DAVIDE GIROLA CAPITOLO 1 FONDAMENTI DI ANATOMIA E FISIOLOGIA CARDIOVASCOLARE 1. 1 IL CUORE E LA CIRCOLAZIONE Il cuore, classicamente definito sotto il profilo funzionale come una doppia in serie, è un organo muscolare cavo, di forma conoide tronca, situato nel mediastino anteriore, appoggiato sul centro tendineo del diaframma, ricoperto ai lati e sulla faccia sterno-costale dai polmoni; nel normotipo e nella maggior parte dei casi, il cuore si dispone sull’asse longitudinale, avente una direzione obliqua da destra a sinistra, dall’alto in basso e dal dietro in avanti. Rispetto al suo asse, il cuore si trova ruotato disponendo il ventricolo destro in posizione ventrale ed il ventricolo sinistro in posizione parzialmente dorsale: soltanto una minima parte faccia anteriore risulta essere in contatto diretto con la faccia posteriore dello sterno. All’indagine radiografica, l’angolo “alfa” del cuore, rappresentato dall’intersezione del diametro longitudinale con la perpendicolare alla linea mediana sternale - indicante l’inclinazione cardiaca - dipende da vari fattori, quali, ad esempio, l’ectotipo costituzionale, le deformità dell’apparato scheletrico, la tonicità dal muscolo diaframma, la capacità polmonare, l’età, il sesso e, non ultimo, dai vari adattamenti morfo-funzionali indotti dal training. Il cuore del normotipo, generalmente, è disposto per 2/3 nell’emitorace sinistro e per 1/3 in quello destro, con angolo α uguale a 45 gradi e viene definito “cuore obliquo del normotipo” (Le “malposizioni del cuore”, sono determinate dall’anomala posizione anatomica dell’apice cardiaco; si posso19 CARDIOLOGIA & FITNESS a. anonima arco aortico vena cava superiore atrio dx solco coronario ventricolo dx FIG 1 Faccia cardiaca sterno-costale. arteria carotide comune sx no distinguere così le destrocardie e le mesocardie, con l’apice cardiaco situato rispettivamente ramo sx arteria a destra o all’altezza della linea polmonare mediana del torace; si parla invece di “levocardia”, quando il arteria polmonare cuore occupa la sua normale auricola sx posizione anatomica ma è anosolco mala quella degli altri visceri) La coronario lunghezza del cuore normale arteria coronaria sx (diametro longitudinale), nell’adulto è in media di circa 14cm, ventricolo mentre la larghezza (diametro sx trasverso) è di circa 13cm (nella solco donna i valori sono sensibilmenlongitudinale te inferiori, rispettivamente di 13 anteriore e 12 cm). In particolare, la faccia sterno-costale del cuore possiede una forma triangolare ed è convessa (fig1), mentre la faccia diaframmatica (fig. 2) è triangolare e pianeggiante e si adatta al centro frenico del diaframma. Il volume cardiaco totale di un soggetto sedentario corrisponde a 600-800 ml con un peso indicativamente compreso tra i 300 e i 350 grammi. La parete del cuore è costituita da tre strati; dall’interno all’esterno si distinguono l’endocardio, il miocardio e, esternamente al miocardio, il pericardio viscerale; il pericardio viscerale costituisce una membrana di tipo sieroso che si separa dal pericardio parietale (sacco fibroso), tramite una quantità minima di ultrafiltrato plasmatico (circa 15-50ml). Il pericardio impedisce la dilatazione delle cavità cardiache in caso di ipervolemia e durante l’esercizio fisico, facilitandone il riempimento atriale; inoltre, il pericardio, in condizioni fisiologiche, delimitando anatomicamente il cuore, riduce gli attriti con le strutture vicine impedendo la torsione dei grandi vasi e, sino ad una certa misura, proteggendolo dalle eventuali infezioni pleuriche e polmonari. L’endocardio ricopre le cavità interne ed è costituito da endotelio e da una lamina sottile di tessuto connettivo, avente funzione di sostegno; dal punto di vista funzionale, il miocardio è lo strato più importante, e le sue proprietà verranno esposte dettagliatamente nel prossimo paragrafo. La arteria succlavia sx 20 DAVIDE GIROLA vene polmonari sx a. polmonare aorta definizione di “doppia pompa in serie”, è dovuta al fatto atrio sx che il cuore funziona come vene due pompe distinte, ciascupolmonari na costituita da due camere, dx l’atrio ed il ventricolo; gli atrii possiedono fondamentalsolco coronario mente la funzione di raccolta del sangue, ma compiono anche una piccola azione di pompaggio che facilita il passaggio del sangue ai corrivena cava inferiore spettivi ventricoli; infatti il sangue, per il 75% passa ventricolo dx direttamente dagli atrii ai ventricoli, prima ancora che ventricolo sx margine acuto siano avvenute le contrazioni atriali: in pratica, soltanto il rimanente 25% del sangue viene FIG 2 Faccia cardiaca spinto nei ventricoli tramite le pompe atriali. I ventricoli sono diaframmatica. quindi le vere pompe. La metà destra del cuore e quella sinistra risulta essere divisa da una parete longitudinale chiamata FIG 3 setto che, a sua volta, è divisa da una seconda parete che le è Schema del sistema sostanzialmente perpendicolare: suddiviso così, l’organo pre- di conduzione. senta quattro cavità fascio di His distinte con diverse nodo senoatriale dimensioni. Il setto è ramo penetrante dunque diviso nel setto interatriale e nel setto branca del fascio interventricolare; lo principale sx spessore del setto interventricolare è maggiore di quello interatriale (8-11 mm nei sedentari, sino a raggiungere i 12-13mm nodo A-V negli atleti di endurance); nel setto interatriasetto fascio dx le si distigue la plica di interventricolare Vieussens che costitui- 21 CARDIOLOGIA & FITNESS sce il residuo di un piccolo foro, attraverso il quale, nella vita prenatale, il sangue ossigenato passa dall’atrio destro a quello sinistro, per evitare il circolo polmonare non ancora funzionante. L’atrio destro, disposto sul suo asse maggiore perpendicolarmente, possiede una forma ovale e raccoglie il sangue venoso superiormente dalla vena cava superiore, inferiormente dalla vena cava inferiore e posteriormente dal seno coronario, che raccoglie il sangue derivante dalle pareti cardiache; ventralmente all’atrio destro si trova l’auricola destra; il ventricolo destro ha una forma piramidale con una base a semiluna e raccoglie, per poi pomparle, grandi quantità di sangue in un sistema vascolare a bassa pressione media (circa 15 mmHg), il circolo polmonare. Il sangue è sospinto dal ventricolo destro nell’arteria polmonare, che da esso si separa tramite le valvole semilunari polmonari. L’atrio sinistro ha la forma di un parallelepipedo e rappresentata la porzione più estesa della base cardiaca, nella quale si immettono, per ciascuno dei due lati, due vene polmonari, prive di valvole. Le vene polmonari hanno anatomicamente un tragitto orizzontale rispetto alle vene cave e, così disposte, formano la così detta croce venosa cardiaca. Il ventricolo sinistro è cuneiforme, ma può assumere, nei soggetti praticanti sports di resistenza, un aspetto più arrotondato e globoso; la massa ventricolare sinistra, in condizioni normali, equivale a valori compresi tra i 160 e i 220-230 grammi, mentre il diametro telediastolico ventricolare (quando il ventricolo si riempie di sangue durante la diastole) assume, nell’uomo sedentario, valori compresi tra i 43 e i 53 mm, con un relativo volume telediastolico (sangue contenente nel ventricolo in diastole) generalmente compreso tra gli 80 e i 120/130 ml. Il ventricolo sinistro pompa il sangue nell’aorta. Il sistema valvolare dei ventricoli sinistro e destro sono dunque, rispettivamente, le valvole semilunari delle arterie aorta e polmonare; esse sono formate da tre lembi connettivali (tasche semilunari rivestite da endotelio) ed hanno il compito di impedire il reflusso del sangue, durante la diastole, dall’aorta e dall’arteria ai ventricoli. Le valvole atrio- ventricolari impediscono, invece, il reflusso di sangue dai ventricoli agli atrii. La valvola atrio-ventricolare di destra è formata da tre lembi membranosi di endocardio e prende il nome di valvola tricuspide, la valvola atrio- ventricola22 DAVIDE GIROLA re sinistra possiede invece due cuspidi ed è denominata valvola mitrale; alle cuspidi, attraverso delle sottili corde tendinee, sono collegati i minuscoli muscoli che, contraendosi simultaneamente ai ventricoli ma senza facilitare la chiusura valvolare, impediscono che i lembi possano ribaltarsi negli atrii durante la sistole. Tali valvole, quindi, sono attivate passivamente e dipendono esclusivamente dai vari gradienti di pressione. Disposte a corona intorno al cuore, le arterie coronarie originano come rami collaterali del primo tratto dell’aorta, l’aorta ascendente, e a loro spetta il compito di nutrire quasi completamente tutto il cuore, tant’è che soltanto l’endocardio può ricevere nutrimento direttamente dal sangue delle cavità cardiache che penetra per un centinaio di micron massivi. L’arteria coronaria destra dona sangue al cuore destro, al setto interventricolare nella sua parte posteriore ed alla porzione posteriore del ventricolo sinistro. L’arteria coronaria sinistra origina con un tronco comune, dalla lunghezza variabile (pochi millimetri a circa 2,5 cm), per poi dividersi in due consistenti rami: l’arteria discendente comune (interventricolare anteriore) e l’arteria circonflessa; l’arteria discendente comune è considerata la più importante per l’estensione dell’area cardiaca da essa irrorata: il suo decorso comprende il solco interventricolare per poi raggiungere l’apice cardiaco, dove termina “anastomizzandosi” con le ramificazioni terminali dell’arteria coronaria destra. Da essa prendono origine importanti branche che nutrono la maggior parte del ventricolo sinistro, come le arterie diagonali e le arterie settali; l’arteria circonflessa, ha il suo decorso che si diparte lungo il solco atrio-ventricolare posteriore, e dalla parete posteriore del ventricolo sinistro scende verso la punta, offrendo sangue anche ad una parte del ventricolo destro. Ogni ramo delle arterie coronarie si divide in maniera dicotomica, così che ogni ramo si divide in due più piccoli ed attraversa il muscolo cardiaco, fino a raggiungere gli strati più interni perpendicolarmente allo spessore delle pareti. Alla periferia, le arterie coronarie, si suddividono in tanti piccoli vasi che si anastomizzano tra loro, formando il circolo collaterale, che può essere definito omocoronarico o intercoronarico a seconda se l’anastomosi è avve23 CARDIOLOGIA & FITNESS nuta rispettivamente tra i rami della circonflessa con i rami della discendente anteriore, oppure tra i rami della coronaria sinistra con quelli di destra. Le vene coronarie confluiscono in un unico vaso collettore, il seno coronario, che raccoglie la circolazione venosa proveniente dal miocardio; è localizzato posteriormente al solco atrioventricolare e immette, col suo tratto terminale regolato da una valvola semicircolare, nell’atrio destro, fra l’orifizio atrioventricolare e lo sbocco della vena cava inferiore; il ventricolo destro, invece, usufruisce per la sua circolazione venosa, delle vene cardiache anteriori, che si immettono direttamente nell’atrio destro. Soltanto una piccola parte del sangue coronarico torna a versarsi direttamente nelle cavità cardiache, grazie alle vene di Tebesio. È durante la diastole che la circolazione coronarica svolge la sua funzione dato che, durante la sistole, le coronarie sono compresse e il flusso coronarico è ridotto al minimo, contrariamente a quanto accade al resto del corpo. In condizioni di riposo il flusso coronarico varia dai 100 a poco più di 200 ml di sangue al minuto, pari a 0,7-0,8 ml per grammo di muscolo cardiaco (50-60 ml per 100 mg al minuto di miocardio a riposo). Durante la sistole la pressione agente sul miocardio subendocardico risulta elevatissima ed i relativi vasi subendocardici sono molto più compressi di quelli situati nella parte intermedia (endocardio) ed esterna (epicardio). Per questa ragione, il plesso arterioso subendocardico, adiacente alla cavità ventricolare, risulta essere molto più esteso di quello epicardico, proprio per compensare la forza di compressione della muscolatura miocardica, in grado di ridurre, nella fase sistolica, il flusso subendocardico quasi a zero; per questo motivo, in questa regione, il flusso ematico nella diastole è maggiore rispetto a quello riscontrabile negli strati intermedio ed esterno del muscolo cardiaco. Il flusso coronarico è dunque dipendente dalla pressione sanguigna e dalle resistenze coronariche; in particolare, è proprio la pressione aortica, a sua volta dipendente dalla “gittata cardiaca” e dalla condizione anatomica e funzionale dell’organo in toto, oltre che delle valvole e pareti aortiche, che determina il grado di diffusione del sangue attraverso gli osti coronarici; le resistenze coronariche dipendono dalle arterie coronariche epicardiche di grosso cali24 DAVIDE GIROLA bro (vasi di conduttanza) e dalle arterie coronariche subendocardiche più piccole (vasi di resistenza). In condizioni di normalità, dunque, il flusso ematico è determinato dal tempo di diastole (durata diastole per frequenza cardiaca) e dalle resistenze coronariche; le resistenze dei grossi vasi di conduttanza sono trascurabili, a condizione che essi siano perfettamente integri. La circolazione si suddivide, da un punto di vista anatomo-funzionale, in circolazione sistemica (grande circolazione) e circolazione polmonare (piccola circolazione); la circolazione sistemica, origina, tramite l’aorta, dal ventricolo sinistro e, attraverso le arterie trasporta sotto pressione il sangue ai tessuti; nel circolo arterioso la pressione media, in condizioni di riposo, è di circa 100 mmHg. Le arterie si ramificano via via nelle arteriole che rappresentano l’apparato di distribuzione del sangue arterioso, definito come “sistema valvolare di controllo”, in base alla capacità di regolazione del flusso sanguigno nei capillari, in rapporto alle esigenze metaboliche dei tessuti. Ai capillari spetta il compito di attivare lo scambio di sostanze nutritive, acqua, ormoni, elettroliti e sostanze gassose e prodotti di rifiuto tra gli spazi interstiziali ed il sangue. Il “letto capillare” (300-600 m2), è la sede di interposizione tra il sistema arterioso e quello venoso; il sistema venoso rappresenta il sistema di raccolta del sangue caratterizzato da valori bassi di pressione ma elevata capacità, dato che il volume ematico che si trova nelle vene sistemiche è pari a circa il 60-65% di quello dell’intero organismo e soltanto il 13% è situato nelle arterie (7% nel cuore, 9% nei vasi polmonari, 7% nelle arteriole e nei capillari), e la superficie di sezione è, in media, di circa quattro volte maggiore a quella delle arterie (2,5 cm2 dell’aorta, 40 cm2 delle arteriole, “contro” gli 8 cm2 delle vene cave e gli 80 e 250 cm2 delle piccole vene e delle venule). Raccolto il sangue capillare, le venule divengono progressivamente sempre più grandi e confluiscono nella vena cava inferiore, che si forma dalle due vene iliache comuni all’altezza della quarta vertebra lombare e che trasporta il sangue proveniente dalla metà inferiore del corpo e dal circolo portale alla metà destra del cuore, nell’atrio destro (la circolazione portale è formata dalle vene che, a livello del tubo digerente, ricevono i prodotti della digestione e si uniscono nella vena porta che confluisce nel fegato: 25 CARDIOLOGIA & FITNESS il sangue refluo si carica dei prodotti derivanti dal metabolismo epatico e, attraverso le vene epatiche, si immette nella vena cava inferiore). Il circolo polmonare è un sistema a bassa pressione media (15 mmHg) e bassa “resistenza”: la pompa è rappresentata dal ventricolo destro; dopo gli scambi gassosi a livello alveolare, il sangue di nuovo ricco di ossigeno ritorna all’atrio sinistro. Compiti assolti dalla circolazione sono quindi, i sintesi, quelli inerenti il trasporto (nutrienti, metaboliti, gas, ormoni, acqua) il metabolismo (attraverso i capillari) e la termoregolazione. 1. 2 ANATOMIA E FISIOLOGIA DEL MIOCARDIO L’anatomia del miocardio rivela che la sua ultrasruttura molecolare è assai simile a quella della muscolo scheletrico; il miocardio è composto da cellule muscolari striate, aventi una lunghezza di 30-60mµ e un diametro di 10-15mµ e che risultano dunque sensibilmente più sottili rispetto a quelle muscolari scheletriche. Queste fibre sono a loro volta composte da multipli fasci incrociati di miofibrille, costituite dalle tipiche unità funzionali e strutturali della contrazione, disposte in serie nel senso della lunghezza, i sarcomeri; le membrane cellulari di alcune cellule adiacenti formano particolari margini chiusi denominati dischi intercalari, che attraversano obliquamente il miocardio. Una regione di questi dischi, detta giunzione serrata, permette un contatto funzionale da cellula a cellula, a bassissima resistenza elettrica, grazie al quale gli ioni possono diffondere con facilità, così che i potenziali d’azione possono propagarsi di fibra in fibra, pure lateralmente. In tal modo, il miocardio si presenta come un reticolo, chiamato “sincizio funzionale”. Come è stato affermato, quindi, la contrazione del miocardio avviene secondo la teoria dello “scorrimento” o dell’avanzamento (“walk-along”), valida pure per la muscolatura scheletrica, dove l’attivazione dei sarcomeri provoca interazioni ripetitive a livello dei ponti dell’actina con la miosina, dipendenti dalla presenza di Mg++ e di ATP e dalla concentrazione del calcio ionico Ca2+ che, legandosi alla troponinaC, permette la variazione conformazionale della tropomiosina, esponendo i siti di legame actinici. La differenza della contrazione miocardica da quella dei muscoli scheletrici si evince, in primo luogo, dallo stu26 DAVIDE GIROLA dio dei potenziale d’azione del miocardio; questo potenziale, infatti, presenta un “plateau”, responsabile della maggior lentezza della contrazione del miocardio rispetto a quella del muscolo scheletrico. In particolare il potenziale d’azione del miocardio dipende dall’apertura di due tipi di canali per il passaggio di ioni:1) i canali rapidi del sodio (identici quelli del muscolo scheletrico) e i 2) canali lenti del calcio; sono proprio questi canali lenti che, rimanendo aperti per alcuni decimi di secondo, fanno rimanere depolarizzata la membrana della fibra che presenta, fra l’altro (a differenze di quanto accade nel muscolo scheletrico),dopo l’instaurarsi del potenziale d’azione, una ridotta permeabilità al potassio, che impedisce ulteriormente una precoce ripolarizzazione. Per questi motivi biochimici, la contrazione miocardica dura più a lungo (da 20 a 50 volte) di quella che avviene nella muscolatura scheletrica. In questo contesto, in particolare, si deve ricordare un’altra importante differenza: durante la contrazione del muscolo cardiaco una quota aggiuntiva di ioni calcio proviene anche da tubuli T che, nel miocardio, hanno un diametro di 5 volte maggiore di quello del muscolo scheletrico ed un volume di 25 volte superiore; questo fenomeno, noto come “liberazione rigenerativa” di Ca2+, compensa il fatto che l’estensione del reticolo sarcoplasmatico (fonte di calcio ionico) del muscolo cardiaco risulta essere inferiore rispetto a quella del muscolo scheletrico. Durante la ripolarizzazione, il reticolo sarcoplasmatico riaccumula il Ca2+ contro il gradiente di concentrazione, provocando l’inibizione tra le proteine contrattili. Da queste considerazioni, si può intuire che la forza di contrazione del muscolo cardiaco dipende dalla concentrazione di ioni calcio extracellulare e che la durata della contrazione miocardica è strettamente in funzione della durata del potenziale d’azione. 1. 3 IL CICLO CARDIACO Il ciclo cardiaco (fig. 4) è composto da un periodo di rilasciamento chiamato diastole ed un periodo di contrazione chiamato sistole e, in sostanza, costituisce il periodo che intercorre tra l’inizio di una contrazione cardiaca e l’inizio di quella successiva. Le contrazioni cardiache sono sotto il controllo di un 27 CARDIOLOGIA & FITNESS protodiastole PRESSIONE (mmHg) efflusso sistolico contrazione isometrica 120 100 rilasciamento isometrico riempimento rapido diastasi sistole atriale apertura valvola aortica chiusura valvola aortica (incisura) pressione aortica 80 60 40 chiusura valvola A-V apertura valvola A-V 20 a c v VOLUME (mL) 0 160 pressione atriale pressione ventricolare volume ventricolare 120 R 80 Q 1° tono FIG 4 Correlazione tra eventi del ciclo cardiaco ed elettrocardiogramma. T P 2° tono 3° tono ECG S fonocardiogramma sistema specifico, responsabile della formazione e della conduzione degli impulsi ritmici che regolano l’attività della pompa cardiaca, denominato “miocardio specifico”, la cui anatomia e funzione verrà esplicata nel successivo paragrafo. In ogni singola fase dell’attività cardiaca, vengono ritmicamente esclusi gli atri o i ventricoli. Il potenziale d’azione si propaga attraverso le fibre del miocardio specifico, dopo che si è spontaneamente generato nel nodo senoatriale (SA); gli atri si contraggono in anticipo rispetto ai ventricoli. Come è stato detto nel primo paragrafo, gli atri contribuiscono al riempimento ventricolare soltanto per il 25%. Alla fine della sistole, quando le pressioni ventricolari scendono a valori diastolici più bassi di quelli atriali, le valvole atrio-ventricolari si aprono: durante il primo terzo della diastole avviene il periodo di riempimento rapido ventricolare, mentre nel secondo terzo della diastole avviene il periodo di riempimento lento ventricolare (diastasi); nell’ultimo terzo della diastole gli atri si contraggono “innescando” i ventricoli. Subito dopo l’inizio della contrazione ventricolare, la pressione dei ventricoli aumenta repentinamente, contribuendo alla chiusura delle valvole atrio-ventricolari; a questo punto i ventricoli 28 DAVIDE GIROLA debbono sviluppare una pressione sufficiente per aprire le valvole semilunari aortica e polmonare: si ha quindi un periodo di contrazione isometrica o isovolumetrica (in realtà l’accorciamento è ravvisabile in direzione punta-base con allungamento della circonferenza). Il periodo di eiezione, avviene quando le valvole semilunari si aprono (mediamente ciò accade quando la pressione del ventricolo destro supera gli 8mmHg e quella del ventricolo sinistro supera gli 80mmHg); durante il primo terzo della sistole avviene un accorciamento delle fibre ventricolari che determinano l’eiezione rapida di circa il 70% del sangue (periodo di eiezione rapida). Durante i due terzi successivi, avviene invece il periodo di eiezione lenta e, normalmente, l’efflusso corrisponde all’incirca al 30%: durante il periodo di eiezione lenta, accade che la pressione ventricolare risulta essere leggermente inferiore a quella dell’aorta, ma il sangue viene spinto ancora dal ventricolo perché possiede l’energia cinetica necessaria affinché nell’aorta venga convertita in energia pressoria. Quando alla fine della sistole, i ventricoli si rilasciano, le pressioni delle arterie spingono il sangue verso i ventricoli, provocando l’irruente chiusura delle valvole semilunari: per circa 3-6 centesimi di secondo, le pareti dei ventricoli si rilasciano, senza che si modifichi il volume; questa fase corrisponde al periodo di rilasciamento isometrico (isovolumetrico), in cui le pressioni ventricolari scendono ai loro valori minimi, permettendo l’apertura delle valvole atrio-ventricolari per l’inizio di una nuova diastole. Il riempimento ventricolare durante la diastole provoca, come si è accennato nel paragrafo introduttivo, un aumento di volume, chiamato “volume diastolico finale” o volume telediastolico che può raggiungere i 130 ml; normalmente, circa