IL CONFINE TRA L’ASTENSIONE E L’ACCANIMENTO TERAPEUTICO L’URGENZA CHIRURGICA NELL’ANZIANO FRAGILE Presidenti: A. Leggeri, G. Liguori SOCIETA’ TRIVENETA DI CHIRURGIA Trieste, 24 settembre 2011 1)SOSPENSIONE DELLE CURE ASTENSIONE, RINUNCIA O TERAPEUTICO) (detta anche ABBANDONO In taluni casi si può configurare come EUTANASIA PASSIVA cioè “Cessazione di alcuni interventi medici che vengono definiti futili” oppure “Omissione volontaria di quegli atti proporzionati e adeguati alla situazione clinica del paziente che contribuiscono o favoriscono la morte” 2)EUTANASIA ATTIVA L’intervento attivo, diretto e programmato dei sanitari che provoca direttamente la morte. “Un’azione o omissione che di natura sua e nelle intenzioni è tale da provocare la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore” “Azione che procura intenzionalmente e nel suo interesse la morte di un individuo, la cui qualità della vita sia permanentemente compromessa da una malattia, menomazione o condizione fisica” 3)SUICIDIO ASSISTITO “Aiuto medico e amministrativo portato ad un soggetto che ha chiesto di morire tramite suicidio” 4)ACCANIMENTO TERAPEUTICO (meglio definito come “accanimento clinico” o atto straordinario) • Ostinazione in trattamenti da cui non si possa fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento della qualità di vita. • • Iniziative clinico-assistenziali sproporzionate alla condizione clinica del paziente, attuate su malati terminali da sanitari che in realtà non dispongono più di vere risorse terapeutiche (Perico 1985). Un trattamento di documentata inefficacia in relazione all’obiettivo, a cui si aggiunga la presenza di un rischio elevato e/o una particolare gravosità per il paziente con un’ulteriore sofferenza in cui l’eccezionalità dei mezzi adoperati risulta chiaramente sproporzionata agli obiettivi della condizione specifica (Manni 1996). QUESTIONI CENTRALI * SENSO DELLA SOFFERENZA E DELLA MORTE * PROPORZIONALITA’ DELLE CURE * FUTILITA’ DELLE TERAPIE * RUOLO DEI SANITARI * LIBERTA’ E CONCETTO DI AUTODETERMINAZIONE * RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL TRATTAMENTO SANITARIO * CONCETTO DI QUALITA’ E DIGNITA’ DELLA VITA * DIRITTI DELL’UOMO SENSO DELLA SOFFERENZA E DELLA MORTE Per noi occidentali sussiste una tragica connessione tra la vita e la sofferenza/morte, definita quest’ultima come una “ferita inferta all’essere”. Elaborati due paradigmi: 1) EDONISTA al male, alla sofferenza e alla morte è attribuito il carattere dell’assoluta negatività, che implica l’assoluta carenza di senso a cui si può contrapporre il piacere come unica dimensione in grado di riempire il vuoto 2) DIALETTICO nel male, nella sofferenza e nella morte, pur riconosciuti come negativi, si individua una straordinaria possibiltà di apertura al bene, attraverso un percorso che porterebbe ogni uomo a conquistare una più alta consapevolezza di sé, cioè un’identità compiutamente antroplogica. PROPORZIONALITA’ DELLE CURE Se a livello teorico e definitorio l’eutanasia, l’astensione, l’abbandono e l’accanimento terapeutico, la terapia appaiono ben definiti e facilmente distinguibili, meno semplice risulta affrontare i casi concreti. Dal punto di vista etico, un criterio utile può essere quello della PROPORZIONALITA’ DELLE CURE. Tale nozione non esclude la necessità di bilanciare i costi e i benefici dei trattamenti, rispettando però il bene integrale della persona che soffre e muore. PROPORZIONALITA’ DELLE CURE Fino a che punto è moralmente obbligatorio mettere in atto una determinata terapia o mantenere un mezzo di sostegno vitale ? In quali circostanze è possibile, o forse doveroso, interrompere l’applicazione dei rimedi terapeutici in uso? Bisogna ricorrere sempre ed a tutti i costi ad ogni possibile intervento medico che sia tecnicamente praticabile ? La distinzione tra mezzi ordinari e straordinari è puramente