizzare lo scopo
dell’azione stessa, indipendentemente da quante volte
è ripetuta.
-
-
-
-
Non si può riferire ad atto impossibile (ripristinare funzione
cardiaca in paziente esangue)
Non può essere confusa con non plausibile perché troppo
complessa
Implica più che qualche cosa di improbabile perché raro, insolito
Distinto da senza speranza, perché la disperazione descrive un
fatto soggettivo, mentre ci si deve riferire alla qualità obiettiva di
un’azione
Si può dedurre da esperienze dirette o analoghe (ad esempio, se
negli ultimi 100 casi un certo trattamento è stato inutile, si
dovrebbe ritenere il trattamento come futile)
Manca però l’apprezzamento soggettivo della futilità da parte del
paziente stesso.
FUTILITA’ DELLE TERAPIE
Definizione qualitativa (Schneiderman, Jecker, Jonsen)
insieme di considerazioni pragmatiche sulla futilità in
situazioni specifiche, basandosi sul senso comune del
professionista e in relazione con la situazione
particolare del paziente.
E’ incluso un giudizio sulla cosiddetta “qualità della vita”
del paziente.
FUTILITA’ DELLE TERAPIE
Molti Autori hanno cercato di determinare empiricamente la soglia che
permetterebbe di definire un trattamento come futile: giudizio
medico variabile da 0 a 60% (Do not resuscitate)(DNR) 
impossibilità a raggiungere un consenso (Kurtis, Park, Krone,
Pearlman 1995).
Altri Autori hanno cercato di sviluppare misurazioni quantitative
biologiche rigorose per predire quali pazienti morrebbero:
misurazione secondo il sistema APACHE (Acute Physiology and
Cronic Health Evaluation) (Knaus, Wagner, Draper 1991).
Altri studi sulla Rianimazione cardiopolmonare (Bedell 1983), sulle cure
intensive neonatali e pediatriche (Kellermann 1988) e sulla terapie
intensive per pazienti malattia neoplastica ematologica (Schuster
1983, Rubenfeld 1996) non hanno saputo determinare con
precisione il livello di futilità.
Il punto debole di tutti questi tentativi per quantificare la futilità è che il
punto di vista del paziente è ignorato ed, in particolare, si
ignorano le motivazioni che il paziente potrebbe avere nel suo
desiderio di rimanere in vita alcuni giorni di più.
FUTILITA’ DELLE TERAPIE
Distinzione tra efficacia e beneficio.
Non è perché un trattamento ha un effetto sul
paziente,
che
tale
trattamento
fa
necessariamente bene al paziente.
Un trattamento potrebbe essere davvero efficace
(mantiene vivo il paziente il paziente) senza
beneficiare il paziente (sopravvivenza fatta al
prezzo di un gravoso handicap): in tale caso si
cadrebbe
nella
categoria
della
futilità
(Schneiderman,
Jecker,
Jonsen,
Veatch,
Spicer).
FUTILITA’ DELLE TERAPIE
E.D. Pellegrino (HEC Forum 1989)
Il bene del paziente è posto al centro della
definizione di futilità.
Nelle cure mediche il fine richiesto non è
l’autocompiacimento del medico ma “il bene
del paziente”.
Un trattamento è considerato futile se non serve
gli interessi fondamentali del paziente
(PRINCIPIO DELLA BENEFICIENZA).
Limite: non produce orientamenti, perché la
nozione “bene del paziente “ è spesso
soggettiva e confusa.
FUTILITA’ DELLE TERAPIE
Rapporto futilità / razionamento delle risorse.
Questione della giustizia distributiva di risorse
limitate.
Giudizio sulla futilità e razionamento sono
collegati, anche se la loro rispettiva materia è
differente.
La futilità si riferisce ad un trattamento ed alla
relazione con un paziente specifico; il
razionamento
si
riferisce
ad
una
considerazione sanitaria di cure di salute, in
generale, alla scala di un’intera popolazione.
FUTILITA’ DELLE TERAPIE
Chi ha il diritto di decidere se una determinata
cura medica è futile ?
•
Modello di autonomia del
rappresentante (Ramsey, Veatch,
paziente
Brett,
o
McCullough,
Youngner)
•
Modello di autonomia del medico
(Wreen M,
Blackhall, Johnson DH, Smith ML, Daar JF, Paris JJ, Murphy JJ,
Schreiber MD)
FUTILITA’ DELLE TERAPIE
Proposta detta di “etica preventiva” per risolvere
in anticipo i conflitti potenziali tra paziente e
medico sulla questione della futilità di un dato
trattamento.
I medici curanti già nell’ambito di cure primarie
devono prendere la responsabilità di discutere
con i pazienti le loro future decisioni circa un
trattamento considerato futile, prima che le
circostanze cliniche richiedano tali decisioni.
