L`amore umano nel piano divino 1 - Il disegno di Dio

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EDUCARE ALL’AMORE
ottobre 2016 – aprile 2017
L’amore umano nel piano divino
La “Teologia del Corpo” di Giovanni Paolo II
L'uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un
essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene
rivelato l'amore, se non s'incontra con l'amore, se non lo sperimenta
e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente.
Giovanni Paolo II – Redemptor Hominis, 10
In un lungo ciclo di catechesi tenute dal 1979 al 2004, Giovanni Paolo II ha
esposto, in 133 capitoli, un pensiero organico sull’amore umano, noto come “Teologia del corpo”; ma rende meglio il titolo “L’amore umano nel
piano divino”.
Giovanni Paolo II, alla luce della Bibbia, segue un percorso composto di tre
momenti: 1) il disegno di Dio alle origini, 2) la situazione causata dal peccato, 3) la redenzione operata da Cristo.
Ma prima di inoltrarsi su questo percorso, nella prima catechesi del ciclo, fa
un’importante premessa. Nei Vangeli di Matteo e Marco i farisei chiedono
a Gesù: «È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». Mettendo la questione sul piano legalistico, cercano la regoletta che
serve a sentirsi a posto. Gesù si sottrae a questo gioco, e rinvia al principio:
«Come siamo fatti?». È questo il criterio che Gesù ci indica per orientare le
nostre azioni.
1 - Il disegno di Dio
«Come siamo fatti?». Giovanni Paolo II cerca la risposta nelle prime pagine
della Bibbia, che raccontano la creazione. Non si devono leggere queste
pagine pensando solo a un passato remoto. Ciò che la Bibbia racconta
dell’uomo prima del peccato originale, ci parla della nostra natura, la natura più profonda e vera di ciascuno di noi, uomini e donne di oggi, e di ogni
tempo.
L’essere umano è dotato di una dimensione spirituale (è l’unica creatura
del mondo sensibile capace di meraviglia, l’unica che si pone domande sul
senso della realtà). È posto da Dio al vertice del creato. È immagine di Dio.
Ma ancor più è immagine di Dio per un altro motivo: è creato maschio e
femmina. Sessuato, quindi fatto per la relazione. Perciò è immagine di Dio
che è Trinità (relazione d’amore nella profondità del Suo Mistero).
Importanza del corpo. L’uomo non è composto di corpo e anima come due
parti distinte, è un essere unitario, con due dimensioni, materiale e spirituale. Ritroviamo perciò nel corpo l’immagine di Dio. «Il corpo, infatti, e soltanto esso, – sono le parole di Giovanni Paolo II – è capace di rendere visibile ciò che è invisibile: lo spirituale e il divino. Esso è stato creato per trasferire nella realtà visibile del mondo il mistero nascosto dall’eternità in Dio, e
così esserne segno». Il corpo sessuato, con la sua anatomia maschile e
femminile, è immagine di Dio Trinità. Non c’è quindi spazio per un’etica
sessuale fondata sul disprezzo del corpo. Del resto i cristiani hanno fede in
un Dio fatto carne.
Pari dignità dell’uomo e della donna. La differenza sessuale è costitutiva
della natura umana. L’uomo è fatto per la relazione: «non è bene che
l’uomo sia solo». E la relazione umana non si trova se non in un «aiuto che
gli sia simile», la donna. La parola ebraica (kenegdô), tradotta con “simile”
indica più di una semplice somiglianza, indica uno “stare di fronte”: parità
sì, ma da una prospettiva simmetrica. È la complementarità tra l’uomo e la
donna.
Giovanni Paolo II parla anche di un significato sponsale del corpo: l’essere
umano, con la sua dimensione corporea, e fatto per il dono, e il dono raggiunge la sua pienezza nella sessualità.
