Relazione tema A - INFN-LNL

TEMA A: ACCELERATORI DI PARTICELLE. INTRODUZIONE.
Laboratori Nazionali di Legnaro-INFN
Francesco Campagna-L.S. Fermi Padova
CHE COS’E’ UN ACCELERATORE?
Un acceleratore di particelle è una macchina in grado di produrre fasci di ioni o particelle subatomiche cariche aventi un’elevata energia cinetica.
Lo scopo di tali macchine è quello di far collidere i fasci contro dei bersagli per studiarne le caratteristiche, osservare i danni o per conferire determinate caratteristiche al target stesso.
Alcuni esempi di applicazioni Target biologici Target elettronici Target nucleari TIPI DI ACCELERATORI
ACCELERATORI
CIRCOLARI
LINEARI
Elettrostatici All’ interno dei tubi acceleranti deve essere prodotto il vuoto
A radiofrequenza (RF) In generale un acceleratore di particelle è costituito da alcuni elementi fondamentali per:
• Diagnosticare (sistemi BPM, Faraday cup coassiali,…)
• Focalizzare (quadrupoli)
• Piegare (dipoli, magneti d’analisi)
il fascio.
ACCELERATORI ELETTROSTATICI (MAX 15 MeV)
Sorgente di ioni
3 componenti fondamentali
Colonna accelerante
La d.d.p. è costante
Sistema per trasportare gli ioni
+
Quando vengono estratti gli ioni dalla sorgente da un elettrodo estrattore, questi vengono inseriti nella colonna accelerante, che può essere considerata come una grande pila.
Punte regolatrici (per energie fisse)
Elevata d.d.p.
Placca sensibile ‐
Colonna accelerante
Come si produce alta tensione
Esistono vari metodi
Metodo della cinghia
I 2 elementi della cinghia sono
conduttori ma separati da un
materiale isolante. Delle punte
trasferiscono per induzione,
cariche di un generatore sulla
cinghia.
Questa,
salendo,
aumenta il potenziale del
terminale.
UN ESEMPIO: TANDEM
Nell’acceleratore tandem gli ioni con carica ‐1
vengono attratti da un potenziale positivo posto al
centro della cavità accelerante. All’interno del
terminale è presente un foglio in carbonio (stripper)
che toglie due o più cariche negative agli ioni, i quali
vengono respinti per forza di coulomb.
Si sfrutta un’unica d.d.p. per aumentare l’energia del fascio
E = V + qV
Tema A:Acceleratori di particelle
Cavità risonanti a RF
Revello Filippo‐L.S. G.D. Cassini
Simonetti Paolo‐L.S. A.Orsini Come si accelerano le particelle?
•
•
•
Dato che le particelle da accelerare sono sempre cariche elettricamente, per incrementare la loro energia cinetica si sfruttano campi elettrici.
Questi possono essere di due tipi: statici e variabili nel tempo.
L’utilizzo degli uno o degli altri permette di ottenere fasci con caratteristiche diverse; in particolare i campi elettrostatici hanno una grossa limitazione per quanto riguarda le energie raggiungibili. Pertanto il loro impiego dipende dall’obbiettivo .
Caratteristiche dei campi statici
•
•
•
Le particelle attraversano la d.d.p. una sola volta, e siccome la d.d.p innesca scariche al di sopra di un certo valore, queste raggiungono energie massime nell’ordine dei MeV. ( K=V*q)
Il terminale carico deve essere isolato dall’ambiente sempre a causa dell’elevata d.d.p. che viene instaurata.
Tuttavia consentono di variare l’energia in maniera molto accurata.
Campi dinamici (RF)
•
•
•
•
•
I campi variano ciclicamente in funzione del tempo ad altissime frequenze (ordine dei GHz).
Pertanto le particelle in fase con i campi risentono sempre di un potenziale favorevole e continuano ad accelerare. Di conseguenze si possono raggiungere energie teoricamente illimitate.
Non necessitano di isolamento elettrico in quanto i campi rimangono all’interno delle cavità acceleranti.
Il fascio deve essere sincronizzato col campo.
Particelle residue non volute (non in fase) non vengono accelerate e quindi il fascio rimane “pulito”
Le cavità risonanti
•
•
•
Le cavità risonanti a RF sono le componenti dell’acceleratore in cui sono presenti i campi elettrici variabili.
