27 MAG - GIU 2013 anno V MAGGIO - GIUGNO 2013 27 GEOWEB VALORE PER IL GEOMETRA Nasce da un’ iniziativa del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati e Sogei S.p.A. per lo sviluppo e la diffusione dei servizi informatici e telematici rivolti ai Geometri. PERCHÉ GEOWEB CONVIENE Dal portale web si può accedere ai principali servizi catastali (visure catastali, visure planimetriche ed elaborati planimetrici del catasto urbano, estratti di mappa del catasto terreni, ispezioni ipotecarie, invio DOCFA e PREGEO) e di altri Enti ed Istituzioni (visure camere di commercio, visure PRA, SEI, DEI) GEO-LEARNING GEO-SIT GEO-POINT Formazione a distanza con attribuzione di crediti formativi Sovrapposizione di estratti di mappa alle ortofoto del territorio Correzione dati di rilevamento in real time DEPOSITO NAZIONALE ASSISTENZA AMPIA Gestione del castelletto per il pagamento dei diritti erariali Telefonica qualificata e costante Gamma di altri servizi a costi contenuti CERCA GEOMETRA RASSEGNA IL TUO CONTO Ricerca ed individuazione del geometra sul territorio Stampa Giornaliera Rendicontazione contabile personalizzata Maggiori informazioni su www.geoweb.it GEOWEB VALORE PER IL GEOMETRA Nasce da un’ iniziativa del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati e Sogei S.p.A. per lo sviluppo e la diffusione dei servizi informatici e telematici rivolti ai Geometri. PERCHÉ GEOWEB CONVIENE Dal portale web si può accedere ai principali servizi catastali (visure catastali, visure planimetriche ed elaborati planimetrici del catasto urbano, estratti di mappa del catasto terreni, ispezioni ipotecarie, invio DOCFA e PREGEO) e di altri Enti ed Istituzioni (visure camere di commercio, visure PRA, SEI, DEI) GEO-LEARNING GEO-SIT GEO-POINT Formazione a distanza con attribuzione di crediti formativi Sovrapposizione di estratti di mappa alle ortofoto del territorio Correzione dati di rilevamento in real time DEPOSITO NAZIONALE ASSISTENZA AMPIA Gestione del castelletto per il pagamento dei diritti erariali Telefonica qualificata e costante Gamma di altri servizi a costi contenuti CERCA GEOMETRA RASSEGNA IL TUO CONTO Ricerca ed individuazione del geometra sul territorio Stampa Giornaliera Rendicontazione contabile personalizzata Maggiori informazioni su www.geoweb.it 27 MAG - GIU 2013 anno V MAGGIO - GIUGNO 2013 27 MAGGIO - GIUGNO 2013 GEOCENTRO/magazine Periodico bimestrale Anno V N. 27 Maggio - Giugno 2013 DIRETTORE RESPONSABILE Franco Mazzoccoli [email protected] COMITATO Fausto Amadasi Carmelo Garofalo Leo Momi Bruno Razza Mauro Cappello Lucia Condò Gianfranco Dioguardi Stig Enemark Franco Laner Norbert Lantschner Pier Luigi Maffei Franco Minucci Marco Simonotti Antonella Tempera COORDINAMENTO REDAZIONE Claudio Giannasi A.D. e IMPAGINAZIONE Filippo Stecconi Francesca Bossini www.landau.it EDITORE Fondazione Geometri Italiani Via Cavour 179/a 00184 Roma Tel. 06 42744180 Fax: 06 42005441 www.fondazionegeometri.it STAMPA artigraficheBoccia www.artigraficheboccia.it Carta interni: riciclata Cyclus Print gr. 100 RESPONSABILE TRATTAMENTO DATI Franco Mazzoccoli PUBBLICITÀ Fondazione Geometri Italiani Via Cavour 179/a 00184 Roma Tel. 06 42744180 Fax: 06 42005441 [email protected] ABBONAMENTI 2013 Annuo: euro 50 Un numero: euro 10 Richiesta via e-mail [email protected] e versamento a: Banca Popolare di Sondrio Intestato a: Fondazione Geometri Italiani Codice IBAN: IT27 F056 9603 2270 0000 2132 X22 RICHIESTE VARIAZIONE INDIRIZZO DI SPEDIZIONE Tel: 06 42744180 COPYRIGHT È vietata la riproduzione, anche parziale, di articoli, fotografie e disegni senza la preventiva autorizzazione Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 250 del 29 maggio 2003 27 7EDITORIALE ECOLOGIA AMBIENTALE ECOLOGIA UMANA di Franco Mazzoccoli 8INTERVENTI Congresso: conclusioni considerazioni contrarietà 10PREVIDENZA Relazione al Comitato dei Delegati 28 maggio 2013 di Fausto Amadasi 8 14 14INTERVENTI Papa Francesco Udienza Generale Piazza San Pietro Mercoledì, 5 giugno 2013 16 16PROGETTI Marco Morigi e gli skatepark 22PENSARE Fare Scuola di Luigi Mussio – Naida Di Nino 40PROTAGONISTI Aurelio Costa Geometra Una vita con la topografia 49FOCUS Michele Amato ARTEMOEG Le ultime quattro lettere di (un) Geometra all’inverso di Fausto Savoldi 40 53 53ZOOM MUSE Nuovo Museo delle Scienze di Trento Progetto di Renzo Piano 61IDEE Ziggurath o Tarugghitz? Il Cantiere come cantiere linguistico di Ruggero Pierantoni 68 68RESTAURO Oratorio di San Filippo Neri Bologna 73FORMAZIONE Legno e terremoto di Franco Laner 87 73 81 PER QUESTO NUMERO SI RINGRAZIA Michele Amato Gian Paolo Costa Naida Di Nino Nevio Kristancic Marco Morigi Luigi Mussio Ruggero Pierantoni 81IMPIANTI Sistemi di sicurezza antincendio nelle abitazioni e negli uffici Guida breve all’applicazione dell’analisi del rischio incendio Terza lezione di Mauro Cappello 87LEGGERE Maurizio Galimberti Fotografo e artista della Polaroid 93EVENTI “Building Manager” L’evoluzione della figura dell’“Amministratore di condominio” Le novità della Legge 11/12/2012 n.220 Una grande opportunità professionale 95NEWS 96BOOKS Collegio dei Geometri e Geometri Laureati della Provincia di Ravenna Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna GiArt Libreria Editrice Vaticana Marsilio Editori SpA MUSE – Museo delle Scienze di Trento Studio Pier Luigi Cervellati Online La rivista è consultabile agli indirizzi web: www.fondazionegeometri.it www.cng.it www.cassageometri.it Sezione “Geocentro” Crepe nei muri? Cedimenti? NOVATEK È LA SOLUZIONE DEFINITIVA. Resine espandenti Micropali in acciaio Valutazione tecnico/economica gratuita Intervento rapido e non invasivo Garanzia di 10 anni su tutti gli interventi Iva agevolata per abitazioni e detrazione 50% Finanziamenti a 24 mesi a zero interessi Messaggio pubblicitario con finalità promozionale. Offerta subordinata all’approvazione della società finanziaria. Tan 0% Taeg 0%. Maggiori informazioni sulle condizioni economiche e contrattuali applicate sono indicate nei fogli informativi disponibili presso la sede di Novatek. CHIAMACI IN ORARIO DI UFFICIO PER SOPRALLUOGHI E PREVENTIVI GRATUITI IN TUTTA ITALIA Via dell’Artigianato 11, 37021 BOSCO CHIESANUOVA (VR) Tel. 045 6780224 / Fax 045 6782021 - [email protected] 1 Iniezioni di resine espandenti per riempire i vuoti, consolidare e sollevare l’edificio. 2 Infissione di micropali in acciaio per trasferire in profondità il peso della struttura e garantire un risultato certo e duraturo. maggiori informazioni sul sito: www.novatek.it * EdITORIaLE ECOLOGIA AMBIENTALE ECOLOGIA UMANA di Franco Mazzoccoli Direttore di GEOCENTRO/magazine photo © Giuseppe Fucile / Shutterstock.com “Ma il ‘coltivare e custodire’ non comprende solo il rapporto tra noi e l’ambiente, tra l’uomo ed il creato, riguarda anche i rapporti umani. I Papi hanno parlato di ecologia umana strettamente legata all’ecologia ambientale. Noi stiamo vivendo un momento di crisi; lo vediamo nell’ambiente, ma soprattutto lo vediamo nell’uomo. La persona umana è in pericolo: questo è certo, la persona umana oggi è in pericolo, ecco l’urgenza dell’ecologia umana! E il pericolo è grave perché la causa del problema non è superficiale, ma profonda: non è solo una questione di economia ma di etica e di antropologia”. Questo ha detto Papa Francesco nella Sua Omelia pronunciata il 5 giugno 2013 per la “Giornata Mondiale dell’Ambiente” il cui testo riportiamo a pagina 14. I rapporti tra gli uomini non possono essere impostati su logiche scorrette di arrivismo ed invidia: di avere ciò che altri hanno o di essere ciò che altri sono, di non essere rispettosi dell’etica che deve essere alla base dei rapporti. A tal proposito riporto delle considerazioni di Giorgio Voghera, che avevo ricopiato sul mio notes e che trovo di assoluta attualità. “In genere se Madre Natura vi ha concesso in misura superiore al normale l’intelligenza, l’intuizione, la facoltà di rapida decisione, la capacità di appassionarvi al vostro lavoro e di portare un contributo di idee nuove, cercate, per l’amor del cielo, di mascherare queste vostre qualità... altrimenti si formerà contro di Voi, spontaneamente e quasi inconsciamente, la coalizione di tutte le mediocrità... che, nei casi in cui si accorgono che un problema è troppo complesso per la loro comprensione, se la cavano con una delle solite manovre elusive o dilatorie: gli espedienti suggeriti dalla loro non conoscenza, dalla non comprensione, verranno quasi sempre considerati come ispirati dal ‘buon senso pratico’”. Passando a taluni contenuti delle nostre Rubriche, l’articolo “Fare Scuola” di Luigi Mussio e Naida Di Nino, inizia con un detto latino: “Amicis semper libens patebo” (sarò sempre aperto agli amici). Un bel contributo a pensare sui rapporti del vivere umano e sulla sua organizzazione. Parlando di rapporti, un rapporto in equilibrio tra “scienza natura e società” è il percorso tracciato nell’interno del “MUSE”, il nuovo Museo delle Scienze di Trento progettato da Renzo Piano sull’evoluzione, l’ambiente, l’innovazione, la biodiversità. Nella Rubrica “Protagonisti”, Aurelio Costa, Geometra, viene raccontato per l’attività di Topografo dal figlio Gian Paolo e dal Geometra Nevio Kristancic che con lui ha collaborato per un decennio, esaltando il rapporto vissuto e gli insegnamenti avuti. Nel mio editoriale: “Scale/Rapporti/Valori” di GEOCENTRO n°26, ho trattato il Rapporto “quale quoziente tra due numeri o grandezze”, ma diverso è il rapporto umano che si stabilisce come quoziente con una grandezza qual è l’intera Umanità a cui Papa Francesco si riferisce. Ma anche GEOCENTRO/magazine, il Bimestrale dei Geometri, si è imposto come obiettivo quello di volersi rapportare con gli altri tramite le pagine che state sfogliando. Non è molto facile ricercare, selezionare i testi e le foto dei contenuti per comporlo con argomenti e temi che contribuiscono a rafforzare i rapporti umani, sviluppando la curiosità che porta alla conoscenza. GEOCENTRO in qualche modo vuole essere sicuro che ogni pagina possa sviluppare il nostro rapporto e farVi sentire l’eco dell’augurio di Buona Lettura. #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 7 INTERVENTI Nel concluso nostro 44º Congresso Nazionale tutti gli aspetti dell’attività professionale del Geometra sono stati affrontati nella varie sessioni e sono stati messi a confronto con i grandi temi della odierna società civile che ispirano la proposta di un regolamento professionale di categoria completamente rinnovato ed in grado di sostituire la legge professionale del 1929. È proprio sul tema del regolamento che si voleva aprire un vasto confronto di idee partendo da una proposta base formulata dalla specifica commissione, da sviluppare per giungere ad un testo condiviso da consegnare al Parlamento Italiano per chiederne l’approvazione. I suggerimenti e le obiezioni della categoria sono puntualmente arrivati ed ora il compito del Consiglio e della Commissione sarà quello di valutarli e trasferirli nel testo della proposta, nel rispetto di alcune priorità e principi che il Congresso ha ben compreso e condiviso. Il più rilevante obiettivo del nuovo regolamento è certamente rappresentato dalla necessità di individuare per il futuro una nuova missione della categoria da mettere al centro della nostra attività e del nostro compito. Questa missione non può che essere il rispetto, la tutela e la salvaguardia della Terra in cui viviamo, Terra che costituisce la principale fonte ed origine del nostro lavoro. Sulla necessità di perseguire tale obiettivo non poteva che nascere in Congresso una grande condivisione accompagnata, semmai, da diversificate proposte sulle modalità per coniugare la tutela della Terra con la quotidiana esigenza di mantenere ed accrescere le competenze professionali nell’edificare, nel misurare e rappresentare e nel valutare ciò che sulla Terra si trova. Queste competenze non sono ormai di proprietà esclusiva di una o di un’altra categoria professionale ma, nell’insieme, appartengono a tutte le categorie tecniche. Inevitabilmente si è aperta una straordinaria ed inedita competizione all’interno di tali categorie e il Geometra, in questo contesto, dovrà assumere un ruolo centrale basato sull’esperienza del passato e rafforzato da una nuova grande professionalità e specializzazione settoriale. Il nuovo regolamento individua nella multidisciplinarietà, ossia nel lavorare insieme, la soluzione più logica al tema delle competenze professionali: ciascuno fa la propria parte. Il professionista isolato e solitario avrà sempre meno mercato e diverrà presto un ricordo del modo di lavorare del XX secolo. Naturalmente il tema della multidisciplinarità dovrà essere oggetto di un futuro confronto con le altre categorie tecniche che nella sostanza hanno i nostri stessi problemi all’interno di un mercato dei servizi professionali sempre più affollato ed esigente. Lo strumento per tale confronto oggi è stato creato. “Rete professioni tecniche” che, tra l’altro, si dovrà occupare proprio di questo, prevede nello statuto sottoscritto il 26 giugno scorso: 8 Congresso: conclusioni considerazioni contrarietà di Fausto Savoldi Presidente del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati “promuovere l’integrazione delle professioni dell’area tecnica e scientifica nella società civile per rispondere sollecitamente a tutte le sue esigenze” “promuove la regolazione ed autoregolamentazione delle competenze professionali anche mediante un tavolo permanente di concertazione e arbitrato”. Il Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati ha elaborato una proposta base da discutere con la categoria per poi confrontarsi con le altre professioni di tecnici partecipando così alla creazione di uno strumento adatto per tale confronto. E per l’inizio di un costruttivo dialogo. Il tema della multidisciplinarietà, in particolare per il settore edilizio, trova oggi nelle “Società Tra Professionisti (STP)” la conferma di come lo stesso mercato richieda prestazioni professionali integrate e complete basate sì sulla fiducia personale ma supportate da una solida organizzazione di tipo aziendale che il professionista “solitario” non può permettersi e non può garantire. *** Un secondo tema affrontato dal Congresso è stato quello dell’accesso alla professione e del percorso formativo più adatto per consentirlo. È stata affermata la necessità che l’ingresso nell’Albo avvenga in giovane età, possibilmente appena superati i venti anni, attraverso un processo selettivo successivo alla frequenza degli Istituti tecnici e con un serio praticantato, gestito dalla categoria, che consenta il superamento dell’esame di Stato di abilitazione alla professione. Il processo formativo permanente continuo proseguirà dunque per colleghi “già iscritti”, ossia per persone che già sono operative, che lavorano pur espletando, nei primi anni, compiti professionali più modesti e incrementando via via la loro preparazione e la clientela. Il percorso formativo successivo all’iscrizione, obbligatorio per legge, comprenderà ovviamente la laurea ottenuta però mentre già si lavora coniugando così esigenze del sapere con la necessità di saper fare. L’intervento, l’impegno e l’esperienza della categoria si dovrà manifestare in tre fasi: quella del periodo della formazione scolastica, quella del praticantato ed infine quella della formazione permanente dopo l’iscrizione all’Albo. Indubbiamente un impegno considerevole di cui il Congresso ha preso atto e che impone a tutti i dirigenti territoriali di categoria di attivarsi con senso di responsabilità anche maggiore rispetto agli anni trascorsi. In coerenza con tale programma verranno redatti da parte del CNG/GL i due regolamenti previsti dalla Legge 7 agosto 2012 n. 137 (Praticantato e formazione permanente) da sottoporre all’approvazione del Ministero della Giustizia e di conseguenza verranno aggiornate le direttive sul praticantato previste dalla legge 75/85 per buona parte rimaste in vigore dopo la riforma delle professioni del 2012. Il percorso di accesso rimane chiaro: Istituto Tecnico con assoluta predilezione dell’indirizzo “Costruzioni Ambiente e Territorio”, pratica professionale presso un professionista oppure partecipazione ad uno specifico corso teorico pratico con programma uniforme in tutto il territorio nazionale; esame di Stato di abilitazione; iscrizione all’Albo e contemporaneo inizio dell’attività di formazione permanente con l’acquisizione di crediti formativi professionali ed universitari. L’intervento al Congresso del Sottosegretario alla Pubblica Istruzione, Dott.ssa Ugolini, ci ha confermato che la partecipazione agli ITS costituisce un percorso parallelo a quello universitario che, poiché comprende sia la parte teorica sia quella pratica, può vantaggiosamente costituire una concreta alternativa al praticantato soprattutto ora che lo stesso può essere sostituito o integrato da uno specifico corso. I giovani provenienti dagli ITS devono potersi inserire nel mondo del lavoro e della professione libera con quella capacità del “saper fare” a servizio della società. *** Nel Congresso non tutti hanno condiviso la necessità di proporre all’esame della politica una proposta di “revisione globale dell’ordinamento professionale” comprendente anche norme organizzative interne della categoria che, con grandi riserve, accetta di rivedere regole elettorali dei Collegi e relativi organismi, decentramento di competenze amministrative e suddivisione tra attività ordinaria e attività di gestione dei giudizi disciplinari. La categoria dei Geometri, per seguire un suo inevitabile processo evolutivo deve necessariamente scegliere una strada innovativa anche dal punto di vista organizzativo. Non è possibile ancora rinviare! Le proposte fatte sono state da taluni interpretate come un attacco a tradizioni ed a “piccoli potentati” senza pensare che un nuovo modello organizzativo rende la categoria e la professione più competitiva a vantaggio dei propri iscritti. Si è toccato un tasto sensibile che fortunatamente molti hanno ritenuto giusto affrontare e che richiederà approfondimenti prima che arrivino altri ad imporci regole nuove. I responsabili dei Collegi Territoriali e gli iscritti tutti ritengo che si siano resi conto che nel 44º Congresso è stata indicata una nuova via per la nostra categoria: una via rivolta soprattutto alle nuove generazioni di tecnici ai quali sarà affidata la nostra Terra ed il patrimonio edilizio nazionale affinché venga protetto e trasformato nel rispetto dei principi di sostenibilità ambientale. Questo evento congressuale, nella bella città di Rimini, ha segnato anche l’atto riassuntivo e conclusivo dell’attività quinquennale del Consiglio Nazionale di categoria. Una reale agorà nella quale tutti hanno partecipato con le proprie riflessioni, considerazioni e contrarietà. Per questo mi ritengo soddisfatto. #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 9 previdenza Relazione al Comitato dei Delegati 28 maggio 2013 di Fausto Amadasi Presidente CIPAG - Cassa Italiana di Previdenza ed Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti C redo che, terminato questo periodo complicato in cui ci siamo dedicati a cose che poco avevano a che fare con i problemi reali della categoria, della Cassa e delle incombenze quotidiane, dobbiamo cominciare a lavorare per vedere come uscire da questa situazione non felice che ci vede in difficoltà come categoria, perché il settore dell’edilizia sta pagando pesantemente la crisi attuale. Sappiamo però – e questa è una certezza suffragata da dati reali – che fra le tante categorie del settore tecnico quelli che stanno meglio sono i periti, perché hanno il settore industriale e hanno sofferto meno dal punto di vista del fatturato, poi ci siamo noi e poi con una certa distanza ingegneri e architetti, che stanno pagando questa crisi molto più pesantemente di noi. Stiamo dunque lavorando con le altre Casse del settore tecnico per cercare di fare forza comune e creare le premesse per sostenere una ripresa. Bisogna ripartire, e per ripartire occorrono, prime fra tutte, le idee, perché, se mancano le idee e la determinazione, non si va da alcuna parte. Credo che a luglio riusciremo, come ci eravamo ripromessi alle Giornate della Previdenza, a realizzare un momento importante come Casse del settore tecnico, che dovrebbe coinvolgere anche gli Ordini professionali e figure rilevanti del Governo. Si sta lavorando per creare le premesse non per chiedere, perché a questo punto diventa difficile chiedere, ma per pretendere, avanzando proposte articolate e ricche di spunti risolutivi. Dobbiamo dunque ripartire riformando intanto le nostre strutture, per cui chiedo di ricevere rapidamente dalle Regioni le indicazioni sulla composizione della Commissione legislativa e del Comitato dei referenti entro il 15 giugno, altrimenti scegliamo noi, perché dobbiamo comporle rapidamente e abbiamo bisogno di ragionare sugli obiettivi da darci in tempi brevi. Le slides che abbiamo preparato (Allegato 1) mostrano alcuni punti di indirizzo che sottoponiamo alla vostra 10 attenzione, affinché il Comitato rifletta e cominci a lavorare integrandoli, modificandoli, ampliandoli, adeguandoli, perché sono i punti sui quali dovremmo iniziare a sviluppare le nostre strategie, partendo dal punto 1): l’evoluzione demografica della categoria coerente con le proiezioni attuariali. Abbiamo fatto i bilanci attuariali che rispettano i cinquanta anni, ma per rispettarli abbiamo utilizzato dei parametri uguali per tutte le Casse che sono stati forniti dal Ministero e prevedevano un’evoluzione demografica coerente con quella del sistema Paese, che non è detto che sia rispettata dall’evoluzione demografica della categoria; la categoria sta anzi cominciando a mostrare le prime défaillances dovute alle riforme scolastiche che hanno fatto sparire il titolo, al percorso di accesso accidentato, poco chiaro e poco conosciuto, a poco adeguate politiche di comunicazione alle famiglie. A breve, quindi, dovremo intraprendere una politica che ci porti ad incidere sulla posizione priva di logica rappresentata dai 16.000 iscritti solo Albo. All’interno di questa situazione, come era stato indicato dal Comitato dei Delegati con le modifiche del maggio 2012, abbiamo attivato meccanismi di controllo, che ci daranno a breve risultati, per verificare chi eserciti effettivamente la professione. Varie iniziative sono state promosse, alcune per fare in modo che gli iscritti all’elenco dei consulenti tecnici del tribunale siano obbligatoriamente iscritti all’Albo e alla Cassa. Si possono promuovere altre iniziative, ma dobbiamo coordinare e concentrare sia le iniziative a favore, sia le iniziative di controllo, perché alcune lettere anonime ci segnalano professionisti non iscritti che esercitano l’attività. Su questo, quindi, tolleranza zero, perché si tratta della sopravvivenza di tutti. Dobbiamo verificare l’eventuale possibilità di recuperare il serbatoio dei già abilitati, che con un adeguato aggiornamento potrebbero rientrare nella professione. Abbiamo detto dell’attività di vigilanza sull’elusione ed evasione contributiva. L’ultimo punto che però è il più importante vede il Comitato dei Delegati dover valutare con serenità la possibilità di includere le categorie similari, partendo da quelle professionalmente più vicine nelle quali rientrano gli amministratori di condominio. Queste associazioni ci hanno già approcciato e stiamo facendo delle valutazioni ma soprattutto una scelta politica, perché significa perdere uno status di seminobiltà, come qualcuno lo ha definito in alcuni articoli, ma anche guardare avanti perché quanto sta emergendo dalla normativa europea va nella direzione di portare le associazioni a rivestire un ruolo che è l’unico riconosciuto in Europa per tutti, mentre gli Ordini professionali sono un’anomalia di alcuni Paesi. Abbiamo letto tutta la normativa che va verso la valorizzazione delle professioni. Dobbiamo pensare a cosa succederà fra cinquanta anni, perché dobbiamo pagare le pensioni, quindi non dobbiamo guardare l’orticello di oggi, ma elaborare dei ragionamenti importanti che devono essere valutati e confrontati con la categoria a breve, perché su Italia Oggi è già apparso un articolo in cui l’associazione dei tributaristi faceva un’analisi ed avanzava tre ipotesi: 1) associarsi con una Cassa di previdenza già esistente; 2) creare una Cassa (e sapete che non glielo permetteranno mai); 3) creare un’altra gestione separata nella gestione separata. Credo che tra i tanti scenari che abbiamo visto dobbiamo porre attenzione a questi fenomeni. Questo è un tema da approfondire, da studiare, e non è un tema semplice. Nel medio termine con gli strumenti della Cassa e della Fondazione, in collaborazione con il Consiglio Nazionale, dobbiamo creare una politica propizia all’inclusione negli istituti tecnici delle nuove leve che escono dalle scuole medie, iniziando dall’orientamento scolastico già nelle medie e favorendo poi l’accesso alla professione. Alcune situazioni portate avanti da singoli Collegi in modo virtuoso e importante hanno dato risultati, ma dobbiamo fare qualcosa di organizzato e codificato, magari insieme con il Ministero dell’Istruzione, che si è dimostrato molto disponibile perché questo in realtà sarebbe compito del Ministero. Dobbiamo altresì portare avanti il progetto della formazione continua. Voi sapete che, con l’ultima approvazione da parte dei Ministeri del Regolamento avvenuta a novembre dell’anno scorso con le modifiche che abbiamo introdotto, alla Cassa è consentito di sostenere economicamente la formazione continua. Formazione continua significa però non spiegare le cose che già sappiamo fare, ma esplorare nuove strade, nuovi settori, portare avanti le strutture tecnologiche per metterle a disposizione dei giovani iscritti perché sono loro il nostro futuro. Dobbiamo inoltre valutare se i nostri confini siano quelli geografici o vi siano possibilità anche nell’àmbito del nostro Mediterraneo e delle aree vicine, perché quei Paesi stanno rapidamente approcciandosi ai nostri sistemi di censimento ed alle nostre tecnologie. Il sistema fiscale, il sistema catastale è diffuso in molti Paesi dell’Europa e in Italia in particolare, ed ora si sta verificando come introdurlo in altre aree del Mediterraneo. Qualcuno sta guardando alle nostre esperienze e ci chiede di interagire. Non so se sarà possibile, però esploriamo. Nella normativa europea sta emergendo la definizione del professionista europeo, che avrà una tessera per essere riconosciuto in tutta Europa e poter lavorare in qualsiasi Paese senza dover fare domande, iscrizioni ad Albi o altro. Questa tessera europea sarà rilasciata anche a tutti i professionisti stranieri che si stanno preparando a entrare, perché tutte le normative di liberalizzazione emerse dal Decreto Salva Italia, dal Decreto Sviluppo, denotano tutte aperture a trecentosessanta gradi verso l’Europa. Se avete seguito la bella relazione sulle professioni presentata dall’Ente di certificazione Accredia, avrete letto un bellissimo articolo che spiega che nel sistema europeo il settore dei servizi conta per il 30 per cento del PIL, in Italia per il 15 per cento del PIL, perché gli Ordini professionali sono un tampone, le organizzazioni non sono adeguate, per cui a breve in quel settore vedremo entrare le società di servizi. Lo sto dicendo da tempo, ma è sufficiente considerare le trasformazioni che stanno avvenendo in una delle maggiori società, la Prelios, che intende investire in modo massiccio nel settore dei servizi. È previsto un importante aumento di capitale e il loro obiettivo è riorientare la SGR a gestire non solo fondi immobiliari ma servizi, ovvero amministrazioni di condominio global service immobiliare e tutto quello che riguarda l’immobile. Per quanto concerne il punto 2): l’attività core della Cassa, la previdenza complementare, adesso dobbiamo impegnarci innanzitutto da un punto di vista organizzativo. Il primo fondo ad essere stato autorizzato ad avere l’iscrizione online è un punto di arrivo importante, perché ci aiuterà a far decollare la previdenza complementare. Altre ipotesi suggeriscono che in una funzione cosiddetta “consortile” (il termine non è esatto) si possa prevedere l’inclusione di altre Casse all’interno del fondo. Questo implica l’esigenza nel futuro di modificare la normativa. Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria abbiamo fatto qualcosa di importante, ma dobbiamo verificare se ci siano le condizioni per perfezionarla. Dobbiamo lavorare su alcune iniziative che riguardano il settore delle residenze protette, in quanto il mondo dell’assistenza è molto ampio e variegato e su di esso si fonda la forza di una categoria. Il progetto sinergie con altre Casse sta andando avanti e stiamo lavorando insieme per migliorare, adottare le migliori pratiche di ognuna e renderle comuni. Abbiamo creato un gruppo di lavoro con il Direttore e gli altri Direttori delle Casse, e alcuni dirigenti stanno lavorando insieme per evitare di duplicare le attività ed avere maggiori risultati con minori spese. Dobbiamo completare l’ultima verifica finanze, relativa agli anni 2008-2009, della quale parleremo più avanti. C’è poi il piano di recupero delle morosità contributive: per due anni non abbiamo emesso cartelle esattoriali ma è necessario creare le premesse di un piano di rientro di quelle morosità, magari rateizzato anche in modo diverso dall’attuale, offrendo la possibilità per l’iscritto di accedere a finanziamenti a tassi agevolati. Il punto 3) è la messa a regime e il decollo definitivo delle iniziative start-up SIPEM, Patrimonio Comune, VOL, Dimore, tutte attività che stanno partendo e sulle quali dobbiamo assolutamente accelerare perché questi sono punti importanti #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 11 del sostegno all’attività professionale dei nostri iscritti. Il punto 4) è lo sviluppo delle partecipazioni societarie della Cassa con apertura a partners industriali. Nei quattro anni passati il lavoro di GROMA e Inarcheck, nostre società partecipate, ci ha consentito di raggiungere obiettivi per cui siamo diventati possibili partners di società che sviluppano industrialmente queste attività. Il nostro lavoro non è fare attività: il nostro lavoro è stato quello di creare le premesse per cui GROMA da società che lavorava in house solo per noi potesse diventare una società in grado di essere sul mercato. Lo è diventata, è appetibile sul mercato, domani ragioneremo tutti insieme su alcune scelte da compiere, perché sono state avanzate proposte di partnership da parte di importanti società. Questo significa rinunciare ad una quota della proprietà, ma aumentare le possibilità di ingaggio, perché interessa avere un socio che porta opportunità di lavoro e consente di svilupparle. La carta prepagata, che è stata realizzata nell’ultima parte dello scorso Comitato ma non è mai decollata perché non sostenuta nel modo giusto, in quanto dovevamo occuparci della sostenibilità a cinquanta anni, sarà uno strumento importante per evitare sbagli. Avete visto molti di voi restituire 900 euro per gli errori compiuti nelle dichiarazioni dei redditi, laddove 2.500 colleghi hanno sbagliato non detraendo il contributo minimo versato nell’integrativo ed hanno versato 900 euro in più. Abbiamo restituito tutto in tempo reale ma, se avessimo avuto queste carte prepagate, avremmo potuto accreditare il dovuto direttamente senza problemi. Con queste carte contiamo di erogare le pensioni, i contributi liquidati ai colleghi che hanno seguito i corsi. Per quanto concerne il punto 5): le strutture della Cassa, molti hanno sollevato il tema della revisione della Governance della Cassa, tema che 12 dobbiamo affrontare perché è un importante tema di costi. Ci sono istanze da più parti su varie modalità e certamente dobbiamo porvi attenzione. Un’altra attività è rilevante per la trasparenza e la chiarezza nei confronti degli iscritti: il restyling del nostro Regolamento, che purtroppo negli ultimi anni è stato soggetto a parecchi interventi, per cui diventa un problema leggerlo. È un lavoro delicato, che verrà compiuto dagli uffici, al fine di rendere organico il testo ed eliminare discrasie che possano dare adito anche a contenziosi. Il punto 6) è l’attività di sostegno alla professione. Dobbiamo sostenere il praticantato e uscirà il Regolamento sul praticantato anche se situazioni delicate sono già emerse in alcuni Collegi, laddove ci si chiede se il praticantato debba garantire un compenso al praticante. Questo creerà difficoltà e quindi dobbiamo capire se si possa fare a meno del praticantato. In merito al sostegno alla formazione continua, la legge ci consentiva di stipulare una convenzione per l’assicurazione professionale (sarà obbligatoria da agosto). Altre Casse l’hanno fatta, ci sono condizioni vantaggiose che sarebbero estensibili anche a noi, per cui valuteremo se anche per noi sia opportuno sottoscriverla. Ieri abbiamo avuto conferma (ringrazio la Dottoressa Cresti oggi assente) che è stata approvata la norma che consente alla Cassa di partecipare a un Confidi. A fronte di una garanzia di un euro che la Cassa può prestare per finanziamenti che riguardano esclusivamente gli iscritti alla Cassa Geometri, è possibile far erogare dalle banche locali sino a venti volte quella somma ad un tasso vantaggioso. Questa è un’opportunità che dovremmo sviluppare. Ci sono anche servizi che riguardano esclusivamente le attività della Cassa, in particolare la cessione del quinto, per cui possiamo sottoscrivere una convenzione per i nostri pensionati e pensionandi che devono pagare arretrati di contributi accedendo con la cessione del quinto ad una condizione più agevolata rispetto a quella che trovano sul mercato. Con la cessione del quinto sul mercato si pagano infatti solitamente aliquote a livello del 16-17 per cento. Vedo passare le richieste rivolte a finanziarie che esigono aliquote terrificanti. Credo che si debba intervenire anche su questo. Viste le attuali difficoltà, molti Collegi hanno richiesto di rivedere i contratti di affitto e quindi ne ragioneremo. Se adotteremo un provvedimento, riguarderà tutti, e potrebbe essere la sospensione per un certo periodo degli adeguamenti Istat. Abbiamo un doppio problema: sono molto aumentati gli oneri fiscali che gravano sugli immobili, però il mercato degli immobili oggi è veramente sofferente, per cui molti Collegi pensano di traslocare per spendere meno. Dobbiamo fare una valutazione in quella direzione. Più tardi parleremo di una interessante revisione della convenzione sui finanziamenti agli iscritti, che abbiamo mutuato da iniziative di Inarcassa, Eppi e le altre Casse, perché guardare quello che fanno gli altri serve a capire quello che si può fare. Più tardi presenteremo quindi le ipotesi che stiamo valutando e che saranno poste all’attenzione del primo Consiglio utile dopo l’insediamento del nuovo Consiglio. Con le altre Casse stiamo altresì verificando anche l’eventualità di convenzioni per far accedere tutti gli iscritti a prezzi più vantaggiosi per quanto riguarda le utenze ed i vari sistemi che vediamo pubblicizzare ma che celano mille trappole. Cerchiamo di valutare se nel settore delle utilities in particolare si possano siglare convenzioni a vantaggio del singolo iscritto, anche per uso familiare o di studio, perché oggi bisogna fare massa e cercare di risparmiare. Questo è un Allegato 1 – Indirizzi del Comitato Delegati per il prossimo mandato Argomenti da sviluppare 1. modo come un altro per aiutare la categoria. Il 7° e ultimo punto è la politica degli investimenti. Anche alla luce delle ultime proposte di legge, stiamo pensando di conferire altri immobili all’interno del fondo immobiliare perché su due immobili devono essere effettuati pesanti interventi di ristrutturazione. Sapete che come Ente non commerciale non recuperiamo l’IVA sugli interventi e non mettiamo a perdita le spese che sosteniamo. Ristrutturare un immobile spendendo cifre importanti e riaffittarlo significa pagare il giorno dopo interamente l’onere fiscale sul canone nuovo che andiamo a percepire e, se abbiamo speso soldi, non possiamo metterli in detrazione. Credo che questo non sia fattibile, perché prima di aver recuperato quelle somme e l’IVA che abbiamo versato passano venti anni. Si sta ragionando con le altre Casse anche sull’eventualità di effettuare investimenti insieme. Già adesso in F2i siamo con le altre Casse, Inarcassa ed Eppi, e non siamo più dei singoli ma facciamo massa. In questo fondo importante, di cui vedrete qualcosa nei bilanci, le Casse insieme hanno il 26 per cento della partecipazione, quindi possono incidere. C’è la proposta di ripensare l’immobile anche verso le proprietà agricole, c’è un ritorno di attenzione dei grandi investitori verso le proprietà maltrattate degli Enti pubblici, dello Stato, delle varie ASL, degli ospedali, proprietà enormi e poco valorizzate. Ne parleremo. Questi sono i punti sui quali vi prego di riflettere nei prossimi giorni. Saranno oggetto di discussione quando verranno valutati positivamente dal Comitato e diventeranno l’attività dei prossimi quattro anni insieme alle iniziative che riusciremo ad affrontare nel primo incontro, su cui vi prego di fornirci indicazioni entro il 15, perché prima dell’estate cominceremo a stabilire le priorità e a dettare i tempi per arrivare a buon fine. Grazie. Strategie per il rispetto della evoluzione demografica della categoria coerente con la proiezione attuale Breve termine: • Recupero Iscritti solo Albo; • Recupero del serbatoio degli Abilitati; • Attività di vigilanza sulla elusione/evasione contributiva; • Inclusione Associazioni Professioni Regolamentate; Medio termine • Orientamento scolastico per accesso alla Professione; • Progetto Formazione Continua; • Definizione del Geometra Professionista in Europa; 2. • • • • • • • Sviluppo attività core della Cassa Previdenza Complementare; Assistenza Sanitaria; Sistema di Welfare in generale; Progetto Sinergie con altre Casse; Verifica Finanze anni 2008 – 2009; Piano di recupero delle morosità contributive; Verifica Società Ingegneria; 3. • • • • Messa a regime e decollo definitivo delle iniziative in start-up SIPEM; Patrimonio Comune; VOL; Dimore; 4. • • • • Sviluppo delle partecipazioni Societarie della Cassa con apertura a partners industriali Abitanti on Line; GROMA Gestione Immobiliare; INARCHECK; Carta Prepagata; 5. • • Strutture CASSA Revisione della governance della Cassa; Restyling completo dei testi dei nostri Statuti/Regolamenti; 6. • • • • • • • Attività a sostegno Professione Sostegno al Praticantato; Sostegno alla Formazione Continua; Convenzione per Assicurazione Professionale; CONFIDI; Revisione contratti locazione sedi Collegi; Revisione convenzione per finanziamento neo-iscritti; Convenzioni per acquisti in rete; 7. • • • Politica degli