Il dono d’amore tra l’uomo e la donna partecipa anche della potenza creatrice di Dio, e la manifesta, con la sua facoltà di trasmettere la vita. I figli
non sono un semplice prodotto dell’attività dei genitori, sono un frutto del
loro amore. Chi coltiva un frutto non lo costruisce, partecipa invece a qualcosa di più grande di lui. Così l’uomo e la donna partecipano misteriosamente all’attività creatrice di Dio. Quando parliamo di "mistero”, non intendiamo riferirci a qualcosa di oscuro, a tenebre che ci impediscono di vedere. Al contrario: dire che il mondo è misterioso, significa confessare che è
pieno di un significato così grande da non poter essere integralmente abbracciato dal nostro sguardo.
Il significato della sessualità umana si riassume in tre elementi: la differenza sessuale, l’unione delle persone, la trasmissione della vita, che contribuiscono a rendere l’uomo immagine di Dio.
È un disegno di grande bellezza. Se nell’uomo fosse rispettato questo disegno, non ci sarebbe nulla di sconveniente nella nudità, da cui traspare
nientemeno che la realtà divina.
2 - La realtà del peccato
Se però osserviamo la realtà, ci appare tutta un’altra storia. La comunicazione tra le persone è faticosa; la vergogna è un sentimento diffuso; l’uomo
prevarica sulla donna, che a sua volta esercita verso l’uomo una manipolazione seduttiva; c’è contrasto tra i desideri autentici del cuore e le attrattive del male; scopriamo in noi uno sguardo rapace che mira al possesso
dell’altro; tra le persone prevale la disunità. È l’innegabile evidenza della
realtà del male. Questo quadro sembra smentire la verità del disegno di
Dio descritto dalla Bibbia.
E tuttavia non è solo nel racconto biblico, è nella stessa osservazione della
realtà che troviamo segni certi del disegno di Dio. Filosofi che non conoscevano la Bibbia trovavano ragioni per affermare la grandezza dell’uomo,
la sua dignità. Ciascuno può avvertire in sé il richiamo verso la bellezza di un
rapporto uomo-donna fondato sul dono. Non è un’evidenza sfolgorante, richiede uno sguardo attento da parte di un cuore sincero e semplice (la purezza di cuore elencata da Gesù tra le beatitudini). Ma è un’esperienza reale.
C’è dunque una misteriosa contraddizione: l’uomo, l’essere più perfetto
della realtà visibile, funziona male.
La Bibbia, col racconto del peccato originale offre una spiegazione di questo mistero. Nella sua libertà, l’uomo dice “no” al disegno divino. La motivazione del “no” è nella diffidenza verso Dio. Ecco il dubbio ispirato dal tentatore: «Dio ama veramente l’uomo?». Questa diffidenza si fonda
sull’orgoglio di decidere da sé qual è il proprio bene, rifiutando di trovarlo
nel disegno di Dio.
Il quadro del male sopra tratteggiato non è un elenco di punizioni divine, è
la pura conseguenza della scelta dell’uomo. Se introduco il sospetto e la disunità, il sospetto e la disunità caratterizzeranno i rapporti con Dio, con gli
altri, con me stesso. Sospettando di Dio, non mi accorgo che tutto il creato
è dono, e per soddisfare il mio desiderio delle creature, penso di impossessarmene.
Gli effetti di questa situazione sulla sessualità umana seguono a catena.