il 60% del volume telediastolico, viene pompato dal ventricolo durante la sistole (frazione di eiezione). La quantità di sangue che rimane nei ventricoli (40-60ml) è chiamata “volume sistolico finale” (volume telesistolico), mentre quella che viene espulsa costituisce la gittata sistolica (circa 70 ml in condizioni di normalità). Caratteristiche sono le curve della pressione atriale e aortica (vedi figura); nella curva di pressione atriale si possono distinguere 3 tipologie di onde (a, c, v); l’onda a corrisponde alla sistole atriale e le pressioni nell’atrio destro e sinistro, sono fisiologiche per valori rispettivamente di 4-6 e 8 29 CARDIOLOGIA & FITNESS FIG 5 Diagramma forza/lunghezza di una singola fibra muscolare. Il rapporto tra la lunghezza iniziale della fibra e lo sviluppo della forza è di fondamentale importanza nella meccanica cardiaca. Da: Cavagna, 1988 mmHg; l’onda c è provocata dalla sporgenza delle valvole atrio-ventricolari e dal piccolo reflusso verso gli atri all’inizio dele contrazioni ventricolari; l’onda v è determinata dall’accumulo lento di sangue negli atri che accade alla fine delle contrazioni ventricolari e scompare con l’apertura delle valvole atrio-ventricolari. La tipica “incisura” che si nota nella curva della pressione aortica, è dovuta alla chiusura della valvola aortica contemporanea ad un lieve reflusso di sangue verso il ventricolo, proprio all’inizio del periodo isovolumetrico, alla fine della sistole. I suoni udibili mediante l’auscultazione del cuore attraverso uno stetoscopio, sono provocati dalla chiusura delle valvole. Il primo tono cardiaco, è udibile all’inizio della sistole ventricolare e corrisponde alla chiusura delle valvole atrio-ventricolari, mentre il secondo tono cardiaco, più rapido e marcato del primo corrisponde alla chiusura delle valvole aortica e polmonare; non è raro udire poi, un terzo tono cardiaco, durante il principio o la metà della distole, provocato dall’entrata del sangue nella camera ventricolare non del tutto ripiena. 1. 4 LA POMPA CARDIACA: MECCANISMI DI REGOLAZIONE IL LAVORO DEL CUORE. LEGGE DI FRANK STARLING E DI LAPLACE Considerati gli eventi biochimici che sostengono e influenzano la contrazione cardiaca e che verranno ripresi nel para- 30 DAVIDE GIROLA grafo concernente il sistema di conduzione specifico, si discute ora circa i meccanismi di regolazione della pompa cardiaca che, di fatto, determinano il lavoro del cuore. Come è noto, il muscolo può essere paragonato ad un motore capace d trasformare l’energia chimica potenziale all’interno di esso, in energia meccanica. La capacità di accorciarsi del muscolo per una certa distanza L, spostando o sollevando un carico P, oppure per accelerare l’energia cinetica di una massa (ad esempio quella sanguigna) o per vincere degli attriti, genera una forza che instaura un lavoro meccanico positivo o motore W+ = P • L. Ma il muscolo in attività, altrettanto notoriamente, possiede anche la capacità di resistere ad un allungamento prodotto da una forza esterna: in questo contesto il muscolo la funzione frenante del muscolo produce un lavoro negativo W- = F (- L); siamo nel tipico caso in cui il muscolo si contrae eccentricamente e la forza sviluppata dal muscolo è diretta, come nel lavoro concentrico positivo, verso il centro del muscolo stesso: in pratica il lavoro meccanico è svolto sul muscolo invece che dal muscolo. In base al rapporto tra lavoro positivo e lavoro negativo e considerando come esercizio muscolare il movimento promosso e sostenuto esclusivamente dalla contrazione muscolare, il lavoro del cuore può essere annoverato tra gli esercizi in cui tale ∆ ∆ ∆ 31 FIG 5b Diagramma forza/lunghezza statico di un muscolo sartorio di rana. l0 corrisponde alla lungheza ottimale alla quale il muscolo sviluppa la massima forza. Da: Cavagna, 1988 CARDIOLOGIA & FITNESS lavoro è usufruito per vincere gli attriti esterni ed il lavoro negativo dovuto all’azione frenante è nullo (rapporto W-/W+ = zero), esattamente come il nuoto e vari tipi di volo. In realtà, il lavoro sostenuto dalla pompa cardiaca (ventricolo) determinata per accelerare la massa sanguigna attraverso le valvole semilunari, definito come lavoro di accelerazione (per fornire l’energia cinetica di flusso sanguigno), costituisce solamente l’1% del lavoro totale del ventricolo, impegnato invece compiere un lavoro di “pressione-volume” che si instaura per trasportare il sangue dal sistema venoso a bassa pressione alle alte pressioni del sistema arterioso. In particolare, rifacendosi all’anatomia funzionale e alla fisiologia del muscolo, si capisce che la forza di contrazione del muscolo è in stretta dipendenza da variabili quali la velocità di accorciamento, la lunghezza del muscolo, gli aspetti biochimici ed enzimatici, la temperatura. Anche nel muscolo cardiaco è fondamentale riconsiderare il rapporto tra forza-lunghezza, forza-velocità e relativi diagrammi e curve; come in tutti muscoli striati pure nel muscolo cardiaco la forza di contrazione dipende dalla lunghezza iniziale; considerando il diagramma forza-lunghezza di una singola fibra muscolare (fig. 5) si intuisce che la lunghezza del sarcomero che si abbina alla contrazione più vigorosa è di circa 2,2µm, in accordo alla ben nota teoria dei “filamenti scorrevoli”: lo sviluppo della forza muscolare diminuisce in maniera direttamente proporzionale alla diminuzione del livello di affiancamento tra i filamenti spessi e quelli sottili, da cui dipende la diminuzione dei siti attivi. Ad esempio, per una lunghezza di 3,65µm, i filamenti di actina si trovano tutti al di fuori della banda A, per cui non può essere sviluppata tensione; contrariamente, un accorciamento dei sarcomeri (avvicinamento delle linee Z) inferiore a 2µm, provoca una sovrapposizione dei filamenti sottili e una diminuita sensibilità al Ca2+ dei siti attivi e dunque una riduzione della capacità di sviluppare la forza. L’interpretazione critica del diagramma forza-lunghezza della singola fibra muscolare suggerisce che solamente a lunghezze inferiori a quella ottimale, l’allungamento dei sarcomeri è seguito da un aumento di forza che si oppone all’allungamento medesimo. Nel muscolo cardiaco le fibrocellule muscolari dei ventricoli si allungano in maniera proporzionale al volume telediastolico (riempimento ventricolare). Le 32 DAVIDE GIROLA fibrocellule, in accordo col diagramma forza-lunghezza, risponderanno all’allungamento sviluppando una forza che è in funzione della lunghezza a cui sono sottoposte durante la diastole: se tali lunghezze sono inferiori a quella ottimale, durante la sistole le fibrocellule ventricolari, assicureranno lo sviluppo di una forza che sarà ideale per lo svuotamento fisiologico dei ventricoli, evitandone un eccessivo riempimento. In pratica il diagramma forza-lunghezza del sarcomero (fig. 5) rappresenta la base strutturale della legge del cuore di Frank-Starling. La legge dice che la forza di contrazione del ventricolo dipende dalla lunghezza che possiede alla fine della diastole (volume ventricolare telediastolico) e, in pratica, entro limiti fisiologici, la pompa cardiaca pompa tutto il sangue che ad essa giunge, evitando uno smodato ristagno di sangue nel sistema venoso. Oltre il diagramma forza-lunghezza, per comprendere la funzione e il lavoro del cuore, bisogna considerare anche il diagramma forza-velocità di accorciamento (fig. 6) o della “funzione motrice” di Hill, da cui si evincono importanti concetti che descrivono la funzione muscolare, quali ad esempio, la relazione tra la velocità di accorciamento e la forza sviluppata, la velo- 33 FIG 6 Diagramma forza/velocità di un muscolo sartorio di rana. I valori negativi indicano la velocità di allungamento del muscolo, i valori positivi la velocità di accorciamento. CARDIOLOGIA & FITNESS FIG 7 Diagramma pressione/volume. L’area EW rappresenta il lavoro netto esterno del ventricolo durante il ciclo di contrazione. Se il cuore pompa grandi quantità di sangue il diagramma si estende verso destra (maggior riempimento diastolico), verso l’alto (maggior pressione ventricolare) e verso sinistra (maggior riduzione di volume tramite stimolazione simpatica). cità massima di contrazione muscolare (Vmax), i concetti, la potenza e, in parte, il rendimento meccanico. La relazione forza-velocità si applica dunque anche al miocardio, anche se vi sono sostanziali differenze rispetto a quelle riscontrabili nel muscolo scheletrico; il muscolo scheletrico presenta una curva forza-velocità quasi fissa (diagramma forza-velocità come un iperbole a traslaz i o n e d’assi), dove per una data lunghezza iniziale la forza e a velocità sono sempre correlate nel medesimo modo. Nel cuore, in pratica, contrariamente a quanto accade nel muscolo scheletrico, il numero di miofibrille e di sarcomeri attivi durante la contrazione è costante, e non dipende dal reclutamento di unità motorie e dalla frequenza degli impulsi nervosi. Lo spostamento della curva forza-velocità del miocardio dipende da modificazioni della lunghezza iniziale e dello stato di contrattilità (stato inotropo), a sua volta dipendente, come verrà descritto più avanti, da stimolazioni adrenergiche o da altri fattori, come i farmaci inotropi cardiaci (glicosidi cardioattivi). Il lavoro del cuore può essere espresso graficamente tramite il “diagramma volume-pressione” direttamente connesso al ciclo cardiaco (fig. 7); i punti di riferimento fondamentali del diagramma sono le due curve di pressione diastolica e sistolica ventricolare, Fino ad un volume pari a circa 150ml di sangue, la pressione diastolica non subisce importanti incrementi, mentre la pressione sistolica cresce fino a raggiungere un valore massimo in corrispondenza ad un volume ventricolare di 150-170 ml circa, per poi decrescere per le conseguenze anatomo-funzionali 34 DAVIDE GIROLA FIG 8 Curve della gettata fisiologica del cuore umano. appena descritte. Le quattro fasi del ciclo cardiaco (periodo di riempimento I, periodo di contazione isovolumetrica II, periodo di eiezione III e periodo di rilasciamento isovolumetrico IV), rappresentate graficamente, delimitano l’area EW, rappresentante il lavoro esterno netto del cuore. Le curve di funzione ventricolare, (fig. 8) invece, rappresentano lo stato contrattile o inotropo del ventricolo e sono ottenute dalla relazione tra pressione atriale media (pressione telediastolica) e il lavoro sistolico (grammo/metri). Il lavoro sistolico, entro i limiti fisiologici (legge di Frank-Starling), dipende dalle variazioni della pressione atriale. Durante l’esercizio fisico, l’aumento della contrattilità ventricolare fa spostare la curva verso l’alto e verso sinistra, viceversa una riduzione della contrattilità ventricolare determina uno spstamento verso il basso e verso destra; comunque durante la stimolazione adrenergica che si riscontra durante l’attività fisica, il meccanismo di FrankStarling, come fattore determinante il lavoro del cuore, risulta secondario, rispetto alle variazioni riguardanti la contrattilità miocardica, la frequenza cardiaca, le resistenze vascolari periferiche, il ritorno venoso, i fattori neuro-ormonali, perché si osserva una modesta variazione del volume telediastolico. Lo stato di funzione ventricolare è ben rappresentato dalla frazione di eiezione, ovvero dal rapporto tra il volume telesistoli35 CARDIOLOGIA & FITNESS co e telediastolico. La regolazione dell’attività cardiaca è dunque determinata da tre fattori: 1 il precarico (volume telediastolico ventricolare), ovvero la lunghezza telediastolica delle fibre all’inizio della contrazione (meccanismo di Frank-Starling) 2 lo stato inotropo, rappresentato dalla curva di funzione ventricolare e, dunque, dal rapporto forza-velocità-lunghezza e dalle concentrazioni di Ca2+ (contrattilità miocardica) 1 3 il postcarico ventricolare, ovvero la “tensione” che il miocardio deve sviluppare durante la contrazione, 1rappresentato dalla gittata sistolica a sua volta dipendente dall’entità d’accorciamento delle fibre ventricolari. 