Investimenti Conferimento al Fondo Immobiliare di ulteriori immobili da ristrutturare; Investimento nelle iniziativa Immobiliare interCasse; Valutazione di iniziative indirizzate verso l’acquisto di terreni agricoli. Alla presidenza della CIPAG rieletto Fausto Amadasi Con votazione unanime, l’11 giugno, il Consiglio di Amministrazione composto da: Carlo Cecchetelli, Francesco Di Leo, Carmelo Garofalo, Leo Momi, Mario Ravasi ed Ilario Tesio, ha eletto Presidente Fausto Amadasi. “Ringrazio il Comitato dei Delegati CIPAG ed il nuovo Consiglio di Amministrazione, che mi hanno sostenuto in questi anni nel creare una squadra vincente, che ha acquisito un ruolo primario – ha dichiarato il Presidente Fausto Amadasi – diventando interlocutore qualificato del Parlamento, del Governo e degli operatori pubblici e privati in ambito previdenziale, finanziario ed immobiliare, con benefici per i Geometri italiani in termini di servizi efficienti ed innovativi, fortemente informatizzati e ai quali di recente si è aggiunto il Fondo Futura, una forma di Previdenza complementare che assicura ulteriori benefici anche con piccole quote di contribuzione volontaria”. “Conti sempre in ordine, monitoraggio costante del dibattito parlamentare e della legislazione di settore, gioco d’anticipo sulle innovazioni, ricerca di sinergie e di collaborazione con le Istituzioni e con gli altri Enti previdenziali dei professionisti hanno consentito alla CIPAG di approntare per tempo le necessarie misure di adeguamento ad una realtà previdenziale in continua evoluzione – ha proseguito Amadasi –. La CIPAG ha aumentato il proprio patrimonio fino a superare abbondantemente i 2 miliardi di Euro, migliorando la performance della gestione previdenziale ed anche l’attivo delle gestioni mobiliari ed immobiliari, ottimizzando in modo significativo i costi di gestione, in modo da garantire una pensione sicura ai Geometri per i prossimi 50 anni, come richiesto dalla normativa vigente”. #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 13 INTERVENTI Papa Francesco Udienza Generale Omelia pronunciata dal Santo Padre Francesco in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente. C ari fratelli e sorelle, buongiorno! Oggi vorrei soffermarmi sulla questione dell’ambiente, come ho avuto già modo di fare in diverse occasioni. Me lo suggerisce anche l’odierna Giornata Mondiale dell’Ambiente, promossa dalle Nazioni Unite, che lancia un forte richiamo alla necessità di eliminare gli sprechi e la distruzione di alimenti. Quando parliamo di ambiente, del creato, il mio pensiero va alle prime pagine della Bibbia, al Libro della Genesi, dove si afferma che Dio pose l’uomo e la donna sulla terra perché la coltivassero e la custodissero (cfr 2,15). E mi sorgono le domande: Che cosa vuol dire coltivare e custodire la terra? Noi stiamo veramente coltivando e custodendo il creato? Oppure lo stiamo sfruttando e trascurando? Il verbo “coltivare” mi richiama alla mente la cura che l’agricoltore ha 14 per la sua terra perché dia frutto ed esso sia condiviso: quanta attenzione, passione e dedizione! Coltivare e custodire il creato è un’indicazione di Dio data non solo all’inizio della storia, ma a ciascuno di noi; è parte del suo progetto; vuol dire far crescere il mondo con responsabilità, trasformarlo perché sia un giardino, un luogo abitabile per tutti. Benedetto XVI ha ricordato più volte che questo compito affidatoci da Dio Creatore richiede di cogliere il ritmo e la logica della creazione. Noi invece siamo spesso guidati dalla superbia del dominare, del possedere, del manipolare, dello sfruttare; non la “custodiamo”, non la rispettiamo, non la consideriamo come un dono gratuito di cui avere cura. Stiamo perdendo l’atteggiamento dello stupore, della contemplazione, dell’ascolto della creazione; e così non riusciamo più a leggervi quello che Benedetto XVI chiama “il ritmo della storia di amore di Dio con l’uomo”. Perché avviene questo? Perché pensiamo e viviamo in modo orizzontale, ci siamo allontanati da Dio, non leggiamo i suoi segni. Ma il “coltivare e custodire” non comprende solo il rapporto tra noi e l’ambiente, tra l’uomo e il creato, riguarda anche i rapporti umani. I Papi hanno parlato di ecologia umana, strettamente legata all’ecologia ambientale. Noi stiamo vivendo un momento di crisi; lo vediamo nell’ambiente, ma soprattutto lo vediamo nell’uomo. La persona umana è in pericolo: questo è certo, la persona umana oggi è in pericolo, ecco l’urgenza dell’ecologia umana! E il pericolo è grave perché la causa del problema non è superficiale, ma profonda: non è solo una questione di economia, ma di etica e di antropologia. La Chiesa lo ha sottolineato più volte; e molti dicono: sì, è giusto, è vero… ma il sistema continua come prima, perché ciò che domina sono le dinamiche di un’economia e di una finanza carenti di etica. Quello che comanda oggi non è l’uomo, è il denaro, il denaro, i soldi comandano. E Dio nostro Padre ha dato il compito di custodire la terra non ai soldi, ma a noi: agli uomini e alle donne. Noi abbiamo questo compito! Invece uomini e donne vengono sacrificati agli idoli del profitto e del consumo: è la “cultura dello scarto”. photo © http://commons.wikimedia.org/ Till Niermann edit by Calibas Piazza San Pietro. Mercoledì, 5 giugno 2013 Se si rompe un computer è una tragedia, ma la povertà, i bisogni, i drammi di tante persone finiscono per entrare nella normalità. Se una notte di inverno, qui vicino in via Ottaviano, per esempio, muore una persona, quella non è notizia. Se in tante parti del mondo ci sono bambini che non hanno da mangiare, quella non è notizia, sembra normale. Non può essere così! Eppure queste cose entrano nella normalità: che alcune persone senza tetto muoiano di freddo per la strada non fa notizia. Al contrario, un abbassamento di dieci punti nelle borse di alcune città, costituisce una tragedia. Uno che muore non è una notizia, ma se si abbassano di dieci punti le borse è una tragedia! Così le persone vengono scartate, come se fossero rifiuti. Questa “cultura dello scarto” tende a diventare mentalità comune, che contagia tutti. La vita umana, la persona non sono più sentite come valore primario da rispettare e tutelare, specie se è povera o disabile, se non serve ancora – come il nascituro –, o non serve più – come l’anziano. Questa cultura dello scarto ci ha resi insensibili anche agli sprechi e agli scarti alimentari, che sono ancora più deprecabili quando in ogni parte del mondo, purtroppo, molte persone e famiglie soffrono fame e malnutrizione. Una volta i nostri nonni erano molto attenti a non gettare nulla del cibo avanzato. Il consumismo ci ha indotti ad abituarci al superfluo e allo spreco quotidiano di cibo, al quale talvolta non siamo più in grado di dare il giusto valore, che va ben al di là dei meri parametri economici. Ricordiamo bene, però, che il cibo che si butta via è come se venisse rubato dalla mensa di chi è povero, di chi ha fame! Invito tutti a riflettere sul problema della perdita e dello spreco del cibo per individuare vie e modi che, affrontando seriamente tale problematica, siano veicolo di solidarietà e di condivisione con i più bisognosi. Pochi giorni fa, nella Festa del Corpus Domini, abbiamo letto il racconto del miracolo dei pani: Gesù dà da mangiare alla folla con cinque pani e due pesci. E la conclusione del brano è importante: «Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi avanzati: dodici ceste» (Lc 9,17). Gesù chiede ai discepoli che nulla vada perduto: niente scarti! E c’è questo fatto delle dodici ceste: perché dodici? Che cosa significa? Dodici è il numero delle tribù d’Israele, rappresenta simbolicamente tutto il popolo. E questo ci dice che quando il cibo viene condiviso in modo equo, con solidarietà, nessuno è privo del necessario, ogni comunità può andare incontro ai bisogni dei più poveri. Ecologia umana ed ecologia ambientale camminano insieme. Vorrei allora che prendessimo tutti il serio impegno di rispettare e custodire il creato, di essere attenti ad ogni persona, di contrastare la cultura dello spreco e dello scarto, per promuovere una cultura della solidarietà e dell’incontro. Grazie. © Copyright - Libreria Editrice Vaticana 2013 Papa Francesco, Jorge Mario Bergoglio 76 anni, gesuita argentino, arcivescovo di Buenos Aires dal 1998 è il primo Papa giunto dalle Americhe. È una figura di spicco dell’intero continente e un pastore semplice e molto amato nella sua diocesi, che ha girato in lungo e in largo, anche in metropolitana e con gli autobus. «La mia gente è povera e io sono uno di loro», ha detto una volta per spiegare la scelta di abitare in un appartamento e di prepararsi la cena da solo. Ai suoi preti ha sempre raccomandato misericordia, coraggio e porte aperte. La cosa peggiore che possa accadere nella Chiesa, ha spiegato in alcune circostanze, «è quella che de Lubac chiama mondanità spirituale», che significa «mettere al centro se stessi». E quando cita la giustizia sociale, invita a riprendere in mano il catechismo, i dieci comandamenti e le beatitudini. Nonostante il carattere schivo è divenuto un punto di riferimento per le sue prese di posizione durante la crisi economica che ha sconvolto il Paese nel 2001. Nella capitale argentina nasce il 17 dicembre 1936, figlio di emigranti piemontesi: suo padre Mario fa il ragioniere, impiegato nelle ferrovie, mentre sua madre, Regina Sivori, si occupa della casa e dell’educazione dei cinque figli. Diplomatosi come tecnico chimico, sceglie poi la strada del sacerdozio entrando nel seminario diocesano. L’11 marzo 1958 passa al noviziato della Compagnia di Gesù. Completa gli studi umanistici in Cile e nel 1963, tornato in Argentina, si laurea in filosofia al collegio San Giuseppe a San Miguel. Fra il 1964 e il 1965 è professore di letteratura e psicologia nel collegio dell’Immacolata di Santa Fé e nel 1966 insegna le stesse materie nel collegio del Salvatore a Buenos Aires. Dal 1967 al 1970 studia teologia laureandosi sempre al collegio San Giuseppe. Il 13 dicembre 1969 è ordinato sacerdote. Prosegue quindi la preparazione tra il 1970 e il 1971 in Spagna, e il 22 aprile 1973 emette la professione perpetua nei gesuiti. Il 31 luglio 1973 viene eletto provinciale dei gesuiti dell’Argentina. Sei anni dopo riprende il lavoro nel campo universitario e, tra il 1980 e il 1986, è di nuovo rettore del collegio di San Giuseppe, oltre che parroco ancora a San Miguel. È il cardinale Quarracino a volerlo come suo stretto collaboratore a Buenos Aires. Così il 20 maggio 1992 Giovanni Paolo II lo nomina vescovo titolare di Auca e ausiliare di Buenos Aires. Il 27 giugno riceve l’ordinazione episcopale proprio dal cardinale. Come motto sceglie Miserando atque eligendo e nello stemma inserisce il cristogramma ihs, simbolo della Compagnia di Gesù. Alla morte del cardinale Quarracino gli succede, il 28 febbraio 1998, come arcivescovo, primate di Argentina. Nel Concistoro del 21 febbraio 2001, Giovanni Paolo II lo crea cardinale, del titolo di san Roberto Bellarmino. Nell’aprile 2005, partecipa al conclave in cui è eletto Benedetto XVI. Viene eletto Sommo Pontefice il 13 marzo 2013. #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 15 PROGETTI Marco Morigi, progettista di skatepark affermato in ambito nazionale, racconta il suo percorso professionale e tra i progetti realizzati, due tra i più recenti e significativi. 16 C lasse 1977, sono nato a Ravenna e ho conseguito nel 1996 il diploma di Geometra. Nell’anno successivo ho frequentato un corso di disegnatore Cad. A seguire ho superato l’esame di abilitazione per Geometri ma non ho mai ritirato il timbro professionale, lavorando come dipendente per Studi privati e per la Pubblica Amministrazione. Ho sempre avuto un’attitudine al “fai da te” ed ai lavori manuali. Pratico skateboard dal 1989 per un’assoluta passione che mi ha portato prima a girare l’Italia (e non solo) per skateare in lungo e in largo sempre attento ad ogni superficie raidabile, quindi street spot e skatepark, alle loro dimensioni, posizionamenti ma anche ai metodi costruttivi e materiali impiegati, e successivamente a maturare esperienze gestionali ed organizzative di eventi e di costruzione di rampe e skatepark. Col tempo ho quindi acquisito una conoscenza diretta sui materiali, sui metodi costruttivi ed anche sul dimensionamento degli “ostacoli”. Sovente sono contattato da persone, tecnici, skaters, conoscenti, Pubbliche Amministrazioni, e Marco Morigi e gli skatepark altri soggetti che mi chiedono informazioni e consigli relativi agli skatepark: materiali, iter burocratici, tecniche costruttive, ditte costruttrici, ecc… e sporadicamente questi approcci si concretizzano in incarichi di consulenza per la progettazione. In Italia lo skateboarding è sottovalutato, esistono pochi spazi e limitati impianti ad esso dedicati quando ci sono nazioni in Europa che investono su questa disciplina costruendo continuamente sempre più numerosi ed estesi skatepark pubblici. Uno skatepark deve essere un luogo di ritrovo, dove siamo sicuri di incontrare i nostri amici, dove poter accompagnare il figlio abitualmente, dove l’anziano si può sedere ed ammirare le evoluzioni compiute dai giovani con la tavoletta sotto ai piedi. Lo skatepark è un punto di aggregazione giovanile, è il posto dove siamo liberi di esprimerci, dove ci sfoghiamo, dove si cade e ci si rialza, dove nascono motivazioni, dove si matura ma soprattutto dove ci si diverte in modo sano e creativo. Ci vorrebbe uno skatepark o una semplice struttura per skateboard di fianco ad ogni altalena di un qualsiasi parco giochi, in ogni quartiere, in ogni città e allora sì che in questi spazi i bambini e gli adolescenti scenderebbero a giocare in modo spontaneo, come nel passato quando si giocava per strada o nel campetto della parrocchia… Al giorno d’oggi è difficile trovare ancora un riscontro di tutto questo. Fra i miei progetti recenti e significativi faccio qui riferimento a due strutture inaugurate entrambe durante il mese di ottobre 2012: uno skatepark pubblico presso il Comune di Pietrasanta (LU) e una rampa (bowl) privata presso un negozio che vende articoli per skateboard a Camerano (AN). #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 17 18 PROGETTI Pietrasanta (Lucca) È stato realizzato uno skatepark da me progettato, si tratta di una piccola “Skate Plaza” di 500mq caratterizzata dallo sviluppo planimetrico ma soprattutto dall’utilizzo di un materiale di pregio, il marmo, con il quale si sono costruite la quasi totalità delle strutture della Plaza, struttura unica in Italia ad impiegare questi materiali. Il progetto è nato dall’idea di legare lo skatepark alla tradizione di lavorazione artistica del marmo di Pietrasanta. Grazie alla collaborazione di alcune ditte locali (ARTCO Srl, Blitz Graniti Snc, Henraux Spa, Gabrielli Giuseppe e F.lli Galeotti) si è riusciti ad individuare pezzi di marmo, residui di lavorazione, con forme particolari ed adatte allo skateboarding che sono stati omaggiate o fornite a bassissimo costo. La volontà è stata quella di non modificare tali pezzi ma piuttosto creare la Skate Plaza partendo da essi e lasciare agli skaters il piacere di adattare il loro skateboarding a forme non nate per essere utilizzate con la tavola da skateboard. In merito alla struttura si riporta una citazione dell’Assessore Rossano Forassiepi, del Comune di Pietrasanta, rilasciata in occasione dell’inaugurazione: “Andiamo ad inaugurare una nuova scultura di Pietrasanta. Il primo Skatepark in Italia realizzato in marmo, in onore dell’artigianato e degli artigiani. Un’opera che entrerà a far parte del percorso artistico ludico complessivo della città”. Lo Skatepark si trova in Viale Marconi - Pietrasanta LU #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 19 Camerano (Ancona) Sulla costa opposta, nella cittadina marchigiana di Camerano, la nuova sede del negozio “Big Air” ospita al suo interno un’incredibile e radicale bowl di legno con pool coping, realizzata sempre su mio progetto, che occupa 150mq di superficie. La caratteristica di questa struttura è la lavorazione di tutti gli elementi che la compongono tagliati al pantografo. Un po’ di dati tecnici sulla Big Air Bowl: Progetto preliminare: Luca Crestani e Marco Morigi; Progetto esecutivo: Marco Morigi; Costruttore: in economia da Luca Crestani, Mauro Vitali e Nicola Baldini; Dimensioni: Shallow h180cm di cui 5cm a vert; Deep h240cm di cui 20cm a vert; 20 Materiali: betulla russa sp. 24mm per le centine verticali, orizzontali ed il pianale del terrazzino; assi e morali di abete per altre centine orizzontali e per tutto il telaio portante dei terrazzini; n. 3 strati di betulla finlandese sp. 6,5mm come pannellatura delle curve; Pool Coping su tutto il perimetro; 40.000 viti. Tutto lo scheletro del telaio portante è stato progettato e realizzato al taglio pantografo come la pennellatura finale composta da quasi 300 spicchi calcolati con l’ausilio di applicativi del software Rhino. Il Big Air Shop si trova in Via Direttissima del Conero, 54 – Camerano AN Gli altri progetti e le collaborazioni Dal 1996 al 2010 ho avuto in gestione l’ex campo da tennis presso la Taverna Bukowski di Marina di Ravenna e anno dopo anno vi ho progettato, realizzato, ampliato, modificato e gestito l’Oasi Skatepark con rampe in ferro-legno, organizzando eventi di rilevante importanza come tappe del Campionato Italiano di Skateboard o del più rinomato Slam Trick. 2000-2003 ho richiesto, progettato e seguito i lavori dello skatepark pubblico in cemento sito presso la Polisportiva Ponte Nuovo a Ravenna. 2002-2003: ho realizzato i progetti esecutivi e redatto il calcolo statico del “Marianna HC Vert” di Mezzano, la rampa verticale in PROGETTI cemento per il Comune di Lido di Camaiore LU inaugurato in data 5 giugno 2011 (#Lido di Camaiore Skate Plaza). 2011 progettazione esecutiva di skatepark privato in legno al coperto realizzato presso il Comune di Avenza - Massa Carrara inaugurato in data 8 dicembre 2011 (#Carrara Skatepark). 2012 consulenza tecnica e progettazione esecutiva di bowl in cemento da realizzarsi in economia (lavori fai da te / D.I.Y.) presso il Comune di Lodi. I lavori sono stati interrotti per problematiche emerse durante gli scavi, la bowl verrà costruita in altra zona e periodo da definirsi (#Ottone Project). 2011-2013 in corso d’opera consulenza tecnica per assistenza alla progettazione e d.l. per conto del Comune di Bolzano per realizzazione di skatepark in cemento presso prati del Talvera, a Bolzano (#Platza Skatepark). Negli anni ho omologato decine di strutture e importanti impianti per skateboard in Italia collaborando con lo Studio Tecnico Lotti & Partners di Ravenna ferro-legno più grande d’Europa per gli “allenamenti” del padrone di casa Giorgio Zattoni. 2007-2008 consulenza tecnica per assistenza alla progettazione e direzione lavori per il Comune di Cesena per realizzazione di skatepark in cemento presso il Parco Ippodromo di CESENA inaugurato in data 28 novembre 2008 (#Jurassic Skatepark). 2008-2009 consulenza tecnica per assistenza alla progettazione e d.l. per conto dello Studio Silva di Bologna per realizzazione di skatepark in cemento per il Comune di CREMONA. Purtroppo a causa di una petizione di quartiere, a scavi iniziati, è stato eliminato dal progetto lo skatepark che verrà costruito in altra zona e periodo da definirsi. 2008-2009 consulenza tecnica per assistenza alla progettazione e d.l. per il Comune di Faenza per realizzazione di skatepark in cemento presso campo ex tamburello a FAENZA inaugurato in data 13 giugno 2009 (#Oami Skate Plaza). 2010-2012: assieme a Marco Miccoli e Gianni Zattoni, abbiamo creato la “Skateboard School Ravenna” organizzando corsi di skateboard strutturati con vere e proprie lezioni di skateboard di primo approccio e di perfezionamento per ragazzi e ragazze dai 5 ai 14 anni. 2011 consulenza tecnica per assistenza alla progettazione e d.l. per conto dello Studio Pucci Associati di Viareggio per realizzazione di skatepark in Cariche associative e formazione Nel 2004 sono stato parte costituente dell’Associazione Culturale Slam Trick dove ho ricoperto la carica di Presidente fino alla cessazione della stessa nell’anno 2010. Nel 2010 sono stato nominato Componente della Commissione Tecnica Skateboard della F.I.H.P. (Federazione Italiana Hockey e Pattinaggio) e Presidente dell’Associazione Sportiva Dilettantistica Marianna Skatepark). Sempre 2010 ho ricevuto l’attestato di partecipazione al corso di formazione “Educare con lo Sport” promosso dal Comune di Ravenna. L’anno successivo ho partecipato al “Corso di formazione nazionale per Istruttori di base” organizzato dal Coni per la Federazione Italiana Hockey e Pattinaggio (FIHP). #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 21 pENSaRE Fare scuola di Luigi Mussio - Naida Di Nino del Politecnico di Milano – DICA Intervento presentato da Lugi Mussio e Naida Di Nino nell’ambito del Convegno nazionale della SIFET (Società Italiana di Fotogrammetria E Topografia) “Tecniche moderne della Geomatica e loro applicazioni in ambito legale e forense”, svoltosi allo Sheraton Catania Hotel & Conference Center dal 26 al 28 giugno. A micis semper libens patebo è un gioioso detto latino che significa: sarò sempre aperto agli amici. Infatti proprio questo è il senso del testo che intende essere una conversazione di coloro che scrivono con i propri lettori, invitandoli alla lettura, in quanto amici. In questo modo, la lunga conversazione si dipana liberamente, spaziando dalla matematica (dai giochi numerici e dalle discipline del rilevamento) alle parole chiave del vivere civile (e della politica, intesa nel senso più alto, con un’attenzione particolare alla possibilità di garantire a tutti la “pancia piena”, perché strettamente necessaria per i pensieri alti). Una lunga digressione prende in considerazione le figure di Darwin e Marx, e le pericolose degenerazioni del loro pensiero. Una selezione di immagini accompagna la conversazione, sottolineandone gli aspetti più rilevanti od introducendo tematiche parallele. Non secondarie sono poi alcune considerazioni conclusive didattiche, perché troppo spesso si perseguono logiche errate, completamente contrarie alle esigenze maieutiche. Per ogni cosa c’è il suo momento, … (Ecclesiaste 3, 1)1 Ma tutti i feticci avevano lo stesso scopo. Erano armi per aiutare la gente, a non essere più soggetta agli spiriti, e diventare indipendente. Strumenti. Se diamo una forma agli spiriti, diventiamo indipendenti (Pablo Picasso). 1 Il passo biblico è famoso, ma si addice ad introdurre temi sparsi che spaziano da curiosità culturali a riflessioni etiche, non disgiunte da qualche accento polemico. Proprio per questa ragione, tre quadri di Pablo Diego José Francisco de Paula Juan Nepomuceno María de los Remedios Cipriano de la Santísima Trinidad Ruiz y Annibali Picasso (semplicemente noto come Pablo Picasso), dipinti in tre momenti della sua lunga vita e su tre soggetti completamente differenti, sostituiscono bene un’introduzione fatta di tante parole. Infatti il primo presenta il primo dei suoi quattro figli (ancora piccolo ed in abiti da carnevale) ed è un invito al gioco ed alla fantasia, il secondo (dipinto nell’anno di termine della guerra civile spagnola e d’inizio della seconda guerra mondiale) illustra drammaticamente la rapacità di una strage, ammonendo contro i pericoli dell’odio tra la gente ed i popoli, ed il terzo mostra la gioiosità del bene, anche fisico, vissuto nell’amicizia e nell’amore tra persone, prima di tradursi nel bene comune delle varie comunità e dell’intera società umana. 22 Si può dipingere con ciò che si vuole, con pipe, francobolli, cartoline o carte da gioco, con pezzi di tela cerata, colletti, carta da parati, giornali. A me basta che si veda il lavoro, il lavoro si deve vedere ed è dalla quantità di lavoro che ci mette l’artista che si capisce il valore di un’opera d’arte (Guillaume Apollinaire). Un pittore deve osservare la natura, ma non confonderla mai con la pittura. La natura non si può tradurre in pittura se non attraverso i segni. Ma i segni non si inventano. Bisogna puntare fortemente alla somiglianza per arrivare al segno. Per me, la surrealtà non è altro – e non è mai stato altro – che questa profonda somiglianza, al di là delle forme e dei colori con cui le cose si presentano (Pablo Picasso). Diversi ma non troppo, per contenuto, sono i tre passi, dello stesso Picasso e di Apollinaire. Liberarsi dalla paura è una precondizione necessaria, per poter vivere pienamente la propria esperienza umana. In questo contesto, i feticci di allora sono il corrispondente della ragione e della fantasia di oggi. Da qui, cosa e come dipingere fa il pari con cosa e come descrivere/narrare (ed anche registrare e riprendere, fotografando o filmando), per quella continuità, ben nota, tra immagini, mappe e testi corrispondenti. Circa la rispondenza tra oggetto ed immagine (qualsiasi cosa essa sia): acquisire è sempre scegliere ed interpretare. Le parole chiave del vivere civile Pablo Picasso Paulo en arlequin, 1924 (Musée National Picasso) Gatto che ghermisce un uccello, 1939 (Musée National Picasso) Le Baiser, 1969 (Musée National Picasso) Andiamo dunque a sondare che cosa significano… le tre grandi parole che la rivoluzione francese ha con la presa della Bastiglia: libertà, uguaglianza, fraternità. Cominciamo dalla libertà. Non hanno avuto la stessa sorte, queste parole. Libertà è la più inflazionata. Chi ne fa a meno, se non proprio i fascisti, … ? La sventola anche chi, nel concreto esercizio del potere, la nega. Uguaglianza è già meno diffusa: è una parola delle punte alte del movimento operaio, delle prime lotte ugualitarie, una parola del comunismo, quando – assai prima di questo secolo – si affaccia alla storia; la accompagna un sospetto di utopia. Fraternità è invece una parola perduta alla politica. Ferveva alle origini del movimento operaio; oggi2, credo, resta solo in fondo alle lettere che ci si scambia nei e fra i partiti comunisti: “Fraterni saluti”. Dieci anni fa è stata usata orribilmente: era “fraterno” aiuto quello che esercitavano le truppe sovietiche invadendo nel 1968 la Cecoslovacchia. Libertà sono tante cose. Prima di tutto è rifiuto dell’oppressione. Dell’oppressione esterna, della coazione esterna: è bisogno di uscire dalla “impossibilita di essere liberi”. Come uomini o come popolo. È per questo che l’idea di liberta porta in sé un immagine di lotta e un carico di sofferenza; la sentono soprattutto coloro che ne 2 Il testo è del 1979. #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 23 sono privi. Così le parole della libertà nascono soprattutto nel dolore e nella ribellione. In questi nostri anni forse non a caso troviamo le parole della liberta nella voce delle minoranze oppresse, dei popoli colonizzati. Dura libertà, bisogna soffrire molto per amarla cosi. E poi, quando si è liberi dall’oppressione più elementare – quella dello straniero, o della razza che si pretende superiore – la libertà diventa qualcosa di più complicato. Come se non si cessasse mai di non essere liberi. Forse per questo … (si) parlava di utopia della liberta. Quando si è conquistato il diritto di libertà come popolo, o nazione, o minoranza, ecco che la libertà incontra altri ostacoli: l’oppressione non più da parte dello straniero, degli “altri”, ma da parte dei “propri”: l’oppressione che può venire dall’ordine sociale o dalle leggi nei quali la coloro che amano, non di coloro che odiano”. Questa libertà ultima, che non accetta nessun vincolo umano, consensuale neppure, è collocata da Sofocle in una donna. “Non sarà una donna che farà la legge finché vivo”, grida il tiranno; e la sorella di Antigone già l’aveva ammonita “Siamo donne, la natura non ci ha fatto capaci di tener testa ai poteri”, dei quali le leggi non sono che l’espressione formalizzata. Perché Sofocle sceglie una figura femminile per esaltare l’individuo contro la collettività, vista come oppressione? Perché la donna, che porta e trasmette la vita, appare più vicina a qualcosa che viene prima e va oltre la convenzione della società politica, a quella parte inalienabile dell’essere e della persona che ha la sua radice nella vita stessa, cioè prima della società organizzata (o almeno così sembra “Dura libertà, bisogna soffrire molto per amarla cosi. E poi, quando si e liberi dall’oppressione più elementare – quella dello straniero, o della razza che si pretende superiore – la libertà diventa qualcosa di più complicato. Come se non si cessasse mai di non essere liberi” persona sente violata se stessa o i suoi principi costitutivi. La prima figura di questa affermazione di libertà contro l’ordine statuale è, nella nostra civiltà, una donna: oltre quattrocento anni prima di Cristo, ad Atene, Sofocle mette in bocca ad Antigone la ribellione alla legge in nome d’un principio superiore ed estraneo ad essa. … Che cosa la opprime? Un editto del tiranno di Tebe, il quale ordina che non venga data sepoltura al corpo d’uno dei due fratelli di Antigone, Polinice, venuto a combattere contro la sua città. Chi tenterà di seppellirlo sarà messo a morte. Io lo seppellirò, dichiara Antigone. Vado contro la legge? Lo so, ma obbedisco a un’altra legge “che non porta la data di oggi, né di ieri, e nessuno sa quando sia stata scritta” – una legge, dunque, non decisa dagli uomini: è quella del legame di sangue e della pietà verso i morti. Dunque, le obietta il tiranno, tu metti sullo stesso piano il traditore e il giusto? “Chissà quale è la vera pietà, fuori dalla vita”, risponde Antigone. “Ma anche morto il nemico resta nemico”. “Io, replica Antigone, sono di 24 alla tradizione) e che si coglie più “per amore” che attraverso ragione. L’uomo è forte ma relativo, “laico”; la donna è debole ma eterna, legata alle radici “religiose” della vita. E infine c’è una liberta ancora successiva a questa, dell’individuo che si sente oppresso dalle norme della sua stessa collettività. È la liberazione da condizionamenti più sottili dei poteri e delle leggi scritte, condizionamenti – fatti di cultura, di costume, di inibizioni introiettate, di soggezioni che crescono in noi e con noi – che legano coloro che pure sono giuridicamente liberi o non stanno conducendo lotte per l’indipendenza, la vita o la morte. È l’idea di libertà come critica al carattere formale delle libertà; e riguarda non più solo la persona nei confronti dello stato, ma i gruppi, le classi, i soggetti sociali che si coagulano in una democrazia. Fraternità è la più sfuggente delle tre parole della rivoluzione francese.… Sta di fatto che “liberta” è una parola antichissima, che viene ripresa, muta d’accezione, PENSARE ma è sempre presente in politica. “Uguaglianza” è meno antica, più rara, ma è la costante dei movimenti rivoluzionari comunisti (che sono più vecchi di Marx). “fraternità” invece comincia a sparire già nel corso della rivoluzione che la iscrive nei suoi stendardi. … Ad ogni modo cos’è fraternità? Fraternità è un valore dei movimenti nascenti, quando la gente si riconosce e comincia a mettersi assieme; specie minoritari; specie quelli dove più che al leader si dà peso al collegamento orizzontale, fra uguali, senza rapporto con il padre, senza rapporto con il figlio. Fraternità è una parola di parità e solidarietà; questo valore cade man mano che la spinta originaria vince e si istituzionalizza. Allora i “fratelli” tornano a essere cittadini d’una comunità o soggetti d’uno stato o membri d’un partito consolidato. Per questo, … “fraternità” è fuggevole e transitoria; e per trovarla oggi bisogna guardare i movimenti più fortemente antistituzionali, per non dire antipolitici. Il femminismo, per esempio. Che l’abbia rinverdita? Fraternità, sororanza delle donne e fra donne, contro la potenza del mondo maschile. Perché Uguaglianza è, fra le parole della politica, la più paradossale ed eversiva. Paradossale perché mette in luce la bugia che è implicita nei nostri ordinamenti e nella nostra cultura, perfino nella coscienza e nel senso comune. Tutti gli uomini, si dice correntemente (salvo proprio qualche convinto nazista), nascono uguali; e per uguali si intende non “identici”, ma “con uguale diritto ad essere se stessi”. Lo dice solennemente la Costituzione, quando nega differenze di sesso, razza e religione per rapporto ai diritti fondamentali del cittadino. Eppure il senso comune sa che non è vero. La battuta “in fasce siamo tutti uguali” è falsa: si comincia con il nascere inuguali. Non scegliamo la nostra nascita; la prima disuguaglianza sta in essa – se uno nasce povero o nasce ricco, figlio di operaio o figlio di padrone, in una clinica … o in un casolare … o sulle navi … alla deriva nei mari del sud. Tutto il suo destino è segnato dal marchio dell’inuguaglianza nella nascita, e dovrà battersi contro di essa o subirla. Così, sappiamo anche di non essere uguali di fronte alla legge o alla cultura: le leggi sono uguali, ma sono applicate a cittadini che hanno un’inuguale capacità e possibilità di capirle, aggirarle, rispettarle o difendersene. E la stessa scuola applicata ai Gianni e ai Pierini non li rende uguali, ma li diversifica. E ancora, in questa società non d’uguali nascono fieri sospetti contro l’uguaglianza. Essa non ha mai voluto dire altro che “uguaglianza di diritti e poteri” (a dire il vero è, più che una parola della politica, una parola del potere, anzi il suo esatto reciproco); ma sempre l’aspirazione … che voleva gli uomini liberi e uguali, è stata bollata come pericolo di uniformazione. … Dunque non l’uguaglianza, come bugiardamente si dice, ma la disuguaglianza di poteri e di mezzi è “naturale”, E perciò l’aspirazione all’uguaglianza è eversiva, e la lotta per l’uguaglianza è la più aspra. Finora non ha mai vinto, Può succedere infatti che la più grande parte di una società si muova per obiettivi di libertà, o anche di fraternità; non è mai successo che si muova tutta intera per l’uguaglianza. Perché uguaglianza significa spezzare la gerarchia dei poteri, come proprietà e come ruolo; e quando questa minaccia si profila, tutte le strutture di proprietà e di potere si fanno rigide e impermeabili. E anche fra i democratici mille obiezioni si sollevano: come assicurare un ordine, se tutti hanno poteri uguali? Sarebbe l’anarchia, nessuno starebbe più al suo posto,…, il governo non governerebbe perché i sudditi non ci sarebbero più. Nella nostra età la divisione del lavoro e dei compiti è cosi strettamente connessa a un principio di gerarchia fra poteri disuguali, che all’idea dell’uguaglianza tutto salta. Così questa idea dell’uguaglianza è fra le più antiche, tenaci e irrealizzate; e perciò ancora – forse oggi come non mai – minacciosamente moderna. Non farò qui la lunga storia di sollevamenti e sconfitte in suo nome; dovrei risalire a Spartaco, finito in croce. Basta solo ricordare che affiora assieme alla democrazia moderna: nella rivoluzione inglese del 1648 ci sono anche i “livellatori”, che si richiamano all’uguaglianza, e vengono immediatamente abbattuti. E da allora il destino catastrofico di chi vuole l’uguaglianza continua: un secolo e mezzo dopo, nella rivoluzione francese gli egualitari sono abbattuti per primi. Ancora un secolo, e la Comune finisce sotto il piombo dei versagliesi. Poi ancora cento anni e quando all’interno della rivoluzione cinese, cioè fra comunisti, si leva, con la rivoluzione culturale, una richiesta radicale di uguaglianza, quel partito si divide, il paese si infiamma ... Non è dunque un valore facile, questo che siamo abituati a recitare assieme a liberta e fratellanza. Come doveva essere a fil di logica e di storia. Dopo la rivoluzione francese – con la fine del feudalesimo, delle grandi monarchie assolute, il trionfo dei lumi, lo spazio preteso e in parte ceduto alle rappresentanze – viene la Democrazia. Più o meno. … È una parola della nostra civiltà, il famoso occidente. Viene dalla Grecia. Vuol dire letteralmente potere del popolo: cominciamo da qui. In quell’Antigone di Sofocle che entra ed esce di continuo dal filo del nostro discorso, c’è un dialogo perfetto: da una parte sta Creonte, il signore della città, dall’altra il figlio Emone, che rappresenta anche il popolo di Tebe (non per caso, il rapporto del padre col figlio è il primo rapporto di autorità). “Guarda, signore” gli dice pressappoco Emone, “che ti sbagli. La città di Tebe non è d’accordo con te”. “Come”, salta su Creonte, “la mia città darà ordini a me?”. “Non parlare come un ragazzino, adesso”, ribatte Emone. E Creonte: “Ma a chi deve servire il potere, a me o ad altri?”