pubblicazioni L’infermiere nella relazione con il paziente con sclerosi multipla Laura Aletto, Segretario Collegio IPASVI Milano Lodi L’ infermiere che si prende cura del malato affetto da SM si trova ad affrontare una vasta e variegata serie di problematiche tipo assistenziale correlabile alle disfunzioni fisiche ma anche a quelle legate alla dimensione psicologica. La sclerosi multipla è la malattia più conosciuta rientrante nel quadro più vasto delle patologie demilinizzanti ad etiologia, per alcune, ancora sconosciuta. La sclerosi multipla (SM) è una malattia cronica e degenerativa del SNC caraterizzata dalla perdita della mielina con relativo risparmio dell’assone e con proliferazione dell’astroglia responsabile delle placche. Le aree di demielinizzazione, disseminate nel cervello e nel midollo spinale, si sostanziano in sintomi e segni neurologici multipli e variabili. I disturbi neurologici spesso si accompagnano a disturbi psichici altamente variabili sia da paziente a paziente sia nello stesso paziente, a seconda della fase di malattia. Attualmente si rafforza sempre di più l’origine immunologica della malattia anche se si è postulata la possibilità di una infezione virale latente. La malattia è più diffusa nei climi temperati che nei climi tropicali e colpisce le donne con frequenza cinque volte maggiore degli uomini e generalmente viene diagnosticata tra i 20 e i 40 anni. Il decorso è molto variabile, non prognosticabile e, nella maggior parte dei pazienti remittente. Alcuni pazienti presentano deficit minimi e possono continuare la maggior parte delle normali attività quotidiane, altri presentano delle limitazioni moderate, altri ancora presentano degli attacchi che li rendono rapidamente inabili, in altri, soprattutto nei casi che esordiscono nella mezza età, il decorso è lentamente progressivo. La diagnosi è essenzialmente clinica, ma può essere supportata dall’esame del liquor, che evidenzia un aumento delle gamma-globuline IO INFERMIERE - N.4 /2004 (specie IgG) e la presenza delle bande oligoclonali di IgG, dalle indagini elettrofisiologiche, che documentano alterazioni dei potenziali evocati, e dalla RM, che individua le aree di placche. I sintomi che caratterizzano la malattia sono numerosi ed hanno un diverso impatto sulla vita del paziente: facile stancabilità: la soggettiva sensazione di stanchezza e mancanza di energia è un sintomo frequente che interferisce pesantemente con la consueta attività quotidiana e che talvolta rappresenta la modalità di esordio della malattia. Spasticità: è uno dei sintomi più debilitanti che interessa prevalentemente i muscoli antigravitari (tricipite surale, quadricipite femorale..). In una certa fase la spasticità può essere utile in quanto supplisce all’ipostenia consentendo la deambulazione, nelle fasi più avanzate essa comporta un grande dispendio di energia per realizzare le attività motorie quotidiane. Inoltre durante la notte si possono verificare degli spasmi fasici estremamente dolorosi. Disturbi visivi: in prevalenza il paziente segnala diplopia, indebolimento della vista e frequentemente dolore oculare. Tremore: vi sono diversi tipi di tremore ed il più disturbante è sicuramente il tremore d’azione conseguente a lesioni cerebellari. In alcuni pazienti il tremore può essere il sintomo più disabilitante, inoltre è spesso influenzato dagli stati emotivi. Diestesie e dolore: anche se la SM è generalmente considerata una malattia che non comporta dolore, un attento esame della letteratura ha evidenziato che circa 2/3 dei pazienti presentano sindromi dolorose nel corso della malattia. Inoltre molti pazienti sono fortemente disturbati da disturbi sensitivi positivi, come la sensazione di costrizione agli arti e al tronco, le diestesie e i bruciori. Molti sono i pazienti che lamentano lombalgie, dolori al collo alla schiena e cefalea. 