Senza la logica del dono, il desiderio diventa concupiscenza: non un desiderio eccessivo, ma un desiderio rapace. Il corpo dell’altro non è dono, ma
oggetto di conquista. Oscurato il significato sponsale, il nostro stesso corpo
appare sconveniente. Incapaci di scorgervi l’immagine del divino, interpretiamo la sessualità umana come quella animale: un cedimento all’istinto,
giustificato solo dalla necessità di riprodursi. Magari tentiamo di sublimarla
con il sentimento. Ma in genere prevale la vergogna, anche perché intuiamo nell’altra persona il nostro stesso sguardo rapace e irrispettoso. Non si
tratta soltanto di pudore sessuale, è diventato più difficile parlarsi, comunicare se stessi, scoprire la propria intimità affettiva e spirituale. Questo crea
problemi nell’intesa tra gli sposi. La donna è dominata e resa proprietà, asservita e privata di capacità giuridica, usata dall’uomo per garantirsi una discendenza, o per placare le proprie pulsioni sessuali. La contraccezione,
presentata come strumento di liberazione della donna, spesso serve solo
ad adattare farmacologicamente i ritmi femminili alle esigenze maschili. A
sua volta la donna è capace di attuare un dominio diverso e più sottile,
sfruttando il desiderio sessuale dell’uomo per manipolarlo con la seduzione e così raggiungere i propri scopi, materiali o sentimentali. Invece che
luogo dell’incontro e del dono, il matrimonio diventa luogo del reciproco
utilizzo.
Una morale legalistica si limita a condannare come adulterio la relazione
extraconiugale. Ma Giovanni Paolo II, alla luce delle parole di Gesù nel discorso della montagna – «chiunque guarda una donna per desiderarla, ha
già commesso adulterio con lei nel suo cuore» – ci mette sull’avviso:
l’adulterio del cuore sta nello sguardo concupiscente, e può esistere anche
se quello sguardo è rivolto al proprio coniuge.
3 - La redenzione
Col peccato abbiamo perduto, insieme all’innocenza originaria, la capacità
di realizzare in noi il disegno di Dio. Di questo disegno l’uomo avverte tuttora le tracce, come un paesaggio intravisto nella nebbia. Ma non è capace
di attuarlo, perché ostacolato dalla concupiscenza.
Con i sacramenti, e in particolare col sacramento del matrimonio, Gesù ci
offre il rimedio alla concupiscenza. Non perché venga autorizzato l’uso del
letto coniugale come valvola di sfogo per gli istinti, e neppure perché i problemi causati dal peccato svaniscano. La Grazia, se accolta dagli sposi, dà
loro la forza di superare i problemi, e di vivere secondo il progetto di Dio.
Così la sessualità umana può ridiventare immagine della Trinità.
Ma Gesù fa di più. Cristo è lo sposo, che ama la propria sposa (la Chiesa) di
un amore esclusivo, fino al sacrificio sulla croce. Col sacramento del matrimonio l’unione degli sposi diventa segno dell’amore tra Cristo e la Chiesa.
Ciò avviene proprio con l’unione fisica, unione necessaria perché il sacramento sia compiuto.
D’altra parte, l’amore di Cristo per la Chiesa diventa il modello per l’amore
degli sposi. In questa logica sacramentale, le parole di S. Paolo (Ef. 5,22-28)
sulla sottomissione non propongono l’asservimento della donna all’uomo,
ma invitano uomo e donna alla sottomissione reciproca, al dono di sé fino
al sacrificio, sotto la legge dell’amore. Il matrimonio diventa via per la santità, anche e in particolare con l’unione sessuale. Gli sposi si santificano
non “malgrado la sessualità”, ma proprio “grazie alla sessualità”.
Un vincolo carnale, attraverso la catena delle generazioni, unisce tutta l’umanità in
una grande famiglia solidale, una comunione nel bene (e purtroppo, col peccato,
anche nel male).
Cos’è un vincolo carnale? Un padre e un figlio potranno restare lontani per anni, potranno amarsi, o sopportarsi o perfino odiarsi, in tutti i casi tra loro esiste un legame
che nessuno potrà mai annullare. È un vincolo carnale. Non è un legame psicologico, né sentimentale. Ma non per questo è superficiale. Ciò che tocca la mia carne
tocca la mia anima, e può giungere più in profondità di ciò che colgo con la riflessione.
Col mistero dell’incarnazione, Dio diventa uomo, assume la carne umana. Non ci
salva innanzitutto con la predicazione di una saggezza o un esempio di virtù, ma
entrando in quella solidarietà umana fatta di vincoli carnali e facendovi circolare la
vita divina. La massa di perdizione che noi formiamo nel peccato diventa Corpo mistico di Cristo e comunione dei santi.