. Ed Emone gli risponde; “Lo stato non è proprietà d’uno solo”. In queste battute sta il nocciolo dell’idea non solo greca #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 25 ma anche moderna di democrazia. Ha dunque qualcosa come duemilacinquecento anni, l’idea che lo stato non appartiene a uno solo. Che gli uomini, in quanto sono, se non uguali, necessari al funzionamento della società, della città, della polis, hanno tutti diritto di governare o almeno di dire la loro su come essere governati. Che in essi sta la fonte del potere, e non nell’autorità o in un dio. A colui che li governa devono poter dire: “‘Tu governi, ma in nome d’un potere che noi ti affidiamo. E che potremmo riprenderci indietro”. … Due aggiunte. Primo, la certezza che il potere sia di tutti e di ciascuno – e cioè che sia “naturale” non alienare ad altri il proprio destino – e assieme insopprimibile e mai realizzata. Sia perché il potere è stato in genere niente affatto delegato e contrattato, ma preso e saldamente tenuto dal più forte, uomo o gruppo o classe; sia perché anche quando viene delegato, la delega non avviene come un contratto fra uguali; sia perché il meccanismo della revoca, quando tocca un cambiamento radicale di poteri, non funziona mai senza rotture, forzature, violenza. Secondo, la spinta alla democrazia, al governare collettivamente, è uno di quei bisogni di fondo che spinge la storia – più, …, che lo stesso bisogno di libertà individuale; perché democrazia è, idealmente, libertà di tutti come condizione della libertà di ciascuno; è il modello di società politica che più somiglia a una libera associazione. Ma questa onda lunga che corre nella storia – almeno nella nostra civiltà, perché altre non la conoscono – corre sempre ma è sempre repressa. Qualsiasi potere appena si coagula tende a fissarsi; a non allargarsi; a non trasmettersi se non al proprio interno. Chi ha il potere, anche quando crede di governare per gli altri, governa o per sé o secondo la sua idea della società e dei suoi fini, e vede come un avversario quel “non potente” che tende a squilibrarlo, a spezzarne la fissità … Così succede che i greci inventino la democrazia, che i romani la imparino dai greci, ma immediatamente con l’impero si mangino la Grecia; che per tutto il medioevo l’idea di democrazia si perda e il principio del potere venga collocato non nel popolo ma in Dio, e nel signore che dice di rappresentarlo in terra; che la democrazia rinasca in forme moderne nella rivoluzione inglese del 1648, ma che il suo leader Oliver Cromwell, che del resto la solleva e se ne serve, dopo morto sia dissotterrato, e il suo corpo appeso a una forca e decapitato. Poi riemerge la democrazia e stavolta per sempre con la rivoluzione francese, ma cadono tutte le teste che l’hanno voluta. Da allora, per tutto il secolo scorso e nel nostro, la democrazia come forma di governo e come idea d’un potere che sia delle masse – non è la stessa cosa – corre come grande tendenza, e al centro dello scontro politico. Con una novità. E cioè che in questo secolo e nei paesi più avanzati dell’occidente il potere, o chi lo detiene, diventa consapevole che si può non solo governare ma “dominare” – cioè negare il senso del “potere del 26 popolo” – attraverso le forme della democrazia; che la rappresentanza o il suffragio universale non possono non essere concessi, ma possono essere usati come una forma singolarmente duttile e, a un certo grado di maturazione delle coscienze e dei diritti, forse la sola efficace di dominio. Che insomma anche attraverso le elezioni libere e segrete a suffragio universale – quel suffragio conquistato solo da alcuni decenni in molti paesi e che sembra il simbolo stesso dell’uguaglianza politica di tutti – si può far in modo che il potere reale ricada sempre, se non sulle stesse persone, sulle stesse classi o gruppi. Le forme della democrazia possono dunque essere manipolate in senso inverso al potere popolare, sia che il popolo vi partecipi solo in modo formale, sia che lo si induca a contentarsene, persuadendolo che il potere sta nella pura sfera politica (mentre sta anche altrove – per esempio nella proprietà), sia intervenendo come mai nel passato sulla formazione del consenso (che vuol dire portar la gente a pensare quel che i potenti pensano). Stato è la parola più difficile. … È una parola impervia perché lo stato è la forma più complessa della politica … È la politica che diventa legge, si fissa in una norma che regge la società nei poteri che, facendo rispettare la norma, si organizzano a parte nella società. La norma infatti può essere più o meno democratica, ma è sempre decisa da chi in quel momento dirige, uomini o classi; e i poteri possono essere più o meno autoritari, ma sempre riflettono un principio di inuguaglianza: … c’è chi governa e chi è governato. E sempre quindi, in qualche modo, legge e potere – queste due anime dello stato – appaiono separate dalla vita immediata del singolo, fissate sopra di lui. Lo stato insomma è il luogo dove la politica e le norme che gli uomini si danno, si impongono, diventano altra cosa, separata dalla stessa esperienza che la fa nascere: poteri, appunto. …(Invece) il principio di statualità che non (dovrebbe) chiede(re) … né obbedienza, né di star fuori dal potere: al contrario … invita a non separarsi, a entrare nella città, a prendere assieme … le redini, perché in essa si decide anche la sorte (di tutti). Ecco, … sembra che in questi anni di spartiacque, di crisi delle idee e delle forme di convivenza, riemerga in tutta la sua carica simbolica l’antica contraddizione fra la donna (e ciascun individuo) e quella forma pura, integrale, della politica, quella iperpolitica che è lo stato. Dico antica, perché la prima sfida allo stato è stata attribuita nella nostra civiltà a una donna, Antigone. … vorrei ricordare ancora la sua storia, nella forma che assume nella tragedia di Sofocle, … Antigone, dunque, viola la volontà dello stato, personificato dal tiranno di Tebe, Creonte, perché questi ha deciso che uno dei fratelli di Antigone – venuto a combattere contro la sua città e perito sotto le sue mura – venga lasciato insepolto, come estremo oltraggio da infliggere a un traditore. Nessuno dei tebani osa uscire dalla città per raccogliere il corpo del fratello PENSARE cattivo, Polinice, e seppellirlo; nessuno, fuorché Antigone. La tragedia si apre con la sua dichiarazione: Vado e lo seppellirò. Il coro, il popolo di Tebe, segue le sue mosse con inquietudine: da un lato teme le conseguenze cui va incontro quella fragile giovane sfidando il tiranno; dall’altro lentamente si persuade che la legge non può essere stabilita soltanto dal tiranno, che lo stato non appartiene ad uno solo. Insomma, riflettendo su Antigone, il coro scopre la dimensione dello stato e non intende più delegarla totalmente: la città deve essere governata “da tutti”, non “da uno”. Antigone fa la parte di levatrice dell’idea di democrazia. Ma non è una “democratica”, Antigone. Essa sfida il tiranno non tanto perché ha deciso da solo: se l’intera città decidesse che non bisogna seppellire il fratello, Antigone sfiderebbe la città. Andrebbe a seppellirlo perché lasciare insepolto il fratello viola un diritto naturale, oltre che di sangue, del quale essa si sente portatrice e che sta sopra le leggi. Deve seppellire il fratello anche se è venuto a combattere contro Tebe guidando un esercito avversario che l’avrebbe distrutta e che di lei, Antigone, avrebbe fatto una schiava; proprio il nemico in sé. Ma i torti di Polinice appartengono agli uomini e alla politica; il legame di sangue e la pietà verso i defunti, a una legge non scritta che nessuno, comunità o singolo, può cancellare: seppellire il fratello, restituire umanità e compostezza a un corpo lacerato nella polvere. Quel corpo che è la donna a generare come un pezzo di sé, quando muore, lo deve rendere alla terra, strappandolo al vento e agli uccelli che, dilaniandolo, impedirebbero alla sua anima di trovare silenzio e riposo. La donna lo mette alla luce, la donna lo restituisce alla terra. Niente glielo può impedire, neanche la legge del suo stato. Così Antigone porta il suo popolo alla democrazia, ma porta se stessa alla morte, impiccandosi in una grotta. Come se, fra la legge non scritta, naturale, che la donna incarna, e la legge pattuita fra gli uomini, non ci fosse comunicazione possibile. È vero? Forse bisognerebbe chiedersi prima se la stessa “legge di natura” non sia una legge pattuita, ma in tempi cosi lunghi che sfuggono ai confini della volontà e della memoria. … questa antica contesa sembra riemergere ai giorni nostri (Rossana Rossanda, Le altre). Le parole chiave del vivere civile sono saldissime nei principi, ma assolutamente in divenire nella pratica corrente, perché anche libertà, fraternità, uguaglianza, democrazia e stato (come pure enti locali e comunità sopranazionale) sono parole vuote, se non trovano la concreta applicazione, seguendo i casi concreti, con la dovuta cura ed attenzione. D’altra parte, incertezza ed incompletezza non devono essere considerate un limite della politica e, in generale, delle scienze umane; infatti le stesse incertezza ed incompletezza caratterizzano le scienze della natura, anche quelle fisiche ed addirittura Giovanni Segantini, Il lavoratore della terra o Lavoratore dei campi (Gallerie d’Italia, Milano) Il lavoro della terra o dei campi è un lavoro che si ripete, seguendo il ritmo delle stagioni, ma non è mai esattamente uguale a se stesso, proprio come le stagioni non sono esattamente uguali a se stesse, permettendo o meglio favorendo (oppure forse imponendo) anche una diversa comprensione del passato ed una rinnovata concezione del futuro la matematica. Tutte le scienze cambiano al cambiare di tempi, luoghi e condizioni, dove sono studiate e spesso messe in atto con la tecnica, le tecnologie e/o la politica. La conoscenza è sempre giocoforza precaria e provvisoria, e deve essere acquisita con fatica, modestia ed umiltà (ben coscienti che gli errori sono possibili e relativamente probabili) e, con essa, deve cambiare anche la comprensione del passato e la concezione del futuro. Il welfare contro la paura Quali sono, innanzitutto, gli elementi che costituiscono la civiltà europea? … Secondo me, …, la civiltà europea è in primo luogo una civiltà pluralista. Voglio dire che essa è il luogo della diversità delle opinioni, delle contrapposizioni, dei valori contrastanti e della dialettica che non arriva a una sintesi. In Europa la dialettica vivente è quella che non porta a una sorta di ideologia al contempo totalitaria ed ortodossa. Il contributo più importante della nostra civiltà mi sembra sia quel pluralismo che è sempre stato il fondamento della nozione della civiltà europea. Oggi per l’appunto è questo ad essere in pericolo ed è ciò che bisogna cercare di preservare… Se riteniamo che la civiltà occidentale consista soprattutto nell’umanizzazione della natura, cioè nelle tecniche e nella scienza, l’Europa non solo ha trionfato, ma le forze che oggi la minacciano hanno mutuato dall’Europa occidentale le sue tecniche o le sue ambizioni tecniche e, in ogni caso, il suo metodo scientifico o di ragionamento. … A questa utile distinzione posso aggiungere …, se proprio il singolare successo della civiltà occidentale nel suo aspetto scientifico non sia in parte responsabile del singolare fallimento morale di questa civiltà. Per dirla diversamente, se in un certo senso, la fiducia assoluta, cieca, nel potere della ragione razionalista, …, perché è lei al centro del sapere contemporaneo, non sia responsabile in una certa #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 27 misura del restringimento della responsabilità umana che ha potuto, … portare poco alla volta a questo degrado dell’universo personale. L’universo tecnico in se stesso non è una brutta cosa, e sono assolutamente contrario a tutte quelle teorie che vorrebbero un ritorno alla carrucola o all’aratro trainato da buoi. Ma la ragione tecnica, posta al centro dell’universo, considerata come l’agente meccanico più importante della civiltà, finisce per provocare una specie di perversione, al contempo nell’intelligenza e nei costumi, che rischia di portare al fallimento di cui abbiamo parlato. … Abbiamo estrema difficoltà ad avere abbastanza contatti e conoscenze, a contaminare quanto basta le nostre idee affinché si fecondino mutualmente i valori erranti, che sono isolati nei nostri rispettivi paesi. Ebbene, credo che questo ideale verso il quale noi tutti tendiamo, che dobbiamo difendere e per il quale dobbiamo fare tutto ciò che è possibile, non si realizzerà subito. La “sovranità” per molto tempo ha messo bastoni in tutte le ruote della storia internazionale. Continuerà a farlo … (ma) è possibile influire su una civiltà, anche dallo stato di abbandono e povertà in cui siamo (Albert Camus, intervento alla Conferenza di Atene, 1955). Siamo ripiombati in un’epoca di paura. Svanita l’idea che le competenze grazie alle quali hai abbracciato una professione o hai intrapreso un’attività lavorativa siano quelle utili per l’intera vita professionale. Svanita la certezza di potersi ragionevolmente attendere una pensione soddisfacente in seguito a una carriera fortunata. Tutte queste inferenze dal presente al futuro, che caratterizzarono la vita americana ed europea nei decenni del dopoguerra, sono state spazzate via. … Mi pare che la recrudescenza della paura, e le conseguenze politiche che evoca, offra gli elementi più solidi che si possano addurre in favore della socialdemocrazia: sia come protezione degli individui contro le minacce reali o immaginarie alla loro sicurezza, sia come protezione della società contro minacce molto probabili alla sua coesione da un lato, e alla democrazia dell’altro. Va ricordato che, soprattutto in Europa, coloro che riescono a sfruttare con successo tali paure – la paura degli stranieri, degli immigrati, dell’incertezza economica o della violenza – sono in primis i politici tradizionali, vecchi stampo, demagogici, nazionalisti e xenofobi. … Il ventesimo secolo non è stato necessariamente come ci hanno insegnato a vederlo. Non è stata, o non solamente, la grande battaglia tra la democrazia e il fascismo, o tra il comunismo e il fascismo, o tra la sinistra e la destra, o tra la libertà e il totalitarismo. La mia impressione è che per gran parte del secolo scorso ci siamo dedicati a dibattiti, espliciti o impliciti, sull’ascesa dello Stato. Che tipo di Stato volevano le genti libere? Che cosa erano disposte a sacrificare per 28 averlo e quali finalità desideravano che perseguisse? In questa prospettiva, i grandi vincitori del ventesimo secolo sono stati i liberali dell’Ottocento, i cui eredi hanno creato lo stato sociale in tutte le sue mutevoli forme. Hanno realizzato qualcosa che, sino alla fine degli anni Trenta, pareva quasi inconcepibile: hanno forgiato Stati democratici e costituzionali forti, economicamente interventisti e con imposte levate, capaci di includere società di massa complesse, senza fare ricorso alla violenza o alla repressione. Sarebbe avventato rinunciare a questa eredità con leggerezza. La scelta con cui si confronterà la prossima generazione non sarà quindi tra il capitalismo e il comunismo, o tra la fine della storia e il ritorno della storia, ma tra la politica della coesione sociale basata sugli scopi collettivi e l’erosione della società per mezzo della politica della paura (Tony Judt, Novecento. Il secolo degli intellettuali e della politica). La libertà senza limiti è il contrario della libertà. Solo i tiranni possono esercitare la libertà senza limiti … Ma se si vuole esercitare una vera libertà, non può essere esercitata unicamente nell’interesse dell’individuo che la esercita. La libertà ha sempre avuto come limite, …, la libertà degli altri. Aggiungerò … che essa esiste e ha un senso e un contenuto solo nella misura in cui viene limitata dalla libertà degli altri. Una libertà che comporta solo diritti non sarebbe una libertà, ma una tirannia. Se invece comporta dei diritti e dei doveri, è una libertà che ha un contenuto e che può essere vissuta. … La libertà con dei limiti è l’unica cosa che faccia vivere allo stesso tempo colui che la esercita e coloro a favore dei quali viene esercitata (Albert Camus, intervento alla Conferenza di Atene, 1955). L’epoca attuale, dominata da un’insensata e pericolosa finanza d’assalto, non disgiunta da economie illegali, e da gravi crisi economiche e finanziarie ricorrenti, produce insieme un’economia dello spreco e la precarietà e pauperizzazione di strati sempre più vasti di popolazione (piccoli, giovani, donne sole, anziani abbandonati ed immigrati dal cosiddetto terzo mondo). Questa condizione, già drammatica in sé, non è foriera di nulla di buono, in quanto condizioni di disperazione, vere e proprie, inaspriscono tutti i contrasti e possono portare a tumulti ed alla guerra. Quello che occorre concepire, mettere in atto e verificare, passo dopo passo, è una lenta decrescita, giungendo a condizioni di sostenibilità (ambientale ed economica), dove una ridistribuzione equa faccia tuttavia sì che, nel contempo, chi ha meno possa crescere fino a raggiungere una condizione di ragionevole sicurezza. Ovviamente a tal fine, nessuna soluzione/manovra dirigista è auspicabile, ma una democrazia consensuale, rispettosa delle libertà, con gli obiettivi irrinunciabili di giustizia ed uguaglianza. PENSARE Giacomo So, Utopia di libertà Carta europea per l’uguaglianza (manifesto) Con le dovute precauzioni, anche la scienza può dare un valido aiuto contro la paura … i lavori in cui fa difetto il rigore non possono far avanzare d’un passo la matematica. Il rigore assoluto, se è condizione necessaria affinché un lavoro sia scientifico, non è ancora condizione sufficiente. Un’altra condizione sta nelle ipotesi da cui si parte. Se un autore parte da ipotesi contrarie all’esperienza, o da ipotesi non verificabili coll’esperienza, né da esse, né dalle loro conseguenze, potrà, è vero, dedurre una qualche teoria meravigliosa, da far esclamare: quale vantaggio, se l’autore avesse applicato il suo ragionamento ad ipotesi pratiche! (Giuseppe Peano, Rivista di matematica). La relazione tra teoria ed esperienza, che qui è assunta, ha trovato nei tempi moderni la sua più pregnante espressione nel sistema di meccanica di Heinrich Hertz. La presentazione di Hertz considera dapprima spazio e tempo solamente nel senso in cui si offrono all’intuizione interna. … Soltanto nel secondo libro, nel quale si passa dalla geometria e dalla cinematica alla meccanica dei sistemi materiali, tempi, spazi e masse diventano segni di oggetti empirici esterni … (Ernst Cassirer, Sostanza e funzione: ricerche sui problemi fondamentali della critica della conoscenza). Con le … definizioni non vedo come io possa decidere la questione se il mio orologio sia o no un punto. Già il primo assioma parla di due punti; qualora dunque volessi sapere se l’assioma vale in parola per il mio orologio, dovrei dapprima sapere, di un altro oggetto, che è un punto. Ma anche se io sapessi, per esempio della mia penna, che è un punto, sarei sempre nell’impossibilità di decidere se il mio orologio e la mia penna determinano una retta, dal momento che non saprei cos’è una retta (Gottlob Frege, Alle origini della nuova logica – Carteggio scientifico con Hilbert, Husserl, Peano, Russell e altri). Darwin, Marx e le loro degenerazioni È la nostra arroganza, a sollevarci sullo stesso scaffale. … (Infatti) non ha ... l’uomo bianco, che ha svilito la sua natura e viola ogni migliore sentimento istintivo, facendo schiavo il suo compagno nero, spesso desiderato di considerare lui come gli altri animali. … E credo che a coloro che svettano su tali pregiudizi, … piace pensare che la natura dell’uomo abbia origine divina … (perché) l’uomo nella sua arroganza è convinto di essere una grande opera, degna l’interposizione di una divinità; (invece è) più umile e credo fedele considerarlo creato dagli animali (Charles Robert Darwin, Notebook primavera 1838). Gli animali che abbiamo fatto i nostri schiavi non ci piace considerare nostri eguali. (Allora perché noi) non titolari di schiavi desideriamo rendere l’uomo nero un altro tipo (cioè razza)? ... Se si sceglie di lasciare correre la congettura allora gli animali, i nostri confratelli nel dolore, la morte e la sofferenza della malattia e la fame, i nostri schiavi nel lavoro più #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 29 Giuseppe Pellizza da Volpedo, Fiumana (Pinacoteca di Brera, Milano) faticoso, i nostri compagni nei nostri divertimenti, possono prendere parte alla nostra origine in un antenato comune (e) noi possiamo essere compensati tutti insieme (Charles Robert Darwin, Notebook inverno 1837-38). Dai passi riportati di Darwin, appaiono chiaramente le sue tesi antirazziste e come il cosiddetto darwinismo sociale sia ben altra cosa, rispetto al pensiero autentico di Darwin. Tuttavia è altresì noto come già Francis Galton (peraltro cugino di Darwin), fondando l’eugenetica, abbia aperto la via proprio al darwinismo sociale, nonché ad un certo vestito ideologico della statistica3 che fa poi trovare uno dei suoi più grandi esponenti, Ronald Aylmer Fisher (allievo di Karl Pearson, a suo volta, allievo del sopraccitato Galton), a capo proprio di un dipartimento di eugenetica. Come noto, aspetti degenerati dell’eugenetica portano ai campi di sterminio nazisti, tuttavia proprio questi stessi aspetti sopravvivono tuttora nel neodarwinismo sociale, incarnato nel liberismo che condanna buona parte del cosiddetto mondo in via di sviluppo a condizioni di vera e propria miseria, fame e malattia, ed una parte non piccola dei popoli di cosiddetto mondo sviluppato, ad altrettanto gravi condizioni di precarietà e pauperizzazione. La sensibilità deve costituire la base di ogni scienza. Questa è scienza reale soltanto se (si) procede dalla sensibilità, nella sua duplice forma, tanto della coscienza sensibile quanto del bisogno sensibile: dunque soltanto se procede dalla natura. … La storia stessa è una parte reale della storia naturale, della natura che diventa uomo. … L’uomo è l’oggetto immediato della scienza naturale; … Ma la natura è l’oggetto immediato della scienza dell’uomo; … Di natura sensibile è pure l’elemento stesso del pensiero, l’elemento della manifestazione vitale del pensiero, il 3 Circa un vestito ideologico per la statistica, resta da osservare la sua completa inutilità, oltre ad un innegabile carattere odioso. Infatti non ha alcun vestito ideologico la precedente teoria degli errori, né ha alcun vestito ideologico anche la moderna teoria matematica della probabilità e della statistica. 30 linguaggio. La realtà sociale della natura, la scienza umana della natura, la scienza naturale dell’uomo sono espressioni equivalenti (Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844). Vediamo qui come il naturalismo o umanesimo condotto al proprio termine si distingua tanto dall’idealismo che dal materialismo, e sia ad un tempo la verità che unisce entrambi. E insieme vediamo che solo il naturalismo è in grado di comprendere l’azione della storia universale. L’uomo è immediatamente un essere naturale. Come essere … naturale vivente, egli è un essere naturale attivo: e queste forze esistono in lui come disposizioni e facoltà, come impulsi; in parte egli è, in quanto essere naturale, oggettivo, dotato di corpo e di sensi, un essere passivo condizionato e limitato, al pari degli animali e delle piante: … La fame è un bisogno naturale; … per soddisfarsi e calmarsi. La fame è il bisogno oggettivo che un corpo ha … Il sole è l’oggetto che ne conferma la vita; parimenti, la pianta è oggetto del sole, come estrinsecazione della forza vivificatrice del sole, … (Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844). Abbiamo preso in considerazione la proprietà privata, la separazione tra lavoro, capitale e terra, ed anche tra salario, profitto del capitale e rendita fondiaria, come pure la divisione del lavoro, la concorrenza, il concetto del valore di scambio, ecc. Partendo dalla stessa economia politica, e valendoci delle sue stesse parole, abbiamo mostrato che l’operaio decade a merce, alla più misera delle merci, … che il risultato necessario della concorrenza è l’accumulazione del capitale in poche mani, e quindi la più terribile ricostituzione del monopolio, che infine scompare la differenza tra capitalista e proprietario fondiario, così come scompare la differenza tra contadino e operaio di fabbrica, e tutta intera la società deve scindersi nelle due classi dei proprietari e degli operai senza proprietà (Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844). L’economia politica parte dal fatto della proprietà PENSARE Il rosone del coro di Notre Dame di Laon (Francia) privata. Ma non ce la spiega. … L’economia politica non ci dà nessuna spiegazione sul fondamento della divisione di capitale e lavoro, di capitale e terra. Quando, per esempio, determina il rapporto del salario col profitto del capitale, l’interesse del capitalista vale per essa come la ragione suprema: … Parimenti interviene dappertutto la concorrenza. Ma questa viene spiegata in base a circostanze esterne. … Non trasferiamoci, come fa l’economista quando vuol dare una spiegazione, in uno stato originario fantastico. Un tale stato originario non spiega nulla. Non fa che rinviare il problema in una lontananza grigia e nebulosa. … Allo stesso modo la teologia spiega l’origine del male col peccato originale, cioè presuppone come un fatto, in forma storica, ciò che deve spiegare (Karl Marx, Manoscritti economicofilosofici del 1844). Dai passi citati di Marx, appare chiaramente il suo antimeccanicismo e come la struttura della libertà sia condizione indispensabile per il dispiegarsi dell’uguaglianza economica e della giustizia sociale. Tuttavia la storia del comunismo4 (ovvero, detto meglio, del cosiddetto socialismo reale) mostra chiaramente tutta la degenerazione meccanicista5 di una vecchia fisica, 4 Un discorso diverso riguarda il laburismo, la socialdemocrazia ed il socialismo radicale che, pur nella loro diversità, si inseriscono nella dialettica dei partiti costituzionali e nel gioco democratico, nel contempo, perseguendo quegli obiettivi alti di uguaglianza economica e giustizia sociale, purtroppo negletti, nella prassi politica, da buona parte del liberalismo e del repubblicanesimo. 5 Una concezione meccanicista e totalmente deterministica della fisica è errata, anche limitatamente alla meccanica. Infatti la teoria della relatività ristretta sopprime i concetti di tempo, spazio e moto assoluti, la teoria della relatività generale fa uso di geometrie non euclidee (dove le variazioni di curvatura sono determinate dalla presenza di masse e determinano campi gravitazionali, con possibili inferenze anche sulla configurazione dell’universo) e la teoria dei quanti esprime il principio di indeterminazione (che postula l’impossibilità di determinare insieme la posizione e la quantità di moto delle particelle elementari). D’altra parte, se gli avanzamenti della meccanica sono del primo ‘900, il determinismo è già messo in crisi, nel corso dell’’800, dagli irreversibili della termodinamica (in particolare, con il secondo principio della termodinamica ed il concetto di entropia) e dai fenomeni non lineari dell’elettromagnetismo (e dell’ottica, ad esempio, con la diffrazione e l’interferenza). assunta a modello unico di comportamento. Infatti già la critica leninista alle più moderne aperture scientifiche della scienza, di fine secolo e del primo novecento, e soprattutto il Diamat staliniano sono ideologia al potere (quasi una nuova religione, benché atea, che rifiuta, ad esempio, la genetica, per far praticare risibili giochetti agronomici, fondati su tecniche di fertilizzazione ed innesto, note fino dalla rivoluzione neolitica e già ampiamente sfruttate). Per contro, proprio l’esasperato meccanicismo è alla base delle tentazioni totalitarie che condizionano sia l’estrema sinistra comunista che l’estrema destra fascista6. Giocando con i numeri La logica senza intuizione è vuota, e l’intuizione senza la logica è cieca (Immanuel Kant). Con la logica si dimostra, con l’intuizione s’inventa (Jules Henri Poincaré). Il rosone del coro di Notre Dame di Laon mostra numeri curiosi ed altri numeri curiosi stanno lì vicino: • la prima quaterna cubica: 216 = 63 = 33 + 43 + 53 = 27 + 64 + 125; • le simmetrie spaziali, senza restrizione cristallografica: 230; • i primi dodici numeri di Fibonacci: (1), 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144, 233 ecc; • gli elementi della dimensione spaziale del rosone: 240 = 12 x 20, attorno 17 elementi del centro piano, essendo 12 il numero dei mesi7 e 20 il secondo divisore del sistema metrico naturale, proprio dopo 12. Interessanti sono poi le differenze reciproche, in quanto 14 è il doppio di 7 (di cui si dice poco oltre, dove 2 è il numero della 6 Non sembri azzardata questa affermazione; infatti il fascismo (ad eccezione del clerico-fascismo austriaco) ha una sua origine italiana nel socialismo massimalista e così si diffonde nell’est europeo ed altrove in Europa. Dopodiché anche il nazismo e, almeno in parte, il franchismo (spagnolo) hanno il fascismo italiano come modello. 7 La suddetta dimensione spaziale fa riferimento al sistema solare, approssimativamente piano, ma invero occupante uno spazio 3D. #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 31 simmetria bilaterale destra-sinistra), 17 il numero delle simmetrie planari, 3 una strana eccezione (in quanto è solo un numero teologico), 10 il doppio di 5 (essendo l’ultimo numero il numero delle dita di una mano) e la metà di 20 (di cui si è appena detto), 7 il numero delle simmetrie lineari e dei giorni della settimana, ed infine 24 il doppio di 12 (di cui si è ancora già detto). Per completezza, si ricorda che i numeri di Fibonacci tendono al seguente limite, noto come sezione aurea: F = limn→∞ Fn 1 - √5 = = 1.6180339887... Fn-1 2 essendo il reciproco della sezione aurea: 1 = F - 1 = 0.6180339887... F e: 1-F = - 1 F = 1 - √5 2 Cammini alti del pensiero L’algebra ed il gotico8 L’algebra araba determina una rivoluzione tecnologica anche nell’architettura europea, facendola passare dal massiccio romanico all’ardito gotico, dove la pur presente severità ricorda comunque eleganze orientali (che trionfano più tardi nel gotico fiorito). Infatti solo l’algebra permette di dominare i poligoni delle forze, per mezzo di nervature, archi rampanti, archi acuti e colonne che, nel loro insieme, costituiscono l’agile ossatura delle costruzioni (volta a sostituire la dimensione notevole dei muri perimetrali e delle colonne portanti). Archi bifore e trifore in Notre Dame di Laon (Francia) La cupola di Notre Dame di Laon (Francia) La riforma radicale I principali esponenti del protestantesimo radicale: • Bernardino Tommassini, detto Ochino, frate francescano, poi teologo riformato • Francesco Spiera, avvocato e calvinista radicale • Celio Secondo Curione, umanista e calvinista radicale • Michele Serveto, medico spagnolo e calvinista radicale • Sébastian Chataillon (italianizzato in Castellione), teologo francese riformato sono intellettuali figli dell’umanesimo e del Rinascimento che, per potersi sottrarre alla cappa gravosa della controriforma, emigrano nell’Europa centro settentrionale, portando il grande potenziale di libertà ed apertura culturale, sviluppatosi in Italia (tra l’Umbria, la Toscana, Parma, Bologna, Ferrara, Venezia, Padova, Verona e la Lombardia) ed anche altrove nell’Europa meridionale (in particolare, nell’Andalusia moresca spagnola e nella Provenza albigese francese). Questa emigrazione, portando molte innovazioni presenti 8 Da una lezione del critico d’arte Philippe Daverio. 32 nell’Europa meridionale, già dal basso medioevo, determina un progressivo allentamento dell’analoga cappa culturale della censura protestante9, e favorisce un lungo cammino che, in solo due secoli, dopo l’indipendenza delle Province Unite olandesi e la rivoluzione inglese, arriva all’Illuminismo ed al romanticismo, fungendo da incubatore per il libero mercato, la rivoluzione industriale, la democrazia politica, il liberalismo democratico e la socialdemocrazia. 9 In questi paesi, contrariamente a quelli soggetti all’inquisizione cattolica (e conseguentemente anche in Francia ed in Austria, in quanto liberi da questa istituzione, almeno parzialmente), la scienza può progredire liberamente (già a partire dal ‘600) e si lega poi indissolubilmente con gli sviluppi della tecnica (almeno dalla seconda metà del ‘700). Per contro, nei primissimi tempi, proprio la censura protestante fa pagare prezzi carissimi come il rogo ginevrino di Michele Serveto. PENSARE Gli assiomi di Hilbert e la Gestalt10 Assiomi* Gestalt Problemi Qualità delle immagini esistenza proprietà omogeneità connessione unificazione chiusura posizione centramento prossimità ordinamento ordine movimento comune continuità causalità continuità di direzione congruenza sistema di riferimento armonia della forma sulle parallele divenire semplicità *Hilbert elenca cinque assiomi, ma due sono doppi: esistenza e connessione; posizione ed ordinamento. Le seguenti note non hanno pretese teoriche, ma tentano d’istituire un parallelo tra le due tematiche. • Esistenza è la prima condizione richiesta ad ogni oggetto matematico, così come il primo problema per una qualsiasi rappresentazione (un’immagine od un’immagine in movimento oppure altro) è definire le sue proprietà (a partire dall’omogeneità della rappresentazione stessa). • Connessione, unificazione (e chiusura che traduce graficamente il concetto di unificazione) sono quasi la stessa cosa, già nelle parole stesse. • Posizione, centramento (e prossimità che fornisce una metrica al concetto di centramento) sono ancora la stessa cosa (o quasi), come mostrato, ad esempio, in statistica, dagli indici di posizione o di centro11. • Ordinamento, ordine (e movimento comune che esemplifica un problema d’ordine, laddove si presentino aspetti dinamici, reali o potenziali) sono addirittura la stessa parola. • Continuità, causalità (e continuità di direzione che riprende nell’espressione proprio la prima parola) sono collegate dal concetto di legge (deterministica, semideterministica o stocastica), perché non può esistere causalità, ma solo casualità, dove non esista una qualche regolarità (quale essa possa essere, ad esempio, la continuità). • Congruenza, sistema di riferimento (ed armonia della forma che potrebbe sembrare più assonante con il primo termine, ma è ovviamente collegato anche al secondo) sono due termini usati per fissare le griglie di riferimento, a partire dalle coordinate e dalle scale (nonché dall’asse dei tempi per i sistemi dinamici). • Sulle parallele, divenire (e semplicità: ultimo punto, aggiunto tardi tra le qualità delle rappresentazioni, per indicare un ulteriore complesso di qualità non ben 10 I due approcci sono comunque diversi, essendo il primo assiomatico ed il secondo logico-sperimentale, ma la quasi coincidenza di tempo e luogo (tra la fine dell’‘800 e l’inizio del ‘900, in Germania) suggerisce di istituire un interessante parallelo tra le due tematiche. 11 Esempi di questi indici sono: la moda, la mediana e le medie (aritmetica, geometrica, armonica, quadratica, ponderata, potata, ecc.). definibile) sono due problemi che spostano, in avanti od all’indietro (anche verso gli infiniti), dove l’accettazione del quinto postulato di Euclide o meno decide sull’esistenza di una sola parallela (come nelle geometrie euclidee), contro nessuna (come nelle geometrie ellittiche), oppure di infinite (come nelle geometrie iperboliche). Di due immagini dello stesso oggetto, la più adeguata è quella che riflette il maggior numero di relazioni essenziali dell’oggetto, cioè, come diremo, quella più perspicua. Di due immagini di uguale perspicuità, la più adeguata è quella che contiene, oltre alle caratteristiche essenziali, il minor numero di relazioni superflue o vuote, cioè, quella più semplice. Le relazioni vuote non possono però essere evitate del tutto: si addicono alle cose proprio perché non si tratta che di immagini, e precisamente, immagini della nostra mente e dunque necessariamente influenzate dalle caratteristiche della sua modalità di rappresentazione. … Ci formiamo immagini o simboli degli oggetti esterni, e lo facciamo in modo tale che le conseguenze necessarie nel pensiero di queste immagini siano sempre a loro volta le immagini delle conseguenze necessarie in natura degli oggetti rappresentati. Affinché questo requisito possa essere soddisfatto, devono sussistere certe concordanze tra la nostra mente e il mondo. … Le immagini di cui stiamo parlando qui sono le nostre rappresentazioni delle cose; con le cose hanno una concordanza essenziale, che consiste nel fatto che il requisito precedentemente enunciato è soddisfatto; per il nostro scopo, tuttavia, non è necessario che abbiamo alcun altro tipo di concordanza. In effetti non sappiamo nemmeno, né abbiamo alcun mezzo per scoprire, se le nostre rappresentazioni delle cose siano in concordanza con queste ultime sotto qualche aspetto … (Heinrich Rudolf Hertz, I principi della meccanica – presentata in connessione nuova). La sostituibilità geometrica12 Si comprende da sé che ogni teoria è solo un telaio, uno schema di concetti unitamente alle loro mutue relazioni necessarie, e che gli elementi fondamentali possono venir pensati in modo arbitrario. Se con i miei punti voglio intendere un qualunque sistema di enti, …, allora basterà che assuma tutti gli assiomi come relazioni tra questi enti perché le mie proposizioni, …, valgano anche per essi. In altre parole: ogni teoria può essere sempre applicata a infiniti sistemi di elementi 12 Di particolare interesse sono le date di questo fecondo dibattito e del precedente, altrettanto importante (Gli assiomi di Hilbert e la Gestalt), poste tra la fine dell’’800 e l’inizio del ‘900, perché nell’epoca dell’imperialismo esasperato (e del colonialismo d’assalto che insieme hanno portato alla tragedia delle due guerre mondiali, ai totalitarismi ed all’olocausto) il pensiero di tanti insigni matematici, fisici e filosofi è capace di scavalcare confini chiusissimi e proporre linee culturali, molto aperte, che seguono cammini alti del pensiero. #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 33 fondamentali. Anzi occorre soltanto applicare una trasformazione biunivoca e convenire che gli assiomi per gli enti trasformati debbano essere uguali a quelli che valgono per i loro corrispondenti. Di fatto anche questa circostanza si applica sovente, per esempio, con il principio di dualità ecc. (Friedrich Ludwig Gottlob Frege, Alle origini della nuova logica – Carteggio con Hilbert, Husserl, Peano, Russell e altri). La Geometria … appare come un organismo logico, nel quale i concetti elementari di “punto”, “retta” e “piano” (e quelli definiti mediante questi) figurano soltanto come elementi di alcune relazioni logiche primitive (i postulati) e di alcune relazioni logiche che ne vengono dedotte (i teoremi). Il contenuto intuitivo di questi concetti resta perfettamente indifferente. Da questa osservazione scaturisce un principio molto fecondo, … : il principio di sostituibilità degli elementi geometrici. Se abbiamo dei concetti comunque definiti i quali vengono convenzionalmente designati coi nomi di “punto”, “retta” e “piano”; e suppongasi che tra di essi intercedano le relazioni logiche fondamentali enunciate dai postulati della Geometria proiettiva. Tutti i teoremi della detta Geometria avranno ancora significato e validità, ove si intenda di considerarli non più come relazioni fra “punti”, “rette” e “piani” intuitivi, ma invece come relazioni tra concetti dati, i quali sono stati convenzionalmente designati coi detti nomi (Federigo Enriques, Lezioni di geometria proiettiva). La sostituibilità, come già la dualità13, è un criterio molto potente che permette di far passare, da un ambito scientifico (ma non solo) ad un altro, i risultati ottenuti, una volta stabilita una precisa identità formale, tra i due ambiti. Ad esempio, la curva di potenza: • misura la probabilità di prendere in considerazione una seconda ipotesi, quanto vale anche la prima; • è detta errore di seconda specie e quantifica il rischio di accettare un’ipotesi falsa; • è una curva crescente, per lo più in modo monotono (e comunque sempre, se le due distribuzioni di probabilità sono unimodali); • parte da un piccolo valore inferiore, pari al livello di significatività del test statistico (altrimenti detto errore di prima specie che quantifica il rischio di rifiutare un’ipotesi vera); • è asintotica ad uno14 che raggiunge all’infinito, se almeno una distribuzione ha code illimitate, ed in un punto finito, se entrambe le distribuzioni hanno code finite. 13 Un interessante esempio di dualità è offerto dai reticoli piani, costituiti da punti, linee e regioni, dove lo scambio tra punti e regioni fa sì che i punti diventino zone (o regioni duali), le regioni diventino nodi (o punti duali), mentre i lati rimangono lati duali (che possono anche essere detti archi, per distinguere comunque le denominazioni primaria e duale). 