relativa oppure esiste una soglia assoluta oltre la quale un mezzo deve essere considerato straordinario per chiunque ? PROPORZIONALITA’ DELLE CURE Di fronte a tali domande l’affermazione dominante (a partire dal XVI secolo) è che l’obbligo delle cure si deve riferire ai soli MEZZI ORDINARI, mentre non si estende a quelli valutati come STRAORDINARI. MEZZI ORDINARI: si indicano quei mezzi che possono essere ottenuti ed usati senza gravi difficoltà e che risultano efficaci per la terapia della malattia o non ne influenzano in maniera determinante la sua evoluzione (come nel caso di malato terminale) MEZZI STRAORDINARI: tutti quei mezzi che comportano un’eccessiva difficoltà in ordine a dolore fisico, ripugnanza, costi, ecc e che risultano inefficaci per la terapia della malattia (“mezzi moralmente impossibili”) PROPORZIONALITA’ DELLE CURE ESEMPIO 1: In Letteratura si distingue alimentazione da nutrizione artificiale. Alimentazione: assunzione da parte di un organismo vivente delle sostanze indispensabili per il suo metabolismo e per le sue funzioni vitali quotidiane Nutrizione: esito di tale assunzione La nutrizione in quanto tale non può mai essere qualificata come “artificiale” perché appartiene al vivente. E’ la modalità di somministrazione delle componenti nutritive che la definisce artificiale. NA è mezzo ordinario se l’apparato digerente o il metabolismo del paziente sono funzionanti, altrimenti diventa mezzo straordinario. PROPORZIONALITA’ DELLE CURE ESEMPIO 2: paziente con carcinoma inoperabile, con prognosi di 6 mesi, dolorosissimo, affetto da diabete insulino-dipendente. L’indicazione ad usare l’insulina (per evitare coma diabetico) è da considerarsi indipendente dalla patologia tumorale concomitante. L’uso dell’insulina è pertanto da considerarsi un mezzo ordinario. Diventa straordinario qualora la sua somministrazione comporti ulteriori aggravi o non ci si trovi in stadio terminale o in stato di morte imminente. PROPORZIONALITA’ DELLE CURE La distinzione tra mezzi ordinari e straordinari: - Viene da una lunga tradizione della Teologia morale Cristiana - Criticata nei nostri tempi perché poco precisa - Oggi quasi superata - E’ debole perché non tiene conto dei progressi della medicina (inizialmente certi interventi chirurgici maggiori erano considerati straordinari a causa dei costi eccessivi, del dolore intenso post-operatorio e degli strumenti non adeguati) - Include però considerazioni etiche, coinvolge il paziente, la famiglia o il surrogato. FUTILITA’ DELLE TERAPIE Nel mondo anglofono, a partire dagli anni ’90, ha avuto successo l’espressione FUTILITA’: “inadeguatezza a realizzare uno scopo determinato o a produrre un risultato; l’inefficacia”. Tuttavia tale espressione ha acquistato, nelle questioni mediche, una connotazione etica che ne rende più difficile la definizione. In pratica, l’espressione futilità medica è venuta a designare un giudizio clinico e prudenziale in un particolare caso in fine di vita. FUTILITA’ DELLE TERAPIE Futilità medica riconosciuta fin da 3500 anni fa (Smith Papyrus, papiri di Ebers), poi attraverso Ippocrate e successivamente nella tradizione medica Occidentale. Da 25 anni, con l’emergere del principio di “autonomia” del paziente e con lo sviluppo dei moderni mezzi di rianimazione e di sostegno della vita, ha assunto anche una rilevanza morale. FUTILITA’ DELLE TERAPIE Negli anni ’70 la maggioranza delle formulazioni nella Letteratura si concentrava sui DIRITTI NEGATIVI, cioè il diritto che qualcosa non sia fatto invocando spesso il principio di autonomia del paziente per giustificare tale rifiuto. Negli anni ’80 però alcuni pazienti iniziarono a reclamare DIRITTI POSITIVI, cioè il diritto che qualcosa sia fatto, creando talora situazioni di conflitto potenziale tra medico e paziente, portando ad un aumento delle attese del pubblico per ciò che la medicina