CHILDREN’S CORNER Il cinema raccontato ai bambini Che cos’è un’immagine cinematografica? Gabriele Anaclerio L’invenzione del cinematografo Quando ci capita di andare al cinema, vediamo alcune immagini proiettate su un grande schermo. Quelle immagini non nascono nel momento in cui le vediamo, ma sono state realizzate precedentemente. Anzi, per essere più precisi, sono state… girate! Cosa vuol dire esattamente “girate”? Vuol dire fabbricate con una macchina speciale, chiamata “cinepresa”. La cinepresa (o “macchina da presa”) è un apparecchio che permette di riprendere fotograficamente delle immagini in movimento. Come tutte le macchine, anche la cinepresa ha dovuto essere… inventata. Il più efficace apparecchio in grado di registrare, ma anche di proiettare immagini in movimento fu messo a punto in Francia dai fratelli Lumière nel lontano 1895 e fu chiamato Cinematografo: esso è l’antenato delle nostre cineprese. Come funzionava? C’era una manovella che permetteva a una gran quantità di pellicola – che si trovava dentro l’apparecchio e serviva a fotografare quello che si voleva riprendere – di scorrere e di riavvolgersi, un po’ come avviene nelle macchine da cucire: era così possibile filmare una serie di azioni. Oltre a riprendere la realtà, il cinematografo veniva anche usato per proiettare quelle stesse immagini, con una frequenza di 16-18 fotogrammi al secondo (diventeranno poi 24). Le immagini però erano ancora mute (anche se spesso nelle sale cinematografiche c’era un pianista che le accompagnava con la sua musica) e resteranno tali fino al 1928, quando il cinema diventerà finalmente sonoro e parlato, come lo conosciamo noi: fu infatti inventato un meccanismo che permetteva di sincronizzare il suono e le parole con l’immagine. Quando andiamo al cinema crediamo alle storie che ci vengono raccontate, quasi come se si svolgessero nella realtà. Eppure le storie sono tutte più o meno inventate (i racconti che fanno nascere i film si chiamano “soggetti” e “sceneggiature”) e, soprattutto, l’immagine del cinema non è uguale al mondo che ci circonda. Prima di tutto, le immagini dei film sono… un’illusione! Appena si spegne il proiettore non esistono più, mentre invece non possiamo spegnere le immagini del mondo (al limite possiamo spegnere la luce per addormentarci, ma la nostra stanza continua pur sempre a esistere intorno a noi). In secondo luogo, come abbiamo visto, la pellicola è costituita da una serie lunghissima di fotogrammi fissi che però il nostro sistema percettivo e il nostro cervello trasformano in un movimento continuo. Inoltre, sono immagini bidimensionali, cioè a due dimensioni, la lunghezza e la larghezza, e solo grazie a un’illusione ottica abbiamo la sensazione che ci sia anche la terza dimensione, la profondità, come nella vita reale. E poi, soprattutto, i personaggi e gli oggetti che pensiamo di vedere sullo schermo, in realtà non esistono, sono solo ombre e luci proiettate, mentre i suoni che li accompagnano sono registrati. Sembra tutto un imbroglio dunque! Nonostante questo, continuiamo ad andare al cinema, perché quest’ultimo riesce ancora a catturarci con le sue storie inventate. Ma come ci riesce? CHILDREN’S CORNER Come raccontano i film? L’inquadratura e il montaggio Come tutti sappiamo, i film ci raccontano delle storie. Però le storie dei film non sono identiche a quelle che leggiamo nei libri o che ci narrano i nostri genitori. Sì, è vero che anche al cinema sentiamo delle voci e qualche volta c’è persino un narratore che ci presenta gli avvenimenti… però ci rendiamo benissimo conto che se non ci fossero le immagini proiettate non ci sarebbero neanche le storie. Quindi il cinema racconta… con le immagini. E raccontare con le immagini è più difficile che raccontare con le parole, perché non possiamo andare a cercare sul vocabolario le immagini che non conosciamo, come invece facciamo con le parole. Il regista deve quindi farsi capire! Siccome il cinema è diventata un’arte molto diffusa e popolare, amata in tutto il mondo sia dai bambini sia dagli adulti, è chiaro che il modo per farsi capire, per narrare la loro storia, i film lo hanno trovato. Certo, c’è voluto del tempo, ma neanche tanto. A Hollywood, negli Stati Uniti d’America, dove il cinema è stato pensato per conquistare grandi masse di spettatori, già negli anni Venti era stata messa a punto una specie di “linguaggio per immagini”, comprensibile da tutti gli spettatori, in tutto il mondo. Questo linguaggio si basava su due elementi fondamentali: le inquadrature e il montaggio. Di che si tratta? Semplice: le inquadrature sono ciò che vediamo sullo schermo, le parti del mondo che la cinepresa ha inquadrato, incorniciato. Per esempio, tutti conosciamo il primo piano: con questa inquadratura molto ravvicinata, che comprende il petto e la testa dell’attore, noi spettatori possiamo familiarizzare meglio con i personaggi della storia. Ma le inquadrature possono anche riguardare vasti spazi, per esempio un paesaggio, una grande prateria: in questo caso noi spettatori saremo attratti dall’ambiente e