PUNTO DEBOLE: il modo di vedere del paziente
può essere assai diverso quando è rilassato e
senza dolore, in un ambulatorio, piuttosto che
quando si possa trovare in situazione di disagio
terribile e nella vicinanza della morte, in
FUTILITA’ DELLE TERAPIE
Etica preventiva
PUNTO DEBOLE: il modo di vedere del paziente
può essere assai diverso quando è rilassato e
senza dolore, in un ambulatorio, piuttosto che
quando si possa trovare in situazione di disagio
terribile e nella vicinanza della morte, in
un’unità di terapia intensiva.
Study to
understand prognoses for outcomes and risks
of treatment (SUPPORT ) (JAMA 1995)
Sperimentazione
clinica
controllata
Non miglioramento nella comunicazione medico-paziente
né nella conoscenza del medico circa le preferenze del
paziente riguardo la Rianimazione
FUTILITA’ DELLE TERAPIE
Alcune eccezioni:
1)
Esclusa dalla futilità la cura medica che offra
l’opportunità di realizzare una meta di vita,
anche limitata.
2)
Motivi di compassione del paziente (ad
esempio prolungamento della vita per poter
vedere un figlio o una figlia che non sono
ancora arrivati).
3)
Per il benessere soggettivo del paziente,
usando la richiesta ed il trattamento futile
come placebo (ad esempio, paziente con ca.
avanzato che esige una certa medicazione che
il medico considera futile).
FUTILITA’ DELLE TERAPIE
Quale soluzione ?
1) Medici/infermieri dovrebbero comunicare con i
pazienti e discutere con loro a proposito dei
trattamenti proposti, in modo che le decisioni
possano scaturire da un consenso tra medico e
paziente o rappresentante
2) Le discussioni dovrebbero essere iniziate
quando le circostanze lo richiedono
3) Approccio prudente, un passo alla volta
4) Non presentare ai pazienti e alle famiglie un
insieme di regole, in modo autoritario, ma
costituire con loro una relazione di nonantagonismo
FUTILITA’ DELLE TERAPIE
Quale soluzione ?
5) Aiutare i pazienti e le famiglie a “venire a
termini” coi limiti della fragilità umana e della
mortalità, accettando i limiti della medicina,
delle risorse della società e della propria
salute e vita
6) Verificare le mete del paziente e della sua
famiglia per quanto riguarda il trattamento
7) Considerare i valori del paziente e della sua
famiglia, essendo pronti ad un compromesso
LIBERTA’, AUTONOMIA E AUTODETERMINAZIONE
Nel linguaggio corrente sono ritenuti sinonimi.
Corte
Costituzionale
sentenza
438
del
23/12/2008:
l’autodeterminazione è un diritto fondamentale della persona.
Definizione di San Tommaso d’Aquino nel Prologo alla Prima Secundae
della Summa Theologiae: nesso inscindibile tra l’essere umano, in
quanto creato a immagine di Dio, e la sua capacità di
autodeterminarsi.
Principio di umanità (I. Kant): la determinazione dell’uno deve mediarsi
con quella dell’altro, secondo una legge universale di libertà
Principio di libertà (J. S. Mill): l’individuo non può assumere come guida
della sua condotta se non la sua propria felicità, cioè il piacere e
l’assenza del dolore.
LIBERTA’, AUTONOMIA E
AUTODETERMINAZIONE
“Diritto ad essere un partecipante pienamente
informato in tutti gli aspetti del prendere la
decisione medica ed il diritto di rifiutare cure
mediche non desiderate, anche se sono
raccomandate dai medici e salvano la vita”
(Schneiderman et al. 1990)
LIBERTA’, AUTONOMIA E AUTODETERMINAZIONE
Negli anni Sessanta, la denuncia di diversi abusi commessi
nel corso di sperimentazioni cliniche, compiute senza
adeguata informazione al paziente, portò ad una
revisione della relazione tra medici e pazienti allo
scopo di rispettare la persona del paziente e i suoi
diritti.
Ai medici fu chiesto di essere più attenti all’autonomia dei
loro pazienti, in particolare attraverso la pratica del
consenso informato.
L’autonomia divenne così, insieme alla non maleficenza, la
beneficienza e la giustizia, uno dei principi dell’etica
biomedica (Principles of Biomedical Ethics 1979) e si
configurò come una sfida all’autorità del medico.
L’enfasi sull’autodeterminazione risultò in una
sorta di MEDICINA CONTRATTUALE.
