27
MAG - GIU 2013
anno V
MAGGIO - GIUGNO 2013
27
GEOWEB
VALORE PER IL GEOMETRA
Nasce da un’ iniziativa del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati e Sogei S.p.A. per lo sviluppo
e la diffusione dei servizi informatici e telematici rivolti ai Geometri.
PERCHÉ GEOWEB CONVIENE
Dal portale web si può accedere ai principali servizi
catastali (visure catastali, visure planimetriche ed
elaborati planimetrici del catasto urbano, estratti di
mappa del catasto terreni, ispezioni ipotecarie, invio
DOCFA e PREGEO) e di altri Enti ed Istituzioni (visure
camere di commercio, visure PRA, SEI, DEI)
GEO-LEARNING
GEO-SIT
GEO-POINT
Formazione a distanza
con attribuzione di crediti formativi
Sovrapposizione di estratti
di mappa alle ortofoto del territorio
Correzione dati di rilevamento
in real time
DEPOSITO NAZIONALE
ASSISTENZA
AMPIA
Gestione del castelletto
per il pagamento dei diritti erariali
Telefonica qualificata e costante
Gamma di altri servizi a costi
contenuti
CERCA GEOMETRA
RASSEGNA
IL TUO CONTO
Ricerca ed individuazione
del geometra sul territorio
Stampa Giornaliera
Rendicontazione contabile
personalizzata
Maggiori informazioni su www.geoweb.it
GEOWEB
VALORE PER IL GEOMETRA
Nasce da un’ iniziativa del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati e Sogei S.p.A. per lo sviluppo
e la diffusione dei servizi informatici e telematici rivolti ai Geometri.
PERCHÉ GEOWEB CONVIENE
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catastali (visure catastali, visure planimetriche ed
elaborati planimetrici del catasto urbano, estratti di
mappa del catasto terreni, ispezioni ipotecarie, invio
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27
MAG - GIU 2013
anno V
MAGGIO - GIUGNO 2013
27
MAGGIO - GIUGNO 2013
GEOCENTRO/magazine
Periodico bimestrale
Anno V N. 27
Maggio - Giugno 2013
DIRETTORE RESPONSABILE
Franco Mazzoccoli
[email protected]
COMITATO
Fausto Amadasi
Carmelo Garofalo
Leo Momi
Bruno Razza
Mauro Cappello
Lucia Condò
Gianfranco Dioguardi
Stig Enemark
Franco Laner
Norbert Lantschner
Pier Luigi Maffei
Franco Minucci
Marco Simonotti
Antonella Tempera
COORDINAMENTO REDAZIONE
Claudio Giannasi
A.D. e IMPAGINAZIONE
Filippo Stecconi
Francesca Bossini
www.landau.it
EDITORE
Fondazione Geometri Italiani
Via Cavour 179/a
00184 Roma
Tel. 06 42744180
Fax: 06 42005441
www.fondazionegeometri.it
STAMPA
artigraficheBoccia
www.artigraficheboccia.it
Carta interni:
riciclata Cyclus Print gr. 100
RESPONSABILE
TRATTAMENTO DATI
Franco Mazzoccoli
PUBBLICITÀ
Fondazione Geometri Italiani
Via Cavour 179/a
00184 Roma
Tel. 06 42744180
Fax: 06 42005441
[email protected]
ABBONAMENTI 2013
Annuo: euro 50
Un numero: euro 10
Richiesta via e-mail
[email protected]
e versamento a:
Banca Popolare di Sondrio
Intestato a:
Fondazione Geometri Italiani
Codice IBAN: IT27 F056 9603 2270
0000 2132 X22
RICHIESTE VARIAZIONE
INDIRIZZO DI SPEDIZIONE
Tel: 06 42744180
COPYRIGHT
È vietata la riproduzione,
anche parziale, di articoli,
fotografie e disegni
senza la preventiva autorizzazione
Autorizzazione del Tribunale di
Roma n. 250 del 29 maggio 2003
27
7EDITORIALE
ECOLOGIA AMBIENTALE
ECOLOGIA UMANA
di Franco Mazzoccoli
8INTERVENTI
Congresso:
conclusioni
considerazioni
contrarietà
10PREVIDENZA
Relazione
al Comitato
dei Delegati
28 maggio 2013
di Fausto Amadasi
8
14
14INTERVENTI
Papa Francesco
Udienza Generale
Piazza San Pietro
Mercoledì, 5 giugno 2013
16
16PROGETTI
Marco Morigi
e gli skatepark
22PENSARE
Fare
Scuola
di Luigi Mussio – Naida Di Nino
40PROTAGONISTI
Aurelio Costa
Geometra
Una vita
con la topografia
49FOCUS
Michele Amato
ARTEMOEG
Le ultime
quattro lettere
di (un) Geometra
all’inverso
di Fausto Savoldi
40
53
53ZOOM
MUSE
Nuovo Museo
delle Scienze di Trento
Progetto di Renzo Piano
61IDEE
Ziggurath o Tarugghitz?
Il Cantiere come cantiere
linguistico
di Ruggero Pierantoni
68
68RESTAURO
Oratorio
di San Filippo Neri
Bologna
73FORMAZIONE
Legno
e terremoto
di Franco Laner
87
73
81
PER QUESTO NUMERO SI RINGRAZIA
Michele Amato
Gian Paolo Costa
Naida Di Nino
Nevio Kristancic
Marco Morigi
Luigi Mussio
Ruggero Pierantoni
81IMPIANTI
Sistemi di sicurezza
antincendio
nelle abitazioni e negli uffici
Guida breve all’applicazione
dell’analisi del rischio incendio
Terza lezione
di Mauro Cappello
87LEGGERE
Maurizio Galimberti
Fotografo e artista
della Polaroid
93EVENTI
“Building Manager”
L’evoluzione della figura
dell’“Amministratore
di condominio”
Le novità della Legge
11/12/2012 n.220
Una grande opportunità
professionale
95NEWS
96BOOKS
Collegio dei Geometri e Geometri Laureati
della Provincia di Ravenna
Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna
GiArt
Libreria Editrice Vaticana
Marsilio Editori SpA
MUSE – Museo delle Scienze di Trento
Studio Pier Luigi Cervellati
Online
La rivista è consultabile
agli indirizzi web:
www.fondazionegeometri.it
www.cng.it
www.cassageometri.it
Sezione “Geocentro”
Crepe nei muri?
Cedimenti?
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*
EdITORIaLE
ECOLOGIA AMBIENTALE
ECOLOGIA UMANA
di Franco Mazzoccoli
Direttore di GEOCENTRO/magazine
photo © Giuseppe Fucile / Shutterstock.com
“Ma il ‘coltivare e custodire’ non comprende solo il rapporto tra noi e l’ambiente, tra l’uomo ed il creato, riguarda
anche i rapporti umani. I Papi hanno parlato di ecologia umana strettamente legata all’ecologia ambientale. Noi
stiamo vivendo un momento di crisi; lo vediamo nell’ambiente, ma soprattutto lo vediamo nell’uomo. La persona
umana è in pericolo: questo è certo, la persona umana oggi è in pericolo, ecco l’urgenza dell’ecologia umana! E
il pericolo è grave perché la causa del problema non è superficiale, ma profonda: non è solo una questione di
economia ma di etica e di antropologia”.
Questo ha detto Papa Francesco nella Sua Omelia pronunciata il 5 giugno 2013 per la “Giornata Mondiale
dell’Ambiente” il cui testo riportiamo a pagina 14.
I rapporti tra gli uomini non possono essere impostati su logiche scorrette di arrivismo ed invidia: di avere ciò che
altri hanno o di essere ciò che altri sono, di non essere rispettosi dell’etica che deve essere alla base dei rapporti.
A tal proposito riporto delle considerazioni di Giorgio Voghera, che avevo ricopiato sul mio notes e che trovo di
assoluta attualità.
“In genere se Madre Natura vi ha concesso in misura superiore al normale l’intelligenza, l’intuizione, la facoltà di
rapida decisione, la capacità di appassionarvi al vostro lavoro e di portare un contributo di idee nuove, cercate,
per l’amor del cielo, di mascherare queste vostre qualità... altrimenti si formerà contro di Voi, spontaneamente
e quasi inconsciamente, la coalizione di tutte le mediocrità... che, nei casi in cui si accorgono che un problema
è troppo complesso per la loro comprensione, se la cavano con una delle solite manovre elusive o dilatorie: gli
espedienti suggeriti dalla loro non conoscenza, dalla non comprensione, verranno quasi sempre considerati come
ispirati dal ‘buon senso pratico’”.
Passando a taluni contenuti delle nostre Rubriche, l’articolo “Fare Scuola” di Luigi Mussio e Naida Di Nino, inizia
con un detto latino: “Amicis semper libens patebo” (sarò sempre aperto agli amici). Un bel contributo a pensare
sui rapporti del vivere umano e sulla sua organizzazione.
Parlando di rapporti, un rapporto in equilibrio tra “scienza natura e società” è il percorso tracciato nell’interno
del “MUSE”, il nuovo Museo delle Scienze di Trento progettato da Renzo Piano sull’evoluzione, l’ambiente,
l’innovazione, la biodiversità.
Nella Rubrica “Protagonisti”, Aurelio Costa, Geometra, viene raccontato per l’attività di Topografo dal figlio Gian
Paolo e dal Geometra Nevio Kristancic che con lui ha collaborato per un decennio, esaltando il rapporto vissuto e
gli insegnamenti avuti.
Nel mio editoriale: “Scale/Rapporti/Valori” di GEOCENTRO n°26, ho trattato il Rapporto “quale quoziente tra due
numeri o grandezze”, ma diverso è il rapporto umano che si stabilisce come quoziente con una grandezza qual è
l’intera Umanità a cui Papa Francesco si riferisce.
Ma anche GEOCENTRO/magazine, il Bimestrale dei Geometri, si è imposto come obiettivo quello di volersi
rapportare con gli altri tramite le pagine che state sfogliando.
Non è molto facile ricercare, selezionare i testi e le foto dei contenuti per comporlo con argomenti e temi che
contribuiscono a rafforzare i rapporti umani, sviluppando la curiosità che porta alla conoscenza.
GEOCENTRO in qualche modo vuole essere sicuro che ogni pagina possa sviluppare il nostro rapporto e farVi
sentire l’eco dell’augurio di Buona Lettura.
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
7
INTERVENTI
Nel concluso nostro 44º Congresso Nazionale tutti gli
aspetti dell’attività professionale del Geometra sono
stati affrontati nella varie sessioni e sono stati messi a
confronto con i grandi temi della odierna società civile
che ispirano la proposta di un regolamento professionale
di categoria completamente rinnovato ed in grado di
sostituire la legge professionale del 1929. È proprio
sul tema del regolamento che si voleva aprire un vasto
confronto di idee partendo da una proposta base
formulata dalla specifica commissione, da sviluppare
per giungere ad un testo condiviso da consegnare al
Parlamento Italiano per chiederne l’approvazione.
I suggerimenti e le obiezioni della categoria sono
puntualmente arrivati ed ora il compito del Consiglio e
della Commissione sarà quello di valutarli e trasferirli
nel testo della proposta, nel rispetto di alcune priorità e
principi che il Congresso ha ben compreso e condiviso.
Il più rilevante obiettivo del nuovo regolamento è
certamente rappresentato dalla necessità di individuare
per il futuro una nuova missione della categoria da
mettere al centro della nostra attività e del nostro
compito. Questa missione non può che essere il rispetto,
la tutela e la salvaguardia della Terra in cui viviamo, Terra
che costituisce la principale fonte ed origine del nostro
lavoro.
Sulla necessità di perseguire tale obiettivo non poteva
che nascere in Congresso una grande condivisione
accompagnata, semmai, da diversificate proposte
sulle modalità per coniugare la tutela della Terra con
la quotidiana esigenza di mantenere ed accrescere le
competenze professionali nell’edificare, nel misurare e
rappresentare e nel valutare ciò che sulla Terra si trova.
Queste competenze non sono ormai di proprietà
esclusiva di una o di un’altra categoria professionale
ma, nell’insieme, appartengono a tutte le categorie
tecniche. Inevitabilmente si è aperta una straordinaria
ed inedita competizione all’interno di tali categorie e il
Geometra, in questo contesto, dovrà assumere un ruolo
centrale basato sull’esperienza del passato e rafforzato
da una nuova grande professionalità e specializzazione
settoriale.
Il nuovo regolamento individua nella multidisciplinarietà,
ossia nel lavorare insieme, la soluzione più logica al
tema delle competenze professionali: ciascuno fa la
propria parte. Il professionista isolato e solitario avrà
sempre meno mercato e diverrà presto un ricordo del
modo di lavorare del XX secolo. Naturalmente il tema
della multidisciplinarità dovrà essere oggetto di un
futuro confronto con le altre categorie tecniche che nella
sostanza hanno i nostri stessi problemi all’interno di un
mercato dei servizi professionali sempre più affollato ed
esigente.
Lo strumento per tale confronto oggi è stato creato.
“Rete professioni tecniche” che, tra l’altro, si dovrà
occupare proprio di questo, prevede nello statuto
sottoscritto il 26 giugno scorso:
8
Congresso:
conclusioni
considerazioni
contrarietà
di Fausto Savoldi
Presidente del Consiglio Nazionale Geometri
e Geometri Laureati
“promuovere l’integrazione delle professioni dell’area
tecnica e scientifica nella società civile per rispondere
sollecitamente a tutte le sue esigenze”
“promuove la regolazione ed autoregolamentazione delle
competenze professionali anche mediante un tavolo
permanente di concertazione e arbitrato”.
Il Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati
ha elaborato una proposta base da discutere con la
categoria per poi confrontarsi con le altre professioni di
tecnici partecipando così alla creazione di uno strumento
adatto per tale confronto. E per l’inizio di un costruttivo
dialogo.
Il tema della multidisciplinarietà, in particolare per il
settore edilizio, trova oggi nelle “Società Tra Professionisti
(STP)” la conferma di come lo stesso mercato richieda
prestazioni professionali integrate e complete basate
sì sulla fiducia personale ma supportate da una solida
organizzazione di tipo aziendale che il professionista
“solitario” non può permettersi e non può garantire.
***
Un secondo tema affrontato dal Congresso è stato quello
dell’accesso alla professione e del percorso formativo più
adatto per consentirlo.
È stata affermata la necessità che l’ingresso nell’Albo
avvenga in giovane età, possibilmente appena superati
i venti anni, attraverso un processo selettivo successivo
alla frequenza degli Istituti tecnici e con un serio
praticantato, gestito dalla categoria, che consenta il
superamento dell’esame di Stato di abilitazione alla
professione. Il processo formativo permanente continuo
proseguirà dunque per colleghi “già iscritti”, ossia
per persone che già sono operative, che lavorano pur
espletando, nei primi anni, compiti professionali più
modesti e incrementando via via la loro preparazione e
la clientela.
Il percorso formativo successivo all’iscrizione, obbligatorio
per legge, comprenderà ovviamente la laurea ottenuta
però mentre già si lavora coniugando così esigenze del
sapere con la necessità di saper fare.
L’intervento, l’impegno e
l’esperienza della categoria si
dovrà manifestare in tre fasi:
quella del periodo della formazione
scolastica, quella del praticantato
ed infine quella della formazione
permanente dopo l’iscrizione
all’Albo.
Indubbiamente un impegno
considerevole di cui il Congresso
ha preso atto e che impone a tutti
i dirigenti territoriali di categoria di
attivarsi con senso di responsabilità
anche maggiore rispetto agli
anni trascorsi. In coerenza con
tale programma verranno redatti
da parte del CNG/GL i due
regolamenti previsti dalla Legge 7
agosto 2012 n. 137 (Praticantato
e formazione permanente) da
sottoporre all’approvazione del
Ministero della Giustizia e di
conseguenza verranno aggiornate
le direttive sul praticantato previste
dalla legge 75/85 per buona parte
rimaste in vigore dopo la riforma
delle professioni del 2012.
Il percorso di accesso rimane
chiaro: Istituto Tecnico con
assoluta predilezione dell’indirizzo
“Costruzioni Ambiente e
Territorio”, pratica professionale
presso un professionista oppure
partecipazione ad uno specifico
corso teorico pratico con
programma uniforme in tutto il
territorio nazionale; esame di Stato
di abilitazione; iscrizione all’Albo e
contemporaneo inizio dell’attività
di formazione permanente con
l’acquisizione di crediti formativi
professionali ed universitari.
L’intervento al Congresso del
Sottosegretario alla Pubblica
Istruzione, Dott.ssa Ugolini, ci ha
confermato che la partecipazione
agli ITS costituisce un percorso
parallelo a quello universitario che,
poiché comprende sia la parte
teorica sia quella pratica, può
vantaggiosamente costituire una
concreta alternativa al praticantato
soprattutto ora che lo stesso
può essere sostituito o integrato
da uno specifico corso. I giovani
provenienti dagli ITS devono potersi
inserire nel mondo del lavoro e
della professione libera con quella
capacità del “saper fare” a servizio
della società.
***
Nel Congresso non tutti hanno
condiviso la necessità di proporre
all’esame della politica una
proposta di “revisione globale
dell’ordinamento professionale”
comprendente anche norme
organizzative interne della categoria
che, con grandi riserve, accetta di
rivedere regole elettorali dei Collegi
e relativi organismi, decentramento
di competenze amministrative e
suddivisione tra attività ordinaria
e attività di gestione dei giudizi
disciplinari.
La categoria dei Geometri, per
seguire un suo inevitabile processo
evolutivo deve necessariamente
scegliere una strada innovativa
anche dal punto di vista
organizzativo. Non è possibile
ancora rinviare! Le proposte fatte
sono state da taluni interpretate
come un attacco a tradizioni
ed a “piccoli potentati” senza
pensare che un nuovo modello
organizzativo rende la categoria e
la professione più competitiva a
vantaggio dei propri iscritti.
Si è toccato un tasto sensibile
che fortunatamente molti hanno
ritenuto giusto affrontare e che
richiederà approfondimenti prima
che arrivino altri ad imporci regole
nuove.
I responsabili dei Collegi Territoriali
e gli iscritti tutti ritengo che si siano
resi conto che nel 44º Congresso
è stata indicata una nuova via per
la nostra categoria: una via rivolta
soprattutto alle nuove generazioni
di tecnici ai quali sarà affidata la
nostra Terra ed il patrimonio edilizio
nazionale affinché venga protetto e
trasformato nel rispetto dei principi
di sostenibilità ambientale.
Questo evento congressuale,
nella bella città di Rimini, ha
segnato anche l’atto riassuntivo
e conclusivo dell’attività
quinquennale del Consiglio
Nazionale di categoria.
Una reale agorà nella quale tutti
hanno partecipato con le proprie
riflessioni, considerazioni e
contrarietà.
Per questo mi ritengo soddisfatto.
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
9
previdenza
Relazione
al Comitato
dei Delegati
28 maggio 2013
di Fausto Amadasi
Presidente CIPAG - Cassa Italiana di
Previdenza ed Assistenza dei Geometri
Liberi Professionisti
C
redo che, terminato questo periodo complicato
in cui ci siamo dedicati a cose che poco avevano
a che fare con i problemi reali della categoria,
della Cassa e delle incombenze quotidiane,
dobbiamo cominciare a lavorare per vedere come uscire
da questa situazione non felice che ci vede in difficoltà
come categoria, perché il settore dell’edilizia sta pagando
pesantemente la crisi attuale.
Sappiamo però – e questa è una certezza suffragata da
dati reali – che fra le tante categorie del settore tecnico
quelli che stanno meglio sono i periti, perché hanno il
settore industriale e hanno sofferto meno dal punto di vista
del fatturato, poi ci siamo noi e poi con una certa distanza
ingegneri e architetti, che stanno pagando questa crisi
molto più pesantemente di noi.
Stiamo dunque lavorando con le altre Casse del settore
tecnico per cercare di fare forza comune e creare le
premesse per sostenere una ripresa. Bisogna ripartire, e
per ripartire occorrono, prime fra tutte, le idee, perché, se
mancano le idee e la determinazione, non si va da alcuna
parte.
Credo che a luglio riusciremo, come ci eravamo ripromessi
alle Giornate della Previdenza, a realizzare un momento
importante come Casse del settore tecnico, che dovrebbe
coinvolgere anche gli Ordini professionali e figure rilevanti
del Governo.
Si sta lavorando per creare le premesse non per chiedere,
perché a questo punto diventa difficile chiedere, ma per
pretendere, avanzando proposte articolate e ricche di
spunti risolutivi. Dobbiamo dunque ripartire riformando
intanto le nostre strutture, per cui chiedo di ricevere
rapidamente dalle Regioni le indicazioni sulla composizione
della Commissione legislativa e del Comitato dei referenti
entro il 15 giugno, altrimenti scegliamo noi, perché
dobbiamo comporle rapidamente e abbiamo bisogno di
ragionare sugli obiettivi da darci in tempi brevi.
Le slides che abbiamo preparato (Allegato 1) mostrano
alcuni punti di indirizzo che sottoponiamo alla vostra
10
attenzione, affinché il Comitato rifletta e cominci a lavorare
integrandoli, modificandoli, ampliandoli, adeguandoli,
perché sono i punti sui quali dovremmo iniziare a
sviluppare le nostre strategie, partendo dal punto 1):
l’evoluzione demografica della categoria coerente con le
proiezioni attuariali. Abbiamo fatto i bilanci attuariali che
rispettano i cinquanta anni, ma per rispettarli abbiamo
utilizzato dei parametri uguali per tutte le Casse che sono
stati forniti dal Ministero e prevedevano un’evoluzione
demografica coerente con quella del sistema Paese, che
non è detto che sia rispettata dall’evoluzione demografica
della categoria; la categoria sta anzi cominciando a
mostrare le prime défaillances dovute alle riforme
scolastiche che hanno fatto sparire il titolo, al percorso di
accesso accidentato, poco chiaro e poco conosciuto, a
poco adeguate politiche di comunicazione alle famiglie.
A breve, quindi, dovremo intraprendere una politica
che ci porti ad incidere sulla posizione priva di logica
rappresentata dai 16.000 iscritti solo Albo. All’interno di
questa situazione, come era stato indicato dal Comitato
dei Delegati con le modifiche del maggio 2012, abbiamo
attivato meccanismi di controllo, che ci daranno a breve
risultati, per verificare chi eserciti effettivamente la
professione.
Varie iniziative sono state promosse, alcune per fare
in modo che gli iscritti all’elenco dei consulenti tecnici
del tribunale siano obbligatoriamente iscritti all’Albo e
alla Cassa. Si possono promuovere altre iniziative, ma
dobbiamo coordinare e concentrare sia le iniziative a
favore, sia le iniziative di controllo, perché alcune lettere
anonime ci segnalano professionisti non iscritti che
esercitano l’attività. Su questo, quindi, tolleranza zero,
perché si tratta della sopravvivenza di tutti. Dobbiamo
verificare l’eventuale possibilità di recuperare il serbatoio
dei già abilitati, che con un adeguato aggiornamento
potrebbero rientrare nella professione.
Abbiamo detto dell’attività di vigilanza sull’elusione ed
evasione contributiva. L’ultimo punto che però è il più
importante vede il Comitato dei Delegati dover valutare
con serenità la possibilità di includere le categorie
similari, partendo da quelle professionalmente più vicine
nelle quali rientrano gli amministratori di condominio.
Queste associazioni ci hanno già approcciato e stiamo
facendo delle valutazioni ma soprattutto una scelta
politica, perché significa perdere uno status di seminobiltà, come qualcuno lo ha definito in alcuni articoli,
ma anche guardare avanti perché quanto sta emergendo
dalla normativa europea va nella direzione di portare le
associazioni a rivestire un ruolo che è l’unico riconosciuto
in Europa per tutti, mentre gli Ordini professionali sono
un’anomalia di alcuni Paesi.
Abbiamo letto tutta la normativa che va verso la
valorizzazione delle professioni. Dobbiamo pensare a cosa
succederà fra cinquanta anni, perché dobbiamo pagare le
pensioni, quindi non dobbiamo guardare l’orticello di oggi,
ma elaborare dei ragionamenti importanti che devono
essere valutati e confrontati con la
categoria a breve, perché su Italia
Oggi è già apparso un articolo in
cui l’associazione dei tributaristi
faceva un’analisi ed avanzava
tre ipotesi: 1) associarsi con una
Cassa di previdenza già esistente;
2) creare una Cassa (e sapete che
non glielo permetteranno mai); 3)
creare un’altra gestione separata
nella gestione separata. Credo che
tra i tanti scenari che abbiamo visto
dobbiamo porre attenzione a questi
fenomeni. Questo è un tema da
approfondire, da studiare, e non è
un tema semplice.
Nel medio termine con gli strumenti
della Cassa e della Fondazione,
in collaborazione con il Consiglio
Nazionale, dobbiamo creare una
politica propizia all’inclusione negli
istituti tecnici delle nuove leve che
escono dalle scuole medie, iniziando
dall’orientamento scolastico già nelle
medie e favorendo poi l’accesso
alla professione. Alcune situazioni
portate avanti da singoli Collegi in
modo virtuoso e importante hanno
dato risultati, ma dobbiamo fare
qualcosa di organizzato e codificato,
magari insieme con il Ministero
dell’Istruzione, che si è dimostrato
molto disponibile perché questo in
realtà sarebbe compito del Ministero.
Dobbiamo altresì portare avanti il
progetto della formazione continua.
Voi sapete che, con l’ultima
approvazione da parte dei Ministeri
del Regolamento avvenuta a
novembre dell’anno scorso con le
modifiche che abbiamo introdotto,
alla Cassa è consentito di sostenere
economicamente la formazione
continua. Formazione continua
significa però non spiegare le cose
che già sappiamo fare, ma esplorare
nuove strade, nuovi settori, portare
avanti le strutture tecnologiche per
metterle a disposizione dei giovani
iscritti perché sono loro il nostro
futuro.
Dobbiamo inoltre valutare se i nostri
confini siano quelli geografici o vi
siano possibilità anche nell’àmbito
del nostro Mediterraneo e delle aree
vicine, perché quei Paesi stanno
rapidamente approcciandosi ai
nostri sistemi di censimento ed
alle nostre tecnologie. Il sistema
fiscale, il sistema catastale è
diffuso in molti Paesi dell’Europa
e in Italia in particolare, ed ora si
sta verificando come introdurlo
in altre aree del Mediterraneo.
Qualcuno sta guardando alle nostre
esperienze e ci chiede di interagire.
Non so se sarà possibile, però
esploriamo. Nella normativa europea
sta emergendo la definizione del
professionista europeo, che avrà
una tessera per essere riconosciuto
in tutta Europa e poter lavorare
in qualsiasi Paese senza dover
fare domande, iscrizioni ad Albi o
altro. Questa tessera europea sarà
rilasciata anche a tutti i professionisti
stranieri che si stanno preparando
a entrare, perché tutte le normative
di liberalizzazione emerse dal
Decreto Salva Italia, dal Decreto
Sviluppo, denotano tutte aperture
a trecentosessanta gradi verso
l’Europa.
Se avete seguito la bella relazione
sulle professioni presentata dall’Ente
di certificazione Accredia, avrete
letto un bellissimo articolo che
spiega che nel sistema europeo
il settore dei servizi conta per il
30 per cento del PIL, in Italia per
il 15 per cento del PIL, perché
gli Ordini professionali sono un
tampone, le organizzazioni non
sono adeguate, per cui a breve in
quel settore vedremo entrare le
società di servizi. Lo sto dicendo da
tempo, ma è sufficiente considerare
le trasformazioni che stanno
avvenendo in una delle maggiori
società, la Prelios, che intende
investire in modo massiccio nel
settore dei servizi. È previsto un
importante aumento di capitale e
il loro obiettivo è riorientare la SGR
a gestire non solo fondi immobiliari
ma servizi, ovvero amministrazioni
di condominio global service
immobiliare e tutto quello che
riguarda l’immobile.
Per quanto concerne il punto
2): l’attività core della Cassa,
la previdenza complementare,
adesso dobbiamo impegnarci
innanzitutto da un punto di vista
organizzativo. Il primo fondo ad
essere stato autorizzato ad avere
l’iscrizione online è un punto di
arrivo importante, perché ci aiuterà
a far decollare la previdenza
complementare. Altre ipotesi
suggeriscono che in una funzione
cosiddetta “consortile” (il termine
non è esatto) si possa prevedere
l’inclusione di altre Casse all’interno
del fondo. Questo implica l’esigenza
nel futuro di modificare la
normativa.
Per quanto riguarda l’assistenza
sanitaria abbiamo fatto qualcosa
di importante, ma dobbiamo
verificare se ci siano le condizioni
per perfezionarla. Dobbiamo lavorare
su alcune iniziative che riguardano
il settore delle residenze protette, in
quanto il mondo dell’assistenza è
molto ampio e variegato e su di esso
si fonda la forza di una categoria.
Il progetto sinergie con altre Casse
sta andando avanti e stiamo
lavorando insieme per migliorare,
adottare le migliori pratiche di
ognuna e renderle comuni. Abbiamo
creato un gruppo di lavoro con il
Direttore e gli altri Direttori delle
Casse, e alcuni dirigenti stanno
lavorando insieme per evitare
di duplicare le attività ed avere
maggiori risultati con minori spese.
Dobbiamo completare l’ultima
verifica finanze, relativa agli anni
2008-2009, della quale parleremo
più avanti. C’è poi il piano di
recupero delle morosità contributive:
per due anni non abbiamo emesso
cartelle esattoriali ma è necessario
creare le premesse di un piano
di rientro di quelle morosità,
magari rateizzato anche in modo
diverso dall’attuale, offrendo la
possibilità per l’iscritto di accedere a
finanziamenti a tassi agevolati.
Il punto 3) è la messa a regime e
il decollo definitivo delle iniziative
start-up SIPEM, Patrimonio
Comune, VOL, Dimore, tutte attività
che stanno partendo e sulle quali
dobbiamo assolutamente accelerare
perché questi sono punti importanti
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
11
del sostegno all’attività professionale
dei nostri iscritti.
Il punto 4) è lo sviluppo delle
partecipazioni societarie della Cassa
con apertura a partners industriali.
Nei quattro anni passati il lavoro di
GROMA e Inarcheck, nostre società
partecipate, ci ha consentito di
raggiungere obiettivi per cui siamo
diventati possibili partners di società
che sviluppano industrialmente
queste attività. Il nostro lavoro non
è fare attività: il nostro lavoro è stato
quello di creare le premesse per cui
GROMA da società che lavorava in
house solo per noi potesse diventare
una società in grado di essere sul
mercato. Lo è diventata, è appetibile
sul mercato, domani ragioneremo
tutti insieme su alcune scelte
da compiere, perché sono state
avanzate proposte di partnership da
parte di importanti società. Questo
significa rinunciare ad una quota
della proprietà, ma aumentare
le possibilità di ingaggio, perché
interessa avere un socio che porta
opportunità di lavoro e consente di
svilupparle.
La carta prepagata, che è stata
realizzata nell’ultima parte dello
scorso Comitato ma non è mai
decollata perché non sostenuta nel
modo giusto, in quanto dovevamo
occuparci della sostenibilità a
cinquanta anni, sarà uno strumento
importante per evitare sbagli. Avete
visto molti di voi restituire 900
euro per gli errori compiuti nelle
dichiarazioni dei redditi, laddove
2.500 colleghi hanno sbagliato non
detraendo il contributo minimo
versato nell’integrativo ed hanno
versato 900 euro in più. Abbiamo
restituito tutto in tempo reale
ma, se avessimo avuto queste
carte prepagate, avremmo potuto
accreditare il dovuto direttamente
senza problemi. Con queste carte
contiamo di erogare le pensioni, i
contributi liquidati ai colleghi che
hanno seguito i corsi.
Per quanto concerne il punto 5): le
strutture della Cassa, molti hanno
sollevato il tema della revisione della
Governance della Cassa, tema che
12
dobbiamo affrontare perché è un
importante tema di costi. Ci sono
istanze da più parti su varie modalità
e certamente dobbiamo porvi
attenzione.
Un’altra attività è rilevante per
la trasparenza e la chiarezza nei
confronti degli iscritti: il restyling del
nostro Regolamento, che purtroppo
negli ultimi anni è stato soggetto a
parecchi interventi, per cui diventa
un problema leggerlo. È un lavoro
delicato, che verrà compiuto dagli
uffici, al fine di rendere organico
il testo ed eliminare discrasie
che possano dare adito anche a
contenziosi.
Il punto 6) è l’attività di sostegno alla
professione. Dobbiamo sostenere il
praticantato e uscirà il Regolamento
sul praticantato anche se situazioni
delicate sono già emerse in alcuni
Collegi, laddove ci si chiede se il
praticantato debba garantire un
compenso al praticante. Questo
creerà difficoltà e quindi dobbiamo
capire se si possa fare a meno del
praticantato.
In merito al sostegno alla formazione
continua, la legge ci consentiva
di stipulare una convenzione per
l’assicurazione professionale (sarà
obbligatoria da agosto). Altre Casse
l’hanno fatta, ci sono condizioni
vantaggiose che sarebbero
estensibili anche a noi, per cui
valuteremo se anche per noi sia
opportuno sottoscriverla.
Ieri abbiamo avuto conferma
(ringrazio la Dottoressa Cresti oggi
assente) che è stata approvata la
norma che consente alla Cassa
di partecipare a un Confidi. A
fronte di una garanzia di un euro
che la Cassa può prestare per
finanziamenti che riguardano
esclusivamente gli iscritti alla
Cassa Geometri, è possibile far
erogare dalle banche locali sino
a venti volte quella somma ad
un tasso vantaggioso. Questa è
un’opportunità che dovremmo
sviluppare. Ci sono anche servizi
che riguardano esclusivamente le
attività della Cassa, in particolare
la cessione del quinto, per cui
possiamo sottoscrivere una
convenzione per i nostri pensionati
e pensionandi che devono pagare
arretrati di contributi accedendo
con la cessione del quinto ad una
condizione più agevolata rispetto a
quella che trovano sul mercato. Con
la cessione del quinto sul mercato
si pagano infatti solitamente
aliquote a livello del 16-17 per cento.