1 Uno dei metodi utilizzati per la valutazione della contrattilità cardiaca consiste nella determinazione del rapporto dP/dt (mmHg/sec) che esprime la variazione di velocità della pressione ventricolare nel tempo. I dati sperimentali suggeriscono che la velocità (picco di velocità) con la quale la pressione ventricolare aumenta è correlata con la forza di contrazione; comunque il picco dP/dt dipende sia del precarico, sia dal postcarico: per evitare queste variabili, differenti da soggetto a soggetto, si è dunque ricorso ad altri criteri quantitatvi, dividendo per esempio, la dP/dt per la pressione ventricolare istantanea P: (dP/dt) /P. Il precarico è determinato dal volume ematico totale, dalla sua distribuzione e dal grado di contrazione atriale. In particolare il volume telediastolico del ventricolo, al di là dell’entità del volume ematico totale, è determinato dalla distribuzione sanguigna tra i compartimenti intra ed extratoracici, a sua volta dipendente dalla posizione del corpo, dalla pressione intratoracica, dalla pressione intrapericardica, dal ritorno venoso e dall’azione di pompa dei muscoli scheletrici in attività. La riduzione dei riempimenti e dunque del lavoro ventricolari, in ortostasi e in posizione eretta, è determinata dall’aumento della “frazione toracica”; durante l’inspirazione la pressione intratoracica diviene più negativa ed il ritorno venoso risultata aumentato; la venocostrizione che si riscontra durante l’esercizio fisico, ad opera della muscolatura liscia, e la spremitura del letto venoso da parte della muscolatura scheletrica, oppure durante gli stati ipotensivi o di stress emotivo, diminuisce la frazione di sangue extratoracica e aumenta quella intratoracica e dunque lo stato di contrattilità cardiaca. Anche la contrazione atriale ha un’influenza diretta sulla funzione della pompa cardiaca, in quanto capace di fare aumentare il riempimento ventricolare, il volume telediastolico e la frequenza cardiaca del 10-20%, fattore di importanza fondamentale che si riscontra proprio quando v’è una perdita della contrazione atriale nei casi di ipertrofia ventricolare concentrica. Lo stato inotropo o di contrattilità miocardica è correlato a numerosi fattori capaci di influenzare dunque le relazioni esi36 DAVIDE GIROLA stenti tra forza, lunghezza, velocità e concentrazione di calcio ionico. Tralasciando il fattore precarico, la stato contrattile del cuore è influenzato sinteticamente dai seguenti fattori: • tono o “drive” simpatico (attività nervosa adrenergica), che agisce aumentando stato inotropo e frequenza i contrazione, tramite l’azione della noradrenalina agente sui recettori beta-adrenergici del miocardio e attraverso la liberazione di catecolamine da parte della midollare del surrene e dei gangli simpatici • depressori fisiologici e farmacologici: questi fattori deprimono la curva forza-velocità; tra i depressori fisiologici si menzionano l’ischemia, l’ipossia, l’acidosi miocardica, mentre tra quelli farmacologici si ricordano i calcioantagonisti, i barbiturici, gli anestetici ed altri farmaci che verranno descritti nel 5°capitolo • agenti inotropi esogeni: tra questi si annoverano le sostanze “simpaticomimetiche” (calcio, caffeina ecc), i glicosidi cardiaci (isoproterenolo), in grado di migliorare il rapporto forza-velocità del miocardio e dunque potenziando la funzione ventricolare • fattori deprimenti legati a patologie: tra questi, a titolo di esempio, si ricorda la necrosi di una porzione di miocardio dovuta ad attacchi ischemici (infarto miocardico) e gli eventi legati all’insufficienza cardiaca cronica (scompenso cardiaco cronico), in grado di deprimere la funzione venticolare e lo stato di inotropismo intrinseco del cuore, indipendentemente dal precarico (volume telediastolico). Il postcarico ventricolare è valutabile durante il periodo di eiezione essendo rappresentato dalla tensione (o stiramento) che le fibre muscolari della parete ventricolare producono durante l’eiezione del sangue; la tensione delle fibre ventricolari dipende secondo la legge di Laplace 2 dal prodotto del raggio del 2 In base alla legge di Laplace, ventricolo per la pressione ventricolare intracavitaria diviso lo nel “cuore d’atlespessore di parete; in pratica la quota di accorciamento delle ta” (cap 2°) la tendella parete fibre muscolari ventricolari, indipendentemente dal precarico e sione ventricolare rimane dallo stato inotropo, è inversamente proporzionale al postcari- costante: co, che si oppone all’accorciaPressione Sistolica mento. Il postarico dunque tende = costante a ridurre l’accorciamento delle spessore parete/raggio cavità ventricolare 37 CARDIOLOGIA & FITNESS fibre muscolari, esattamente al contrario di quanto provoca l’aumento del precarico e della contrattilità. L’aumento della pressione arteriosa (che è in funzione del rapporto tra portata cardiaca e resistenze periferiche) provoca a sua volta l’aumento del postcarico; tale aumento si oppone all’accorciamento delle fibre del miocardio, riducendone la gittata sistolica (determinata all’entità d’accorciamento delle fibre e le dimensioni ventricolari) e la portata cardiaca: questi meccanismi di regolazione della funzione cardiaca, associati ad importanti meccanismi umorali a breve termine, tramite feedback, tendono a riportare la pressione arteriosa alle condizioni di normalità. 1. 5 IL MIOCARDIO SPECIFICO Il miocardio specifico rappresenta il sistema di formazione (autoeccitazione ritmica) e di conduzione degli impulsi cardiaci. Prima ancora di entrare nei dettagli si ricorda che tramite il sistema specifico, in condizioni di normalità: • gli atri si contraggono prima dei ventricolo (circa 1/6 di secondo prima, fungendo dunque da “pompe d’innesco” per i ventricoli potenziandone l’aliquota di sangue ventricolare: l’impulso viene “ritardato” nel nodo atrioventricolare A-V) • tutte le parti ventricolari (attraverso il sistema di HisPurkinje) si contraggono simultaneamente in modo da rendere la pompa cardiaca potente ed ergonomica • le fibre adrenergiche e colinergiche, innervando il miocardio specifico, determinano la bilancia simpato-vagale, dalla quale scaturisce la velocità di scarica degli impulsi e la funzione cardiovascolare in toto. Anatomia (fig. 3). Il nodo senoatriale, denominato anche nodo S-A o nodo del seno, identificato dai fisiologi inglesi Keith e Flack nel 1907, è una struttura di miocardio specifico a forma di fuso elissoidale (spessa 1 mm, larga 2-3 mm e lunga 15mm) posizionata sulla superficie epicardica dell’atrio destro appena a lato e al di sotto dello sbocco della vena cava superiore; Il nodo S-A è irrorato, nella maggior parte dei casi, dall’arteria che origina dalla coronaria destra (60%) o dall’arteria circonflessa (40% dei casi) la conduzione degli impulsi in alcu38 DAVIDE GIROLA ne parti dell’atrio è più rapida: in particolare, nelle fibre del fascio interatriale anteriore l’eccitamento cardiaco, dalle pareti atriali anteriori fino all’atrio sinistro, raggiunge la velocità di circa 1 metro/secondo, rispetto a quella di 0,3 metri/secondo della restante muscolatura atriale. Le fibre del nodo S-A possiedono una ritmicità automatica di maggior grado rispetto alle altre fibre del miocardio specifico ed alle altre fibre del miocardio; ciò è dovuto alla scarsa tenuta della membrana delle fibre del nodo S-A al sodio ionico, così che il “potenziale di riposo” risulta essere meno negativo (- 55 mV) rispetto a quello delle fibre muscolari del ventricolo (variabile da – 85 a – 95 mV). Il nodo del seno è riccamente innervato dalle fibre nervose adrenergiche e colinergiche postgangliari che regolandone la velocità di scarica; in particolare, la stimolazione vagale, attraverso il rilascio di acetilcolina, rallenta la velocità di scarica, contrariamente agli effetti dovuti alla noradrenalina rilasciata dalle fibre adrenergiche. L’impulso che si diparte dal nodo S-A e dal tessuto perinodale, giunge al nodo o giunzione atrioventricolare (A-V) (descritto nel 1906 da Aschoff e Tawara), collocato sotto l’endocardio atriale destro e anteriormente al seno coronarico e aldisopra dell’annulus della valvola tricuspide; in flusso sanguigno nel nodo A-V è sostenuto nel 90% dei casi dall’arteria coronaria discendente posteriore. Nel nodo A-V la conduzione diventa lenta (circa 0,05 m/sec,1/8 di quella delle fibre del miocardio non specifico); la lentezza è dovuta principalmente dal fatto che le fibre nodali sono molto più piccole delle altre fibre comuni atriali, fibre che, tra l’altro, contengono un esiguo numero di giunzioni serrate (vedi “sincizio funzionale” del miocardio) che non facilitano il movimento ionico come avviene * In condizioni nelle altre fibre miocardiche comuni. La contrazione atriale, in fisiologiche, la conduzione del potenanticipo rispetto a quella ventricolare (intervallo PR dell’elettro- ziale d’azione cardiogramma), come è stato affermato precedentemente, lungo il fascio A-V avviene soltanto in permette agli atri di svuotare il loro contenuto ai ventricoli maniera anterograprima della loro sistole. Dal nodo A-V si origina il fascio di His da e cioè soltanto atri ai ventri(1893) o fascio A-V * che, percorrendo la parete membrano- dagli coli; del resto la sa del setto interventricolare, giunge nella sua porzione dista- membrana fibrosa le dando origine a due ramificazioni: la branca sinistra e la continua esistente tra gli atri ed i venbranca di destra, più sottile. Le branche si ramificano origi- tricoli ha la stessa nando il sistema periferico His-Purkinje che, in sede sottoen- funzione. 39 CARDIOLOGIA & FITNESS FIG 9 Corrispondenza tra il ciclo QRS-T dell’ECG e le diverse fasi del potenziale d’azione. docardica ventricolare, formano fibre intrecciate che trasmettono l’impulso quasi contemporaneamente all’endocardio ventricolare sinistro e destro. Il fascio di His, dunque, percorre il setto interventricolare per circa 5-15mm verso l’apice cardiaco ed è nutrito dall’arteria del nodo A-V e dai rami della coronaria discendente anteriore; l’impulso cardiaco compie in media 0,03 secondi per passare dal fascio A-V alle terminazioni delle fibre di Purkinje. Dalle fibre di Purkinje l’impulso giunge alla muscolatura ventricolare con una velocità inferiore a quella raggiunta nelle fibre del miocardio specifico. In particolare, l’impulso cardiaco che si trasmette dalla superficie endocardica e quella epicardica del ventricolo, segue un andamento obliquo dovuto alla disposizione a spirale della muscolatura cardiaca; tale impulso richiede altri 0,03 secondi, determinando un tempo complessivo di trasmissione (dalle branche all’epicardio) di circa 0,06 secondi. L’attivazione della cellula cardiaca provoca un movimento ionico attraverso la membrana, in grado di generare una transitoria depolarizzazione della membrana, denominata “potenziale d’azione”; nel muscolo atriale e ventricolare e nel sistema His-Purkinjie, hanno parti ascendenti rapide (fase 0) grazie alla presenza dei canali sodio-calcio rapidi, nel nodo S-A e del nodo A-V la fase ascendente dei loro potenziali d’azione risultano essere lente per la prevalenza di canali calcio-sodio lenti. Una rappresentazione schematica del potenziale d’azione di una cellula cardiaca contempla 5 fasi (fig. 9) La fase 4, equivale al potenziale di membrana a riposo (come si è detto nel ventricolo varia da -85 a -95 mV), dove la concentrazione di potassio K+ intracellulare risulta essere elevata: uno stimolo che riduce i potenziale di membrana al valore di soglia vicino a -70mV (come accade nelle fibre di Purkinje), provoca