25 Disfunzione urinaria: un sintomo costantemente presente nelle fasi avanzate della malattia che si può sostanziare in tre principali tipi di alterazione: alterazione del riempimento vescicale, dello svuotamento vescicale e una combinazione dei due tipi di alterazione. Disfunzione intestinale: la stitichezza è molto frequente specie nei pazienti disabili e può essere peggiorata dal fatto che tendono a bere poco per i problemi di incontinenza. Alterazioni della sfera sessuale: frequente complicanza della fase avanzata della malattia; le stime di prevalenza più attendibili danno valori variabili tra il 30 e il 50%. Sono quasi costantemente associati ai disturbi urinari e quando sono dissociati da quest’ultimi è assai probabile pensare ad una origine psicogena. Disturbi parossistici: questi sintomi sono fortemente disturbanti ma fortunatamente tendono a risolversi spontaneamente ed includono la nevralgia del trigemino, le crisi motorie toniche distrettuali, il segno di Lhermitte e le crisi epilettiche. Disturbi affettivi e cognitivi: sono assai frequenti nelle fasi avanzate di malattia; una vera demenza colpisce non più del 10% dei pazienti, ma alterazioni lievi/moderate sono presenti in circa il 50% dei casi. Sia i disturbi cognitivi che la depressione possono interferire con la compliance ai trattamenti. Per fronteggiare questa variabilità di disturbi che tendono a divenire persistenti ed ad accentuarsi vi sono diversi interventi di tipo terapeutico che agiscono in modo specifico su un determinato sintomo o gruppo di sintomi, altri agiscono in modo più generale e aspecifico sulle fibre nervose riducendo i blocchi di conduzione. In genere l’approccio alla Sclerosi multipla è multidiscipliare, si ritiene che il gruppo di lavoro completo consista delle seguenti figure professionali: medico, infermiere, terapisti della riabilitazione, psicologo, logopedista, terapista occupazionale e assistente sociale. Accanto ai trattamenti di tipo farmacologico e fisiatrico, è di fondamentale importanza l’assistenza infermieristica di natura relazionale con interventi informativi e psicoeducativi. Bisogna considerare che l’attività di tipo relazionale, che quotidianamente ricopre una grossa fetta del lavoro infermieristico, richiede un consistente impegno psicologico, una indubbia disponibilità umana e una comprensione del 26 bisogno. Uno dei momenti importanti è la relazione che si instaura col malato al momento della comunicazione della ipotesi diagnostica e della sua definitiva conferma, nonché della prognosi. Sempre più spesso l’infermiere si trova quindi a dovere supportare sia il paziente che i famigliari bisognosi di fronteggiare questa nuova realtà, infatti dalla gestione di questo momento iniziale dipende la qualità di tutta la relazione futura tra paziente e personale sanitario. Il paziente affetto da SM è una persona che si sente minacciata nella sfera socio-affettiva e nelle abilità comportamentali e relazionali che l’instaurarsi della malattia rende inadeguate. Gli handicap fisici legati alla malattia, che creano una nuova condizione di vita, comunque diversa e/o limitata rispetto a quella vissuta prima, permettono l’instaurarsi di una condizione psicologica negativa. Spesso il paziente nutre grosse preoccupazioni, fa dei “brutti pensieri” rispetto al suo futuro e questa condizione psicologica è tanto più riconoscibile quanto più vengono esternate quelle difese psicologiche (isolamento, apatia..) che sono funzionali al solo “auto-commiseramento”. L’infermiere rappresenta una figura fondamentale perché contribuisce ad instaurare un rapporto improntato all’ascolto, alla comprensione dei bisogni, al coinvolgimento. Compito dell’infermiere non è guarire ma migliorare la conoscenza della persona e di tutti i familiari sulla malattia e i suoi disturbi, motivare e migliorare l’accettazione dei trattamenti, alleggerire il “senso di peso”, identificare i fattori stressanti e supportare i familiari che a volte si sentono oppressi dal senso di colpa per atteggiamenti di irritabilità. Realizzare una efficace relazione d’aiuto con il paziente affetto da SM è un obiettivo che richiede accanto a doti umane, la padronanza della comunicazione verbale e non verbale; difatti l’analisi e l’osservazione del comportamento non verbale è un indiscutibile contributo alla pianificazione assistenziale. Un problema pesantemente avvertito dal paziente affetto da SM è l’incrinarsi della fiducia e della stima in se stesso legati proprio ai progressivi effetti debilitanti della malattia; la persona sperimenta la perdita del proprio controllo in molti campi, l’incertezza continua