verremo spinti a esplorarlo con i nostri occhi e le nostre emozioni; ci dimen- ticheremo invece per un attimo dei nostri personaggi, perché quasi non li vediamo più. Com’è ovvio tra il primo piano e i campi lunghi e lunghissimi (così si chiamano le inquadrature dei paesaggi) ci sono molti altri tipi di inquadrature “intermedie”, ma ne esistono anche di più dettagliate: si possono vedere solo particolari del corpo umano, o di oggetti… Però le inquadrature da sole non bastano a fare un racconto! È come se in un libro fossero descritti solo particolari isolati di una scena… non capiremmo l’insieme, la logica di quello che sta succedendo. C’è allora bisogno di una specie di narratore che colleghi le diverse vedute (le inquadrature). Come abbiamo detto, nel cinema non c’è quasi mai un narratore come quello della letteratura, che racconta con le parole, perché il cinema racconta con le immagini. E come si fa a raccontare con le immagini, cioè come si fa a mettere insieme le diverse azioni che ci mostrano le inquadrature? Con il montaggio! Come dice la parola stessa, il montaggio serve a “montare” i diversi pezzi del film (così come si monta una libreria e o si mettono insieme le tessere del puzzle). Il montaggio raccorda le inquadrature fra loro, in modo tale che noi spettatori possiamo seguire lo sviluppo della storia senza perderci. Il montaggio è come la voce dei nostri genitori che ci racconta una storia: questa voce, può essere vivace oppure più riflessiva, ci può emozionare o ci può far riflettere (o tutte e due le cose allo stesso tempo), ma ci può anche annoiare o lasciare indifferenti. Se un film è riuscito, vuol dire che il montaggio e le inquadrature sono stati curati bene dal regista e dai suoi collaboratori (in particolare, il montatore e il fotografo). Il grande racconto del cinema: Hollywood e i principali generi Ma, come tutti sappiamo, esiste una grande varietà di modi di raccontare, una grande varietà di… generi. Ogni genere è destinato a un tipo di pubblico, anche se i veri amanti del cinema, i “cinefili”, amano tutti i generi. Ognuno però ha una sua preferenza. Come abbiamo visto, il racconto cinematografico nasce a Hollywood, che oltre a essere la “magica città del cinema”, è stata da subito anche una grande industria. Moltissime persone erano impiegate negli studi cinematografici, dove si realizzavano i film, e si spendevano tantissimi dollari per costruire storie perfette. Questo perché si voleva guadagnare molto: infatti i film di Hollywood venivano esportati in tutto il mondo, come continua a succedere ancora adesso. Bisognava quindi rivolgersi al maggior numero possibile di spettatori, assecondandone i gusti più diversi. Con la nascita del sonoro, alla fine degli anni Venti, i generi vennero perfezionati: oltre alle comiche che avevano dominato nell’epoca del muto (pensiamo per esempio ai grandi Charlie Chaplin e Buster Keaton), si diffusero il musical, nel quale le coreografie affiancavano e sostituivano l’azione, i film di gangster e i polizieschi, sulla lotta tra il crimine organizzato e le forze dell’ordine nelle città americane, l’horror, popolato da creature misteriose e spaventose, il western, sulla conquista dell’Ovest da parte dei coloni statunitensi ai danni del popolo indiano, la commedia sofisticata, il film di guerra e quelli di animazione, cioè i cartoon che tutti conoscono grazie all’immaginazione scintillante del grande Walt Disney (1901-1966). Il cinema oggi: l’immagine e il 3D Come tutte le invenzioni umane, anche il cinema ha avuto un’evoluzione. Quando oggi andiamo a vedere un film, può capitare, per esempio, che questo non sia stato girato in pellicola, bensì con videocamere digitali, dotate di un sistema elettronico. Il digitale offre il vantaggio di essere molto più economico della pellicola. Con una piccola cinepresa e buone apparecchiatu- re di registrazione del suono è possibile girare prodotti di discreta qualità a basso costo. Dopo le riprese, disponendo di un buon computer e di programmi adeguati, spesso è il regista stesso che si occupa del montaggio, risparmiando ancor di più sui costi. Accanto a questa evoluzione “economica”, c’è stata però anche un’evoluzione molto costosa, quella del 3D, che riguarda sia il cinema, sia la televisione. Vi sarà capitato, o vi capiterà presto, di assistere a una proiezione in 3D, per la quale ci vengono forniti speciali occhialetti che ci permettono di trasformare l’immagine bidimensionale dello schermo in un’immagine… a 3 dimensioni! In questo modo è come se noi stessi, spettatori, fossimo proiettati dentro la storia: infatti i personaggi e gli oggetti, trovandosi anch’essi, come noi, in uno spazio tridimensionale, sembrano venirci addosso, come se lo schermo non ci fosse più, oppure come se noi vivessimo dentro lo schermo. Ormai sono stati realizzati numerosi film in 3D, anche se il primo grande successo è recente, del 2009: si tratta di Avatar del regista statunitense James Cameron, che ci racconta come il futuro dell’umanità risieda inevitabilmente in una contaminazione con la tecnologia.