un rapido aumento della permeabilità della membrana al sodio Na+ avviene dunque la depolarizzazione, determinando il tratto rapido ascendente del potenziale d’azione (fase 0). L’inizio della ripolarizzazione (fase 1) è rapida ma poi avviene il “pla40 DAVIDE GIROLA teau” (fase 2) caratteristico delle cellule cardiache determinato dai canali calcio-sodio lenti ma anche dal fatto che la permeabilità della membrana del miocardio per il potassio K+ diminuisce di circa 5 volte durante il potenziale d’azione,fatto che impedisce la ripolarizzazione precoce della membrana. Dopo il “plateau”, la fase 3 è caratterizzata dall’emissione degli ioni K+ e dunque dal ripristino della negatività intracellulare (ripolarizzazione rapida); il ritorno alla fase 4 è rappresentato dal ripristino dell’equilibrio ionico ed allo stato di riposo con bassi livelli di Na+ intracellulare ed alta concentrazione di K+intracellulare. Il periodo refrattario determina la refrattarietà di una cellula cardiaca ad eccitarsi nuovamente per l’effetto di un nuovo potenziale d’azione o, in altre parole, un secondo potenziale d’azione, anche se molto intenso, non può aver luogo fintanto che dura la depolarizzazione della fibra stessa (periodo refrattario assoluto, determinato dall’inattivazione dei canali del sodio e/o del calcio); nel periodo refrattario relativo è possibile invece, tramite stimoli di intensità abnormale, rieccitare la fibra e rappresenta il proseguire del periodo refrattario effettivo, dove un nuovo stimolo è in grado di provocare una risposta locale e non propagata (come avviene nel nodo A-V). Dunque il nodo senoatriale S-A funge da “segnapassi” o pacemaker ma, in talune situazioni patologiche, in un’altra parte del cuore può accadere che si sviluppi una frequenza di scarica ritmica più alta di quella del nodo S-A: questo pacemaker anomalo viene definito ectopico. Riassunto. Le correnti elettriche che diffondono nel miocardio derivano dalle cellule che regolano il ritmo (pacemaker), dal tessuto di conduzione specifico (miocardio specifico) e dal muscolo cardiaco medesimo. Il potenziale di depolarizzazione (stimolazione) origina dal nodo S-A dove le cellule pacemaker sono dotate di automatismo. Nella prima fase l’onda di depolarizzazione negli atri è seguita dalla contrazione atriale: l’impulso poi si dirige verso il nodo A-V e il fascio di His, che insieme formano la giunzione A-V. Il fascio di His si divide in due fasce (branche),destra e sinistra che, attraverso e fibre di Purkinje, trasmettono le onde di depolarizzazione al miocardio di ventricoli destro e sinistro, il fascio sinistro a sua volta si divide in nel ramo sinistro anteriore e nel ramo 41 CARDIOLOGIA & FITNESS sinistro posteriore. L’elettrocardiogramma (ECG) registra solamente i potenziali di depolarizzazione e ripolarizzazione (riposo). L’ECG è composto da un’onda P, di un complesso “QRS”, dal segmento ST e dalle onde T e U. Le onde P e le componenti del complesso QRS dunque sono onde di depolarizzazione, rispettivamente degli atri e dei ventricoli, mentre il tratto ST-T-U (segmento ST ed onde T e U) rappresentano la ripolarizzazione ventricolare (in condizioni di normalità le onde di ripolarizzazione degli atri sono troppo basse per essere rilevate). Esiste una corrispondenza tra le onde ORS-T e i potenziali di azione ventricolari (fig. 10): la fase 0 corrisponde all’inizio del complesso QRS, la fase 2 (plateau) corrisponde al segmento ST, mentre la ripolarizzazione attiva (fase 3) corrisponde all’inizio dell’onda T. Dunque l’onda P appare immediatamente prima dell’inizio della contrazione atriale ed il complesso QRS appena prima dell’inizio della contrazione ventricolare; i ventricoli, per alcuni millesimi di secondo, rimangono contratti sino dopo l’avvenuta ripolarzzazione (fine dell’onda T). L’ECG (per approfondimenti vedi 4°capitolo) è registrato su carta millimetrata e le suddivisioni orizzontali corrispondono più piccole (1mm) corrispondono a 0,04 sec (40ms), mentre le linee più marcate corrispondono ad intervalli di 5 mm (0,2 sec o 200ms) dato che la carta possiede normalmente una velocità di 25mm/s; nell’ECG si rilevano quattro intervalli principali: R-R, PR, QRS e QT. La valutazione dell’intervallo può dare utili indicazioni sulla bilancia “simpato-vagale” e sull’entità della frequenza cardiaca, l’intervallo PR (120-200ms) indica il tempo che passa tra la depolarizzazione atriale e quella ventricolare; l’intervallo QRS (100ms) indica la durata della depolarizzazione ventricolare, mentre l’intervallo QT (indica il tempo necessario per la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare e risulta essere inversamente proporzionale alla frequenza cardiaca (0,44 sec) 1. 6 PRINCIPI DI EMODINAMICA FLUSSI, RESISTENZE E PRESSIONI Il principio fondamentale dell’emodinamica è rappresentato dalla legge di Ohm (Q= P/R), dove il flusso in un vaso sanguino (Q) è direttamente alla differenza di pressione tra le due estremità del ∆ 42 DAVIDE GIROLA ∆ vaso ( P) e inversamente proporzionale alla resistenza (R); dunque il flusso è determinato dalla differenza di pressione esistente agli estremi del vaso e non dal valore assoluto della pressione; il flusso laminare è il flusso di sangue che scorre in maniera costante nella direzione dell’asse vasale, disponendosi in strati concentrici; nel flusso turbolento, opposto a quello laminare, il sangue si muove anche nella direzione del diametro vasale: la tendenza alla turbolenza del flusso sanguigno è espressa dal numero di Reynold (Re) ed è direttamente proporzionale al diametro del vaso d (cm) e alla velocità del flusso v (cm/sec) ed è inversamente proporzionale alla viscosità ρ (poisies) divisa per la sua densità η; nelle arterie il numero di Reynold varia dai 200 ai 400, ma in prossimità dell’aorta e dell’arteria polmonare si eleva anche ad alcune migliaia. La resistenza4 rappresenta l’impedimento al flusso sanguigno all’interno di un vaso. In base alle legge di Ohm, la resistenza nel letto vascolare sistemico (RVS) 5, in condizioni di riposo, è direttamente proporzionale alla differenza tra la pressione media sistemica (pressione media in aorta PAM: 100mmHg) e la pressione media nell’atrio destro (PAD: 28mmHg) e inversamente proporzionale al flusso sistemico (Fs in l/min); la resistenza nel letto vascolare polmonare (RVP) è direttamente proporzionale alla differenza tra la pressione in arteria polmonare (PPM: 9-18mmHg) e la pressione in atrio sinistro (PAS e inversamente proporzionale al flusso polmonare Fp (l/min). ∆ P Legge di Ohm: Q= ——— R 80 (PAM PAD) 80 (PPM – PAS) RVS= ——————— ; RVP= ——————— Fs Fp ρ Pr4 Conduttanza ∝ Diametro 4; legge di Poiseuille Q = ———— 8η l ∆ La conduttanza di un vaso è il reciproco della resistenza ed è la quantità di flusso ematico in un vaso per un certo gradiente di pressione; in particolare la conduttanza aumenta in proporzione della quarta potenza del diametro vasale. Il marcato aumento della conduttanza in funzione del diametro (anche se quest’ultimo aumenta di soltanto di quat43 4 A riposo, il valore del flusso ematico è di circa 100 ml/sec e P tra arterie e vene sistemiche è di circa 100mmHg: da ciò deriva che la resistenza complessiva della circolazione sistemica è (legge di Ohm) a 100/100 ovvero 1, definita come U. R. P. (unità di resistenza periferica); nel corso dell’esercizio fisico (aumento di flusso, pressioni e vasodilatazione) l’U. R. P può ridursi a circa 1/3 dei valori a riposo (0,3-0,2 U. R. P.). Nel circolo polmonare l’U. R. P. è di circa 0,14. 5 RVS e RVP sono espresse in unità del sistema CGS (centrimetro,grammo, secondo), ovvero in dyne x sec/cm5; 80 è la costante di conversione in unità metrico-decimale; RVS risulta essere normalmente compresa tra i 700-1600 dyne x s/cm5, mentre RVP può assumere valori compresi tra i 20 e i 130 dyne x s/cm5. CARDIOLOGIA & FITNESS 6 La viscosità del sangue è di circa 3 volte quella dell’acqua ed è in funzione del volume percentuale di sangue rappresentato dalle cellule (ematocrito); in particolare nei piccoli vasi, dove la resistenza è maggiore, la viscosità del sangue può ridursi anche della metà, grazie all’effetto FahraeusLindqvist caratterzzato da un allineamento dei globuli rossi, effetto che comunque viene controbilanciato dalla notevole riduzione della velocità capillare (0,3 mm/sec) e all’adesione delle emazie fra di loro e alle pareti vasali o al blocco del flusso capillare per qualche frazione si secondo. 7 La gettata cardiaca viene espressa mediante l’indice cardiaco (I. C.) corrispondente alla gettata cardiaca per metro quadrato di superficie corporea. Per un uomo di 70 Kg, la superficie corporea di circa 1,7 m e l’I. C. risulta essere circa 3-3,5 litri al minuto e per metro quadrato. 8 È la pressione rilevabile in qualsiasi punto della circolazione sistemica se si arrestasse completamente il flusso. tro volte) si evince dalla legge di Jean Leon e Marie Poiseuille, in cui l’entità del flusso sanguigno Q è direttamente proporzionale al gradiente pressorio tra gli estremi del vaso moltiplicato per la quarta potenza del vaso r e inversamente proporzionale alla sua lunghezza l e la viscosità 6 del sangue. In sostanza, la legge di Poiseuille è sostenuta dalle caratteristiche intrinseche del “flusso laminare” in cui il sangue adiacente all’endotelio vasale scorre con notevole difficoltà, mentre il flusso di. sangue che scorre negli anelli concentrici più lontani dalla parete vasale è via via sempre più veloce. 1. 7 GETTATA CARDIACA E RITORNO VENOSO: VALUTAZIONE E REGOLAZIONE La gettata cardiaca Q rappresenta il volume di sangue che la passa per il cuore ad ogni minuto (volume/minuto cardiaco); nell’individuo adulto, allo stato di riposo, è di circa 5-6 l/min: in ortostatismo si riduce del 10-20%, ed è influenzata dall’età, dal sesso e dalle dimensioni corporee7. La gettata cardiaca è influenzata da numerosi fattori e variabili. 1. Ritorno venoso (RV) (e dunque il precarico e la legge di Frank-Starling), a sua volta determinato dai seguenti fattori: a il riempimento ventricolare provoca uno “stretching” della parete atriale destra che stimola il nodo del seno ed evoca il riflesso nervoso di Bainbridge: questi due eventi contribuiscono ad aumentare la frequenza cardiaca di del 10-15%; dunque la gettata cardiaca è determinata dall’entità dei flussi sanguigni locali e quindi dalla risultante del metabolismo locale dei vari tessuti: è implicito che l’attività fisica (aumento dei flussi in determinati distretti, aumento del consumo di ossigeno) costituisce un fattore determinante (incremento) della gettata. b la pressione circolatoria media di riempimento8 (MSFP) che in condizioni di normalità assume valori medi di 7mmHg, è in stretto rapporto col volume del sangue, e direttamente influenzata dal ruolo de sistema nervoso autonomo; c a resistenza al ritorno venoso (RRV) è quella che si oppone 44 DAVIDE GIROLA alla spinta che subisce il sangue per ritornare al cuore destro è determinato per 2/3 dalla resistenza venosa e 1/3 da quella delle piccole arterie e arteriole: il suo valore si evince dalla formula sotto enunciata e dipende dalla pressione sistemica media di riempimento (MSFP), dalla pressione atriale destra (PAD) e, logicamente, dal ritorno venoso (RV): MSFP - PAD RV = ——————— RRV Normalmente il suo valore è di circa 1,4-1,5 mmHg, con una pressione atriale destra di 0mmHg; in particolare un lieve aumento della pressione atriale provoca la drastica diminuzione del ritorno venoso e quindi della gettata e della pressione arteriosa. Via via che la pressione atriale destra aumenta, la pressione arteriosa subisce un decremento e vengono ad equivalersi nel sull’asse delle ascisse (PSR) della figura 10 corrispondente a 7 mmHg definito come pressione sistemica media di riempimento; d gradiente di pressione per il ritorno venoso: più è grande la differenza tra la pressione sistemica media di riempimento pressione dell’atrio destro, più elevato risulta essere il ritorno venoso. 