può offrire. ( erosione dell’autorità della professione medica, fascino crescente intorno ai progressi della medicina, efficacia crescente della farmacologia) FUTILITA’ DELLE TERAPIE Numerosi casi giudiziari (lawsuits) di diritti negativi: • • • • • • • Karen Quinland (New Jersey) 1975 Nancy Cruzan (Missouri) 1990 Paul Brophy (Massachussets) 1986 Baby Doe (Indiana) 1982 Baby Jane Doe (Keri-Linn)(New York) 1983 Gilgunn vs. Massachusetts General Hospital 1995 Terry Schiavo (Florida) 2005 FUTILITA’ DELLE TERAPIE Casi giudiziari di diritti positivi: • • • • • • Baby L (Parigi) 1990 Mrs. Helga Wanglie (Minnesota) 1991 Baby K (Virginia) 1994 Robert Wendal (California) 1995 Charlotte Wyatt (Portsmouth UK) 2005 Baby Luke Winston Jones (Bangor UK) 2004 FUTILITA’ DELLE TERAPIE Numerosi problemi aperti: - - - Conflitti medici-famiglie Assenza di linee di condotta professionali o istituzionali a riguardo della futilità medica Grandi differenze nell’atteggiamento riguardo dei malati cronici o terminali dei medici al FUTILITA’ DELLE TERAPIE Tentativo in Letteratura di elaborare una definizione più possibile univoca della “futilità medica”, così che essa potesse essere applicata a tutti i casi nei quali fosse sorto il problema, facilitando il processo decisionale. Tuttavia: 1) Concetto piuttosto “fluido” o “elusivo”, legato al progresso della scienza e della pratica medica 2) Giudizio essenzialmente soggettivo (differenti opinioni tra medici e tra pazienti) FUTILITA’ DELLE TERAPIE Definizione quantitativa (Schneiderman et.al): un’azione futile è tale quando non può realizzare lo scopo dell’azione stessa, indipendentemente da quante volte è ripetuta. - - - - Non si può riferire ad atto impossibile (ripristinare funzione cardiaca in paziente esangue) Non può essere confusa con non plausibile perché troppo complessa Implica più che qualche cosa di improbabile perché raro, insolito Distinto da senza speranza, perché la disperazione descrive un fatto soggettivo, mentre ci si deve riferire alla qualità obiettiva di un’azione Si può dedurre da esperienze dirette o analoghe (ad esempio, se negli ultimi 100 casi un certo trattamento è stato inutile, si dovrebbe ritenere il trattamento come futile) Manca però l’apprezzamento soggettivo della futilità da parte del paziente stesso. FUTILITA’ DELLE TERAPIE Definizione qualitativa (Schneiderman, Jecker, Jonsen) insieme di considerazioni pragmatiche sulla futilità in situazioni specifiche, basandosi sul senso comune del professionista e in relazione con la situazione particolare del paziente. E’ incluso un giudizio sulla cosiddetta “qualità della vita” del paziente. FUTILITA’ DELLE TERAPIE Molti Autori hanno cercato di determinare empiricamente la soglia che permetterebbe di definire un trattamento come futile: giudizio medico variabile da 0 a 60% (Do not resuscitate)(DNR) impossibilità a raggiungere un consenso (Kurtis, Park, Krone, Pearlman 1995). Altri Autori hanno cercato di sviluppare misurazioni quantitative biologiche rigorose per predire quali pazienti morrebbero: misurazione secondo il sistema APACHE (Acute Physiology and Cronic Health Evaluation) (Knaus, Wagner, Draper 1991). Altri studi sulla Rianimazione cardiopolmonare (Bedell 1983), sulle cure intensive neonatali e pediatriche (Kellermann 1988) e sulla terapie intensive per pazienti malattia neoplastica ematologica (Schuster 1983, Rubenfeld 1996) non hanno saputo determinare con precisione il livello di futilità. Il punto debole di tutti questi tentativi per quantificare la futilità è che il punto di vista del paziente è ignorato ed, in particolare, si ignorano le motivazioni che il paziente potrebbe avere nel suo desiderio di rimanere in vita alcuni giorni di più. FUTILITA’ DELLE TERAPIE Distinzione tra efficacia e beneficio. Non è perché un trattamento ha un effetto sul paziente, che tale trattamento fa