La sessualità umana è immagine della vita intima della Trinità. L’unione sessuale
degli sposi diventa sacramento dell’unione di Cristo con la Chiesa. Il letto nuziale
diventa l’altare attraverso cui la Grazia raggiunge gli uomini.
LA SCALA DELL’AMORE
L’amore è sentimento? Vediamo cosa ne pensa Giovanni Paolo II.
Ci sono quattro stadi progressivi della relazione, come i gradini di una scala.
- Primo gradino: l’attrazione sensuale. Al centro sta la mia soddisfazione
personale, ma a differenza di altre pulsioni, il desiderio sessuale spinge alla
relazione, quindi è importante perché porta ai gradini successivi.
- Secondo gradino: il sentimento. La persona mi ispira simpatia, tenerezza,
ammirazione, perfino passione. È l’innamoramento. Ma attenzione! più che
alla persona, sono interessato ai sentimenti che la persona evoca in me.
Non è sufficiente per costruire una coppia solida. Al sentimento non si comanda, fra un mese o fra un anno, o molto più tardi, il sentimento potrà
modificarsi. Anche la persona amata potrà cambiare. Anche io. Non possiamo promettere una cosa che non dipende da noi. Ci vuole una base più
solida, che troviamo nel …
- … terzo gradino: scopriamo nell’amato un bene in sé, anche se col tempo
le persone cambiano, e i sentimenti anche. Solo questo è l’amore. Non accade, è una scelta. Solo così un “sì” può durare tutta la vita. Che se ne renda conto o no, chi ama davvero guarda alla persona amata con lo sguardo
di Dio: l’amore parla di Dio.
- Se ci si rende conto di ciò, si raggiunge il quarto gradino: scoprire che il
valore della persona amata ha origine in Dio, che la persona amata è dono
di Dio. Per il cristiano la promessa del “per sempre” si fonda su Dio.
LA CASTITÀ
 La castità è lo stile della sessualità vissuta cristianamente. Potrebbe essere definita “purezza di cuore”.
 La parola “castità” è comunemente intesa come rinuncia ai rapporti sessuali, ma non è così: anche gli sposi sono chiamati a vivere nella castità la
loro intimità sessuale.
 Castità significa mantenere gli istinti, i sentimenti, la volontà, sempre al
servizio dell’amore.
 Non sempre è facile, occorre autocontrollo, per non farsi comandare dalla concupiscenza. Ma il dominio su di sé non è la castità, è solo un mezzo.
Se ne facciamo un fine, produce solo frustrazione.
 La castità trasforma l’incontro sessuale da “incontro dei corpi” a “comunione delle persone”.
 La castità, per il cristiano, è l’arte d’amare.
Appendice - Lo scenario
L’insegnamento del Papa non giunge in un deserto, ma si confronta con altre proposte, varie e contrastanti. Eccone per sommi capi lo scenario.
Sul significato della sessualità umana si confrontano tre pensieri.
1) Un pensiero puritano: Il sesso è una dimensione umana spregevole e
vergognosa, tollerata solo perché necessaria alla procreazione.
2) Un pensiero libertario e individualista: qualunque cosa è lecita, se basata sulla libera scelta dei soggetti interessati, e se si fa attenzione alla
sicurezza (da malattie e da gravidanze). Risuona in questo pensiero (ma
anche in quello precedente) un’eco delle conseguenze del peccato.
3) Dopo un’epoca puritana, la riflessione cristiana riscopre il significato relazionale del sesso.
Si contrappongono poi due concezioni dell’uomo.
1) Concezione dualista (gnostica). Spirito e corpo sono due realtà distinte.
L’uomo è uno spirito che abita in un corpo: «Io ho un corpo». Questa visione è funzionale sia alla morale puritana (permettendo il disprezzo del
corpo da parte dell’anima, vista come realtà più nobile), sia all’etica libertaria (giustificando l’uso del corpo da parte della mente).