2. Resistenza periferica totale: in base alla legge di Ohm, si intuisce che un aumento della resistenza periferica totale fa diminuire il valore di gettata cardiaca, mentre una sua diminuzione ne provoca un aumento. 45 FIG 10 Curva del ritorno venoso in condizioni di normalità. Il plateau corrisponde al collasso delle grandi vene che affluiscono nel torace. CARDIOLOGIA & FITNESS Pressione Arteriosa Gettata cardiaca = ————————————— Resistenza Periferica Totale 9 A livello capillare, l’aumento della gettata cardiaca provoca l’aumento dell’essudato all’esterno dei capillari (verso i tessuti) con diminuzione del volume a livelli di norma; il fenomeno di stressrilasciamento riguardante le vene è particolarmente evidente a livello di fegato e milza che diventano importanti serbatoi di sangue; l’eccessivo flusso sanguigno periferico eleva i valori di resistenza periferica. 3. Stimolazione e inibizione simpatica: la stimolazione simpatica potenzia lo stato inotropo del cuore e, attraverso la vasocostrizione periferica, fa elevare la resistenza al ritorno venoso senza cospicue variazioni della pressione atriale destra; le stimolazioni massimali del simpatico provocano l’aumento progressivo della gettata sino a valori anche doppi del normale; l’inibizione simpatica, attraverso una caduta dei valori pressori medi di riempimento sistemico e la diminuzione dell’efficienza della pompa cardiaca anche del 70-80%, provoca la riduzione della gettata di circa il 55-60% del normale. 4. Variazioni del volume sanguigno: l’aumento del volume sanguigno eleva il valore della pressione sistemica media di riempimento e del ritorno venoso, il che corrisponde ad aumento di gettata anche di 3 volte rispetto a quelle normali; tale aumento viene comunque compensato nel giro di alcune diecine di minuti da fenomeni9 in grado di determinare l’incremento di resistenza della circolazione periferica attraverso la costrizione vasale. Una diminuzione del volume di sangue e una dilatazione venosa acuta (per un’improvvisa e anomala diminuzione del sistema simpatico) possono esssere responsabili di una marcata riduzione di gettata, tali da provocare uno schock circolatorio. 5. Variazioni indotte dalle malattie sistemiche: l’aumento della gettata cardiaca può essere determinato da alcune malattie in grado di diminuire la resistenza periferica totale quali, ad esempio,gli stati di ipovitaminosi (come il deficit di tiamina nel “beri-beri), l’ipertiroidismo, l’anemia, la fistola arterovenosa (shunt), turbe psicologiche come l’ansia. Una diminuzione della gettata può essere determinata da importanti patologie che hanno un’influenza diretta sul cuore alterandone profondamente la funzione di pompa (precarico, stato inotropo e post carico) e i livelli metabolici del miocardio: tra queste patologie vi sono l’infarto miocardico acuto, le lesioni valvolari gravi, le miocarditi, le alterazioni determinate dall’artrite reumatoide e dalle collagenopatie vascolari e da neopla46 DAVIDE GIROLA sie quali i carcinoidi e il feocromocitoma, nelle quali si possono riscontrare abnormi livelli di catecolamine e di altre sostanze vasoattive (serotonina e chinina); altri importanti effetti di patologie sul sistema cardiovascolare, in grado di variarne l’emodinamica, saranno trattati nei prossimi capitoli. 1. 8 REGOLAZIONE DELLA CIRCOLAZIONE E MECCANISMI DI CONTROLLO DELL’OMEOSTASI PRESSORIA Premessa La regolazione della circolazione avviene sia a livello locale (in base alle esigenze dei tessuti e meccanismi di autoregolazione dei flussi sanguigni locali, tramite agenti vasocostrittori e vasodilatatori di tipo umorale, siano essi ormoni o ioni), sia a livello centrale, attraverso l’intervento del sistema nervoso centrale che agisce a più livelli, in prevalenza riguardanti l’attività della pompa cardiaca ed il controllo “rapido” della pressione arteriosa. Il ruolo della sezione simpatica è predominante rispetto a quello esercitato dalla sezione parasimpatica. Il sistema simpatico ha un ruolo prevalentemente vasocostrittore, anche se possiede fibre vasodilatatrici; il sistema parasimpatico agisce tramite i nervi vaghi e a livello del controllo della circolazione agisce in maniera importante soltanto sulla frequenza cardiaca. L’attività efferente simpatica origina nella formazione reticolare del bulbo e nel terzo inferiore del ponte, chiamata “centro vasomotore”, in cui sono state individuate 3 aree: l’area C-1 vasocostrittrice, l’area A-1 vasodilatatrice e l’area A-2 sensitiva che raccoglie i segnali dai nervi vago e glossofaringeo, in grado di modulare l’attività vasomotoria (sia essa vasocostrittrice o vasodilatatrice); il tono vasomotore, in condizioni di normalità, garantisce un parziale grado di tensione dei vasi del sistema circolatorio, ed è il risultato della continua attività simpatica, senza il quale si avrebbe una drastica caduta dei livelli pressori. Il sistema nervoso simpatico esplica la sua funzione attraverso la liberazione di catecolamine: la noradrenalina (NA), l’adrenalina e la dopamina che sono 47 CARDIOLOGIA & FITNESS sintetizzate a partire dall’aminoacido tirosina e vengono immagazzinate nelle terminazioni simpatiche e nella midollare del surrene (tessuto cromaffine) in granuli sub cellulari, per poi essere liberate per esocitosi. Le catecolamine interagiscono con le cellule effettrici che possiedono recettori specifici disposti sulla loro superficie. I recettori alfa-adrenergici, interagendo con NA e A mediano la vasocostrizione, il rilasciamento intestinale e la pupilla, mentre i recettori beta-adrenergici mediano la vasodilatazione e la broncodilatazione, la lipolisi e potenziano lo stato inotropo del cuore. Meccanismi di controllo e regolazione della pressione arteriosa I meccanismi deputati al controllo dell’omeostasi distinguono a seconda della velocità con cui manifestano la loro funzione fisiologica. Meccanismi di controllo ad azione rapida: - riflesso barocettivo a feedback negativo (inclusi i recettori di bassa pressione) - meccanismo chemocettivo - meccanismo ischemico del SNC Meccanismi di controllo a medio termine: - meccanismo vasocostrittore del sistema renina-angiotensina - processo stress-rilasciamento delle strutture vascolari - meccanismi di riequilibrio del volume ematico Meccanismi di controllo a lungo termine: - meccanismo reni-liquidi corporei (sistema renina-angiotensina-aldosterone) 10 Tale riflesso è di estrema importanza durante la variazioni di posture del corpo, ad esempio quando l’individuo passa dal clino all’ortostatismo. Il riflesso barocettivo10 è determinato dallo stiramento dei barorecettori del seno carotideo e dell’arco aortico dovuto ad un aumento della pressione arteriosa; gli impulsi afferenti provenienti dai seni carotidei passano, tramite il nervo di Hering al nervo glossofaringeo, sino a raggiungere il nucleo del tratto solitario del tronco encefalico NTS (fig. 11) dove, segnali di secondo ordine provocano l’inibizione dell’attività simpatica centrale, con riduzione del centro vasocostrittore ed eccitazione del centro vagale; in sostanza, il riflesso barocettivo rap48 DAVIDE GIROLA presenta un sistema di regolazione a feedback negativo, dove aumenti o diminuzioni dei valori pressori determinano rispettivamente l’inibizione o lo stimolo dell’attività neurovegetativa. In pratica la riduzione della pressione arteriosa, in caso di rapido aumento, tramite l’intervento dei barocettori, avviene in pochi decine di secondi, per diminuzione sia della gettata cardiaca, sia della resistenza periferica. Il meccanismo chemocettivo è la risultante della stimolazione dei chemocettori che sono cellule influenzabili da un deficit di ossigeno ed ad un eccesso di anidride carbonica ed idrogenioni, situate nei corpi carotidei e nei corpi aortici; dai corpi carotidei e aortici, irrorati da piccole arterie, le fibre afferenti decorrono lungo i nervi vaghi e di Hering sino a raggiungere il centro vasomotore; 49 FIG 11 Regolazione simpatica della circolazione. CARDIOLOGIA & FITNESS FIG 12 Regolazione della pressione arteriosa. 11 A livello cerebrale esiste un’altra risposta ischemica del sistema del sistema nervoso: la reazione di Cusching, caratterizzazata. quando la pressione arteriosa diminuisce al di sotto di un valore critico, la riduzione dei livelli di ossigeno e l’accumulo di anidride carbonica e idrogenioni stimola i chemocettori ad eccitare la risposta simpatica centrale e viceversa. I riflessi atriali e dell’arteria polmoare sono determinati da recettori di bassa pressione disposti sulle pareti, sensibili alle variazioni di volume sanguigno e contribuiscono all’omeostasi pressoria malgrado variazioni volumetriche di una certa portata. Quando, a livello encefalico, si crea una situazione ischemica, essa provoca una potente e rapida stimolazione e risposta di vasocostrizione simpatica, tale da determinare un aumento della pressione arteriosa; questo meccanismo definito come “risposta ischemica del sistema nervoso centrale”11 fornisce il suo massimo effetto soltanto quando la pressione scende a livelli prossimi a quelli letali (15-25mmHg). Il meccanismo reni-liquidi corporei è un meccanismo di controllo della pressione arteriosa a lungo termine e si basa sulla capacità dei reni di eliminare il liquido extracellulare in eccesso (diuresi da pressione) e il cloruro di sodio (natriuresi da pressione); questo meccanismo viene bene rappresentato dalla figura rappresentante il confronto della curva di eliminazione renale con la curva dell’assunzione di acqua e sale; il punto di equilibrio definisce il livello al quale la pressione arteriosa viene regolata; dunque, da questo grafico, si capisce che la regolazione a lungo termine della pressione primariamente sono (fig. 12): a il grado di spostamento della curva della funzione renale (che può modificarsi per una disfunzione dei reni12, senza che si sia modificata il livello d’assunzione di acqua e sale) 50 DAVIDE GIROLA b il livello della retta rappresentante l’assunzione di acqua e sale (in grado di far salire la pressione arteriosa. Il sistema renina-angiotensina13 vasocostrittore, esplica il suo ruolo nel controllo della pressione arteriosa essendo soprattutto influenzato dalla volemia che determina il grado di secrezione dell’ enzima renina 14 dell’apparato iuxtaglomerulare del rene (dove è immagazzinata in una forma inattiva, la (prorenina), la cui funzione globale è correlata all’aldosterone in un ciclo di feedback negativo. La renina non è una sostanza vasoattiva ma agisce su una plasmaproteina, il substrato della renina (angiotensinogeno) in grado di liberare l‘angiotensina I, la quale, tramite un’enzima convertitore presente nell’endotelio dei vasi polmonari (Angiotensin Converting Enzyme - “ACE”), viene trasformata in angiotensina II, un vasocostrittore molto potente che viene inattivato nel giro di uno o due minuti dagli enzimi chiamati angiotensinasi. L’angiotensina II innalza i valori pressori tramite due meccanismi (fig. 13): • la vasocostrizione delle arteriole e delle vene che aumenta la resistenza periferica totale e il ritorno venoso aumentando lo stato inotropo cardiaco • la ritenzione renale di cloruro di sodio e acqua, dovuta sia all’azione diretta sui reni (vasocostrizione capillari peritubulari), sia attraverso la stimolazione e conseguente secrezione da parte della corteccia surrenale di aldosterone (che agisce a livello dei tubuli renali): l’effetto produce l’aumento del volume extracellulare di liquido e una diminuzione dell’eliminazione renale anche di 6 volte del normale. 1. 