necessariamente bene al paziente. Un trattamento potrebbe essere davvero efficace (mantiene vivo il paziente il paziente) senza beneficiare il paziente (sopravvivenza fatta al prezzo di un gravoso handicap): in tale caso si cadrebbe nella categoria della futilità (Schneiderman, Jecker, Jonsen, Veatch, Spicer). FUTILITA’ DELLE TERAPIE E.D. Pellegrino (HEC Forum 1989) Il bene del paziente è posto al centro della definizione di futilità. Nelle cure mediche il fine richiesto non è l’autocompiacimento del medico ma “il bene del paziente”. Un trattamento è considerato futile se non serve gli interessi fondamentali del paziente (PRINCIPIO DELLA BENEFICIENZA). Limite: non produce orientamenti, perché la nozione “bene del paziente “ è spesso soggettiva e confusa. FUTILITA’ DELLE TERAPIE Rapporto futilità / razionamento delle risorse. Questione della giustizia distributiva di risorse limitate. Giudizio sulla futilità e razionamento sono collegati, anche se la loro rispettiva materia è differente. La futilità si riferisce ad un trattamento ed alla relazione con un paziente specifico; il razionamento si riferisce ad una considerazione sanitaria di cure di salute, in generale, alla scala di un’intera popolazione. FUTILITA’ DELLE TERAPIE Chi ha il diritto di decidere se una determinata cura medica è futile ? • Modello di autonomia del rappresentante (Ramsey, Veatch, paziente Brett, o McCullough, Youngner) • Modello di autonomia del medico (Wreen M, Blackhall, Johnson DH, Smith ML, Daar JF, Paris JJ, Murphy JJ, Schreiber MD) FUTILITA’ DELLE TERAPIE Proposta detta di “etica preventiva” per risolvere in anticipo i conflitti potenziali tra paziente e medico sulla questione della futilità di un dato trattamento. I medici curanti già nell’ambito di cure primarie devono prendere la responsabilità di discutere con i pazienti le loro future decisioni circa un trattamento considerato futile, prima che le circostanze cliniche richiedano tali decisioni. PUNTO DEBOLE: il modo di vedere del paziente può essere assai diverso quando è rilassato e senza dolore, in un ambulatorio, piuttosto che quando si possa trovare in situazione di disagio terribile e nella vicinanza della morte, in FUTILITA’ DELLE TERAPIE Etica preventiva PUNTO DEBOLE: il modo di vedere del paziente può essere assai diverso quando è rilassato e senza dolore, in un ambulatorio, piuttosto che quando si possa trovare in situazione di disagio terribile e nella vicinanza della morte, in un’unità di terapia intensiva. Study to understand prognoses for outcomes and risks of treatment (SUPPORT ) (JAMA 1995) Sperimentazione clinica controllata Non miglioramento nella comunicazione medico-paziente né nella conoscenza del medico circa le preferenze del paziente riguardo la Rianimazione FUTILITA’ DELLE TERAPIE Alcune eccezioni: 1) Esclusa dalla futilità la cura medica che offra l’opportunità di realizzare una meta di vita, anche limitata. 2) Motivi di compassione del paziente (ad esempio prolungamento della vita per poter vedere un figlio o una figlia che non sono ancora arrivati). 3) Per il benessere soggettivo del paziente, usando la richiesta ed il trattamento futile come placebo (ad esempio, paziente con ca. avanzato che esige una certa medicazione che il medico considera futile). FUTILITA’ DELLE TERAPIE Quale soluzione ? 1) Medici/infermieri dovrebbero comunicare con i pazienti e discutere con loro a proposito dei trattamenti proposti, in modo che le decisioni possano scaturire da un consenso tra medico e paziente o rappresentante 2) Le discussioni dovrebbero essere iniziate quando le circostanze lo richiedono 3) Approccio prudente, un passo alla volta 4) Non presentare ai pazienti e alle famiglie un insieme di regole, in modo autoritario, ma costituire con loro una relazione di nonantagonismo FUTILITA’ DELLE TERAPIE Quale soluzione ? 