Vedo passare le richieste rivolte
a finanziarie che esigono aliquote
terrificanti. Credo che si debba
intervenire anche su questo.
Viste le attuali difficoltà, molti
Collegi hanno richiesto di rivedere
i contratti di affitto e quindi ne
ragioneremo. Se adotteremo un
provvedimento, riguarderà tutti, e
potrebbe essere la sospensione per
un certo periodo degli adeguamenti
Istat. Abbiamo un doppio problema:
sono molto aumentati gli oneri
fiscali che gravano sugli immobili,
però il mercato degli immobili oggi è
veramente sofferente, per cui molti
Collegi pensano di traslocare per
spendere meno. Dobbiamo fare una
valutazione in quella direzione.
Più tardi parleremo di una
interessante revisione della
convenzione sui finanziamenti agli
iscritti, che abbiamo mutuato da
iniziative di Inarcassa, Eppi e le
altre Casse, perché guardare quello
che fanno gli altri serve a capire
quello che si può fare. Più tardi
presenteremo quindi le ipotesi che
stiamo valutando e che saranno
poste all’attenzione del primo
Consiglio utile dopo l’insediamento
del nuovo Consiglio.
Con le altre Casse stiamo altresì
verificando anche l’eventualità di
convenzioni per far accedere tutti gli
iscritti a prezzi più vantaggiosi per
quanto riguarda le utenze ed i vari
sistemi che vediamo pubblicizzare
ma che celano mille trappole.
Cerchiamo di valutare se nel
settore delle utilities in particolare
si possano siglare convenzioni
a vantaggio del singolo iscritto,
anche per uso familiare o di studio,
perché oggi bisogna fare massa e
cercare di risparmiare. Questo è un
Allegato 1 – Indirizzi del Comitato Delegati per il prossimo mandato
Argomenti da sviluppare
1.
modo come un altro per aiutare la
categoria.
Il 7° e ultimo punto è la politica
degli investimenti. Anche alla luce
delle ultime proposte di legge,
stiamo pensando di conferire
altri immobili all’interno del fondo
immobiliare perché su due immobili
devono essere effettuati pesanti
interventi di ristrutturazione. Sapete
che come Ente non commerciale
non recuperiamo l’IVA sugli interventi
e non mettiamo a perdita le spese
che sosteniamo. Ristrutturare un
immobile spendendo cifre importanti
e riaffittarlo significa pagare il giorno
dopo interamente l’onere fiscale
sul canone nuovo che andiamo a
percepire e, se abbiamo speso soldi,
non possiamo metterli in detrazione.
Credo che questo non sia fattibile,
perché prima di aver recuperato
quelle somme e l’IVA che abbiamo
versato passano venti anni.
Si sta ragionando con le altre Casse
anche sull’eventualità di effettuare
investimenti insieme. Già adesso
in F2i siamo con le altre Casse,
Inarcassa ed Eppi, e non siamo
più dei singoli ma facciamo massa.
In questo fondo importante, di cui
vedrete qualcosa nei bilanci, le
Casse insieme hanno il 26 per cento
della partecipazione, quindi possono
incidere.
C’è la proposta di ripensare
l’immobile anche verso le proprietà
agricole, c’è un ritorno di attenzione
dei grandi investitori verso le
proprietà maltrattate degli Enti
pubblici, dello Stato, delle varie ASL,
degli ospedali, proprietà enormi e
poco valorizzate. Ne parleremo.
Questi sono i punti sui quali vi
prego di riflettere nei prossimi
giorni. Saranno oggetto di
discussione quando verranno
valutati positivamente dal Comitato
e diventeranno l’attività dei prossimi
quattro anni insieme alle iniziative
che riusciremo ad affrontare nel
primo incontro, su cui vi prego di
fornirci indicazioni entro il 15, perché
prima dell’estate cominceremo a
stabilire le priorità e a dettare i tempi
per arrivare a buon fine. Grazie.
Strategie per il rispetto della evoluzione demografica della categoria coerente con la
proiezione attuale
Breve termine:
• Recupero Iscritti solo Albo;
• Recupero del serbatoio degli Abilitati;
• Attività di vigilanza sulla elusione/evasione contributiva;
• Inclusione Associazioni Professioni Regolamentate;
Medio termine
• Orientamento scolastico per accesso alla Professione;
• Progetto Formazione Continua;
• Definizione del Geometra Professionista in Europa;
2.
•
•
•
•
•
•
•
Sviluppo attività core della Cassa
Previdenza Complementare;
Assistenza Sanitaria;
Sistema di Welfare in generale;
Progetto Sinergie con altre Casse;
Verifica Finanze anni 2008 – 2009;
Piano di recupero delle morosità contributive;
Verifica Società Ingegneria;
3.
•
•
•
•
Messa a regime e decollo definitivo delle iniziative in start-up
SIPEM;
Patrimonio Comune;
VOL;
Dimore;
4.
•
•
•
•
Sviluppo delle partecipazioni Societarie della Cassa con apertura a partners industriali
Abitanti on Line;
GROMA Gestione Immobiliare;
INARCHECK;
Carta Prepagata;
5.
•
•
Strutture CASSA
Revisione della governance della Cassa;
Restyling completo dei testi dei nostri Statuti/Regolamenti;
6.
•
•
•
•
•
•
•
Attività a sostegno Professione
Sostegno al Praticantato;
Sostegno alla Formazione Continua;
Convenzione per Assicurazione Professionale;
CONFIDI;
Revisione contratti locazione sedi Collegi;
Revisione convenzione per finanziamento neo-iscritti;
Convenzioni per acquisti in rete;
7.
•
•
•
Politica degli Investimenti
Conferimento al Fondo Immobiliare di ulteriori immobili da ristrutturare;
Investimento nelle iniziativa Immobiliare interCasse;
Valutazione di iniziative indirizzate verso l’acquisto di terreni agricoli.
Alla presidenza della CIPAG rieletto Fausto Amadasi
Con votazione unanime, l’11 giugno, il Consiglio di Amministrazione composto da:
Carlo Cecchetelli, Francesco Di Leo, Carmelo Garofalo, Leo Momi, Mario Ravasi ed Ilario
Tesio, ha eletto Presidente Fausto Amadasi.
“Ringrazio il Comitato dei Delegati CIPAG ed il nuovo Consiglio di Amministrazione, che
mi hanno sostenuto in questi anni nel creare una squadra vincente, che ha acquisito un
ruolo primario – ha dichiarato il Presidente Fausto Amadasi – diventando interlocutore
qualificato del Parlamento, del Governo e degli operatori pubblici e privati in ambito
previdenziale, finanziario ed immobiliare, con benefici per i Geometri italiani in termini di
servizi efficienti ed innovativi, fortemente informatizzati e ai quali di recente si è aggiunto
il Fondo Futura, una forma di Previdenza complementare che assicura ulteriori benefici
anche con piccole quote di contribuzione volontaria”.
“Conti sempre in ordine, monitoraggio costante del dibattito parlamentare e della
legislazione di settore, gioco d’anticipo sulle innovazioni, ricerca di sinergie e di
collaborazione con le Istituzioni e con gli altri Enti previdenziali dei professionisti hanno
consentito alla CIPAG di approntare per tempo le necessarie misure di adeguamento ad
una realtà previdenziale in continua evoluzione – ha proseguito Amadasi –. La CIPAG ha
aumentato il proprio patrimonio fino a superare abbondantemente i 2 miliardi di Euro,
migliorando la performance della gestione previdenziale ed anche l’attivo delle gestioni
mobiliari ed immobiliari, ottimizzando in modo significativo i costi di gestione, in modo
da garantire una pensione sicura ai Geometri per i prossimi 50 anni, come richiesto dalla
normativa vigente”.
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
13
INTERVENTI
Papa Francesco
Udienza Generale
Omelia pronunciata dal Santo Padre
Francesco in occasione della Giornata
Mondiale dell’Ambiente.
C
ari fratelli e sorelle,
buongiorno!
Oggi vorrei
soffermarmi
sulla questione
dell’ambiente, come ho avuto già
modo di fare in diverse occasioni.
Me lo suggerisce anche l’odierna
Giornata Mondiale dell’Ambiente,
promossa dalle Nazioni Unite,
che lancia un forte richiamo alla
necessità di eliminare gli sprechi e
la distruzione di alimenti.
Quando parliamo di ambiente,
del creato, il mio pensiero va alle
prime pagine della Bibbia, al Libro
della Genesi, dove si afferma
che Dio pose l’uomo e la donna
sulla terra perché la coltivassero
e la custodissero (cfr 2,15). E mi
sorgono le domande: Che cosa
vuol dire coltivare e custodire
la terra? Noi stiamo veramente
coltivando e custodendo il creato?
Oppure lo stiamo sfruttando e
trascurando?
Il verbo “coltivare” mi richiama alla
mente la cura che l’agricoltore ha
14
per la sua terra perché dia frutto
ed esso sia condiviso: quanta
attenzione, passione e dedizione!
Coltivare e custodire il creato è
un’indicazione di Dio data non solo
all’inizio della storia, ma a ciascuno
di noi; è parte del suo progetto;
vuol dire far crescere il mondo con
responsabilità, trasformarlo perché
sia un giardino, un luogo abitabile
per tutti.
Benedetto XVI ha ricordato più
volte che questo compito affidatoci
da Dio Creatore richiede di cogliere
il ritmo e la logica della creazione.
Noi invece siamo spesso guidati
dalla superbia del dominare, del
possedere, del manipolare, dello
sfruttare; non la “custodiamo”, non
la rispettiamo, non la consideriamo
come un dono gratuito di cui
avere cura. Stiamo perdendo
l’atteggiamento dello stupore, della
contemplazione, dell’ascolto della
creazione; e così non riusciamo
più a leggervi quello che Benedetto
XVI chiama “il ritmo della storia di
amore di Dio con l’uomo”. Perché
avviene questo? Perché pensiamo
e viviamo in modo orizzontale,
ci siamo allontanati da Dio, non
leggiamo i suoi segni.
Ma il “coltivare e custodire” non
comprende solo il rapporto tra noi
e l’ambiente, tra l’uomo e il creato,
riguarda anche i rapporti umani.
I Papi hanno parlato di ecologia
umana, strettamente legata
all’ecologia ambientale. Noi stiamo
vivendo un momento di crisi;
lo vediamo nell’ambiente, ma
soprattutto lo vediamo nell’uomo.
La persona umana è in pericolo:
questo è certo, la persona umana
oggi è in pericolo, ecco l’urgenza
dell’ecologia umana! E il pericolo
è grave perché la causa del
problema non è superficiale, ma
profonda: non è solo una questione
di economia, ma di etica e di
antropologia.
La Chiesa lo ha sottolineato più
volte; e molti dicono: sì, è giusto,
è vero… ma il sistema continua
come prima, perché ciò che
domina sono le dinamiche di
un’economia e di una finanza
carenti di etica. Quello che
comanda oggi non è l’uomo,
è il denaro, il denaro, i soldi
comandano. E Dio nostro Padre
ha dato il compito di custodire la
terra non ai soldi, ma a noi: agli
uomini e alle donne. Noi abbiamo
questo compito! Invece uomini e
donne vengono sacrificati agli idoli
del profitto e del consumo: è la
“cultura dello scarto”.
photo © http://commons.wikimedia.org/ Till Niermann edit by Calibas
Piazza San Pietro. Mercoledì, 5 giugno 2013
Se si rompe un computer è una
tragedia, ma la povertà, i bisogni, i
drammi di tante persone finiscono
per entrare nella normalità. Se
una notte di inverno, qui vicino
in via Ottaviano, per esempio,
muore una persona, quella non
è notizia. Se in tante parti del
mondo ci sono bambini che non
hanno da mangiare, quella non è
notizia, sembra normale. Non può
essere così! Eppure queste cose
entrano nella normalità: che alcune
persone senza tetto muoiano di
freddo per la strada non fa notizia.
Al contrario, un abbassamento di
dieci punti nelle borse di alcune
città, costituisce una tragedia.
Uno che muore non è una notizia,
ma se si abbassano di dieci punti
le borse è una tragedia! Così le
persone vengono scartate, come
se fossero rifiuti.
Questa “cultura dello scarto” tende
a diventare mentalità comune,
che contagia tutti. La vita umana,
la persona non sono più sentite
come valore primario da rispettare
e tutelare, specie se è povera o
disabile, se non serve ancora –
come il nascituro –, o non serve
più – come l’anziano. Questa
cultura dello scarto ci ha resi
insensibili anche agli sprechi e agli
scarti alimentari, che sono ancora
più deprecabili quando in ogni
parte del mondo, purtroppo, molte
persone e famiglie soffrono fame e
malnutrizione.
Una volta i nostri nonni erano
molto attenti a non gettare nulla
del cibo avanzato. Il consumismo ci
ha indotti ad abituarci al superfluo
e allo spreco quotidiano di cibo,
al quale talvolta non siamo più in
grado di dare il giusto valore, che
va ben al di là dei meri parametri
economici. Ricordiamo bene, però,
che il cibo che si butta via è come
se venisse rubato dalla mensa
di chi è povero, di chi ha fame!
Invito tutti a riflettere sul problema
della perdita e dello spreco del
cibo per individuare vie e modi
che, affrontando seriamente tale
problematica, siano veicolo di
solidarietà e di condivisione con i
più bisognosi.
Pochi giorni fa, nella Festa del
Corpus Domini, abbiamo letto il
racconto del miracolo dei pani:
Gesù dà da mangiare alla folla
con cinque pani e due pesci.
E la conclusione del brano è
importante: «Tutti mangiarono
a sazietà e furono portati via i
pezzi avanzati: dodici ceste» (Lc
9,17). Gesù chiede ai discepoli
che nulla vada perduto: niente
scarti! E c’è questo fatto delle
dodici ceste: perché dodici? Che
cosa significa? Dodici è il numero
delle tribù d’Israele, rappresenta
simbolicamente tutto il popolo. E
questo ci dice che quando il cibo
viene condiviso in modo equo,
con solidarietà, nessuno è privo
del necessario, ogni comunità può
andare incontro ai bisogni dei più
poveri. Ecologia umana ed ecologia
ambientale camminano insieme.
Vorrei allora che prendessimo tutti
il serio impegno di rispettare e
custodire il creato, di essere attenti
ad ogni persona, di contrastare la
cultura dello spreco e dello scarto,
per promuovere una cultura della
solidarietà e dell’incontro. Grazie.
© Copyright - Libreria Editrice
Vaticana 2013
Papa Francesco, Jorge Mario Bergoglio
76 anni, gesuita argentino, arcivescovo
di Buenos Aires dal 1998 è il primo
Papa giunto dalle Americhe. È una
figura di spicco dell’intero continente
e un pastore semplice e molto amato
nella sua diocesi, che ha girato in lungo
e in largo, anche in metropolitana e con
gli autobus.
«La mia gente è povera e io sono uno
di loro», ha detto una volta per spiegare
la scelta di abitare in un appartamento
e di prepararsi la cena da solo. Ai
suoi preti ha sempre raccomandato
misericordia, coraggio e porte aperte.
La cosa peggiore che possa accadere
nella Chiesa, ha spiegato in alcune
circostanze, «è quella che de Lubac
chiama mondanità spirituale», che
significa «mettere al centro se stessi».
E quando cita la giustizia sociale, invita
a riprendere in mano il catechismo, i
dieci comandamenti e le beatitudini.
Nonostante il carattere schivo è
divenuto un punto di riferimento per le
sue prese di posizione durante la crisi
economica che ha sconvolto il Paese
nel 2001.
Nella capitale argentina nasce il 17
dicembre 1936, figlio di emigranti
piemontesi: suo padre Mario fa il
ragioniere, impiegato nelle ferrovie,
mentre sua madre, Regina Sivori, si
occupa della casa e dell’educazione dei
cinque figli.
Diplomatosi come tecnico chimico,
sceglie poi la strada del sacerdozio
entrando nel seminario diocesano. L’11
marzo 1958 passa al noviziato della
Compagnia di Gesù. Completa gli studi
umanistici in Cile e nel 1963, tornato
in Argentina, si laurea in filosofia al
collegio San Giuseppe a San Miguel.
Fra il 1964 e il 1965 è professore di
letteratura e psicologia nel collegio
dell’Immacolata di Santa Fé e nel 1966
insegna le stesse materie nel collegio
del Salvatore a Buenos Aires. Dal 1967
al 1970 studia teologia laureandosi
sempre al collegio San Giuseppe.
Il 13 dicembre 1969 è ordinato
sacerdote. Prosegue quindi la
preparazione tra il 1970 e il 1971 in
Spagna, e il 22 aprile 1973 emette la
professione perpetua nei gesuiti.
Il 31 luglio 1973 viene eletto provinciale
dei gesuiti dell’Argentina. Sei anni dopo
riprende il lavoro nel campo universitario
e, tra il 1980 e il 1986, è di nuovo
rettore del collegio di San Giuseppe,
oltre che parroco ancora a San Miguel.
È il cardinale Quarracino a volerlo come
suo stretto collaboratore a Buenos
Aires. Così il 20 maggio 1992 Giovanni
Paolo II lo nomina vescovo titolare di
Auca e ausiliare di Buenos Aires. Il 27
giugno riceve l’ordinazione episcopale
proprio dal cardinale. Come motto
sceglie Miserando atque eligendo e nello
stemma inserisce il cristogramma ihs,
simbolo della Compagnia di Gesù.
Alla morte del cardinale Quarracino gli
succede, il 28 febbraio 1998, come
arcivescovo, primate di Argentina.
Nel Concistoro del 21 febbraio 2001,
Giovanni Paolo II lo crea cardinale, del
titolo di san Roberto Bellarmino.
Nell’aprile 2005, partecipa al conclave
in cui è eletto Benedetto XVI.
Viene eletto Sommo Pontefice il 13
marzo 2013.
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
15
PROGETTI
Marco Morigi, progettista di
skatepark affermato in ambito
nazionale, racconta il suo percorso
professionale e tra i progetti
realizzati, due tra i più recenti e
significativi.
16
C
lasse 1977, sono
nato a Ravenna e
ho conseguito nel
1996 il diploma di
Geometra. Nell’anno
successivo ho frequentato un corso
di disegnatore Cad. A seguire ho
superato l’esame di abilitazione per
Geometri ma non ho mai ritirato
il timbro professionale, lavorando
come dipendente per Studi privati e
per la Pubblica Amministrazione.
Ho sempre avuto un’attitudine al
“fai da te” ed ai lavori manuali.
Pratico skateboard dal 1989 per
un’assoluta passione che mi ha
portato prima a girare l’Italia (e non
solo) per skateare in lungo e in largo
sempre attento ad ogni superficie
raidabile, quindi street spot e
skatepark, alle loro dimensioni,
posizionamenti ma anche ai
metodi costruttivi e materiali
impiegati, e successivamente a
maturare esperienze gestionali
ed organizzative di eventi e di
costruzione di rampe e skatepark.
Col tempo ho quindi acquisito una
conoscenza diretta sui materiali,
sui metodi costruttivi ed anche sul
dimensionamento degli “ostacoli”.
Sovente sono contattato da
persone, tecnici, skaters, conoscenti,
Pubbliche Amministrazioni, e
Marco Morigi
e gli skatepark
altri soggetti che mi chiedono
informazioni e consigli relativi agli
skatepark: materiali, iter burocratici,
tecniche costruttive, ditte costruttrici,
ecc… e sporadicamente questi
approcci si concretizzano in incarichi
di consulenza per la progettazione.
In Italia lo skateboarding è
sottovalutato, esistono pochi spazi
e limitati impianti ad esso dedicati
quando ci sono nazioni in Europa
che investono su questa disciplina
costruendo continuamente sempre
più numerosi ed estesi skatepark
pubblici.
Uno skatepark deve essere un
luogo di ritrovo, dove siamo sicuri di
incontrare i nostri amici, dove poter
accompagnare il figlio abitualmente,
dove l’anziano si può sedere ed
ammirare le evoluzioni compiute dai
giovani con la tavoletta sotto ai piedi.
Lo skatepark è un punto di
aggregazione giovanile, è il posto
dove siamo liberi di esprimerci, dove
ci sfoghiamo, dove si cade e ci si
rialza, dove nascono motivazioni,
dove si matura ma soprattutto dove
ci si diverte in modo sano e creativo.
Ci vorrebbe uno skatepark o una
semplice struttura per skateboard
di fianco ad ogni altalena di un
qualsiasi parco giochi, in ogni
quartiere, in ogni città e allora sì
che in questi spazi i bambini e
gli adolescenti scenderebbero a
giocare in modo spontaneo, come
nel passato quando si giocava
per strada o nel campetto della
parrocchia… Al giorno d’oggi è
difficile trovare ancora un riscontro
di tutto questo.
Fra i miei progetti recenti e
significativi faccio qui riferimento a
due strutture inaugurate entrambe
durante il mese di ottobre 2012: uno
skatepark pubblico presso il Comune
di Pietrasanta (LU) e una rampa
(bowl) privata presso un negozio
che vende articoli per skateboard a
Camerano (AN).
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
17
18
PROGETTI
Pietrasanta (Lucca)
È stato realizzato uno skatepark
da me progettato, si tratta di una
piccola “Skate Plaza” di 500mq
caratterizzata dallo sviluppo
planimetrico ma soprattutto
dall’utilizzo di un materiale di
pregio, il marmo, con il quale si
sono costruite la quasi totalità
delle strutture della Plaza, struttura
unica in Italia ad impiegare questi
materiali.
Il progetto è nato dall’idea di
legare lo skatepark alla tradizione
di lavorazione artistica del
marmo di Pietrasanta. Grazie
alla collaborazione di alcune ditte
locali (ARTCO Srl, Blitz Graniti Snc,
Henraux Spa, Gabrielli Giuseppe
e F.lli Galeotti) si è riusciti ad
individuare pezzi di marmo, residui
di lavorazione, con forme particolari
ed adatte allo skateboarding che
sono stati omaggiate o fornite a
bassissimo costo.
La volontà è stata quella di non
modificare tali pezzi ma piuttosto
creare la Skate Plaza partendo da
essi e lasciare agli skaters il piacere
di adattare il loro skateboarding a
forme non nate per essere utilizzate
con la tavola da skateboard.
In merito alla struttura si riporta
una citazione dell’Assessore
Rossano Forassiepi, del Comune di
Pietrasanta, rilasciata in occasione
dell’inaugurazione: “Andiamo ad
inaugurare una nuova scultura di
Pietrasanta. Il primo Skatepark in
Italia realizzato in marmo, in onore
dell’artigianato e degli artigiani.
Un’opera che entrerà a far parte
del percorso artistico ludico
complessivo della città”.
Lo Skatepark si trova in Viale
Marconi - Pietrasanta LU
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
19
Camerano (Ancona)
Sulla costa opposta, nella cittadina
marchigiana di Camerano, la nuova
sede del negozio “Big Air” ospita al
suo interno un’incredibile e radicale
bowl di legno con pool coping,
realizzata sempre su mio progetto,
che occupa 150mq di superficie. La
caratteristica di questa struttura è la
lavorazione di tutti gli elementi che la
compongono tagliati al pantografo.
Un po’ di dati tecnici sulla Big Air
Bowl:
Progetto preliminare: Luca Crestani
e Marco Morigi;
Progetto esecutivo: Marco Morigi;
Costruttore: in economia da Luca
Crestani, Mauro Vitali e Nicola
Baldini;
Dimensioni: Shallow h180cm di cui
5cm a vert; Deep h240cm di cui
20cm a vert;
20
Materiali: betulla russa sp. 24mm
per le centine verticali, orizzontali
ed il pianale del terrazzino; assi e
morali di abete per altre centine
orizzontali e per tutto il telaio
portante dei terrazzini; n. 3 strati
di betulla finlandese sp. 6,5mm
come pannellatura delle curve; Pool
Coping su tutto il perimetro; 40.000
viti.
Tutto lo scheletro del telaio portante
è stato progettato e realizzato
al taglio pantografo come la
pennellatura finale composta da
quasi 300 spicchi calcolati con
l’ausilio di applicativi del software
Rhino.
Il Big Air Shop si trova in Via
Direttissima del Conero, 54 –
Camerano AN
Gli altri progetti
e le collaborazioni
Dal 1996 al 2010 ho avuto in
gestione l’ex campo da tennis
presso la Taverna Bukowski di
Marina di Ravenna e anno dopo
anno vi ho progettato, realizzato,
ampliato, modificato e gestito l’Oasi
Skatepark con rampe in ferro-legno,
organizzando eventi di rilevante
importanza come tappe del
Campionato Italiano di Skateboard
o del più rinomato Slam Trick.
2000-2003 ho richiesto, progettato
e seguito i lavori dello skatepark
pubblico in cemento sito presso
la Polisportiva Ponte Nuovo a
Ravenna.
2002-2003: ho realizzato i progetti
esecutivi e redatto il calcolo
statico del “Marianna HC Vert”
di Mezzano, la rampa verticale in
PROGETTI
cemento per il Comune di Lido di
Camaiore LU inaugurato in data 5
giugno 2011 (#Lido di Camaiore
Skate Plaza).
2011 progettazione esecutiva di
skatepark privato in legno al coperto
realizzato presso il Comune di
Avenza - Massa Carrara inaugurato
in data 8 dicembre 2011 (#Carrara
Skatepark).
2012 consulenza tecnica e
progettazione esecutiva di bowl in
cemento da realizzarsi in economia
(lavori fai da te / D.I.Y.) presso il
Comune di Lodi. I lavori sono stati
interrotti per problematiche emerse
durante gli scavi, la bowl verrà
costruita in altra zona e periodo da
definirsi (#Ottone Project).
2011-2013 in corso d’opera
consulenza tecnica per assistenza
alla progettazione e d.l. per
conto del Comune di Bolzano
per realizzazione di skatepark in
cemento presso prati del Talvera, a
Bolzano (#Platza Skatepark).
Negli anni ho omologato decine di
strutture e importanti impianti per
skateboard in Italia collaborando
con lo Studio Tecnico Lotti &
Partners di Ravenna
ferro-legno più grande d’Europa
per gli “allenamenti” del padrone di
casa Giorgio Zattoni.
2007-2008 consulenza tecnica
per assistenza alla progettazione
e direzione lavori per il Comune
di Cesena per realizzazione di
skatepark in cemento presso il
Parco Ippodromo di CESENA
inaugurato in data 28 novembre
2008 (#Jurassic Skatepark).
2008-2009 consulenza tecnica
per assistenza alla progettazione
e d.l. per conto dello Studio Silva
di Bologna per realizzazione
di skatepark in cemento per il
Comune di CREMONA. Purtroppo a
causa di una petizione di quartiere,
a scavi iniziati, è stato eliminato
dal progetto lo skatepark che verrà
costruito in altra zona e periodo da
definirsi.
2008-2009 consulenza tecnica
per assistenza alla progettazione
e d.l. per il Comune di Faenza
per realizzazione di skatepark
in cemento presso campo ex
tamburello a FAENZA inaugurato in
data 13 giugno 2009 (#Oami Skate
Plaza).
2010-2012: assieme a Marco
Miccoli e Gianni Zattoni,
abbiamo creato la “Skateboard
School Ravenna” organizzando
corsi di skateboard strutturati
con vere e proprie lezioni di
skateboard di primo approccio e
di perfezionamento per ragazzi e
ragazze dai 5 ai 14 anni.
2011 consulenza tecnica per
assistenza alla progettazione
e d.l. per conto dello Studio
Pucci Associati di Viareggio per
realizzazione di skatepark in
Cariche associative
e formazione
Nel 2004 sono stato parte
costituente dell’Associazione
Culturale Slam Trick dove ho
ricoperto la carica di Presidente
fino alla cessazione della stessa
nell’anno 2010.
Nel 2010 sono stato nominato
Componente della Commissione
Tecnica Skateboard della F.I.H.P.
(Federazione Italiana Hockey
e Pattinaggio) e Presidente
dell’Associazione Sportiva
Dilettantistica Marianna Skatepark).
Sempre 2010 ho ricevuto l’attestato
di partecipazione al corso di
formazione “Educare con lo Sport”
promosso dal Comune di Ravenna.
L’anno successivo ho partecipato
al “Corso di formazione nazionale
per Istruttori di base” organizzato
dal Coni per la Federazione Italiana
Hockey e Pattinaggio (FIHP).
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
21
pENSaRE
Fare scuola
di Luigi Mussio - Naida Di Nino
del Politecnico di Milano – DICA
Intervento presentato da Lugi Mussio e
Naida Di Nino nell’ambito del Convegno
nazionale della SIFET (Società Italiana di
Fotogrammetria E Topografia) “Tecniche
moderne della Geomatica e loro
applicazioni in ambito legale e forense”,
svoltosi allo Sheraton Catania Hotel &
Conference Center dal 26 al 28 giugno.
A
micis semper libens patebo è un gioioso detto latino che significa: sarò
sempre aperto agli amici. Infatti proprio questo è il senso del testo che
intende essere una conversazione di coloro che scrivono con i propri
lettori, invitandoli alla lettura, in quanto amici.
In questo modo, la lunga conversazione si dipana liberamente, spaziando
dalla matematica (dai giochi numerici e dalle discipline del rilevamento) alle
parole chiave del vivere civile (e della politica, intesa nel senso più alto, con
un’attenzione particolare alla possibilità di garantire a tutti la “pancia piena”,
perché strettamente necessaria per i pensieri alti).
Una lunga digressione prende in considerazione le figure di Darwin e Marx,
e le pericolose degenerazioni del loro pensiero. Una selezione di immagini
accompagna la conversazione, sottolineandone gli aspetti più rilevanti
od introducendo tematiche parallele. Non secondarie sono poi alcune
considerazioni conclusive didattiche, perché troppo spesso si perseguono
logiche errate, completamente contrarie alle esigenze maieutiche.
Per ogni cosa c’è il suo momento, … (Ecclesiaste 3, 1)1
Ma tutti i feticci avevano lo stesso scopo. Erano armi per aiutare la gente, a
non essere più soggetta agli spiriti, e diventare indipendente. Strumenti. Se
diamo una forma agli spiriti, diventiamo indipendenti (Pablo Picasso).
1 Il passo biblico è famoso, ma si addice ad introdurre temi sparsi che spaziano da curiosità culturali
a riflessioni etiche, non disgiunte da qualche accento polemico. Proprio per questa ragione, tre
quadri di Pablo Diego José Francisco de Paula Juan Nepomuceno María de los Remedios Cipriano
de la Santísima Trinidad Ruiz y Annibali Picasso (semplicemente noto come Pablo Picasso), dipinti
in tre momenti della sua lunga vita e su tre soggetti completamente differenti, sostituiscono bene
un’introduzione fatta di tante parole. Infatti il primo presenta il primo dei suoi quattro figli (ancora
piccolo ed in abiti da carnevale) ed è un invito al gioco ed alla fantasia, il secondo (dipinto nell’anno
di termine della guerra civile spagnola e d’inizio della seconda guerra mondiale) illustra drammaticamente la rapacità di una strage, ammonendo contro i pericoli dell’odio tra la gente ed i popoli, ed il
terzo mostra la gioiosità del bene, anche fisico, vissuto nell’amicizia e nell’amore tra persone, prima
di tradursi nel bene comune delle varie comunità e dell’intera società umana.
22
Si può dipingere con ciò che si vuole, con pipe,
francobolli, cartoline o carte da gioco, con pezzi di tela
cerata, colletti, carta da parati, giornali. A me basta
che si veda il lavoro, il lavoro si deve vedere ed è dalla
quantità di lavoro che ci mette l’artista che si capisce il
valore di un’opera d’arte (Guillaume Apollinaire).
Un pittore deve osservare la natura, ma non
confonderla mai con la pittura. La natura non si può
tradurre in pittura se non attraverso i segni. Ma i segni
non si inventano. Bisogna puntare fortemente alla
somiglianza per arrivare al segno. Per me, la surrealtà
non è altro – e non è mai stato altro – che questa
profonda somiglianza, al di là delle forme e dei colori
con cui le cose si presentano (Pablo Picasso).
Diversi ma non troppo, per contenuto, sono i tre passi,
dello stesso Picasso e di Apollinaire. Liberarsi dalla
paura è una precondizione necessaria, per poter vivere
pienamente la propria esperienza umana. In questo
contesto, i feticci di allora sono il corrispondente della
ragione e della fantasia di oggi. Da qui, cosa e come
dipingere fa il pari con cosa e come descrivere/narrare
(ed anche registrare e riprendere, fotografando o
filmando), per quella continuità, ben nota, tra immagini,
mappe e testi corrispondenti. Circa la rispondenza tra
oggetto ed immagine (qualsiasi cosa essa sia): acquisire è
sempre scegliere ed interpretare.
Le parole chiave del vivere civile
Pablo Picasso
Paulo en arlequin, 1924 (Musée National Picasso)
Gatto che ghermisce un uccello, 1939 (Musée National Picasso)
Le Baiser, 1969 (Musée National Picasso)
Andiamo dunque a sondare che cosa significano… le tre
grandi parole che la rivoluzione francese ha con la presa
della Bastiglia: libertà, uguaglianza, fraternità.
Cominciamo dalla libertà. Non hanno avuto la stessa
sorte, queste parole. Libertà è la più inflazionata. Chi
ne fa a meno, se non proprio i fascisti, … ? La sventola
anche chi, nel concreto esercizio del potere, la nega.
Uguaglianza è già meno diffusa: è una parola delle punte
alte del movimento operaio, delle prime lotte ugualitarie,
una parola del comunismo, quando – assai prima di
questo secolo – si affaccia alla storia; la accompagna
un sospetto di utopia. Fraternità è invece una parola
perduta alla politica. Ferveva alle origini del movimento
operaio; oggi2, credo, resta solo in fondo alle lettere che
ci si scambia nei e fra i partiti comunisti: “Fraterni saluti”.
Dieci anni fa è stata usata orribilmente: era “fraterno”
aiuto quello che esercitavano le truppe sovietiche
invadendo nel 1968 la Cecoslovacchia.