Una cavità è un dispositivo di volume chiuso costituito da pareti completamente conduttrici nel quale vengono propagate onde elettromagnetiche che generano i campi. Le condizione più vantaggiosa è quella di risonanza, possibile solo a determinate frequenze.
Nella nostra attività di laboratorio abbiamo costruito una cavità di prova di cui abbiamo determinato i parametri fondamentali.
La nostra esperienza
•
•
•
•
Abbiamo costruito una cavità di prova con un cilindro cavo e due dischi forati, utilizzando accorgimenti per rendere le pareti conduttrici.
In seguito abbiamo calcolato teoricamente alcune frequenze di risonanza e le abbiamo confrontate con i dati sperimentali.
Utilizzando questi dati abbiamo ricavato i fattori di merito relativi alle diverse frequenze di risonanza e le corrispondenti energie immagazzinate dalla cavità.
Infine abbiamo eseguito una mappatura del campo elettrico all’interno della cavità.
2,405  c
f0 
2r
fn 
 nc 
f 

 2h 
2
2
0
Da cui abbiamo ricavato,in combinazione con le
misure sperimentali:
n
F.Teorica (GHz)
F.Sperimentale
(GHz)
Discrepanza
0
2,3453
2,3207
1,05%
1
2,9944
2,9663
0,94%
2
4,4005
4,3991
0,03%
3
6,0575
F.P.
‐‐‐
Fattore di Merito
Il parametro di qualità Q descrive l’efficienza della cavità e
può essere determinato con il Network Analyzer, e si ricava
con
f
Q
o
f 2  f1
dove f2 ed f1 sono le frequenze dell’onda quando il rapporto tra
l’intensità dell’onda trasmessa e quella inviata è minore di 30dB
rispetto a quello che si ottiene con f0. Per la frequenza di risonanza
fondamentale della nostra cavità Q=161,9. Questo dato si può
utilizzare per ricavare l’energia U immagazzinata nella cavità,
secondo la
2  f U
Q
Pd
Dove Pd rappresenta la potenza dissipata per effetto Joule.
Nel nostro caso U= 4,00 pJ
Misure del campo longitudinale
•
•
Per misurare l’andamento del campo elettrico longitudinale all’interno della cavità, abbiamo utilizzato la tecnica del bead pulling. Consiste nell’inserire un piccolo oggetto isolante nella cavità, cambiandone la posizione, per misurare la variazione della frequenza di risonanza.
Questo accade perché l’oggetto all’interno perturba il 3  Vsfera   1
f  f0
campo,secondo la relazione 
0  E2

4 U   2
f0

Dove
è la costante dielettrica relativa,che nel nostro
caso vale 2,1 e
quella del vuoto, 8,85 pF/m
0

Primo modo di risonanza
Frequenza(GHz)
2,290
Distanza da un
bordo(cm)
2,288
2,286
Frequenza(G
Hz)
2,284
2,282
2,280
1
2
3
4
5
6
7
Nel grafico a sinistra è
riportato l’andamento
delle frequenze di
risonanza nel primo
modo di risonanza col
campo perturbato in
diverse posizioni. Il
valore è praticamente
costante e,utilizzando
la relazione di prima si
deduce che lo è anche
il campo.
Questa immagine
invece è una
simulazione
vettoriale in 3d del
campo elettrico
nelle medesime
condizioni, e anche
qui si vede come il
questo rimane
costante
longitudinalmente.
Questa è sempre
una simulazione
vettoriale in 3d della
medesima
configurazione,che
mostra il campo
magnetico. Notiamo
come queste linee di
campo siano sempre
perpendicolari a
quelle del campo
elettrico.
Secondo modo di risonanza
Modulo del campo elettrico (V/m)
60
50
40
Modulo del
campo
elettrico (V/m)
30
20
10
Modulo del
distanza
dal
campo
elettrico(V/m)
bordo(cm
)
56.24
0
45.95
1
37.24
2
29.19
3
22.06
4
34.88
5
39.36
6
47.21
7
56.43
8
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
Distanza(cm)
Questo grafico mostra il modulo
del campo elettrico longitudinale
sull’asse della cavità in funzione
della distanza dal bordo nel
secondo modo di trasmissione.
L’intensità del campo è minima al
centro e massima ai bordi.