9 FLUSSO SANGUIGNO LOCALE: FATTORI DI REGOLAZIONE CONTROLLO ACUTO TESSUTALI E UMORALI. E A LUNGO TERMINE DELLA MICROCIRCOLAZIONE L’importanza fisiologica del controllo del flusso sanguigno locale (fig. 14) da parte de tessuti è dovuta al fatto che se tutto dipendesse dal sistema circolatorio, esso dovrebbe possedere una portata molto più elevata di quanto la pompa cardiaca è in grado di sopportare; il flusso sanguigno locale è principalmente 51 12 La pressione arteriosa, in base alla sua equazione fondamentale, si basa dal prodotto della gettata cardiaca la resistenza periferica totale; in realtà l’aumento della resistenza periferica totale non può essere considerato come meccanismo a lungo termine della pressione, in quanto viene compensata nel giro di 24 ore. È infatti, l’aumento della resistenza vascolare renale il fattore responsabile dell’instaurarsi dell’“ipertensione”a lungo termine. Inoltre ad un aumento a lungo termine della resistenza periferica totale corrisponde una diminuzione della gettata cardiaca e viceversa. 13 Il sistema renina-angiotensina esercita la sua massima funzione dopo 20 minuti dalla sua attivazione e risulta essere quindi molto più lento dei meccanismi dettati dal sistema simpatico attraverso le catecolamine. 14 scoperta nel 1940 da Page, Braun-Menendez ed Helmer. CARDIOLOGIA & FITNESS FIG 13 Schema del sistema reninaangiotensina. Ansiotensinogeno (fegato) Liberazione di renina RENE Angiotensina I Regolazione • S. N. Simpatico • pressione perfusione renale • carico di sodio del tubulo renale • vasopressina • K+, Ca++ Impulsi simpatici 15 Il flusso locale, espresso in ml/min/100g di organo, è molto elevato nella tiroide (150ml/min/100g) e nelle ghiandole s u r r e n a l i (300ml/min/100g); nei muscoli a riposo risulta essere m olt o b as so (4ml/min/100g), quasi come quello relativo alle ossa ed alla cute. 16 la vasomozione s i re aliz z a a livello degli sfinteri precapillari che si aprono e si chiudono varie volte al m inut o, ciclic a mente e in proporzione alle necessità metaboliche del tessuto. Angiotensina II Ritenzione del sodio (azione diretta sul tubulo) Sete Secrezione aldosterone Vasocostrizione subordinato dal metabolismo dell’organo e del tessuto a cui ci si riferisce15. Il flusso sanguigno viene mediato da: sostanze vasodilatatrici: l’adenosina è la sostanza ritenuta più importante soprattutto a livello coronarico, ma vengono considerati pure altri prodotti di degradazione dell’adenosintrifosfato, l’istamina, l’anidride carbonica, gli idrogenioni e gli ioni K+. richiesta di ossigeno a livello tessutale e dunque alle richieste di sostanze nutritizie da parte del tessuto, in grado di influenzare la vasomozione 16 di una “unità tessutale”, formata da una metarteriola, un capillare singolo ed il circostante tessuto. Due fenomeni di regolazione metabolica del flusso sanguigno locale sono rappresentati dall’iperemia reattiva (che avviene allorché il flusso di sangue in un distretto si viene per qualche motivo interrompere, a cui sussegue, quando la circolazione ritorna nella norma, un aumento del flusso che 52 DAVIDE GIROLA p uò e sse re anche di 5 volte s up e riore a quello fisiologico, se lo stop c ircolat orio è d ura t o ore ) , e dall’iperemia attiva, tipica del muscolo scheletrico in attività, in cui la vasodilatazione è promossa dalle cellule che hanno esaurito le sostanze nutritive del liquido interstiziale e liberano così sostanze vasodilatatrici. Il flusso sanguigno non subisce grandi variazioni, pure se i valori della pressione arteriosa divengono rilevanti, grazie al fenomeno di autoregolazione del flusso sanguigno determinato, secondo la fisiologia da due teorie: la teoria metabolica, dove l’ingente flusso ematico che giunge in periferia, trasporta in loco eccessive quantità di sostanze nutritive, allontanandone quelle vasodilatatrici la teoria miogena,17 in cui i meccanismo di autoregolazione fa sì che non vi sia una marcata vasodilatazione indotta da aumenti pressori, proprio per un fenomeno di autodifesa messo in atto dalla muscolatura liscia vasale che si oppone allo stiramento per proteggere i capillari da aumenti repenti ed eccessivi di pressione Vasodilatazione delle arteriole e delle piccole arterie: il fattore rilasciante endoteliale (EDRF) L’endotelio, lo strato unicellulare a diretto contatto col sangue, possiede cellule attive sotto il profilo metabolico; se l’endotelio è sottoposto a “stress da taglio” determinato dall’aumento del flusso sanguigno (dilatazione arteriolare secondaria all’aumento di flusso microvascolare), esso libera un fattore di rilasciamento a rapida diffusione e notevole labilità, chiamato endothelium-derived relating factor (EDRF), tramite il quale avviene il controllo del lume di arteriole e arterie. La liberazione dell’EDRF è stimolata anche da sostanze quali L’ATP, l’ADP, la serotonina, l’acetilcolina, la trombina. Un altro vasodilatatore di 53 FIG 14 Variazione del flusso ematico muscolare in seguito ad aumento della pressione arteriosa. 17 Nei reni il controllo del flusso sanguigno è costituito dal feedback tubuloglomerulare,composto da un meccanismo vasodilatatore a fededback della arteriola afferente e a un meccanismo vasocostrittore a feedback della arteriola efferente: in pratica, la composizione del liquido contenuto del primo tratto del tubulo distale manda segnali all’apparato iuxtaglomerulare, in rapporto con l’arteriola afferente. CARDIOLOGIA & FITNESS 18 La prostaciclina PGI2 è una delle prostaglandine derivanti dal metabolismo dell’acido arachidonico; vennero chiamate così perché si pensava che fossero secrete dalla prostata dopo che furono identificate nel liquido seminale. La proprietà vasodilatatrice della PGI2 è accompagnata da quella di un’altra prostaglandina, la PGE2, i cui effetti dilatatori avvengono a patto che si mantenga invariata la pressione arteriosa: in caso di ipotensione sistemica, la loro funzione vasodilatatrice viene soppressa da quella vasocostrittrice indotta dalle catecolamine. 19 L’angiogenesi verrà ritrattata nel capitolo 2° riguardante gli adattamenti indotti dal training aerobico. 20 Gli stimoli angiogenici determinano l’elongazione e la proliferazione delle cellule endoteliali tramite dei fattori di crescita endoteliale e da fattori mitogeni angiogenici costituiti da peptidi che formano legami con l’eparina. origine endoteliale è la prostaciclina PGI218 che, interagendo con l’EDRF, inibisce l’aggregazione piastrinica. In caso di compromissione dell’endotelio determinato da alcune patologie (aterosclerosi, ipertensione, ischemia, iperlipidemia e traumi meccanici), la sintesi di EDRF può risultare inibita. L’endotelio produce pure due sostanze vasocostrittrici, un peptide formato da 21 aminoacidi, l’endotelina (EDCF1) e l’EDCF2 al quale sembra corrispondere la vasocostrizione indotta dall’ipossia. 1. 10 CONTROLLO DELLA VASCOLARIZZAZIONE A LUNGO TERMINE: IL RUOLO DELL’OSSIGENO E L’ANGIOGENESI19 Il ruolo dell’ossigeno nella regolazione a lungo termine della vascolarizzazione è evidente se si considera l’aumentata vascolarizzazione dei tessuti riscontrabile in animali e soggetti che vivono in luoghi ad elevata altitudine, dove la quota di ossigeno atmosferico è ridotta. Per contro un eccesso di ossigeno blocca la neoformazione vascolare (riscontrata nei neonati umani prematuri sottoposti a terapia con tende ad ossigeno): a tale ipossia fa seguito una repente crescita vascolare. L’endotelio ha la proprietà di secernere dei fattori di crescita20 che determinano la formazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi); il fenomeno è rilevabile nei tessuti ischemici, nei tessuti ad elevato metabolismo e nei tessuti che stanno rapidamente evolvendo. L’angiogenesi a livello cardiaco con neoformazione di circoli collaterali diviene un fattore protettivo e terapeutico nei confronti della malattia coronarica. Gli ormoni steroidei provocano effetti opposti a quelli dei fattori angiogenetici, in grado di dissolvere le cellule vascolari e far scomparire vasi sanguigni. 1. 11 COMPLIANCE VASCOLARE La compliance (o capacitanza) vascolare indica la quantità totale di sangue che un determinato settore del circolo può contenere in relazione ad ogni aumento pressorio di 1 mmHg. La compliance delle vene è di circa 24 volte quella della arterie ed è data dal rapporto tra 54 DAVIDE GIROLA l’aumento del volume e l’aumento di pressione in un dato segmento vascolare. La compliance non va confusa con la “distensibilità”21, che comunque risulta essere sempre più elevata nelle vene rispetto alle arterie. La compliance ritardata, corrisponde al fenomeno di “stress-rilasciamento” vascolare, che si verifica quando in un segmento vascolare la pressione aumenta grazie ad un aumento del volume ematico ma va progressivamente a tornare ai valori normali grazie all’adattamento delle pareti muscolari lisce dei vasi; con questa capacità il letto circolatorio può rispondere efficacemente a notevoli cambiamenti di volume sanguigno. Possedendo questa grande capacità adattiva e capacitanza, la sezione venosa della circolazione sistemica funge da “serbatoio” di sangue (il sistema venoso contiene circa il 60% di sangue dell’intero apparato circolatorio), grazie al quale anche una importante emorragia può venire compensata, tramite la venocostrizione indotta dal sistema simpatico. 1. 12 PRESSIONE VENOSA CENTRALE, PERIFERICA E PRESSIONE IDROSTATICA. La pressione venosa centrale è quella determinata dal ritorno venoso e, come è stato precedentemente descritto, dagli stessi fattori influenzanti la gettata cardiaca. Essa è rilevabile nell’atrio destro e corrisponde più o meno al valore della pressione atmosferica (0 mmHg) ma può elevarsi anche fino a 30mmHg nel corso di alcune patologie come lo scompenso cronico di cuore grave o in altre situazioni come un elevato aumento di volume di sangue o ad un aumento delle pressioni venose periferiche; in certi punti del corpo (tratto ascellare, endoaddominale e a livello del tratto finale del braccio a livello della prima costa dove passa la vena succlavia), per ragioni anatomiche, alcune vene di grosso calibro determinano una certa resistenza al flusso, solitamente più alta di 3-7mmHg rispetto alla pressione venosa centrale. La pressione idrostatica22 determina notevoli differenze di pressione venosa nei vari punti del corpo così che, per esempio, a livello dell’atrio destro, in condizioni di normalità, essa è uguale a zero (grazie alla legge di Frank-Starling che evita ogni accumulo ed eccesso di sangue nell’atrio) mentre in ortostasi, a livello dei piedi la pressione venosa è di circa 90 mmHg. La pressione idrostatica 55 21 Distensibilità vascolare: aumento di volume diviso l’aumento di pressione moltiplicato per il volume originario del vaso. 22 In una massa di acqua, alla superficie, la pressione sul liquido è pari a zero ma, per ogni 13,6mm di profondità il peso dell’acqua stessa ne determina un innalzamento pari ad1 mmHg: questa pressione è definita pressione idrostatica. CARDIOLOGIA & FITNESS determina variazioni di pressione anche nel sistema arterioso (una pressione arteriosa di 90/100mmHg a livello cardiaco, a livello dei piedi corrisponde a circa 180/190mmHg); quindi se si afferma che in un soggetto i valori pressori sono di 100mmHg circa è come se ci si riferisse alla “pressione al livello idrostatico del cuore”23. 1. 