Libertà sono tante cose. Prima di tutto è rifiuto
dell’oppressione. Dell’oppressione esterna, della coazione
esterna: è bisogno di uscire dalla “impossibilita di essere
liberi”. Come uomini o come popolo. È per questo che
l’idea di liberta porta in sé un immagine di lotta e un
carico di sofferenza; la sentono soprattutto coloro che ne
2 Il testo è del 1979.
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
23
sono privi. Così le parole della libertà nascono soprattutto
nel dolore e nella ribellione. In questi nostri anni forse
non a caso troviamo le parole della liberta nella voce delle
minoranze oppresse, dei popoli colonizzati.
Dura libertà, bisogna soffrire molto per amarla cosi. E
poi, quando si è liberi dall’oppressione più elementare
– quella dello straniero, o della razza che si pretende
superiore – la libertà diventa qualcosa di più complicato.
Come se non si cessasse mai di non essere liberi.
Forse per questo … (si) parlava di utopia della liberta.
Quando si è conquistato il diritto di libertà come popolo,
o nazione, o minoranza, ecco che la libertà incontra altri
ostacoli: l’oppressione non più da parte dello straniero,
degli “altri”, ma da parte dei “propri”: l’oppressione che
può venire dall’ordine sociale o dalle leggi nei quali la
coloro che amano, non di coloro che odiano”.
Questa libertà ultima, che non accetta nessun vincolo
umano, consensuale neppure, è collocata da Sofocle
in una donna. “Non sarà una donna che farà la legge
finché vivo”, grida il tiranno; e la sorella di Antigone già
l’aveva ammonita “Siamo donne, la natura non ci ha
fatto capaci di tener testa ai poteri”, dei quali le leggi
non sono che l’espressione formalizzata. Perché Sofocle
sceglie una figura femminile per esaltare l’individuo
contro la collettività, vista come oppressione? Perché la
donna, che porta e trasmette la vita, appare più vicina a
qualcosa che viene prima e va oltre la convenzione della
società politica, a quella parte inalienabile dell’essere e
della persona che ha la sua radice nella vita stessa, cioè
prima della società organizzata (o almeno così sembra
“Dura libertà, bisogna soffrire molto
per amarla cosi. E poi, quando si e liberi
dall’oppressione più elementare
– quella dello straniero,
o della razza che si pretende superiore –
la libertà diventa qualcosa di più complicato.
Come se non si cessasse mai
di non essere liberi”
persona sente violata se stessa o i suoi principi costitutivi.
La prima figura di questa affermazione di libertà contro
l’ordine statuale è, nella nostra civiltà, una donna: oltre
quattrocento anni prima di Cristo, ad Atene, Sofocle
mette in bocca ad Antigone la ribellione alla legge in
nome d’un principio superiore ed estraneo ad essa. …
Che cosa la opprime? Un editto del tiranno di Tebe, il
quale ordina che non venga data sepoltura al corpo d’uno
dei due fratelli di Antigone, Polinice, venuto a combattere
contro la sua città. Chi tenterà di seppellirlo sarà messo
a morte. Io lo seppellirò, dichiara Antigone. Vado contro
la legge? Lo so, ma obbedisco a un’altra legge “che non
porta la data di oggi, né di ieri, e nessuno sa quando
sia stata scritta” – una legge, dunque, non decisa dagli
uomini: è quella del legame di sangue e della pietà verso
i morti. Dunque, le obietta il tiranno, tu metti sullo stesso
piano il traditore e il giusto? “Chissà quale è la vera pietà,
fuori dalla vita”, risponde Antigone. “Ma anche morto
il nemico resta nemico”. “Io, replica Antigone, sono di
24
alla tradizione) e che si coglie più “per amore” che
attraverso ragione. L’uomo è forte ma relativo, “laico”; la
donna è debole ma eterna, legata alle radici “religiose”
della vita.
E infine c’è una liberta ancora successiva a questa,
dell’individuo che si sente oppresso dalle norme della sua
stessa collettività. È la liberazione da condizionamenti
più sottili dei poteri e delle leggi scritte, condizionamenti
– fatti di cultura, di costume, di inibizioni introiettate, di
soggezioni che crescono in noi e con noi – che legano
coloro che pure sono giuridicamente liberi o non stanno
conducendo lotte per l’indipendenza, la vita o la morte.
È l’idea di libertà come critica al carattere formale delle
libertà; e riguarda non più solo la persona nei confronti
dello stato, ma i gruppi, le classi, i soggetti sociali che si
coagulano in una democrazia.
Fraternità è la più sfuggente delle tre parole della
rivoluzione francese.… Sta di fatto che “liberta” è una
parola antichissima, che viene ripresa, muta d’accezione,
PENSARE
ma è sempre presente in politica. “Uguaglianza” è
meno antica, più rara, ma è la costante dei movimenti
rivoluzionari comunisti (che sono più vecchi di Marx).
“fraternità” invece comincia a sparire già nel corso
della rivoluzione che la iscrive nei suoi stendardi. … Ad
ogni modo cos’è fraternità? Fraternità è un valore dei
movimenti nascenti, quando la gente si riconosce e
comincia a mettersi assieme; specie minoritari; specie
quelli dove più che al leader si dà peso al collegamento
orizzontale, fra uguali, senza rapporto con il padre, senza
rapporto con il figlio. Fraternità è una parola di parità e
solidarietà; questo valore cade man mano che la spinta
originaria vince e si istituzionalizza. Allora i “fratelli”
tornano a essere cittadini d’una comunità o soggetti
d’uno stato o membri d’un partito consolidato.
Per questo, … “fraternità” è fuggevole e transitoria; e per
trovarla oggi bisogna guardare i movimenti più fortemente
antistituzionali, per non dire antipolitici. Il femminismo,
per esempio. Che l’abbia rinverdita? Fraternità, sororanza
delle donne e fra donne, contro la potenza del mondo
maschile.
Perché Uguaglianza è, fra le parole della politica, la più
paradossale ed eversiva. Paradossale perché mette in
luce la bugia che è implicita nei nostri ordinamenti e
nella nostra cultura, perfino nella coscienza e nel senso
comune. Tutti gli uomini, si dice correntemente (salvo
proprio qualche convinto nazista), nascono uguali; e per
uguali si intende non “identici”, ma “con uguale diritto ad
essere se stessi”. Lo dice solennemente la Costituzione,
quando nega differenze di sesso, razza e religione per
rapporto ai diritti fondamentali del cittadino.
Eppure il senso comune sa che non è vero. La battuta
“in fasce siamo tutti uguali” è falsa: si comincia con il
nascere inuguali. Non scegliamo la nostra nascita; la
prima disuguaglianza sta in essa – se uno nasce povero
o nasce ricco, figlio di operaio o figlio di padrone, in una
clinica … o in un casolare … o sulle navi … alla deriva nei
mari del sud. Tutto il suo destino è segnato dal marchio
dell’inuguaglianza nella nascita, e dovrà battersi contro di
essa o subirla.
Così, sappiamo anche di non essere uguali di fronte
alla legge o alla cultura: le leggi sono uguali, ma sono
applicate a cittadini che hanno un’inuguale capacità e
possibilità di capirle, aggirarle, rispettarle o difendersene.
E la stessa scuola applicata ai Gianni e ai Pierini non li
rende uguali, ma li diversifica. E ancora, in questa società
non d’uguali nascono fieri sospetti contro l’uguaglianza.
Essa non ha mai voluto dire altro che “uguaglianza
di diritti e poteri” (a dire il vero è, più che una parola
della politica, una parola del potere, anzi il suo esatto
reciproco); ma sempre l’aspirazione … che voleva gli
uomini liberi e uguali, è stata bollata come pericolo di
uniformazione.
… Dunque non l’uguaglianza, come bugiardamente
si dice, ma la disuguaglianza di poteri e di mezzi è
“naturale”, E perciò l’aspirazione all’uguaglianza è
eversiva, e la lotta per l’uguaglianza è la più aspra.
Finora non ha mai vinto, Può succedere infatti che la
più grande parte di una società si muova per obiettivi di
libertà, o anche di fraternità; non è mai successo che si
muova tutta intera per l’uguaglianza. Perché uguaglianza
significa spezzare la gerarchia dei poteri, come proprietà
e come ruolo; e quando questa minaccia si profila,
tutte le strutture di proprietà e di potere si fanno rigide
e impermeabili. E anche fra i democratici mille obiezioni
si sollevano: come assicurare un ordine, se tutti hanno
poteri uguali? Sarebbe l’anarchia, nessuno starebbe più
al suo posto,…, il governo non governerebbe perché i
sudditi non ci sarebbero più. Nella nostra età la divisione
del lavoro e dei compiti è cosi strettamente connessa a
un principio di gerarchia fra poteri disuguali, che all’idea
dell’uguaglianza tutto salta.
Così questa idea dell’uguaglianza è fra le più antiche,
tenaci e irrealizzate; e perciò ancora – forse oggi come
non mai – minacciosamente moderna. Non farò
qui la lunga storia di sollevamenti e sconfitte in suo
nome; dovrei risalire a Spartaco, finito in croce. Basta
solo ricordare che affiora assieme alla democrazia
moderna: nella rivoluzione inglese del 1648 ci sono
anche i “livellatori”, che si richiamano all’uguaglianza, e
vengono immediatamente abbattuti. E da allora il destino
catastrofico di chi vuole l’uguaglianza continua: un secolo
e mezzo dopo, nella rivoluzione francese gli egualitari
sono abbattuti per primi. Ancora un secolo, e la Comune
finisce sotto il piombo dei versagliesi. Poi ancora cento
anni e quando all’interno della rivoluzione cinese, cioè
fra comunisti, si leva, con la rivoluzione culturale, una
richiesta radicale di uguaglianza, quel partito si divide,
il paese si infiamma ... Non è dunque un valore facile,
questo che siamo abituati a recitare assieme a liberta e
fratellanza.
Come doveva essere a fil di logica e di storia. Dopo la
rivoluzione francese – con la fine del feudalesimo, delle
grandi monarchie assolute, il trionfo dei lumi, lo spazio
preteso e in parte ceduto alle rappresentanze – viene la
Democrazia. Più o meno.
… È una parola della nostra civiltà, il famoso occidente.
Viene dalla Grecia. Vuol dire letteralmente potere
del popolo: cominciamo da qui. In quell’Antigone di
Sofocle che entra ed esce di continuo dal filo del nostro
discorso, c’è un dialogo perfetto: da una parte sta
Creonte, il signore della città, dall’altra il figlio Emone,
che rappresenta anche il popolo di Tebe (non per caso,
il rapporto del padre col figlio è il primo rapporto di
autorità). “Guarda, signore” gli dice pressappoco Emone,
“che ti sbagli. La città di Tebe non è d’accordo con te”.
“Come”, salta su Creonte, “la mia città darà ordini a
me?”. “Non parlare come un ragazzino, adesso”, ribatte
Emone. E Creonte: “Ma a chi deve servire il potere, a
me o ad altri?”. Ed Emone gli risponde; “Lo stato non è
proprietà d’uno solo”.
In queste battute sta il nocciolo dell’idea non solo greca
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
25
ma anche moderna di democrazia. Ha dunque qualcosa
come duemilacinquecento anni, l’idea che lo stato non
appartiene a uno solo. Che gli uomini, in quanto sono,
se non uguali, necessari al funzionamento della società,
della città, della polis, hanno tutti diritto di governare o
almeno di dire la loro su come essere governati. Che in
essi sta la fonte del potere, e non nell’autorità o in un
dio. A colui che li governa devono poter dire: “‘Tu governi,
ma in nome d’un potere che noi ti affidiamo. E che
potremmo riprenderci indietro”.
… Due aggiunte. Primo, la certezza che il potere sia di
tutti e di ciascuno – e cioè che sia “naturale” non alienare
ad altri il proprio destino – e assieme insopprimibile e mai
realizzata. Sia perché il potere è stato in genere niente
affatto delegato e contrattato, ma preso e saldamente
tenuto dal più forte, uomo o gruppo o classe; sia perché
anche quando viene delegato, la delega non avviene
come un contratto fra uguali; sia perché il meccanismo
della revoca, quando tocca un cambiamento radicale
di poteri, non funziona mai senza rotture, forzature,
violenza.
Secondo, la spinta alla democrazia, al governare
collettivamente, è uno di quei bisogni di fondo che
spinge la storia – più, …, che lo stesso bisogno di libertà
individuale; perché democrazia è, idealmente, libertà
di tutti come condizione della libertà di ciascuno; è il
modello di società politica che più somiglia a una libera
associazione. Ma questa onda lunga che corre nella
storia – almeno nella nostra civiltà, perché altre non
la conoscono – corre sempre ma è sempre repressa.
Qualsiasi potere appena si coagula tende a fissarsi; a non
allargarsi; a non trasmettersi se non al proprio interno.
Chi ha il potere, anche quando crede di governare per gli
altri, governa o per sé o secondo la sua idea della società
e dei suoi fini, e vede come un avversario quel “non
potente” che tende a squilibrarlo, a spezzarne la fissità …
Così succede che i greci inventino la democrazia, che i
romani la imparino dai greci, ma immediatamente con
l’impero si mangino la Grecia; che per tutto il medioevo
l’idea di democrazia si perda e il principio del potere
venga collocato non nel popolo ma in Dio, e nel signore
che dice di rappresentarlo in terra; che la democrazia
rinasca in forme moderne nella rivoluzione inglese del
1648, ma che il suo leader Oliver Cromwell, che del resto
la solleva e se ne serve, dopo morto sia dissotterrato, e il
suo corpo appeso a una forca e decapitato. Poi riemerge
la democrazia e stavolta per sempre con la rivoluzione
francese, ma cadono tutte le teste che l’hanno voluta.
Da allora, per tutto il secolo scorso e nel nostro, la
democrazia come forma di governo e come idea d’un
potere che sia delle masse – non è la stessa cosa – corre
come grande tendenza, e al centro dello scontro politico.
Con una novità. E cioè che in questo secolo e nei paesi
più avanzati dell’occidente il potere, o chi lo detiene,
diventa consapevole che si può non solo governare
ma “dominare” – cioè negare il senso del “potere del
26
popolo” – attraverso le forme della democrazia; che la
rappresentanza o il suffragio universale non possono
non essere concessi, ma possono essere usati come
una forma singolarmente duttile e, a un certo grado di
maturazione delle coscienze e dei diritti, forse la sola
efficace di dominio. Che insomma anche attraverso le
elezioni libere e segrete a suffragio universale – quel
suffragio conquistato solo da alcuni decenni in molti
paesi e che sembra il simbolo stesso dell’uguaglianza
politica di tutti – si può far in modo che il potere reale
ricada sempre, se non sulle stesse persone, sulle
stesse classi o gruppi. Le forme della democrazia
possono dunque essere manipolate in senso inverso
al potere popolare, sia che il popolo vi partecipi solo in
modo formale, sia che lo si induca a contentarsene,
persuadendolo che il potere sta nella pura sfera politica
(mentre sta anche altrove – per esempio nella proprietà),
sia intervenendo come mai nel passato sulla formazione
del consenso (che vuol dire portar la gente a pensare
quel che i potenti pensano).
Stato è la parola più difficile. … È una parola impervia
perché lo stato è la forma più complessa della politica
… È la politica che diventa legge, si fissa in una norma
che regge la società nei poteri che, facendo rispettare
la norma, si organizzano a parte nella società. La
norma infatti può essere più o meno democratica, ma
è sempre decisa da chi in quel momento dirige, uomini
o classi; e i poteri possono essere più o meno autoritari,
ma sempre riflettono un principio di inuguaglianza: …
c’è chi governa e chi è governato. E sempre quindi,
in qualche modo, legge e potere – queste due anime
dello stato – appaiono separate dalla vita immediata del
singolo, fissate sopra di lui. Lo stato insomma è il luogo
dove la politica e le norme che gli uomini si danno, si
impongono, diventano altra cosa, separata dalla stessa
esperienza che la fa nascere: poteri, appunto. …(Invece)
il principio di statualità che non (dovrebbe) chiede(re) …
né obbedienza, né di star fuori dal potere: al contrario …
invita a non separarsi, a entrare nella città, a prendere
assieme … le redini, perché in essa si decide anche la
sorte (di tutti).
Ecco, … sembra che in questi anni di spartiacque, di crisi
delle idee e delle forme di convivenza, riemerga in tutta la
sua carica simbolica l’antica contraddizione fra la donna
(e ciascun individuo) e quella forma pura, integrale, della
politica, quella iperpolitica che è lo stato. Dico antica,
perché la prima sfida allo stato è stata attribuita nella
nostra civiltà a una donna, Antigone. … vorrei ricordare
ancora la sua storia, nella forma che assume nella
tragedia di Sofocle, … Antigone, dunque, viola la volontà
dello stato, personificato dal tiranno di Tebe, Creonte,
perché questi ha deciso che uno dei fratelli di Antigone
– venuto a combattere contro la sua città e perito sotto
le sue mura – venga lasciato insepolto, come estremo
oltraggio da infliggere a un traditore. Nessuno dei tebani
osa uscire dalla città per raccogliere il corpo del fratello
PENSARE
cattivo, Polinice, e seppellirlo; nessuno, fuorché Antigone.
La tragedia si apre con la sua dichiarazione: Vado e lo
seppellirò. Il coro, il popolo di Tebe, segue le sue mosse
con inquietudine: da un lato teme le conseguenze cui va
incontro quella fragile giovane sfidando il tiranno; dall’altro
lentamente si persuade che la legge non può essere
stabilita soltanto dal tiranno, che lo stato non appartiene
ad uno solo. Insomma, riflettendo su Antigone, il coro
scopre la dimensione dello stato e non intende più
delegarla totalmente: la città deve essere governata “da
tutti”, non “da uno”. Antigone fa la parte di levatrice
dell’idea di democrazia.
Ma non è una “democratica”, Antigone. Essa sfida il
tiranno non tanto perché ha deciso da solo: se l’intera città
decidesse che non bisogna seppellire il fratello, Antigone
sfiderebbe la città. Andrebbe a seppellirlo perché lasciare
insepolto il fratello viola un diritto naturale, oltre che di
sangue, del quale essa si sente portatrice e che sta sopra
le leggi. Deve seppellire il fratello anche se è venuto a
combattere contro Tebe guidando un esercito avversario
che l’avrebbe distrutta e che di lei, Antigone, avrebbe
fatto una schiava; proprio il nemico in sé. Ma i torti di
Polinice appartengono agli uomini e alla politica; il legame
di sangue e la pietà verso i defunti, a una legge non
scritta che nessuno, comunità o singolo, può cancellare:
seppellire il fratello, restituire umanità e compostezza a un
corpo lacerato nella polvere. Quel corpo che è la donna
a generare come un pezzo di sé, quando muore, lo deve
rendere alla terra, strappandolo al vento e agli uccelli che,
dilaniandolo, impedirebbero alla sua anima di trovare
silenzio e riposo. La donna lo mette alla luce, la donna lo
restituisce alla terra. Niente glielo può impedire, neanche
la legge del suo stato.
Così Antigone porta il suo popolo alla democrazia,
ma porta se stessa alla morte, impiccandosi in una
grotta. Come se, fra la legge non scritta, naturale, che
la donna incarna, e la legge pattuita fra gli uomini,
non ci fosse comunicazione possibile. È vero? Forse
bisognerebbe chiedersi prima se la stessa “legge di
natura” non sia una legge pattuita, ma in tempi cosi
lunghi che sfuggono ai confini della volontà e della
memoria. … questa antica contesa sembra riemergere
ai giorni nostri (Rossana Rossanda, Le altre).
Le parole chiave del vivere civile sono saldissime nei
principi, ma assolutamente in divenire nella pratica
corrente, perché anche libertà, fraternità, uguaglianza,
democrazia e stato (come pure enti locali e comunità
sopranazionale) sono parole vuote, se non trovano la
concreta applicazione, seguendo i casi concreti, con la
dovuta cura ed attenzione. D’altra parte, incertezza ed
incompletezza non devono essere considerate un limite
della politica e, in generale, delle scienze umane; infatti
le stesse incertezza ed incompletezza caratterizzano le
scienze della natura, anche quelle fisiche ed addirittura
Giovanni Segantini, Il lavoratore della
terra o Lavoratore dei campi (Gallerie
d’Italia, Milano)
Il lavoro della terra o dei campi è
un lavoro che si ripete, seguendo il
ritmo delle stagioni, ma non è mai
esattamente uguale a se stesso,
proprio come le stagioni non sono
esattamente uguali a se stesse,
permettendo o meglio favorendo
(oppure forse imponendo) anche una
diversa comprensione del passato ed
una rinnovata concezione del futuro
la matematica. Tutte le scienze cambiano al cambiare
di tempi, luoghi e condizioni, dove sono studiate e
spesso messe in atto con la tecnica, le tecnologie e/o la
politica. La conoscenza è sempre giocoforza precaria e
provvisoria, e deve essere acquisita con fatica, modestia
ed umiltà (ben coscienti che gli errori sono possibili e
relativamente probabili) e, con essa, deve cambiare
anche la comprensione del passato e la concezione del
futuro.
Il welfare contro la paura
Quali sono, innanzitutto, gli elementi che costituiscono
la civiltà europea? … Secondo me, …, la civiltà
europea è in primo luogo una civiltà pluralista. Voglio
dire che essa è il luogo della diversità delle opinioni,
delle contrapposizioni, dei valori contrastanti e della
dialettica che non arriva a una sintesi. In Europa la
dialettica vivente è quella che non porta a una sorta
di ideologia al contempo totalitaria ed ortodossa.
Il contributo più importante della nostra civiltà mi
sembra sia quel pluralismo che è sempre stato
il fondamento della nozione della civiltà europea.
Oggi per l’appunto è questo ad essere in pericolo
ed è ciò che bisogna cercare di preservare…
Se riteniamo che la civiltà occidentale consista
soprattutto nell’umanizzazione della natura, cioè
nelle tecniche e nella scienza, l’Europa non solo ha
trionfato, ma le forze che oggi la minacciano hanno
mutuato dall’Europa occidentale le sue tecniche
o le sue ambizioni tecniche e, in ogni caso, il suo
metodo scientifico o di ragionamento. … A questa
utile distinzione posso aggiungere …, se proprio il
singolare successo della civiltà occidentale nel suo
aspetto scientifico non sia in parte responsabile
del singolare fallimento morale di questa civiltà.
Per dirla diversamente, se in un certo senso, la
fiducia assoluta, cieca, nel potere della ragione
razionalista, …, perché è lei al centro del sapere
contemporaneo, non sia responsabile in una certa
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
27
misura del restringimento della responsabilità
umana che ha potuto, … portare poco alla volta a
questo degrado dell’universo personale. L’universo
tecnico in se stesso non è una brutta cosa, e sono
assolutamente contrario a tutte quelle teorie che
vorrebbero un ritorno alla carrucola o all’aratro trainato
da buoi. Ma la ragione tecnica, posta al centro
dell’universo, considerata come l’agente meccanico
più importante della civiltà, finisce per provocare una
specie di perversione, al contempo nell’intelligenza
e nei costumi, che rischia di portare al fallimento di
cui abbiamo parlato. … Abbiamo estrema difficoltà
ad avere abbastanza contatti e conoscenze, a
contaminare quanto basta le nostre idee affinché
si fecondino mutualmente i valori erranti, che sono
isolati nei nostri rispettivi paesi. Ebbene, credo che
questo ideale verso il quale noi tutti tendiamo, che
dobbiamo difendere e per il quale dobbiamo fare
tutto ciò che è possibile, non si realizzerà subito. La
“sovranità” per molto tempo ha messo bastoni in tutte
le ruote della storia internazionale. Continuerà a farlo
… (ma) è possibile influire su una civiltà, anche dallo
stato di abbandono e povertà in cui siamo (Albert
Camus, intervento alla Conferenza di Atene, 1955).
Siamo ripiombati in un’epoca di paura. Svanita l’idea
che le competenze grazie alle quali hai abbracciato
una professione o hai intrapreso un’attività lavorativa
siano quelle utili per l’intera vita professionale. Svanita
la certezza di potersi ragionevolmente attendere una
pensione soddisfacente in seguito a una carriera
fortunata. Tutte queste inferenze dal presente al futuro,
che caratterizzarono la vita americana ed europea nei
decenni del dopoguerra, sono state spazzate via. … Mi
pare che la recrudescenza della paura, e le conseguenze
politiche che evoca, offra gli elementi più solidi che si
possano addurre in favore della socialdemocrazia: sia
come protezione degli individui contro le minacce reali o
immaginarie alla loro sicurezza, sia come protezione della
società contro minacce molto probabili alla sua coesione
da un lato, e alla democrazia dell’altro. Va ricordato che,
soprattutto in Europa, coloro che riescono a sfruttare
con successo tali paure – la paura degli stranieri, degli
immigrati, dell’incertezza economica o della violenza
– sono in primis i politici tradizionali, vecchi stampo,
demagogici, nazionalisti e xenofobi.
… Il ventesimo secolo non è stato necessariamente
come ci hanno insegnato a vederlo. Non è stata, o
non solamente, la grande battaglia tra la democrazia
e il fascismo, o tra il comunismo e il fascismo, o tra
la sinistra e la destra, o tra la libertà e il totalitarismo.
La mia impressione è che per gran parte del secolo
scorso ci siamo dedicati a dibattiti, espliciti o impliciti,
sull’ascesa dello Stato. Che tipo di Stato volevano le
genti libere? Che cosa erano disposte a sacrificare per
28
averlo e quali finalità desideravano che perseguisse?
In questa prospettiva, i grandi vincitori del ventesimo
secolo sono stati i liberali dell’Ottocento, i cui eredi
hanno creato lo stato sociale in tutte le sue mutevoli
forme. Hanno realizzato qualcosa che, sino alla
fine degli anni Trenta, pareva quasi inconcepibile:
hanno forgiato Stati democratici e costituzionali forti,
economicamente interventisti e con imposte levate,
capaci di includere società di massa complesse,
senza fare ricorso alla violenza o alla repressione.
Sarebbe avventato rinunciare a questa eredità
con leggerezza. La scelta con cui si confronterà
la prossima generazione non sarà quindi tra il
capitalismo e il comunismo, o tra la fine della storia e
il ritorno della storia, ma tra la politica della coesione
sociale basata sugli scopi collettivi e l’erosione della
società per mezzo della politica della paura (Tony
Judt, Novecento. Il secolo degli intellettuali e della
politica).
La libertà senza limiti è il contrario della libertà. Solo i
tiranni possono esercitare la libertà senza limiti … Ma
se si vuole esercitare una vera libertà, non può essere
esercitata unicamente nell’interesse dell’individuo che
la esercita. La libertà ha sempre avuto come limite,
…, la libertà degli altri. Aggiungerò … che essa esiste
e ha un senso e un contenuto solo nella misura in cui
viene limitata dalla libertà degli altri. Una libertà che
comporta solo diritti non sarebbe una libertà, ma una
tirannia. Se invece comporta dei diritti e dei doveri,
è una libertà che ha un contenuto e che può essere
vissuta. … La libertà con dei limiti è l’unica cosa che
faccia vivere allo stesso tempo colui che la esercita
e coloro a favore dei quali viene esercitata (Albert
Camus, intervento alla Conferenza di Atene, 1955).
L’epoca attuale, dominata da un’insensata e pericolosa
finanza d’assalto, non disgiunta da economie illegali, e
da gravi crisi economiche e finanziarie ricorrenti, produce
insieme un’economia dello spreco e la precarietà e
pauperizzazione di strati sempre più vasti di popolazione
(piccoli, giovani, donne sole, anziani abbandonati
ed immigrati dal cosiddetto terzo mondo). Questa
condizione, già drammatica in sé, non è foriera di nulla
di buono, in quanto condizioni di disperazione, vere e
proprie, inaspriscono tutti i contrasti e possono portare
a tumulti ed alla guerra. Quello che occorre concepire,
mettere in atto e verificare, passo dopo passo, è una
lenta decrescita, giungendo a condizioni di sostenibilità
(ambientale ed economica), dove una ridistribuzione
equa faccia tuttavia sì che, nel contempo, chi ha meno
possa crescere fino a raggiungere una condizione di
ragionevole sicurezza. Ovviamente a tal fine, nessuna
soluzione/manovra dirigista è auspicabile, ma una
democrazia consensuale, rispettosa delle libertà, con gli
obiettivi irrinunciabili di giustizia ed uguaglianza.
PENSARE
Giacomo So, Utopia di libertà
Carta europea per l’uguaglianza (manifesto)
Con le dovute precauzioni, anche la scienza
può dare un valido aiuto contro la paura
… i lavori in cui fa difetto il rigore non possono far
avanzare d’un passo la matematica. Il rigore assoluto,
se è condizione necessaria affinché un lavoro sia
scientifico, non è ancora condizione sufficiente.
Un’altra condizione sta nelle ipotesi da cui si parte. Se
un autore parte da ipotesi contrarie all’esperienza, o
da ipotesi non verificabili coll’esperienza, né da esse,
né dalle loro conseguenze, potrà, è vero, dedurre
una qualche teoria meravigliosa, da far esclamare:
quale vantaggio, se l’autore avesse applicato il suo
ragionamento ad ipotesi pratiche! (Giuseppe Peano,
Rivista di matematica).
La relazione tra teoria ed esperienza, che qui è
assunta, ha trovato nei tempi moderni la sua più
pregnante espressione nel sistema di meccanica di
Heinrich Hertz. La presentazione di Hertz considera
dapprima spazio e tempo solamente nel senso in
cui si offrono all’intuizione interna. … Soltanto nel
secondo libro, nel quale si passa dalla geometria
e dalla cinematica alla meccanica dei sistemi
materiali, tempi, spazi e masse diventano segni di
oggetti empirici esterni … (Ernst Cassirer, Sostanza
e funzione: ricerche sui problemi fondamentali della
critica della conoscenza).
Con le … definizioni non vedo come io possa decidere
la questione se il mio orologio sia o no un punto. Già
il primo assioma parla di due punti; qualora dunque
volessi sapere se l’assioma vale in parola per il mio
orologio, dovrei dapprima sapere, di un altro oggetto,
che è un punto. Ma anche se io sapessi, per esempio
della mia penna, che è un punto, sarei sempre
nell’impossibilità di decidere se il mio orologio e la
mia penna determinano una retta, dal momento che
non saprei cos’è una retta (Gottlob Frege, Alle origini
della nuova logica – Carteggio scientifico con Hilbert,
Husserl, Peano, Russell e altri).
Darwin, Marx e le loro degenerazioni
È la nostra arroganza, a sollevarci sullo stesso
scaffale. … (Infatti) non ha ... l’uomo bianco, che ha
svilito la sua natura e viola ogni migliore sentimento
istintivo, facendo schiavo il suo compagno nero,
spesso desiderato di considerare lui come gli altri
animali. … E credo che a coloro che svettano su tali
pregiudizi, … piace pensare che la natura dell’uomo
abbia origine divina … (perché) l’uomo nella sua
arroganza è convinto di essere una grande opera,
degna l’interposizione di una divinità; (invece è) più
umile e credo fedele considerarlo creato dagli animali
(Charles Robert Darwin, Notebook primavera 1838).
Gli animali che abbiamo fatto i nostri schiavi non ci
piace considerare nostri eguali. (Allora perché noi)
non titolari di schiavi desideriamo rendere l’uomo
nero un altro tipo (cioè razza)? ... Se si sceglie di
lasciare correre la congettura allora gli animali, i
nostri confratelli nel dolore, la morte e la sofferenza
della malattia e la fame, i nostri schiavi nel lavoro più
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Giuseppe Pellizza da
Volpedo, Fiumana
(Pinacoteca di Brera,
Milano)
faticoso, i nostri compagni nei nostri divertimenti,
possono prendere parte alla nostra origine in un
antenato comune (e) noi possiamo essere compensati
tutti insieme (Charles Robert Darwin, Notebook
inverno 1837-38).
Dai passi riportati di Darwin, appaiono chiaramente le
sue tesi antirazziste e come il cosiddetto darwinismo
sociale sia ben altra cosa, rispetto al pensiero autentico
di Darwin. Tuttavia è altresì noto come già Francis Galton
(peraltro cugino di Darwin), fondando l’eugenetica,
abbia aperto la via proprio al darwinismo sociale,
nonché ad un certo vestito ideologico della statistica3
che fa poi trovare uno dei suoi più grandi esponenti,
Ronald Aylmer Fisher (allievo di Karl Pearson, a suo
volta, allievo del sopraccitato Galton), a capo proprio
di un dipartimento di eugenetica. Come noto, aspetti
degenerati dell’eugenetica portano ai campi di sterminio
nazisti, tuttavia proprio questi stessi aspetti sopravvivono
tuttora nel neodarwinismo sociale, incarnato nel liberismo
che condanna buona parte del cosiddetto mondo in
via di sviluppo a condizioni di vera e propria miseria,
fame e malattia, ed una parte non piccola dei popoli
di cosiddetto mondo sviluppato, ad altrettanto gravi
condizioni di precarietà e pauperizzazione.
La sensibilità deve costituire la base di ogni scienza.
Questa è scienza reale soltanto se (si) procede
dalla sensibilità, nella sua duplice forma, tanto della
coscienza sensibile quanto del bisogno sensibile:
dunque soltanto se procede dalla natura. … La storia
stessa è una parte reale della storia naturale, della
natura che diventa uomo. … L’uomo è l’oggetto
immediato della scienza naturale; … Ma la natura è
l’oggetto immediato della scienza dell’uomo; … Di
natura sensibile è pure l’elemento stesso del pensiero,
l’elemento della manifestazione vitale del pensiero, il
3 Circa un vestito ideologico per la statistica, resta da osservare la sua
completa inutilità, oltre ad un innegabile carattere odioso. Infatti non ha
alcun vestito ideologico la precedente teoria degli errori, né ha alcun vestito ideologico anche la moderna teoria matematica della probabilità e
della statistica.
30
linguaggio. La realtà sociale della natura, la scienza
umana della natura, la scienza naturale dell’uomo
sono espressioni equivalenti (Karl Marx, Manoscritti
economico-filosofici del 1844).