14 Uno è l’estremo superiore del campo dei valori ammissibili della probabilità (il cui estremo inferiore è zero). 34 Qualsiasi fenomeno che abbia un comportamento simile ad una distribuzione di probabilità e che sia poi fatta scorrere15 lungo l’asse delle ascisse (ad esempio, perché considerata rappresentante un tempo, oppure una direzione privilegiata dello spazio) può essere misurato, in termini di area sottesa dalla seconda curva, dove vale anche la prima. In questo modo, si viene a provare una coincidenza tra i due fenomeni, in caso di perfetta sovrapposizione, ed una loro sostanziale diversità, quando questi sono fortemente disgiunti. In particolare, se l’asse delle ascisse è il tempo, è possibile parlare di contemporaneità o di un certo ritardo (misurandolo). Se invece lo stesso asse è una direzione privilegiata dello spazio, è possibile parlare di sovrapposizione spaziale o di una data delocalizzazione (potendola misurare, anche in questo caso). La matematica ed il caso16 Ma è proprio vero che regola matematica e caso si escludono? … nella vicende del caso può essere individuato, a posteriori, una sorta di programma … (Umberto Eco, mostra “arte programmata”, svoltasi presso l’Olivetti, a Milano nel 1962). Le forme si disintegrano: le nuove forme dell’uomo sono quelle dell’universo atomico, le forze sono cariche elettroniche … (Enrico Baj e Sergio Dangelo, Manifesto della Pittura Nucleare, 1952). Lo spazio che occupa queste opere è soprattutto uno spazio mentale … non è il rapporto dell’io con il mondo che queste opere cercano di fissare: è un rapporto che si stabilisce indipendentemente dall’io e indipendentemente dal mondo (Italo Calvino, 1972). I destini di un settore scientifico disciplinare Alcune considerazioni matematiche fanno da guida a considerazioni simili per le discipline del rilevamento. E ancora la Geometria è bianchissima in quanto è senza macula d’errore e cortissima in per sé e per la sua ancella, che si chiama Perspettiva (Dante Alighieri, Convivio). 15 In alternativa allo scorrere lungo l’asse dell’asse delle ascisse (che significa lo spostamento dello zero dell’asse delle ascisse), è possibile cambiare la scala dell’asse delle ascisse (che significa invece spostare l’unità nello stesso asse delle ascisse). Le due operazioni hanno comunque un diverso significato statistico, in quanto la prima attesta la modifica dei valori centrali della distribuzione, mentre la seconda indica un cambio della dispersione della medesima. 16 La matematica moderna non è più solo analisi matematica, comunque prodigiosamente sviluppatisi, ma è anche topologia, calcolo e statistica. In particolare, la statistica si avvale del concetto di probabilità e modella i suoi oggetti, in modo stocastico o misto. PENSARE Mi persuado sempre di più che la necessità della nostra geometria non possa essere dimostrata, non, per lo meno dall’intelletto umano o per l’intelletto umano. Forse in un’altra vita potremmo pervenire a un’altra visione sulla natura dello spazio, visione che ci rimane per ora inaccessibile. Ma fino ad allora è necessario collocare la geometria non con l’aritmetica, la quale è puramente a priori, ma all’incirca sullo stesso piano della meccanica (Carl Friedrich Gauss, opere). Eloquente è il confronto tra la concezione di Dante e quella di Gauss, insita nel passaggio dal medioevo (religioso) all’età moderna (scientista). Infatti nel primo caso, fare scienza significa inquadrare la stessa nei dettami di una teologia (oltretutto una scienza senza oggetto, come ben affermato già dalla quarta antinomia kantiana) che si pretende rivelata. Invece nel secondo caso, fare scienza è costruire teorie, sulla base di alcune osservazioni, ma soprattutto da verificare, fino a quando quanto affermato da una certa teoria (ovvero una congettura) non contrasta con un qualsiasi contro-esempio (ovvero una sua confutazione), falsificando questa teoria e dando avvio alla proposizione di una nuova (ovvero una congettura diversa, a sua volta, solo precaria e provvisoria). Con Mondo 1 io voglio indicare l’universo delle cose fisiche, ivi inclusi gli organismi e inoltre le forze e i campi di forza. Con Mondo 2 voglio indicare in particolar modo le esperienze coscienti, come il piacere e il dolore, la speranza e la paura, e le aspettative, le percezioni di cose ed eventi, e i ricordi degli eventi del passato, l’esperienza di afferrare un ragionamento o di comprendere una teoria; e inoltre le esperienze inconsce (se esse esistono) come convinzioni o aspettative inconsce. Con Mondo 3 voglio indicare i prodotti della mente umana. Esempi di oggetti importanti che appartengono al Mondo 3 sono le frasi dei linguaggi (orali, scritte o stampate); le teorie scientifiche, siano esse vere o false; i problemi scientifici; i quadri e altre opere d’arte; i lavori musicali; gli utensili e le altre invenzioni; le istituzioni sociali (Karl Raimund Popper, Perché siamo liberi?). Vi può essere un senso in cui i tre mondi non sono affatto separati, ma riflettono soltanto, individualmente, aspetti di una verità più profonda del mondo nella sua totalità, verità di cui attualmente abbiamo scarse cognizioni (Roger Penrose, La strada che porta alla realtà). Sarà poi compito dell’età contemporanea affiancare un’analisi critica alla logica scientista. Infatti è ben evidente che, mentre la scienza è neutra, nei suo metodi e nelle sue teorie di base, la scienza non è affatto neutra, nelle sue teorie avanzate e soprattutto in tutte le sue applicazioni, legate alla tecnica, alle tecnologie ed anche alla politica (a riguardo, basta pensare alla diverse destinazioni possibili di forze lavoro e dei finanziamenti). È compito della politica, dare indicazioni e talvolta anche decidere, ma è prima compito della scienza fornire le varie alternative possibili e concretamente praticabili (il tutto in un circolo virtuoso che, se correttamente impostato e coerentemente praticato, dovrebbe fornire i risultati attesi, di volta in volta, in tal modo riaffermando anche il valore del dialogo, tra le parti in gioco, e del confronto, critico e costruttivo). L’uomo e la conoscenza umana sono fallibili; … le teorie sono opere d’arte, però criticabili oggettivamente e … questo fatto rende possibile progredire, progredire in senso oggettivo; tutti diamo, il nostro contributo all’edificio della conoscenza oggettiva, come artigiani che costruiscono una cattedrale; e … tutto questo fa parte della grande avventura della vita (Karl Raimund Popper, Prefazione alla prima edizione italiana della Logica della scoperta scientifica). Siamo indotti a domandarci se la scienza matematica non finirà, come è già accaduto da tempo per altre scienze, per suddividersi in branche separate, i cui cultori si comprenderanno a stento gli uni con gli altri e la cui interconnessione diventerà sempre più debole. Non lo credo, né lo spero: secondo me, la scienza matematica è un tutto indivisibile, un organismo la cui forza vitale ha per condizione necessaria l’indissolubilità delle parti (David Hilbert, Problemi matematici, 1900). La preoccupazione di Hilbert, circa il dissolversi del corpus matematico in tanti rivoli, separati e scarsamente comunicanti, costituisce un problema che tocca centralmente la realtà di molti settori scientifici disciplinari. In particolare, le discipline del rilevamento, in seguito alla loro espansione ed anche successo (con la conquista dello spazio e la rivoluzione informatica), sono oggetto di appetiti vari, dai produttori di tecnologia, passando per gli esperti di tanti altri settori (più o meno contigui a qualche sua parte), fino a tutti i moltissimi applicatori. Proprio questi fatti fanno sì che altissimo sia il rischio di dissoluzione dell’intero settore scientifico disciplinare e di una diaspora dei suoi studiosi, esperti e cultori, verso altre destinazioni, con la conseguente perdita del suo corpus unitario di conoscenze e la dissipazione di una lunghissima tradizione (in Italia, ben rilevante). Se si immagina che una figura data arrivi a cambiare la propria configurazione attraverso un movimento progressivo e continuo delle parti di cui si compone, senza tuttavia violare il legame e la dipendenza originariamente stabilite tra queste parti, le relazioni o proprietà metriche che riguardano la figura rimangono applicabili, nella loro forma generale, a tutte le figure derivate, senza altro cambiamento che quello delle #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 35 indicazioni semplici “più” o “meno”, che possono invertirsi tra loro nelle relazioni. Quanto alle relazioni puramente grafiche o descrittive che riguardano le figure originarie, queste rimangono applicabili a tutte le figure derivate senza altre modifiche che quelle … prodotte nella configurazione delle linee le une rispetto alle altre (lettera di Jean-Victor Poncelet al matematico Olry Terquem). Per quanto riguarda i metodi, ho cercato di dare loro tutto il rigore che è richiesto in geometria, in modo da non ricorrere mai alle ragioni dell’algebra. Le ragioni di questo tipo, sebbene non di rado ammesse, soprattutto nel passaggio … dalle quantità reali alle espressioni immaginarie, non possono essere considerate, mi pare, altre che alla stregua di induzione atte a presagire talvolta la verità, ma che si accordano poco con la tanto vantata precisione delle scienze matematiche (Augustin-Louis Cauchy)17. Una logica didattica perversa Seguire acriticamente una moda (forse americana), adatta solo ai grandissimi numeri (cioè oltre diecimila), ma completamente inadatta ai piccoli casi concreti (fatti di unità o, al più, di poche decine), porta alla logica perversa di pochissime lodi (ad esempio, top 10%). In questo modo qualcuno, di sicuro bravo, l’ottiene anche, ma questi non è certo l’unico e la sua lode dipende solo dal non voler rispettare le regole, ovviamente a proprio vantaggio. Altre conseguenze sono poi la totale mancanza di ogni collaborazione, fino ai dispetti, il degrado di tutti i lavori, perché non conviene lavorare molto più della sufficienza, se tanto comunque risulta solo un così, così (occorrendo invece arruffianarsi qualcuno alto-locato, ecc.), e l’inizio di una guerra, tra persone precarie ed indifese, che non è proprio foriera di nulla di buono. Per contro invece, le proteste dal basso sono molto ben fondate; infatti chi accede all’eccellenza deve appartenere ai migliori. La valutazione serve a fermare chi smette di esserlo (oppure qualcuno che altri sbagliano ad ammettere), non a scoraggiare chi s’impegna, studia e lavora. Un altro problema insolubile è la comparazione tra vari temi, diversi e spesso anche lontani tra loro, per formare un piccolissimo quantile (ad esempio, il suddetto top 10%). Infatti come si comparano la Divina Commedia, le pitture 17 Significativo è il contrasto tra gli approcci, di Poncelet e Cauchy. Infatti il rigore matematico del secondo, si presta bene per rifondare e consolidare una disciplina, centrale nella matematica classica, come l’Analisi matematica. Tuttavia l’apertura culturale del primo è indispensabile e fondamentale per costruire un ampliamento, fortemente originale ed innovativo, della geometria ed anche della geometria analitica, quale è la geometria proiettiva. D’altra parte, ibridare una disciplina significa saper trarre spunti da altre discipline, anche molto diverse e lontane (nel caso specifico, le tecniche grafiche, pittoriche ed architettoniche della prospettiva e la loro interpretazione matematica, fatta da Girard Desargues, nel ’600, alla luce della geometria analitica). Tutto ciò è molto importante per le discipline del rilevamento e, in particolare per la Geomatica, pena il loro perdere di peso e significato. 36 di Raffaello e le opere di Mozart ... e chi è meglio tra Galileo, Newton ed Eulero? Per queste ragioni, è molto più interessante costruire classi di problemi formalmente affini, travalicando i settori scientifico disciplinari di riferimento ed invitando tutti ad una collaborazione fattiva ed intelligente. Tutto questo si perde invece solo perché qualcuno gioca con le statistiche e forse senza neppure conoscere bene la statistica. Per altro, si può anche provare a modellare la distribuzione di questo tema, collegandosi al tema arcinoto di misurare la qualità. Una premessa riconosce che i modelli interpretano la realtà, ma non la costituiscono, che nessun modello può essere provato esatto, ma solo smentito dai fatti, e che, in generale, è possibile verificare, se un modello è totalmente errato. Allora un modello senza selezione in ingresso presenta dati normali, mentre un modello senza selezione in ingresso dei soli positivi presenta dati log-normali. Invece un modello con selezione in ingresso presenta dati rettangolari, leggermente rastremati agli estremi. La piccola coda inferiore dipende dai pochi casi considerati falliti, per cause più disparate, mentre la coda superiore riguarda i geni18. Un gradino più basso, rettangolare con rastremazione agli estremi è determinato da principio, se sono presenti persone non eccellenti, perché potrebbe servire loro19. La coda inferiore ha una spiegazione identica al caso precedente; interessante è invece la coda superiore che è segno di una promozione verso l’alto e, senza mai esagerare nei riconoscimenti, è degna d’attenzione. Pertanto occorre raccomandare, con forza, di non mortificare, né disperdere tutte le eccellenze, svilendone la presenza e disprezzando il contributo, mentre occorre invece saper apprezzare ed incoraggiare quelle poche promozioni verso l’alto, spesso completamente inattese e comunque ampiamente benvenute. Tutto questo significa fare scuola, come è nella lunghissima tradizione mediterranea, italiana ed europea che va dal mondo antico, per tutto il medioevo, fino alle età moderna e contemporanea20. Certi momenti ci vengono portati via, altri sottratti e altri ancora si perdono nel vento. Ma la cosa più 18 Occorre tuttavia che lo dicano i posteri e non i contemporanei. Ad esempio, Mozart è musicista tra tanti e solo i posteri lo mettono sul ben meritato piedistallo. Del resto, Einstein riceve il nobel per l’effetto fotoelettrico e non per la teoria della relatività generale che, solo dopo, è riconosciuta come un importantissimo cambio di paradigma. 19 Un’altra possibilità è data, se qualcuno è usato come portaborse (cosa che deve sempre essere combattuta fieramente). 20 Molti possono essere gli esempi, dall’Accademia ed il Peripato ateniesi (con lo sviluppo alessandrino del secondo) ai monasteri, alle abbazie ed ai conventi del mondo tardo antico ed altomedioevale, come dalle università del basso medioevo alle istituzioni culturali e scientifiche delle età moderna e contemporanea. D’altra parte, coloro che scrivono hanno il piacere di camminare e sono capitati davanti ad un’abbazia benedettina, minore ed isolata, dove il motto ora et labora indica un modo intersoggettivo d’operare, fruttifero e foriero di concordia. PENSARE Abbazia di San Benedetto in Val Perlana (sopra Ossuccio – CO) vergognosa è perder tempo per negligenza. … Della nostra esistenza buona parte si dilegua nel fare il male, la maggior parte nel non far niente e tutta quanta nell’agire diversamente dal dovuto. … Ecco il nostro errore: vediamo la morte davanti a noi e invece gran parte di essa è già alle nostre spalle: appartiene alla morte la vita passata. Metti a frutto ogni minuto; sarai meno schiavo del futuro, se ti impadronirai del presente. Tra un rinvio e l’altro la vita se ne va. … Chi è dappertutto, non è da nessuna parte. Dal momento che non puoi leggere tutti i volumi che potresti avere, basta possederne quanti puoi leggerne. … Povero non è chi ha poco, ma chi vuole di più. Mi domandi quale sia la giusta misura della ricchezza? Primo avere il necessario, secondo quanto basta. Chi si adatta bene alla povertà è ricco. … Con un amico decidi tranquillamente di tutto, ma prima decidi se è un amico: una volta che hai fatto amicizia, ti devi fidare; prima, però, devi decidere se è vera amicizia. Rifletti a lungo se è il caso di accogliere qualcuno come amico, ma, una volta deciso, accoglilo con tutto il cuore e parla con lui apertamente come con te stesso. Chi ha paura di essere ingannato insegna a ingannare e i suoi sospetti autorizzano ad agire disonestamente. … Possedere un bene non serve a niente se non si è pronti a perderlo. E i beni la cui perdita è più facilmente tollerabile sono quelli che, perduti, non possono essere oggetto di rimpianto. … La sorte non ha innalzato nessuno tanto da non ritorcere contro di lui quanto gli aveva concesso di fare. Non fidarti della momentanea bonaccia: fa presto il mare ad agitarsi; nello stesso giorno le barche affondano là dove si erano spinte per diporto. Il destino di una persona salita tanto in alto è precipitare. … È grande chi usa vasellami di argilla come se fossero di argento, ma non lo è meno chi usa l’argento come se fosse argilla; solo i deboli non sono in grado di reggere la ricchezza. Non dà gioia il possesso di nessun bene, se non puoi dividerlo con altri. … Bisogna essere nell’intimo completamente diversi dagli altri, ma simili al resto della gente nell’aspetto esteriore. Ritirati in te stesso per quanto puoi; frequenta le persone che possono renderti migliore e accogli quelli che puoi rendere migliori. … Il saggio è autosufficiente non nel senso che vuole essere senza amici, ma che può stare senza amici; e questo “può” significa che, se perde un amico, sopporta con animo sereno. Chi è diventato amico per convenienza, per convenienza finirà di esserlo. Se nell’amicizia si ricerca un utile, per ottenerlo si andrà contro l’amicizia stessa. … Il sommo bene, cioè la felicità, non cerca al di fuori mezzi per realizzarsi; è un bene interiore e nasce tutto da se stesso; diventa schiavo della sorte se ricerca una parte di sé all’esterno. È veramente felice e padrone di sé chi aspetta il domani senza preoccupazione; se … ogni giorno alzarsi al mattino gli appare come un guadagno (Seneca21, dalle Lettere a Lucilio22). Una ulteriore conferma, circa l’assurdità di una logica didattica perversa, si trova illustrata in due dipinti di Giovanni Bellini ed Andrea Mantegna, dove non è rilevante, in questa sede, il tema religioso, ma lo sfondo comune ai due dipinti. Infatti i due artisti sono cognati, avendo il secondo sposato la sorella Nicolosia del primo. Così nella sua lunga vita, il primo (già cresciuto in una famiglia di pittori veneti) dapprima passa da modelli bizantini, a modelli gotici. Successivamente lo stesso ha incontri importanti con Donatello (pseudonimo di Donato di Niccolò di Betto Bardi), Piero della Francesca (pseudonimo di Piero di Benedetto de’ Franceschi) ed Antonello da Messina (soprannome di Antonio di Giovanni de Antonio), fino ad acquisire invece uno stile giorgionesco. Tuttavia nello specifico, all’inizio della sua maturità, Giovanni Bellini ha un incontro importante con Andrea Mantegna ed il suo stile (perché cooperare è meglio che competere). Di seguito, in ordine cronologico o quasi, si riporta un elenco di collaborazioni od importanti contatti23: 21 Seneca è il maggior esponente dello stoicismo romano, dove una filosofia d’opposizione, nel mondo greco ellenistico, diventa una religione laica dominate nell’elite colta romana. Lo stoicismo è poi soppiantato dal cristianesimo che mostra una maggiore attenzione verso le classi povere, ma una ben minore tolleranza verso tutti i diversi. 22 Parallelamente allo stoicismo, nel mondo antico (greco, ellenistico e romano), si affermano l’epicureismo e lo scetticismo eclettico. Oggigiorno nel loro insieme, queste correnti di pensiero, tenuto anche conto delle notevoli difficoltà di una loro esatta traduzione, possono ritrovarsi nello scetticismo e nel relativismo moderati. 23 Un altrettanto lungo elenco riporterebbe i contrasti più famosi, ma coloro che scrivono non lo si ritengono proprio di altrettanto interesse. #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 37 • Il leone ed il topolino del deserto (favola di Esopo); • il coccodrillo del Nilo ed un uccellino, detto spazzolino del coccodrillo (descritto già da Plinio il Vecchio); • i Dioscuri: Castore e Polluce24; • Platone ed Aristotele; • Publio Virgilio Marone e Quinto Orazio Flacco; • Aurelio Ambrogio (da Treviri) e Agostino d’Ippona; • Aladino ed il genio della lampada meravigliosa (racconto dalle raccolta di novelle: Le mille e una notte); • i quattro musicanti di Brema: un asino, un cane, un gatto e un gallo (fiaba dei fratelli Grimm); • Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio; • Leonardo da Vinci, Luca Bartolomeo de Pacioli, Fazio Cardano (padre di Girolamo Cardano) e Donato di Angelo di Pascuccio detto il Bramante; • Galileo Galilei e Johannes Kepler (italianizzato in Keplero); • Pierre de Fermat e Blaise Pascal; • l’Accademia dei Pugni: Pietro ed Alessandro Verri, Cesare Beccarla ed altri; • Denis Diderot e Jean-Baptiste Le Rond d’Alembert; • Johann Wolfgang von Goethe e Johann Christoph Friedrich von Schiller; • Clemens Maria Wenzeslaus Brentano de La Roche e Carl Joachim Friedrich Ludwig Achim von Arnim; • Jacob Ludwig Karl Grimm e Wilhelm Karl Grimm; • Ippolito Pindemonte e Niccolò Ugo Foscolo; • Wolfgang Amadeus Mozart e Lorenzo da Ponte; • Robert Alexander Schumann e Johannes Brahms; • l’emigrazione tedesca a Parigi: Wilhelm Richard Wagner, Christian Johann Heinrich Heine, Friedrich Heinrich Alexander Freiherr von Humboldt, ecc. con i francesi: Honoré de Balzac, Victor-Marie Hugo, George Sand (pseudonimo di Amantine Aurore Lucile Dupin), ecc.; • Karl Heinrich Marx e Friedrich Engels; • Ernst Waldfried Josef Wenzel Mach e Hermann Ludwig Ferdinand von Helmholtz; • Paul Gauguin e Vincent Willem Van Gogh; • Georges-Pierre Seurat e Paul Signac; • Pablo Picasso e Georges Braque; • Pierre Curie e Maria Skłodowska Curie; • Edmund Gustav Albrecht Husserl e Ernst Cassirer; • Moritz Schlick e Hans Reichenbach; • Ernst Bloch e Jürgen Moltmann; • Carl Gustav Jung e Wolfgang Ernst Pauli; • i ragazzi di via Panisperna: Enrico Fermi, Edoardo Amaldi, Franco Rasetti ed Emilio Segrè ai quali si aggiungono poi Bruno Pontecorvo, Oscar D’Agostino ed Ettore Majorana. 24 Gemelli, figli di Giove e due degli Argonauti, dopo la loro morte si alternano giornalmente tra l’Olimpo e l’Ade (a riguardo, è evidente la superiorità della sapienza greca, rispetto ai giochetti mediorientali tra Esaù e Giacobbe per ottenere la primogenitura, ed all’assassinio di Remo ad opera di Romolo a Roma). 38 Andrea Mantegna, Adorazione dei pastori (Metropolitan Museum of Art, New York) Giovanni Bellini, Imago pietatis (Museo Poldi Pezzoli, Milano) Antonio Canova, Insegnare agli ignoranti, 1795 (Gallerie d’Italia, Milano) Fare scuola Fare scuola significa essere insieme maestro e ministro, perché ministro significa inserviente25, cioè quel laico (ed originariamente quel chierico) che serve un’autorità preposta nell’espletamento delle sue funzioni (e conseguentemente il sacerdote nella celebrazione del suo rito). Infatti maestro e ministro derivano dai due nomi comuni di persona latini: magister e minister che, a loro volta, derivano dagli aggettivi comparativi, sempre latini: magis (ovvero maggiore) e minus (ovvero minore). Proprio questi aggettivi evidenziano la duplice funzione di fare scuola, in quanto per fare scuola bisogna insieme insegnare e mettersi al servizio di coloro cui si insegna26. In questo modo, questi ultimi diventano partecipi di un’unica avventura/esperienza positiva, secondo la massima, ancora latina: iucunde docet (cioè insegnare con gioia). 25 La sinonimia tra ministro ed inserviente è ripresa dal Vocabolario Treccani (online). 26 La stima ed il rispetto, tra maestri ed allievi, prescinde dalla loro personale fortuna in vita che invece dipende soprattutto dal caso (e, se anche da certe necessità, queste sono spesso fuori del controllo di chi le subisce). A mo’ di esempio, la fortuna nelle vite di Ugo Foscolo e Lorenzo Da Ponte è significativa. Infatti il primo è uno dei sommi poeti italiani, a fianco di Dante Alighieri, Francesco Petrarca, Giovanni Boccaccio, Ludovico Ariosto, Torquato Tasso, Giuseppe Parini, Vittorio Alfieri e Giacomo Leopardi, per arrestarsi all’inizio dell’‘800), ma muore esule a Londra, povero e dimenticato. Invece il secondo è il brillante librettista di tre famosissime opere italiane di Wolfgang Amadeus Mozart (Le nozze di Figaro, Don Giovanni e Così fan tutte) che, dopo un soggiorno a Londra, emigra negli Stati Uniti, dove diventa cittadino americano, dopo essere stato il primo professore di letteratura italiana al Columbia College. PENSARE Luigi Mussio Nato a Milano nel 1951, dopo il Diploma si laurea in Ingegneria Civile al Politecnico di Milano nel 1975. L’anno successivo consegue la borsa di studio del CNR e nel 1978 è ricercatore universitario di Geofisica Mineraria al Politecnico di Milano. Dal 1983, Professore associato di Misure Geodetiche al Politecnico di Milano, nel 1986 Professore straordinario di Topografia all’Università di Reggio Calabria, dal 1989 al 1991 Professore ordinario di Fotogrammetria al Politecnico di Torino/Milano e dal 1994 Professore ordinario di Trattamento delle Osservazioni al Politecnico di Milano. Dal 1983 al 2004 Segretario/coordinatore dei corsi di Dottorato di Ricerca in Geodesia e Geomatica al Politecnico di Torino/ Milano. Dal 2002 al 2011 Coordinatore della macroarea Sicurezza e Ambiente della Scuola Interpolitecnica di Dottorato Torino Milano Bari. Fra le diverse cariche è stato Presidente del CCL/CCS in Ingegneria Civile al Politecnico di Milano; membro dell’ISPRS; coordinatore dell’ISPRS IC-WG III/VI e dell’ISPRS WG VI/3; Presidente dell’ISPRS TC I. Naida Di Nino Nata a Sulmona (L’Aquila) nel 1983, si laurea al Politecnico di Milano in Ingegneria Fisica indirizzo Tecnologie Ottiche nel 2007 e in Ingegneria Civile indirizzo Rilevamento e Controllo nel 2009. Nel 2012 consegue il titolo di Dottore di Ricerca in Ingegneria Ambientale e delle Infrastrutture presso il Politecnico di Milano. Dal 2007 al 2013 collabora con il Prof. Luigi Mussio negli insegnamenti di Trattamento delle osservazioni e di Geomatica presso il Politecnico di Milano. Autrice di alcune pubblicazioni, nell’ambito della ricerca scientifica, si occupa di problemi riguardanti la strutturazione di dati 3D in un Sistema Informativo Territoriale con applicazioni nell’ambito dell’Ingegneria Civile. È abilitata alla professione di Ingegnere Civile e Ambientale, e lavora come libero professionista nella progettazione e validazione di progetti di opere idrauliche (modellazione idraulica per la sistemazioni di alvei, smaltimento e trattamento acque di piattaforma). Bibliografia Bartocci C. (2012): Una piramide di problemi – Storie di geometria da Gauss a Hilbert. R. Cortina Ed., Milano Castelnuovo E., Barra M. (1976): Matematica nella realtà. Boringhieri, Torino Castelnuovo E. (1977): Documenti di un’esposizione di matematica. Boringhieri, Torino Lang S. (2009): Algebra lineare. Bollati Boringhieri, Torino Marchionna E., Gasapina U. (1972): Appunti ed esercizi di Geometria. Editrice Viscontea, Milano Marx K. (1968): Manoscritti economico-filosofici del 1844. Editori Riuniti, Roma Popper K. (2012): I tre mondi – Corpi, opinioni e oggetti del pensiero. Il Mulino, Bologna Rossanda R. (1979): Le altre. Saggi Bompiani, Milano #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 39 PROtagonisti Il Geometra Aurelio Costa (Cotignola, 1930 - Faenza, 2000) prima come catastale, poi come libero professionista ha svolto un’intensa attività divulgativa della propria esperienza, con lo scopo di formare le capacità professionali dei tecnici che operano nel campo topografico e catastale. Attività che lo ha portato ad essere considerato uno dei più grandi maestri di Topografia Catastale in Italia. Nel 2010, a dieci anni dalla sua scomparsa, è nata l’idea di ricordarlo dedicandogli un volume a cura del figlio Gian Paolo e del Geometra Nevio Kristancic. Volume realizzato con il contributo economico del Collegio dei Geometri e Geometri Laureati di Ravenna e il sostegno del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati, della Fondazione dei Geometri e Geometri Laureati dell’Emilia Romagna, della Cassa Nazionale Geometri e di due aziende dedicate al settore della Topografia: la Geotop Srl e la Tecnobit Srl. Dal volume si riportano i contributi di Gian Paolo Costa e Nevio Kristancic. 40 Aurelio Costa Geometra Una vita con la topografia “Aurelio Costa: una vita con la topografia” Gian Paolo Costa Pensavo di riuscire a scrivere queste pagine con una certa facilità, forse in virtù di una non modesta esperienza scrittoria maturata nel corso degli anni e di recente sanzionata, diciamo così, all’avvenuto accoglimento della mia domanda d’iscrizione all’ordine dei giornalisti - elenco pubblicisti. E perché non è certo la prima volta che io scrivo biografie o note biografiche rivisitando opere e giorni di persone del passato, remoto o recente. Ma parlare, scrivere di Aurelio Costa Geometra, topografo ed astrofilo è per me altra cosa: e fin da subito mi sono accorto che non sarei riuscito a scrivere di mio padre con il distacco di un biografo o comunque di una persona (estranea) informata dei fatti. E anche per questo motivo i fogli da riempire con parole scritte ed immagini sono rimasti a lungo bianchi sul video del pc davanti a me. Nello specifico non dovevo e non devo aprire libri e/o files in un computer, ma in primo luogo ho dovuto e devo scorrere Disegno a matita di Aurelio Costa durante il corso di studi nell’Istituto per Geometri faentino ricordi e memorie immagazzinate nel corso degli anni nella mia personale... banca dati mnemonica, per selezionare i fatti più utili a tratteggiare la figura anche umana di un tecnico divenuto un topografo noto e stimato a livello italiano nel suo campo di lavoro, anche in forza del proprio vissuto. Il vissuto, l’iter professionale ma prima di tutto personale, di un uomo che io ho imparato a conoscere – o ho cercato di conoscere – in un lungo arco di tempo: oltre quattro decenni di (chiamiamola così!) assidua frequentazione familiare. Frequentazione certo domestica ma per molti di questi anni anche, occasionalmente – ma non di rado –, di filiale collaborazione-supporto in ambito lavorativo. Quando abbiamo delineato il progetto del presente volume, abbiamo convenuto su di un punto fondamentale: queste pagine devono/dovranno essere di una qualche utilità pratica o di un qualche interesse documentario per chi le legge, ripercorrendo e rievocando gli anni del passaggio dalla topografia (in particolare quella catastale non di impianto e la topografia a minor scala in genere) “del metro” e del tacheometro/teodolite alla topografia “della frazione del centimetro”: dei distanziometri/total stations e del GPS. Una breve parentesi: nel caso delle livellazioni di precisione tematiche, quali quelle per lo studio della subsidenza del ravennate e di Ravenna in particolare, il progresso non è stato in primo luogo, o solamente, nella precisione numerica ordinaria raggiungibile, quanto nell’organizzazione e nell’archiviazione dei dati finalizzati ad un “utilizzo diffuso” ed integrato di questi ultimi: per una gestione più oculata e comunque meditata del territorio. Aurelio Costa, Geometra dipendente pubblico per la maggior parte della sua vita lavorativa, era rimasto “pubblico” anche da libero professionista; ed era convinto, ad esempio nel caso della acquisizione di dati topometrici, che tutto ciò che era prodotto con soldi pubblici non era e non doveva rimanere patrimonio esclusivo di chi aveva coordinato e gestito l’acquisizione dei dati in questione – anche con fatica…burocratica! – ma doveva divenire, entro un lasso di tempo di “certificazione” il più possibile tecnicamente breve, patrimonio “universale” di tutti coloro ai quali i dati in questione potessero essere di una qualche utilità. E per i motivi più diversi ed anche imprevisti all’atto, ad esempio, dell’inizio del programma di raccolta “dedicato”. Quante volte, io ancora bambino, l’ho sentito lamentarsi dell’incomunicabilità tra uffici pubblici, assai dispendiosa in termini di tempo e di risorse investite in compartimenti tra loro “stagni” e quasi…in concorrenza reciproca! Il percorso professionale di Aurelio Costa (Cotignola, 1930 - Faenza, 2000) Geometra, si srotola da metà degli scorsi anni ’50 all’anno 2000, in pratica, gli anni che hanno visto la nascita in Italia della figura professionale del Geometratopografo. Un processo lungo e spesso non agevole che Costa ha vissuto come una “rivisitazione delle origini” (Geometra = misuratore della terra), un processo indotto da un più moderno approccio culturale e tecnico-operativo ad antiche e nuove problematiche legate alla conoscenza e descrizione numerica del territorio. Della nascita e progressiva definizione di questa nuova figura professionale “autonoma” Aurelio Costa è stato attivissimo fautore in ambito locale e testimone/coautore a livello nazionale, come testimonia tra l’altro una lunga serie di attestati ricevuti nel corso del tempo da Collegi dei Geometri di ogni parte d’Italia per il suo impegno di didatta. Didatta in virtù di una innata attitudine a comunicare le esperienze e le convinzioni maturate via via nel corso dei lunghi anni trascorsi lavorando “sul campo” ed in ufficio: decenni iniziati al tavolo da disegno con regolo calcolatore, riga, squadra e rapidograph, in Catasto, e terminati con personal computer e plotter, in via San Pier Damiano 14, a Faenza. In ogni uomo, in ognuno di noi, opere e vissuto personale sono indissolubilmente connessi da legami intrecciati e circolari di causa ed effetto, in uno “srotolarsi esistenzial-operativo” che per qualsiasi persona ha inizio… con la nascita! Per questo, biografia umana e biografia professionale di un uomo, sono di fatto inscindibili: a maggior ragione, se possibile e come cercherò di motivare, nel caso della vita professionale del Geometratopografo Aurelio Costa. Nelle pagine che immediatamente seguono cercherò di tratteggiare la vita lavorativa di mio padre vista e vissuta da un non addetto ai lavori – io, che sono laureato in scienze geologiche – , che però crede di poter parlare con una qual certa cognizione di causa perché questa vita professionale, come detto, l’ha partecipata e l’ha comunque affiancata: anche “sostanzialmente” in occasione di qualche scelta e per qualche tratto di cammino. Un cammino ed un percorso professionale, quello di Aurelio Costa, Geometra che approdò alla topografia, giudicati assai proficui e riconosciuti tali da moltissimi dei colleghi che hanno avuto modo di conoscere de visu Costa e i frutti del suo lavoro. Mi ha sorpreso – e mi ha fatto molto piacere leggerla – la conclusione del contributo #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 41 dell’ing. Giuseppe Sangiorgi, sempre in questo volume, che mi offre lo spunto per una prima considerazione. Io non ho mai conosciuto personalmente l’ing. Sangiorgi, ma dal tono di voce con cui mio padre lo nominava spesso parlando di lavori che aveva in corso o che aveva portato a termine insieme a lui, avevo ben presto capito che il loro sodalizio professionale – in occasione di collaborazioni operative – era quanto mai gratificante per mio padre: perché lui e l’ingegnere… parlavano il medesimo linguaggio. Con gli anni avevo imparato a valutare dal solo tono di voce o da qualche fugace espressione del viso di mio padre il grado di considerazione che quest’ultimo nutriva per la persona alla quale si trovava ad accennare. Aurelio Costa era dovuto divenire adulto “troppo da solo” e troppo in fretta, a dispetto dei quindici anni compiuti da un mese che aveva quando, a seguito delle traversìe belliche – e dopo un lungo inverno trascorso sotto le bombe alleate chiuso in una cantina-rifugio sotto la casa natale a Cotignola, cittadina “martire” ridotta ad un cumulo di macerie – la mamma trovò la morte per lo scoppio di un ordigno inesploso, nella primavera del 1945 a guerra localmente terminata da pochissimi giorni. Ed Aurelio si trovò d’improvviso costretto ad affrontare il mondo, quel mondo che faticosamente usciva dalla tragedia della seconda guerra, senza la protezione dell’ambito familiare che sino ad allora l’aveva guidato e appunto protetto, in primis dalla guerra. Del giovanissimo che era in quei giorni conserverà sempre, quasi “radicato” nel suo subconscio, un costante entusiasmo giovanile per tutto ciò che avrebbe attirato e catturato il suo altrettanto giovanile, e quotidiano, interesse investigativo. Un interesse che mi è sempre parso indirizzato – ed a distanza di anni questa percezione 42 è in me oggi, se possibile, più intensa e distinta – in primo luogo alla continua ricerca di certezze che disegnassero una realtà costantemente descrivibile/ raffigurabile, calcolabile e prevedibile: in virtù di leggi fisicomatematiche avvertite ed invocate come sorta di colonne ed architravi di personali sicurezze esistenziali parimenti ricercate. Sicurezze che nessuna incognita problemi quotidiani. Mia nonna, Maria Bernardi, era la colonna della famiglia, matriarcale, nell’alveo della tradizione romagnola rurale e di paese, ed alla sua morte il marito Sante Costa letteralmente “si sedette”, abbattuto dalla sventura che lo aveva avvolto imprigionandolo. Questo, come detto, negli ultimissimi giorni di quel secondo conflitto mondiale che proprio tra Romagna ed Emilia “casuale” potesse invalidare. Un percorso di ricerca, il suo, condotto in forza di un ordine mentale e pratico frutto non solo di DNA (probabilmente materno) ma soprattutto, come già detto – e di questo ne sono personalmente convinto – risultato di un continuo, lungo lavoro autonomo di autocostruzione, faticoso quanto assiduamente perseguito giorno dopo giorno. Mio figlio secondogenito è – oggi, mentre scrivo – un sedicenne e faccio fatica ad immaginarmelo improvvisamente orfano ed affidato a parenti pieni di altri grossi (sulla linea gotica italo-germanica) aveva scritto alcune delle pagine più forti della sua storia peninsulare; e in un periodo, quello dell’immediato dopoguerra, che al contrario richiedeva ogni energia, residua e nuova, per iniziare a ricostruire quanto andato perduto allo scopo di raggiungere o ritrovare una qualità di vita decorosa. E la famiglia Costa cotignolese-faentina pagò, per quegli ultimi anni di follia mussoliniana, un prezzo altissimo: sia emotivo-affettivo, in primo luogo, che – più banalmente – economico- materiale. Mi soffermo un attimo su questa protagonisti pagina biografica di un Aurelio Costa adolescente proprio perché ritengo, come detto, che il suo interesse per la topografia (e per l’astronomia di posizione e ancora, e infine, per la gnomonica – la scienza-arte degli orologi solari) e conseguentemente il suo percorso professionale siano stati indotti, più o meno inconsciamente, dalle personali vicende familiari prodotte dal secondo conflitto mondiale. dopo più di un anno di guerra: e in Gorizia entrò, primo, il 28° reggimento della brigata Pavia, di stanza a Ravenna, della terza Armata comandata dall’“invitto” duca d’Aosta. Io fino ad oggi, seguendo una mia antica passione nata tra le mura domestiche anche e soprattutto per influsso e clima familiar-paterno, ho diretto il museo Civico di Scienze Naturali di Faenza: che ho seguito scolaresche (e di insegnanti e genitori!) mi hanno permesso di toccare con mano e di avvertire “sulla pelle” l’importanza che nella formazione, e conseguentemente nel percorso vitale degli esseri umani, hanno gli anni della prima infanzia e giovinezza, familiare e scolastica: l’uomo Homo sapiens sapiens è un animale sociale quanto mai complesso poiché l’imprinting fisico-comportamentale Hotel “Il cavallino”, Faenza Una veloce notazione: se la seconda guerra mondiale ha segnato profondamente la vita (anche professionale) del Geometra Costa, alla prima guerra, alla grande guerra, è legato il suo nome di battesimo. Aurelio era il nome del sottotenente Baruzzi (1897 - 1985, medaglia d’oro che concluse la sua carriera militare come generale), nato a poca distanza da Cotignola, a Lugo di Romagna e quindi concittadino di Francesco Baracca. Aurelio Baruzzi l’8 agosto del 1916 (96 anni or sono) entrò per primo, con il tricolore, a Gorizia. La presa di Gorizia fu la prima vittoria italiana (e plasmato!) sin dalla sua nascita amministrativa e…fisicomateriale! E nell’ambito della, chiamiamola così, vita quotidiana di questo Istituto che, un poco all’antica ho pensato e visto come una scintillante (per quanto lo consentano le finalità istituzionali e le risorse a disposizione!) e interdisciplinare wunderkammer-camera delle meraviglie, io ho dedicato buona parte del mio tempo e gran parte delle mie energie, anche creativosperimentali, alla didattica rivolta ai giovanissimi della scuola primaria. Il contatto con i più giovani e la continua frequentazione di in lui si intreccia inestricabilmente con un altrettanto presente imprinting socio-culturalcomportamentale. La famiglia Costa, di Sante Costa, era una famiglia “del popolo ma non proletaria” – almeno in senso stretto –, in quanto godeva di un qual certo benessere economico frutto del lavoro quotidiano del capofamiglia e della attenta, oculata amministrazione di sua moglie, azdora nel solco di quella tradizione familiare-contadina romagnola che ha sempre riservato un ruolo fondamentale alla donna, ovvero reggitrice della vita familiare #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 43 quotidiana in Romagna. Allo scoppio della seconda guerra mondiale la famiglia Costa risiedeva da qualche anno nella propria casa faentina, in via Polveriera nel Borgo Durbecco di Faenza. Sante Costa era commerciante di sementi e all’occorrenza birocciaio (= “autotrasportatore-padroncino” del tempo!) e la sua famiglia, come detto, poteva definirsi sufficientemente benestante, nel contesto popolare del tempo: tre figli maschi (Pier Domenico, Aurelio e Bruno) ed una giovanissima bambina in affido (Silvana) per il desiderio di mamma Maria Bernardi di una figlia. La moglie era più alta di statura del marito, piuttosto basso: infatti nella fotografia che ritrae la famiglia in occasione di una importante cerimonia religiosa (cresima o comunione dei due fratelli maggiori, in abito “militare” da adulti) Maria è in posa seduta. Nella primavera del 1944 i genitori di Pier Domenico, Aurelio e Bruno Costa avevano deciso di lasciare Faenza alla volta della “più sicura” cittadina natale, Cotignola: il 10 marzo di quell’anno le prime bombe aeree alleate erano cadute sulla stazione ferroviaria di Faenza. I coniugi Costa commisero, come si direbbe oggi, un tragico errore di valutazione. Cotignola sorge infatti in un’ansa del fiume/ torrente Senio: e proprio sul Senio gli Alleati, oltrepassata celermente Faenza, decisero di attestarsi per “…lasciare passare l’inverno”. Cotignola, rimasta in territorio controllato (?!) dai tedeschi, fu letteralmente spianata dall’aviazione e dall’artiglieria anglo americane. In particolare, il 10 aprile 1945, nelle ore che precedettero l’ingresso in città delle truppe alleate, si scatenò l’inferno. Ai Costa, rintanati nel rifugio-trincea scavato nella cantina domestica dove sopravvivevano da mesi, l’annuncio della fine della tempesta arrivò con le parole sussurrate dal vicino di casa/ parente Sintini, parole che filtrarono 44 attraverso il cumulo di macerie di quella che una volta era una casa: “A siv tot viv?” (“Siete tutti [ancora] vivi?”). L’Arciprete Don Stefano Casadio ed il partigiano comunista Leno Casadio, protetti da un drappo bianco legato ad un bastone, quel giorno avevano attraversato il Senio e avevano raggiunto il comando alleato: …“qua non ci sono più tedeschi...”