Confronto con simulazione
campo elettrico(V/m)
60
50
40
30
campo
elettrico(V/m)
20
10
0
1
2
3
Distanza (cm)
4
5
6
7
8
9
Campo elettrico nel
secondo modo di
risonanza, simulato al
computer con HFFS.
Campo magnetico nella
stessa configurazione.
Anche il modulo del
campo magnetico ha un
massimo presso i bordi
ed un minimo al centro.
Conclusioni
•
•
•
‐La discrepanza tra le frequenze teoriche e quelle sperimentali è molto bassa (<1%).
‐L’andamento del campo elettrico interno nelle varie configurazioni è stato mappato correttamente, anche se i valori ottenuti non hanno ben coinciso con quelli determinati per la simulazione. Questo deriva dal fatto che per la simulazione è stato considerata una cavità ideale.
‐Il nostro fattore di merito è molto minore di quello ottenibile in via teorica, ma abbastanza alto considerando che abbiamo assemblato la cavità con pezzi di scarto.
Biancacci Valentina – L. S. “A. Orsini”
Ciprian Matteo – IIS A. Meucci
Perché focalizzare i fasci ionici?
Poiché i fasci di particelle tendono a disperdersi
vengono utilizzati dei quadrupoli magnetici nel sistema di trasporto degli ioni che focalizzano il fascio di ioni impedendo così che questi si scontrino con le pareti dell’acceleratore.
Che cosa sono i quadrupoli magnetici?
I quadrupoli magnetici sono dei dispositivi costituiti da quattro poli magnetici disposti secondo un quadrilatero che interagiscono con particelle cariche elettricamente.
Quale principio sfruttano?
I quadrupoli sfruttano come principio base del proprio funzionamento la forza di Lorentz ovvero la forza agente su una particella carica in moto con velocità v attraverso un campo magnetico B. Essa è data dal prodotto vettoriale:
F  qv  B
Dove : q = carica della particella; v = velocità della particella;
B = induzione magnetica.
La direzione del vettore della forza
è data dalla regola della mano destra.
Lente ottica
Il quadrupolo magnetico ha lo stesso funzionamento di una lente ottica.
Lente magnetica
Azione della Forza di Lorentz
N
S
S
N
Focalizzazione e defocalizzazione negli assi
LA NOSTRA ESPERIENZA
Dati :
• Tipo di fascio : Ni 10+ A = 64 u
• Energia del fascio (E) = 5MeV
Obbiettivi :
• Cablare il quadrupolo per avere un fascio defocalizzato sull’ asse x e focalizzato sull’ asse y ;
• Calcolare la resistenza delle bobine;
• Trovare l’ intensità di corrente per avere una lunghezza focale pari a 0,2 m.
STRUMENTI UTILIZZATI Supporto cilindrico
Sonda
Gaussmetro
Alimentatore
1° PARTE
Cablaggio del quadrupolo
Collegare le bobine in serie ad un alimentatore in modo da ottenere dei poli che producano un campo magnetico in grado di focalizzare il fascio nelle direzioni scelte dall’utente. In base al verso di rotazione della corrente il campo magnetico sarà entrante o uscente.
Verificare con l’utilizzo del Gaussmetro che la polarità sia
ottimale.
2° PARTE
Calcolo della resistenza delle bobine
10
∆V [V]
9
8
7
m = RESISTENZA = 0,185 Ω
6
5
4
3
2
1
0
0
10
20
30
40
50
60
I [A]
Relazione tra intensità e campo magnetico
B [KG]
1,4
1,2
1
k  0,0025
0,8
0,6
0,4
0,2
0
0
10
20
30
40
50
60
I [A]
Calcolare l’intensità di corrente
B
I
k
con
k  0,0025
T 
 A 
Per trovare B:
B  Gr
r = raggio Per trovare G:
p
G 
fql
p = quantità di moto (calcolabile con l’ energia cinetica)
f = distanza focale(data)
q = carica del fascio
l = lunghezza efficace
Misurazione sperimentale e calcolo della lunghezza efficace
B [KG]
0,6
t
i
A
l  i
B 0 B0
0,5
0,4
Lunghezza efficace
0,3
0,2
0,1
0
‐10
0
10
20
30
40
50
60
d [cm]
Calcolo dell’intensità di corrente
19
4,31 10
p
T
G

 3,15[ ]
18
fql 0,2 1,609 10  0,424
m
B  G  r  3 ,15  0 , 0178  0 , 056 [ T ]
I  B / k  0 , 056 / 0 , 0025  22 , 4[ A ]
CONCLUSIONI
Il cablaggio è corretto in quanto le polarità rispecchiano la focalizzazione voluta all’inizio dell’esperienza.