Vediamo qui come il naturalismo o umanesimo
condotto al proprio termine si distingua tanto
dall’idealismo che dal materialismo, e sia ad un tempo
la verità che unisce entrambi. E insieme vediamo che
solo il naturalismo è in grado di comprendere l’azione
della storia universale. L’uomo è immediatamente un
essere naturale. Come essere … naturale vivente, egli
è un essere naturale attivo: e queste forze esistono in
lui come disposizioni e facoltà, come impulsi; in parte
egli è, in quanto essere naturale, oggettivo, dotato di
corpo e di sensi, un essere passivo condizionato e
limitato, al pari degli animali e delle piante: … La fame
è un bisogno naturale; … per soddisfarsi e calmarsi.
La fame è il bisogno oggettivo che un corpo ha … Il
sole è l’oggetto che ne conferma la vita; parimenti, la
pianta è oggetto del sole, come estrinsecazione della
forza vivificatrice del sole, … (Karl Marx, Manoscritti
economico-filosofici del 1844).
Abbiamo preso in considerazione la proprietà privata,
la separazione tra lavoro, capitale e terra, ed anche tra
salario, profitto del capitale e rendita fondiaria, come
pure la divisione del lavoro, la concorrenza, il concetto
del valore di scambio, ecc. Partendo dalla stessa
economia politica, e valendoci delle sue stesse parole,
abbiamo mostrato che l’operaio decade a merce, alla
più misera delle merci, … che il risultato necessario
della concorrenza è l’accumulazione del capitale in
poche mani, e quindi la più terribile ricostituzione
del monopolio, che infine scompare la differenza
tra capitalista e proprietario fondiario, così come
scompare la differenza tra contadino e operaio di
fabbrica, e tutta intera la società deve scindersi nelle
due classi dei proprietari e degli operai senza proprietà
(Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844).
L’economia politica parte dal fatto della proprietà
PENSARE
Il rosone del coro di Notre Dame di Laon
(Francia)
privata. Ma non ce la spiega. … L’economia politica
non ci dà nessuna spiegazione sul fondamento
della divisione di capitale e lavoro, di capitale e
terra. Quando, per esempio, determina il rapporto
del salario col profitto del capitale, l’interesse del
capitalista vale per essa come la ragione suprema: …
Parimenti interviene dappertutto la concorrenza. Ma
questa viene spiegata in base a circostanze esterne.
… Non trasferiamoci, come fa l’economista quando
vuol dare una spiegazione, in uno stato originario
fantastico. Un tale stato originario non spiega nulla.
Non fa che rinviare il problema in una lontananza
grigia e nebulosa. … Allo stesso modo la teologia
spiega l’origine del male col peccato originale, cioè
presuppone come un fatto, in forma storica, ciò che
deve spiegare (Karl Marx, Manoscritti economicofilosofici del 1844).
Dai passi citati di Marx, appare chiaramente il suo
antimeccanicismo e come la struttura della libertà
sia condizione indispensabile per il dispiegarsi
dell’uguaglianza economica e della giustizia sociale.
Tuttavia la storia del comunismo4 (ovvero, detto meglio,
del cosiddetto socialismo reale) mostra chiaramente tutta
la degenerazione meccanicista5 di una vecchia fisica,
4 Un discorso diverso riguarda il laburismo, la socialdemocrazia ed il socialismo radicale che, pur nella loro diversità, si inseriscono nella dialettica
dei partiti costituzionali e nel gioco democratico, nel contempo, perseguendo quegli obiettivi alti di uguaglianza economica e giustizia sociale,
purtroppo negletti, nella prassi politica, da buona parte del liberalismo e
del repubblicanesimo.
5 Una concezione meccanicista e totalmente deterministica della fisica è
errata, anche limitatamente alla meccanica. Infatti la teoria della relatività
ristretta sopprime i concetti di tempo, spazio e moto assoluti, la teoria della relatività generale fa uso di geometrie non euclidee (dove le variazioni di
curvatura sono determinate dalla presenza di masse e determinano campi
gravitazionali, con possibili inferenze anche sulla configurazione dell’universo) e la teoria dei quanti esprime il principio di indeterminazione (che
postula l’impossibilità di determinare insieme la posizione e la quantità di
moto delle particelle elementari). D’altra parte, se gli avanzamenti della
meccanica sono del primo ‘900, il determinismo è già messo in crisi,
nel corso dell’’800, dagli irreversibili della termodinamica (in particolare,
con il secondo principio della termodinamica ed il concetto di entropia) e
dai fenomeni non lineari dell’elettromagnetismo (e dell’ottica, ad esempio,
con la diffrazione e l’interferenza).
assunta a modello unico di comportamento. Infatti già
la critica leninista alle più moderne aperture scientifiche
della scienza, di fine secolo e del primo novecento,
e soprattutto il Diamat staliniano sono ideologia al
potere (quasi una nuova religione, benché atea, che
rifiuta, ad esempio, la genetica, per far praticare risibili
giochetti agronomici, fondati su tecniche di fertilizzazione
ed innesto, note fino dalla rivoluzione neolitica e già
ampiamente sfruttate). Per contro, proprio l’esasperato
meccanicismo è alla base delle tentazioni totalitarie
che condizionano sia l’estrema sinistra comunista che
l’estrema destra fascista6.
Giocando con i numeri
La logica senza intuizione è vuota, e l’intuizione senza
la logica è cieca (Immanuel Kant).
Con la logica si dimostra, con l’intuizione s’inventa
(Jules Henri Poincaré).
Il rosone del coro di Notre Dame di Laon mostra numeri
curiosi ed altri numeri curiosi stanno lì vicino:
• la prima quaterna cubica:
216 = 63 = 33 + 43 + 53 = 27 + 64 + 125;
• le simmetrie spaziali, senza restrizione cristallografica:
230;
• i primi dodici numeri di Fibonacci:
(1), 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144, 233 ecc;
• gli elementi della dimensione spaziale del rosone:
240 = 12 x 20, attorno 17 elementi del centro piano,
essendo 12 il numero dei mesi7 e 20 il secondo divisore
del sistema metrico naturale, proprio dopo 12. Interessanti
sono poi le differenze reciproche, in quanto 14 è il doppio
di 7 (di cui si dice poco oltre, dove 2 è il numero della
6 Non sembri azzardata questa affermazione; infatti il fascismo (ad eccezione del clerico-fascismo austriaco) ha una sua origine italiana nel socialismo massimalista e così si diffonde nell’est europeo ed altrove in Europa.
Dopodiché anche il nazismo e, almeno in parte, il franchismo (spagnolo)
hanno il fascismo italiano come modello.
7 La suddetta dimensione spaziale fa riferimento al sistema solare, approssimativamente piano, ma invero occupante uno spazio 3D.
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31
simmetria bilaterale destra-sinistra), 17 il numero delle
simmetrie planari, 3 una strana eccezione (in quanto è
solo un numero teologico), 10 il doppio di 5 (essendo
l’ultimo numero il numero delle dita di una mano) e la
metà di 20 (di cui si è appena detto), 7 il numero delle
simmetrie lineari e dei giorni della settimana, ed infine 24 il
doppio di 12 (di cui si è ancora già detto).
Per completezza, si ricorda che i numeri di Fibonacci
tendono al seguente limite, noto come sezione aurea:
F = limn→∞
Fn
1 - √5
=
= 1.6180339887...
Fn-1
2
essendo il reciproco della sezione aurea:
1
= F - 1 = 0.6180339887...
F
e:
1-F = -
1
F
=
1 - √5
2
Cammini alti del pensiero
L’algebra ed il gotico8
L’algebra araba determina una rivoluzione tecnologica
anche nell’architettura europea, facendola passare
dal massiccio romanico all’ardito gotico, dove la pur
presente severità ricorda comunque eleganze orientali
(che trionfano più tardi nel gotico fiorito). Infatti solo
l’algebra permette di dominare i poligoni delle forze, per
mezzo di nervature, archi rampanti, archi acuti e colonne
che, nel loro insieme, costituiscono l’agile ossatura delle
costruzioni (volta a sostituire la dimensione notevole dei
muri perimetrali e delle colonne portanti).
Archi bifore e trifore in Notre Dame di Laon (Francia)
La cupola di Notre Dame di Laon (Francia)
La riforma radicale
I principali esponenti del protestantesimo radicale:
• Bernardino Tommassini, detto Ochino, frate francescano,
poi teologo riformato
• Francesco Spiera, avvocato e calvinista radicale
• Celio Secondo Curione, umanista e calvinista radicale
• Michele Serveto, medico spagnolo e calvinista radicale
• Sébastian Chataillon (italianizzato in Castellione), teologo
francese riformato
sono intellettuali figli dell’umanesimo e del Rinascimento
che, per potersi sottrarre alla cappa gravosa della
controriforma, emigrano nell’Europa centro settentrionale,
portando il grande potenziale di libertà ed apertura
culturale, sviluppatosi in Italia (tra l’Umbria, la Toscana,
Parma, Bologna, Ferrara, Venezia, Padova, Verona e la
Lombardia) ed anche altrove nell’Europa meridionale
(in particolare, nell’Andalusia moresca spagnola e nella
Provenza albigese francese).
Questa emigrazione, portando molte innovazioni presenti
8 Da una lezione del critico d’arte Philippe Daverio.
32
nell’Europa meridionale, già dal basso medioevo,
determina un progressivo allentamento dell’analoga cappa
culturale della censura protestante9, e favorisce un lungo
cammino che, in solo due secoli, dopo l’indipendenza
delle Province Unite olandesi e la rivoluzione inglese,
arriva all’Illuminismo ed al romanticismo, fungendo da
incubatore per il libero mercato, la rivoluzione industriale,
la democrazia politica, il liberalismo democratico e la
socialdemocrazia.
9 In questi paesi, contrariamente a quelli soggetti all’inquisizione cattolica
(e conseguentemente anche in Francia ed in Austria, in quanto liberi
da questa istituzione, almeno parzialmente), la scienza può progredire
liberamente (già a partire dal ‘600) e si lega poi indissolubilmente con gli
sviluppi della tecnica (almeno dalla seconda metà del ‘700). Per contro,
nei primissimi tempi, proprio la censura protestante fa pagare prezzi
carissimi come il rogo ginevrino di Michele Serveto.
PENSARE
Gli assiomi di Hilbert e la Gestalt10
Assiomi*
Gestalt
Problemi
Qualità delle immagini
esistenza
proprietà
omogeneità
connessione unificazione
chiusura
posizione
centramento
prossimità
ordinamento ordine
movimento comune
continuità
causalità
continuità di direzione
congruenza
sistema di riferimento armonia della forma
sulle parallele divenire
semplicità
*Hilbert elenca cinque assiomi, ma due sono doppi: esistenza e
connessione; posizione ed ordinamento.
Le seguenti note non hanno pretese teoriche, ma tentano
d’istituire un parallelo tra le due tematiche.
• Esistenza è la prima condizione richiesta ad ogni oggetto
matematico, così come il primo problema per una
qualsiasi rappresentazione (un’immagine od un’immagine
in movimento oppure altro) è definire le sue proprietà (a
partire dall’omogeneità della rappresentazione stessa).
• Connessione, unificazione (e chiusura che traduce
graficamente il concetto di unificazione) sono quasi la
stessa cosa, già nelle parole stesse.
• Posizione, centramento (e prossimità che fornisce una
metrica al concetto di centramento) sono ancora la stessa
cosa (o quasi), come mostrato, ad esempio, in statistica,
dagli indici di posizione o di centro11.
• Ordinamento, ordine (e movimento comune che
esemplifica un problema d’ordine, laddove si presentino
aspetti dinamici, reali o potenziali) sono addirittura la
stessa parola.
• Continuità, causalità (e continuità di direzione che riprende
nell’espressione proprio la prima parola) sono collegate
dal concetto di legge (deterministica, semideterministica
o stocastica), perché non può esistere causalità, ma solo
casualità, dove non esista una qualche regolarità (quale
essa possa essere, ad esempio, la continuità).
• Congruenza, sistema di riferimento (ed armonia della
forma che potrebbe sembrare più assonante con il primo
termine, ma è ovviamente collegato anche al secondo)
sono due termini usati per fissare le griglie di riferimento,
a partire dalle coordinate e dalle scale (nonché dall’asse
dei tempi per i sistemi dinamici).
• Sulle parallele, divenire (e semplicità: ultimo punto,
aggiunto tardi tra le qualità delle rappresentazioni, per
indicare un ulteriore complesso di qualità non ben
10 I due approcci sono comunque diversi, essendo il primo assiomatico
ed il secondo logico-sperimentale, ma la quasi coincidenza di tempo e
luogo (tra la fine dell’‘800 e l’inizio del ‘900, in Germania) suggerisce di
istituire un interessante parallelo tra le due tematiche.
11 Esempi di questi indici sono: la moda, la mediana e le medie (aritmetica, geometrica, armonica, quadratica, ponderata, potata, ecc.).
definibile) sono due problemi che spostano, in avanti od
all’indietro (anche verso gli infiniti), dove l’accettazione del
quinto postulato di Euclide o meno decide sull’esistenza
di una sola parallela (come nelle geometrie euclidee),
contro nessuna (come nelle geometrie ellittiche), oppure di
infinite (come nelle geometrie iperboliche).
Di due immagini dello stesso oggetto, la più adeguata è
quella che riflette il maggior numero di relazioni essenziali
dell’oggetto, cioè, come diremo, quella più perspicua. Di
due immagini di uguale perspicuità, la più adeguata è
quella che contiene, oltre alle caratteristiche essenziali,
il minor numero di relazioni superflue o vuote, cioè,
quella più semplice. Le relazioni vuote non possono però
essere evitate del tutto: si addicono alle cose proprio
perché non si tratta che di immagini, e precisamente,
immagini della nostra mente e dunque necessariamente
influenzate dalle caratteristiche della sua modalità di
rappresentazione. … Ci formiamo immagini o simboli
degli oggetti esterni, e lo facciamo in modo tale che le
conseguenze necessarie nel pensiero di queste immagini
siano sempre a loro volta le immagini delle conseguenze
necessarie in natura degli oggetti rappresentati. Affinché
questo requisito possa essere soddisfatto, devono
sussistere certe concordanze tra la nostra mente e il
mondo. … Le immagini di cui stiamo parlando qui sono
le nostre rappresentazioni delle cose; con le cose hanno
una concordanza essenziale, che consiste nel fatto che
il requisito precedentemente enunciato è soddisfatto; per
il nostro scopo, tuttavia, non è necessario che abbiamo
alcun altro tipo di concordanza. In effetti non sappiamo
nemmeno, né abbiamo alcun mezzo per scoprire, se le
nostre rappresentazioni delle cose siano in concordanza
con queste ultime sotto qualche aspetto … (Heinrich
Rudolf Hertz, I principi della meccanica – presentata in
connessione nuova).
La sostituibilità geometrica12
Si comprende da sé che ogni teoria è solo un telaio,
uno schema di concetti unitamente alle loro mutue
relazioni necessarie, e che gli elementi fondamentali
possono venir pensati in modo arbitrario. Se con i miei
punti voglio intendere un qualunque sistema di enti,
…, allora basterà che assuma tutti gli assiomi come
relazioni tra questi enti perché le mie proposizioni, …,
valgano anche per essi. In altre parole: ogni teoria può
essere sempre applicata a infiniti sistemi di elementi
12 Di particolare interesse sono le date di questo fecondo dibattito e del
precedente, altrettanto importante (Gli assiomi di Hilbert e la Gestalt),
poste tra la fine dell’’800 e l’inizio del ‘900, perché nell’epoca dell’imperialismo esasperato (e del colonialismo d’assalto che insieme hanno portato
alla tragedia delle due guerre mondiali, ai totalitarismi ed all’olocausto) il
pensiero di tanti insigni matematici, fisici e filosofi è capace di scavalcare
confini chiusissimi e proporre linee culturali, molto aperte, che seguono
cammini alti del pensiero.
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
33
fondamentali. Anzi occorre soltanto applicare una
trasformazione biunivoca e convenire che gli assiomi
per gli enti trasformati debbano essere uguali a quelli
che valgono per i loro corrispondenti. Di fatto anche
questa circostanza si applica sovente, per esempio,
con il principio di dualità ecc. (Friedrich Ludwig Gottlob
Frege, Alle origini della nuova logica – Carteggio con
Hilbert, Husserl, Peano, Russell e altri).
La Geometria … appare come un organismo logico,
nel quale i concetti elementari di “punto”, “retta” e
“piano” (e quelli definiti mediante questi) figurano
soltanto come elementi di alcune relazioni logiche
primitive (i postulati) e di alcune relazioni logiche che
ne vengono dedotte (i teoremi). Il contenuto intuitivo
di questi concetti resta perfettamente indifferente.
Da questa osservazione scaturisce un principio molto
fecondo, … : il principio di sostituibilità degli elementi
geometrici. Se abbiamo dei concetti comunque definiti
i quali vengono convenzionalmente designati coi nomi
di “punto”, “retta” e “piano”; e suppongasi che tra
di essi intercedano le relazioni logiche fondamentali
enunciate dai postulati della Geometria proiettiva.
Tutti i teoremi della detta Geometria avranno ancora
significato e validità, ove si intenda di considerarli non
più come relazioni fra “punti”, “rette” e “piani” intuitivi,
ma invece come relazioni tra concetti dati, i quali
sono stati convenzionalmente designati coi detti nomi
(Federigo Enriques, Lezioni di geometria proiettiva).
La sostituibilità, come già la dualità13, è un criterio molto
potente che permette di far passare, da un ambito
scientifico (ma non solo) ad un altro, i risultati ottenuti,
una volta stabilita una precisa identità formale, tra i due
ambiti. Ad esempio, la curva di potenza:
• misura la probabilità di prendere in considerazione una
seconda ipotesi, quanto vale anche la prima;
• è detta errore di seconda specie e quantifica il rischio di
accettare un’ipotesi falsa;
• è una curva crescente, per lo più in modo monotono (e
comunque sempre, se le due distribuzioni di probabilità
sono unimodali);
• parte da un piccolo valore inferiore, pari al livello di
significatività del test statistico (altrimenti detto errore di
prima specie che quantifica il rischio di rifiutare un’ipotesi
vera);
• è asintotica ad uno14 che raggiunge all’infinito, se almeno
una distribuzione ha code illimitate, ed in un punto finito,
se entrambe le distribuzioni hanno code finite.
13 Un interessante esempio di dualità è offerto dai reticoli piani, costituiti
da punti, linee e regioni, dove lo scambio tra punti e regioni fa sì che i punti
diventino zone (o regioni duali), le regioni diventino nodi (o punti duali),
mentre i lati rimangono lati duali (che possono anche essere detti archi,
per distinguere comunque le denominazioni primaria e duale).
14 Uno è l’estremo superiore del campo dei valori ammissibili della probabilità (il cui estremo inferiore è zero).
34
Qualsiasi fenomeno che abbia un comportamento simile
ad una distribuzione di probabilità e che sia poi fatta
scorrere15 lungo l’asse delle ascisse (ad esempio, perché
considerata rappresentante un tempo, oppure una
direzione privilegiata dello spazio) può essere misurato,
in termini di area sottesa dalla seconda curva, dove
vale anche la prima. In questo modo, si viene a provare
una coincidenza tra i due fenomeni, in caso di perfetta
sovrapposizione, ed una loro sostanziale diversità,
quando questi sono fortemente disgiunti. In particolare,
se l’asse delle ascisse è il tempo, è possibile parlare di
contemporaneità o di un certo ritardo (misurandolo). Se
invece lo stesso asse è una direzione privilegiata dello
spazio, è possibile parlare di sovrapposizione spaziale o di
una data delocalizzazione (potendola misurare, anche in
questo caso).
La matematica ed il caso16
Ma è proprio vero che regola matematica e caso
si escludono? … nella vicende del caso può essere
individuato, a posteriori, una sorta di programma …
(Umberto Eco, mostra “arte programmata”, svoltasi
presso l’Olivetti, a Milano nel 1962).
Le forme si disintegrano: le nuove forme dell’uomo
sono quelle dell’universo atomico, le forze sono cariche
elettroniche … (Enrico Baj e Sergio Dangelo, Manifesto
della Pittura Nucleare, 1952).
Lo spazio che occupa queste opere è soprattutto
uno spazio mentale … non è il rapporto dell’io con
il mondo che queste opere cercano di fissare: è un
rapporto che si stabilisce indipendentemente dall’io e
indipendentemente dal mondo (Italo Calvino, 1972).
I destini di un settore scientifico disciplinare
Alcune considerazioni matematiche fanno da guida a
considerazioni simili per le discipline del rilevamento.
E ancora la Geometria è bianchissima in quanto è
senza macula d’errore e cortissima in per sé e per la
sua ancella, che si chiama Perspettiva (Dante Alighieri,
Convivio).
15 In alternativa allo scorrere lungo l’asse dell’asse delle ascisse (che significa lo spostamento dello zero dell’asse delle ascisse), è possibile cambiare la scala dell’asse delle ascisse (che significa invece spostare l’unità
nello stesso asse delle ascisse). Le due operazioni hanno comunque un
diverso significato statistico, in quanto la prima attesta la modifica dei valori centrali della distribuzione, mentre la seconda indica un cambio della
dispersione della medesima.
16 La matematica moderna non è più solo analisi matematica, comunque
prodigiosamente sviluppatisi, ma è anche topologia, calcolo e statistica.
In particolare, la statistica si avvale del concetto di probabilità e modella i
suoi oggetti, in modo stocastico o misto.
PENSARE
Mi persuado sempre di più che la necessità della
nostra geometria non possa essere dimostrata, non,
per lo meno dall’intelletto umano o per l’intelletto
umano. Forse in un’altra vita potremmo pervenire a
un’altra visione sulla natura dello spazio, visione che
ci rimane per ora inaccessibile. Ma fino ad allora è
necessario collocare la geometria non con l’aritmetica,
la quale è puramente a priori, ma all’incirca sullo stesso
piano della meccanica (Carl Friedrich Gauss, opere).
Eloquente è il confronto tra la concezione di Dante
e quella di Gauss, insita nel passaggio dal medioevo
(religioso) all’età moderna (scientista). Infatti nel primo
caso, fare scienza significa inquadrare la stessa
nei dettami di una teologia (oltretutto una scienza
senza oggetto, come ben affermato già dalla quarta
antinomia kantiana) che si pretende rivelata. Invece
nel secondo caso, fare scienza è costruire teorie,
sulla base di alcune osservazioni, ma soprattutto da
verificare, fino a quando quanto affermato da una
certa teoria (ovvero una congettura) non contrasta
con un qualsiasi contro-esempio (ovvero una sua
confutazione), falsificando questa teoria e dando avvio
alla proposizione di una nuova (ovvero una congettura
diversa, a sua volta, solo precaria e provvisoria).
Con Mondo 1 io voglio indicare l’universo delle cose
fisiche, ivi inclusi gli organismi e inoltre le forze
e i campi di forza. Con Mondo 2 voglio indicare
in particolar modo le esperienze coscienti, come
il piacere e il dolore, la speranza e la paura, e le
aspettative, le percezioni di cose ed eventi, e i ricordi
degli eventi del passato, l’esperienza di afferrare un
ragionamento o di comprendere una teoria; e inoltre
le esperienze inconsce (se esse esistono) come
convinzioni o aspettative inconsce. Con Mondo 3
voglio indicare i prodotti della mente umana. Esempi
di oggetti importanti che appartengono al Mondo 3
sono le frasi dei linguaggi (orali, scritte o stampate); le
teorie scientifiche, siano esse vere o false; i problemi
scientifici; i quadri e altre opere d’arte; i lavori musicali;
gli utensili e le altre invenzioni; le istituzioni sociali (Karl
Raimund Popper, Perché siamo liberi?).
Vi può essere un senso in cui i tre mondi non sono
affatto separati, ma riflettono soltanto, individualmente,
aspetti di una verità più profonda del mondo nella
sua totalità, verità di cui attualmente abbiamo scarse
cognizioni (Roger Penrose, La strada che porta alla
realtà).
Sarà poi compito dell’età contemporanea affiancare
un’analisi critica alla logica scientista. Infatti è ben
evidente che, mentre la scienza è neutra, nei suo metodi
e nelle sue teorie di base, la scienza non è affatto
neutra, nelle sue teorie avanzate e soprattutto in tutte le
sue applicazioni, legate alla tecnica, alle tecnologie ed
anche alla politica (a riguardo, basta pensare alla diverse
destinazioni possibili di forze lavoro e dei finanziamenti).
È compito della politica, dare indicazioni e talvolta anche
decidere, ma è prima compito della scienza fornire le varie
alternative possibili e concretamente praticabili (il tutto
in un circolo virtuoso che, se correttamente impostato e
coerentemente praticato, dovrebbe fornire i risultati attesi,
di volta in volta, in tal modo riaffermando anche il valore
del dialogo, tra le parti in gioco, e del confronto, critico e
costruttivo).
L’uomo e la conoscenza umana sono fallibili; … le
teorie sono opere d’arte, però criticabili oggettivamente
e … questo fatto rende possibile progredire, progredire
in senso oggettivo; tutti diamo, il nostro contributo
all’edificio della conoscenza oggettiva, come artigiani
che costruiscono una cattedrale; e … tutto questo fa
parte della grande avventura della vita (Karl Raimund
Popper, Prefazione alla prima edizione italiana della
Logica della scoperta scientifica).
Siamo indotti a domandarci se la scienza matematica
non finirà, come è già accaduto da tempo per altre
scienze, per suddividersi in branche separate, i cui
cultori si comprenderanno a stento gli uni con gli altri
e la cui interconnessione diventerà sempre più debole.
Non lo credo, né lo spero: secondo me, la scienza
matematica è un tutto indivisibile, un organismo la cui
forza vitale ha per condizione necessaria l’indissolubilità
delle parti (David Hilbert, Problemi matematici, 1900).
La preoccupazione di Hilbert, circa il dissolversi del
corpus matematico in tanti rivoli, separati e scarsamente
comunicanti, costituisce un problema che tocca
centralmente la realtà di molti settori scientifici disciplinari.
In particolare, le discipline del rilevamento, in seguito alla
loro espansione ed anche successo (con la conquista dello
spazio e la rivoluzione informatica), sono oggetto di appetiti
vari, dai produttori di tecnologia, passando per gli esperti
di tanti altri settori (più o meno contigui a qualche sua
parte), fino a tutti i moltissimi applicatori. Proprio questi
fatti fanno sì che altissimo sia il rischio di dissoluzione
dell’intero settore scientifico disciplinare e di una diaspora
dei suoi studiosi, esperti e cultori, verso altre destinazioni,
con la conseguente perdita del suo corpus unitario di
conoscenze e la dissipazione di una lunghissima tradizione
(in Italia, ben rilevante).
Se si immagina che una figura data arrivi a cambiare
la propria configurazione attraverso un movimento
progressivo e continuo delle parti di cui si compone,
senza tuttavia violare il legame e la dipendenza
originariamente stabilite tra queste parti, le relazioni o
proprietà metriche che riguardano la figura rimangono
applicabili, nella loro forma generale, a tutte le figure
derivate, senza altro cambiamento che quello delle
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
35
indicazioni semplici “più” o “meno”, che possono
invertirsi tra loro nelle relazioni. Quanto alle relazioni
puramente grafiche o descrittive che riguardano le
figure originarie, queste rimangono applicabili a tutte
le figure derivate senza altre modifiche che quelle …
prodotte nella configurazione delle linee le une rispetto
alle altre (lettera di Jean-Victor Poncelet al matematico
Olry Terquem).
Per quanto riguarda i metodi, ho cercato di dare loro
tutto il rigore che è richiesto in geometria, in modo
da non ricorrere mai alle ragioni dell’algebra. Le
ragioni di questo tipo, sebbene non di rado ammesse,
soprattutto nel passaggio … dalle quantità reali
alle espressioni immaginarie, non possono essere
considerate, mi pare, altre che alla stregua di induzione
atte a presagire talvolta la verità, ma che si accordano
poco con la tanto vantata precisione delle scienze
matematiche (Augustin-Louis Cauchy)17.
Una logica didattica perversa
Seguire acriticamente una moda (forse americana),
adatta solo ai grandissimi numeri (cioè oltre diecimila), ma
completamente inadatta ai piccoli casi concreti (fatti di
unità o, al più, di poche decine), porta alla logica perversa
di pochissime lodi (ad esempio, top 10%). In questo modo
qualcuno, di sicuro bravo, l’ottiene anche, ma questi non
è certo l’unico e la sua lode dipende solo dal non voler
rispettare le regole, ovviamente a proprio vantaggio.
Altre conseguenze sono poi la totale mancanza di ogni
collaborazione, fino ai dispetti, il degrado di tutti i lavori,
perché non conviene lavorare molto più della sufficienza,
se tanto comunque risulta solo un così, così (occorrendo
invece arruffianarsi qualcuno alto-locato, ecc.), e l’inizio
di una guerra, tra persone precarie ed indifese, che non
è proprio foriera di nulla di buono. Per contro invece, le
proteste dal basso sono molto ben fondate; infatti chi
accede all’eccellenza deve appartenere ai migliori.
La valutazione serve a fermare chi smette di esserlo
(oppure qualcuno che altri sbagliano ad ammettere),
non a scoraggiare chi s’impegna, studia e lavora. Un
altro problema insolubile è la comparazione tra vari temi,
diversi e spesso anche lontani tra loro, per formare un
piccolissimo quantile (ad esempio, il suddetto top 10%).
Infatti come si comparano la Divina Commedia, le pitture
17 Significativo è il contrasto tra gli approcci, di Poncelet e Cauchy. Infatti
il rigore matematico del secondo, si presta bene per rifondare e consolidare una disciplina, centrale nella matematica classica, come l’Analisi matematica. Tuttavia l’apertura culturale del primo è indispensabile e fondamentale per costruire un ampliamento, fortemente originale ed innovativo,
della geometria ed anche della geometria analitica, quale è la geometria
proiettiva. D’altra parte, ibridare una disciplina significa saper trarre spunti
da altre discipline, anche molto diverse e lontane (nel caso specifico, le
tecniche grafiche, pittoriche ed architettoniche della prospettiva e la loro
interpretazione matematica, fatta da Girard Desargues, nel ’600, alla luce
della geometria analitica). Tutto ciò è molto importante per le discipline
del rilevamento e, in particolare per la Geomatica, pena il loro perdere di
peso e significato.
36
di Raffaello e le opere di Mozart ... e chi è meglio tra
Galileo, Newton ed Eulero? Per queste ragioni, è molto
più interessante costruire classi di problemi formalmente
affini, travalicando i settori scientifico disciplinari di
riferimento ed invitando tutti ad una collaborazione fattiva
ed intelligente. Tutto questo si perde invece solo perché
qualcuno gioca con le statistiche e forse senza neppure
conoscere bene la statistica. Per altro, si può anche
provare a modellare la distribuzione di questo tema,
collegandosi al tema arcinoto di misurare la qualità.
Una premessa riconosce che i modelli interpretano la
realtà, ma non la costituiscono, che nessun modello può
essere provato esatto, ma solo smentito dai fatti, e che, in
generale, è possibile verificare, se un modello è totalmente
errato. Allora un modello senza selezione in ingresso
presenta dati normali, mentre un modello senza selezione
in ingresso dei soli positivi presenta dati log-normali.
Invece un modello con selezione in ingresso presenta dati
rettangolari, leggermente rastremati agli estremi.
La piccola coda inferiore dipende dai pochi casi
considerati falliti, per cause più disparate, mentre la
coda superiore riguarda i geni18. Un gradino più basso,
rettangolare con rastremazione agli estremi è determinato
da principio, se sono presenti persone non eccellenti,
perché potrebbe servire loro19. La coda inferiore ha una
spiegazione identica al caso precedente; interessante è
invece la coda superiore che è segno di una promozione
verso l’alto e, senza mai esagerare nei riconoscimenti, è
degna d’attenzione.
Pertanto occorre raccomandare, con forza, di non
mortificare, né disperdere tutte le eccellenze, svilendone
la presenza e disprezzando il contributo, mentre occorre
invece saper apprezzare ed incoraggiare quelle poche
promozioni verso l’alto, spesso completamente inattese
e comunque ampiamente benvenute. Tutto questo
significa fare scuola, come è nella lunghissima tradizione
mediterranea, italiana ed europea che va dal mondo
antico, per tutto il medioevo, fino alle età moderna e
contemporanea20.
Certi momenti ci vengono portati via, altri sottratti
e altri ancora si perdono nel vento. Ma la cosa più
18 Occorre tuttavia che lo dicano i posteri e non i contemporanei. Ad
esempio, Mozart è musicista tra tanti e solo i posteri lo mettono sul ben
meritato piedistallo. Del resto, Einstein riceve il nobel per l’effetto fotoelettrico e non per la teoria della relatività generale che, solo dopo, è riconosciuta come un importantissimo cambio di paradigma.
19 Un’altra possibilità è data, se qualcuno è usato come portaborse (cosa
che deve sempre essere combattuta fieramente).
20 Molti possono essere gli esempi, dall’Accademia ed il Peripato ateniesi
(con lo sviluppo alessandrino del secondo) ai monasteri, alle abbazie ed ai
conventi del mondo tardo antico ed altomedioevale, come dalle università
del basso medioevo alle istituzioni culturali e scientifiche delle età moderna e contemporanea. D’altra parte, coloro che scrivono hanno il piacere
di camminare e sono capitati davanti ad un’abbazia benedettina, minore
ed isolata, dove il motto ora et labora indica un modo intersoggettivo
d’operare, fruttifero e foriero di concordia.
PENSARE
Abbazia di San Benedetto in Val
Perlana (sopra Ossuccio – CO)
vergognosa è perder tempo per negligenza. … Della
nostra esistenza buona parte si dilegua nel fare il
male, la maggior parte nel non far niente e tutta
quanta nell’agire diversamente dal dovuto. … Ecco il
nostro errore: vediamo la morte davanti a noi e invece
gran parte di essa è già alle nostre spalle: appartiene
alla morte la vita passata. Metti a frutto ogni minuto;
sarai meno schiavo del futuro, se ti impadronirai del
presente. Tra un rinvio e l’altro la vita se ne va. … Chi
è dappertutto, non è da nessuna parte. Dal momento
che non puoi leggere tutti i volumi che potresti avere,
basta possederne quanti puoi leggerne. … Povero
non è chi ha poco, ma chi vuole di più. Mi domandi
quale sia la giusta misura della ricchezza? Primo avere
il necessario, secondo quanto basta. Chi si adatta
bene alla povertà è ricco. … Con un amico decidi
tranquillamente di tutto, ma prima decidi se è un
amico: una volta che hai fatto amicizia, ti devi fidare;
prima, però, devi decidere se è vera amicizia. Rifletti a
lungo se è il caso di accogliere qualcuno come amico,
ma, una volta deciso, accoglilo con tutto il cuore e
parla con lui apertamente come con te stesso. Chi
ha paura di essere ingannato insegna a ingannare e
i suoi sospetti autorizzano ad agire disonestamente.