. Pochi giorni dopo, il 14 aprile, accade quanto già un arresto cardiaco a seguito dello scoppio. I figli maggiori andranno con un carretto a recuperare il corpo per la sepoltura. Credo che anche da questa sventura giovanile, vissuta in diretta da un quindicenne, discendano alcuni degli aspetti caratteriali e di “approccio lavorativo” di mio padre in età adulta: quelli che a mio avviso hanno marcato il suo impegno professionale e che ora elenco ed enuncio rapidamente. “... il piacere di Aurelio Costa per l’ordine: l’abitudine di mio padre di stendere appunti manoscritti, con una grafia pulita e dal tratto quantomai elegante, di tutto ciò che reputava utile e/o d’interesse presente o futuro” detto: Maria è in fila davanti ad un “ufficio volante alleato” per ritirare un pass che le consenta di recarsi a Faenza quando poco distante un anziano, involontariamente o per sincerarsi della natura di un oggetto metallico semisepolto, batte la sua “zanetta”, il suo bastone, contro un proiettile inesploso: un boato, e per mamma Maria è la fine, per una piccola scheggia al cuore o per Lasciando alle immagini che ho scelto a corredo di queste e delle pagine successive – queste ultime organizzate sulla falsariga dell’elenco che segue – la documentazione visiva di quanto. Inizio ricordando il piacere di Aurelio Costa per l’ordine: l’abitudine di mio padre di stendere appunti manoscritti, con una grafia pulita e dal tratto quantomai elegante, protagonisti di tutto ciò che reputava utile e/o d’interesse presente o futuro. Appunti tratti da qualunque fonte, poi ordinati e conservati in modo da essere facilmente “ritrovabili” e leggibili anche dopo anni. Un’abitudine questa certo indotta in età giovanile dalla necessità di costruire un proprio autonomo percorso di crescita umana e professionale. E ancora: la sua innata abilità assoluta nel disegno, e non solo tecnico. Nell’anno della mia maturità classica (1975) mi “lucidò” a mano, con china e squadretta da disegno, un rilievo catastale inedito di Faenza scala 1:1000, l’ultimo rilievo eseguito “da terra” del centro storico di Faenza (nel 1926 ed anni immediatamente successivi). Quando tempo fa andai a far digitalizzare i due grandi fogli di carta lucida già un po’ invecchiati e chiesi se il risultato sarebbe stato buono, mi fu risposto che non ci sarebbero stati problemi… perché “il plotter ha lavorato molto bene!”. L’ammirazione incondizionata che Aurelio provava nei confronti delle persone che via via si era trovato a eleggere quali maestri/modelli di vita o compagni di strada. Elenco solo alcuni nomi eloquenti, penso, per i lettori di queste pagine; maestri accomunati dalla sicurezza nel trasmettere idee e convincimenti acquisiti sul campo: convincimenti profondi comunicati e motivati agli interlocutori/ ascoltatori con estrema chiarezza ed immediatezza oratoria. Nomi ben presenti a noi familiari (… nel caso di uomini “importanti” del/sul piccolo schermo era letteralmente vietato non solo cambiare canale televisivo, ma “interferire” – anche solo vocalmente! – per il tempo da riservare all’oratore in questione): gli storici ed opinionisti Enzo Biagi, Indro Montanelli, Sergio Zavoli, gli astronomi Giovanni Battista Lacchini, Margherita Hack, Paolo Maffei, il grande topografo Angelo Pericoli; per citare, appunto, qualche nome esemplificativo. Il piacere, trasformatosi via via in una sorta di necessità vitale, di “acquisire-acquistare conoscenze custodite in libri”: la sua biblioteca, cartacea e multimediale (quest’ultima soprattutto VHS, per ovvie … contingenze tempistiche!) conta oggi migliaia di titoli. I libri – extraprofessionali – che riusciva effettivamente a leggere interamente li vedevamo, in successione, sul comodino di fianco al suo letto. Quando io iniziai la scuola elementare mi acquistò la mitica enciclopedia Conoscere, che ebbi compagna fedele per molti anni scolatici. È una biblioteca, quella che ha lasciato, di dimensioni assolutamente spropositate per una persona con i suoi ritmi di lavoro, spesso frenetici e comunque sempre intensi, con pause ridotte al minimo (per “mantenere” da solo una famiglia: moglie e, dal 1970, tre figli). All’aggiornamento sul contingente storico sono stati deputati, per decenni, primariamente il Tg1 delle ore 20, il settimanale Epoca e il quotidiano il Resto del Carlino (in particolare in occasione di dispense a puntate allegate, le più varie di argomento). Il suo piacere di documentare la storia del lavoro-passione che aveva intrapreso e che permeava la sua quotidianità lavorativa, era ed è oggi attestato da una raccolta di strumenti topografici e di carte di lavoro del passato, remoto o prossimo: in quest’ultimo caso poteva trattarsi di strumenti che aveva personalmente utilizzato in “campagna” (o in ufficio) ma che in un più o meno breve lasso di anni erano stati superati dal progresso tecnologico. Ovvero di strumenti topografici oramai “del passato” ed inadatti ad un uso abituale, ma che potevano tornare utili per operazioni topografiche in ambienti particolari (ad es. in grotta e in galleria) o di inquadramento speditivo preliminare – al fine di valutare specificità e/o problematiche operative di un lavoro – o conclusivo – per allestire un utile corredo documentario delle operazioni di campagna effettuate. E a questi scopi aveva pure autorealizzato, nel corso degli anni, versioni aggiornate ed ottimizzate di strumenti topografici … dei primordi, per un uso moderno - foss’anche un uso solo, ma utilmente, didattico-esemplificativosperimentale. Non pochi degli strumenti storici ora in collezione (qualcuno di pregio “assoluto”), alla pari di cimeli cartacei esemplificativi, li ho acquistati e regalati io, in occasione di festività o di ricorrenze particolari. Altri sono giunti da colleghi ed amici. A questo proposito ricordo l’esemplare di determinatore Astronomico Santoni – corredato di cronometro a tempo siderale – che il topografo militare Angelo Pericoli (Rimini, 1915 - Firenze 2011), aveva in uso in Africa settentrionale per determinazioni di posizione nel deserto, prima del suo rimpatrio per gravi ferite sul campo di battaglia nella seconda guerra. La conoscenza approfondita della storia del progresso topocartografico e della evoluzione delle tecniche operative e normative (in particolare di quelle catastali, settore della topografia che Costa si trovò a privilegiare per personale approccio lavorativo) ha messo mio padre in condizione di partecipare attivamente alla scrittura del presente – per lui il futuro, cronologicamente! – della topografia italiana ed in particolare di quella catastale, contribuendo, come già detto, a delineare la figura professionale del moderno topografo ed in particolare del Geometra-topografo. Al fine, ad esempio, di ripristinare confini di proprietà è assolutamente necessario conoscere in quali anni e con quali metodologie operative questi confini sono stati individuati e tracciati per la prima volta: allo scopo di definire e quantificare approssimazioni ed attendibilità e cercare di evitare (se possibile) #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 45 interminabili e costosi arbitrati in sede giudiziaria, in caso di controversie. Il piacere di mio padre per la rilettura e la conoscenza del passato e la documentazione del presente è attestata anche dall’interesse (soprattutto giovanile, per…sopravvenuti problemi di tempo libero!) per la fotografia (diapositive e b/n in camera oscura) e per la cinematografia amatoriale. Hobbies che, assieme a quello nato ai tempi dell’oratorio per il mondo delle radio, videro coinvolti in particolare due amici che qui desidero ricordare, il primo d’infanzia e parrocchia (del gruppo di Santo Stefano), il secondo controllore-bigliettaio-capotreno “storico” sulla linea ferroviaria Faenza-Ravenna (negli oltre venti anni di quotidiane trasferte FaenzaUfficio Tecnico Erariale di Ravenna): Sante Tino Minghetti, dalle mani d’oro in veste di elettrotecnico e di artista, e Francesco Checco Bassi (eccellente cuoco, professionista dopo il pensionamento!). La sua passione per l’astronomia in generale e per quella di posizione in particolare nacque probabilmente ai tempi post-bellici del gruppo parrocchiale di Santo Stefano, faentino, e della frequentazione del giovane cappellano Don Wilmo Fabbri (Brisighella, 1922 - Bagnacavallo, 2004), tra la fine degli anni ’40 e i primi anni ‘50. Nutrita dagli incontri con il grande astronomo professionista faentino Giovanni Battista Lacchini (Faenza, 1884 - 1967), questa passione lo porterà anni dopo a scoprire e frequentare la gnomonica, la scienza-arte degli orologi solari e delle meridiane. Oggi calcolare una meridiana o un orologio solare (con il termine meridiana io sono abituato ad indicare un orologio solare con la sola “linea meridiana”, che indica pertanto solo l’ora del mezzogiorno, ovvero il momento del passaggioculminazione del sole al meridiano locale) e successivamente tradurre i 46 calcoli in un disegno su carta è una cosa semplice e quasi immediata. Questo grazie a programmi dedicati per personal computers ed alle attuali stampanti: ma negli anni ’60 e ’70 (e ’80) del secolo scorso non era così, come attestano le quantità di fogli-appunti paterni per ogni singolo orologio solare da lui progettato e calcolato. Come tutti sanno, ogni orologio solare, soprattutto a parete, è unico: è necessario calcolarlo ad hoc tenendo conto della latitudine e dell’orientamento della parete, nonché della longitudine del luogo nel caso si decida di disegnare le “linee ad otto o lemniscate” che permettono di leggere l’ora civile – cioè quella dell’orologio – sul quadrante sul quale corre l’ombra dello “gnomone”. La scelta maturata da Costa di dedicarsi professionalmente alla topografia fu conseguenza di passione ma certo non fu estranea ad essa la necessità di una immediata sicurezza lavorativa, per mantenere se stesso, il padre e la sua nuova famiglia: sicurezza individuata come risultato di un impiego fisso, in Catasto (Catasto Terreni). Infatti egli sarebbe stato in grado di dedicarsi con altrettanto successo, ad esempio, alla attività progettuale in campo edilizio, negli anni ’50 e nei successivi immediati decenni assai più remunerativa. La sua attitudine in campo edile è attestata da suoi progetti e da conseguenti realizzazioni edili seguite. Da ultimo desidero sottolineare, una volta di più, il piacere che mio padre provava nel trasmettere – e in campo professionale, letteralmente, nel “trasferire” – ad altri conoscenze acquisite sul campo in particolare in topografia, astronomia e gnomonica: le tre aree di suo interesse privilegiato, per lui vere e proprie passioni. Passioni legate l’una all’altra dall’utilizzo dei numeri per definire univocamente realtà in inarrestabile divenire (il cielo stellato o il moto del sole) o comunque in predicato di mutare con il trascorrere del tempo (l’aspetto topografico e geografico della superficie terrestre, la partizione catastale del terreno). Trasmissione di conoscenze resa possibile, o comunque agevolata, da una grandissima capacità di pensare, progettare e realizzare, anche manualmente in prima persona, sussidi e supporti didattico-esemplificativi. E di tradurre-semplificare utilmente concetti legati alle materie protagonisti Edificio realizzato su progetto di Aurelio Costa succitate, a vantaggio di chiunque si interfacciasse con lui. Fosse un giovane Geometra che si preparava all’esame di diploma od un anziano agricoltore che in campagna – decenni fa – gli chiedeva in dialetto o in un italiano approssimativo cosa stesse guardando con il cannocchiale. Ciò anche in forza del costante aggiornamento perseguito relativamente all’evoluzione delle metodologie operative ed al progresso tecnicostrumentale negli ambiti in questione. “Il maestro e l’apprendista” Nevio Kristancic Durante i 10 anni che ho trascorso nello studio del Geometra Costa ho potuto da lui apprendere un mestiere, fare esperienza e soprattutto lasciare che la passione che lo pervadeva mi contagiasse. Mentre la giornata lavorativa era dedicata interamente allo svolgimento delle pratiche, il momento dei saluti spesso si trasformava in una conversazione ad oltranza, dove Costa vestiva i panni del maestro ed io, naturalmente, dell’apprendista. Non ero certo l’unico privilegiato, la stessa disponibilità è sempre stata da lui dedicata ai giovani praticanti che si sono avvicendati nello studio e ai colleghi che sovente si sono rivolti a lui per un consiglio. Seduto di fronte a lui, separati dalla scrivania bianca ricoperta da pile di pratiche, libri e fogli di appunti, avevo così modo di immergermi nel suo mondo. Potevo percepire il suo trasporto quando mi descriveva le operazioni del rilievo di aggiornamento di lustrazione, le metodologie e le strumentazioni utilizzate, le difficoltà affrontate e superate o la sua irritazione quando ripensava alle ottusità a cui spesso si era trovato di fronte nella sua funzione di dirigente della sezione Catasto Terreni presso l’Ufficio Tecnico Erariale di Ravenna. Livellazioni di alta precisione, sistemi informativi territoriali, riconfinazioni, topografia, erano gli argomenti ricorrenti. Ammetto che certe volte prevaleva in me il desiderio di andare a casa; la vita privata, gli impegni con gli amici, per un ragazzo uscito da pochi anni dalla scuola, erano pressanti. Non ero ancora ben consapevole della persona che avevo di fronte, della sua esperienza, della lungimiranza delle sue idee. Successivamente alla sua scomparsa, in occasione di ogni convegno sul tema delle riconfinazioni, rimanevo colpito dai frequenti riferimenti dei relatori alla persona del Geometra Costa ed al suo importante contributo. Confesso che ciò mi ha sempre riempito di orgoglio. Ricordo i rilievi a cui ho più volte preso parte sul versante romagnolo dell’appennino. Non c’erano fatiche a cui Costa si sottraeva, era quasi sempre lui, palina alla mano, a muoversi su e giù per i pendii, con chiaro nella mente ciò che doveva essere rilevato. Giunta l’ora di pranzo però non poteva mancare la sosta al ristorante (i panini erano l’ultima spiaggia) dove raramente resisteva alla tentazione dell’amato piatto di tagliatelle al ragù! Solo la moglie Luisa e la figlia Laura possono testimoniare quante ore dormiva alla notte. Ritengo non dovessero essere molte. Era alla sera e alla mattina presto che Costa si dedicava alla stesura e all’aggiornamento delle dispense per i corsi di formazione dei praticanti Geometri e dei mediatori, per la Scuola Edili o alla preparazione dei lucidi e del testo per la partecipazione ai diversi convegni o ancora all’organizzazione di una mostra. #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 47 C’era sempre qualche “attività didattica” in corso. A inizio 2000, Costa stava collaborando con il Comitato Regionale Collegi dei Geometri del Friuli Venezia Giulia per l’organizzazione del convegno “Riconfinazione ed individuazione dei beni immobili negli atti di trasferimento della proprietà”. Il convegno, al quale avrebbe dovuto partecipare come relatore, era stato fissato per il 12 maggio 2000 a Udine. Ricordo che mi sentii intimorito e inadatto quando, oramai provato dalla malattia, dal suo letto in clinica mi disse che voleva andassi io a sostituirlo al convegno. Grazie all’aiuto di Gian Paolo, Domenico, Ober, Roberto e Leonardo riuscimmo a mettere per iscritto, in una forma “da lettura”, l’intervento che Costa avrebbe tenuto a braccio con il solo ausilio dei suoi lucidi e della lavagna luminosa. Il giorno successivo al funerale del Geometra Costa, ero a Torreano di Martignacco vicino a Udine, nella sala Ente Fiera, dove oltre 350 persone mi ascoltavano, con interesse via via crescente, esporre il pensiero e le proposte del Geometra Aurelio Costa. Durante la stesura di questo volume, ho potuto riscontrare l’entusiastica partecipazione di chi ha contribuito ad arricchirlo e il sincero apprezzamento di chi ne è venuto a conoscenza. Ciò mi ha sostenuto nei momenti di difficoltà che inevitabilmente si presentano in iniziative similari, in parte attribuibili alla mia inesperienza nel campo editoriale, insieme al sentimento di riconoscenza che provo quotidianamente nel portare avanti la conduzione dello Studio, sostenuto dal bagaglio di esperienza che Costa mi ha pazientemente trasmesso. Mi auguro che, oltre a mantenere vivo il ricordo di una persona che si è distinta per capacità, professionalità, lungimiranza, questo volume sia di stimolo per i giovani Geometri ad esercitare la professione con passione, impegnandosi nel raggiungimento di sempre più elevati livelli di qualità. Aurelio Costa Nato a Cotignola nel 1930, è Capo Sezione del Catasto Terreni dell’U.T.E di Ravenna dal 1970 al 1980. Si specializza nei campi del rilievo topografico, della cartografia catastale e del relativo aggiornamento, della cartografia numerica e dei Sistemi Informativi Territoriali. Per oltre 10 anni è consulente della Regione EmiliaRomagna e componente della Commissione per la realizzazione della Carta Tecnica Regionale 1:5000. È stato, inoltre, consulente e Direttore dei Lavori per la realizzazione di cartografie tecniche comunali (Comune di Modena e Comune di Ravenna) e, ad iniziare dagli anni ’70, per le periodiche livellazioni di alta precisione finalizzate allo studio della subsidenza (Comune di Ravenna). Nel 1999 (un anno prima della scomparsa) viene eletto nel Consiglio Direttivo della SIFET (Società Italiana di Topografia e Fotogrammetria). Nell’ambito della sua attività è stato autore di pubblicazioni, articoli di stampa su riviste specializzate e dispense didattiche sulla topografia e la cartografia e di sussidi specifici ad ampio spettro di utenza (per operatori e fruitori del territorio). Gian Paolo Costa Nato a Faenza da Luisa Gaudenzi e da Aurelio, il 25 gennaio 1957, ha frequentato il liceo-ginnasio “Evangelista Torricelli” faentino ed è laureato in scienze geologiche. Dai primissimi anni ’80, giovane appassionato di speleologia, ha dedicato il proprio impegno (e lavoro, in veste di dipendente comunale a partire dal 1989) alla nascita ed al primo ventennio di vita del museo Civico di scienze naturali del Comune di Faenza. Estromesso di recente dal museo, attualmente opera al Centro di educazione all’Ambiente e alla sostenibilità - CeAs “Faenza21” del servizio Ambiente comunale. Dal 1985 è stato ispettore onorario per la paleontologia della soprintendenza Archeologica dell’Emilia-Romagna per un venticinquennio. È socio residente della Società Torricelliana di Scienze e Lettere dal 1994 e dal 2011 è pubblicista iscritto all’ordine dei giornalisti di Bologna. Nevio Kristancic Nato a Faenza il 2 settembre 1971. Diplomato presso l’Istituto Tecnico per Geometri “A.Oriani” di Faenza nel 1990, ha svolto il periodo del praticantato presso lo Studio Topografico Faenza del Geometra Aurelio Costa iniziando nell’estate dello stesso anno. Ha ottenuto l’abilitazione all’esercizio della libera professione di Geometra nel 1992 ed ha proseguito la collaborazione all’interno dello Studio fino alla scomparsa di Aurelio Costa, avvenuta il 9 maggio 2000. Oggi continua a svolgere la sua attività libero-professionale nello Studio Topografico Faenza, del quale è divenuto titolare. 48 focus Michele Amato svolge la professione tecnica dal 2002 occupandosi principalmente della progettazione – ristrutturazione di residenze private e ambienti destinati all’esercizio di attività commerciali. Dal 1997 si occupa di Arte vivendo “un piacevole connubio non propriamente ‘naturale’ tra ‘tecnicismo’ e ‘arte’, ‘sviluppando’ giorno dopo giorno una ‘competenza ibrida’, intrecciata di nozioni tecniche ed esperienza maturata in campo nel mondo dell’arte”. Di seguito, insieme ad alcune sue note biografiche, le principali tappe del percorso artistico e i premi e i riconoscimenti conseguiti. C oncepito da una “direttrice familiare” e un “navigatore giramondo” in una mite giornata primaverile, è nato a Molfetta (BA) in un freddo mattino del 1975. Da presto mostra interesse all’attività musicale. Con alcuni compagni d’infanzia, ignorando l’esistenza di una nota band internazionale, fonda la sua prima “rock-band” e diviene il tastierista degli “Scorpions”. Per motivazioni non riconducibili al suo “estro” e persuaso dall’insegnante di Educazione Tecnica, s’iscrive e consegue la maturità presso il locale Istituto per Geometri. Dopo la sua breve esperienza alle “dipendenze” del Ministero degli Interni, intraprende a pieno ritmo l’attività “art-igianale” che di sicuro non gli permette la tanto ambita dipendenza economica. Durante una notte inquieta, nella quale gli viene in sogno l’insegnante di Educazione Tecnica delle Medie, decide di abbandonare “l’artigianato” per dedicarsi completamente all’Arte, non rinunciando alla possibilità di “arricchirsi” attraverso un’unica e immediata modalità. Intraprende una “lunga collaborazione professionale” con uno studio di architettura e ingegneria della sua città. Avvia l’attività artistica nel 1997 sviluppando una produzione principalmente fotografica. Qualche anno più tardi, matura una ricerca estetica rivolta a “nuovi” linguaggi estetici. Partecipa ai primi concorsi d’arte, intimorito dalla competizione con i “suoi simili” ma “accademici”. In seguito ad un forte legame d’amicizia con un “Maestro Accademico”, genera la consapevolezza che la “differenza” è nel “PENSARE” e non nel “TITOLO” conseguito. … Dopotutto la storia insegna che non tutti gli Artisti sono stati accademici e che molti di questi ultimi (oggi) sono degli ottimi decoratori. Michele Amato ARTEMOEG Le ultime quattro lettere di (un) Geometra all’inverso #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 49 Personali e collettive fotografiche e d’arte 2000 “Feste e tradizioni popolari del Sud” - FIAF – Molfetta (BA). 2004 “Artisti per Amnesty” – Molfetta (BA); 2005 “Bugie ad Arte” – Artea, Comune di Città di Castello (PG); “Bombardamento mediatico” – “Alla corte di conti” – Molfetta (BA); “Largo all’arte!” – Molfetta (BA) 2006 “Succursali dell’inferno” – Tour regionale (Puglia); “36 artisti in mostra” – Sala dei Templari – Molfetta (BA); “Della età passata et presente” – Duomo S. Corrado – Molfetta (BA); “Il paesaggio” – Presidio del libro – Molfetta (BA); 2007 “Musae 2007 – circuito emiliano” – Salsomaggiore (PR); “DE INDUSTRIA quando l’arte incontra l’impresa” – Fermignano (PU); “Talenti da … salvare” – Capo d’Orlando (ME); 2008 “Sembianti” - Sala Mostre Comune Celle Ligure (SP); “DYNAMO DA LUCE A STATART” – DYNAMO – P.zza Greco, 5 – Milano; “Immagino” – workshop internazionale di arte, media, musica e architettura – TRIBALEGLOBALE 08 – Albisola (SV); “DE INDUSTRIA quando l’arte incontra l’impresa” – Fermignano (PU); Collettiva d’arte a sostegno del progetto “MUSTAQBAL” – Vedetta sul Mediterraneo - Giovazzano (BA) e Palermo; “ROUTES – The way of Integration” – Galleria Halles Saint Gery – Bruxelles; 2009 “ARTEFATTO 2009 – LuminEssenze” – Trieste; “ACOA Africa Contemporary Art” – Sala mostre Provinciale – Cuneo; 50 focus 2010 “Biennale Internationale de l’image 2010” – Nancy (France); 2011 “Contraddizione Continua” – Napoli/Salerno; “Supereroe” – Molfetta (BA); “MICRO2” – Milano; “Arte, Solidarietà, Unità d’Italia – Artisti italiani per i 150 anni” – Bari; 2012 “L.E.D. Luci Espressione D’autore” – Caltanissetta. Altri progetti 2004 Direzione del corso fotografico presso il locale circolo ARCI – “Il Cavallo di Troia”; Direzione artistica collettiva d’arte contemporanea per eventi celebrativi “Il giorno della Memoria” – Comune di Molfetta (BA); 2005 Fotografie di scena per spettacolo teatrale “Una famiglia Particolare” di F. Tammacco (Il Carro de Comici); Servizi fotografici per campagne pubblicitarie regionali; 2006 Collaborazione alla realizzazione scenografica di “L’appetito vien danzando…” – Saggio di danza classica –moderna a cura Associazione culturale “Ballet Studio”; 2008 – 2013 Realizzazione del trofeo “MEMORIAL GIOVANNI MAGGI”; 2011 – 2012 Progettazione e realizzazione elementi scenici “ERETICO TOUR – CAPAREZZA”. #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 51 Premi e riconoscimenti 1997 2° classificato, concorso fotografico “Ambiente in Focus” – AIESEC Bari 1999 Menzione concorso di astrofotografia “Le quattro stagioni del sole – luci e ombre” – Osservatore Astronomico Serafino Zani – Lumezzane Pieve (BS); 2002 1° classificato, 8° concorso fotografico nazionale “Riflessi e Riflessioni – sezione colore” – Associazione culturale “Domenico Grasso” – Lecce; Segnalazione di merito – 34a edizione de “Il Pendio”, mostra d’arte riservata ai giovani artisti del Mezzogiorno d’Italia – Pro Loco “Quadratum” di Corato (BA); Menzione concorso di fotografia “L’acqua” – Osservatorio Astronomico Serafino Zani – Lumezzane Pieve (BS); 2003 Premio speciale “F. Mosca”, 35a edizione de “Il Pendio”, mostra d’arte riservata ai giovani artisti del Mezzogiorno d’Italia; 2005 Vincitore 1a edizione “Concorso Internazionale sull’Assurdo” – Associazione Mercurdo onlus – Comune di Castelvetro di Modena – Provincia di Modena; 2006 Selezionato “D.A.B. Design per Artshop e Bookshop”, concorso per la realizzazione di oggetti di design – Ufficio Giovani d’Arte del Comune di Modena; Vincitore “MUSAE” – Monferrato Casalese – Edizione 2006 “Museo sperimentale d’Arte Emergente”; 2007 Vincitore “MEMORIART” – I giovani Artisti Italiani per “Il giorno della Memoria”, premio fuori concorso assegnato dalla Provincia di Potenza; 2008 Vincitore “Premio Giovanni Paolo II” – Alta Adesione del Presidente della Repubblica, Patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Senato, Camera dei Deputati, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Delegazione Pontificia per il Santuario di Pompei, Consolato della Repubblica di Polonia in Napoli. 52 zOOm MUSE Nuovo Museo delle Scienze di Trento Progetto di Renzo Piano photo © Foto Alessandro Gadotti. Archivio TrentoFutura A perto al pubblico dal 27 luglio, il MUSE, nuovo Museo delle Scienze di Trento progettato dall’Architetto Renzo Piano secondo criteri di ecocompatibilità, propone un innovativo modo di confrontarsi col pubblico e si candida a diventare uno dei musei scientifici più avanguardistici in Europa. Exhibit multimediali, giochi interattivi, la sperimentazione in prima persona e l’intreccio pratico della cultura col “fare”, sono gli strumenti di apprendimento informale con cui la struttura intende “intervenire” nel dibattito scientifico sui grandi temi locali e planetari. Dando corpo a un luogo aperto, dove la conoscenza scientifico-tecnologica rappresenta lo strumento per studiare le relazioni tra uomo e ambiente e allo stesso tempo indirizzare le scelte future di sviluppo sostenibile. Per la sua particolarissima forma il MUSE (l’acronimo è ricavato dal nome “MUseo delle ScienzE” ed è stato adottato durante i lavori di elaborazione del Piano culturale come termine operativo per indicare in breve la nuova struttura) si può considerare un’orma di dinosauro, ovvero il racconto dell’evoluzione, da dove proviene l’uomo e come interagisce con l’ambiente circostante. Ma anche un ghiacciaio delle Alpi, con il suo habitat estremo, oppure una serra tropicale, testimonianza delle diversità, dell’equilibrio degli ecosistemi e della necessità di proteggere le relazioni con la natura, e, ancora, un bosco interattivo, dove i bambini si mettono in gioco e vanno alla scoperta della natura e del mondo. Evoluzione, ambiente, innovazione, biodiversità, sperimentazione, sono gli elementi che tracciano il percorso del MUSE alla ricerca di un rapporto in equilibrio tra scienza, natura e società. Le origini del MUSE Realizzato grazie ad un importante investimento sulla cultura sostenuto dalla Provincia autonoma di Trento – come illustra la documentazione di presentazione – il nuovo Museo appoggia le sue radici nel Museo Tridentino di Scienze Naturali istituito verso la metà del 1800 in forma di museo civico. Lungo il suo percorso storico il museo assume una sempre più consistente connotazione di museo naturalistico di conservazione. Un cambiamento consistente avviene nell’ultimo decennio del secolo scorso quando il museo, che già 1964 era divenuto ente strumentale della Provincia autonoma di Trento, rafforza il proprio impegno nella ricerca scientifica naturalistica diventando un istituto capace di svolgere funzioni di supporto informativo per la progettazione ambientale locale e sviluppando importanti relazioni internazionali. In quegli stessi anni avvia la sperimentazione di nuovi programmi per il pubblico adottando nuovi linguaggi di comunicazione destinati a tutte le fasce di età e a tutti i livelli di preparazione del pubblico. Questa ricerca di un nuovo ruolo si traduce nell’ideazione e produzione di numerose mostre temporanee di successo. Ai temi naturalistici si affianca una nuova programmazione che si amplia ai temi dell’energia e dello sviluppo sostenibile, ai giochi scientifici interattivi, all’astronomia e alla #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 53 54 una delle icone più rilevanti di un Trentino caratterizzato da un ampio sistema culturale costituito da eccellenze quali i grandi musei provinciali, i parchi naturali, i numerosi festival, l’Università, le fondazioni di ricerca e le diverse espressioni pubbliche e private dello sviluppo e dell’innovazione. Le finalità del nuovo museo sono quelle di realizzare un centro di interpretazione culturale al servizio della società dedicato alla natura e, nella prospettiva della sostenibilità, alla scienza e all’innovazione. In sintesi, una rappresentazione in forma di museo di un progetto di sviluppo di un territorio, pensata per ispirare i propri cittadini e – al contempo – una straordinaria destinazione per il turismo culturale di livello internazionale. Il progetto: la “montagna” di Renzo Piano La struttura progettata e realizzata dallo studio Renzo Piano Building Workshop è un fiore all’occhiello dell’architettura italiana. Il suo profilo richiama alle montagne circostanti, un equilibrio tra vuoti e pieni che aggiunge fascino e valore a tutto l’apparato espositivo. Così come l’organizzazione su più piani del percorso di visita è una sorta di metafora dell’ambiente montano. Il MUSE nasce all’interno di un contesto urbanistico e paesaggistico frutto di un’unica visione progettuale che ha l’ambizione di qualificarsi come una rilevante riqualificazione urbana di questa parte della città, verso il suo fiume. La concezione urbanistica dell’interno intervento si propone infatti di ricreare un vero e proprio frammento di città, con le sue articolazioni, le sue gerarchie e la sua complessità funzionale. Qui troveranno spazio anche funzioni commerciali, residenziali e di terziario, nonché quelle di interesse pubblico delle quali il MUSE costituisce la maggiore espressione che, assieme al parco pubblico di 5 ettari, “abbraccia” anche fisicamente l’intero nuovo quartiere divenendo allo stesso tempo importante magnete urbano per l’intera città. Questo abbraccio è sottolineato anche dal tema dell’acqua, che in forma di canale attraversa da sud a nord l’intera area, per poi duplicare, come riflesse in uno specchio, le forme del museo che, sorgendo nella parte più a nord dell’area, ha anche il compito di gestire il rapporto con quella preziosa preesistenza rappresentata dal Palazzo delle Albere (sede del MART a Trento) e il suo prato, offrendo una proficua e rispettosa interazione urbanistica. L’edificio del museo si sviluppa in pianta su una lunghezza massima (Est/Ovest) di 130 m fuori terra e una larghezza massima (Nord/Sud) di 35 m. L’edificio sviluppa le sue funzioni in 2 livelli interrati e 5 livelli fuori terra (compreso il piano terra). Tutti i piani fuori terra, più il -1, accolgono sia funzioni destinate al pubblico sia attività amministrative di servizio e di ricerca. Il -2 è destinato I numeri dell’edificio • • • • • • • • • • • • Mostre temporanee Mostre permanenti Serra tropicale Area bambini Maxi Ooh! Biblioteca archivio Area accoglienza e bar Aule e laboratori didattici Uffici Laboratori di ricerca Magazzini e collezioni Sala conferenze (100 posti) Spazi di servizio Totale superfici nette 500 mq 3.700 mq 600 mq 200 mq 800 mq 600 mq 500 mq 900 mq 800 mq 1.800 mq 200 mq 2.000 mq 12.600 mq MUSE_Foto Massimo Zarucco. Archivio ufficio stampa PAT (3), PAT (1) matematica. Viene messo a punto un ricchissimo programma di attività educative che anch’esse si estendono oltre l’ambito delle discipline naturalistiche. All’inizio del decennio ultimo scorso la Provincia autonoma di Trento individua nel museo Tridentino di Scienze Naturali la possibile istituzione capace di arricchire culturalmente il progetto di rigenerazione dell’area industriale dismessa Michelin, area che era venuta a trovarsi topograficamente inserita nel contesto urbano della città e per la quale in quegli anni (dal 2001) era in corso una riflessione sul suo destino urbanistico. Per rispondere a questa aspettativa e su incarico della Provincia autonoma di Trento, nel 2003 il museo elabora uno Studio di Fattibilità e procede a ridefinire la propria missione culturale, giungendo a scegliere una prospettiva tutta incentrata sulla crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Nel contempo mette a punto un nuovo programma culturale, consapevole di poter essere il portavoce dello spirito della terra trentina che risponde alla ricerca di un modello di sviluppo, per il quale la qualità della vita e quella dell’ambiente sono obiettivi primari. Oltre alla propria dimensione urbanistica, il museo si inserisce dunque a pieno titolo nel più ampio processo di qualificazione e ripensamento complessivo del futuro del Trentino, che in quegli anni andava precisandosi. Il progetto del nuovo MUSE si trova così a partecipare allo sviluppo di un’idea di Trentino “territorio della conoscenza”, assieme ai grandi cambiamenti intervenuti con l’ampliamento dell’Università di Trento e alla riconfigurazione delle fondazioni di ricerca. Anche grazie alla prestigiosissima dimensione architettonica costituita dalla firma di Renzo