La resistenza delle bobine è di : 0,185 Ω.
L’ intensità di corrente necessaria per focalizzare il fascio Nichel 10+ (massa atomica = 64 u) con lunghezza focale di 0,2 m è: I = 22,4 A.
I risultati rispecchiano le aspettative teoriche.
Simulazione di fasci
Cosa vuol dire simulare un fascio?
Simulare un fascio significa costruire un modello matematico per prevedere l’andamento del fascio di particelle
Perchè simulare il fascio?
Usare dei software come TraceWin per simulare l’andamento di un fascio di particelle serve progettare acceleratori che rispettino determinati parametri.
Le caratteristiche che il software puó misurare sono:
• Energia del fascio
• Traiettoria del fascio
• Perdite di ioni in percentuale
• Variazioni di emittanza
Il fascio di particelle
Il fascio di particelle non è continuo: le particelle vengono divise in ‘pacchetti. Come mostrano le immagini, il pacchetto di particelle assume una forma ellittica
Come si misura la qualità di un fascio?
x’
L’emittanza () misura la qualità del fascio sui piani x, y e z. Essa rappresenta l’area dell’ellisse che idealmente contiene le particelle del fascio. Sull’asse delle ascisse viene riportata la posizione delle particelle nelle coordinate x, y o z; l’asse delle ordinate indica la deviazione angolare di ogni ione rispetto alla particella che si trova al centro del fascio, detta particella sincrona.
x
x’
y’
x
z’
y
z
Lo spazio delle fasi
Lo spazio delle fasi rappresenta tutte le possibili posizioni e velocità di ogni particella. Il fascio converge:
x’
x’
y
x
x
x
z
Il fascio diverge:
x’
y
x’
x
z
x
x
Il software TraceWin
TraceWin è un software sviluppato dalla Commissione per l’Energia Atomica francese (CEA), per il calcolo 2D o 3D di fasci di ioni o elettroni. È possibile simulare l’inviluppo generico o il moto di un gruppo di macroparticelle. Per la simulazione è necessario inserire alcuni parametri:
• Emittanza iniziale
• Tipo e numero di particelle
• Corrente
• Energia Cinetica Lungo il percorso dell’acceleratore si possono inserire vari elementi, come quadrupoli, drift, gap acceleranti, ecc
Ma come funziona nella pratica?
Durante il nostro stage abbiamo cercato di progettare un acceleratore che raggiungesse un’energia di 20MeV partendo da un fascio di 10’000 protoni all’energia di 1MeV. Questi andavano accelerati fino a 20MeV, con un e senza perdite di particelle
Che elementi sono stati usati?
Per costruire la nostra cavità abbiamo usato tre elementi, così da trasportare, accelerare e soprattutto non disperdere il nostro fascio. In particolare essi sono:
• DRIFT: Tubi in condizione di vuoto di lunghezza e larghezza variabile
• QUADRIPOLI: Lenti magnetiche per contrastare la tendenza del fascio ad aumentare la propria emittanza
• GAP: Elementi acceleranti tenuti a alti valori di potenziale elettrico (ordine di 106V)
Che incidenza hanno questi elementi sulla forma del fascio?
Drift
I Drift non alterano il piano longitudinale, ma solo quelli trasversali. Il risultato è che il fascio man mano che lo attraversa tende a disperdersi.
Quadrupolo
I Quadrupoli sono delle lenti magnetiche, si comportano cioè in modo simile alle lenti sottili che tutti noi conosciamo in ottica. Lo svantaggio però è che focalizza solo uno dei due piani trasversali. Per ovviare ciò noi abbiamo usato dei tripletti, cioè una combinazione di tre quadripoli, ai cui estremi veniva focalizzato l’asse y, mentre quello centrale focalizzava l’asse x. Il risultato è stato una focalizzazione dei piani trasversali verso il gap successivo. La componente longitudinale non viene invece variata. Gap acceleranti
I Gap hanno invece, in cambio di un’accelerazione del fascio, tendono a respingere le particelle, aumentando l’ampiezza nei tre piani del fascio. Più il voltaggio dell’elemento è alto più questo è visibile. Per cui vanno sempre accompagnati da lenti come i tripletti, per evitare dispersioni.