… Possedere un bene non serve a niente se non
si è pronti a perderlo. E i beni la cui perdita è più
facilmente tollerabile sono quelli che, perduti, non
possono essere oggetto di rimpianto. … La sorte non
ha innalzato nessuno tanto da non ritorcere contro
di lui quanto gli aveva concesso di fare. Non fidarti
della momentanea bonaccia: fa presto il mare ad
agitarsi; nello stesso giorno le barche affondano là
dove si erano spinte per diporto. Il destino di una
persona salita tanto in alto è precipitare. … È grande
chi usa vasellami di argilla come se fossero di argento,
ma non lo è meno chi usa l’argento come se fosse
argilla; solo i deboli non sono in grado di reggere la
ricchezza. Non dà gioia il possesso di nessun bene,
se non puoi dividerlo con altri. … Bisogna essere
nell’intimo completamente diversi dagli altri, ma simili
al resto della gente nell’aspetto esteriore. Ritirati in
te stesso per quanto puoi; frequenta le persone che
possono renderti migliore e accogli quelli che puoi
rendere migliori. … Il saggio è autosufficiente non
nel senso che vuole essere senza amici, ma che può
stare senza amici; e questo “può” significa che, se
perde un amico, sopporta con animo sereno. Chi è
diventato amico per convenienza, per convenienza
finirà di esserlo. Se nell’amicizia si ricerca un utile, per
ottenerlo si andrà contro l’amicizia stessa. … Il sommo
bene, cioè la felicità, non cerca al di fuori mezzi per
realizzarsi; è un bene interiore e nasce tutto da se
stesso; diventa schiavo della sorte se ricerca una
parte di sé all’esterno. È veramente felice e padrone
di sé chi aspetta il domani senza preoccupazione; se
… ogni giorno alzarsi al mattino gli appare come un
guadagno (Seneca21, dalle Lettere a Lucilio22).
Una ulteriore conferma, circa l’assurdità di una logica
didattica perversa, si trova illustrata in due dipinti di
Giovanni Bellini ed Andrea Mantegna, dove non è
rilevante, in questa sede, il tema religioso, ma lo sfondo
comune ai due dipinti. Infatti i due artisti sono cognati,
avendo il secondo sposato la sorella Nicolosia del primo.
Così nella sua lunga vita, il primo (già cresciuto in una
famiglia di pittori veneti) dapprima passa da modelli
bizantini, a modelli gotici.
Successivamente lo stesso ha incontri importanti con
Donatello (pseudonimo di Donato di Niccolò di Betto
Bardi), Piero della Francesca (pseudonimo di Piero di
Benedetto de’ Franceschi) ed Antonello da Messina
(soprannome di Antonio di Giovanni de Antonio), fino
ad acquisire invece uno stile giorgionesco. Tuttavia nello
specifico, all’inizio della sua maturità, Giovanni Bellini ha
un incontro importante con Andrea Mantegna ed il suo
stile (perché cooperare è meglio che competere).
Di seguito, in ordine cronologico o quasi, si riporta un
elenco di collaborazioni od importanti contatti23:
21 Seneca è il maggior esponente dello stoicismo romano, dove una filosofia d’opposizione, nel mondo greco ellenistico, diventa una religione
laica dominate nell’elite colta romana. Lo stoicismo è poi soppiantato dal
cristianesimo che mostra una maggiore attenzione verso le classi povere,
ma una ben minore tolleranza verso tutti i diversi.
22 Parallelamente allo stoicismo, nel mondo antico (greco, ellenistico e
romano), si affermano l’epicureismo e lo scetticismo eclettico. Oggigiorno
nel loro insieme, queste correnti di pensiero, tenuto anche conto delle
notevoli difficoltà di una loro esatta traduzione, possono ritrovarsi nello
scetticismo e nel relativismo moderati.
23 Un altrettanto lungo elenco riporterebbe i contrasti più famosi, ma
coloro che scrivono non lo si ritengono proprio di altrettanto interesse.
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37
• Il leone ed il topolino del deserto (favola di Esopo);
• il coccodrillo del Nilo ed un uccellino, detto spazzolino del
coccodrillo (descritto già da Plinio il Vecchio);
• i Dioscuri: Castore e Polluce24;
• Platone ed Aristotele;
• Publio Virgilio Marone e Quinto Orazio Flacco;
• Aurelio Ambrogio (da Treviri) e Agostino d’Ippona;
• Aladino ed il genio della lampada meravigliosa (racconto
dalle raccolta di novelle: Le mille e una notte);
• i quattro musicanti di Brema: un asino, un cane, un gatto
e un gallo (fiaba dei fratelli Grimm);
• Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio;
• Leonardo da Vinci, Luca Bartolomeo de Pacioli, Fazio
Cardano (padre di Girolamo Cardano) e Donato di Angelo
di Pascuccio detto il Bramante;
• Galileo Galilei e Johannes Kepler (italianizzato in Keplero);
• Pierre de Fermat e Blaise Pascal;
• l’Accademia dei Pugni: Pietro ed Alessandro Verri, Cesare
Beccarla ed altri;
• Denis Diderot e Jean-Baptiste Le Rond d’Alembert;
• Johann Wolfgang von Goethe e Johann Christoph Friedrich
von Schiller;
• Clemens Maria Wenzeslaus Brentano de La Roche e Carl
Joachim Friedrich Ludwig Achim von Arnim;
• Jacob Ludwig Karl Grimm e Wilhelm Karl Grimm;
• Ippolito Pindemonte e Niccolò Ugo Foscolo;
• Wolfgang Amadeus Mozart e Lorenzo da Ponte;
• Robert Alexander Schumann e Johannes Brahms;
• l’emigrazione tedesca a Parigi: Wilhelm Richard Wagner,
Christian Johann Heinrich Heine, Friedrich Heinrich
Alexander Freiherr von Humboldt, ecc. con i francesi:
Honoré de Balzac, Victor-Marie Hugo, George Sand
(pseudonimo di Amantine Aurore Lucile Dupin), ecc.;
• Karl Heinrich Marx e Friedrich Engels;
• Ernst Waldfried Josef Wenzel Mach e Hermann Ludwig
Ferdinand von Helmholtz;
• Paul Gauguin e Vincent Willem Van Gogh;
• Georges-Pierre Seurat e Paul Signac;
• Pablo Picasso e Georges Braque;
• Pierre Curie e Maria Skłodowska Curie;
• Edmund Gustav Albrecht Husserl e Ernst Cassirer;
• Moritz Schlick e Hans Reichenbach;
• Ernst Bloch e Jürgen Moltmann;
• Carl Gustav Jung e Wolfgang Ernst Pauli;
• i ragazzi di via Panisperna: Enrico Fermi, Edoardo Amaldi,
Franco Rasetti ed Emilio Segrè ai quali si aggiungono poi
Bruno Pontecorvo, Oscar D’Agostino ed Ettore Majorana.
24 Gemelli, figli di Giove e due degli Argonauti, dopo la loro morte si
alternano giornalmente tra l’Olimpo e l’Ade (a riguardo, è evidente la superiorità della sapienza greca, rispetto ai giochetti mediorientali tra Esaù
e Giacobbe per ottenere la primogenitura, ed all’assassinio di Remo ad
opera di Romolo a Roma).
38
Andrea Mantegna, Adorazione dei pastori (Metropolitan Museum
of Art, New York)
Giovanni Bellini, Imago pietatis (Museo Poldi Pezzoli, Milano)
Antonio Canova, Insegnare agli ignoranti, 1795
(Gallerie d’Italia, Milano)
Fare scuola
Fare scuola significa essere insieme maestro e
ministro, perché ministro significa inserviente25, cioè
quel laico (ed originariamente quel chierico) che
serve un’autorità preposta nell’espletamento delle
sue funzioni (e conseguentemente il sacerdote nella
celebrazione del suo rito). Infatti maestro e ministro
derivano dai due nomi comuni di persona latini:
magister e minister che, a loro volta, derivano dagli
aggettivi comparativi, sempre latini: magis (ovvero
maggiore) e minus (ovvero minore). Proprio questi
aggettivi evidenziano la duplice funzione di fare
scuola, in quanto per fare scuola bisogna insieme
insegnare e mettersi al servizio di coloro cui si
insegna26. In questo modo, questi ultimi diventano
partecipi di un’unica avventura/esperienza positiva,
secondo la massima, ancora latina: iucunde docet
(cioè insegnare con gioia).
25 La sinonimia tra ministro ed inserviente è ripresa dal Vocabolario Treccani (online).
26 La stima ed il rispetto, tra maestri ed allievi, prescinde dalla loro personale fortuna in vita che invece dipende soprattutto dal caso (e, se anche
da certe necessità, queste sono spesso fuori del controllo di chi le subisce). A mo’ di esempio, la fortuna nelle vite di Ugo Foscolo e Lorenzo Da
Ponte è significativa. Infatti il primo è uno dei sommi poeti italiani, a fianco
di Dante Alighieri, Francesco Petrarca, Giovanni Boccaccio, Ludovico Ariosto, Torquato Tasso, Giuseppe Parini, Vittorio Alfieri e Giacomo Leopardi,
per arrestarsi all’inizio dell’‘800), ma muore esule a Londra, povero e dimenticato. Invece il secondo è il brillante librettista di tre famosissime opere italiane di Wolfgang Amadeus Mozart (Le nozze di Figaro, Don Giovanni
e Così fan tutte) che, dopo un soggiorno a Londra, emigra negli Stati Uniti,
dove diventa cittadino americano, dopo essere stato il primo professore di
letteratura italiana al Columbia College.
PENSARE
Luigi Mussio
Nato a Milano nel 1951, dopo il Diploma si laurea in Ingegneria Civile al Politecnico di Milano nel 1975. L’anno successivo
consegue la borsa di studio del CNR e nel 1978 è ricercatore universitario di Geofisica Mineraria al Politecnico di Milano.
Dal 1983, Professore associato di Misure Geodetiche al Politecnico di Milano, nel 1986 Professore straordinario di Topografia
all’Università di Reggio Calabria, dal 1989 al 1991 Professore ordinario di Fotogrammetria al Politecnico di Torino/Milano e
dal 1994 Professore ordinario di Trattamento delle Osservazioni al Politecnico di Milano.
Dal 1983 al 2004 Segretario/coordinatore dei corsi di Dottorato di Ricerca in Geodesia e Geomatica al Politecnico di Torino/
Milano. Dal 2002 al 2011 Coordinatore della macroarea Sicurezza e Ambiente della Scuola Interpolitecnica di Dottorato
Torino Milano Bari.
Fra le diverse cariche è stato Presidente del CCL/CCS in Ingegneria Civile al Politecnico di Milano; membro dell’ISPRS;
coordinatore dell’ISPRS IC-WG III/VI e dell’ISPRS WG VI/3; Presidente dell’ISPRS TC I.
Naida Di Nino
Nata a Sulmona (L’Aquila) nel 1983, si laurea al Politecnico di Milano in Ingegneria Fisica indirizzo Tecnologie Ottiche nel 2007 e in
Ingegneria Civile indirizzo Rilevamento e Controllo nel 2009.
Nel 2012 consegue il titolo di Dottore di Ricerca in Ingegneria Ambientale e delle Infrastrutture presso il Politecnico di Milano.
Dal 2007 al 2013 collabora con il Prof. Luigi Mussio negli insegnamenti di Trattamento delle osservazioni e di Geomatica presso il
Politecnico di Milano.
Autrice di alcune pubblicazioni, nell’ambito della ricerca scientifica, si occupa di problemi riguardanti la strutturazione di dati 3D in
un Sistema Informativo Territoriale con applicazioni nell’ambito dell’Ingegneria Civile.
È abilitata alla professione di Ingegnere Civile e Ambientale, e lavora come libero professionista nella progettazione e validazione di
progetti di opere idrauliche (modellazione idraulica per la sistemazioni di alvei, smaltimento e trattamento acque di piattaforma).
Bibliografia
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Castelnuovo E., Barra M. (1976): Matematica nella realtà. Boringhieri, Torino
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Lang S. (2009): Algebra lineare. Bollati Boringhieri, Torino
Marchionna E., Gasapina U. (1972): Appunti ed esercizi di Geometria. Editrice Viscontea, Milano
Marx K. (1968): Manoscritti economico-filosofici del 1844. Editori Riuniti, Roma
Popper K. (2012): I tre mondi – Corpi, opinioni e oggetti del pensiero. Il Mulino, Bologna
Rossanda R. (1979): Le altre. Saggi Bompiani, Milano
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
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PROtagonisti
Il Geometra Aurelio Costa (Cotignola,
1930 - Faenza, 2000) prima come
catastale, poi come libero professionista
ha svolto un’intensa attività divulgativa
della propria esperienza, con lo scopo
di formare le capacità professionali
dei tecnici che operano nel campo
topografico e catastale. Attività che lo
ha portato ad essere considerato uno
dei più grandi maestri di Topografia
Catastale in Italia.
Nel 2010, a dieci anni dalla sua
scomparsa, è nata l’idea di ricordarlo
dedicandogli un volume a cura del figlio
Gian Paolo e del
Geometra Nevio Kristancic.
Volume realizzato con il contributo
economico del Collegio dei Geometri
e Geometri Laureati di Ravenna e
il sostegno del Consiglio Nazionale
Geometri e Geometri Laureati, della
Fondazione dei Geometri e Geometri
Laureati dell’Emilia Romagna, della
Cassa Nazionale Geometri e di due
aziende dedicate al settore della
Topografia: la Geotop Srl e
la Tecnobit Srl.
Dal volume si riportano i contributi di
Gian Paolo Costa e Nevio Kristancic.
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Aurelio Costa
Geometra
Una vita
con la topografia
“Aurelio Costa:
una vita con la topografia”
Gian Paolo Costa
Pensavo di riuscire a scrivere
queste pagine con una certa
facilità, forse in virtù di una non
modesta esperienza scrittoria
maturata nel corso degli anni e di
recente sanzionata, diciamo così,
all’avvenuto accoglimento della mia
domanda d’iscrizione all’ordine dei
giornalisti - elenco pubblicisti.
E perché non è certo la prima
volta che io scrivo biografie o
note biografiche rivisitando opere
e giorni di persone del passato,
remoto o recente.
Ma parlare, scrivere di Aurelio
Costa Geometra, topografo ed
astrofilo è per me altra cosa: e
fin da subito mi sono accorto che
non sarei riuscito a scrivere di mio
padre con il distacco di un biografo
o comunque di una persona
(estranea) informata dei fatti.
E anche per questo motivo i fogli
da riempire con parole scritte ed
immagini sono rimasti a lungo
bianchi sul video del pc davanti a
me.
Nello specifico non dovevo e
non devo aprire libri e/o files
in un computer, ma in primo
luogo ho dovuto e devo scorrere
Disegno a matita di Aurelio Costa durante
il corso di studi nell’Istituto per Geometri
faentino
ricordi e memorie immagazzinate
nel corso degli anni nella mia
personale... banca dati mnemonica,
per selezionare i fatti più utili a
tratteggiare la figura anche umana
di un tecnico divenuto un topografo
noto e stimato a livello italiano nel
suo campo di lavoro, anche in
forza del proprio vissuto. Il vissuto,
l’iter professionale ma prima di
tutto personale, di un uomo che
io ho imparato a conoscere – o ho
cercato di conoscere – in un lungo
arco di tempo: oltre quattro decenni
di (chiamiamola così!) assidua
frequentazione familiare.
Frequentazione certo domestica
ma per molti di questi anni anche,
occasionalmente – ma non di rado
–, di filiale collaborazione-supporto
in ambito lavorativo.
Quando abbiamo delineato il
progetto del presente volume,
abbiamo convenuto su di un punto
fondamentale: queste pagine
devono/dovranno essere di una
qualche utilità pratica o di un
qualche interesse documentario
per chi le legge, ripercorrendo e
rievocando gli anni del passaggio
dalla topografia (in particolare
quella catastale non di impianto
e la topografia a minor scala
in genere) “del metro” e del
tacheometro/teodolite alla
topografia “della frazione del
centimetro”: dei distanziometri/total
stations e del GPS.
Una breve parentesi: nel caso
delle livellazioni di precisione
tematiche, quali quelle per lo studio
della subsidenza del ravennate
e di Ravenna in particolare, il
progresso non è stato in primo
luogo, o solamente, nella precisione
numerica ordinaria raggiungibile,
quanto nell’organizzazione e
nell’archiviazione dei dati finalizzati
ad un “utilizzo diffuso” ed integrato
di questi ultimi: per una gestione
più oculata e comunque meditata
del territorio.
Aurelio Costa, Geometra
dipendente pubblico per la maggior
parte della sua vita lavorativa, era
rimasto “pubblico” anche da libero
professionista; ed era convinto, ad
esempio nel caso della acquisizione
di dati topometrici, che tutto ciò
che era prodotto con soldi pubblici
non era e non doveva rimanere
patrimonio esclusivo di chi aveva
coordinato e gestito l’acquisizione
dei dati in questione – anche con
fatica…burocratica! – ma doveva
divenire, entro un lasso di tempo
di “certificazione” il più possibile
tecnicamente breve, patrimonio
“universale” di tutti coloro ai
quali i dati in questione potessero
essere di una qualche utilità. E
per i motivi più diversi ed anche
imprevisti all’atto, ad esempio,
dell’inizio del programma di
raccolta “dedicato”. Quante volte,
io ancora bambino, l’ho sentito
lamentarsi dell’incomunicabilità tra
uffici pubblici, assai dispendiosa
in termini di tempo e di risorse
investite in compartimenti tra loro
“stagni” e quasi…in concorrenza
reciproca!
Il percorso professionale di Aurelio
Costa (Cotignola, 1930 - Faenza,
2000) Geometra, si srotola da
metà degli scorsi anni ’50 all’anno
2000, in pratica, gli anni che
hanno visto la nascita in Italia della
figura professionale del Geometratopografo. Un processo lungo e
spesso non agevole che Costa ha
vissuto come una “rivisitazione delle
origini” (Geometra = misuratore
della terra), un processo indotto da
un più moderno approccio culturale
e tecnico-operativo ad antiche e
nuove problematiche legate alla
conoscenza e descrizione numerica
del territorio.
Della nascita e progressiva
definizione di questa nuova figura
professionale “autonoma” Aurelio
Costa è stato attivissimo fautore in
ambito locale e testimone/coautore
a livello nazionale, come testimonia
tra l’altro una lunga serie di attestati
ricevuti nel corso del tempo
da Collegi dei Geometri di ogni
parte d’Italia per il suo impegno
di didatta. Didatta in virtù di una
innata attitudine a comunicare
le esperienze e le convinzioni
maturate via via nel corso dei
lunghi anni trascorsi lavorando
“sul campo” ed in ufficio: decenni
iniziati al tavolo da disegno con
regolo calcolatore, riga, squadra e
rapidograph, in Catasto, e terminati
con personal computer e plotter, in
via San Pier Damiano 14, a Faenza.
In ogni uomo, in ognuno di noi,
opere e vissuto personale sono
indissolubilmente connessi da
legami intrecciati e circolari di
causa ed effetto, in uno “srotolarsi
esistenzial-operativo” che per
qualsiasi persona ha inizio… con la
nascita!
Per questo, biografia umana e
biografia professionale di un uomo,
sono di fatto inscindibili: a maggior
ragione, se possibile e come
cercherò di motivare, nel caso della
vita professionale del Geometratopografo Aurelio Costa.
Nelle pagine che immediatamente
seguono cercherò di tratteggiare
la vita lavorativa di mio padre vista
e vissuta da un non addetto ai
lavori – io, che sono laureato in
scienze geologiche – , che però
crede di poter parlare con una
qual certa cognizione di causa
perché questa vita professionale,
come detto, l’ha partecipata e
l’ha comunque affiancata: anche
“sostanzialmente” in occasione di
qualche scelta e per qualche tratto
di cammino.
Un cammino ed un percorso
professionale, quello di Aurelio
Costa, Geometra che approdò alla
topografia, giudicati assai proficui
e riconosciuti tali da moltissimi dei
colleghi che hanno avuto modo di
conoscere de visu Costa e i frutti
del suo lavoro.
Mi ha sorpreso – e mi ha fatto
molto piacere leggerla – la
conclusione del contributo
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dell’ing. Giuseppe Sangiorgi,
sempre in questo volume, che
mi offre lo spunto per una prima
considerazione. Io non ho mai
conosciuto personalmente l’ing.
Sangiorgi, ma dal tono di voce
con cui mio padre lo nominava
spesso parlando di lavori che aveva
in corso o che aveva portato a
termine insieme a lui, avevo ben
presto capito che il loro sodalizio
professionale – in occasione di
collaborazioni operative – era
quanto mai gratificante per mio
padre: perché lui e l’ingegnere…
parlavano il medesimo linguaggio.
Con gli anni avevo imparato a
valutare dal solo tono di voce o
da qualche fugace espressione
del viso di mio padre il grado di
considerazione che quest’ultimo
nutriva per la persona alla quale si
trovava ad accennare.
Aurelio Costa era dovuto divenire
adulto “troppo da solo” e troppo in
fretta, a dispetto dei quindici anni
compiuti da un mese che aveva
quando, a seguito delle traversìe
belliche – e dopo un lungo inverno
trascorso sotto le bombe alleate
chiuso in una cantina-rifugio sotto
la casa natale a Cotignola, cittadina
“martire” ridotta ad un cumulo
di macerie – la mamma trovò la
morte per lo scoppio di un ordigno
inesploso, nella primavera del 1945
a guerra localmente terminata da
pochissimi giorni.
Ed Aurelio si trovò d’improvviso
costretto ad affrontare il mondo,
quel mondo che faticosamente
usciva dalla tragedia della seconda
guerra, senza la protezione
dell’ambito familiare che sino ad
allora l’aveva guidato e appunto
protetto, in primis dalla guerra.
Del giovanissimo che era in quei
giorni conserverà sempre, quasi
“radicato” nel suo subconscio,
un costante entusiasmo giovanile
per tutto ciò che avrebbe attirato
e catturato il suo altrettanto
giovanile, e quotidiano, interesse
investigativo. Un interesse che mi
è sempre parso indirizzato – ed a
distanza di anni questa percezione
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è in me oggi, se possibile, più
intensa e distinta – in primo
luogo alla continua ricerca di
certezze che disegnassero una
realtà costantemente descrivibile/
raffigurabile, calcolabile e
prevedibile: in virtù di leggi
fisicomatematiche avvertite ed
invocate come sorta di colonne
ed architravi di personali sicurezze
esistenziali parimenti ricercate.
Sicurezze che nessuna incognita
problemi quotidiani. Mia nonna,
Maria Bernardi, era la colonna della
famiglia, matriarcale, nell’alveo
della tradizione romagnola rurale
e di paese, ed alla sua morte il
marito Sante Costa letteralmente
“si sedette”, abbattuto dalla
sventura che lo aveva avvolto
imprigionandolo. Questo, come
detto, negli ultimissimi giorni di
quel secondo conflitto mondiale
che proprio tra Romagna ed Emilia
“casuale” potesse invalidare. Un
percorso di ricerca, il suo, condotto
in forza di un ordine mentale e
pratico frutto non solo di DNA
(probabilmente materno) ma
soprattutto, come già detto – e di
questo ne sono personalmente
convinto – risultato di un continuo,
lungo lavoro autonomo di autocostruzione, faticoso quanto
assiduamente perseguito giorno
dopo giorno.
Mio figlio secondogenito è – oggi,
mentre scrivo – un sedicenne e
faccio fatica ad immaginarmelo
improvvisamente orfano ed affidato
a parenti pieni di altri grossi
(sulla linea gotica italo-germanica)
aveva scritto alcune delle
pagine più forti della sua storia
peninsulare; e in un periodo, quello
dell’immediato dopoguerra, che al
contrario richiedeva ogni energia,
residua e nuova, per iniziare a
ricostruire quanto andato perduto
allo scopo di raggiungere o ritrovare
una qualità di vita decorosa. E la
famiglia Costa cotignolese-faentina
pagò, per quegli ultimi anni di follia
mussoliniana, un prezzo altissimo:
sia emotivo-affettivo, in primo
luogo, che – più banalmente –
economico- materiale.
Mi soffermo un attimo su questa
protagonisti
pagina biografica di un Aurelio
Costa adolescente proprio perché
ritengo, come detto, che il suo
interesse per la topografia (e per
l’astronomia di posizione e ancora,
e infine, per la gnomonica – la
scienza-arte degli orologi solari) e
conseguentemente il suo percorso
professionale siano stati indotti,
più o meno inconsciamente, dalle
personali vicende familiari prodotte
dal secondo conflitto mondiale.
dopo più di un anno di guerra:
e in Gorizia entrò, primo, il 28°
reggimento della brigata Pavia,
di stanza a Ravenna, della terza
Armata comandata dall’“invitto”
duca d’Aosta.
Io fino ad oggi, seguendo una mia
antica passione nata tra le mura
domestiche anche e soprattutto per
influsso e clima familiar-paterno, ho
diretto il museo Civico di Scienze
Naturali di Faenza: che ho seguito
scolaresche (e di insegnanti e
genitori!) mi hanno permesso di
toccare con mano e di avvertire
“sulla pelle” l’importanza che nella
formazione, e conseguentemente
nel percorso vitale degli esseri
umani, hanno gli anni della prima
infanzia e giovinezza, familiare e
scolastica: l’uomo Homo sapiens
sapiens è un animale sociale
quanto mai complesso poiché
l’imprinting fisico-comportamentale
Hotel “Il cavallino”, Faenza
Una veloce notazione: se la
seconda guerra mondiale ha
segnato profondamente la vita
(anche professionale) del Geometra
Costa, alla prima guerra, alla
grande guerra, è legato il suo nome
di battesimo. Aurelio era il nome del
sottotenente Baruzzi (1897 - 1985,
medaglia d’oro che concluse la sua
carriera militare come generale),
nato a poca distanza da Cotignola,
a Lugo di Romagna e quindi
concittadino di Francesco Baracca.
Aurelio Baruzzi l’8 agosto del 1916
(96 anni or sono) entrò per primo,
con il tricolore, a Gorizia. La presa
di Gorizia fu la prima vittoria italiana
(e plasmato!) sin dalla sua nascita
amministrativa e…fisicomateriale! E
nell’ambito della, chiamiamola così,
vita quotidiana di questo Istituto
che, un poco all’antica ho pensato
e visto come una scintillante
(per quanto lo consentano le
finalità istituzionali e le risorse a
disposizione!) e interdisciplinare
wunderkammer-camera delle
meraviglie, io ho dedicato buona
parte del mio tempo e gran parte
delle mie energie, anche creativosperimentali, alla didattica rivolta ai
giovanissimi della scuola primaria.
Il contatto con i più giovani e
la continua frequentazione di
in lui si intreccia inestricabilmente
con un altrettanto presente
imprinting socio-culturalcomportamentale.
La famiglia Costa, di Sante Costa,
era una famiglia “del popolo ma
non proletaria” – almeno in senso
stretto –, in quanto godeva di un
qual certo benessere economico
frutto del lavoro quotidiano del
capofamiglia e della attenta,
oculata amministrazione di sua
moglie, azdora nel solco di quella
tradizione familiare-contadina
romagnola che ha sempre riservato
un ruolo fondamentale alla donna,
ovvero reggitrice della vita familiare
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quotidiana in Romagna.
Allo scoppio della seconda guerra
mondiale la famiglia Costa risiedeva
da qualche anno nella propria
casa faentina, in via Polveriera
nel Borgo Durbecco di Faenza.
Sante Costa era commerciante di
sementi e all’occorrenza birocciaio
(= “autotrasportatore-padroncino”
del tempo!) e la sua famiglia,
come detto, poteva definirsi
sufficientemente benestante, nel
contesto popolare del tempo: tre
figli maschi (Pier Domenico, Aurelio
e Bruno) ed una giovanissima
bambina in affido (Silvana) per
il desiderio di mamma Maria
Bernardi di una figlia. La moglie
era più alta di statura del marito,
piuttosto basso: infatti nella
fotografia che ritrae la famiglia
in occasione di una importante
cerimonia religiosa (cresima o
comunione dei due fratelli maggiori,
in abito “militare” da adulti) Maria è
in posa seduta. Nella primavera del
1944 i genitori di Pier Domenico,
Aurelio e Bruno Costa avevano
deciso di lasciare Faenza alla volta
della “più sicura” cittadina natale,
Cotignola: il 10 marzo di quell’anno
le prime bombe aeree alleate erano
cadute sulla stazione ferroviaria di
Faenza.
I coniugi Costa commisero, come
si direbbe oggi, un tragico errore
di valutazione. Cotignola sorge
infatti in un’ansa del fiume/
torrente Senio: e proprio sul Senio
gli Alleati, oltrepassata celermente
Faenza, decisero di attestarsi per
“…lasciare passare l’inverno”.
Cotignola, rimasta in territorio
controllato (?!) dai tedeschi, fu
letteralmente spianata dall’aviazione
e dall’artiglieria anglo americane. In
particolare, il 10 aprile 1945, nelle
ore che precedettero l’ingresso in
città delle truppe alleate, si scatenò
l’inferno. Ai Costa, rintanati nel
rifugio-trincea scavato nella cantina
domestica dove sopravvivevano
da mesi, l’annuncio della fine
della tempesta arrivò con le parole
sussurrate dal vicino di casa/
parente Sintini, parole che filtrarono
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attraverso il cumulo di macerie di
quella che una volta era una casa:
“A siv tot viv?” (“Siete tutti [ancora]
vivi?”).
L’Arciprete Don Stefano Casadio
ed il partigiano comunista Leno
Casadio, protetti da un drappo
bianco legato ad un bastone, quel
giorno avevano attraversato il Senio
e avevano raggiunto il comando
alleato: …“qua non ci sono più
tedeschi...”. Pochi giorni dopo,
il 14 aprile, accade quanto già
un arresto cardiaco a seguito dello
scoppio. I figli maggiori andranno
con un carretto a recuperare il
corpo per la sepoltura.
Credo che anche da questa
sventura giovanile, vissuta in diretta
da un quindicenne, discendano
alcuni degli aspetti caratteriali e
di “approccio lavorativo” di mio
padre in età adulta: quelli che a
mio avviso hanno marcato il suo
impegno professionale e che ora
elenco ed enuncio rapidamente.
“... il piacere di Aurelio
Costa per l’ordine:
l’abitudine di mio padre
di stendere appunti
manoscritti, con una
grafia pulita e dal tratto
quantomai elegante, di
tutto ciò che reputava
utile e/o d’interesse
presente o futuro”
detto: Maria è in fila davanti ad un
“ufficio volante alleato” per ritirare
un pass che le consenta di recarsi
a Faenza quando poco distante un
anziano, involontariamente o per
sincerarsi della natura di un oggetto
metallico semisepolto, batte la sua
“zanetta”, il suo bastone, contro
un proiettile inesploso: un boato,
e per mamma Maria è la fine, per
una piccola scheggia al cuore o per
Lasciando alle immagini che
ho scelto a corredo di queste e
delle pagine successive – queste
ultime organizzate sulla falsariga
dell’elenco che segue – la
documentazione visiva di quanto.
Inizio ricordando il piacere di Aurelio
Costa per l’ordine: l’abitudine di
mio padre di stendere appunti
manoscritti, con una grafia pulita
e dal tratto quantomai elegante,
protagonisti
di tutto ciò che reputava utile
e/o d’interesse presente o futuro.
Appunti tratti da qualunque fonte,
poi ordinati e conservati in modo
da essere facilmente “ritrovabili”
e leggibili anche dopo anni.
Un’abitudine questa certo indotta
in età giovanile dalla necessità di
costruire un proprio autonomo
percorso di crescita umana e
professionale. E ancora: la sua
innata abilità assoluta nel disegno,
e non solo tecnico.
Nell’anno della mia maturità
classica (1975) mi “lucidò” a
mano, con china e squadretta da
disegno, un rilievo catastale inedito
di Faenza scala 1:1000, l’ultimo
rilievo eseguito “da terra” del centro
storico di Faenza (nel 1926 ed
anni immediatamente successivi).
Quando tempo fa andai a far
digitalizzare i due grandi fogli di
carta lucida già un po’ invecchiati
e chiesi se il risultato sarebbe stato
buono, mi fu risposto che non ci
sarebbero stati problemi… perché
“il plotter ha lavorato molto bene!”.
L’ammirazione incondizionata che
Aurelio provava nei confronti delle
persone che via via si era trovato
a eleggere quali maestri/modelli
di vita o compagni di strada.
Elenco solo alcuni nomi eloquenti,
penso, per i lettori di queste
pagine; maestri accomunati dalla
sicurezza nel trasmettere idee e
convincimenti acquisiti sul campo:
convincimenti profondi comunicati
e motivati agli interlocutori/
ascoltatori con estrema chiarezza
ed immediatezza oratoria. Nomi
ben presenti a noi familiari (… nel
caso di uomini “importanti” del/sul
piccolo schermo era letteralmente
vietato non solo cambiare canale
televisivo, ma “interferire” – anche
solo vocalmente! – per il tempo da
riservare all’oratore in questione):
gli storici ed opinionisti Enzo Biagi,
Indro Montanelli, Sergio Zavoli,
gli astronomi Giovanni Battista
Lacchini, Margherita Hack, Paolo
Maffei, il grande topografo Angelo
Pericoli; per citare, appunto,
qualche nome esemplificativo.