Piano, il MUSE oggi si candida a divenire zoom essenzialmente a parcheggio. L’idea architettonica – come si riporta nella descrizione progettuale – nasce dalla ricerca di una giusta mediazione tra bisogno di flessibilità e risposta, precisa e coerente nelle forme, ai contenuti scientifici del progetto culturale. Un museo in cui i grandi temi del percorso espositivo sono riconoscibili anche nella forma e nei volumi, mantenendo al tempo stesso un’ampia flessibilità di allestimento degli spazi, tipica di un museo di nuova generazione. L’edificio è costituito da una successione di spazi e di volumi, di pieni e di vuoti, adagiati su un grande specchio d’acqua sul quale sembrano galleggiare, moltiplicando gli effetti e le vibrazioni della luce e delle ombre. Il tutto è tenuto insieme, in alto, dalle grandi falde della copertura che ne assecondano le forme, diventando elemento di forte riconoscibilità. Le tecniche costruttive perseguono la sostenibilità ambientale e il risparmio energetico con un ampio e diversificato ricorso alle fonti rinnovabili ed a sistemi ad alta efficienza. Sono presenti pannelli fotovoltaici e sonde geotermiche che lavorano a supporto di un sistema di teleriscaldamento centralizzato per tutto il quartiere. Il sistema degli impianti per il funzionamento dell’edificio è centralizzato, meccanizzato e sfrutta diverse fonti di energia rinnovabili (in particolare quella solare, con l’uso di celle fotovoltaiche e pannelli solari, e la geotermica, con lo sfruttamento di sonde a scambio termico). Il sistema energetico è accompagnato da un’attenta ricerca progettuale sulle stratigrafie, sullo spessore e la tipologia dei coibenti, sui serramenti e i sistemi di ombreggiatura, al fine di innalzare il più possibile le prestazioni energetiche dell’edificio. Un sofisticato sistema di brise soleil e di tende comandate da sensori di temperatura e di irraggiamento solare viene gestito in automatico per ridurre l’irraggiamento nelle ore estive e facilitarlo durante le giornate invernali. L’illuminazione e la ventilazione naturale, in alcuni spazi, permettono la riduzione dei consumi e la realizzazione di ambienti più confortevoli. Il sistema impiantistico fa inoltre uso di accorgimenti che aumentano le forme di risparmio energetico: ad esempio la cisterna per il recupero delle acque meteoriche che vengono utilizzate per i servizi igienici, per l’irrigazione della serra, per alimentare gli acquari e lo specchio d’acqua che circonda l’edificio. Complessivamente il risparmio di acqua d’acquedotto è di circa il 50%. Nella costruzione sono stati privilegiati materiali di provenienza locale per limitare l’inquinamento dovuto al trasporto. Il criterio della sostenibilità e del minor impatto trova un’applicazione particolare e per certi versi curiosa nella scelta di utilizzare il bambù (di produzione italiana) come legno per la pavimentazione delle zone espositive. Il legno è un materiale costituito essenzialmente dalla CO2 sequestrata dall’atmosfera nel corso della vita della pianta. In termini di lotta al cambio climatico, l’azione delle piante è antagonista alla crescita della CO2 in atmosfera e quindi è antagonista alla crescita dei cosiddetti “gas serra”. A pari volumi di legno uscito da ciclo vitale corrisponde grossomodo, una pari quantità di CO2 sequestrata. Tornando ai legni da costruzione o pavimentazione il tempo necessario al bambù per raggiungere le dimensioni adatte per essere sezionato in listelli in forma di #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 55 56 le biciclette, con spogliatoi e docce, e un numero limitato di posti auto per incentivare l’utilizzo di trasporto pubblico da parte dei visitatori. Il museo, infatti, collocato nei pressi della ciclabile, potrà essere raggiunto agevolmente servendosi delle due ruote. Un moderno Science center Il nuovo museo coniuga i contenuti e il tradizionale approccio dei musei di storia naturale con i nuovi temi e le modalità di interazione con il visitatore dei più moderni Science centre, dove si offre un innovativo modo di confrontarsi col pubblico. Al MUSE il visitatore è stimolato a ritornare, per entrare in contatto con esposizioni e informazioni sempre nuove. È il teatro dello scambio culturale e un centro dove l’agire vale quanto studiare. Per gli scienziati è un’occasione di confronto, per un genitore un investimento da fare per i propri figli. Ogni spazio è finalizzato a stimolare l’apprendimento ma ha anche momenti di relax, di gioco, di comunicazione e apprendimento informale. Il percorso espositivo è un grande e personale esperimento di appropriazione di conoscenza da ottenere mettendosi in gioco in prima persona nel rapporto e nell’interazione con le accattivanti installazioni interattive. Un percorso che stimola la curiosità, il dialogo tra i visitatori, la messa in discussione del senso comune. Un percorso che invita il visitatore a discutere i propri convincimenti in tema di natura, scienza e innovazione. La struttura stessa dell’edificio è stata progettata per riflettere l’esperienza di visita. La forma rilevata dell’edificio, con le falde che rimandano alle acclività dei versanti alpini, è una vera e propria metafora della montagna, che ordina la scansione del percorso espositivo dall’alto verso il basso. Anche l’arredo museografico degli interni si presenta di particolare raffinatezza, con un originalissimo equilibrio tra gli spazi che si compongono attorno photo © Renzo Piano Building Workshop parquet è di circa 4 anni. Per un legno arboreo tradizionale di pari qualità di durezza, ad esempio il larice, ce ne vogliono almeno 40. Questo vuole dire che il bambù è un sequestratore super efficiente e il suo uso in edilizia o negli arredi di interni è vantaggioso in termini di capacità di contribuire a limitare il cambiamento climatico globale. Grazie alla collaborazione con il Distretto Tecnologico Trentino, il progetto dell’edificio è stato sottoposto alle procedure per il raggiungimento della certificazione LEED. Il livello di certificazione LEED ottenuto dal Museo è il GOLD. Il sistema LEED (Leadership in Energy and Environmental Design), sviluppato negli Stati Uniti nel 1998, raccoglie le linee guida per progettare e costruire in modo sostenibile, riducendo il consumo energetico e di conseguenza i costi di gestione e di mantenimento degli edifici, nonché le emissioni nocive all’uomo e all’ambiente. Il progetto prevede infine la realizzazione di un parcheggio per zoom ad un affascinante unico grande spazio aperto “big void”, al centro dell’edificio, verso il quale si affacciano e distribuiscono i 6 piani dell’esposizione permanente. Un ulteriore fondamentale aspetto dell’unicità del progetto espositivo è di aver applicato il concetto di “zero gravity” coniato dallo studio Renzo Piano Building Workshop. Con questo termine gli architetti intendono un modo integrato di realizzare gli apparati espositivi, caratterizzati da un effetto di trasparenza e immaterialità, attorno al quale ruotano gli allestimenti, che prevedono oggetti sospesi che sembrano fluttuare all’interno del MUSE, agganciati tramite cavi sottili; tavoli, ripiani, pannelli, monitor e foto agganciati al soffitto o al pavimento con tiranti d’acciaio. Tra le cifre stilistiche dell’allestimento museale si ricorda una “grammatica” basata su piani orizzontali dello stesso bambù della pavimentazione, con piani verticali trasparenti od opacizzati tutti in vetro. La visita è un’esplorazione Una volta oltrepassato l’ingresso, il visitatore è protagonista di un viaggio sensoriale a 360 gradi: può sentire l’aria fredda, toccare il ghiaccio, passeggiare in un bosco, osservare uno strano insetto oppure fissare negli occhi l’uomo di Neanderthal. E ancora, può estrarre e mappare il DNA, intervistare un ricercatore all’opera nei laboratori aperti al pubblico, trovare le risposte alle sue domande toccando uno schermo, ascoltare i rumori della montagna, osservare un’orma di dinosauro, sentire il profumo degli alberi, guardare dall’altra parte del mondo, giocare con un peluche, capire l’effetto serra, costruire oggetti, stampare un progetto in 3D, osservare il passaggio dei raggi cosmici. Dal quarto piano, scendendo gradualmente, i visitatori passano dalle ambientazioni delle vette occupate dai ghiacci perenni e dalle vertigini da provare lungo il passaggio attrezzato, allo smarrimento di perdersi in un “labirinto di biodiversità alpina” ed osservare quanto conti il forte contrasto tra le stagioni. Diventano così piacevoli e facili da comprendere le tappe della formazione delle Dolomiti, la nascita delle Alpi e, con le età glaciali, l’ingresso delle prime comunità di cacciatori-raccoglitori e la progressiva formazione dei paesaggi, anche a seguito della plurimillenaria azione umana. Il percorso naturalistico si conclude al piano interrato con un racconto che ci conduce alla scoperta dell’origine della vita, per giungere alla più grande mostra di dinosauri dell’arco alpino. A questo racconto, che mette in luce la dimensione naturale del territorio alpino e che si dipana dall’alto al basso, si giustappone un percorso in orizzontale, che produce una sorta di dialogo tra mondo alpino e il resto del mondo, tra sensibilità locali e impegno globale, tra conservazione della natura e scienza e tecnologia per uno sviluppo sostenibile. I visitatori #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 57 troveranno quindi uno spazio per la protezione civile, da intendersi come capacità di intervenire e prevenire il rischio ambientale. Scopriranno un percorso unitario di tecniche e trasformazioni del territorio che porterà dalla preistoria alpina ai limiti della sostenibilità planetaria, costituito da crescita demografica, perdita di biodiversità, cambio climatico… E che il nostro futuro dipende da come sapremo interagire con la conoscenza scientifica e con le tecnologie per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Gli spazi “speciali” del museo Immersivi Dal punto di vista dell’esperienza di visita il MUSE offre una molteplicità di stimoli. A partire dagli ambienti che si possono definire “immersivi”. Vale a dire degli spazi all’interno dei quali il visitatore perde il rapporto con lo spazio museale esterno per essere totalmente inserito in un mondo virtuale, costituito da proiezioni a 360°, arricchito da effetti di dolby surround. Il primo di questi spazi è il grande tunnel “Esperienza glaciale”, il primo contatto del percorso di visita che inizia dal quarto piano, uno spazio di multi visione lungo 10 metri all’interno del quale il visitatore si troverà a vivere l’esperienza del volo sopra le Alpi come sulle ali di un’aquila, vivrà l’esperienza delle discese mozzafiato lungo pareti estreme, vivrà da vicino l’imponente e terribile esperienza delle valanghe. Ma potrà anche percepire il senso del “sublime” di una notte stellata sulle Dolomiti. Anche il “Labirinto della biodiversità”, proseguendo al piano terzo, è uno spazio all’interno del quale il visitatore si perde nel percorrere i diversi piani altitudinali, dalle praterie alpine ai più bassi boschi e faggete. Qui il rincorrersi di affacci sui diversi panorami alpini permette di cogliere la diversità dei sistemi viventi così come si dispongono secondo i gradienti dalle vette ai fondovalle. La “Time machine”, al primo piano, è una vera e propria grotta multimediale (cave). All’interno di uno spazio immersivo le scene di vita preistorica saranno rappresentate sia sulle pareti che sugli schermi posti al centro. Si tratta di uno spazio tecnologico di assoluta novità che, dal punto di vista tecnologico, è uno degli elementi più innovativi di tutta l’esperienza di visita. Il baluginio del focolare riflesso sulle pareti di una grotta crea lo sfondo di un rito sciamanico ambientato nel sito preistorico di Riparo Dalmeri, indagato per circa 20 anni dal museo e che costituisce – con le sue pietre dipinte – il più antico e ricco “santuario” della preistoria alpina (risalente a circa 13 mila anni fa). La scena di un Neanderthal, che utilizzando un coltello in selce macella la sua preda di caccia, richiama i momenti di vita quotidiana legati alla sopravvivenza. Infine, conclusione del percorso dell’evoluzione al piano -1 è un viaggio alla scoperta dell’unità della vita, della straordinaria scoperta di Darwin e delle radici della natura umana attraverso le ricerche sul DNA, la molecola depositaria dell’eredità genetica. Un progetto coprodotto assieme a Giovanni Carrada, autore di Super Quark, per lasciare nel visitatore la consapevolezza che il DNA è un archivio unico della biodiversità passata e presente, ma anche fonte delle sue possibilità future, oggi come mai prima affidate anche alla nostra responsabilità. Da scoprire con i sensi Chi può affermare che la conoscenza procede solo attraverso l’osservazione e il ragionamento? Il MUSE offre una serie di esperienze da “toccare con mano” e, appunto, da vivere con tutti i sensi. Al quarto piano, in parallelo al tunnel immersivo, si incontra un passaggio attrezzato, che è una sorta di cengia di un sentiero di alta montagna con roccia e ghiaccio vero da toccare e a valle… la prospettiva libera sui 5 piani sottostanti, giù fino al piano interrato. Il terzo piano, quello dedicato alla biodiversità, presenta la “Discovery room”, uno spazio appositamente progettato per i piccoli visitatori (4-8 anni), da fruire da soli, con i genitori o con la presenza di un facilitatore. Lo spazio e gli oggetti Le Gallerie espositive • • • • • • • 58 Piano+5 Piano +4 Piano +3 Piano +2 Piano +1 Piano 0 Piano - 1 Terrazza Alta quota, esplorazione Natura alpina Geologia delle Dolomiti, Protezione civile, Mostre temporanee Preistoria alpina e sostenibilità, Planetario, FabLab, Biolab, Meeting room Ingresso, Area bambini Maxi-Ooh! Museo interattivo Evoluzione, Biologia, Mostre temporanee, Serra tropicale zoom a disposizione intendono offrire ai bambini la possibilità di esplorare il mondo naturale che li circonda mediante l’uso dei sensi. Tra le attrazioni architettoniche ed espositive del MUSE spicca il “Grande vuoto”: uno spazio ampio che unisce i sei piani, connettendo il lucernario al piano interrato, dove si trovano i dinosauri. Al suo interno, di grande impatto visivo, è la presenza di animali tassidermizzati che fluttuano su pedane sospese. Lo spazio centrale del vuoto è popolato da una spirale ascendente di esseri alati, dai rettili volanti fino agli uccelli delle alte quote. La collocazione delle diverse specie, mostrate in atteggiamenti propri della quotidianità in natura, esemplifica la loro distribuzione altitudinale sulle Alpi e termina con le specie legate all’uomo da processi di domesticazione. A rendere unico l’impatto visivo e scenografico, una serie di schermi verticali creano una narrazione dinamica e mutevole di storie legate alla montagna, arricchita da suggestioni sonore. Unici e esclusivi “Maxi Ooh!” è una zona esclusiva in cui i piccolissimi (0 – 5 anni) insieme ai genitori possono toccare, vedere, sentire attraverso stimoli sensoriali reali e virtuali: un’area dove il fascino della scoperta inizia dai sensi. Gli elementi architettonici che caratterizzano “Maxi Ooh!” sono tre grandi bolle colorate che sembrano fluttuare all’interno dell’ambiente vetrato. Un luogo dove bambini e adulti possono immergersi nei suoni, colorare gli spazi con la loro presenza per scoprire, incuriosirsi, sentire con le orecchie ma anche con il corpo, disegnare con la voce oltre che con le mani: un’oasi dove rilassarsi e sperimentare un nuovo modo di stare al museo. Uno spazio che mette al centro la creatività e la relazione adulto/ bambino alla ricerca di una forma libera e soggettiva dell’esplorazione del mondo e della costruzione della conoscenza. Nello spazio degli “Hands-on” dedicato all’interazione tra il visitatore e apparecchi ed esperimenti scientifici si trovano una serie di oggetti sospesi e macchine che riproducono realmente fenomeni fisici. “Science on a sphere”: primo esempio di questo genere di installazione in Italia, la sfera rappresenta il cuore pulsante della zona dedicata alla sostenibilità. Il grande globo sospeso mostra i complessi processi ambientali in modo intuitivo ed accattivante. Le video proiezioni sulle dinamiche atmosferiche ed oceaniche in tempo reale conducono il visitatore in un viaggio nelle scienze ambientali sino ad arrivare alle previsioni climatiche future. A fianco della galleria della sostenibilità, si trova, poi, “Secondo me”, un ambiente per il confronto e la discussione, per presentazioni informali e dibattiti. Programmi regolari si alternano a mostre estemporanee. Due tavoli interattivi favoriscono lo scambio di idee tra i visitatori per incentivare e incoraggiare la partecipazione alle scelte politiche su questioni di carattere scientifico. FabLab. Toccare con mano la scienza Il “FabLab (Fabrication Laboratory)” è una piccola officina aperta al pubblico che offre strumenti per la “personal digital fabrication” quali stampanti 3D, laser cutter, plotter vinilici, una batteria di processori Arduino. Il concetto di FabLab è nato al MIT di Boston una decina di anni fa con un corso chiamato “How To Make (Almost) Anything”. L’idea ha subito avuto successo e progressivamente è uscita dal mondo delle università e si è diffusa in tutto il pianeta. Oggi sono attivi più di 60 FabLab in tutto il mondo. Quello del MUSE sarà in rapporto diretto con alcuni FabLab operanti presso degli incubatori di impresa italiani, ma opererà nell’ambito della rete mondiale, scambiando proposte e progetti. #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 59 Il FabLab è un luogo per scambiare idee e in cui tutti possono progettare e realizzare i loro oggetti. Non solo piccoli modelli o giocattoli, ma bensì prodotti alimentari, design, mobili, strumenti musicali, ricerca, tecnologia, e persino “stampare” una casa. Oltre a luogo di creatività, un FabLab è anche uno spazio di apprendimento e formazione, un laboratorio per risolvere i problemi locali, una comunità di risorse e competenze, una piattaforma d’innovazione sociale ed economica. Accanto al FabLab è presente la “Show room sull’innovazione”. Uno spazio dedicato alle start up o alle aziende innovative che sono invitate a presentare il loro prodotti non per la vendita ma per comprendere come l’innovazione nel senso della sostenibilità faccia parte dei processi di sviluppo e crescita della capacità di un territorio di inventarsi il proprio futuro e di creare opportunità di lavoro creativo e di qualità. Eastern Arc: la serra tropicale montana L’allestimento darà spazio alle specie endemiche uniche ed esclusive dell’Eastern Arc, una delle più importanti catene montuose dell’Africa Tropicale Orientale, consentendo di toccare con mano la grande diversità di forme e di colori di uno dei principali hotspot di biodiversità del nostro pianeta, segnalando puntualmente gli usi tradizionali e il valore medicinale delle specie più significative. Il visitatore potrà ammirare i fiori profumati della Tabernaemontana, così simili al gelsomino, toccare i fusti rigonfi d’acqua del banano selvatico, passeggiare tra le affascinanti fronde delle felci arboree e scoprire l’habitat naturale delle violette africane. Non mancheranno le specie di interesse alimentare, scelte accuratamente per mettere in luce la biodiversità agraria con particolare attenzione alle varietà locali e alle specie commestibili meno note e più tipiche dell’Africa quali il queme, il taro, il caiano, la bambara, il fonio, il sorgo, i fagioli africani, le patate dolci, ecc. Tutto questo in oltre 600 metri quadri di foresta (che ospita anche piccoli animali: uccelli, rettili, anfibi ed invertebrati assieme a molte rane e farfalle tropicali) ravvivata da una grande e fragorosa cascata e caratterizzata dalla verticalità dei dirupi scoscesi e dalla forte pendenza che caratterizza queste montagne. Grande attenzione è stata posta alla funzionalità e sostenibilità della serra adottando le migliori tecnologie per minimizzare i consumi energetici e favorire il risparmio di acqua ed elettricità: tra le altre la volta vetrata con alta luminosità ma ottimo isolamento, il recupero adiabatico di calore e acqua durante i cicli di ventilazione, il preriscaldamento e il preraffrescamento dell’aria tramite un condotto sotterraneo, l’utilizzo di prodotti a basso impatto ambientale, provenienti da fonti effettivamente rinnovabili, la lotta integrata contro i patogeni più diffusi. Un centro di ricerca internazionale Il Museo delle Scienze conduce attività di ricerca multidisciplinare, di base e applicata, nel settore delle scienze naturali, con lo scopo di indagare, interpretare, educare, dialogare e ispirare sui temi della natura, della scienza, dell’innovazione e del futuro sostenibile. La ricerca al MUSE è svolta da sette unità (denominate sezioni scientifiche) a cui afferiscono complessivamente oltre 40 ricercatori: Botanica, Limnologia e Algologia, Zoologia degli Invertebrati e Idrobiologia, Zoologia dei Vertebrati, Biodiversità tropicale, Geologia, Preistoria. Le loro attività sono riconducibili a due macroaree tematiche: biodiversità ed ecologia; scienze dell’ambiente, paleoambiente e paesaggio antropico. A queste si è aggiunta recentemente la sezione Scienza e società, che studia le relazioni 60 tra natura, scienza e società. I ricercatori sono affiancati dalla squadra dei mediatori culturali, impegnati nella divulgazione degli outreach della ricerca svolta all’interno dell’ente, nonché nella progettazione e nelle elaborazioni legate alle restituzioni connesse all’alta formazione e alla mediazione culturale. La ricerca del MUSE ha un forte impatto sul territorio a livello locale, in quanto è in grado di fornire indicazioni utili alla gestione ambientale anche in termini di destinazione turistica. Allo stesso tempo ha rilevanza nazionale e internazionale come dimostrato dalla partecipazione a congressi e convegni, dalle pubblicazioni scientifiche e divulgative (in media 60 all’anno) e dall’inserimento in progetti e network europei. Infine, come da tradizione museologica, i risultati delle ricerche del MUSE sono anche in rapporto con l’incremento delle collezioni, testimoni della diversità naturale e umana nel tempo e nello spazio, importanti strumenti di ricerca a disposizione della comunità scientifica. Ad oggi il MUSE conserva circa 300 collezioni e oltre 4,5 milioni di reperti riferiti ad un arco temporale di oltre due secoli. idee Ziggurath o Tarugghitz? Il Cantiere come cantiere linguistico “ di Ruggero Pierantoni Figura 1 - Da: Jean Pierre Adams: “L’arte di costruire presso i Romani. Materiali e tecniche”. Biblioteca di Archeologia, Longanesi, 1988, Milano. Copyright 1984 by Editions A et J.Picard fig, n.139. L’immagine mostra la “formatura” di mattoni nell’area in cui si essiccheranno. Regione di Kairouan. Poche immagini possono essere più sintetiche ed evocative del “momento” in cui la massa “amorfa” dell’argilla lascia il posto all’ordine, la misurabilità, il “numero” Le Grand Gris final”: il Caos conclusivo, è inevitabile. Persino Lord Kelvin, ci assicura che: “il calore non può trasformarsi completamente in lavoro” e che, quando la fine giungerà, tutte le trasformazioni, tutte le Metamorfosi, cesseranno per sempre. Eppure lungo il cammino, avvengono strane cose. Per esempio, si saranno “create e distrutte” delle isole di “ordine”. Esse saranno fulminee e microscopiche o dureranno millenni e saranno grandi come continenti, ma, durante la loro “vita”, gli ordini, le complessità, gli infiniti livelli di coscienza umana e, forse, animale, salirono vertiginosamente. E, “Le Grand Gris final” dovrà pazientare ancora un poco. In questo testo sarà proprio una di queste stazioni dell’Ordine il soggetto: il Cantiere. “La construction romaine, Materiaux et techniques” di Jean-Pierre Adam (1984, Editions A et J. Picard) è un bellissimo libro e non mostra assolutamente i suoi trent’anni, inoltre, i suoi disegni sono parte assolutamente integrante del testo e una delle immagine la prendo come “leitmotif”: l’illustrazione 139 dove viene raffigurato un uomo che mette a seccare al sole dei mattoni ritagliati da un omogeneo blocco di argilla nella regione del Kairouan. (Figura 1) Difficile immaginare una icona così elementare e diretta della transizione immediata dall’informe dell’argilla all’ordine del numero e della misura: “Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con la polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita”. Ma i mattoni vanno messi assieme e, se sono circa tredici milioni, per esempio, come nello ziggurath di Ur, allora, la transizione ordine-disordine richiede un certo tempo e, nel frattempo, si può e si deve, parlare. E ascoltare. Della lingua, delle lingue, che venivano parlate in quel cantiere sappiamo qualcosa. Magari un po’ troppo, diciamolo pure. Ma di quella che, inevitabilmente, si dovette parlare sui cantieri di Stonehenge sappiamo immensamente di meno, anche se le due costruzioni sono praticamente coeve: Ur, dal 2111 a.C. al 2095 a.C. e Stonehenge dal 2200 al 1500 a.C. Ma, la sofisticazione progettuale ed esecutiva di Ur è immensamente inferiore a quella del circolo di pietre. La complessità geometrica, i problemi di calcolo e messa in opera, il trasporto dei materiali, l’erezione fisica dei triliti, i problemi di orientazione astronomica si accompagnano ad un profondo silenzio sulla lingua stessa che accomunò coloro che vollero, progettarono, costruirono e utilizzarono il cerchio di pietre. #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 61 2a 2b 3 Figura 2a - Pianta topografica di Atkinson. Da: Patrick Arthur Hill: “The Sarsens of Stonehenge: The Problem of Their Transportation”: The Geographical Journal, Vol. 127, No. 4 (Dec., 1961), pp. 488-492. L’immagine mostra la regione lungo la quale il trasporto dei “Sarsens” può aver avuto luogo. Le curve di livello mostrano in dettaglio le variazioni di quota e suggeriscono i tragitti seguiti dai trasportatori delle grandi pietre Figura 2b - Pianta topografica di Atkinson, stessa origine. La zona messa in evidenza mostra le possibili diverse strategie di trasporto: terreno ghiacciato, fondo erboso, dislivello naturale sino a vero e proprio “galleggiamento” Figura 3 - Il territorio attorno a Stonehenge. È evidente che il territorio attorno al monumento è stato più che intensamente vissuto e marcato da “Avenues”, circhi, dighe, terrapieni, passaggi etc. Stonehenge non sorge in un deserto ma in una fittissima “grammatica ambientale” 62 Qui di seguito cercherò di ordinare pochi dati che ci possano permettere di comprendere la forma di comunicazione che permise di “dare forma” a ciò che adesso possiamo vedere. E quindi di opporsi per un certo tempo, eroicamente, al destino fatale del Caos conclusivo. Alle Torri di Babele torneremo, naturalmente, per il momento la bussola è verso il Nord ed è il momento di inchinarsi proprio nell’arte del Misurare la Terra. Un documento che propongo è l’accuratissima mappa della regione direttamente a Nord del sito di Stonehenge (Figure 2a, 2b, 3), la pianta deve essere stata redatta prima del 1961, anno di pubblicazione del lavoro sul trasporto di alcuni tra i monoliti e la sua qualità ricorda le nostre mappe del servizio cartografico dell’Esercito. Comunque sia, il significato della mappa è la proposta del percorso di una parte del materiale da costruzione del complesso di Stonehenge e, più esattamente, delle pietre dei triliti esterni e di alcuni di quelli interni: le cosiddette “Sarsen Stones” che la nostra bibliografia sull’argomento traduce in “arenarie”. Le linee così onnipresenti sono, in realtà un messaggio al lettore odierno cui si intende far comprendere la natura difficoltosa del terreno lungo il quale ed attraverso cui i monoliti vennero trasportati. Due dati, giusto per avere un’idea delle dimensioni, e quindi dello sforzo. L’anello esterno di trenta monoliti verticali e tra loro connessi con altrettante pietre orizzontali, cui si devono aggiungere i cinque triliti si valuta essere di circa 150 tonnellate, a questo si devono aggiungere anche il grande monolito caduto e infranto e il suo gemello alti circa sette metri che aggiungono altre 90 tonnellate. Numerose ipotesi vedono gli uomini impegnati nel far coricare i monoliti su slitte lignee, oppure su piattaforme di tavole intrecciate, da far scorrere sul manto di erbe, o scivolare su terreni ghiacciati sino ad ipotizzare vere e proprie tratte fluviali con galleggiamento, sino alla costruzione di un vero e proprio “set” dove ognuno possa, anche se solo per un breve momento, “sentirsi più grande e colmo IdEE dell’orgoglio di appartenere”, come scrive Spiro Kostoff. Non sarà quindi senza ragione che il vero e proprio “capo-mastro” non sia stato lo stesso Mago Merlino. La sua potente magia viene richiesta da Ambrosius King of Britons sia per onorare la memoria di 460 cavalieri che per trasportare le pietre ed erigerle, e già nel 1173 l’evento magico-tecnico viene adeguatamente commentato, il trasporto delle pietre sarà osteggiato dal Demonio, ecc., ma, queste, sono cose che succedono. Quello che ci interessa è proprio il Mago al lavoro come capo-mastro. Ma, se finora tutto sembra essersi svolto in un breve teatro di operazioni, una seconda tipologia di materiale da costruzione, le cosiddette “blue-stones” ci impongono un viaggio di almeno 300 km verso Nord e qui non possiamo non considerare una diversa area linguistica. I rapporti tra il Nord-Est e la zona specifica di Stonehenge sono complessi e si svolgono attorno alla dinamica delle interazioni tra “Irlanda” e il Sud-Ovest. Ma, molto prima che queste mescolanze linguistiche avessero preso piede era avvenuta una transizione tecnologica immensa. Non esiste alcun dubbio che la struttura primitiva fosse composta di tronchi e che la pietra vi fosse praticamente assente. Alcuni dettagli costruttivi indicano senza ombra di dubbio una origine di carpenteria lignea: i cosiddetti “tenoni”. Le pietre erette, i “sarsens”, mostrano sulla loro faccia superiore due eminenze emisferiche o meglio ovoidi, mentre le pietre orizzontali, gli architravi, mostrano, in precisa corrispondenza, delle cavità ellittiche molto accuratamente levigate. Alcune fotografie eseguite in occasione degli inizi formali delle indagini “scientifiche”, attorno al gennaio 1900, rivelano l’elegante e perfetta soluzione di questo problema. (Figura 4). Il magnifico dettaglio permette di citare le frasi molto ispirate di Spiro Kostoff: “I dettagli di Stonehenge appartengono inseparabilmente alla struttura. Qui abbiamo uno scheletro strutturale simile ad una danza della pietra. La cura del dettaglio è importante, non tanto per se stessa, quanto per la grazia convincente del costruito”. In una celebre miniatura conservata al British Museum (Egerton, MS 3028 folio 30), davanti a due stupefatti, e “piccoli”, assistenti, Merlino sta posizionando una pietra orizzontale con molta delicatezza. Sembra davvero che l’intervento magico appartenga al mondo della “presa di precisione” piuttosto che a quello della “presa di forza”. All’immagine seducente del mago benevolo si accompagnano moltissimi testi in cui si insiste sulla numerosità delle pietre. Esse sono “numerosiores” avrebbero scritto i “Romani” , dove all’aggettivo nudamente quantitativo si associa la non contabilità, ossia l’impossibilità di misurare, di “contare”. Ogni ricostruzione storica insiste su di una generica “origine irlandese” del monumento e, di conseguenza, l’ambito linguistico e forse anche fonetico di esso è da ricercarsi nella storia della lingua irlandese. Questo ci permette di risalire a delle radici ben più remote. Modesto scopo del viaggio verso Nord-est sarà quello di rendersi conto, dei limiti ma anche della delicata potenza delle “lingue” che erano parlate allora. Una stazione intermedia verso le coste norvegesi e, nell’opposta direzione, verso quelle islandesi è senz’altro la “Orkneiyinga Saga”, la storia dei “Conti delle Isole Orcadi”, scritta dopo il 1192 e il cui testo fisico, “in vellum” risale al 1390, circa quindi 1100 anni dopo la fase 3 IV di Stonehenge. Le probabilità che i costruttori parlassero tra di loro con le stesse parole e, soprattutto, lo stesso ritmo del testo che abbiamo, non sono alte ma la conoscenza anche molto superficiale dei testi ci permette di individuare una “lingua” dotata di una duttilità, velocità, precisione e “fattibilità” che possono, appunto, aiutare a comprendere l’eventuale “lingua del Cantiere”. Pochissimi esempi: per il “solo suono” “Her waeron reôn forebecna cumene ofer Norôanhymbra land, and Faefolc carmlic bregdon …” per il testo: “ma, sono d’accordo con te, più presto te ne vai e più tardi tu ritorni, meglio è”, oppure, ancora: “Quando Hakon ritornò, l’indovino si strofinò la fronte, sospirò profondamente e disse che molto gli costava rivelare ad Hakon quale fosse il suo destino …”. Certo questa non deve essere più la lingua del cantiere di circa mille anni prima, ma le azioni che vennero eseguite, probabilmente, avevano, tutte, il loro corrispondente linguistico Figura 4 - Dettaglio di Architrave. Il “magnifico dettaglio” citato nel testo, appare con estrema evidenza in questa immagine di un architrave coricato a terra durante i lavori di restauro della pietra ( bluestone) n. 36 nel 1954. Si considerino le cavità ellissoidiche che servivano di connessione con i “tenoni” e la loro meravigliosa levigatezza #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 63 secondo una tradizione europea vecchia di almeno 500.000 anni: “Scheggiare, appiattire, trapanare, triturare, levigare, scaldare, ecc.”