13 LA PRESSIONE ARTERIOSA: METODI DI VALUTAZIONE, POLSI DI PRESSIONE, TONI CARDIACI 23 A livello della valvola tricuspide (grazie ai meccanismi di autoregolazione intrinseca della pompa cardiaca descritti nei primi paragrafi) vi è un punto in cui le misurazioni della pressione sono scevre da ogni possibile influenza data dalle varie posture del corpo e dalla pressione idrostatica: tale punto viene perciò definito come il livello zero di riferimento della press i o n e (Milnor,WR.:Hemod y n a m i c s . Baltimore,Williams & Willkins,1989). Sono trascorsi poco più di cent’anni dalla presentazione dello sfigmomanometro (sphygmòs=polso, métron=misura) del dottor Scipione Riva-Rocci sulla Gazzetta Medica di Torino (1896), tuttavia il suo metodo è ancora largamente diffuso per la valutazione dei valori pressori. Nel 1905 Korotkoff descrive i suoni prodotti nelle arterie con il variare della pressione determinano così non soltanto la pressione sistolica ma anche quella diastolica. La corretta valutazione della pressione arteriosa è di straordinaria importanza, in quanto l’ipertensione è riconosciuta come principale fattore di rischio per le malattie cardiovascolari e come causa accertata per morte improvvisa. La classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità stabilisce che la pressione arteriosa è da considerarsi normale al di sotto dei valori 140/90mmHg. La definizione di “Ipertensione essenziale” (essentielle Hypertonie) risale al 1911 ad opera di Frank, termine con il quale indicava tutte le tipologie di ipertensione, mentre oggi, per essenziale si indicano le ipertensioni di cui non si conoscono le cause. Nel 1954 Pickering pone una prima linea divisoria tra i valori di normotensione ed ipertensione. Attualmente l’ipertensione borderline è compresa tra valori di 140/90 e 160/95, mentre viene definita ipertensione la pressione diastolica che supera i 95mmHg. Secondo l’American National Committee on Detection, Evalutation and Treatment ofHigh Blood Pressure i pazienti si distinguono i tre categorie a seconda dei valori pressori diastolici • ipertensione Lieve (PAD compresa tra 90 e 104 mmHg) • ipertensione Moderata (PAD compresa tra 105 e 114mmHg) • ipertensione Grave (PAD maggiore di 115 mmHg) La pressione arteriosa dipende da numerose variabili quali, ad 56 DAVIDE GIROLA esempio, l’età, dal peso, dall’iperventilazione (alcalosi respiratoria) l’assunzione di sodio con la dieta, l’assunzione di integratori di magnesio, potassio e calcio, il grado di consumo di alcol, la postura e modificazioni sotto il diretto controllo del sistema nervoso simpatico, come quelle “fasiche” dovute agli stati psicologici e situazioni di stress psicofisico od emotivo, dal ritmo sonno-veglia (modificazioni “toniche”), dalla temperatura esterna e, ovviamente dalla presenza di determinate patologie dell’apparato cardiovascolare e/o di altri apparati e organi ed in presenza o meno di terapia farmacologica. La PA durante l’esercizio subisce degli “aggiustamenti” a seconda della situazione (fase della gara) e,ovviamente dal tipo di disciplina (“lavoro di pressione” negli sports di potenza con elevati valori pressori e “lavoro di volume” negli sports di endurance con valori di PA prossimi alla norma) Valutazione della Pressione Arteriosa Come è intuibile, la valutazione della Pressione Arteriosa non è sempre di facile attuazione e, anche se è un problema riguardante la clinica, l’importanza della sua determinazione è fondamentale, soprattutto se si desidera valutare la qualità del training ed ottenere una valutazione precipua e globale nei soggetti cardiopatici o ad elevato rischio cardiovascolare. Inoltre, come si vedrà più avanti, in questi soggetti, sono numerosi i casi “di ischemia silente da sforzo” e un attenta valutazione o monitoraggio della PA è praticamente d’obbligo soprattutto nei pazienti “borderline” o in fase di terapia antipertensiva. Il metodo di Riva-Rocci impone una serie di FIG 15 CLASSIFICAZIONE DELLA PRESSIONE ARTERIOSA Range (mmHg) Categoria Diastolica <85 Pressione normale 85-89 Pressione normale alta 90-104 Ipertensione Lieve 105-114 Ipertensione Moderata 115 Ipertensone Grave Sistolica (quando la PAD è 90 mmHg) <140 Pressione normale 140-159 Ipertensione sistolica isolata borderline 160 Ipertensione sistolica isolata ≥ ≥ 57 CARDIOLOGIA & FITNESS FATTORI INFLUENZANTI I VALORI DI PRESSIONE ARTERIOSA Fattori tecnico-metodologici Fattori biologici (soggetto) (osservatore) Tipo e manutenzione della strumentazione Età Tecnica di misurazione Temperatura ambiente esterno Dimensioni del manicotto S. N. S (status psicofisico, emozionale, Criteri di valutazione ritmo sonno-veglia) Postura Patologie cardiovascolari e/o di altri apparati ed organi (grado di iperensione e presenza di terapia antipertensiva) Overtraining ed Overeaching Tipo di sforzo effettuato Distanza temporale dal fumo, dal pasto, dall’attività fisica Abitudine alla misurazione Assunzione di sodio, alcol e integratori di Potassio, Magnesio e Calcio FIG 16 accorgimenti e considerazioni che possono essere di tipo tecnico-metodologico, tanto che i valori pressori possono rivelarsi diversi anche di misurazione in misurazione sul medesimo soggetto e nello stesso momento; inoltre, molti soggetti possono risultare apparentemente ipertesi ma si tratta soltanto di un condizionamento psicologico scatenante reazioni neurovegetative adrenergiche in grado di aumentare la PA (“ipertensione da ambulatorio” o “da camice bianco”). La British Hypertension Society impone una serie di raccomandazione per una corretta tecnica di valutazione tramite sfigmomanometro. 1 Il soggetto deve essere rilassato con il braccio appoggiato; i vestiti non devono stringere l’arto; il soggetto deve essere seduto da almeno 5 minuti, l’ambiente circostante deve essere tranquillo. 2 Il manicotto gonfiabile deve essere a livello del cuore (margine inferiore del manicotto di 2-3 cm al di sopra spazio antecubitale del braccio: la lunghezza e la larghezza del manicotto è di estrema importanza e deve essere rapportata alla circonferenza del braccio; un manicotto troppo stretto comporta una sovrastima della PA (considerazionei importanza nei soggetti con braccia ipertrofiche o grasse). 3 Il diaframma dello stetoscopio deve essere sull’arteria brachiale 58 DAVIDE GIROLA 4 La colonnina di mercurio deve essere in posizione verticale. 5 Bisogna gonfiare tramite il bulbo collegato al manicotto fino a che il polso scompare (scomparsa del polso radiale). 6 Ridurre la pressione (sgonfiare) di 2-3 mmHg/sec. 7 Misurare la PA Sistolica (primo suono, 1° tono di Korotkoff) e la diastolica (scomparsa, 5° tono di Korotkoff) il più vicino ai 2mmHg. 8 Nei bambini e durante lo sforzo fisico, la diastolica deve essere valutata al il 4° tono di Korotkoff (fase di smorzamento). 9 La prima misurazione va effettuate su entrambe le braccia e va effettuata anche in ortostaismo. 10 Le seconde misurazioni vanno effettuate a distanza di 2 minuti circa. Polsi di pressione Fin dall’antichità la palpazione dei polsi arteriosi, parte integrante dell’esame obiettivo dell’intero sistema cardiovascolare, ha rappresentato un valido sistema di valutazione per stabilire l’adeguatezza del flusso sistemico e addirittura per evidenziare la presenza di alcune patologie, come quelle di tipo ostruttivo o valvolare. Un caratteristico tracciato dei polsi di pressione è rapresentato da quello del primo tratto dell’aorta: la differenza tra le due pressioni vigenti in questo tratto (sistolica-diastolica=120-80=40mmHg), indica la pressione del polso, che risulta essere influenzata dalla gettata sistolica e dalla complianza (distensibilità) dell’albero arterioso. Il tracciato del polso di pressione (sfigmogramma) rivela che l’onda normale del polso aortico centrale è costituita da un fase di ascesa rapida (effluso rapido), un picco di forma arrotondata (efflusso lento), una fase ascendente comprendente un’incisura (incisura anacrota corrispondente al massimo flusso aortico), una branca discendente meno rapida interrotta dall’incisura dicrota (chiusura della valvola aortica); alterazioni di tale sfigmogramma indicano la presenza di patologie cardiovascolari come l’aterosclerosi, la pervietà del dotto arterioso o l’insufficienza aortica. Il polso (radiale) può essere debole (pulsus parvus) in caso di riduzione della gettata sistolica del ventricolo sinistro (iperattività del sistema simpatico per emorragie o freddo intenso); può essere ipocinetico (ipovolemia, insufficienza ventricolare sinistra 59 CARDIOLOGIA & FITNESS dopo infarto miocardico), ipercinetico (ipercinesa circolatoria da ansia, anemia, esercizio fisico, diminuzione delle resistenze vascolari periferiche); il polso paradosso presenta invece oscillazioni di forza, caratterizzato dall’accentuazione della fisiologica riduzione dell’ampiezza del polso durante l’inspirazione, dato che in questa fase la gettata sistolica diminuisce (accumulo di sangue nei polmoni durante l’inspirazione per aumento del diametro dei vasi con l’aumentata negatività intratoriacica): talvolta il polso paradosso é rilevabile nel tamponamento cardiaco (versamento di liquido nelsacco pericardico), dove la diminuzione della pressione sistolica durate l’inspirazione supera il valore fisiologico di 10mmHg. Altri tipi di polsi arteriosi (bifido, dicroto, alternante o mancante) indicano extrasistoli, mioardiopatie dilatative, ipertrofiche, extrasistoli e fibrillazioni atriali. Toni cardiaci I toni cardiaci sono determinati dalla repenti e brusche accelerazioni e decelerazioni del sangue all’interno del sistema cardiovascolare; in particolare, sono costituiti dalle vibrazioni delle valvole (atrio-ventricolari e semilunari) in tensione appena dopo la loro chiusura e dalla vibrazione del sangue che vibra intorno ad esse, delle pareti del cuore e dei vasi vicini. Tali vibrazioni si propagano alla cassa toracica e vengono auscultate tramite lo stetoscopio; 1° tono cardiaco (T1): dura circa 0,14 secondi e dipende dalla chiusura delle valvole atrio-ventricolari (A-V); la contrazione dei ventricoli provoca un reflusso di sangue verso le valvole che le fa proitettare (sollevamento a cupola) verso gli atri fino a che non vengono trattenute bruscamente dalle corde tendinee; a questo punto la tensione elastica prodotto provoca un “controritorno” del sangue verso i corrispondenti ventricoli; 2° tono cardiaco (T2): dura circa 0,11 secondi (maggior tensione delle valvole semilunari) si origina dalla chiusura delle valvole semilunari, mentre la “camera vibrante” è costituita principalmente dalle arterie aorta e polmonare che possideno un coefficiente di elasticità maggiore rispetto a quello dei ventricolo (suono più rapido e schioccante, con frequenza più alta rispetto al primo tono); durante l’inspirazione il secondo tono cardiaco si sdoppia in due componenti, aortica (A2) e polmonare (P2), allorché il maggior ritorno venoso 60 DAVIDE GIROLA aumenta il volume ventricolare destro ed il corrispondente periodo di eiezione (ritardo chiusura della valvola polmonare); 3° tono cardiaco (T3): è un suono prodotto nel ventricolo all’inizio del terzo medio della diastole (termine riempimento rapido) circa 0,14-0,16 secondi dopo A2; è apprezzabile nei bambini e in soggetti portatori di determinate patologie come lo scompenso cardiaco; 4°tono cardiaco (T4): è associato ad una contrazione atriale efficace ed è un rumore presistolico; è frequente quando è presente una diminuita elasticità ventricolare che aumenta la resistenza al riempimento, come nei casi di ipertensione sistemica miocardiopatia ipertrofica, insufficienza mitralica e infarto miocardico acuto. I toni T3 e T4 sinistri sono particolarmente accentuati durante l’esercizio fisico specie se sono associati a cardiopatia ischemica 61 CARDIOLOGIA & FITNESS Bibliografia 1. Guide de Cardiologie du sport. F. Plas. les Editions J. B. Baillière Paris 1976 2. Trattato di Fisiologia Medica. AC Guyton. Piccin Ed. 1991 3. Principles of Internal Medicine. Harrison 14th edition 1998. McGraw Hill ed 4. Muscolo e Locomozione GA Cavagna. Cortina ed 1988 5. Treatment of Heart Disease. TJ Willerson Gower Med Publ 1996 6. Cardiologia dello Sport. P. Zeppilli C. E. S. I. 1990 7. Muscolo e locomozione. Cavagna, Cortina Ed 1988 62