5) Aiutare i pazienti e le famiglie a “venire a termini” coi limiti della fragilità umana e della mortalità, accettando i limiti della medicina, delle risorse della società e della propria salute e vita 6) Verificare le mete del paziente e della sua famiglia per quanto riguarda il trattamento 7) Considerare i valori del paziente e della sua famiglia, essendo pronti ad un compromesso LIBERTA’, AUTONOMIA E AUTODETERMINAZIONE Nel linguaggio corrente sono ritenuti sinonimi. Corte Costituzionale sentenza 438 del 23/12/2008: l’autodeterminazione è un diritto fondamentale della persona. Definizione di San Tommaso d’Aquino nel Prologo alla Prima Secundae della Summa Theologiae: nesso inscindibile tra l’essere umano, in quanto creato a immagine di Dio, e la sua capacità di autodeterminarsi. Principio di umanità (I. Kant): la determinazione dell’uno deve mediarsi con quella dell’altro, secondo una legge universale di libertà Principio di libertà (J. S. Mill): l’individuo non può assumere come guida della sua condotta se non la sua propria felicità, cioè il piacere e l’assenza del dolore. LIBERTA’, AUTONOMIA E AUTODETERMINAZIONE “Diritto ad essere un partecipante pienamente informato in tutti gli aspetti del prendere la decisione medica ed il diritto di rifiutare cure mediche non desiderate, anche se sono raccomandate dai medici e salvano la vita” (Schneiderman et al. 1990) LIBERTA’, AUTONOMIA E AUTODETERMINAZIONE Negli anni Sessanta, la denuncia di diversi abusi commessi nel corso di sperimentazioni cliniche, compiute senza adeguata informazione al paziente, portò ad una revisione della relazione tra medici e pazienti allo scopo di rispettare la persona del paziente e i suoi diritti. Ai medici fu chiesto di essere più attenti all’autonomia dei loro pazienti, in particolare attraverso la pratica del consenso informato. L’autonomia divenne così, insieme alla non maleficenza, la beneficienza e la giustizia, uno dei principi dell’etica biomedica (Principles of Biomedical Ethics 1979) e si configurò come una sfida all’autorità del medico. L’enfasi sull’autodeterminazione risultò in una sorta di MEDICINA CONTRATTUALE. LIBERTA’, AUTONOMIA E AUTODETERMINAZIONE Sergio Cotta Diritto Persona Mondo umano 1989 “la decisione del soggetto (al di là della sua discontinuità e genericità) e quella dell’operatore non coincidono necessariamente in tutto e per tutto. Perciò, in tale situazione, si presenta la seguente alternativa: o il soggetto è signore della coscienza dell’operatore o l’operatore è signore della vita del soggetto. Si tratta di due soluzioni ontologicamente e moralmente inaccettabili, poiché o l’uno o l’altro dei membri del rapporto è ridotto a un oggetto: la relazione intersoggettiva è dissolta. Hannah Arendt saggio Sulla violenza 1970 “Il potere deriva dal fatto che si agisca di concerto. In tal modo, la relazione non solo è salvaguardata, ma potenziata come garanzia ed al tempo stesso limite permanente del potere stesso”. LIBERTA’, AUTONOMIA E AUTODETERMINAZIONE VANTAGGI: superato il paternalismo medico, maggiore rispetto alla persona del paziente. SVANTAGGI: principio etico considerato prioritario in senso assoluto, figura del medico ridimensionata a poco più di un tecnico specializzato a fare semplicemente ciò che il paziente desidera. RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL TRATTAMENTO SANITARIO “Rifiuto e rinuncia consapevole al trattamento sanitario nella relazione medico-paziente” 24 ottobre 2008 Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) organo consultivo della Presidenza del Consiglio dei Ministri Parere complesso Con numerose postille Testo non univoco (preferito un approccio descrittivo delle varie prospettive rappresentate) RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL TRATTAMENTO SANITARIO Definizione: Rifiuto o rinuncia consapevole, totale o parziale, a trattamenti sanitari non iniziati o già