Tesi di Sara Ferraro, matricola n. 40864 " IL GIUDIZIO ABBREVIATO " Relatore: Chiar.mo Prof. Filippo Dinacci SINTESI: Il giudizio abbreviato è uno dei principali riti semplificati introdotti dall'ordinamento con il nuovo codice di procedura penale, allo scopo di deflazionare il dibattimento penale e garantire un'amministrazione della giustizia più celere ed efficace. Esso è stato oggetto di profonde trasformazioni, prima per l'effetto di alcune importanti sentenze della Corte Costituzionale e, poi, grazie alla Legge n. 479 del 1999 (c.d. Legge Carotti) ed altri successivi provvedimenti legislativi di minore portata. Tali innovazioni sono servite a fronteggiare la crisi della giustizia penale, permettendo un più ampio ricorso a forme di definizione del processo alternative al giudizio ordinario. L'ammissibilità del rito, anteriormente alla suddetta novella, risultava dipendente dalla richiesta dell'imputato a cui doveva fare seguito il consenso del P.M. e ad una positiva valutazione del giudice sulla decidibilità del giudizio "allo stato degli atti". Nel valutare le modifiche intervenute, deve evidenziarsi come all'imputato, nell'ipotesi di richiesta semplice, sia stato attribuito un vero e proprio diritto ad usufruire del giudizio abbreviato con la conseguente riduzione di pena in caso di condanna. Le modifiche hanno, inoltre, affermato il diritto dell'accusato di "difendersi provando" dandogli la possibilità di optare per la proposizione di una richiesta condizionata all'acquisizione di ulteriore materiale probatorio, rigettabile dal giudice (differentemente dalla richiesta semplice) qualora la stessa non sia necessaria e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento. Passando all'esame dettagliato della nuova disciplina, nel primo capitolo ho analizzato lo svolgimento del giudizio abbreviato semplice e del giudizio abbreviato complesso con la connessa esegesi dei presupposti della richiesta e delle norme relative alla disciplina dell'udienza. Il secondo capitolo è riservato al ruolo del giudice nel giudizio abbreviato. Nella prima parte della trattazione l'attenzione è posta sulla normativa relativa al giudice compatibile, al giudice competente soffermandosi, poi, sul principio dell'immutabilità del giudice. Nella seconda parte, invece, si approfondiscono i limiti ai poteri istruttori del giudice, il cui esercizio deve restare un'eccezione rispetto all'attività svolta dalle parti. I capitoli tre e quattro sono dedicati al materiale probatorio su cui si deve fondare la decisione del giudice sia nel giudizio abbreviato semplice che in quello complesso. Vengono esaminati, pertanto, gli atti contenuti nel fascicolo del P.M., nel fascicolo del difensore, ivi compresa la documentazione delle parti relativa alle indagini eventualmente espletate a seguito della richiesta di rinvio a giudizio. Nell'esaminare i parametri legali di ammissibilità dell'integrazione probatoria e del conseguente diritto del P.M. alla prova contraria, ci si è soffermati sul problema delle nuove contestazioni e della conseguente modificabilità della volontà dell'imputato di scelta del rito. L'ultimo capitolo è dedicato all'analisi della decisione e della riduzione di pena collegata alla scelta del rito. In tale prima parte, ci si focalizza, in particolare, sugli elementi probatori utilizzabili per la decisione, individuando, nell'art. 191 c.p.p., la generale disciplina di riferimento delle varie cause di inutilizzabilità ed il divieto d'uso come limite conoscitivo della verità. Il lavoro è completato dalla disciplina dell'appello, congegnata originariamente secondo limiti rispondenti alle finalità di economia processuale. Si affrontano, poi, con riguardo alle sentenze di proscioglimento le innovazioni apportate dalle leggi 479 del 1999 e 46 del 2006 sino ad arrivare all'attuale regime disegnato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 320 del 2007, che ha restituito al P.M. il potere di appellare le sentenze di proscioglimento pronunciate ad esito del giudizio abbreviato.