. E molte altre “parole” o “azioni” che appartenevano tutte ad un lessico operativo tutto legato alla famigliarità con la natura delle pietre. Quando Jorge Luis Borges, con la sua grazia allarmante, evoca il mondo linguistico popolato di metafore degli antichi Sassoni non si dimentica di rammentarci che il mare è “la strada della balena”, oppure “la strada delle vele” e la nave, “il cervo del mare” o “cinghiale delle onde”. Nelle menti, forse più che nelle mani dei costruttori dovette dominare la sensazione di stare veramente “costruendo una metafora”. Dopo aver malamente risposto ad alcune inquietudini che ancora possiamo avere sulla comunicazione acustica ci resta muoversi verso il vero episodio cui siamo diretti, il mito di Babele. È più che ovvio che tanto Stonehenge che i vari Ziggurath siano stati completati e costruiti sino ad essere efficienti e funzionali. In molti casi con l’erezione delle strutture terminali dove doveva aver luogo la ierogamia che concludeva definitivamente la costruzione e, presumibilmente, lo scioglimento del cantiere. Il caso della Torre di Babele e dei riti associati si possono riassumere nella cosiddetta “Tradizione Yahvista” risalente ai secoli IX e VIII a.C. Secondo questa che ha prodotto il testo noto come Genesis 11, 1-9 e che inizia con le parole: “Ed ecco che tutta la terra parlava lo stesso linguaggio e tutti si servivano delle stesse parole. Partiti dall’Oriente gli uomini trovarono una pianura nel Paese di Shinear e lì si installarono … andiamo e facciamo dei mattoni e cuociamoli al fuoco … e i mattoni servirono loro come pietre e il bitume fu la loro calce …”. Costoro hanno lo scopo “di darsi uno nome” e “costruire un torre sotto cui riunirsi e non essere 64 dispersi su tutta la terra”. Ma Yahvè non ci sta. Se costoro si mettono d’accordo così facilmente e tirano su una torre e “si fanno un nome” non sai cosa possono combinare e “confuse il loro linguaggio sino a che essi cessarono di costruire la Torre e la Città”. Questa tradizione filtra persino in ambiente cattolico, prendete la “Histoire Sainte de Fatien”, 1945: “Mais, le Seigneur condamne ce project inspirè par l’orgeuil et punti les insolents … l’un demande une brique, son voisin lui passe un seaus d’eau, un autre réclame une pioche, on lui apporte la brique dont le premier avait besoin. Impossibile de continuer ainsi …”. Della tradizione rabbinica non faremo cenno e piuttosto è opportuno risalire ai testi mesopotamici come La Tablette de l’Esargil (Figura 5) perché la prossimità non solo cronologica ma anche geografica ci permette di individuare dei parametri costruttivi e tecnologici cui le tradizioni progressivamente sempre più politico-religiose prestano sempre minore attenzione. Certo quel “facciamo dei mattoni e cuociamoli al fuoco” contiene molta informazione. Coloro che vennero dall’Oriente e che scesero nella pianura sino ad essere arrestati dai due fiumi certamente avevano già conosciuto istallazioni permanenti e soprattutto venivano da luoghi con grande disponibilità di acque e di legni, di cave e di foreste. Ma una cosa è scrivere che “i Figura 5 - La cosiddetta “Tavoletta de l’Esargil” del Louvre mattoni vengono cotti al fuoco” un’altra è riuscire a trovare sufficiente combustibile, non ligneo, per avere fuochi sufficientemente permanenti e intensi. Inoltre, il “bitume” è anch’esso materiale raro e prezioso. È possibile che la grande maggioranza dei mattoni venga “cotta al sole” e che il “bitume” venga riservato alla colorazione delle varie sezioni della torre. Per parlare solo dello Ziggurath di Birs Nimrud (Figure 6a e 6b) possiamo solo rievocare le fasce di colore come stono state ipotizzate su basi testuali più che su reperti fisici. I piani, a Birs Nimrud, sono sette, come i pianeti: 1 piano, Saturno – Nero bitume 2 piano, Giove – Arancio mattoni cotti 3 piano, Marte – Rosso mattoni cotti solo a metà (rosso vivo) 4 piano, Sole – Oro foglie di oro 5 piano, Venere – Bianco Pallido, sempre mattoni appena, appena cotti 6 piano, Mercurio – Blu vetrificazione con fuoco che avvolge tutto il monumento alla fine 7 piano, Luna – Argento. Lastre d’argento. A parte le ricostruzioni delle difficoltà di comunicazione esemplificate anche in modo quasi comico nel breve testo di tradizione idee cattolica, non esiste nessuna indicazione biblica della distruzione della torre. La rovina della struttura è, come si sa benissimo, uno dei dati più affascinanti della storia della immagini, ma il testo biblico non accenna minimamente ad una distruzione della torre. Potremo dire solo che il “cantiere venne abbandonato”, nulla di più può essere detto, che quel complesso di testi possa autorizzare a dire. Senza dover disturbare le psicologie divine basta pensare che, cessato il lavoro, conclusa la costruzione, provveduto a fornire “un nome” alle popolazioni che desideravano l’affermazione su quel territorio, le “maestranze” sono ritornate ai loro luoghi di origine e alla loro lingua madre. La lingua del cantiere svanirà e al suo posto di ri-installerà, attorno alla nuova costruzione, la lingua del luogo e non più quella occasionale del lavoro comune. Ma, nel complesso, l’ordine, anche se temporaneo e precario, avrà fatto arretrare di diecimila anni o di pochi millisecondi l’instaurazione finale del disordine perfetto. E questo grazie ad un mago che solleva con tutta la delicatezza delle lunghissime dita una pietra da 50 tonnellate. Attorno a Stonehenge ancora si avvolgono alle pietre forme arcane (Figure 7a e 7b, a pagina seguente) e antiche poesie e attorno alle Ziggurath nel deserto, ancora passano ombre di cammelli millenari. E, il grande Grigio deve arretrare di molti passi perché l’uomo non ha ancora ben compreso la termodinamica. Occorre, adesso, recuperare l’“Entropia” perduta e soffermarci davanti ad un sofisticato negozio di “souvenirs” a San Francisco, California, il “Morris Gift Shop”. È difficile non pensare a Eufrati, mattoni e ziggurath davanti a questo negozio progettato da Frank Lloyd Wright. Tutto ricorda, anche nei dettagli, le tecniche ri-costruttive utilizzate a Babilonia dagli archeologi tedeschi di circa cinquanta anni fa. Lo Shop viene costruito nel 19481950. Solo nel 1957 l’architetto sarà immerso, mentalmente e formalmente, nel deserto iracheno con il suo progetto per un complesso culturale a Bagdad dove dei massicci ammassi di mattoni resteranno solo delle esilissime guglie e, in cui, quindi, la torre apparirà ridotta al suo segno elementare. Ma prima di questa ultima distillazione formale, è già dal 1944, circa, che FLW pensa in termini di “Torre” nel suo lungo e non rettilineo viaggio alla definizione del Guggenheim di New York. Sulla base degli accuratissimi e datati disegni si può essere certi che la forma a cono rovesciato, quella definitiva, si stabilizza verso gli inizi Figure 6a e 6b Le immagini sono tratte dal remoto ma sempre presente: Andrè Parrot: “Ziggurats et Tour de Babel”. Editions Albin Michel, 1949, Paris. Ci mostrano uno “ziggurat” celebre, quello di Birs Nimrud con i suoi livelli, le sue ipotetiche misure e, un po’ più ipotetiche colorazioni #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 65 Figura 7a - Dalla V Edizione di “Britannia” di Camden, 1600. Le forme contorte delle pietre, le loro citazioni anatomiche, gli sforzi, gli avvitamenti ci ricordano i “giganti” e i loro immani sforzi per costruire il cerchio Figura 7b - Bastano 127 anni e, già nel 1727 il cerchio è divenuto, o ri-divenuto, un oggetto geometrico, scientifico, forse addirittura misurabile. E, in ogni caso, il suo aspetto sta assumendo una forma razionale, ordinata. I sogni e gli incubi e i “Maghi” stanno svanendo. Ma, nelle notti, continuerà a “soffiare”, sino alla morte di Tess dei D’Urberville, personaggio di un romanzo di Thomas Hardy la cui fine e ha come “Setting” Stonehenge del 1944 mentre sino a pochi mesi prima la forma più tradizionale, a cono diritto, viene rappresentata per la prima volta. È una fortuna per noi avere ancora il disegno originale (Figura 8) in cui la forma definitiva compare con al centro la scritta “ZIGGURAT” e sotto, in caratteri più piccoli, “ZIKKURAT”. A destra, leggermente obliqua e meno “formale” appare un’altra “parola”: “TARWEGITZ”. Questa ultima scritta appare, e doveva, essere un impreciso palindromo di “TARUGGIZ”. Sembra più che chiaro che il rovesciamento lineare di una parola si sia accompagnato ad un rovesciamento progettuale, per esempio, tra l’alto e il basso. Quello che qui interessa è proprio questa interdipendenza tra linguaggio e costruzione che va ovviamente ben oltre all’impreciso e molto modesto “Gioco di Parole”. È il problema appena sfiorato più sopra tra il linguaggio del lavoro, e delle relazioni umane e le forme costruite. Il mediatore fisico e operativo tra questi due “insiemi” è il cantiere, ancora una volta. In definitiva solo un modesto artificio linguistico si è accompagnato in una struttura ben visibile, stabile e, che si spera possa sopravvivere “come una molla” ad una ipotetica e deprecatissima catastrofe nucleare come venne malamente profetizzato a FLW stesso addirittura da Lewis Mumford. Prima di procedere a concludere occorre ricordare che queste ultime considerazioni sono tutte dipendenti dalle illuminanti pagine che Francesco Dal Co dedica proprio a questo problema. Alla base del Museo un’epigrafe dedicatoria chiarisce a grandi lettere che FLW fu “The ARCHITECT” ma anche che George N. Cohen fu “the builder”. Ma un disegno tecnico della rampa del 1945 (?) si presenta come un vero e proprio campo di battaglia dove l’Architetto e gli Ingegneri combattono, corpo a corpo, sul difficilissimo problema dell’accoppiamento della rampa ai montanti. Guerra e battaglie, come al solito, risolte con buon senso, tecnica e valutazioni di spesa. Quando si accennò al Cantiere come scena della transizione tra disordine ed ordine implicitamente si alludeva anche all’aspetto fisico, visivo delle aree dove avviene la costruzione. Come esempio, qui si riportano alcune immagini della chiusura dell’edificio scaglionate durante alcuni mesi di lavoro. La progressiva transizione dall’apparentemente disordinato accumulo dei materiali sino all’apparentemente ordinato aspetto del tetto sgombro e pulito sino una temporanea nota di congedo dal lettore. “Le Grand Gris” è meglio che aspetti ancora un poco nella sua “Salle d’attente”. (Figure 9a, b, c, d, e) Ruggero Pierantoni È uno psicologo, studioso di percezione acustica e visiva. Ha insegnato presso il Politecnico di Milano, l’Accademia di Belle Arti di Urbino e la School of Architecture, Carleton University, Ottawa. È stato ricercatore presso l’Istituto di Cibernetica e Biofisica del CNR ed è da anni invitato come visiting professor presso università e istituti di ricerca in Italia e all’estero. Tra le sue ultime pubblicazioni si ricordano: Uno scherzo fulmineo. Cinquecento anni di fulmini dal 1929 al 1447 (2007); Forma fluens. Il movimento e la sua rappresentazione nella scienza, nell’arte e nella tecnica (2008); Salto di scala. Grandezze, misure, biografie delle immagini (2012). 66 idee Figura 8 - Da Francesco Dal Co : “Il tempo e l’architetto, Frank Lloyd Wright e il Guggenheim Museum”, Architetti & Architetture, Electa, 2004. Il celeberrimo disegno autografo, colorato di FLW con le due scritte in basso: ZIGGURAT... ecc Come ampiamente già notato dallo storico Dal Co il palindromo è sforzato, impreciso, lessicalmente approssimativo. Ma, certo, non è questo il punto centrale della nostra emozione Sotto, figure 9a, b, c, d, e Le foto in successione mostrano il progressivo definirsi della forma del tetto conico del Guggenheim e le successive fasi di “Ordine e di Disordine” che si succedono là in alto. Alla sommità della “Torre”. Da Francesco Dal Co: “Il tempo e l’architetto, Frank Lloyd Wright e il Guggenheim Museum” Architetti & Architetture, Electa, 2004 Bibliografia sommaria Stonehenge La bibliografia è quasi fuori controllo, qui si accenna solo a particolari pubblicazioni molto specifiche la cui lettura può essere complementare al testo : Mike Pitts : “L’Enigma di Stonehenge”. Newton and Compton, 2001, uno dei testi più recenti , completi e critici sull’argomento. Miti e Folklore L. V. Grinsell : “The Legendary History and Folklore of Stonehenge Folklore”, Vol. 87, No. 1 (1976), pp. 5-20 Richard Bradley: “Ritual, Time and History World Archaeology”, Vol. 23, No. 2, Chronologies. (Oct., 1991), pp. 209-219 Cenni linguistici Hermann Pàlsson and Paul Edwards :“Orkneyinga Saga. The history of the Earls of Orkney” Translated with an Introduction by Penguin Books, 1958 J. Luis Borges: “La biblioteca inglese. Lezioni sulla letteratura” Emece editores, 2000. S.A., Einaudi, 2006 Struttura e dati cronologici Harold J. E. Peake: “The Earliest Structure at Stonehenge” Man, Vol. 45 (Jul. - Aug., 1945), pp. 74-78 E. Herbert Stone: “Stonehenge, Concerning the Sarsens”: Man, Vol. 26 (Nov., 1926), pp. 202-204 Published by: Royal Anthropological Institute of Great Britain and Ireland Patrick Arthur Hill: “The Sarsens of Stonehenge: The Problem of Their Transportation” : The Geographical Journal, Vol. 127, No. 4 (Dec., 1961), pp. 488-492 Flinders Petrie: “Stonehenge-The Heel Stone”: Man, Vol. 24 (Jul., 1924), p. 107: Royal Anthropological Institute of Great Britain and Ireland A. H. Sayce: “The Date of Stonehenge” The Journal of Egyptian Archaeology, Vol. 1, No. 1 (Jan., 1914), p. 18 Varie È noto che la fine del romanzo di Thomas Hardy “Tess dei D’Urberville” ha come “Setting” proprio Stonehenge, ma lo è meno il fatto che il compositore Wagham Williams nella sua “ Nona Sinfonia”, deliberatamente, utilizza il sito e i suoi miti nella sua composizione. L’accenno musicale ai Miti e Credenze è stato accuratamente studiato sino al celebre: “Ma che posto mostruoso è questo?” disse Clare. ”Ronza”, rispose lui. “It Hums” Zigguraths Un solo nobile antico libro che ha ancora molto da insegnare : Andrè Parrot: “Ziggurats et Tour de Babel”, Editions Albin Michel, Paris, 1949 Storia dell’Architettura Jean -Pierre Adam: “La construction Romaine. Materiaux et techniques”, 1984 , Editions A et J. Picard, Paris Manfredo Tafuri , Francesco Dal Co: “Architettura Contemporanea” I / II Electa Editrice, 1979 Francesco Dal Co: “Il tempo e l’architetto. Frank Lloyd Wright e il Guggenheim Museum” . Mondadori - Electa 2000 Spiro Kostoff: “A History of Architecture: Settings and Rituals” Oxford Uni. Press #26 // MARZO APRILE 2013 67 restauro Oratorio di San Filippo Neri Bologna Realizzato nel 2000 dall’Architetto Pier Luigi Cervellati, il restauro dell’Oratorio di San Filippo Neri (edificio di proprietà della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna) è considerato un esempio nell’ambito degli interventi di recupero sul patrimonio storico architettonico. In particolare – ma non solo – per l’utilizzo del legno (nella ricostruzione delle volte e della cupola) che assume ulteriori significati relativi alla reversibilità e riciclabilità, propri di un materiale che rappresenta una vera risorsa rinnovabile. Così come evidenziato nella documentazione progettuale dello Studio Pier Luigi Cervellati e nelle note storiche che corredano l’illustrazione dell’intervento. 68 N ella recente pubblicazione Restauro Architettonico: principi e metodo (Giovanni Carbonara, Mancosu Roma 2012) è stato scritto: “… grazie all’impegno di molti architetti colti e capaci, recenti esempi di buon restauro non mancano neanche sotto il profilo dei difficili temi della reintegrazione e addizione, per ragioni funzionali, di fruibilità di adeguamento impiantistico, di messa in sicurezza, di migliore conservazione del bene. Basti pensare alla raffinata reintegrazione, in doghe di legno, quasi un analogo del ‘rigatino’ usato nel restauro pittorico, dei volumi e delle volte dell’Oratorio di San Filippo Neri a Bologna, squarciato dai bombardamenti dell’ultima guerra mondiale..” Il restauro di un restauro precedente non è mai facile. Tanto più quando il restauro è parziale e, in aggiunta, si sono prodotte nuove lesioni e ci sono stati nuovi crolli. Affreschi e stucchi devastati dal tempo e dall’incuria e, ma non per ultimo, dall’infame utilizzo dei locali. photo © Federica Stupazzini / Franco Zanini È un progetto complesso in cui si è cercato di armonizzare tre metodologie d’intervento. La prima consiste nel conservare anche con tecnologie moderne, come l’uso di fibre di carbonio, tutto ciò che non era stato distrutto dopo il bombardamento del 1944 rifacendo tali e quali alcuni elementi decorativi andati distrutti, come per esempio i candelabri parietali in ottone di fattura artigianale. Il secondo metodo assunto è stato quello di ripristinare, usando tecniche e materiali identici agli originali, le parti demolite con il restauro post-bellico, come ad esempio le volte dell’interrato e la pavimentazione che era rimasta indenne dal bombardamento; nello stesso tempo si è mantenuta l’impalcatura del restauro ad opera del Soprintendente Alfredo Barbacci, fatto contestualmente alle demolizioni, che così è diventata testimonianza drammatica del bombardamento. Infine sono state ricostruite le volte e cupola mancanti, ristabilendo l’originaria volumetria del settecentesco fabbricato, attraverso una struttura lignea di centine portanti e listelli sagomati secondo le curve ricavate dalle sezioni virtuali orizzontali, praticate a una distanza costante di 10 cm, che sostengono parzialmente le parti ancora superstiti. La ricostruzione post-bellica eseguita dalla Soprintendenza oltre 60 anni fa è stata considerata “storicizzata”. Essa testimonia la drammaticità di un evento. Il drammatico bombardamento del 29 gennaio del ’44. Bombardato e mal utilizzato l’Oratorio dei Filippini era rimasto in uno stato che non è più quello del giorno dopo. La copertura e la parete laterale sono state ricostruite; il solaio/ pavimento è stato demolito (e se fosse stato ricostruito lo sarebbe stato in cemento come le colonne dell’aula). L’ipotesi di un ripristino filologico integrale è sembrata impraticabile sia per le dimensioni delle zone decorate da ricostruire, sia soprattutto per l’“artisticità” del modello di riferimento. Inoltre l’eventuale ripristino avrebbe occultato la sapienza costruttiva dei lavori eseguiti sessant’anni fa. L’obbiettivo è stato sia quello di non cancellare o completare – con arbitraria lettura – il restauro post bellico, ma soprattutto si è cercato di restituire fedelmente ciò che rimaneva di un capolavoro dell’architettura bolognese rococò. La storia di questo monumento è molto movimentata: progettato e realizzato da Alfonso Torreggiani (1682-1764) fu inaugurato nel 1733. Soppresso e riabilitato più volte: nel 1798 e dopo l’Unità d’Italia. Restaurato ed “elettrificato” nel 1905. Nel 1944 fu bombardato e furono distrutti il tetto, le volte, la cupola e il lato destro dell’aula e dell’abside. Un intervento di restauro – realizzato dal soprintendente #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 69 70 Sintesi degli interventi Crediti del progetto • • • • • • • ripristino filologico del solaio voltato e del pavimento in cotto della sala; restauro filologico dell’opera del Torreggiani; ricostruzione delle volte e della cupola mediante un’armatura/centinatura lignea; mantenimento dei lavori di restauro degli anni postbellici; ricostruzione schematica della cantoria; recupero del sottotetto per l’impiantistica • • • • • • • • • Architettura: Pier Luigi Cervellati con Giorgio Volpe, Ulrich Seum , Roberta Zanoli Auditorium / Sala conferenze, Bologna Committenza: Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna Progetto e Arredi: Pier Luigi Cervellati Strutture: Carlo Dazi Impianti: Busi Impianti Costruzione in Legno: Holtzbau Costruzione edile: Cogei s.p.a. Realizzazione: 2000 Costo: 3.000.000 € photo © Federica Stupazzini / Franco Zanini Barbacci, dal ‘48 al ’53 – ricostruì colonne in cemento armato e tamponamenti in mattoni, rifece il tetto con capriate lignee ma demolì il pavimento e l’interrato. I lavori non furono mai completati e il monumento venne abbandonato per quasi 50 anni o male utilizzato (come magazzino, autorimessa e deposito), causando danni alle strutture e ulteriore degrado e disfacimento dell’apparato decorativo. Il progetto di restauro della fabbrica ad uso auditorio e sala conferenze non si propone come restauro filologico integrale, in quanto avrebbe comportato la demolizione e ricostruzione con tecniche tradizionali degli interventi postbellici. L’obiettivo è stato quello di non cancellare il restauro eseguito 50 anni fa e, ad un tempo, di ripristinare e consolidare tutto ciò che la bomba non aveva distrutto. La particolare ricostruzione della cupola, volte a botte e a vela restauro #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 71 ridefiniscono la sagoma originale attraverso una struttura lignea di centine portanti e listelli, sagomata secondo le curve ricavate dalle sezioni orizzontali oppure “a seguire” la curva nella proiezione della sezione verticale (volta a botte). Questo approccio permette la lettura contemporanea degli interventi e, a un tempo, di evidenziare il dramma della guerra. La struttura lignea recepisce l’ordine strutturale delle volte e cupole preesistenti: grandi archi in legno lamellare coprono la larghezza di 12,60 metri della sala ed integrano, dove necessario, la struttura portante in mattoni, opportunamente consolidata con l’ausilio di tiranti in acciaio e fasciature in carbonio. Grazie alla leggerezza del materiale e alla sua intrinseca flessibilità, la struttura di legno è in grado di rispondere alle esigenze del progetto rispettando l’andamento e gli spessori della struttura ancora in opera per proseguire (pur cambiando il materiale) la trama strutturale del soffitto. Questo principio è stato considerato fondamentale per l’integrazione dell’intervento nel complesso architettonico. Il restauro per definizione ha lo scopo di restituire il bene architettonico fruibile e leggibile in tutta la sua stratificazione e testimonianza. La soluzione di legno realizzata per questo progetto di restauro assume ulteriori significati relativi alla reversibilità e riciclabilità, propri di un materiale che rappresenta una vera risorsa rinnovabile. L’Oratorio oggi Oltre ad essere il luogo che la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna utilizza come “palcoscenico” per la realizzazione delle proprie attività culturali, scientifiche e convegnistiche e per diffondere il proprio impegno nel settore culturale, grazie ad iniziative 72 che permettono la divulgazione della storia e della cultura nel territorio, l’Oratorio di San Filippo Neri è altresì uno spazio utilizzabile da terzi. Può essere, infatti, concesso in uso anche ad associazioni, enti, aziende, realtà istituzionali e non, le quali abbiano l’interesse a fruire di una cornice suggestiva e dotata delle adeguate attrezzature tecniche per ospitare convegni, conferenze, congressi, seminari, giornate di studio, meeting aziendali, concerti, spettacoli ed altro ancora. L’Oratorio (Via Manzoni, 5 a Bologna) è visitabile il primo fine settimana di ogni mese dalle 10 alle 19. Pier Luigi Cervellati Nato a Bologna nel 1936, architetto e urbanista, è stato docente di restauro, recupero e riqualificazione urbana presso le facoltà di lettere dell’Università di Bologna ed Architettura dell’Università di Venezia. Si è occupato e si occupa di temi inerenti la pianificazione urbana e ambientale con particolare riguardo al restauro della città storica e alla tutela della natura. Ha contribuito allo sviluppo di ipotesi di recupero, mediante l’inserimento di residenze economico-popolari dei centri storici di Modena e Bologna, per il quale comune, tra il 1964 ed il 1980. è stato Assessore al Traffico, all’Edilizia Pubblica e Privata e all’Urbanistica. Nell’ambito del restauro architettonico è celebre per il progetto di recupero dell’Oratorio di San Filippo Neri a Bologna, devastato dai bombardamenti del 1944, progetto realizzato negli anni 1998-1999 e completato nel 2000. Ha curato e partecipato a varie mostre e convegni. Tra le sue pubblicazioni: La città post-industriale (il Mulino,1984), La città bella (il Mulino, 1991), L’arte di curare le città (il Mulino, 2000). fORmazIONE Legno e terremoto di Franco Laner Professore ordinario di Tecnologia dell’architettura all’Università Iuav di Venezia, da anni tiene un corso di “Tecnologia delle costruzioni di legno”. Giappone. L’importante nodo pilastrotrave è stato risolto con l’incastro di elementi in modo che l’energia sismica o del vento venga dissipata per attrito. Mirabile soluzione che conferisce duttilità alle costruzioni di legno. In sintesi: bellezza e razionalità. Quando queste due categorie stanno assieme si ha architettura! H istoria magistra Quasi trent’anni fa, con Umberto Barbisan, scrissi un testo “I secoli bui del terremoto” (Franco Angeli, Mi, 1986). Già allora, quando il legno non era ancora legittimato da alcuna normativa nazionale, appariva chiaro come potesse essere impiegato con successo non solo per coprire grandi luci e strutture staticamente impegnative, ma anche in zona sismica per le sue eccellenti doti di duttilità, ovvero per la sua capacità di dissipare l’energia sismica. Ricordo brevemente il capitolo dedicato alla ricostruzione di Lisbona con la casa “Pombalina”, sistema voluto dal marchese De Pombal, col legno che costituiva l’ossatura strutturale e controventante degli edifici con tamponatura di muratura. Stesso sistema fu impiegato nella “casa baraccata” dopo il terremoto delle Calabrie (1783). Riscoprimmo anche l’opus craticium, tecnologia usata dai romani, quasi a dimostrazione dell’affermazione biblica nihil novi sub sole. Grande insegnamento traemmo dalle strutture lignee del Giappone, specie a riguardo della concezione spaziale, tridimensionale, con cui il legno veniva ordito in quel Paese nelle tre direzioni dello spazio, specie in un momento in cui da #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 73 74 formazione A sinistra Capriata ordita tridimensionalmente assai adatta per il controvento d’insieme, sia per il terremoto, sia per il vento (Carpenteria Adriano De Prà, Treviso) Sopra Frontespizio del libro sulla storia delle tecnologie antisismiche fino al terremoto di Messina-Reggio. La storia è ricca di inferenze sia per il progetto, sia per le tecnologie valide in zona sismica Progetto di casa “baraccata” o “pombalina”, in omaggio al ministro De Pombal che ricostruì Lisbona con questo sistema dopo il devastante terremoto del 1755 noi – imperante il cemento armato – la struttura portante era vista nel piano, ovvero veniva privilegiato il telaio, la sequenza di capriate o di alte e snelle travi lamellari. La storia dei terremoti, ricostruita fino ai primi del Novecento, ovvero prima del devastante terremoto di Messina e Reggio fu davvero magistra, attuale e capace di forti inferenze sia per la pratica costruttiva, sia per l’insegnamento della tecnologia delle costruzioni di legno che in quegli anni si stava riproponendo in Italia, dopo un’assenza più che cinquantennale. Fra i tanti autori, antichi e moderni, che più di altri si occuparono dell’origine dei terremoti e soprattutto dei sistemi costruttivi, importanti furono le osservazioni di Leonardo da Vinci, che intuì la necessità che l’edificio si comportasse in modo scatolare, unito fra le sue parti e compatto. Nel foglio 53 recto del Codice A dell’Istituto di Francia, scrive: ..ogni trave vole passare i sua muri e essere ferma di la da essi muri con sufficienti catene, perché spesso si vede per tremoti le travi uscire de’ muri e rovinare poi i muri e i solai, dove, se sono incatenate, teranno i muri insieme fermi, e muri fermano i solai… Il concetto è ripreso più tardi, nel 700, da Francesco Milizia: purtroppo la necessità di legare solai e muri è un imperativo che spesso ancora oggi viene disatteso, come è stato dimostrato nel recente terremoto del modenese, dove le case con solai e muri non ammorsati, senza cordoli o altri apparecchi di cerchiatura e legatura di solai e muri, sono miseramente crollati. La storia della tecnica costruttiva, almeno questo era il parere diffuso in alcuni Atenei italiani (Edoardo Benvenuto a Genova, Salvatore Di Pasquale a Firenze, Renato Sparacio a Napoli, Vittorio Nascè a Torino, Guido Nardi a Milano, Giorgio Macchi a Pavia, #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 75 Sopra La concezione strutturale antisismica del legno in Giappone. I nodi e le strutture sono concepiti nelle tre direzioni dello spazio A sinistra e sotto L’opus craticium, legno e muratura, ha origini antiche: il legno aveva la funzione di conferire resistenza a trazione e di controvento alla muratura (particolare di opus craticium a Pompei e interpretazione di Antonio Rusconi (1590) di questa tecnologia descritta da Vitruvio nel secondo libro del De Architectura 76 formazione Arsenale di Venezia. Strutture lignee delle Gaggiandre. La concezione spaziale dell’orditura di copertura è importante sia per il vento, sia per cedimenti localizzati. La struttura assume così il requisito di “robustezza”, poiché il cedimento di una parte – esempio cedimento dell’appoggio, come nella foto – non comporta il collasso a domino “Le strutture di legno con elementi fra loro meccanicamente connessi sono in grado di dissipare l’energia grazie dunque alla capacità di deformarsi e assorbire energia senza collassare” Ivo Iori a Parma, per citare alcuni fra i colleghi e amici di allora), era ritenuta ricca di inferenze innovative, sia scientifico-tecniche, sia pratiche. Certamente non era facile togliere la coltre di polvere che copriva magisteri e codici del passato, ma ogni volta venivano alla luce concetti straordinariamente fertili ed attuali. Concezione strutturale e duttilità Sento spesso affermare e vedo ripetere nelle pagine pubblicitarie delle riviste e quotidiani, che il legno è antisismico. Sento anche che il legno non teme il fuoco ed equivocare sui concetti di resistenza e reazione al fuoco: in realtà il legno si infiamma facilmente e brucia (concetto di reazione), ma la combustione avanza con velocità conosciuta e quindi si può calcolare la sezione residua dopo un tempo prefissato e verificare se la struttura, pur con sezioni ridotte, è ancora in grado di portare i carichi e non collassare (concetto di resistenza). Ritornando alla presunta antisismicità del legno, bisogna chiarire che alcune sue peculiari caratteristiche, fra tutte la sua leggerezza (la sollecitazione sismica è proporzionale alla massa), lo rendono materiale idoneo per resistere al terremoto. Ma se l’edificio è mal concepito e progettato, nonostante sia di legno, non resisterà al terremoto. L’antisismicità non è una #26 // MARZO APRILE 2013 77 caratteristica intrinseca dei materiali da costruzione. La muratura, il cemento armato, l’acciaio, se ben concepiti, danno luogo a strutture sismoresistenti. Perciò nell’elencare i vantaggi del legno bisognerebbe essere più tecnici e meno commerciali. Il legno è materiale fragile. A ben vedere la fragilità non è una buona caratteristica per contrastare l’improvvisa e dinamica energia del terremoto. Le unioni degli elementi lignei, realizzate con connessioni a secco (chiodi, bulloni, tirafondi, spinotti, ecc.) rendono però duttili tali strutture, ovvero il loro comportamento nei confronti del carico dinamico (sisma o vento) è di tipo duttile grazie alla capacità dei nodi di unione di assorbire e dissipare energia. Se le unioni fra gli elementi lignei fossero incollate, il comportamento sarebbe fragile. A volte per semplificare la differenza di comportamento – duttile o fragile – che guida conseguentemente la progettazione e l’impostazione della sicurezza antisismica porto l’analogia, pur riduttiva, del diverso modo di resistere che Mao descrive nel suo Libretto rosso. Per contrastare la violenza del fiume in piena la possente quercia si oppone con la sua intrinseca forza, mentre il giovane virgulto si piega alla piena, per poi rialzarsi una volta passata. Le strutture di legno con elementi fra loro meccanicamente connessi sono in grado di dissipare l’energia grazie dunque alla capacità di deformarsi e assorbire energia senza collassare. Questo concetto deve guidare l’impostazione progettuale e le verifiche di sicurezza e la normativa (D. M. 14 genn. 2008, Norme tecniche per le costruzioni) ci viene incontro col coefficiente di struttura q che tiene favorevolmente conto della duttilità. La concezione strutturale delle strutture lignee deve essere impostata al concetto di spazialità, tridimensionalità. Gli elementi devono essere concepiti nelle tre direzioni dello spazio e soprattutto Prove per quantificare la duttilità di solai misti legno-calcestruzzo e connettori continui LPR della Peter Cox. La duttilità è ben visualizzata dall’area sottesa alla curva sforzi-deformazioni, ovvero buona resistenza con grandi deformazioni 78 formazione il concetto di controventamento deve essere un imperativo. Oltretutto nelle strutture lignee il controvento è occasione di arricchimento formale e distintivo del progetto. Oggi il controventamento nel piano può essere con successo affidato ai pannelli a base di legno (OSB, Xlam, tavolati incrociati, ecc.) piuttosto che a croci di S. Andrea. Comunque si tenga presente che un edificio ben concepito dal punto della spinta del vento, nella quasi totalità dei casi, resiste facilmente ai sismi e quindi raccomando la verifica al vento, appunto più impegnativa dei terremoti nostrani! Come per gli edifici in muratura, la distribuzione degli elementi di parete deve richiamarsi alla semplicità e simmetria, sia in pianta, sia in alzato (il centro delle masse deve coincidere con quello delle rigidezze). Abbandoniamo inutili dissimetrie, esagerati aggetti e risibili equilibrismi statici e facciamoci guidare dal buon senso e sobrietà. Ne guadagnerà la sicurezza antisismica! I solai devono essere ben ammorsati alle pareti sì da realizzare quella scatola lignea che ben si oppone alle sollecitazioni, sia del vento sia del sisma, da qualsiasi parte provengano. La cura dei particolari costruttivi deve essere massima e infine anche i materiali ed i componenti impiegati devono essere certificati ed idonei rispetto alla qualità indicata nel progetto. Stato dell’arte L’applicazione delle attuali normative, in particolare il D.M. 14/01/2008 sopra ricordato e che finalmente legittima il legno come materiale strutturale anche nel nostro Paese, è condizione non solo per la sicurezza delle persone, ma anche per la salvaguardia del bene. Se ci si può ritenere soddisfatti per la sicurezza strutturale anche nei confronti del sisma, altrettanto ancora non si può dire per i problemi di durabilità. Il problema focale per le costruzioni di legno rimane infatti non tanto quello della sicurezza strutturale, Prove su pannelli Celenit rinforzati con croci di S. Andrea. Il contributo di tali pannelli per irrigidire le strutture lignee è notevole, grazie alla loro duttilità #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 79 In senso antiorario I pannelli di legno di tavole incrociate (Xlam) consentono la realizzazione di edifici scatolari di notevole duttilità e di resistenza alle sollecitazioni sismiche e del vento (Gandelli Legnami, Borgaro, To) Irrigidimento di una copertura con pannelli di compensato negli anni ’60 negli Stati Uniti. Purtroppo da noi solo nel 2000 si è prestata attenzione ai pannelli di compensato di sfogliati, tranciati, tavole, che possono favorevolmente controventare le strutture nel piano Due realizzazioni a confronto. La prima è stata concepita nel piano (successione di telai). Nella seconda nello spazio: oltre ai vantaggi strutturali, ne guadagna l’architettura Prove su prototipi di solaio misto legno-calcestruzzo per verificare il comportamento a diaframma rigido, indispensabile per i solai in zona sismica quanto quello della durabilità. Anche se il decreto sopraccitato prescrive la massima attenzione a quest’aspetto, la durabilità purtroppo rimane un problema ancora poco risolto ed il degrado del legno ovviamente ha ripercussione sulla sicurezza. Sia le costruzioni a telaio, sia quelle a base di pannelli, sono sorrette da affidabili programmi di 80 calcolo. Il ricorso però ad invasive e onnipresenti protesi metalliche per ogni sorta di connessione non agevola la durabilità e sarebbe necessario avviare ricerche per limitarne l’impiego, perché il legno non convive felicemente con l’acciaio dal punto di vista della durabilità. Ma qui si apre il doloroso capitolo degli investimenti per la ricerca ed innovazione a cui l’industria del legno è per ora ancora poco sensibile, così come le istituzioni e le associazioni di categoria. Lo sviluppo della tecnologia del legno, senza ricerca, è destinata alla povertà progettuale ed in ultima analisi anche a quella economica, perché senza ricerca, brevetti, innovazione, saremo debitori di chi fa ricerca. ImpIaNTI Sistemi di sicurezza antincendio nelle abitazioni e negli uffici Guida breve all’applicazione dell’analisi del rischio incendio Terza lezione Premessa Per l’anno 2013 GEOCENTRO/ Magazine affronta il tema della sicurezza e prevenzione “Antincendio”, ambito professionale nel quale è impegnata un’importante parte della Categoria dei Geometri. A cura di Mauro Cappello (Ingegnere, Ispettore verificatore degli investimenti pubblici presso il Ministero dello Sviluppo Economico) sono proposte sei lezioni utili a fornire una visione complessiva, ancorché sintetica, della materia. Particolare elemento di novità, introdotto dall’autore per il 2013, riguarda la predisposizione di specifiche video lezioni integrative (complete di quiz di verifica), associate ad ogni articolo e gratuitamente disponibili presso la piattaforma e-learning, accessibile dal sito www.filotecna.it. La fisica dell’incendio di Mauro Cappello FiloTecna – Formazione Professionale L’analisi del rischio di incendio prevede lo studio di alcuni aspetti generali, in particolare: • Individuazione delle fonti di rischio e conseguenti misure di prevenzione; • Misure idonee per effettuare una corretta informazione del personale • Misure idonee alla formazione del personale • Misure di carattere tecnico – organizzative. È chiaro che trattandosi di un documento strettamente connesso allo stato dei luoghi, degli impianti e delle procedure, esso deve necessariamente essere rivisto in occasione di interventi di: modifica strutturale ed impiantistica, nuova realizzazione (sia di impianti che di strutture) e modifiche di tipo organizzativo. Solamente un corretto ed approfondito studio degli aspetti citati permetterà di organizzare tutte le attività necessarie alla salvaguardia delle persone e delle cose. Il fuoco è il prodotto visibile di una reazione chimica di rapida ossidazione che avviene tra una sostanza combustibile ed una comburente (l’ossigeno dell’aria) in determinate condizioni di temperatura e pressione ed in varia composizione percentuale (reazione di combustione). La combustione è un caso particolare di reazione esotermica (ovvero con cessione di calore all’esterno) e con il termine combustione si indicano quelle reazioni chimiche che avvengono con l’intervento dell’ossigeno dell’aria e che sono accompagnate da uno sviluppo di calore apparente, sotto forma di radiazioni luminose (fiamma) e fumi. Perché possa determinarsi combustione è necessaria la combinazione di tre grandezze fisiche: #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 81 CO MB US TIB ILE TE EN UR MB CO FUOCO ENERGIA DI ATTIVAZIONE calore per raggiungimento temperatura ignizione Figura 1. Triangolo del fuoco • Massa combustibile: il combustibile è la sostanza in grado di combinarsi chimicamente con l’ossigeno; • Massa comburente: il comburente è l’ossigeno, sia esso puro e contenuto nell’aria ovvero contenuto in composti quali clorati, nitrati, perossidi, ecc. • Energia di attivazione: è il calore necessario a portare almeno una piccola parte della miscela infiammabile (combustibile + comburente) alla temperatura di ignizione. La temperatura di ignizione (o di accensione) è la temperatura minima alla quale deve essere portata una sostanza combustibile perché la sua combustione si inneschi e in quel momento in poi possa mantenersi da se stessa, senza ulteriori apporti di calore. Tale temperatura è anche detta “temperatura di autoignizione” proprio per ricordare che una sostanza combustibile, portata in aria alla sua temperatura di ignizione, comincia a bruciare e la sua combustione procede solo con l’apporto del calore da essa prodotto. La temperatura di ignizione non va confusa con la temperatura di combustione, ovvero la massima temperatura che si può raggiungere nella combustione del materiale, quando sia evitata ogni perdita di calore. L’insieme del Combustibile, del Comburente (ossigeno) e del calore necessario a raggiungere la temperatura di accensione (innesco) costituisce quello che viene definito come il Triangolo del Fuoco di Kinsley. Metodo di analisi: cenni Il metodo generale per effettuare la valutazione del rischio si fonda sull’identificazione dei pericoli distinguendo le analisi per i singoli ambienti di lavoro, valutando gli specifici fattori di rischio e cercando di stimare le possibili conseguenze. In sintesi quindi la valutazione deve procedere con le seguenti modalità: • Identificazione di ogni possibile fonte di pericolo di incendio quali sostanze facilmente combustibili e infiammabili, sorgenti di innesco, situazioni che possono determinare la facile propagazione dell’incendio; • Identificazione delle figure lavorative e di altre possibili persone presenti nel 82 luogo di lavoro esposte a rischi di incendio; • Eliminazione o riduzione del pericolo di incendio tramite opportuni interventi strutturali, impiantistici ed eventuali misure organizzative; • Valutazione del rischio di incendio residuo, tramite applicazione della cosiddetta “matrice del rischio”; • Verifica dell’adeguatezza delle misure di sicurezza esistenti ovvero individuazione di eventuali ulteriori provvedimenti e misure necessarie ad eliminare o ridurre i rischi residui di incendio. Stima del livello di rischio: la matrice di rischio Per definire Il livello di rischio delle attività soggette a valutazione, si ricorre ad una sorta di modello matematico, denominato “matrice di rischio”, nel quale gli effetti del rischio vengono esaminati in funzione dei seguenti elementi: • P = PROBABILITA’ o frequenza con la quale potrebbe verificarsi l’evento; • M = MAGNITUDO ovvero l’intensità della conseguenza, in altre parole l’entità del danno ai lavoratori o all’ambiente, provocato dal verificarsi dell’evento dannoso. • RISCHIO= P x M, il livello di rischio è quindi definito come prodotto dei due elementi alla base dell’analisi (probabilità e magnitudo). Una volta individuati e definiti i rischi presenti nell’attività soggetta ad analisi, studiate ed attuate le misure di prevenzione e protezione finalizzate alla protezione dei lavoratori tramite l’eliminazione o la riduzione dei rischi, si procede alla classificazione del luogo di lavoro come richiesto dalla normativa. Nella classificazione del livello di rischio si procede a valutare in modo globale i rischi singolarmente individuati, tenendo in giusta considerazione i criteri e le misure adottate ed i mezzi e impianti protettivi installati come illustrato successivamente, focalizzando lo studio verso gli effetti prodotti. impianti LA FREQUENZA/POSSIBILITA’ “P” di accadimento del rischio è stata classificata in tre livelli LIVELLO CARATTERISTICHE Il rischio rilevato può verificarsi solo con eventi particolari o concomitanza di eventi poco probabili indipendenti. Non 1 sono noti episodi già verificatisi. Il rischio rilevato può verificarsi con media probabilità e per cause solo in parte prevedibili. Sono noti solo rarissimi 2 episodi verificatisi. Il rischio rilevato può verificarsi con considerabile probabilità e per cause note ma non contenibili. È noto qualche 3 episodio in cui al rischio ha fatto seguito il danno. LA MAGNITUDO del danno “M” è stata classificata in tre livelli LIVELLO CARATTERISTICHE Scarsa possibilità di sviluppo di principi di incendio e limitata propagazione dello stesso. 