intrapresi manifestata da un paziente informato e pienamente capace di intendere e di volere, e rivolta al medico (o all’equipe medica), titolare di fondamentali obblighi giuridici e deontologici e sotto la cui responsabilità il trattamento è in atto. RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL TRATTAMENTO SANITARIO Due fronti contrapposti 1) Indisponibilità assoluta del bene vita perché 2) ammettendo l’eticità di tale condotta si avrebbe una sostanziale svalutazione delle persone malate ed un deprezzamento inaccettabile della rilevanza umana ed etica dell’assistenza psicologica e della palliazione. Indisponibilità relativa del bene vita, per cui il rispetto della vita di fronte alla malattia (vista come aspetto dell’esistenza) non è incompatibile con la rassegnazione e quindi con un atteggiamento moralmente corretto di rifiuto/rinuncia del paziente RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL TRATTAMENTO SANITARIO Rischio di rielaborazione in chiave soggettiva del concetto di “miglior interesse” del paziente, con speciale sottolineatura del “percepito” rispetto al dato clinico obiettivo. Quindi criterio di “miglior interesse” del paziente deve essere non solo fatto soggettivo (il “sapere su di sé” di cui è depositario il paziente) ma anche fatto oggettivo e conoscibile (di cui è depositario il medico). RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL TRATTAMENTO SANITARIO L’atto di rinuncia presenta una NATURA RELAZIONALE e COMUNICATIVA: pur esprimendo un momento di crisi o di conflitto, la rinuncia al trattamento non si colloca all’esterno della relazione, né determina necessariamente la rottura della stessa. RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL TRATTAMENTO SANITARIO L’autocomprensione del professionista nell’attività di propria competenza introduce l’obiettiva consistenza di un sapere e di certe abilità che, se realmente qualificate, sono di per sé giustificate: hanno un proprio insostituibile fondamento. RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL TRATTAMENTO SANITARIO Alla ricerca di un fondamento (di legittimità etica e giuridica) dell’atto medico, esso viene ricondotto al consenso informato del destinatario dell’atto. Uno dei possibili problemi è la sovrapposizione concettuale tra fondamento e fondazione. FONDAZIONE: attiene all’esercizio pratico dell’attività medica nel caso concreto, all’instaurarsi di quel particolare rapporto terapeutico, riguarda gli aspetti operativi del rapporto medico-paziente (consenso informato) FONDAMENTO: attiene alla dimensione obiettiva dell’agire medico, chiama in causa la giustificazione teoretica di un servizio professionale (attivando la riflessione normativa etica, deontologica e giuridica); riguarda la funzione sociale dell’attività, il suo specifico contributo al bene comune e quindi la sua obiettiva definizione di ruolo. RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL TRATTAMENTO SANITARIO Condizione di garanzia, significa allacciarsi ad un elemento costitutivo del reato omissivo improprio (art.40 II comma c.p. “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a scagionarlo”). E’ “uno speciale vincolo di tutela tra un soggetto garante ed un bene giuridico, determinato dall’incapacità (totale o parziale) del titolare a proteggerlo autonomamente. Quindi la funzione specifica della posizione di garanzia è quella di riequilibrare la situazione di inferiorità di determinati soggetti, attraverso l’instaurazione di un rapporto di dipendenza a scopo protettivo. In ambito sanitario, la relazione di dipendenza equivale ad un rapporto di protezione finalizzato alla tutela della vita e della salute del soggetto malato (art. 2 e 32 Costituzione) RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL TRATTAMENTO SANITARIO Due posizioni 1) Tale rapporto di protezione nasce dalla richiesta di