2) Concezione unitaria. L’uomo è una realtà inscindibile, dotata di una dimensione materiale e una dimensione spirituale: «Io sono il mio corpo».
Il corpo merita rispetto, perché ciò che è fatto al corpo è fatto alla persona. È l’immagine proposta dalla Bibbia, ma anche dal senso comune, e
da una parte importante della filosofia (Aristotele, Tommaso d’Aquino).
Infine si confrontano due visioni morali.
1) Morale naturale: esiste un senso, un disegno nella realtà. Vanno cercate
le tracce di questo disegno. «Giusto» è ciò che rispetta questo disegno.
Questa visione è propria di chi crede che l’uomo è creatura.
2) Morale relativista e utilitarista: non esiste alcun disegno, l’uomo è il risultato del caso e dell’evoluzione. Non c’è nulla che sia giusto in sé. Per i
comportamenti ci si fa guidare unicamente dall’utilità. Ma se chiediamo:
«utile a cosa?», la domanda resta senza una risposta soddisfacente, in
mancanza di un obiettivo, di un fine che abbia valore in sé stesso. Il relativismo è funzionale all’etica libertaria, ma implica una deprimente prospettiva nichilista, che vieta di sperare in un senso dell’esistenza.
Per completare il quadro accenniamo all’ideologia del gender. Ai princìpi di questa ideologia, sempre più, si ispirano messaggi mediatici, costumi
e leggi. Per definire l’identità di una persona, il pensiero gender sceglie il
genere (in inglese “gender”, cioè il sesso psicologico e sociale), attribuendo
scarso significato al sesso corporeo. È quindi un pensiero basato su una
concezione dualista (gnostica) dell’uomo.
I ruoli assegnati all’uomo e alla donna, piuttosto che essere collegati al sesso corporeo, sono attribuiti alle influenze culturali, perciò possono essere
contestati, rielaborati e affidati alla libera scelta degli individui.
Questo ragionamento può contenere frammenti di verità, ma l’ideologia
non si accontenta dei frammenti, reinterpreta totalmente la realtà: nega
l’importanza della differenza sessuale, e preferisce l’identità di genere (che
il soggetto percepisce e, al limite, sceglie), rispetto all’identità sessuale
(che il soggetto riceve). Su questa base pretende di assegnare qualsiasi
ruolo, perfino il ruolo paterno e quello materno.
Si potrebbe pensare che sia una prepotenza obbligare un individuo ad attenersi alla realtà data, e che ciascuno dovrebbe essere libero di scegliere
l’identità che avverte più adatta a sé. Ciò è possibile solo considerando il
soggetto come un individuo isolato e ignorando l’esistenza di legami tra le
persone. Ma questi legami esistono, ciò che decido di me coinvolge anche
gli altri: nel caso dell’omogenitorialità, ad esempio, due persone, sulla base
della loro percezione individuale, di fatto impongono a un bambino, senza
il suo permesso, un’identità sociale (“figlio di due uomini”, o “figlio di due
donne”) che non è quella reale. Richiedendo invece di attenersi al principio
di realtà, la legge non fa altro che tutelare il diritto del bambino. Il pensiero
gender è necessariamente un pensiero individualista e relativista.
Quanto detto su questo confronto di idee può sembrare un discorso astratto, poco pratico. Ma se osserviamo i fatti, ci troviamo molti segni
dell’influenza concreta di queste idee. Esse hanno rilevanza esistenziale:
sono fortemente collegate alle scelte vissute e le condizionano, anche se
spesso è un condizionamento inconsapevole. Inoltre hanno rilevanza sociale: a seconda delle scelte prevalenti, resistono o cedono i collegamenti
sesso-matrimonio, sesso-procreazione e procreazione-matrimonio, che
sono elementi di tenuta delle società umane.