Il piacere, trasformatosi via via in
una sorta di necessità vitale, di
“acquisire-acquistare conoscenze
custodite in libri”: la sua biblioteca,
cartacea e multimediale
(quest’ultima soprattutto VHS, per
ovvie … contingenze tempistiche!)
conta oggi migliaia di titoli.
I libri – extraprofessionali – che
riusciva effettivamente a leggere
interamente li vedevamo, in
successione, sul comodino di
fianco al suo letto. Quando io iniziai
la scuola elementare mi acquistò la
mitica enciclopedia Conoscere, che
ebbi compagna fedele per molti
anni scolatici.
È una biblioteca, quella che
ha lasciato, di dimensioni
assolutamente spropositate per
una persona con i suoi ritmi di
lavoro, spesso frenetici e comunque
sempre intensi, con pause ridotte
al minimo (per “mantenere” da
solo una famiglia: moglie e, dal
1970, tre figli). All’aggiornamento
sul contingente storico sono
stati deputati, per decenni,
primariamente il Tg1 delle ore 20,
il settimanale Epoca e il quotidiano
il Resto del Carlino (in particolare
in occasione di dispense a puntate
allegate, le più varie di argomento).
Il suo piacere di documentare
la storia del lavoro-passione che
aveva intrapreso e che permeava
la sua quotidianità lavorativa, era
ed è oggi attestato da una raccolta
di strumenti topografici e di carte
di lavoro del passato, remoto o
prossimo: in quest’ultimo caso
poteva trattarsi di strumenti che
aveva personalmente utilizzato
in “campagna” (o in ufficio) ma
che in un più o meno breve lasso
di anni erano stati superati dal
progresso tecnologico. Ovvero di
strumenti topografici oramai “del
passato” ed inadatti ad un uso
abituale, ma che potevano tornare
utili per operazioni topografiche in
ambienti particolari (ad es. in grotta
e in galleria) o di inquadramento
speditivo preliminare – al fine
di valutare specificità e/o
problematiche operative di un
lavoro – o conclusivo – per allestire
un utile corredo documentario delle
operazioni di campagna effettuate.
E a questi scopi aveva pure
autorealizzato, nel corso degli anni,
versioni aggiornate ed ottimizzate
di strumenti topografici … dei
primordi, per un uso moderno
- foss’anche un uso solo, ma
utilmente, didattico-esemplificativosperimentale.
Non pochi degli strumenti storici
ora in collezione (qualcuno di
pregio “assoluto”), alla pari di
cimeli cartacei esemplificativi, li ho
acquistati e regalati io, in occasione
di festività o di ricorrenze particolari.
Altri sono giunti da colleghi ed
amici. A questo proposito ricordo
l’esemplare di determinatore
Astronomico Santoni – corredato di
cronometro a tempo siderale – che
il topografo militare Angelo Pericoli
(Rimini, 1915 - Firenze 2011), aveva
in uso in Africa settentrionale per
determinazioni di posizione nel
deserto, prima del suo rimpatrio per
gravi ferite sul campo di battaglia
nella seconda guerra.
La conoscenza approfondita
della storia del progresso topocartografico e della evoluzione delle
tecniche operative e normative
(in particolare di quelle catastali,
settore della topografia che
Costa si trovò a privilegiare per
personale approccio lavorativo) ha
messo mio padre in condizione
di partecipare attivamente alla
scrittura del presente – per lui il
futuro, cronologicamente! – della
topografia italiana ed in particolare
di quella catastale, contribuendo,
come già detto, a delineare la
figura professionale del moderno
topografo ed in particolare del
Geometra-topografo. Al fine, ad
esempio, di ripristinare confini
di proprietà è assolutamente
necessario conoscere in quali anni
e con quali metodologie operative
questi confini sono stati individuati
e tracciati per la prima volta: allo
scopo di definire e quantificare
approssimazioni ed attendibilità
e cercare di evitare (se possibile)
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interminabili e costosi arbitrati
in sede giudiziaria, in caso di
controversie.
Il piacere di mio padre per la
rilettura e la conoscenza del
passato e la documentazione
del presente è attestata anche
dall’interesse (soprattutto giovanile,
per…sopravvenuti problemi di
tempo libero!) per la fotografia
(diapositive e b/n in camera
oscura) e per la cinematografia
amatoriale. Hobbies che, assieme
a quello nato ai tempi dell’oratorio
per il mondo delle radio, videro
coinvolti in particolare due amici
che qui desidero ricordare, il primo
d’infanzia e parrocchia (del gruppo
di Santo Stefano), il secondo
controllore-bigliettaio-capotreno
“storico” sulla linea ferroviaria
Faenza-Ravenna (negli oltre venti
anni di quotidiane trasferte FaenzaUfficio Tecnico Erariale di Ravenna):
Sante Tino Minghetti, dalle mani
d’oro in veste di elettrotecnico e di
artista, e Francesco Checco Bassi
(eccellente cuoco, professionista
dopo il pensionamento!).
La sua passione per l’astronomia in
generale e per quella di posizione in
particolare nacque probabilmente
ai tempi post-bellici del gruppo
parrocchiale di Santo Stefano,
faentino, e della frequentazione
del giovane cappellano Don
Wilmo Fabbri (Brisighella, 1922
- Bagnacavallo, 2004), tra la fine
degli anni ’40 e i primi anni ‘50.
Nutrita dagli incontri con il grande
astronomo professionista faentino
Giovanni Battista Lacchini (Faenza,
1884 - 1967), questa passione
lo porterà anni dopo a scoprire
e frequentare la gnomonica, la
scienza-arte degli orologi solari e
delle meridiane.
Oggi calcolare una meridiana o
un orologio solare (con il termine
meridiana io sono abituato ad
indicare un orologio solare con la
sola “linea meridiana”, che indica
pertanto solo l’ora del mezzogiorno,
ovvero il momento del passaggioculminazione del sole al meridiano
locale) e successivamente tradurre i
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calcoli in un disegno su carta è una
cosa semplice e quasi immediata.
Questo grazie a programmi dedicati
per personal computers ed alle
attuali stampanti: ma negli anni
’60 e ’70 (e ’80) del secolo scorso
non era così, come attestano le
quantità di fogli-appunti paterni
per ogni singolo orologio solare da
lui progettato e calcolato. Come
tutti sanno, ogni orologio solare,
soprattutto a parete, è unico:
è necessario calcolarlo ad hoc
tenendo conto della latitudine e
dell’orientamento della parete,
nonché della longitudine del luogo
nel caso si decida di disegnare le
“linee ad otto o lemniscate” che
permettono di leggere l’ora civile
– cioè quella dell’orologio – sul
quadrante sul quale corre l’ombra
dello “gnomone”.
La scelta maturata da Costa di
dedicarsi professionalmente alla
topografia fu conseguenza di
passione ma certo non fu estranea
ad essa la necessità di una
immediata sicurezza lavorativa,
per mantenere se stesso, il padre
e la sua nuova famiglia: sicurezza
individuata come risultato di un
impiego fisso, in Catasto (Catasto
Terreni). Infatti egli sarebbe stato in
grado di dedicarsi con altrettanto
successo, ad esempio, alla attività
progettuale in campo edilizio, negli
anni ’50 e nei successivi immediati
decenni assai più remunerativa.
La sua attitudine in campo edile
è attestata da suoi progetti e da
conseguenti realizzazioni edili
seguite.
Da ultimo desidero sottolineare,
una volta di più, il piacere che
mio padre provava nel trasmettere
– e in campo professionale,
letteralmente, nel “trasferire” – ad
altri conoscenze acquisite sul
campo in particolare in topografia,
astronomia e gnomonica: le tre
aree di suo interesse privilegiato,
per lui vere e proprie passioni.
Passioni legate l’una all’altra
dall’utilizzo dei numeri per definire
univocamente realtà in inarrestabile
divenire (il cielo stellato o il moto
del sole) o comunque in predicato
di mutare con il trascorrere del
tempo (l’aspetto topografico e
geografico della superficie terrestre,
la partizione catastale del terreno).
Trasmissione di conoscenze resa
possibile, o comunque agevolata,
da una grandissima capacità di
pensare, progettare e realizzare,
anche manualmente in prima
persona, sussidi e supporti
didattico-esemplificativi. E di
tradurre-semplificare utilmente
concetti legati alle materie
protagonisti
Edificio realizzato su progetto di Aurelio Costa
succitate, a vantaggio di chiunque
si interfacciasse con lui. Fosse un
giovane Geometra che si preparava
all’esame di diploma od un anziano
agricoltore che in campagna –
decenni fa – gli chiedeva in dialetto
o in un italiano approssimativo
cosa stesse guardando con il
cannocchiale. Ciò anche in forza
del costante aggiornamento
perseguito relativamente
all’evoluzione delle metodologie
operative ed al progresso tecnicostrumentale negli ambiti in
questione.
“Il maestro e l’apprendista”
Nevio Kristancic
Durante i 10 anni che ho trascorso
nello studio del Geometra Costa
ho potuto da lui apprendere
un mestiere, fare esperienza e
soprattutto lasciare che la passione
che lo pervadeva mi contagiasse.
Mentre la giornata lavorativa
era dedicata interamente allo
svolgimento delle pratiche, il
momento dei saluti spesso si
trasformava in una conversazione
ad oltranza, dove Costa vestiva
i panni del maestro ed io,
naturalmente, dell’apprendista.
Non ero certo l’unico privilegiato, la
stessa disponibilità è sempre stata
da lui dedicata ai giovani praticanti
che si sono avvicendati nello studio
e ai colleghi che sovente si sono
rivolti a lui per un consiglio.
Seduto di fronte a lui, separati dalla
scrivania bianca ricoperta da pile
di pratiche, libri e fogli di appunti,
avevo così modo di immergermi
nel suo mondo. Potevo percepire
il suo trasporto quando mi
descriveva le operazioni del rilievo
di aggiornamento di lustrazione,
le metodologie e le strumentazioni
utilizzate, le difficoltà affrontate
e superate o la sua irritazione
quando ripensava alle ottusità a
cui spesso si era trovato di fronte
nella sua funzione di dirigente
della sezione Catasto Terreni
presso l’Ufficio Tecnico Erariale di
Ravenna.
Livellazioni di alta precisione,
sistemi informativi territoriali,
riconfinazioni, topografia, erano gli
argomenti ricorrenti.
Ammetto che certe volte prevaleva
in me il desiderio di andare a
casa; la vita privata, gli impegni
con gli amici, per un ragazzo
uscito da pochi anni dalla scuola,
erano pressanti. Non ero ancora
ben consapevole della persona
che avevo di fronte, della sua
esperienza, della lungimiranza delle
sue idee.
Successivamente alla sua
scomparsa, in occasione di
ogni convegno sul tema delle
riconfinazioni, rimanevo colpito
dai frequenti riferimenti dei relatori
alla persona del Geometra Costa
ed al suo importante contributo.
Confesso che ciò mi ha sempre
riempito di orgoglio.
Ricordo i rilievi a cui ho più volte
preso parte sul versante romagnolo
dell’appennino. Non c’erano fatiche
a cui Costa si sottraeva, era quasi
sempre lui, palina alla mano, a
muoversi su e giù per i pendii, con
chiaro nella mente ciò che doveva
essere rilevato. Giunta l’ora di
pranzo però non poteva mancare
la sosta al ristorante (i panini erano
l’ultima spiaggia) dove raramente
resisteva alla tentazione dell’amato
piatto di tagliatelle al ragù!
Solo la moglie Luisa e la figlia
Laura possono testimoniare
quante ore dormiva alla notte.
Ritengo non dovessero essere
molte. Era alla sera e alla mattina
presto che Costa si dedicava alla
stesura e all’aggiornamento delle
dispense per i corsi di formazione
dei praticanti Geometri e dei
mediatori, per la Scuola Edili
o alla preparazione dei lucidi e
del testo per la partecipazione
ai diversi convegni o ancora
all’organizzazione di una mostra.
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
47
C’era sempre qualche “attività
didattica” in corso.
A inizio 2000, Costa stava
collaborando con il Comitato
Regionale Collegi dei Geometri
del Friuli Venezia Giulia per
l’organizzazione del convegno
“Riconfinazione ed individuazione
dei beni immobili negli atti di
trasferimento della proprietà”.
Il convegno, al quale avrebbe
dovuto partecipare come relatore,
era stato fissato per il 12 maggio
2000 a Udine.
Ricordo che mi sentii intimorito e
inadatto quando, oramai provato
dalla malattia, dal suo letto in
clinica mi disse che voleva andassi
io a sostituirlo al convegno.
Grazie all’aiuto di Gian Paolo,
Domenico, Ober, Roberto e
Leonardo riuscimmo a mettere per
iscritto, in una forma “da lettura”,
l’intervento che Costa avrebbe
tenuto a braccio con il solo ausilio
dei suoi lucidi e della lavagna
luminosa.
Il giorno successivo al funerale del
Geometra Costa, ero a Torreano
di Martignacco vicino a Udine,
nella sala Ente Fiera, dove oltre
350 persone mi ascoltavano,
con interesse via via crescente,
esporre il pensiero e le proposte del
Geometra Aurelio Costa.
Durante la stesura di questo
volume, ho potuto riscontrare
l’entusiastica partecipazione di chi
ha contribuito ad arricchirlo e il
sincero apprezzamento di chi ne
è venuto a conoscenza. Ciò mi ha
sostenuto nei momenti di difficoltà
che inevitabilmente si presentano
in iniziative similari, in parte
attribuibili alla mia inesperienza
nel campo editoriale, insieme
al sentimento di riconoscenza
che provo quotidianamente nel
portare avanti la conduzione dello
Studio, sostenuto dal bagaglio
di esperienza che Costa mi ha
pazientemente trasmesso.
Mi auguro che, oltre a mantenere
vivo il ricordo di una persona
che si è distinta per capacità,
professionalità, lungimiranza,
questo volume sia di stimolo per
i giovani Geometri ad esercitare
la professione con passione,
impegnandosi nel raggiungimento
di sempre più elevati livelli di
qualità.
Aurelio Costa
Nato a Cotignola nel 1930, è Capo Sezione del Catasto Terreni dell’U.T.E di Ravenna dal 1970 al 1980. Si
specializza nei campi del rilievo topografico, della cartografia catastale e del relativo aggiornamento, della
cartografia numerica e dei Sistemi Informativi Territoriali. Per oltre 10 anni è consulente della Regione EmiliaRomagna e componente della Commissione per la realizzazione della Carta Tecnica Regionale 1:5000. È stato,
inoltre, consulente e Direttore dei Lavori per la realizzazione di cartografie tecniche comunali (Comune di Modena
e Comune di Ravenna) e, ad iniziare dagli anni ’70, per le periodiche livellazioni di alta precisione finalizzate
allo studio della subsidenza (Comune di Ravenna). Nel 1999 (un anno prima della scomparsa) viene eletto nel
Consiglio Direttivo della SIFET (Società Italiana di Topografia e Fotogrammetria). Nell’ambito della sua attività è
stato autore di pubblicazioni, articoli di stampa su riviste specializzate e dispense didattiche sulla topografia e la
cartografia e di sussidi specifici ad ampio spettro di utenza (per operatori e fruitori del territorio).
Gian Paolo Costa
Nato a Faenza da Luisa Gaudenzi e da Aurelio, il 25 gennaio 1957, ha frequentato il liceo-ginnasio “Evangelista
Torricelli” faentino ed è laureato in scienze geologiche. Dai primissimi anni ’80, giovane appassionato di
speleologia, ha dedicato il proprio impegno (e lavoro, in veste di dipendente comunale a partire dal 1989) alla
nascita ed al primo ventennio di vita del museo Civico di scienze naturali del Comune di Faenza. Estromesso di
recente dal museo, attualmente opera al Centro di educazione all’Ambiente e alla sostenibilità - CeAs “Faenza21”
del servizio Ambiente comunale. Dal 1985 è stato ispettore onorario per la paleontologia della soprintendenza
Archeologica dell’Emilia-Romagna per un venticinquennio. È socio residente della Società Torricelliana di Scienze
e Lettere dal 1994 e dal 2011 è pubblicista iscritto all’ordine dei giornalisti di Bologna.
Nevio Kristancic
Nato a Faenza il 2 settembre 1971. Diplomato presso l’Istituto Tecnico per Geometri “A.Oriani” di Faenza nel
1990, ha svolto il periodo del praticantato presso lo Studio Topografico Faenza del Geometra Aurelio Costa
iniziando nell’estate dello stesso anno. Ha ottenuto l’abilitazione all’esercizio della libera professione di Geometra
nel 1992 ed ha proseguito la collaborazione all’interno dello Studio fino alla scomparsa di Aurelio Costa, avvenuta
il 9 maggio 2000. Oggi continua a svolgere la sua attività libero-professionale nello Studio Topografico Faenza,
del quale è divenuto titolare.
48
focus
Michele Amato svolge la professione
tecnica dal 2002 occupandosi
principalmente della progettazione –
ristrutturazione di residenze private e
ambienti destinati all’esercizio
di attività commerciali.
Dal 1997 si occupa di Arte vivendo “un
piacevole connubio non propriamente
‘naturale’ tra ‘tecnicismo’ e ‘arte’,
‘sviluppando’ giorno dopo giorno una
‘competenza ibrida’, intrecciata di
nozioni tecniche ed esperienza maturata
in campo nel mondo dell’arte”.
Di seguito, insieme ad alcune sue
note biografiche, le principali tappe
del percorso artistico e i premi e i
riconoscimenti conseguiti.
C
oncepito da una “direttrice familiare” e un “navigatore
giramondo” in una mite giornata primaverile, è nato a Molfetta
(BA) in un freddo mattino del 1975.
Da presto mostra interesse all’attività musicale.
Con alcuni compagni d’infanzia, ignorando l’esistenza di
una nota band internazionale, fonda la sua prima “rock-band” e diviene il
tastierista degli “Scorpions”.
Per motivazioni non riconducibili al suo “estro” e persuaso dall’insegnante di
Educazione Tecnica, s’iscrive e consegue la maturità presso il locale Istituto
per Geometri.
Dopo la sua breve esperienza alle “dipendenze” del Ministero degli Interni,
intraprende a pieno ritmo l’attività “art-igianale” che di sicuro non gli permette
la tanto ambita dipendenza economica.
Durante una notte inquieta, nella quale gli viene in sogno l’insegnante di
Educazione Tecnica delle Medie, decide di abbandonare “l’artigianato”
per dedicarsi completamente all’Arte, non rinunciando alla possibilità di
“arricchirsi” attraverso un’unica e immediata modalità.
Intraprende una “lunga collaborazione professionale” con uno studio di
architettura e ingegneria della sua città.
Avvia l’attività artistica nel 1997 sviluppando una produzione principalmente
fotografica.
Qualche anno più tardi, matura una ricerca estetica rivolta a “nuovi” linguaggi
estetici.
Partecipa ai primi concorsi d’arte, intimorito dalla competizione con i “suoi
simili” ma “accademici”.
In seguito ad un forte legame d’amicizia con un “Maestro Accademico”,
genera la consapevolezza che la “differenza” è nel “PENSARE” e non nel
“TITOLO” conseguito.
… Dopotutto la storia insegna che non tutti gli Artisti sono stati accademici e
che molti di questi ultimi (oggi) sono degli ottimi decoratori.
Michele Amato
ARTEMOEG
Le ultime quattro
lettere
di (un) Geometra
all’inverso
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
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Personali e collettive fotografiche e d’arte
2000 “Feste e tradizioni popolari del Sud” - FIAF – Molfetta (BA).
2004 “Artisti per Amnesty” – Molfetta (BA);
2005 “Bugie ad Arte” – Artea, Comune di Città di Castello (PG); “Bombardamento mediatico” – “Alla corte di conti” –
Molfetta (BA); “Largo all’arte!” – Molfetta (BA)
2006 “Succursali dell’inferno” – Tour regionale (Puglia); “36 artisti in mostra” – Sala dei Templari – Molfetta (BA); “Della
età passata et presente” – Duomo S. Corrado – Molfetta (BA); “Il paesaggio” – Presidio del libro – Molfetta (BA);
2007 “Musae 2007 – circuito emiliano” – Salsomaggiore (PR); “DE INDUSTRIA quando l’arte incontra l’impresa” –
Fermignano (PU);
“Talenti da … salvare” – Capo d’Orlando (ME);
2008 “Sembianti” - Sala Mostre Comune Celle Ligure (SP); “DYNAMO DA LUCE A STATART” – DYNAMO – P.zza Greco,
5 – Milano; “Immagino” – workshop internazionale di arte, media, musica e architettura – TRIBALEGLOBALE 08 – Albisola
(SV);
“DE INDUSTRIA quando l’arte incontra l’impresa” – Fermignano (PU); Collettiva d’arte a sostegno del progetto
“MUSTAQBAL” – Vedetta sul Mediterraneo - Giovazzano (BA) e Palermo; “ROUTES – The way of Integration” – Galleria
Halles Saint Gery – Bruxelles;
2009 “ARTEFATTO 2009 – LuminEssenze” – Trieste; “ACOA Africa Contemporary Art” – Sala mostre Provinciale – Cuneo;
50
focus
2010 “Biennale Internationale de l’image 2010” – Nancy (France);
2011 “Contraddizione Continua” – Napoli/Salerno; “Supereroe” – Molfetta (BA); “MICRO2” – Milano; “Arte, Solidarietà,
Unità d’Italia – Artisti italiani per i 150 anni” – Bari;
2012 “L.E.D. Luci Espressione D’autore” – Caltanissetta.
Altri progetti
2004 Direzione del corso fotografico presso il locale circolo ARCI – “Il Cavallo di Troia”; Direzione artistica collettiva d’arte
contemporanea per eventi celebrativi “Il giorno della Memoria” – Comune di Molfetta (BA);
2005 Fotografie di scena per spettacolo teatrale “Una famiglia Particolare” di F. Tammacco (Il Carro de Comici); Servizi
fotografici per campagne pubblicitarie regionali;
2006 Collaborazione alla realizzazione scenografica di “L’appetito vien danzando…” – Saggio di danza classica –moderna
a cura Associazione culturale “Ballet Studio”;
2008 – 2013 Realizzazione del trofeo “MEMORIAL GIOVANNI MAGGI”;
2011 – 2012 Progettazione e realizzazione elementi scenici “ERETICO TOUR – CAPAREZZA”.
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Premi e riconoscimenti
1997 2° classificato, concorso fotografico “Ambiente in Focus” – AIESEC Bari
1999 Menzione concorso di astrofotografia “Le quattro stagioni del sole – luci e ombre” – Osservatore Astronomico
Serafino Zani – Lumezzane Pieve (BS);
2002 1° classificato, 8° concorso fotografico nazionale “Riflessi e Riflessioni – sezione colore” – Associazione culturale
“Domenico Grasso” – Lecce; Segnalazione di merito – 34a edizione de “Il Pendio”, mostra d’arte riservata ai giovani artisti
del Mezzogiorno d’Italia – Pro Loco “Quadratum” di Corato (BA); Menzione concorso di fotografia “L’acqua” – Osservatorio
Astronomico Serafino Zani – Lumezzane Pieve (BS);
2003 Premio speciale “F. Mosca”, 35a edizione de “Il Pendio”, mostra d’arte riservata ai giovani artisti del Mezzogiorno
d’Italia;
2005 Vincitore 1a edizione “Concorso Internazionale sull’Assurdo” – Associazione Mercurdo onlus – Comune di Castelvetro
di Modena – Provincia di Modena;
2006 Selezionato “D.A.B. Design per Artshop e Bookshop”, concorso per la realizzazione di oggetti di design – Ufficio
Giovani d’Arte del Comune di Modena;
Vincitore “MUSAE” – Monferrato Casalese – Edizione 2006 “Museo sperimentale d’Arte Emergente”;
2007 Vincitore “MEMORIART” – I giovani Artisti Italiani per “Il giorno della Memoria”, premio fuori concorso assegnato
dalla Provincia di Potenza;
2008 Vincitore “Premio Giovanni Paolo II” – Alta Adesione del Presidente della Repubblica, Patrocinio della Presidenza del
Consiglio dei Ministri, Senato, Camera dei Deputati, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Delegazione Pontificia per il
Santuario di Pompei, Consolato della Repubblica di Polonia in Napoli.
52
zOOm
MUSE
Nuovo Museo
delle Scienze di Trento
Progetto di Renzo Piano
photo © Foto Alessandro Gadotti. Archivio TrentoFutura
A
perto al pubblico dal 27
luglio, il MUSE, nuovo
Museo delle Scienze
di Trento progettato
dall’Architetto
Renzo Piano secondo criteri di
ecocompatibilità, propone un
innovativo modo di confrontarsi col
pubblico e si candida a diventare
uno dei musei scientifici più
avanguardistici in Europa.
Exhibit multimediali, giochi
interattivi, la sperimentazione in
prima persona e l’intreccio pratico
della cultura col “fare”, sono
gli strumenti di apprendimento
informale con cui la struttura
intende “intervenire” nel dibattito
scientifico sui grandi temi locali
e planetari. Dando corpo a un
luogo aperto, dove la conoscenza
scientifico-tecnologica rappresenta
lo strumento per studiare le relazioni
tra uomo e ambiente e allo stesso
tempo indirizzare le scelte future di
sviluppo sostenibile.
Per la sua particolarissima forma
il MUSE (l’acronimo è ricavato dal
nome “MUseo delle ScienzE” ed
è stato adottato durante i lavori di
elaborazione del Piano culturale
come termine operativo per indicare
in breve la nuova struttura) si può
considerare un’orma di dinosauro,
ovvero il racconto dell’evoluzione,
da dove proviene l’uomo e
come interagisce con l’ambiente
circostante. Ma anche un ghiacciaio
delle Alpi, con il suo habitat
estremo, oppure una serra tropicale,
testimonianza delle diversità,
dell’equilibrio degli ecosistemi e
della necessità di proteggere le
relazioni con la natura, e, ancora,
un bosco interattivo, dove i bambini
si mettono in gioco e vanno alla
scoperta della natura e del mondo.
Evoluzione, ambiente, innovazione,
biodiversità, sperimentazione,
sono gli elementi che tracciano il
percorso del MUSE alla ricerca di
un rapporto in equilibrio tra scienza,
natura e società.
Le origini del MUSE
Realizzato grazie ad un importante
investimento sulla cultura sostenuto
dalla Provincia autonoma di Trento
– come illustra la documentazione
di presentazione – il nuovo Museo
appoggia le sue radici nel Museo
Tridentino di Scienze Naturali
istituito verso la metà del 1800
in forma di museo civico. Lungo
il suo percorso storico il museo
assume una sempre più consistente
connotazione di museo naturalistico
di conservazione.
Un cambiamento consistente
avviene nell’ultimo decennio del
secolo scorso quando il museo,
che già 1964 era divenuto ente
strumentale della Provincia
autonoma di Trento, rafforza il
proprio impegno nella ricerca
scientifica naturalistica diventando
un istituto capace di svolgere
funzioni di supporto informativo per
la progettazione ambientale locale
e sviluppando importanti relazioni
internazionali.
In quegli stessi anni avvia la
sperimentazione di nuovi programmi
per il pubblico adottando nuovi
linguaggi di comunicazione destinati
a tutte le fasce di età e a tutti i
livelli di preparazione del pubblico.
Questa ricerca di un nuovo
ruolo si traduce nell’ideazione e
produzione di numerose mostre
temporanee di successo. Ai temi
naturalistici si affianca una nuova
programmazione che si amplia ai
temi dell’energia e dello sviluppo
sostenibile, ai giochi scientifici
interattivi, all’astronomia e alla
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
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una delle icone più rilevanti di un Trentino caratterizzato da un ampio sistema
culturale costituito da eccellenze quali i grandi musei provinciali, i parchi naturali,
i numerosi festival, l’Università, le fondazioni di ricerca e le diverse espressioni
pubbliche e private dello sviluppo e dell’innovazione.
Le finalità del nuovo museo sono quelle di realizzare un centro di interpretazione
culturale al servizio della società dedicato alla natura e, nella prospettiva della
sostenibilità, alla scienza e all’innovazione. In sintesi, una rappresentazione in
forma di museo di un progetto di sviluppo di un territorio, pensata per ispirare i
propri cittadini e – al contempo – una straordinaria destinazione per il turismo
culturale di livello internazionale.
Il progetto: la “montagna”
di Renzo Piano
La struttura progettata e realizzata dallo studio Renzo Piano Building Workshop
è un fiore all’occhiello dell’architettura italiana. Il suo profilo richiama alle
montagne circostanti, un equilibrio tra vuoti e pieni che aggiunge fascino e
valore a tutto l’apparato espositivo. Così come l’organizzazione su più piani del
percorso di visita è una sorta di metafora dell’ambiente montano.
Il MUSE nasce all’interno di un contesto urbanistico e paesaggistico frutto
di un’unica visione progettuale che ha l’ambizione di qualificarsi come una
rilevante riqualificazione urbana di questa parte della città, verso il suo fiume.
La concezione urbanistica dell’interno intervento si propone infatti di ricreare un
vero e proprio frammento di città, con le sue articolazioni, le sue gerarchie e la
sua complessità funzionale.
Qui troveranno spazio anche funzioni commerciali, residenziali e di terziario,
nonché quelle di interesse pubblico delle quali il MUSE costituisce la maggiore
espressione che, assieme al parco pubblico di 5 ettari, “abbraccia” anche
fisicamente l’intero nuovo quartiere divenendo allo stesso tempo importante
magnete urbano per l’intera città. Questo abbraccio è sottolineato anche
dal tema dell’acqua, che in forma di canale attraversa da sud a nord l’intera
area, per poi duplicare, come riflesse in uno specchio, le forme del museo
che, sorgendo nella parte più a nord dell’area, ha anche il compito di gestire il
rapporto con quella preziosa preesistenza rappresentata dal Palazzo delle Albere
(sede del MART a Trento) e il suo prato, offrendo una proficua e rispettosa
interazione urbanistica.
L’edificio del museo si sviluppa in pianta su una lunghezza massima (Est/Ovest)
di 130 m fuori terra e una larghezza massima (Nord/Sud) di 35 m. L’edificio
sviluppa le sue funzioni in 2 livelli interrati e 5 livelli fuori terra (compreso il
piano terra). Tutti i piani fuori terra, più il -1, accolgono sia funzioni destinate
al pubblico sia attività amministrative di servizio e di ricerca. Il -2 è destinato
I numeri dell’edificio
•
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•
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•
•
Mostre temporanee Mostre permanenti Serra tropicale Area bambini Maxi Ooh! Biblioteca archivio Area accoglienza e bar Aule e laboratori didattici Uffici Laboratori di ricerca Magazzini e collezioni Sala conferenze (100 posti) Spazi di servizio Totale superfici nette 500 mq
3.700 mq
600 mq
200 mq
800 mq
600 mq
500 mq
900 mq
800 mq
1.800 mq
200 mq
2.000 mq
12.600 mq
MUSE_Foto Massimo Zarucco. Archivio ufficio stampa PAT (3), PAT (1)
matematica. Viene messo a punto
un ricchissimo programma di
attività educative che anch’esse
si estendono oltre l’ambito delle
discipline naturalistiche.
All’inizio del decennio ultimo scorso
la Provincia autonoma di Trento
individua nel museo Tridentino
di Scienze Naturali la possibile
istituzione capace di arricchire
culturalmente il progetto di
rigenerazione dell’area industriale
dismessa Michelin, area che era
venuta a trovarsi topograficamente
inserita nel contesto urbano
della città e per la quale in quegli
anni (dal 2001) era in corso
una riflessione sul suo destino
urbanistico.
Per rispondere a questa aspettativa
e su incarico della Provincia
autonoma di Trento, nel 2003
il museo elabora uno Studio di
Fattibilità e procede a ridefinire
la propria missione culturale,
giungendo a scegliere una
prospettiva tutta incentrata sulla
crescita intelligente, sostenibile
e inclusiva. Nel contempo mette
a punto un nuovo programma
culturale, consapevole di poter
essere il portavoce dello spirito
della terra trentina che risponde alla
ricerca di un modello di sviluppo,
per il quale la qualità della vita e
quella dell’ambiente sono obiettivi
primari.
Oltre alla propria dimensione
urbanistica, il museo si inserisce
dunque a pieno titolo nel più
ampio processo di qualificazione
e ripensamento complessivo del
futuro del Trentino, che in quegli
anni andava precisandosi. Il
progetto del nuovo MUSE si trova
così a partecipare allo sviluppo di
un’idea di Trentino “territorio della
conoscenza”, assieme ai grandi
cambiamenti intervenuti con
l’ampliamento dell’Università di
Trento e alla riconfigurazione delle
fondazioni di ricerca.
Anche grazie alla prestigiosissima
dimensione architettonica costituita
dalla firma di Renzo Piano, il
MUSE oggi si candida a divenire
zoom
essenzialmente a parcheggio.
L’idea architettonica – come si
riporta nella descrizione progettuale
– nasce dalla ricerca di una giusta
mediazione tra bisogno di flessibilità
e risposta, precisa e coerente nelle
forme, ai contenuti scientifici del
progetto culturale. Un museo in cui
i grandi temi del percorso espositivo
sono riconoscibili anche nella
forma e nei volumi, mantenendo al
tempo stesso un’ampia flessibilità
di allestimento degli spazi, tipica di
un museo di nuova generazione.
L’edificio è costituito da una
successione di spazi e di volumi,
di pieni e di vuoti, adagiati su un
grande specchio d’acqua sul quale
sembrano galleggiare, moltiplicando
gli effetti e le vibrazioni della luce
e delle ombre. Il tutto è tenuto
insieme, in alto, dalle grandi falde
della copertura che ne assecondano
le forme, diventando elemento di
forte riconoscibilità.
Le tecniche costruttive perseguono
la sostenibilità ambientale e il
risparmio energetico con un ampio
e diversificato ricorso alle fonti
rinnovabili ed a sistemi ad alta
efficienza. Sono presenti pannelli
fotovoltaici e sonde geotermiche che
lavorano a supporto di un sistema
di teleriscaldamento centralizzato
per tutto il quartiere.