circa le sue condizioni fisiche, che possono variare all’interno IO INFERMIERE - N.4 /2004 della stessa giornata in modo sensibile, la necessità di dover chiedere aiuto e l’incapacità di rispettare gli abituali ruoli familiari. L’infermiere deve promuovere una adeguata immagine del sé ma anche un’accettazione realistica delle attuali limitazioni e in questo senso ci viene in aiuto il far partecipare il paziente alla pianificazione dell’assistenza stabilendo con lui obiettivi possibili e realistici così da mantenere la speranza. Risulta altrettanto importante scoraggiare i comportamenti di dipendenza eccessiva e stimolarlo a curare il proprio aspetto riportando la persona ad un concetto del sé positivo. L’azione infermieristica deve anche infondere sicurezza e fiducia nel paziente che vede minata la sua capacità di svolgere le normali attività di vita quotidiana, deve aiutarlo a trovare modi diversi per svolgere le azioni ed insegnargli ad utilizzare ove necessario gli ausili. A questo proposito è importante ricordare che, per quanto riguarda l’uso degli ausili, specie per la deambulazione, vi sono due atteggiamenti frequenti: per alcuni usare un ausilio significa “essere handicappati” ed enfatizza ai loro occhi la realtà della loro disabilità; altri vorrebbero tutto quanto è disponibile, molto probabilmente perché nutrono poca fiducia nelle proprie disponibilità e capacità, talvolta è anche una scelta che può portare ad evidenziare l’handicap, dando alle persone dei vantaggi che vanno al di là di quelli diretti. È un dato di fatto che questo tipo di malattie croniche ha un effetto devastante sulla famiglia oltre che sulla persona colpita. I famigliari rappresentano il sistema principale di sostegno per la gran totalità dei malati pertanto vanno sostenuti e coinvolti nella pianificazione dell’assistenza. Il nostro intervento deve coinvolgere non solo IO INFERMIERE - N.4 /2004 il paziente ma anche la famiglia per favorire la maggiore partecipazione possibile del paziente agli abituali ruoli o all’identificazione di nuovi ruoli che rivestano per lui un valore. Infatti i deficit fisici non impediscono certo alla persona di assumere un ruolo all’interno della famiglia. Un ulteriore problema, per il malato ma anche per i famigliari, è la difficoltà nell’organizzare il tempo per soddisfare le richieste della vita quotidiana. In presenza di disabilità il tempo da dedicare alle varie attività deve essere riconsiderato: ci vuole più tempo per vestirsi, più tempo muoversi, insomma più tempo per tutto. Si pensa di riuscire, e a volte, si vogliono fare le stesse cose che si facevano prima, ma ci si rende conto che non si riesce, vuoi per la maggior difficoltà e la lentezza di alcuni movimenti, vuoi per la stanchezza. Pertanto anche l’infermiere che si prende cura di queste persone deve riconsiderare il concetto di tempo e porsi senza la “fretta” che a volte accompagna le nostre attività, e questo non solo significa evitare frasi del tipo ”su, si muova” o “ forza che ci aspettano al servizio di fisioterapia” ma, anche evitare atteggiamenti che veicolano questo messaggio. Il paziente inoltre avverte che la difficoltà, la mancanza di energia gli chiedono di modificare i ritmi di vita ma nel contempo avverte il bisogno di essere efficiente. È importante che l’infermiere aiuti il paziente e i familiari a pianificare questi cambiamenti, ad utilizzare meglio il suo tempo ed a trovare i ritmi a lui più consoni, bilanciando i momenti di attività con momenti di vero riposo ed imparando a riconoscere il proprio limite di tolleranza delle attività. In conclusione la presa in carico di una persona affetta da SM rappresenta un impegno complesso che va al di là dell’assicurare semplici prestazioni basate sul tecnicismo di per sé sterili e mai appaganti ma che richiede competenze relazionali adeguate, perché non dimentichiamo che è proprio la relazione interpersonale a connotare l’assistenza infermieristica ed a permetterci di coinvolgere ed aiutare la persona a raggiungere i migliori risultati possibili. Bibliografia Atti convegno “Approccio terapeutico interdisciplinare del paziente con sclerosi multipla” Accademia Nazionale di Medicina Devetac, Neurologia e scienze di base, Cea edizioni 27