Ecco come varia l’emittanza del nostro fascio per l’inviluppo generico…
… e per le macroparticelle? Si nota facilmente che questa rappresentazione ci dà una visione più chiara dell’evoluzione del fascio.
Si può notare invece che dove nell’output precedente c’era un’ellisse schiacciata ora si e’ creata una coda del fascio, dovuta a trasformazioni non lineari.
I picchi in verde mostrano la distribuzione del numero di particelle in quell’area.
Il risultato finale
Dopo ore di tentativi falliti siamo riusciti ad ottenere le caratteristiche che cercavamo: 0% di perdite, un aumento di emittanza trasversale di 0.4*mm*mrad e un’energia di poco superiore a 20MeV… ce l’abbiamo fatta!
CRIOGENIA
Branca della fisica che si occupa dello studio, della produzione e dell’utilizzo di temperature inferiori ai 123K (‐150°C) e del comportamento dei materiali in queste condizioni.
compressore
Comprime il gas fino a 16 bar, aumentando la sua temperatura
assorbe calore
serpentina
serpentina
ventola
disperde calore
Valvola di espansione
Effetto Joule‐Thomson
TRASMISSIONE DEL CALORE
Il calore si trasferisce nei seguenti modi:
‐ Conduzione (K)
‐ Convezione (H)
‐ Irraggiamento Come minimizzare il trasferimento di calore?
‐Conduzione: essa dipende sia dal materiale che dalla lunghezza, ecco perché il supporto che sostiene i tubi da isolare è costruito in modo tale da massimizzare la distanza da percorrere e viene usato un materiale a bassa conduttività termica
‐Convezione: il vuoto creato elimina questo fattore
‐Irraggiamento: il tubo da isolare è ricoperto da vari strati di maylar, che minimizzano la trasmissione di calore
•
L’applicazione della criogenia relativa agli acceleratori di particelle contribuisce al raggiungimento della condizione di superconduttività, ovvero la condizione in cui la resistenza è quasi pari a 0 al transito di una corrente elettrica. Esempio: Cu (normalconduttivo) Q=2x104 Cu (superconduttivo) Q=108
I superconduttori hanno diverse caratteristiche, una delle quali è la resistenza nulla al flusso di corrente elettrica, così che una ‘supercorrente’ potrebbe fluire indefinitamente. Correnti introdotte in superconduttori, pur in assenza di campo, non hanno mostrato alcun decadimento osservabile (il record di osservazione su un campione sembra essere di due anni e mezzo). La resistenza elettrica di una piccola pastiglia di YBa2Cu3O7 in funzione della temperatura è mostrata in Figura. Sotto i 90 K, nello stato superconduttore, la resistenza è nulla. Sopra ca. 92 K il materiale è metallico e la resistenza cresce gradualmente col crescere della temperatura.
TECNOLOGIA DEL VUOTO
CHE COS’E’ IL VUOTO?
VUOTO
3 tipi di vuoto:
Si parla di vuoto quando la pressione in un gas è inferiore a 1 atm (P≤Patm)
BASSO VUOTO
ALTO VUOTO
ULTRA‐ALTO VUOTO
Tante molecole
Poche molecole
Pochissime molecole
1*105‐1*10‐1 Pa
1*10‐1‐1*10‐6 Pa
1*10‐6‐1*10‐10 Pa
Per il funzionamento degli acceleratori
di particelle è necessario l’ultra‐alto
vuoto per evitare che gli ioni collidano,
durante il loro tragitto, con le particelle
costituenti l’aria, deviando il loro
percorso
TIPI DI POMPE
POMPE
APERTE
• Meccaniche
• A diffusione
• turbomolecolari
Per fare il vuoto c’è bisogno di particolari pompe a vuoto
CHIUSE
Principio fisico
• criopompe
Principio dinamico
• Getters evaporabili
• Getters non evaporabili
• Pompe ioniche
Cammino libero medio
Distanza media percorsa da una molecola di gas tra 2 urti consecutivi con altre molecole di gas
Il cammino libero medio è inferiore al Regime viscoso
diametro del contenitore
Regime molecolare
Il cammino libero medio è superiore al diametro del contenitore