Il sistema degli impianti per il
funzionamento dell’edificio è
centralizzato, meccanizzato e sfrutta
diverse fonti di energia rinnovabili (in
particolare quella solare, con l’uso di
celle fotovoltaiche e pannelli solari, e
la geotermica, con lo sfruttamento
di sonde a scambio termico). Il
sistema energetico è accompagnato
da un’attenta ricerca progettuale
sulle stratigrafie, sullo spessore e la
tipologia dei coibenti, sui serramenti
e i sistemi di ombreggiatura, al
fine di innalzare il più possibile le
prestazioni energetiche dell’edificio.
Un sofisticato sistema di brise soleil
e di tende comandate da sensori
di temperatura e di irraggiamento
solare viene gestito in automatico
per ridurre l’irraggiamento nelle
ore estive e facilitarlo durante le
giornate invernali.
L’illuminazione e la ventilazione
naturale, in alcuni spazi, permettono
la riduzione dei consumi e la
realizzazione di ambienti più
confortevoli. Il sistema impiantistico
fa inoltre uso di accorgimenti
che aumentano le forme di
risparmio energetico: ad esempio
la cisterna per il recupero delle
acque meteoriche che vengono
utilizzate per i servizi igienici,
per l’irrigazione della serra, per
alimentare gli acquari e lo specchio
d’acqua che circonda l’edificio.
Complessivamente il risparmio di
acqua d’acquedotto è di circa il
50%.
Nella costruzione sono stati
privilegiati materiali di provenienza
locale per limitare l’inquinamento
dovuto al trasporto. Il criterio della
sostenibilità e del minor impatto
trova un’applicazione particolare
e per certi versi curiosa nella
scelta di utilizzare il bambù (di
produzione italiana) come legno
per la pavimentazione delle zone
espositive.
Il legno è un materiale costituito
essenzialmente dalla CO2
sequestrata dall’atmosfera nel corso
della vita della pianta. In termini di
lotta al cambio climatico, l’azione
delle piante è antagonista alla
crescita della CO2 in atmosfera e
quindi è antagonista alla crescita
dei cosiddetti “gas serra”. A pari
volumi di legno uscito da ciclo vitale
corrisponde grossomodo, una pari
quantità di CO2 sequestrata.
Tornando ai legni da costruzione o
pavimentazione il tempo necessario
al bambù per raggiungere le
dimensioni adatte per essere
sezionato in listelli in forma di
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
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le biciclette, con spogliatoi e docce,
e un numero limitato di posti auto
per incentivare l’utilizzo di trasporto
pubblico da parte dei visitatori.
Il museo, infatti, collocato nei
pressi della ciclabile, potrà essere
raggiunto agevolmente servendosi
delle due ruote.
Un moderno Science center
Il nuovo museo coniuga i contenuti
e il tradizionale approccio dei musei
di storia naturale con i nuovi temi
e le modalità di interazione con il
visitatore dei più moderni Science
centre, dove si offre un innovativo
modo di confrontarsi col pubblico.
Al MUSE il visitatore è stimolato a
ritornare, per entrare in contatto
con esposizioni e informazioni
sempre nuove. È il teatro dello
scambio culturale e un centro
dove l’agire vale quanto studiare.
Per gli scienziati è un’occasione
di confronto, per un genitore un
investimento da fare per i propri
figli. Ogni spazio è finalizzato a
stimolare l’apprendimento ma ha
anche momenti di relax, di gioco,
di comunicazione e apprendimento
informale.
Il percorso espositivo è un grande
e personale esperimento di
appropriazione di conoscenza
da ottenere mettendosi in gioco
in prima persona nel rapporto e
nell’interazione con le accattivanti
installazioni interattive. Un percorso
che stimola la curiosità, il dialogo tra
i visitatori, la messa in discussione
del senso comune. Un percorso che
invita il visitatore a discutere i propri
convincimenti in tema di natura,
scienza e innovazione.
La struttura stessa dell’edificio
è stata progettata per riflettere
l’esperienza di visita. La forma
rilevata dell’edificio, con le falde che
rimandano alle acclività dei versanti
alpini, è una vera e propria metafora
della montagna, che ordina la
scansione del percorso espositivo
dall’alto verso il basso.
Anche l’arredo museografico
degli interni si presenta di
particolare raffinatezza, con un
originalissimo equilibrio tra gli
spazi che si compongono attorno
photo © Renzo Piano Building Workshop
parquet è di circa 4 anni. Per un
legno arboreo tradizionale di pari
qualità di durezza, ad esempio il
larice, ce ne vogliono almeno 40.
Questo vuole dire che il bambù è
un sequestratore super efficiente e
il suo uso in edilizia o negli arredi di
interni è vantaggioso in termini di
capacità di contribuire a limitare il
cambiamento climatico globale.
Grazie alla collaborazione con il
Distretto Tecnologico Trentino,
il progetto dell’edificio è stato
sottoposto alle procedure per il
raggiungimento della certificazione
LEED. Il livello di certificazione
LEED ottenuto dal Museo è il
GOLD. Il sistema LEED (Leadership
in Energy and Environmental
Design), sviluppato negli Stati Uniti
nel 1998, raccoglie le linee guida
per progettare e costruire in modo
sostenibile, riducendo il consumo
energetico e di conseguenza i costi
di gestione e di mantenimento degli
edifici, nonché le emissioni nocive
all’uomo e all’ambiente.
Il progetto prevede infine la
realizzazione di un parcheggio per
zoom
ad un affascinante unico grande
spazio aperto “big void”, al centro
dell’edificio, verso il quale si
affacciano e distribuiscono i 6 piani
dell’esposizione permanente.
Un ulteriore fondamentale aspetto
dell’unicità del progetto espositivo
è di aver applicato il concetto di
“zero gravity” coniato dallo studio
Renzo Piano Building Workshop.
Con questo termine gli architetti
intendono un modo integrato di
realizzare gli apparati espositivi,
caratterizzati da un effetto di
trasparenza e immaterialità, attorno
al quale ruotano gli allestimenti,
che prevedono oggetti sospesi
che sembrano fluttuare all’interno
del MUSE, agganciati tramite
cavi sottili; tavoli, ripiani, pannelli,
monitor e foto agganciati al
soffitto o al pavimento con tiranti
d’acciaio. Tra le cifre stilistiche
dell’allestimento museale si ricorda
una “grammatica” basata su piani
orizzontali dello stesso bambù della
pavimentazione, con piani verticali
trasparenti od opacizzati tutti in
vetro.
La visita è un’esplorazione
Una volta oltrepassato l’ingresso,
il visitatore è protagonista di un
viaggio sensoriale a 360 gradi:
può sentire l’aria fredda, toccare il
ghiaccio, passeggiare in un bosco,
osservare uno strano insetto
oppure fissare negli occhi l’uomo di
Neanderthal. E ancora, può estrarre
e mappare il DNA, intervistare un
ricercatore all’opera nei laboratori
aperti al pubblico, trovare le risposte
alle sue domande toccando uno
schermo, ascoltare i rumori della
montagna, osservare un’orma di
dinosauro, sentire il profumo degli
alberi, guardare dall’altra parte del
mondo, giocare con un peluche,
capire l’effetto serra, costruire
oggetti, stampare un progetto in
3D, osservare il passaggio dei raggi
cosmici.
Dal quarto piano, scendendo
gradualmente, i visitatori passano
dalle ambientazioni delle vette
occupate dai ghiacci perenni e
dalle vertigini da provare lungo
il passaggio attrezzato, allo
smarrimento di perdersi in un
“labirinto di biodiversità alpina”
ed osservare quanto conti il forte
contrasto tra le stagioni.
Diventano così piacevoli e facili
da comprendere le tappe della
formazione delle Dolomiti, la
nascita delle Alpi e, con le età
glaciali, l’ingresso delle prime
comunità di cacciatori-raccoglitori
e la progressiva formazione dei
paesaggi, anche a seguito della
plurimillenaria azione umana. Il
percorso naturalistico si conclude al
piano interrato con un racconto che
ci conduce alla scoperta dell’origine
della vita, per giungere alla più
grande mostra di dinosauri dell’arco
alpino.
A questo racconto, che mette in
luce la dimensione naturale del
territorio alpino e che si dipana
dall’alto al basso, si giustappone
un percorso in orizzontale, che
produce una sorta di dialogo tra
mondo alpino e il resto del mondo,
tra sensibilità locali e impegno
globale, tra conservazione della
natura e scienza e tecnologia per
uno sviluppo sostenibile. I visitatori
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
57
troveranno quindi uno spazio per
la protezione civile, da intendersi
come capacità di intervenire e
prevenire il rischio ambientale.
Scopriranno un percorso unitario
di tecniche e trasformazioni del
territorio che porterà dalla preistoria
alpina ai limiti della sostenibilità
planetaria, costituito da crescita
demografica, perdita di biodiversità,
cambio climatico… E che il nostro
futuro dipende da come sapremo
interagire con la conoscenza
scientifica e con le tecnologie per
una crescita intelligente, sostenibile
e inclusiva.
Gli spazi “speciali” del museo
Immersivi
Dal punto di vista dell’esperienza di
visita il MUSE offre una molteplicità
di stimoli. A partire dagli ambienti
che si possono definire “immersivi”.
Vale a dire degli spazi all’interno dei
quali il visitatore perde il rapporto
con lo spazio museale esterno
per essere totalmente inserito in
un mondo virtuale, costituito da
proiezioni a 360°, arricchito da
effetti di dolby surround.
Il primo di questi spazi è il grande
tunnel “Esperienza glaciale”, il primo
contatto del percorso di visita che
inizia dal quarto piano, uno spazio
di multi visione lungo 10 metri
all’interno del quale il visitatore si
troverà a vivere l’esperienza del
volo sopra le Alpi come sulle ali
di un’aquila, vivrà l’esperienza delle discese mozzafiato lungo pareti estreme,
vivrà da vicino l’imponente e terribile esperienza delle valanghe. Ma potrà anche
percepire il senso del “sublime” di una notte stellata sulle Dolomiti.
Anche il “Labirinto della biodiversità”, proseguendo al piano terzo, è uno spazio
all’interno del quale il visitatore si perde nel percorrere i diversi piani altitudinali,
dalle praterie alpine ai più bassi boschi e faggete. Qui il rincorrersi di affacci sui
diversi panorami alpini permette di cogliere la diversità dei sistemi viventi così
come si dispongono secondo i gradienti dalle vette ai fondovalle.
La “Time machine”, al primo piano, è una vera e propria grotta multimediale
(cave). All’interno di uno spazio immersivo le scene di vita preistorica saranno
rappresentate sia sulle pareti che sugli schermi posti al centro. Si tratta di uno
spazio tecnologico di assoluta novità che, dal punto di vista tecnologico, è uno
degli elementi più innovativi di tutta l’esperienza di visita.
Il baluginio del focolare riflesso sulle pareti di una grotta crea lo sfondo di un rito
sciamanico ambientato nel sito preistorico di Riparo Dalmeri, indagato per circa
20 anni dal museo e che costituisce – con le sue pietre dipinte – il più antico
e ricco “santuario” della preistoria alpina (risalente a circa 13 mila anni fa). La
scena di un Neanderthal, che utilizzando un coltello in selce macella la sua
preda di caccia, richiama i momenti di vita quotidiana legati alla sopravvivenza.
Infine, conclusione del percorso dell’evoluzione al piano -1 è un viaggio alla
scoperta dell’unità della vita, della straordinaria scoperta di Darwin e delle radici
della natura umana attraverso le ricerche sul DNA, la molecola depositaria
dell’eredità genetica. Un progetto coprodotto assieme a Giovanni Carrada, autore
di Super Quark, per lasciare nel visitatore la consapevolezza che il DNA è un
archivio unico della biodiversità passata e presente, ma anche fonte delle sue
possibilità future, oggi come mai prima affidate anche alla nostra responsabilità.
Da scoprire con i sensi
Chi può affermare che la conoscenza procede solo attraverso l’osservazione e il
ragionamento? Il MUSE offre una serie di esperienze da “toccare con mano” e,
appunto, da vivere con tutti i sensi.
Al quarto piano, in parallelo al tunnel immersivo, si incontra un passaggio
attrezzato, che è una sorta di cengia di un sentiero di alta montagna con roccia
e ghiaccio vero da toccare e a valle… la prospettiva libera sui 5 piani sottostanti,
giù fino al piano interrato.
Il terzo piano, quello dedicato alla biodiversità, presenta la “Discovery room”,
uno spazio appositamente progettato per i piccoli visitatori (4-8 anni), da fruire
da soli, con i genitori o con la presenza di un facilitatore. Lo spazio e gli oggetti
Le Gallerie espositive
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58
Piano+5
Piano +4
Piano +3
Piano +2
Piano +1
Piano 0
Piano - 1
Terrazza
Alta quota, esplorazione
Natura alpina
Geologia delle Dolomiti, Protezione civile, Mostre temporanee
Preistoria alpina e sostenibilità, Planetario, FabLab, Biolab, Meeting room
Ingresso, Area bambini Maxi-Ooh! Museo interattivo
Evoluzione, Biologia, Mostre temporanee, Serra tropicale
zoom
a disposizione intendono offrire ai
bambini la possibilità di esplorare
il mondo naturale che li circonda
mediante l’uso dei sensi.
Tra le attrazioni architettoniche
ed espositive del MUSE spicca il
“Grande vuoto”: uno spazio ampio
che unisce i sei piani, connettendo il
lucernario al piano interrato, dove si
trovano i dinosauri. Al suo interno, di
grande impatto visivo, è la presenza
di animali tassidermizzati che
fluttuano su pedane sospese. Lo
spazio centrale del vuoto è popolato
da una spirale ascendente di esseri
alati, dai rettili volanti fino agli uccelli
delle alte quote. La collocazione
delle diverse specie, mostrate
in atteggiamenti propri della
quotidianità in natura, esemplifica
la loro distribuzione altitudinale
sulle Alpi e termina con le specie
legate all’uomo da processi di
domesticazione. A rendere unico
l’impatto visivo e scenografico, una
serie di schermi verticali creano una
narrazione dinamica e mutevole
di storie legate alla montagna,
arricchita da suggestioni sonore.
Unici e esclusivi
“Maxi Ooh!” è una zona esclusiva
in cui i piccolissimi (0 – 5 anni)
insieme ai genitori possono toccare,
vedere, sentire attraverso stimoli
sensoriali reali e virtuali: un’area
dove il fascino della scoperta inizia
dai sensi.
Gli elementi architettonici che
caratterizzano “Maxi Ooh!” sono tre
grandi bolle colorate che sembrano
fluttuare all’interno dell’ambiente
vetrato. Un luogo dove bambini
e adulti possono immergersi nei
suoni, colorare gli spazi con la loro
presenza per scoprire, incuriosirsi,
sentire con le orecchie ma anche
con il corpo, disegnare con la
voce oltre che con le mani: un’oasi
dove rilassarsi e sperimentare un
nuovo modo di stare al museo.
Uno spazio che mette al centro
la creatività e la relazione adulto/
bambino alla ricerca di una forma
libera e soggettiva dell’esplorazione
del mondo e della costruzione della
conoscenza.
Nello spazio degli “Hands-on”
dedicato all’interazione tra
il visitatore e apparecchi ed
esperimenti scientifici si trovano una
serie di oggetti sospesi e macchine
che riproducono realmente
fenomeni fisici.
“Science on a sphere”: primo
esempio di questo genere di
installazione in Italia, la sfera
rappresenta il cuore pulsante della
zona dedicata alla sostenibilità.
Il grande globo sospeso mostra i
complessi processi ambientali in
modo intuitivo ed accattivante. Le
video proiezioni sulle dinamiche
atmosferiche ed oceaniche in tempo
reale conducono il visitatore in un
viaggio nelle scienze ambientali sino
ad arrivare alle previsioni climatiche
future.
A fianco della galleria della
sostenibilità, si trova, poi, “Secondo
me”, un ambiente per il confronto
e la discussione, per presentazioni
informali e dibattiti. Programmi
regolari si alternano a mostre
estemporanee. Due tavoli interattivi
favoriscono lo scambio di idee
tra i visitatori per incentivare e
incoraggiare la partecipazione alle
scelte politiche su questioni di
carattere scientifico.
FabLab. Toccare con mano
la scienza
Il “FabLab (Fabrication Laboratory)”
è una piccola officina aperta al
pubblico che offre strumenti per la
“personal digital fabrication” quali
stampanti 3D, laser cutter, plotter
vinilici, una batteria di processori
Arduino.
Il concetto di FabLab è nato al MIT
di Boston una decina di anni fa con
un corso chiamato “How To Make
(Almost) Anything”. L’idea ha subito
avuto successo e progressivamente
è uscita dal mondo delle università
e si è diffusa in tutto il pianeta. Oggi
sono attivi più di 60 FabLab in tutto
il mondo. Quello del MUSE sarà in
rapporto diretto con alcuni FabLab
operanti presso degli incubatori
di impresa italiani, ma opererà
nell’ambito della rete mondiale,
scambiando proposte e progetti.
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
59
Il FabLab è un luogo per scambiare idee e in cui tutti possono progettare e
realizzare i loro oggetti. Non solo piccoli modelli o giocattoli, ma bensì prodotti
alimentari, design, mobili, strumenti musicali, ricerca, tecnologia, e persino
“stampare” una casa.
Oltre a luogo di creatività, un FabLab è anche uno spazio di apprendimento e
formazione, un laboratorio per risolvere i problemi locali, una comunità di risorse
e competenze, una piattaforma d’innovazione sociale ed economica.
Accanto al FabLab è presente la “Show room sull’innovazione”. Uno spazio
dedicato alle start up o alle aziende innovative che sono invitate a presentare
il loro prodotti non per la vendita ma per comprendere come l’innovazione nel
senso della sostenibilità faccia parte dei processi di sviluppo e crescita della
capacità di un territorio di inventarsi il proprio futuro e di creare opportunità di
lavoro creativo e di qualità.
Eastern Arc: la serra tropicale montana
L’allestimento darà spazio alle specie endemiche uniche ed esclusive
dell’Eastern Arc, una delle più importanti catene montuose dell’Africa Tropicale
Orientale, consentendo di toccare con mano la grande diversità di forme
e di colori di uno dei principali hotspot di biodiversità del nostro pianeta,
segnalando puntualmente gli usi tradizionali e il valore medicinale delle specie
più significative.
Il visitatore potrà ammirare i fiori profumati della Tabernaemontana, così simili al
gelsomino, toccare i fusti rigonfi d’acqua del banano selvatico, passeggiare tra
le affascinanti fronde delle felci arboree e scoprire l’habitat naturale delle violette
africane.
Non mancheranno le specie di interesse alimentare, scelte accuratamente per
mettere in luce la biodiversità agraria con particolare attenzione alle varietà
locali e alle specie commestibili meno note e più tipiche dell’Africa quali il
queme, il taro, il caiano, la bambara, il fonio, il sorgo, i fagioli africani, le patate
dolci, ecc.
Tutto questo in oltre 600 metri quadri di foresta (che ospita anche piccoli
animali: uccelli, rettili, anfibi ed invertebrati assieme a molte rane e farfalle
tropicali) ravvivata da una grande e fragorosa cascata e caratterizzata dalla
verticalità dei dirupi scoscesi e dalla forte pendenza che caratterizza queste
montagne.
Grande attenzione è stata posta alla funzionalità e sostenibilità della serra
adottando le migliori tecnologie per minimizzare i consumi energetici e favorire
il risparmio di acqua ed elettricità: tra le altre la volta vetrata con alta luminosità
ma ottimo isolamento, il recupero adiabatico di calore e acqua durante i cicli
di ventilazione, il preriscaldamento e il preraffrescamento dell’aria tramite
un condotto sotterraneo, l’utilizzo di prodotti a basso impatto ambientale,
provenienti da fonti effettivamente rinnovabili, la lotta integrata contro i patogeni
più diffusi.
Un centro di ricerca internazionale
Il Museo delle Scienze conduce attività di ricerca multidisciplinare, di base
e applicata, nel settore delle scienze naturali, con lo scopo di indagare,
interpretare, educare, dialogare e ispirare sui temi della natura, della scienza,
dell’innovazione e del futuro sostenibile.
La ricerca al MUSE è svolta da sette unità (denominate sezioni scientifiche)
a cui afferiscono complessivamente oltre 40 ricercatori: Botanica, Limnologia
e Algologia, Zoologia degli Invertebrati e Idrobiologia, Zoologia dei Vertebrati,
Biodiversità tropicale, Geologia, Preistoria.
Le loro attività sono riconducibili a due macroaree tematiche: biodiversità ed
ecologia; scienze dell’ambiente, paleoambiente e paesaggio antropico. A queste
si è aggiunta recentemente la sezione Scienza e società, che studia le relazioni
60
tra natura, scienza e società. I
ricercatori sono affiancati dalla
squadra dei mediatori culturali,
impegnati nella divulgazione
degli outreach della ricerca svolta
all’interno dell’ente, nonché nella
progettazione e nelle elaborazioni
legate alle restituzioni connesse
all’alta formazione e alla mediazione
culturale.
La ricerca del MUSE ha un forte
impatto sul territorio a livello
locale, in quanto è in grado di
fornire indicazioni utili alla gestione
ambientale anche in termini di
destinazione turistica.
Allo stesso tempo ha rilevanza
nazionale e internazionale come
dimostrato dalla partecipazione
a congressi e convegni, dalle
pubblicazioni scientifiche e
divulgative (in media 60 all’anno)
e dall’inserimento in progetti e
network europei.
Infine, come da tradizione
museologica, i risultati delle ricerche
del MUSE sono anche in rapporto
con l’incremento delle collezioni,
testimoni della diversità naturale e
umana nel tempo e nello spazio,
importanti strumenti di ricerca
a disposizione della comunità
scientifica. Ad oggi il MUSE
conserva circa 300 collezioni e oltre
4,5 milioni di reperti riferiti ad un
arco temporale di oltre due secoli.
idee
Ziggurath o Tarugghitz?
Il Cantiere come cantiere
linguistico
“
di Ruggero Pierantoni
Figura 1 - Da: Jean Pierre Adams: “L’arte
di costruire presso i Romani. Materiali
e tecniche”. Biblioteca di Archeologia,
Longanesi, 1988, Milano. Copyright 1984 by
Editions A et J.Picard fig, n.139.
L’immagine mostra la “formatura” di mattoni
nell’area in cui si essiccheranno. Regione di
Kairouan. Poche immagini possono essere più
sintetiche ed evocative del “momento” in cui
la massa “amorfa” dell’argilla lascia il posto
all’ordine, la misurabilità, il “numero”
Le Grand Gris final”: il Caos
conclusivo, è inevitabile.
Persino Lord Kelvin, ci
assicura che: “il calore
non può trasformarsi
completamente in lavoro”
e che, quando la fine giungerà, tutte
le trasformazioni, tutte le Metamorfosi,
cesseranno per sempre.
Eppure lungo il cammino, avvengono
strane cose. Per esempio, si saranno
“create e distrutte” delle isole di “ordine”.
Esse saranno fulminee e microscopiche o
dureranno millenni e saranno grandi come
continenti, ma, durante la loro “vita”, gli
ordini, le complessità, gli infiniti livelli di
coscienza umana e, forse, animale, salirono
vertiginosamente. E, “Le Grand Gris final”
dovrà pazientare ancora un poco. In questo
testo sarà proprio una di queste stazioni
dell’Ordine il soggetto: il Cantiere.
“La construction romaine, Materiaux et techniques” di Jean-Pierre Adam (1984,
Editions A et J. Picard) è un bellissimo libro e non mostra assolutamente i suoi
trent’anni, inoltre, i suoi disegni sono parte assolutamente integrante del testo
e una delle immagine la prendo come “leitmotif”: l’illustrazione 139 dove viene
raffigurato un uomo che mette a seccare al sole dei mattoni ritagliati da un
omogeneo blocco di argilla nella regione del Kairouan. (Figura 1)
Difficile immaginare una icona così elementare e diretta della transizione
immediata dall’informe dell’argilla all’ordine del numero e della misura: “Allora il
Signore Dio plasmò l’uomo con la polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un
alito di vita”.
Ma i mattoni vanno messi assieme e, se sono circa tredici milioni, per esempio,
come nello ziggurath di Ur, allora, la transizione ordine-disordine richiede un certo
tempo e, nel frattempo, si può e si deve, parlare. E ascoltare.
Della lingua, delle lingue, che venivano parlate in quel cantiere sappiamo
qualcosa. Magari un po’ troppo, diciamolo pure. Ma di quella che,
inevitabilmente, si dovette parlare sui cantieri di Stonehenge sappiamo
immensamente di meno, anche se le due costruzioni sono praticamente coeve:
Ur, dal 2111 a.C. al 2095 a.C. e Stonehenge dal 2200 al 1500 a.C.
Ma, la sofisticazione progettuale ed esecutiva di Ur è immensamente inferiore
a quella del circolo di pietre. La complessità geometrica, i problemi di calcolo e
messa in opera, il trasporto dei materiali, l’erezione fisica dei triliti, i problemi di
orientazione astronomica si accompagnano ad un profondo silenzio sulla lingua
stessa che accomunò coloro che vollero, progettarono, costruirono e utilizzarono
il cerchio di pietre.
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
61
2a
2b
3
Figura 2a - Pianta topografica di Atkinson.
Da: Patrick Arthur Hill: “The Sarsens
of Stonehenge: The Problem of Their
Transportation”: The Geographical Journal,
Vol. 127, No. 4 (Dec., 1961), pp. 488-492.
L’immagine mostra la regione lungo la quale
il trasporto dei “Sarsens” può aver avuto
luogo. Le curve di livello mostrano in dettaglio
le variazioni di quota e suggeriscono i tragitti
seguiti dai trasportatori delle grandi pietre
Figura 2b - Pianta topografica di Atkinson,
stessa origine. La zona messa in evidenza
mostra le possibili diverse strategie di
trasporto: terreno ghiacciato, fondo erboso,
dislivello naturale sino a vero e proprio
“galleggiamento”
Figura 3 - Il territorio attorno a Stonehenge.
È evidente che il territorio attorno al
monumento è stato più che intensamente
vissuto e marcato da “Avenues”, circhi,
dighe, terrapieni, passaggi etc. Stonehenge
non sorge in un deserto ma in una fittissima
“grammatica ambientale”
62
Qui di seguito cercherò di ordinare
pochi dati che ci possano
permettere di comprendere la
forma di comunicazione che
permise di “dare forma” a ciò che
adesso possiamo vedere. E quindi
di opporsi per un certo tempo,
eroicamente, al destino fatale
del Caos conclusivo. Alle Torri di
Babele torneremo, naturalmente,
per il momento la bussola è verso il
Nord ed è il momento di inchinarsi
proprio nell’arte del Misurare la
Terra.
Un documento che propongo
è l’accuratissima mappa della
regione direttamente a Nord del
sito di Stonehenge (Figure 2a, 2b,
3), la pianta deve essere stata
redatta prima del 1961, anno
di pubblicazione del lavoro sul
trasporto di alcuni tra i monoliti
e la sua qualità ricorda le nostre
mappe del servizio cartografico
dell’Esercito. Comunque sia,
il significato della mappa è la
proposta del percorso di una parte
del materiale da costruzione del
complesso di Stonehenge e, più
esattamente, delle pietre dei triliti
esterni e di alcuni di quelli interni:
le cosiddette “Sarsen Stones” che
la nostra bibliografia sull’argomento
traduce in “arenarie”. Le linee così
onnipresenti sono, in realtà un
messaggio al lettore odierno cui si
intende far comprendere la natura
difficoltosa del terreno lungo il quale
ed attraverso cui i monoliti vennero
trasportati.
Due dati, giusto per avere un’idea
delle dimensioni, e quindi dello
sforzo. L’anello esterno di trenta
monoliti verticali e tra loro connessi
con altrettante pietre orizzontali, cui
si devono aggiungere i cinque triliti si
valuta essere di circa 150 tonnellate,
a questo si devono aggiungere
anche il grande monolito caduto e
infranto e il suo gemello alti circa
sette metri che aggiungono altre 90
tonnellate.
Numerose ipotesi vedono gli
uomini impegnati nel far coricare i
monoliti su slitte lignee, oppure su
piattaforme di tavole intrecciate, da
far scorrere sul manto di erbe, o
scivolare su terreni ghiacciati sino
ad ipotizzare vere e proprie tratte
fluviali con galleggiamento, sino
alla costruzione di un vero e proprio
“set” dove ognuno possa, anche
se solo per un breve momento,
“sentirsi più grande e colmo
IdEE
dell’orgoglio di appartenere”, come
scrive Spiro Kostoff. Non sarà quindi
senza ragione che il vero e proprio
“capo-mastro” non sia stato lo
stesso Mago Merlino.
La sua potente magia viene
richiesta da Ambrosius King of
Britons sia per onorare la memoria
di 460 cavalieri che per trasportare
le pietre ed erigerle, e già nel 1173
l’evento magico-tecnico viene
adeguatamente commentato, il
trasporto delle pietre sarà osteggiato
dal Demonio, ecc., ma, queste,
sono cose che succedono. Quello
che ci interessa è proprio il Mago al
lavoro come capo-mastro.
Ma, se finora tutto sembra
essersi svolto in un breve teatro di
operazioni, una seconda tipologia
di materiale da costruzione,
le cosiddette “blue-stones” ci
impongono un viaggio di almeno
300 km verso Nord e qui non
possiamo non considerare una
diversa area linguistica.
I rapporti tra il Nord-Est e la zona
specifica di Stonehenge sono
complessi e si svolgono attorno
alla dinamica delle interazioni tra
“Irlanda” e il Sud-Ovest.
Ma, molto prima che queste
mescolanze linguistiche avessero
preso piede era avvenuta una
transizione tecnologica immensa.
Non esiste alcun dubbio che la
struttura primitiva fosse composta
di tronchi e che la pietra vi fosse
praticamente assente. Alcuni
dettagli costruttivi indicano senza
ombra di dubbio una
origine di
carpenteria lignea: i cosiddetti
“tenoni”. Le pietre erette, i
“sarsens”, mostrano sulla loro faccia
superiore due eminenze emisferiche
o meglio ovoidi, mentre le pietre
orizzontali, gli architravi, mostrano,
in precisa corrispondenza, delle
cavità ellittiche molto accuratamente
levigate. Alcune fotografie eseguite
in occasione degli inizi formali delle
indagini “scientifiche”, attorno al
gennaio 1900, rivelano l’elegante
e perfetta soluzione di questo
problema. (Figura 4).
Il magnifico dettaglio permette di
citare le frasi molto ispirate di Spiro
Kostoff: “I dettagli di Stonehenge
appartengono inseparabilmente alla
struttura. Qui abbiamo uno scheletro
strutturale simile ad una danza
della pietra. La cura del dettaglio è
importante, non tanto per se stessa,
quanto per la grazia convincente del
costruito”.
In una celebre miniatura conservata
al British Museum (Egerton, MS
3028 folio 30), davanti a due
stupefatti, e “piccoli”, assistenti,
Merlino sta posizionando una pietra
orizzontale con molta delicatezza.
Sembra davvero che l’intervento
magico appartenga al mondo della
“presa di precisione” piuttosto
che a quello della “presa di forza”.
All’immagine seducente del mago
benevolo si accompagnano
moltissimi testi in cui si insiste sulla
numerosità delle pietre. Esse sono
“numerosiores” avrebbero scritto
i “Romani” , dove all’aggettivo
nudamente quantitativo si associa
la non contabilità, ossia
l’impossibilità di misurare, di
“contare”.
Ogni ricostruzione storica
insiste su di una generica
“origine irlandese” del
monumento e, di
conseguenza, l’ambito linguistico e
forse anche fonetico di esso è da
ricercarsi nella storia della lingua
irlandese. Questo ci permette di
risalire a delle radici ben più remote.
Modesto scopo del viaggio verso
Nord-est sarà quello di rendersi
conto, dei limiti ma anche della
delicata potenza delle “lingue” che
erano parlate allora. Una stazione
intermedia verso le coste norvegesi
e, nell’opposta direzione, verso
quelle islandesi è senz’altro la
“Orkneiyinga Saga”, la storia dei
“Conti delle Isole Orcadi”, scritta
dopo il 1192 e il cui testo fisico, “in
vellum” risale al 1390, circa quindi
1100 anni dopo la fase 3 IV di
Stonehenge.
Le probabilità che i costruttori
parlassero tra di loro con le stesse
parole e, soprattutto, lo stesso ritmo
del testo che abbiamo, non sono
alte ma la conoscenza anche molto
superficiale dei testi ci permette di
individuare una “lingua” dotata di
una duttilità, velocità, precisione e
“fattibilità” che possono, appunto,
aiutare a comprendere l’eventuale
“lingua del Cantiere”.
Pochissimi esempi: per il “solo
suono” “Her waeron reôn forebecna
cumene ofer Norôanhymbra land,
and Faefolc carmlic bregdon …” per
il testo: “ma, sono d’accordo con
te, più presto te ne vai e più tardi tu
ritorni, meglio è”, oppure, ancora:
“Quando Hakon ritornò, l’indovino
si strofinò la fronte, sospirò
profondamente e disse che molto
gli costava rivelare ad Hakon quale
fosse il suo destino …”.
Certo questa non deve essere
più la lingua del cantiere di
circa mille anni prima, ma le
azioni che vennero eseguite,
probabilmente, avevano, tutte,
il loro corrispondente linguistico
Figura 4 - Dettaglio di Architrave. Il
“magnifico dettaglio” citato nel testo, appare
con estrema evidenza in questa immagine di
un architrave coricato a terra durante i lavori
di restauro della pietra ( bluestone) n. 36 nel
1954. Si considerino le cavità ellissoidiche
che servivano di connessione con i “tenoni”
e la loro meravigliosa levigatezza
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
63
secondo una tradizione europea
vecchia di almeno 500.000 anni:
“Scheggiare, appiattire, trapanare,
triturare, levigare, scaldare, ecc.”. E
molte altre “parole” o “azioni” che
appartenevano tutte ad un lessico
operativo tutto legato alla famigliarità
con la natura delle pietre.
Quando Jorge Luis Borges, con
la sua grazia allarmante, evoca
il mondo linguistico popolato di
metafore degli antichi Sassoni
non si dimentica di rammentarci
che il mare è “la strada della
balena”, oppure “la strada delle
vele” e la nave, “il cervo del mare”
o “cinghiale delle onde”. Nelle
menti, forse più che nelle mani
dei costruttori dovette dominare
la sensazione di stare veramente
“costruendo una metafora”.