1 Bassa presenza di sostanze infiammabili/combustibili. Condizioni che possono favorire lo sviluppo di incendio e limitata propagazione dello stesso. 2 Media presenza di sostanze infiammabili/combustibili. Condizione in cui sussistono notevoli probabilità di sviluppo di incendio con forte propagazione dello stesso. 3 Elevata presenza di sostanze infiammabili/combustibili. 3 6 9 2 4 6 1 2 3 1-2 3-4 6-9 Rischio di incendio BASSO Rischio di incendio MEDIO Rischio di incendio ALTO Figura 2 – Esempio di matrice del rischio con tabella di lettura livello di rischio Analisi delle sorgenti di pericolo di incendio Impianti elettrici : È estremamente importante esaminare lo stato di conservazione e funzionamento degli impianti elettrici, verificandone la rispondenza alla normativa tecnica vigente, ovvero delle norme CEI attualmente in vigore, della legge 186 del 01/03/1968 e della legge n. 46 del 05/03/90 e s.m.i. Materiali: arredi, materiali di produzione, materiali in magazzini Materiali combustibili che presentano pericolo di incendio (Classe A) Arredi e materiale stoccato destinato alla vendita Materiale combustibile • • Impianto elettrico Inneschi pericolosi Innesco elettrico Innesco termico Il pericolo di INCENDIO è conseguente al verificarsi di: • un surriscaldamento dei conduttori e delle apparecchiature elettriche • guasti di motori o impianti elettrici • Innesco di un incendio, per presenza di fiamme libere, sigarette e fiammiferi, cariche elettrostatiche #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 83 Classificazione del livello di rischio di incendio Livello di rischio Sulla base dei contenuti: • del DM 10 marzo 98 art 2, che indica i livelli di rischio indipendentemente dalla adeguatezza delle misure di sicurezza e quindi della corrispondente accettabilità del rischio stesso; • della normativa di sicurezza vigente; • delle valutazioni effettuate La sede è inquadrabile come rischio : • BASSO Identificazione dei lavoratori e di altre persone esposte a rischio di incendio Di seguito viene riportato un esempio di metodo per l’identificazione delle persone che frequentano la struttura sottoposta ad indagine, partendo dall’esame dei singoli ambienti: Area di riposo Archivio Nella struttura non sono presenti aree di riposo (La struttura presenta una stanza adibita ad area di riposo di cui usufruiscono max 5 persone) Non vi è stoccaggio di materiale altamente infiammabile in quanto l’archiviazione documentale è in appalto esterno (È presente un locale archivio nel quale sono collocati, secondo classificazione, i documenti) Persone presenti Negli ambienti destinati ad ufficio non accedono • Persone incapaci di reagire prontamente in caso di incendio ed ignare del pericolo causato da un incendio • persone che non hanno familiarità con i luoghi • persone la cui mobilità, vista o udito sia limitata. Presenza max di persone pari a 8 Il personale dell’ufficio, che è l’unico a poter accedere alle aree oggetto di analisi, è stato istruito con opportuna attività di formazione sul comportamento da adottare in caso di emergenza (procedura di emergenza affissa negli ambienti di lavoro) Principali misure da adottare per eliminare/mitigare il pericolo Misure organizzative Impianto elettrico MISURA Verifica del corretto stoccaggio Materiali immagazzinati e manipolati Evitare, per quanto possibile, di immettere e/o utilizzare materiali infiammabili. In caso di presenza di materiali infiammabili (documenti, casermaggio, ecc) installare opportuni apprestamenti (estintori, impianti di spegnimento, ecc) Verificare lo stato dell’impianto elettrico, per ridurre il pericolo di cortocircuiti, possibile fonte di innesco PERIODICITA’ Giornaliera Vie di emergenza - Porte Gli ambienti sono dotati di un’uscita che immette direttamente all’esterno, la cui Numero e dimensioni delle uscite di dimensione è adeguata al flusso di massimo affollamento presente negli uffici. emergenza Il percorso è correttamente segnalato Programma delle misure opportune per garantire nel tempo i livelli di sicurezza MISURA PERIODICITA’ Controllo uscite libere da materiale Giornaliera ingombrante, ostruzioni e pericoli Controllo apertura porte per Giornaliera assicurarsi che si aprano facilmente 84 impianti Mezzi ed impianti antiincendio È presente un estintore portatile a polvere di tipo approvato da 6 Kg per spegnere Numero e sistemazione dei mezzi di incendi di classe A,B,C, e da utilizzare su apparecchiature elettriche. estinzione portatili L’estintore è correttamente manutenuto da ditta specializzata La distanza che una persona deve percorrere per utilizzare un estintore è inferiore a Adeguatezza dei mezzi antincendio 30 m. Sono presenti estintori in numero adeguato che sono ubicati in luoghi visibili e di facile accesso Programma delle misure opportune per garantire nel tempo i livelli di sicurezza MISURA PERIODICITA’ Verifica degli estintori Semestrale Sorveglianza degli estintori: verificare che l’estintore non sia stato manomesso, che sia chiaramente Giornaliera visibile e che l’accesso allo stesso sia libero da ostacoli Mezzi di comunicazione In virtù della scarsa superficie di estensione degli ambienti di lavoro è sufficiente richiamare l’attenzione, in situazioni di emergenza, con allarmi orali dopodiché è Comunicazione verbali nella sede fissa opportuno condursi in luogo sicuro avendo premura di aiutare persone eventualmente presenti sui luoghi di lavoro e adottando tutte le misure necessarie per limitare i danni alle persone e alle cose Programma delle misure opportune per garantire nel tempo i livelli di sicurezza MISURA PERIODICITA’ Non prevista Impianti elettrici • L’impianto elettrico nel suo insieme risponde ai requisiti di buona tecnica, in modo tale da prevenire i rischi di incendio e di esplosione derivanti da eventuali Conformità impianti anormalità che si possono verificare durante l’esercizio • Verificare certificazione di conformità I quadri elettrici • Sono dotati di adeguate protezioni contro i sovraccarichi e cortocircuiti Riparazioni elettriche • Affidata a personale qualificato Programma delle misure opportune per garantire nel tempo i livelli di sicurezza MISURA PERIODICITA’ Messa fuori tensione delle apparecchiature elettriche non Giornaliera utilizzate Verifica funzionamento impianto di messa a terra e impianto scariche Ogni 5 anni atmosferiche Messa fuori tensione delle vengono effettuate operazioni di manutenzione apparecchiature elettriche durante le Se non elettrica su macchine o apparecchiature operazioni di manutenzione Verificare che gli allacciamenti elettrici siano ripristinati e/o lasciati esattamente come sono stati trovati Verificare presenza e visibilità della cartellonistica di sicurezza Dopo eventuali operazioni di riparazione o manutenzione su macchine e/o apparecchiature Giornaliera Informazione/Formazione Gli addetti hanno ricevuto, da parte del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, l’addestramento per il corretto utilizzo delle attrezzature e degli impianti Informazione elettrici Gli addetti alla lotta antincendio hanno seguito uno specifico corso ai sensi del DM 10 marzo 98 Programma delle misure opportune per garantire nel tempo i livelli di sicurezza MISURA PERIODICITA’ Informazione/Formazione In caso di introduzione di nuove macchine e attrezzature e nuove sostanze #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 85 Segnaletica di sicurezza La segnaletica relativa alla prevenzione incendi si compone dei seguenti cartelli: Sul quadro elettrico CARTELLI DI DIVIETO (conformi al D.Lgs. 81/08): “Vietato utilizzare acqua in caso di incendio” e “Vietato compiere manutenzione sull’impianto di propria iniziativa”. INDICAZIONI DELLE UTENZE Nei pressi delle uscite di emergenza CARTELLI DI SALVATAGGIO (conformi al D.Lgs. 81/08): Cartelli che segnalano l’ubicazione delle uscite di sicurezza e le direzioni da seguire Sui mezzi di estinzione SEGNALI ANTINCENDIO (conformi al D.Lgs. 81/08): Cartelli che segnalano l’ubicazione dei presidi antincendio Nei pressi del telefono NUMERI UTILI (c/o ufficio gestore) Norme comportamentali AVVISI indicanti le norme di comportamento da adottare in caso di incendio, in caso di evacuazione Programma delle misure opportune per garantire nel tempo i livelli di sicurezza MISURA PERIODICITA’ Controllo visivo della segnaletica: sia Giornaliera sempre ben visibile e non ostruita Accertarsi che le utenze sul quadro elettrico siano opportunamente segnalate Giornaliera FiloTecna-Formazione: la piattaforma e-learning per i tecnici È on line la piattaforma e-learning di Filotecna, raggiungibile dal sito www.filotecna.it. Il sistema eroga seminari di formazione a distanza sui principali argomenti di interesse per i tecnici tramite video lezioni e test di verifica dell’apprendimento. La piattaforma non consente di proseguire se non si raggiunge la soglia minima dell’80% del punteggio dei quiz. Attualmente sono liberamente disponibili i seguenti seminari: Requisiti dei soggetti certificatori energetici (3 unità didattiche); Efficienza energetica degli edifici – BASE- (8 unità didattiche); Elementi di impianti elettrici per gli edifici (5 unità didattiche). Per accedere visionare la guida disponibile al seguente link: http://www.filotecna- formazione.it/FiloTecna_Iscrizione_web/player.html Prossime lezioni Lezione 4 – Sistemi di protezione passiva Lezione 5 – Sistemi di protezione attiva 86 Lezione 6 – Esempio di progettazione con approccio ingegneristico LEGGERE Maurizio Galimberti nasce a Como nel 1956 e cresce a Meda. Studia da Geometra e nei cantieri affina il punto di vista rigoroso con cui impressionerà il mondo. Sin da ragazzo partecipa a numerosi concorsi fotografici, vincendoli, addirittura con nomi diversi come quello della madre o della moglie. All’inizio usa la classica pellicola analogica lavorando molto con una fotocamera ad obbiettivo rotante widelux in bianco e nero e in diapo/cibachrome, poi nel 1983 inizia la sua passione-ossessione per la Polaroid. La sceglie per il semplice motivo che non sopportava l’attesa dello sviluppo per vedere il risultato del suo scatto e anche per una eterna paura del buio della camera oscura. Si accorge inoltre che la resa dei colori con la pellicola istantanea è semplicemente magica ed inizia un lungo percorso fino ad oggi di ricerca e di sperimentazione nell’uso di questo media. Nei primi anni Novanta infatti, abbandona l’attività edilizia di famiglia e decide di dedicarsi solo alla fotografia. Nel 1991 inizia la collaborazione con Polaroid Italia della quale diventa ben presto il testimonial ufficiale e che ha come risultato il volume POLAROID PRO ART pubblicato nel 1995, vero oggetto di culto per gli appassionati di pellicola polaroid di tipo integrale. Il 1997 è l’anno che vede l’entrata nel mondo del collezionismo d’arte dei suoi mosaici di polaroid. Nello sviluppo di questa sua peculiare tecnica hanno grande influenza il futurismo di Boccioni e il movimento cinetico esasperato di Duchamp. Galimberti riesce in un istante a visualizzare una complessa scomposizione dell’immagine da ritrarre, matematica nel suo rigore e musicale nell’armonia d’insieme, che realizza di getto leggendo le note nella sua mente. Con la stessa tecnica diviene conosciuto per i suoi ritratti, sempre a mosaico. Arriva nel 1999 la nomina al primo posto nella classifica dei foto-ritrattisti italiani redatta dalla rivista Class. La Maurizio Galimberti Fotografo e artista della Polaroid #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 87 popolarità e il successo con cui vengono accolte queste inusuali rappresentazioni di volti lo portano a partecipare nel ruolo di ritrattista a numerose edizioni del Festival del Cinema di Venezia. In particolare, nell’edizione del festival del 2003, il suo ritratto di Johnny Depp sarà la copertina del Times Magazine inglese del 27 settembre dello stesso anno. La curiosità per la particolare tecnica da lui sviluppata ha suscitato l’interesse di numerose aziende leader in vari settori, tra le quali: Milan calcio (“Il Milan del centenario”) Fiat Auto (calendario 2006, libro “Viaggio in italia…nuova fiat 500) Kerakoll (libro “NewYorkmatericomovimentosa”) Jaeger Lecoultre (libro “La grand maison”) Illy caffè (campagna istituzionale 2008) Nokia (libro “telefoninotempoemozione”) Lancia Auto (ritratti alla 66a mostra del cinema di Venezia). Nel 2005 l’incontro con i Sig.ri Fumagalli, appassionati e collezionisti di arte contemporanea, ha permesso a Galimberti di iniziare la realizzazione di importanti volumi sulle città del mondo come New York, Venezia, Berlino. Inoltre nel 2007 viene fondato l’Archivio NordEst che raccoglie, numera e cataloga le sue opere al fine di valorizzarle e di tutelarne l’autenticità. Nell’ottobre 2009 in occasione della riapertura di Polaroid è invitato in veste di testimonial ufficiale alla fiera della fotografia di Hong Kong , di Las Vegas e al Tribeca Film Festival, realizzando portraits performance con Lady Gaga, Chuck Close e Robert de Niro. Nell’Aprile 2011 all’interno della prestigiosa collana di film/dvd sui grandi della fotografia Italiana, prodotta da GiArt di Bologna ed editata da Contrasto, è uscito il film/dvd “Maurizio Galimberti”. Nell’Aprile del 2011, IMPOSSIBLE, nuovo brand produttore di instant film, gli ha dedicato un instant film b&w denominato “IMPOSSIBLE MAURIZIO GALIMBERTI SPECIAL EDITION”. Galimberti è stato inoltre visiting professor alla Domus Academy, alla facoltà di Industrial Design dell’Università Bicocca di Milano e all’Istituto Italiano di fotografia di Milano. Tiene regolarmente workshop di fotografia creativa durante i principali festival fotografici. Le sue opere fanno parte delle più importanti collezioni di fotografia. Attualmente lavora ad un prestigioso volume sulla città di Milano in vista dell’Expo del 2015, e ad un volume con Archivio nordest sulla città di New York di imminente realizzazione. Con GiArt di Bologna lavora al Progetto “PAESAGGIO ITALIA” che dà luogo ad un’importante mostra (con oltre 150 immagini esposte) tenutasi quest’anno all’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti di Venezia e all’omonimo libro edito da Marsilio Editori SpA dal quale si propongono due capitoli e le immagini di alcune opere di Galimberti. 88 leggere “Maurizio Galimberti. La mosca” di Giuseppe Mastromatteo Maurizio Galimberti è un cubista, un surrealista, un fotografo, un abile manipolatore della realtà. Il suo modo di vedere il mondo è un puzzle, i suoi sono occhi particolari: forse è una mosca reincarnata in un fotografo di grande successo che vede la realtà scomposta in mille sfaccettature. Le opere di Maurizio sono opere dell’invasione fotografica, perché quando vuole raccontare un’architettura con la ma è il maestro che ne decreta l’interesse artistico. I Mosaici di Galimberti scompongono e ricompongono la realtà, la aprono, la schiudono e ne rivelano in ogni scatto un senso proprio, una propria autonomia e dignità. Che sia una finestra o un grattacielo poco importa. Come un architetto dell’immagine Galimberti razionalizza tutti i pezzi per stendere poi l’insieme che diventa magicamente arte. Galimberti raramente controlla ciò che ha scattato, ha sempre bene in mente i pezzi che andranno a comporre soltanto l’estensione di un occhio molto raffinato che ha bisogno di molto più di una fotografia per narrare la realtà. Galimberti è un uragano come Sandy che arriva e spazza via, apre tutte le forme architettoniche e ne fa un racconto d’arte completamente stravolto. Perché un solo punto di vista non è sufficiente e non porta lontano. La contemporaneità di Galimberti sta proprio in questo: quelle polaroid che tutte insieme aprono a più verità contemporaneamente sono il 3D della fotografia. sua personalissima Polaroid, lui invade letteralmente il paesaggio e le fondamenta stesse della visione umana proprio come se volesse scansionare la realtà. In realtà Maurizio è solo un fotografo abile ma, di più, mappa metro per metro la città proprio come la fotografia aerea che cattura una quantità elevata di informazioni sul territorio e sul paesaggio che altrimenti rimarrebbero sconosciute. La sua Polaroid non risparmia niente: tutto può diventare una Polaroid Galimberti, il puzzle fotografico più ampio, perché l’opera è nella sua testa ancora prima del click iniziale. Maurizio gioca con la realtà, la filtra e la distorce per raccontare tutti i lati della verità, belli o brutti che siano. Il palazzo diventa “multi palazzo” e il paesaggio diventa “multi paesaggio” come un grande grattacielo diventa infinito e sfaccettato nelle sue molteplici rappresentazioni fotografiche. Io non so se la sua sia fotografia o piuttosto un modo più ampio di raccontarci una verità: il mezzo è “Extra_vagante Esplorazioni, incursioni, divagazioni, appunti di Maurizio Galimberti” di Benedetta Donato (curatrice del Progetto “Paesaggio Italia”) Lasciatemi così. Ho fatto tutto il giro e ho capito. Il mondo si legge all’incontrario. Tutto è chiaro. Italo Calvino, Il castello dei destini incrociati, Torino, Einaudi, 1973 #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 89 La dimensione del vagare al di fuori dell’ordinario, al di là delle mete riconosciute e riconoscibili dallo sguardo, perdersi e ritrovarsi senza concetti prescritti, lasciandosi alle spalle il proprio luogo comune, vuol dire essere pronti a disorientarsi. Raccontare la storia di un viaggio e del suo viaggiatore che lascia tracce, che come un narratore dissemina indizi e scenari possibili in un costante rinnovamento dello spazio e dei luoghi. In questa narrazione, il percorso è guidato dalle emozioni, dal sentire, dalla ricerca di quell’istante in cui si realizza l’imperfetto. L’istante in cui, parafrasando Cartier-Bresson, «la testa, l’occhio e il cuore sono messi sulla stessa linea di mira» per restituire il momento autentico dove la sincronia la fa da padrona: viaggiatore e luogo sono nello stesso tempo. L’esperienza è certamente extraordinaria, al di fuori della sfera del prevedibile, perché il narratore, consapevole di trovarsi di fronte a una realtà complessa, tanto strabordante da non poter rientrare in quel limbo di parzialità che è l’inquadratura, reinterpreta anche quello che apparentemente rimane al di fuori dell’impressione visiva, perché oramai, lui, lì ci è entrato dentro, se ne è appropriato. Nel Grand Tour che ci viene riportato, l’artista vive un’esperienza di trasformazione e rinnovamento, percorre e riscopre itinerari che si presentano sottoforma di panorami inediti. L’evoluzione maturata, anche grazie alle esperienze di New York, Berlino e Venezia, è il presupposto per affrontare questo nuovo viaggio in Italia, attraverso i luoghi del cuore, come un’opportunità di sperimentazione e mutamento. Cambiano i soggetti, le modalità di ripresa, le pellicole, le cose notate che diventano notevoli. Il viaggio di Maurizio Galimberti trasfigura lo sguardo verso un nuovo mondo, 90 scuotendo l’abitudine mentale secondo cui la realtà è solo quello che si vede. Innanzitutto lui la sente, la mangia, ne avverte i profumi e i sapori nel momento in cui istante e istinto viaggiano in simbiosi con la sua ombra, con il suo essere dentro il tutto. La suona, scegliendo il giusto tempo di esecuzione. Il giusto tempo è quella misura in grado di conferire movimento alla composizione. L’esercizio compositivo, in musica così come nella fotografia di Galimberti, tende alla ricerca dell’armonico. Il risultato è il ritmo, la ricerca dell’armonia nel dialogo tra tempo e spazio, nella geometria dell’incanto che l’artista stesso definisce «liricità nello spazio». Suonare la musica di un luogo, di un edificio, di una città, di una strada e saperne ritrasmettere la magia vuol dire vedere lo spazio come una realtà da comporre che ha un inizio e una fine, che appare sottoforma di spartito musicale sul quale scrivere le note. «[...] Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti cominciano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare» (Alessandro Baricco, Novecento. Un monologo, Milano, Feltrinelli, 1994, p. 56). Una polaroid: un oggetto concluso, finito, definito. Il saper fare dell’artista interviene e quell’oggetto diventa scrigno di infinite visioni, così come infinite sono le geometriche possibilità compositive. Dall’alto verso il basso, da sinistra verso destra, da un estremo all’altro. Il soggetto di Galimberti è fermo; è il fotografo stesso che gli regala ritmo, velocità, che dà movimento alla macchina leggere sperimentando la ripetizione con preciso rigore matematico, cercando la perfezione della linearità, calibrando i pieni e i vuoti, in un dinamismo che è contemporaneamente fisico e mentale. Nei mosaici il fotografo si muove nello spazio che circonda un edificio o un volto, per rinnovarlo costantemente, per creare spettacolari melodie visive. «[...] Non è pazzia. È geometria» (Ibid.). L’artista Galimberti sperimenta con gioco, sintonizzando le proprie potenzialità espressive con quelle del medium, passando dalla spettacolarizzazione geometrica dei luoghi e dei volti alla ricerca di frammenti d’intimità, di un’altra dimensione, del sogno. Si sofferma su una specifica realtà, colta in una miriade di dettagli apparentemente marginali, così come possono essere gli scorci o gli oggetti della consuetudine nella vita quotidiana. Scatti singoli, piccole serie di immagini manipolate, isolano il particolare e immediatamente assumono le sembianze di un’esistenza che acquista una propria identità, degna di essere raccontata. Storie che diventano, in forza dello speciale vigore estetico di questa rappresentazione visiva, esperienze qualitative intense. Il vigore è anche fisico, si esprime nell’alterazione della consistenza materica e cromatica del reale così reinterpretato, rivissuto, restituito a nuova vita. Avviene un’incursione dell’artista in quella realtà in cui oramai è entrato, un intervento scultoreo «[...] non ti basta scattare l’immagine, vuoi entrarci dentro, avverti il bisogno fisico che vive con la tensione delle tue braccia». Nei Ready-made questa attitudine è elevata. Gli oggetti riletti, rivisti, di cui si appropria e da cui viene stimolato, vengono contaminati dal suo segno. Un timbro campeggia sulle cartoline #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 91 postali «MAIL ART by MAURIZIO GALIMBERTI», «Readymade by Maurizio Galimberti»: una ricerca e un invito alla corrispondenza emozionale, alla riaffermazione del sé attraverso un nuovo oggetto artistico. E anche un suggerimento a riconoscersi in quelle atmosfere rievocate cui viene restituita voce. La rievocazione di un’atmosfera è tradotta anche attraverso una sorta di distacco che avviene quando Galimberti propone immagini appartenenti a una realtà altra. Accade con la vibrazione del colore e si rafforza con il bianco e nero. La semplificazione innalza il singolo frammento, lo alleggerisce e al contempo lo fa sentire in profondità. A quasi duecento anni dall’invenzione della fotografia, di fronte a questi replicanti – impossibile non cogliere la similitudine con i primi dagherrotipi – viene da domandarsi: realtà o sogno? Eco di momenti ritrovati, la realtà è senza tempo. Irreale. Metabolizzando il lavoro di Galimberti, credo che la frammentazione di una visione architettonica, l’atto della scomposizione di un volto, l’incursione e l’intervento dell’artista sulla realtà, lungi dal renderla ineliminabile, mostrino l’esistenza di un necessario che travalica lo stesso principio di istantaneità. Il lavoro è denso, gli itinerari reali-irreali, tecnici-mentali sono molteplici. La liricità dello spazio scandita attraverso il ritmo nelle e delle immagini è accompagnata, in questo lavoro, da una tecnica di scrittura mai didascalica o puramente descrittiva. Il linguaggio è istintivo, un idioma carico di varianti che ancora di più sottolinea e rafforza il legame instaurato con i luoghi, la radicata appartenenza reciproca. Sul suo personalissimo giornale di bordo, l’artista-narratoreviaggiatore, passo dopo passo, riga dopo riga, riporta pensieri, emozioni, atmosfere, parole in libertà che di futurista conservano la paternità letteraria e il metodo simultaneo. In Galimberti avviene un passaggio ulteriore: la narrazione dei pensieri si allarga a nuove visioni e non si riferisce esclusivamente alla realtà urbana. Il flusso di sensazioni provate dall’artista non sceglie la città come unicum da elevare, Maurizio Galimberti. Paesaggio Italia Più di 300 pagine e oltre 300 fotografie: le Polaroid di Galimberti mettono in scena un nuovo e sorprendente Viaggio in Italia, per certi tratti un percorso visivo, per altri fortemente autobiografico, in cui Galimberti non si risparmia. Un grande libro, a cura di Benedetta Donato, (Marsilio Editori SpA, 2013; pp. 320 con 352 ill. a colori) per appassionati di fotografia e di manipolazione delle immagini a sviluppo immediato, una tecnica che ha preceduto di molto la strada delle elaborazioni che si fanno oggi con la fotografia digitale. Una ricerca iniziata oltre vent’anni fa. Ai primissimi scatti realizzati negli anni ‘90 si affiancano gli inediti degli ultimissimi anni. Il risultato è un lavoro sul tema del viaggio in Italia che, per la prima volta, riesce a mettere insieme tutte le forme creative sperimentate dall’instant artist con la sua Polaroid 92 bensì la decontestualizzazione e la destrutturazione di quel determinato spazio e di ciò che lo caratterizza innanzitutto. Che si tratti di un edificio, un’architettura, una strada, un volto, un oggetto, del mare... poco importa. O può importare tutto, se si è verificato il momento in cui l’artista riesce a cogliere l’imperfetto ovvero ha raggiunto il suo scopo. Il luogo decontestualizzato, surreale, frammentato, ricostruito o manipolato, per il narratore Galimberti, mostra una verità, una sensazione profonda di ironica leggerezza, immediata e vitale, istantanea, mentre il testo offre uno spunto, una o possibili tracce di memorie ancora presenti che a quel luogo e a quella sensazione restano indissolubilmente legate. La simultaneità di parole e immagini riempie contemporaneamente la coscienza e la consapevolezza dell’artista, alimentando il suo incontenibile istinto, il bisogno fisico di continuare a nutrirsi, di mordicchiare la realtà, di lasciarvi un segno. EVENTI I n Roma si è tenuto nel Palazzo Corrodi, sede della Cassa Italiana di Previdenza dei Geometri, il convegno sulla nuova figura professionale del Building Manager, quale evoluzione della “classica” figura dell’“Amministratore di condominio”, alla luce delle novità introdotte dalla legge n.220/2012, entrata in vigore il 18 giugno 2013. Tre sono i motivi per i quali la società Groma ha organizzato il convegno. Il primo perché la Riforma del Condominio, per quanto possa essere ritenuta dagli addetti ai lavori un’occasione mancata, innovativa, bella o brutta, offre comunque l’occasione per spolverare la figura dell’ “Amministratore di condominio”. Figura ”impolverata” da 71 anni di evoluzione e trasformazione del ruolo, dei suoi compiti, delle responsabilità e soprattutto delle competenze, profondamente modificate dal contesto sociale nella storia del nostro Paese. Il secondo motivo: in Italia non si costruisce più (essenzialmente perché non c’è più territorio) e per questo si lavora sull’esistente. Il “Building Manager” L’evoluzione della figura dell’“Amministratore di condominio” Le novità della Legge 11/12/2012 n.220 Una grande opportunità professionale #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 93 futuro, pertanto, è racchiuso in un unico termine “gestire”: • Gestire il costruito (manutenzione di edifici ed impianti) • Gestire i servizi allo spazio • Gestire i servizi alle persone • Per queste attività occorrono figure professionali specializzate, come quella innovativa del Building Manager. Terzo ed ultimo motivo, non in ordine di importanza, perché Groma, che opera ormai da 26 anni nell’ambito della gestione di servizi integrati per il patrimonio immobiliare, ha creato (forse per prima in Italia) già nel 1998, una propria rete di Building Manager, sull’esperienza gestionale dei Paesi anglosassoni, con l’obiettivo di sviluppare una nuova figura tecnica, che si occupasse prevalentemente di tutti quegli aspetti manutentivi connessi alla gestione integrata di un immobile. Una figura più specializzata, quindi, in grado di rispondere in maniera efficiente alla innumerevole varietà di esigenze e di interventi che il mercato richiede. I tre motivi illustrati da Vincenzo Acunto, Direttore Generale di Groma, nei lavori di apertura del convegno, che ha visto 75 Collegi Provinciali di Geometri collegati in streaming ed oltre 100 professionisti accreditati in sala, hanno consentito di definire nuove opportunità di lavoro, nuovi sbocchi professionali e la definizione di questa figura professionale, richiesta dal mercato prima che dalla normativa. I numeri citati dai vari relatori del convegno sono eloquenti: in Italia le unità immobiliari sono circa 60 milioni, di queste oltre il 60% sono abitazioni e un ulteriore 30% sono unità pertinenziali di residenze (cantine, box, posti auto, depositi, ecc.). Il 70% dello stock immobiliare residenziale in Italia ha più di 30 anni, di questo il 35% ha mediamente 60 anni. Nel 94 settore dell’edilizia, la percentuale dell’attività manutentiva nel solo settore residenziale è pari al 23%. Da questi dati sintetici ci si rende immediatamente conto di quanto possa pesare nell’economia di un Paese come l’Italia il settore dell’edilizia, delle manutenzioni e della gestione immobiliare in particolare, con una evidenza sulla gestione dei costi rispetto alla pura attività contabile. La valenza innovativa del Building Manager, per quanto sopra sinteticamente descritto, è quella di superare la tradizionale concezione della figura a noi nota come “Amministratore di condominio”, più vicina ad un contabile che ad un tecnico (per i conti ci sono i software, per gli interventi manutentivi sono necessarie delle precise competenze). Il Building Manager, nell’immaginario collettivo italiano, è una strana figura professionale, a metà tra “l’Amministratore di condominio” ed un “tecnico libero professionista”. È considerata una figura indispensabile alla gestione dei beni immobiliari con enormi potenzialità di crescita. La Riforma, pur non inserendo l’“Amministratore di condominio” tra le categorie ordinistiche, in pratica ne ha delineato un professionista a tutti gli effetti, al quale si richiede un diploma, una certificazione, una formazione periodica, la responsabilità civile, la fideiussione, ed altro, attribuendogli una responsabilità multi direzionale. La finalità e l’occasione offerta dalla Riforma è quella di arrivare a formare un professionista in possesso di conoscenze e abilità idonee ad affrontare la complessa sfida del mercato della manutenzione e dei servizi allo spazio e alle persone, un soggetto in grado di massimizzare l’efficienza e l’economicità del sistema edilizio: esigenze individuali, strutturali dell’immobile e dell’ambiente circostante. Il potenziale di mercato è molto alto, in quanto la domanda attuale si attesta a circa il doppio dell’offerta: in Italia, oggi, coloro che amministrano un condominio sono circa 320.000, ma di questi ben 260.000 gestiscono un unico edificio, presumibilmente quello dove loro stessi abitano (Fonte Impresa lavoro.eu). La gestione di un edificio non può esimersi da temi culturali, oggi molto sentiti, quali la flessibilità organizzativa, la capacità di soddisfare le esigenze di chi vive negli edifici, l’assicurazione della qualità delle prestazioni effettuate, lo sviluppo di processi e metodi di lavoro efficaci, la conoscenza multidisciplinare. È evidente che lo sforzo richiesto non può essere richiesto al singolo individuo, ma dovrà essere la risultante di un servizio fornito con eccellenza, grazie all’impiego di un’organizzazione ben strutturata e personalizzata sulle esigenze dell’utenza. Secondo Groma, il Building Manager è una figura tecnica, specialistica, con competenze specifiche nel settore immobiliare ed in particolare in quello della gestione integrata. A differenza del classico “Amministratore di condominio”, il Building Manager non si occupa solo ed esclusivamente di quegli aspetti connessi a procedure contabili e amministrative, ma sarà impegnato prevalentemente quale “tecnico” specialista per gestire con maggiore efficacia gli aspetti di natura tecnico-manutentiva, occupandosi della conservazione dello stato funzionale e prestazionale di un complesso immobiliare, senza trascurare i servizi allo spazio e alle persone che lo vivono. Visto il grande interesse suscitato dall’iniziativa, a breve i materiali e gli interventi degli autorevoli relatori verranno messi a disposizione in modalità e-learning su abitantionline.it. NEWS Concorso Instanthouse @ School: i vincitori dell’edizione 2013 Sono stati decretati i vincitori dell’edizione 2013 del concorso InstantHouse @ School, promosso da FederlegnoArredo in collaborazione con il DAStU, Dipartimento di Architettura e Studi Urbani e Politecnico di Milano per MADE expo. Ad aggiudicarsi il primo premio sono state Alexandra Timpau e Barbara Bencova, della Technical University of Cluj-Napoca, con “SMALL EXPLORERS KINDERGARTEN”, progetto articolato in una sequenza di spazi che interpretano la formazione del bambino entro un processo di esplorazione fra natura e artificio. Il secondo posto è andato invece a Trinh Phuong Quan, dell’HCMC, University of Architecture, di Ho Chi Minh City. Il vietnamita ha presentato un nuovo concetto di progetto, dal titolo “OPEN AND LINKED KINDERGARTEN”, operando tramite la metafora del fiore e dei petali, definendo con abilità una composizione che ritma gli spazi didattici fra volumi organici e aree aperte. Il tema consente un’abile miscelazione fra le diverse gerarchie: centralità e dispersione entro un ordine evidente. Terzo posto assegnato a Iva Markovic e Jovana Petrovic dalla Serbia. Il progetto, ideato dalla studentessa della Belgrade University, prende il nome di INSTANT SCHOOL e attraverso la ricerca geometrica, investiga l’aggregazione differenziata fra i volumi, risolvendo con attenzione il rapporto fra spazi interni e articolazione dei vuoti. Il tema del concorso prevedeva la progettazione di una scuola dell’infanzia per bambini dai 3 ai 6 anni, una scelta intenta a stimolare ricerche architettoniche che riflettano le diverse modalità di percepire e conoscere il paesaggio, l’ambiente e il territorio da parte dei bambini, attraverso un’esperienza multisensoriale dello spazio e dell’architettura. L’edizione 2013 di InstantHouse ha visto il doppio dei progetti rispetto alla scorsa edizione e ha decretato i vincitori tramite una Giuria selezionata, composta da importanti personaggi come Pedro Gadanho, curatore del MoMA. I progetti premiati verranno esposti a MADE expo in ottobre. Verrà inoltre realizzato a un prototipo del progetto vincitore in scala reale, per creare un punto d’incontro con i produttori interessati all’originalità architettonica, alla tecnica costruttiva e al valore economico dell’opera. La manifestazione internazionale dedicata all’edilizia e al mondo del progetto e dell’architettura sarà a Fiera Milano Rho dal 2 al 5 ottobre. #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 95 BOOKS Codice della Relazione Peritale nel processo civile di cognizione Il consulente tecnico svolge un’opera essenziale per il corretto svolgimento del processo civile. La relazione peritale – quando la questione controversa si risolve in aspetti tecnici – diventa sostanza per la decisione giurisdizionale. In essa il magistrato deve poter trovare non solo la risposta ai quesiti ma anche la rispondenza alle regole poste alla base del processo. La relazione peritale non può quindi risolversi in una relazione tecnica qualsiasi, ed anche se il codice di rito non stabilisce indicazioni per la sua redazione vi sono principi essenziali che le norme e la pratica indicano. Il Codice della relazione peritale nel processo civile di cognizione, definendo principi, criteri, requisiti e metodologie, considera la pratica operativa del consulente insieme 96 ai precetti normativi e alle regole processuali, per delineare standard minimi indispensabili per lo svolgimento corretto del mandato. Il Codice, attraverso linee guida puntuali ed esaustive, mira a prefigurare un livello di qualità professionale uniforme e condiviso, rivolto al mondo professionale ed a quello della magistratura, ed in grado di rappresentare il termine di raffronto e il punto di riferimento per i consulenti tecnici. In definitiva il Codice della relazione peritale nel processo civile di cognizione si pone l’obiettivo di uniformare la metodologia di redazione della relazione peritale, a vantaggio di una visione comune, di una crescita e di uno sviluppo qualitativo del ruolo del consulente, e nella consapevolezza che è responsabilità dell’ausiliario offrire al magistrato un documento peritale completo e corretto per forma e sostanza. Il volume (edito da Pisa University Press, 2012; 112 pagine, in vendita da marzo e prenotabile sul sito: www.pisauniversitypress.it) è stato realizzato a cura di: Consiglio Nazionale Forense; Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati; Scuola Superiore dell’Avvocatura; Associazione Nazionale Geometri, Consulenti Tecnici, Arbitri, Mediatori. Comitato scientifico dell’opera: Direzione scientifica: prof. Avv. Francesco Paolo Luiso; per la Scuola Superiore dell’avvocatura: Avv. David Cerri, Avv. Maurizio Paganelli; per l’Associazione Nazionale Geometri, Consulenti tecnici, Arbitri e Mediatori: Geom. Paolo Frediani, Geom. Guido Turchetti. PER UNA NECESSARIA PIANIFICAZIONE DELLE SPESE POSTALI, IL NOSTRO BIMESTRALE, CHE IN PASSATO VENIVA INVIATO GRATUITAMENTE A TUTTI I GEOMETRI LIBERI PROFESSIONISTI, POTRÀ ESSERE RITIRATO PRESSO GLI UFFICI DEI COLLEGI DI APPARTENENZA. TUTTI I NUMERI PUBBLICATI DI GEOCENTRO/magazine SONO CONSULTABILI ON-LINE SUI SITI: www.fondazionegeometri.it, www.cng.it, www.cassageometri.it ATTENZIONE! GRATUITAMENTE i Geometri che desiderano continuare a riceverlo presso il proprio indirizzo sono pregati di fotocopiare il modulo qui stampato, compilarlo in ogni sua parte e inviarlo via Fax al n° 06.42005441. MODULO RICHIESTA INVIO GRATUITO GEOCENTRO/magazine Nome Collegio di appartenenza N° Iscrizione Albo Città Via/Piazza Telefono Data Fax 06.42005441 Cognome Cap N° e-mail Firma #27 // MAGGIO GIUGNO 2013 97 NEL PROSSIMO NUMERO 28 REALIZZAZIONI Ospedale dei bambini “Pietro Barilla” di Parma ZOOM Percorsi nel “Grande Cretto” di Alberto Burri in Gibellina Vecchia (TP) IDEE Il viaggio: andata o ritorno? Claudio Magris TECNOLOGIE Censimento edilizio informatizzato per la prevenzione sismica Progetto Groma PROGETTI La casa di paglia in Roma … e tanti altri interessanti articoli che illustrano lavori ed interventi dei Geometri liberi professionisti. 98