intervento del paziente; pertanto, il rifiuto (o rinuncia) di una cura, porta all’estinzione del vincolo di garanzia che lega il paziente al medico, con conseguente estinzione dell’obbligazione terapeutica. Quindi la posizione di garanzia è al servizio della volontà del paziente. RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL TRATTAMENTO SANITARIO La vita nel nostro ordinamento è certamente un bene giuridico tutelato oltre che come diritto dell’individuo anche alla stregua di un interesse della collettività (art.32). L’indisponibilità della vita umana viene ricavata dall’art.5 del c.c. (disciplina degli atti dispositivi del proprio corpo), dall’art.579 del c.p. (incriminazione dell’omicidio del consenziente) e 580 del c.p. (incriminazione dell’istigazione o aiuto al suicidio) RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL TRATTAMENTO SANITARIO La vita rappresenta il presupposto di tutti i diritti e di tutti i beni giuridici (cosiddetto “bene-presupposto”). Per poter essere liberi occorre essere anzitutto vivi. I diritti di libertà (e quindi la stessa autodeterminazione terapeutica) si fondano e presuppongono la vita e non possono porsi in opposizione a questa. Il bene della vita viene tutelato non solo nella dimensione individuale ma in una cornice solidaristica. Il medico quindi è professionalmente chiamato ad operare per la vita: non si tratta di una sua opzione personale o di una preferenza morale , ma di una ben definita esigenza ed aspettativa sociale. RIFIUTO E RINUNCIA CONSAPEVOLE AL TRATTAMENTO SANITARIO L’autentica volontà libera e cosciente può emergere solo dal dialogo e dalla relazione (alleanza terapeutica). Non sussiste un dovere da parte del medico di attuazione della volontà del paziente: non solo perchè è previsto e prevedibile un diritto di astensione verso atti considerati, in coscienza, contrari alle proprie concezioni etiche, ma perché manca una norma che imponga e renda doverosa la cooperazione attiva del medico in questi frangenti. QUALITA’ DELLA VITA Termine generico contrapposto al concetto di sacralità della vita. La desacralizzazione della vita non può essere ridotta semplicemente ad una visione religiosa, ma va piuttosto riferita a quello svuotamento di senso che un tragico contrassegno della modernità. CONCLUSIONI 1)Consenso deve essere autenticamente informato, insistendo sulla sua funzione di autorizzazione dell’agire medico 2)Evitare approcci formalistici e burocratici 3)Importanza e verifica dell’effettiva competenza del paziente nel manifestare tale consenso nonché sulla sua capacità di configurare persino l’obiettiva qualificazione clinica dell’agire medico 4)Importanza dell’umanità data alla relazione, cioè il complesso di capacità relazionali ed empatia del medico CONCLUSIONI 5) Quando, nel caso di paziente competente, in condizioni di dipendenza, la rinuncia alle cure richieda un comportamento attivo da parte del medico, va riconosciuto a quest’ultimo il diritto di astensione da comportamenti ritenuti contrari alle proprie concezioni etiche e professionali; 6) Importanza della posizione di garanzia del medico che instaura un rapporto di dipendenza a scopo protettivo finalizzato alla tutela della vita e della salute del soggetto malato (obbligo di solidarietà previsto dagli art. 2 e 32 della Costituzione) 7) E’ necessario imparare ad accompagnare il paziente lungo la malattia o verso la morte (care) o almeno essere accanto (bedside). CONCLUSIONI 8) E’ necessario reinstaurare un rapporto medico-paziente proporzionato, equilibrato e non strumentalizzante. 9) E’ fondamentale recuperare il senso della malattia e della morte come esperienza totalizzante dell’uomo 10)E’ auspicabile una nuova risemantizzazione del dolore, della morte e della sofferenza perché l’uomo possa realmente prendere atto della sua creaturalità e della sua significanza ontologica.