LIBERTA’, AUTONOMIA E AUTODETERMINAZIONE
Sergio Cotta Diritto Persona Mondo umano 1989
“la decisione del soggetto (al di là della sua discontinuità e
genericità) e quella dell’operatore non coincidono
necessariamente in tutto e per tutto. Perciò, in tale
situazione, si presenta la seguente alternativa: o il
soggetto è signore della coscienza dell’operatore o
l’operatore è signore della vita del soggetto. Si tratta
di due soluzioni ontologicamente e moralmente
inaccettabili, poiché o l’uno o l’altro dei membri del
rapporto è ridotto a un oggetto: la relazione intersoggettiva è dissolta.
Hannah Arendt saggio Sulla violenza 1970
“Il potere deriva dal fatto che si agisca di concerto. In tal
modo, la relazione non solo è salvaguardata, ma
potenziata come garanzia ed al tempo stesso limite
permanente del potere stesso”.
LIBERTA’, AUTONOMIA E
AUTODETERMINAZIONE
VANTAGGI: superato il paternalismo medico,
maggiore rispetto alla persona del paziente.
SVANTAGGI:
principio
etico
considerato
prioritario in senso assoluto, figura del medico
ridimensionata a poco più di un tecnico
specializzato a fare semplicemente ciò che il
paziente desidera.
RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL
TRATTAMENTO SANITARIO
“Rifiuto
e
rinuncia
consapevole
al
trattamento sanitario nella relazione
medico-paziente”
24 ottobre 2008 Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB)
organo consultivo della Presidenza del Consiglio dei
Ministri
Parere complesso
Con numerose postille
Testo non univoco (preferito un approccio descrittivo delle
varie prospettive rappresentate)
RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL
TRATTAMENTO SANITARIO
Definizione:
Rifiuto o rinuncia consapevole, totale o parziale, a
trattamenti sanitari non iniziati o già intrapresi
manifestata da un paziente informato e
pienamente capace di intendere e di volere, e
rivolta al medico (o all’equipe medica), titolare
di fondamentali obblighi giuridici e deontologici
e sotto la cui responsabilità il trattamento è in
atto.
RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL
TRATTAMENTO SANITARIO
Due fronti contrapposti
1)
Indisponibilità assoluta del bene vita perché
2)
ammettendo l’eticità di tale condotta si avrebbe
una sostanziale svalutazione delle persone
malate ed un deprezzamento inaccettabile della
rilevanza umana ed etica dell’assistenza
psicologica e della palliazione.
Indisponibilità relativa del bene vita, per cui il
rispetto della vita di fronte alla malattia (vista
come
aspetto
dell’esistenza)
non
è
incompatibile con la rassegnazione e quindi con
un atteggiamento moralmente corretto di
rifiuto/rinuncia del paziente
RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL
TRATTAMENTO SANITARIO
Rischio di rielaborazione in chiave soggettiva del
concetto di “miglior interesse” del paziente,
con speciale sottolineatura del “percepito”
rispetto al dato clinico obiettivo.
Quindi criterio di “miglior interesse” del paziente
deve essere non solo fatto soggettivo (il
“sapere su di sé” di cui è depositario il
paziente) ma anche fatto oggettivo e
conoscibile (di cui è depositario il medico).
RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL
TRATTAMENTO SANITARIO
L’atto di rinuncia presenta una NATURA
RELAZIONALE
e
COMUNICATIVA:
pur
esprimendo un momento di crisi o di conflitto,
la rinuncia al trattamento non si colloca
all’esterno della relazione, né determina
necessariamente la rottura della stessa.
RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL
TRATTAMENTO SANITARIO
L’autocomprensione del professionista nell’attività
di propria competenza introduce l’obiettiva
consistenza di un sapere e di certe abilità che,
se realmente qualificate, sono di per sé
giustificate: hanno un proprio insostituibile
fondamento.
RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL
TRATTAMENTO SANITARIO
Alla ricerca di un fondamento (di legittimità etica e
giuridica) dell’atto medico, esso viene ricondotto al
consenso informato del destinatario dell’atto. Uno dei
possibili problemi è la sovrapposizione concettuale tra
fondamento e fondazione.
FONDAZIONE: attiene all’esercizio pratico dell’attività
medica nel caso concreto, all’instaurarsi di quel
particolare rapporto terapeutico, riguarda gli aspetti
operativi del rapporto medico-paziente (consenso
informato)
FONDAMENTO: attiene alla dimensione obiettiva dell’agire
medico, chiama in causa la giustificazione teoretica di
un servizio professionale (attivando la riflessione
normativa etica, deontologica e giuridica); riguarda la
funzione sociale dell’attività, il suo specifico contributo
al bene comune e quindi la sua obiettiva definizione di
ruolo.
RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL
TRATTAMENTO SANITARIO
Condizione di garanzia, significa allacciarsi ad un elemento
costitutivo del reato omissivo improprio (art.40 II
comma c.p. “non impedire un evento, che si ha
l’obbligo
giuridico
di
impedire,
equivale
a
scagionarlo”). E’ “uno speciale vincolo di tutela tra un
soggetto garante ed un bene giuridico, determinato
dall’incapacità (totale o parziale) del titolare a
proteggerlo autonomamente. Quindi la funzione
specifica della posizione di garanzia è quella di
riequilibrare la situazione di inferiorità di determinati
soggetti, attraverso l’instaurazione di un rapporto di
dipendenza a scopo protettivo.
In ambito sanitario, la relazione di dipendenza equivale ad
un rapporto di protezione finalizzato alla tutela della
vita e della salute del soggetto malato (art. 2 e 32
Costituzione)
RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE
AL TRATTAMENTO SANITARIO
Due posizioni
1) Tale rapporto di protezione nasce dalla
richiesta di intervento del paziente;
pertanto, il rifiuto (o rinuncia) di una
cura, porta all’estinzione del vincolo di
garanzia che lega il paziente al medico,
con
conseguente
estinzione
dell’obbligazione terapeutica.
Quindi la posizione di garanzia è al
servizio della volontà del paziente.
RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL
TRATTAMENTO SANITARIO
La vita nel nostro ordinamento è certamente un
bene giuridico tutelato oltre che come diritto
dell’individuo anche alla stregua di un
interesse della collettività (art.32).
L’indisponibilità della vita umana viene ricavata
dall’art.5 del c.c. (disciplina degli atti
dispositivi del proprio corpo), dall’art.579 del
c.p.
(incriminazione
dell’omicidio
del
consenziente) e 580 del c.p. (incriminazione
dell’istigazione o aiuto al suicidio)
RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL
TRATTAMENTO SANITARIO
La vita rappresenta il presupposto di tutti i diritti e di tutti i
beni giuridici (cosiddetto “bene-presupposto”). Per
poter essere liberi occorre essere anzitutto vivi.
I diritti di libertà (e quindi la stessa autodeterminazione
terapeutica) si fondano e presuppongono la vita e non
possono porsi in opposizione a questa.
Il bene della vita viene tutelato non solo nella dimensione
individuale ma in una cornice solidaristica.
Il medico quindi è professionalmente chiamato ad operare
per la vita: non si tratta di una sua opzione personale o
di una preferenza morale , ma di una ben definita
esigenza ed aspettativa sociale.
RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL
TRATTAMENTO SANITARIO
L’autentica volontà libera e cosciente può
emergere solo dal dialogo e dalla relazione
(alleanza terapeutica).
Non sussiste un dovere da parte del medico di
attuazione della volontà del paziente: non solo
perchè è previsto e prevedibile un diritto di
astensione verso atti considerati, in coscienza,
contrari alle proprie concezioni etiche, ma
perché manca una norma che imponga e renda
doverosa la cooperazione attiva del medico in
questi frangenti.
QUALITA’ DELLA VITA
Termine generico contrapposto al concetto
di sacralità della vita.
La desacralizzazione della vita non può
essere ridotta semplicemente ad una
visione religiosa, ma va piuttosto riferita
a quello svuotamento di senso che un
tragico contrassegno della modernità.
CONCLUSIONI
1)Consenso deve essere autenticamente
informato, insistendo sulla sua funzione
di autorizzazione dell’agire medico
2)Evitare approcci formalistici e burocratici
3)Importanza
e
verifica
dell’effettiva
competenza del paziente nel manifestare
tale consenso nonché sulla sua capacità
di
configurare
persino
l’obiettiva
qualificazione clinica dell’agire medico
4)Importanza
dell’umanità
data
alla
relazione, cioè il complesso di capacità
relazionali ed empatia del medico
CONCLUSIONI
5) Quando, nel caso di paziente competente, in
condizioni di dipendenza, la rinuncia alle cure
richieda un comportamento attivo da parte del
medico, va riconosciuto a quest’ultimo il diritto
di astensione da comportamenti ritenuti
contrari alle proprie concezioni etiche e
professionali;
6) Importanza della posizione di garanzia del
medico che instaura un rapporto di dipendenza
a scopo protettivo finalizzato alla tutela della
vita e della salute del soggetto malato (obbligo
di solidarietà previsto dagli art. 2 e 32 della
Costituzione)
7) E’ necessario imparare ad accompagnare il
paziente lungo la malattia o verso la morte
(care) o almeno essere accanto (bedside).
CONCLUSIONI
8) E’ necessario reinstaurare un rapporto
medico-paziente
proporzionato,
equilibrato e non strumentalizzante.
9) E’ fondamentale recuperare il senso della
malattia e della morte come esperienza
totalizzante dell’uomo
10)E’
auspicabile
una
nuova
risemantizzazione del dolore, della morte
e della sofferenza perché l’uomo possa
realmente prendere atto della sua
creaturalità e della sua significanza
ontologica.
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