Dopo aver malamente risposto
ad alcune inquietudini che ancora
possiamo avere sulla comunicazione
acustica ci resta muoversi verso
il vero episodio cui siamo diretti, il
mito di Babele.
È più che ovvio che tanto
Stonehenge che i vari Ziggurath
siano stati completati e costruiti
sino ad essere efficienti e funzionali.
In molti casi con l’erezione delle
strutture terminali dove doveva aver
luogo la ierogamia che concludeva
definitivamente la costruzione e,
presumibilmente, lo scioglimento del
cantiere.
Il caso della Torre di Babele e dei
riti associati si possono riassumere
nella cosiddetta “Tradizione
Yahvista” risalente ai secoli IX
e VIII a.C. Secondo questa che
ha prodotto il testo noto come
Genesis 11, 1-9 e che inizia con le
parole: “Ed ecco che tutta la terra
parlava lo stesso linguaggio e tutti si
servivano delle stesse parole. Partiti
dall’Oriente gli uomini trovarono una
pianura nel Paese di Shinear e lì si
installarono … andiamo e facciamo
dei mattoni e cuociamoli al fuoco
… e i mattoni servirono loro come
pietre e il bitume fu la loro calce …”.
Costoro hanno lo scopo “di darsi
uno nome” e “costruire un torre
sotto cui riunirsi e non essere
64
dispersi su tutta la terra”. Ma Yahvè
non ci sta. Se costoro si mettono
d’accordo così facilmente e tirano
su una torre e “si fanno un nome”
non sai cosa possono combinare e
“confuse il loro linguaggio sino a che
essi cessarono di costruire la Torre
e la Città”.
Questa tradizione filtra persino in
ambiente cattolico, prendete la
“Histoire Sainte de Fatien”, 1945:
“Mais, le Seigneur condamne ce
project inspirè par l’orgeuil et punti
les insolents … l’un demande une
brique, son voisin lui passe un
seaus d’eau, un autre réclame une
pioche, on lui apporte la brique dont
le premier avait besoin. Impossibile
de continuer ainsi …”.
Della tradizione rabbinica non
faremo cenno e piuttosto
è opportuno risalire ai testi
mesopotamici come La Tablette
de l’Esargil (Figura 5) perché la
prossimità non solo cronologica ma
anche geografica ci permette di
individuare dei parametri costruttivi
e tecnologici cui le tradizioni
progressivamente sempre più
politico-religiose prestano sempre
minore attenzione.
Certo quel “facciamo dei mattoni e
cuociamoli al fuoco” contiene molta
informazione. Coloro che vennero
dall’Oriente e che scesero nella
pianura sino ad essere arrestati dai
due fiumi certamente avevano già
conosciuto istallazioni permanenti e
soprattutto venivano da luoghi con
grande disponibilità di acque e di
legni, di cave e di foreste.
Ma una cosa è scrivere che “i
Figura 5 - La cosiddetta “Tavoletta de
l’Esargil” del Louvre
mattoni vengono cotti al fuoco”
un’altra è riuscire a trovare
sufficiente combustibile, non ligneo,
per avere fuochi sufficientemente
permanenti e intensi. Inoltre, il
“bitume” è anch’esso materiale raro
e prezioso. È possibile che la grande
maggioranza dei mattoni venga
“cotta al sole” e che il “bitume”
venga riservato alla colorazione delle
varie sezioni della torre.
Per parlare solo dello Ziggurath
di Birs Nimrud (Figure 6a e 6b)
possiamo solo rievocare le fasce di
colore come stono state ipotizzate
su basi testuali più che su reperti
fisici.
I piani, a Birs Nimrud, sono sette,
come i pianeti:
1 piano, Saturno – Nero bitume
2 piano, Giove – Arancio mattoni
cotti
3 piano, Marte – Rosso mattoni
cotti solo a metà (rosso vivo)
4 piano, Sole – Oro foglie di oro
5 piano, Venere – Bianco Pallido,
sempre mattoni appena, appena
cotti
6 piano, Mercurio – Blu
vetrificazione con fuoco che avvolge
tutto il monumento alla fine
7 piano, Luna – Argento. Lastre
d’argento.
A parte le ricostruzioni delle
difficoltà di comunicazione
esemplificate anche in modo quasi
comico nel breve testo di tradizione
idee
cattolica, non esiste nessuna
indicazione biblica della distruzione
della torre. La rovina della struttura
è, come si sa benissimo, uno dei
dati più affascinanti della storia
della immagini, ma il testo biblico
non accenna minimamente ad una
distruzione della torre.
Potremo dire solo che il “cantiere
venne abbandonato”, nulla di
più può essere detto, che quel
complesso di testi possa autorizzare
a dire. Senza dover disturbare le
psicologie divine basta pensare
che, cessato il lavoro, conclusa la
costruzione, provveduto a fornire
“un nome” alle popolazioni che
desideravano l’affermazione su quel
territorio, le “maestranze” sono
ritornate ai loro luoghi di origine e
alla loro lingua madre.
La lingua del cantiere svanirà
e al suo posto di ri-installerà,
attorno alla nuova costruzione, la
lingua del luogo e non più quella
occasionale del lavoro comune. Ma,
nel complesso, l’ordine, anche se
temporaneo e precario, avrà fatto
arretrare di diecimila anni o di pochi
millisecondi l’instaurazione finale del
disordine perfetto. E questo grazie
ad un mago che solleva con tutta
la delicatezza delle lunghissime dita
una pietra da 50 tonnellate. Attorno
a Stonehenge ancora si avvolgono
alle pietre forme arcane (Figure 7a
e 7b, a pagina seguente) e antiche
poesie e attorno alle Ziggurath nel
deserto, ancora passano ombre
di cammelli millenari. E, il grande
Grigio deve arretrare di molti passi
perché l’uomo non ha ancora ben
compreso la termodinamica.
Occorre, adesso, recuperare
l’“Entropia” perduta e soffermarci
davanti ad un sofisticato negozio
di “souvenirs” a San Francisco,
California, il “Morris Gift Shop”.
È difficile non pensare a Eufrati,
mattoni e ziggurath davanti a questo
negozio progettato da Frank Lloyd
Wright. Tutto ricorda, anche nei
dettagli, le tecniche ri-costruttive
utilizzate a Babilonia dagli archeologi
tedeschi di circa cinquanta anni fa.
Lo Shop viene costruito nel 19481950. Solo nel 1957 l’architetto
sarà immerso, mentalmente
e formalmente, nel deserto
iracheno con il suo progetto per
un complesso culturale a Bagdad
dove dei massicci ammassi di
mattoni resteranno solo delle
esilissime guglie e, in cui, quindi, la
torre apparirà ridotta al suo segno
elementare. Ma prima di questa
ultima distillazione formale, è già
dal 1944, circa, che FLW pensa in
termini di “Torre” nel suo lungo e
non rettilineo viaggio alla definizione
del Guggenheim di New York.
Sulla base degli accuratissimi e
datati disegni si può essere certi che
la forma a cono rovesciato, quella
definitiva, si stabilizza verso gli inizi
Figure 6a e 6b
Le immagini sono tratte dal remoto ma sempre
presente: Andrè Parrot: “Ziggurats et Tour de Babel”.
Editions Albin Michel, 1949, Paris. Ci mostrano uno
“ziggurat” celebre, quello di Birs Nimrud con i suoi
livelli, le sue ipotetiche misure e, un po’ più ipotetiche
colorazioni
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
65
Figura 7a - Dalla V Edizione di “Britannia” di Camden, 1600. Le forme contorte delle pietre, le loro
citazioni anatomiche, gli sforzi, gli avvitamenti ci ricordano i “giganti” e i loro immani sforzi per
costruire il cerchio
Figura 7b - Bastano 127 anni e, già nel 1727 il cerchio è divenuto, o ri-divenuto, un oggetto
geometrico, scientifico, forse addirittura misurabile. E, in ogni caso, il suo aspetto sta assumendo
una forma razionale, ordinata. I sogni e gli incubi e i “Maghi” stanno svanendo. Ma, nelle notti,
continuerà a “soffiare”, sino alla morte di Tess dei D’Urberville, personaggio di un romanzo di
Thomas Hardy la cui fine e ha come “Setting” Stonehenge
del 1944 mentre sino a pochi mesi
prima la forma più tradizionale, a
cono diritto, viene rappresentata
per la prima volta. È una fortuna
per noi avere ancora il disegno
originale (Figura 8) in cui la forma
definitiva compare con al centro
la scritta “ZIGGURAT” e sotto, in
caratteri più piccoli, “ZIKKURAT”.
A destra, leggermente obliqua e
meno “formale” appare un’altra
“parola”: “TARWEGITZ”. Questa
ultima scritta appare, e doveva,
essere un impreciso palindromo di
“TARUGGIZ”. Sembra più che chiaro
che il rovesciamento lineare di una
parola si sia accompagnato ad un
rovesciamento progettuale, per
esempio, tra l’alto e il basso.
Quello che qui interessa è proprio
questa interdipendenza tra
linguaggio e costruzione che va
ovviamente ben oltre all’impreciso
e molto modesto “Gioco di Parole”.
È il problema appena sfiorato più
sopra tra il linguaggio del lavoro,
e delle relazioni umane e le forme
costruite. Il mediatore fisico e
operativo tra questi due “insiemi”
è il cantiere, ancora una volta. In
definitiva solo un modesto artificio
linguistico si è accompagnato in
una struttura ben visibile, stabile
e, che si spera possa sopravvivere
“come una molla” ad una ipotetica
e deprecatissima catastrofe nucleare
come venne malamente profetizzato
a FLW stesso addirittura da Lewis
Mumford.
Prima di procedere a concludere
occorre ricordare che queste ultime
considerazioni sono tutte dipendenti
dalle illuminanti pagine che
Francesco Dal Co dedica proprio a
questo problema.
Alla base del Museo un’epigrafe
dedicatoria chiarisce a grandi lettere
che FLW fu “The ARCHITECT”
ma anche che George N. Cohen
fu “the builder”. Ma un disegno
tecnico della rampa del 1945 (?) si
presenta come un vero e proprio
campo di battaglia dove l’Architetto
e gli Ingegneri combattono, corpo
a corpo, sul difficilissimo problema
dell’accoppiamento della rampa ai
montanti. Guerra e battaglie, come
al solito, risolte con buon senso,
tecnica e valutazioni di spesa.
Quando si accennò al Cantiere
come scena della transizione tra
disordine ed ordine implicitamente
si alludeva anche all’aspetto fisico,
visivo delle aree dove avviene la
costruzione. Come esempio, qui
si riportano alcune immagini della
chiusura dell’edificio scaglionate
durante alcuni mesi di lavoro.
La progressiva transizione
dall’apparentemente disordinato
accumulo dei materiali sino
all’apparentemente ordinato aspetto
del tetto sgombro e pulito sino una
temporanea nota di congedo dal
lettore.
“Le Grand Gris” è meglio che aspetti
ancora un poco nella sua “Salle
d’attente”. (Figure 9a, b, c, d, e)
Ruggero Pierantoni
È uno psicologo, studioso di percezione acustica e visiva.
Ha insegnato presso il Politecnico di Milano, l’Accademia di Belle Arti di Urbino e la School of Architecture, Carleton University, Ottawa. È stato
ricercatore presso l’Istituto di Cibernetica e Biofisica del CNR ed è da anni invitato come visiting professor presso università e istituti di ricerca
in Italia e all’estero.
Tra le sue ultime pubblicazioni si ricordano: Uno scherzo fulmineo. Cinquecento anni di fulmini dal 1929 al 1447 (2007); Forma fluens. Il
movimento e la sua rappresentazione nella scienza, nell’arte e nella tecnica (2008); Salto di scala. Grandezze, misure, biografie delle immagini
(2012).
66
idee
Figura 8 - Da Francesco Dal Co : “Il tempo e l’architetto, Frank Lloyd Wright
e il Guggenheim Museum”, Architetti & Architetture, Electa, 2004.
Il celeberrimo disegno autografo, colorato di FLW con le due scritte in
basso: ZIGGURAT... ecc Come ampiamente già notato dallo storico Dal Co il
palindromo è sforzato, impreciso, lessicalmente approssimativo. Ma, certo,
non è questo il punto centrale della nostra emozione
Sotto, figure 9a, b, c, d, e
Le foto in successione mostrano il progressivo definirsi della forma del tetto
conico del Guggenheim e le successive fasi di “Ordine e di Disordine” che si
succedono là in alto. Alla sommità della “Torre”.
Da Francesco Dal Co: “Il tempo e l’architetto, Frank Lloyd Wright e il
Guggenheim Museum” Architetti & Architetture, Electa, 2004
Bibliografia sommaria
Stonehenge
La bibliografia è quasi fuori controllo, qui si accenna solo a particolari pubblicazioni molto specifiche la cui lettura può essere complementare
al testo : Mike Pitts : “L’Enigma di Stonehenge”. Newton and Compton, 2001, uno dei testi più recenti , completi e critici sull’argomento.
Miti e Folklore
L. V. Grinsell : “The Legendary History and Folklore of Stonehenge Folklore”, Vol. 87, No. 1 (1976), pp. 5-20
Richard Bradley: “Ritual, Time and History World Archaeology”, Vol. 23, No. 2, Chronologies. (Oct., 1991), pp. 209-219
Cenni linguistici
Hermann Pàlsson and Paul Edwards :“Orkneyinga Saga. The history of the Earls of Orkney” Translated with an Introduction by Penguin Books,
1958
J. Luis Borges: “La biblioteca inglese. Lezioni sulla letteratura” Emece editores, 2000. S.A., Einaudi, 2006
Struttura e dati cronologici
Harold J. E. Peake: “The Earliest Structure at Stonehenge” Man, Vol. 45 (Jul. - Aug., 1945), pp. 74-78
E. Herbert Stone: “Stonehenge, Concerning the Sarsens”: Man, Vol. 26 (Nov., 1926), pp. 202-204 Published by: Royal Anthropological Institute
of Great Britain and Ireland
Patrick Arthur Hill: “The Sarsens of Stonehenge: The Problem of Their Transportation” : The Geographical Journal, Vol. 127, No. 4 (Dec., 1961),
pp. 488-492
Flinders Petrie: “Stonehenge-The Heel Stone”: Man, Vol. 24 (Jul., 1924), p. 107: Royal Anthropological Institute of Great Britain and Ireland
A. H. Sayce: “The Date of Stonehenge” The Journal of Egyptian Archaeology, Vol. 1, No. 1 (Jan., 1914), p. 18
Varie
È noto che la fine del romanzo di Thomas Hardy “Tess dei D’Urberville” ha come “Setting” proprio Stonehenge, ma lo è meno il fatto che il
compositore Wagham Williams nella sua “ Nona Sinfonia”, deliberatamente, utilizza il sito e i suoi miti nella sua composizione. L’accenno
musicale ai Miti e Credenze è stato accuratamente studiato sino al celebre: “Ma che posto mostruoso è questo?” disse Clare. ”Ronza”, rispose
lui. “It Hums”
Zigguraths
Un solo nobile antico libro che ha ancora molto da insegnare : Andrè Parrot: “Ziggurats et Tour de Babel”, Editions Albin Michel, Paris, 1949
Storia dell’Architettura
Jean -Pierre Adam: “La construction Romaine. Materiaux et techniques”, 1984 , Editions A et J. Picard, Paris
Manfredo Tafuri , Francesco Dal Co: “Architettura Contemporanea” I / II Electa Editrice, 1979
Francesco Dal Co: “Il tempo e l’architetto. Frank Lloyd Wright e il Guggenheim Museum” . Mondadori - Electa 2000
Spiro Kostoff: “A History of Architecture: Settings and Rituals” Oxford Uni. Press
#26 // MARZO APRILE 2013
67
restauro
Oratorio
di San Filippo Neri
Bologna
Realizzato nel 2000 dall’Architetto Pier
Luigi Cervellati, il restauro dell’Oratorio di
San Filippo Neri (edificio di proprietà della
Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna)
è considerato un esempio nell’ambito degli
interventi di recupero sul patrimonio storico
architettonico. In particolare – ma non solo
– per l’utilizzo del legno (nella ricostruzione
delle volte e della cupola) che assume ulteriori
significati relativi alla reversibilità e riciclabilità,
propri di un materiale che rappresenta una
vera risorsa rinnovabile. Così come evidenziato
nella documentazione progettuale dello Studio
Pier Luigi Cervellati e nelle note storiche che
corredano l’illustrazione dell’intervento.
68
N
ella recente pubblicazione Restauro Architettonico:
principi e metodo (Giovanni Carbonara, Mancosu Roma
2012) è stato scritto: “… grazie all’impegno di molti
architetti colti e capaci, recenti esempi di buon restauro
non mancano neanche sotto il profilo dei difficili temi
della reintegrazione e addizione, per ragioni funzionali, di fruibilità
di adeguamento impiantistico, di messa in sicurezza, di migliore
conservazione del bene. Basti pensare alla raffinata reintegrazione,
in doghe di legno, quasi un analogo del ‘rigatino’ usato nel restauro
pittorico, dei volumi e delle volte dell’Oratorio di San Filippo Neri a
Bologna, squarciato dai bombardamenti dell’ultima guerra mondiale..”
Il restauro di un restauro precedente non è mai facile. Tanto più quando
il restauro è parziale e, in aggiunta, si sono prodotte nuove lesioni
e ci sono stati nuovi crolli. Affreschi e stucchi devastati dal tempo e
dall’incuria e, ma non per ultimo, dall’infame utilizzo dei locali.
photo © Federica Stupazzini / Franco Zanini
È un progetto complesso in cui
si è cercato di armonizzare tre
metodologie d’intervento.
La prima consiste nel conservare
anche con tecnologie moderne,
come l’uso di fibre di carbonio,
tutto ciò che non era stato distrutto
dopo il bombardamento del
1944 rifacendo tali e quali alcuni
elementi decorativi andati distrutti,
come per esempio i candelabri
parietali in ottone di fattura
artigianale.
Il secondo metodo assunto è
stato quello di ripristinare, usando
tecniche e materiali identici agli
originali, le parti demolite con il
restauro post-bellico, come ad
esempio le volte dell’interrato e la
pavimentazione che era rimasta
indenne dal bombardamento;
nello stesso tempo si è mantenuta
l’impalcatura del restauro ad
opera del Soprintendente Alfredo
Barbacci, fatto contestualmente
alle demolizioni, che così
è diventata testimonianza
drammatica del bombardamento.
Infine sono state ricostruite le volte
e cupola mancanti, ristabilendo
l’originaria volumetria del
settecentesco fabbricato, attraverso
una struttura lignea di centine
portanti e listelli sagomati secondo
le curve ricavate dalle sezioni
virtuali orizzontali, praticate a una
distanza costante di 10 cm, che
sostengono parzialmente le parti
ancora superstiti.
La ricostruzione post-bellica
eseguita dalla Soprintendenza oltre
60 anni fa è stata considerata
“storicizzata”. Essa testimonia
la drammaticità di un evento. Il
drammatico bombardamento del
29 gennaio del ’44. Bombardato e
mal utilizzato l’Oratorio dei Filippini
era rimasto in uno stato che non
è più quello del giorno dopo. La
copertura e la parete laterale
sono state ricostruite; il solaio/
pavimento è stato demolito (e se
fosse stato ricostruito lo sarebbe
stato in cemento come le colonne
dell’aula).
L’ipotesi di un ripristino filologico
integrale è sembrata impraticabile
sia per le dimensioni delle zone
decorate da ricostruire, sia
soprattutto per l’“artisticità” del
modello di riferimento. Inoltre
l’eventuale ripristino avrebbe
occultato la sapienza costruttiva
dei lavori eseguiti sessant’anni fa.
L’obbiettivo è stato sia quello di
non cancellare o completare –
con arbitraria lettura – il restauro
post bellico, ma soprattutto si è
cercato di restituire fedelmente
ciò che rimaneva di un capolavoro
dell’architettura bolognese rococò.
La storia di questo monumento è
molto movimentata: progettato e
realizzato da Alfonso Torreggiani
(1682-1764) fu inaugurato nel
1733. Soppresso e riabilitato più
volte: nel 1798 e dopo l’Unità
d’Italia. Restaurato ed “elettrificato”
nel 1905. Nel 1944 fu bombardato
e furono distrutti il tetto, le volte,
la cupola e il lato destro dell’aula e
dell’abside.
Un intervento di restauro –
realizzato dal soprintendente
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
69
70
Sintesi degli interventi
Crediti del progetto
•
•
•
•
•
•
•
ripristino filologico del
solaio voltato e del
pavimento in cotto della
sala;
restauro filologico
dell’opera del Torreggiani;
ricostruzione delle volte
e della cupola mediante
un’armatura/centinatura
lignea;
mantenimento dei lavori
di restauro degli anni
postbellici;
ricostruzione schematica
della cantoria;
recupero del sottotetto per
l’impiantistica
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Architettura: Pier Luigi
Cervellati
con Giorgio Volpe, Ulrich
Seum , Roberta Zanoli
Auditorium / Sala
conferenze, Bologna
Committenza: Fondazione
del Monte di Bologna e
Ravenna
Progetto e Arredi: Pier
Luigi Cervellati
Strutture: Carlo Dazi
Impianti: Busi Impianti
Costruzione in Legno:
Holtzbau
Costruzione edile: Cogei
s.p.a.
Realizzazione: 2000
Costo: 3.000.000 €
photo © Federica Stupazzini / Franco Zanini
Barbacci, dal ‘48 al ’53 – ricostruì
colonne in cemento armato e
tamponamenti in mattoni, rifece
il tetto con capriate lignee ma
demolì il pavimento e l’interrato. I
lavori non furono mai completati e
il monumento venne abbandonato
per quasi 50 anni o male utilizzato
(come magazzino, autorimessa
e deposito), causando danni
alle strutture e ulteriore degrado
e disfacimento dell’apparato
decorativo.
Il progetto di restauro della
fabbrica ad uso auditorio e sala
conferenze non si propone come
restauro filologico integrale, in
quanto avrebbe comportato la
demolizione e ricostruzione con
tecniche tradizionali degli interventi
postbellici. L’obiettivo è stato
quello di non cancellare il restauro
eseguito 50 anni fa e, ad un
tempo, di ripristinare e consolidare
tutto ciò che la bomba non aveva
distrutto.
La particolare ricostruzione della
cupola, volte a botte e a vela
restauro
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
71
ridefiniscono la sagoma originale
attraverso una struttura lignea di
centine portanti e listelli, sagomata
secondo le curve ricavate dalle
sezioni orizzontali oppure “a
seguire” la curva nella proiezione
della sezione verticale (volta a
botte).
Questo approccio permette la
lettura contemporanea degli
interventi e, a un tempo, di
evidenziare il dramma della guerra.
La struttura lignea recepisce
l’ordine strutturale delle volte e
cupole preesistenti: grandi archi
in legno lamellare coprono la
larghezza di 12,60 metri della sala
ed integrano, dove necessario,
la struttura portante in mattoni,
opportunamente consolidata
con l’ausilio di tiranti in acciaio e
fasciature in carbonio.
Grazie alla leggerezza del materiale
e alla sua intrinseca flessibilità,
la struttura di legno è in grado
di rispondere alle esigenze del
progetto rispettando l’andamento e
gli spessori della struttura ancora
in opera per proseguire (pur
cambiando il materiale) la trama
strutturale del soffitto.
Questo principio è stato
considerato fondamentale per
l’integrazione dell’intervento nel
complesso architettonico.
Il restauro per definizione ha
lo scopo di restituire il bene
architettonico fruibile e leggibile
in tutta la sua stratificazione e
testimonianza.
La soluzione di legno realizzata per
questo progetto di restauro assume
ulteriori significati relativi alla
reversibilità e riciclabilità, propri di
un materiale che rappresenta una
vera risorsa rinnovabile.
L’Oratorio oggi
Oltre ad essere il luogo che
la Fondazione del Monte di
Bologna e Ravenna utilizza come
“palcoscenico” per la realizzazione
delle proprie attività culturali,
scientifiche e convegnistiche e per
diffondere il proprio impegno nel
settore culturale, grazie ad iniziative
72
che permettono la divulgazione
della storia e della cultura nel
territorio, l’Oratorio di San Filippo
Neri è altresì uno spazio utilizzabile
da terzi.
Può essere, infatti, concesso in
uso anche ad associazioni, enti,
aziende, realtà istituzionali e non,
le quali abbiano l’interesse a
fruire di una cornice suggestiva e
dotata delle adeguate attrezzature
tecniche per ospitare convegni,
conferenze, congressi, seminari,
giornate di studio, meeting
aziendali, concerti, spettacoli ed
altro ancora.
L’Oratorio (Via Manzoni, 5 a
Bologna) è visitabile il primo fine
settimana di ogni mese dalle 10
alle 19.
Pier Luigi Cervellati
Nato a Bologna nel 1936,
architetto e urbanista, è stato
docente di restauro, recupero e
riqualificazione urbana presso le
facoltà di lettere dell’Università
di Bologna ed Architettura
dell’Università di Venezia.
Si è occupato e si occupa di temi
inerenti la pianificazione urbana
e ambientale con particolare riguardo al
restauro della città storica e alla tutela
della natura. Ha contribuito allo sviluppo di
ipotesi di recupero, mediante l’inserimento
di residenze economico-popolari dei centri
storici di Modena e Bologna, per il quale
comune, tra il 1964 ed il 1980. è stato
Assessore al Traffico, all’Edilizia Pubblica e
Privata e all’Urbanistica.
Nell’ambito del restauro architettonico
è celebre per il progetto di recupero
dell’Oratorio di San Filippo Neri a Bologna,
devastato dai bombardamenti del 1944,
progetto realizzato negli anni 1998-1999 e
completato nel 2000.
Ha curato e partecipato a varie mostre e
convegni. Tra le sue pubblicazioni: La città
post-industriale (il Mulino,1984), La città bella
(il Mulino, 1991), L’arte di curare le città (il
Mulino, 2000).
fORmazIONE
Legno
e terremoto
di Franco Laner
Professore ordinario di Tecnologia
dell’architettura all’Università Iuav
di Venezia, da anni tiene un corso
di “Tecnologia delle costruzioni di
legno”.
Giappone. L’importante nodo pilastrotrave è stato risolto con l’incastro di
elementi in modo che l’energia sismica o
del vento venga dissipata per attrito.
Mirabile soluzione che conferisce duttilità
alle costruzioni di legno. In sintesi:
bellezza e razionalità. Quando queste
due categorie stanno assieme si ha
architettura!
H
istoria magistra
Quasi trent’anni fa, con Umberto Barbisan, scrissi un testo “I
secoli bui del terremoto” (Franco Angeli, Mi, 1986). Già allora,
quando il legno non era ancora legittimato da alcuna normativa
nazionale, appariva chiaro come potesse essere impiegato
con successo non solo per coprire grandi luci e strutture staticamente
impegnative, ma anche in zona sismica per le sue eccellenti doti di duttilità,
ovvero per la sua capacità di dissipare l’energia sismica.
Ricordo brevemente il capitolo dedicato alla ricostruzione di Lisbona con la
casa “Pombalina”, sistema voluto dal marchese De Pombal, col legno che
costituiva l’ossatura strutturale e controventante degli edifici con tamponatura
di muratura. Stesso sistema fu impiegato nella “casa baraccata” dopo il
terremoto delle Calabrie (1783).
Riscoprimmo anche l’opus craticium, tecnologia usata dai romani, quasi
a dimostrazione dell’affermazione biblica nihil novi sub sole. Grande
insegnamento traemmo dalle strutture lignee del Giappone, specie a riguardo
della concezione spaziale, tridimensionale, con cui il legno veniva ordito in
quel Paese nelle tre direzioni dello spazio, specie in un momento in cui da
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
73
74
formazione
A sinistra
Capriata ordita tridimensionalmente assai adatta per il controvento d’insieme, sia per il
terremoto, sia per il vento (Carpenteria Adriano De Prà, Treviso)
Sopra
Frontespizio del libro sulla storia delle tecnologie antisismiche fino al terremoto di
Messina-Reggio. La storia è ricca di inferenze sia per il progetto, sia per le tecnologie
valide in zona sismica
Progetto di casa “baraccata” o “pombalina”, in omaggio al ministro De Pombal che
ricostruì Lisbona con questo sistema dopo il devastante terremoto del 1755
noi – imperante il cemento armato
– la struttura portante era vista nel
piano, ovvero veniva privilegiato il
telaio, la sequenza di capriate o di
alte e snelle travi lamellari.
La storia dei terremoti, ricostruita
fino ai primi del Novecento,
ovvero prima del devastante
terremoto di Messina e Reggio
fu davvero magistra, attuale e
capace di forti inferenze sia per
la pratica costruttiva, sia per
l’insegnamento della tecnologia
delle costruzioni di legno che in
quegli anni si stava riproponendo
in Italia, dopo un’assenza più che
cinquantennale.
Fra i tanti autori, antichi e moderni,
che più di altri si occuparono
dell’origine dei terremoti e
soprattutto dei sistemi costruttivi,
importanti furono le osservazioni
di Leonardo da Vinci, che intuì
la necessità che l’edificio si
comportasse in modo scatolare,
unito fra le sue parti e compatto.
Nel foglio 53 recto del Codice A
dell’Istituto di Francia, scrive: ..ogni
trave vole passare i sua muri e
essere ferma di la da essi muri con
sufficienti catene, perché spesso si
vede per tremoti le travi uscire de’
muri e rovinare poi i muri e i solai,
dove, se sono incatenate, teranno
i muri insieme fermi, e muri
fermano i solai…
Il concetto è ripreso più tardi,
nel 700, da Francesco Milizia:
purtroppo la necessità di legare
solai e muri è un imperativo
che spesso ancora oggi viene
disatteso, come è stato dimostrato
nel recente terremoto del
modenese, dove le case con
solai e muri non ammorsati,
senza cordoli o altri apparecchi di
cerchiatura e legatura di solai e
muri, sono miseramente crollati.
La storia della tecnica costruttiva,
almeno questo era il parere
diffuso in alcuni Atenei italiani
(Edoardo Benvenuto a Genova,
Salvatore Di Pasquale a Firenze,
Renato Sparacio a Napoli, Vittorio
Nascè a Torino, Guido Nardi a
Milano, Giorgio Macchi a Pavia,
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
75
Sopra La concezione strutturale antisismica
del legno in Giappone. I nodi e le strutture
sono concepiti nelle tre direzioni dello spazio
A sinistra e sotto L’opus craticium, legno e
muratura, ha origini antiche: il legno aveva
la funzione di conferire resistenza a trazione
e di controvento alla muratura (particolare di
opus craticium a Pompei e interpretazione di
Antonio Rusconi (1590) di questa tecnologia
descritta da Vitruvio nel secondo libro del De
Architectura
76
formazione
Arsenale di Venezia. Strutture lignee delle Gaggiandre. La concezione spaziale dell’orditura di
copertura è importante sia per il vento, sia per cedimenti localizzati. La struttura assume così il
requisito di “robustezza”, poiché il cedimento di una parte – esempio cedimento dell’appoggio,
come nella foto – non comporta il collasso a domino
“Le strutture di legno con elementi
fra loro meccanicamente connessi
sono in grado di dissipare l’energia
grazie dunque alla capacità di deformarsi
e assorbire energia senza collassare”
Ivo Iori a Parma, per citare alcuni
fra i colleghi e amici di allora),
era ritenuta ricca di inferenze
innovative, sia scientifico-tecniche,
sia pratiche. Certamente non
era facile togliere la coltre di
polvere che copriva magisteri
e codici del passato, ma ogni
volta venivano alla luce concetti
straordinariamente fertili ed attuali.
Concezione strutturale
e duttilità
Sento spesso affermare e vedo
ripetere nelle pagine pubblicitarie
delle riviste e quotidiani, che il
legno è antisismico. Sento anche
che il legno non teme il fuoco
ed equivocare sui concetti di
resistenza e reazione al fuoco:
in realtà il legno si infiamma
facilmente e brucia (concetto di
reazione), ma la combustione
avanza con velocità conosciuta e
quindi si può calcolare la sezione
residua dopo un tempo prefissato
e verificare se la struttura, pur con
sezioni ridotte, è ancora in grado
di portare i carichi e non collassare
(concetto di resistenza).
Ritornando alla presunta
antisismicità del legno, bisogna
chiarire che alcune sue peculiari
caratteristiche, fra tutte la sua
leggerezza (la sollecitazione
sismica è proporzionale alla
massa), lo rendono materiale
idoneo per resistere al terremoto.
Ma se l’edificio è mal concepito e
progettato, nonostante sia di legno,
non resisterà al terremoto.
L’antisismicità non è una
#26 // MARZO APRILE 2013
77
caratteristica intrinseca dei materiali da costruzione.
La muratura, il cemento armato, l’acciaio, se ben
concepiti, danno luogo a strutture sismoresistenti.
Perciò nell’elencare i vantaggi del legno bisognerebbe
essere più tecnici e meno commerciali.
Il legno è materiale fragile. A ben vedere la fragilità
non è una buona caratteristica per contrastare
l’improvvisa e dinamica energia del terremoto.
Le unioni degli elementi lignei, realizzate con
connessioni a secco (chiodi, bulloni, tirafondi,
spinotti, ecc.) rendono però duttili tali strutture,
ovvero il loro comportamento nei confronti del carico
dinamico (sisma o vento) è di tipo duttile grazie alla
capacità dei nodi di unione di assorbire e dissipare
energia. Se le unioni fra gli elementi lignei fossero
incollate, il comportamento sarebbe fragile.
A volte per semplificare la differenza di
comportamento – duttile o fragile – che guida
conseguentemente la progettazione e l’impostazione
della sicurezza antisismica porto l’analogia, pur
riduttiva, del diverso modo di resistere che Mao
descrive nel suo Libretto rosso. Per contrastare la
violenza del fiume in piena la possente quercia si
oppone con la sua intrinseca forza, mentre il giovane
virgulto si piega alla piena, per poi rialzarsi una volta
passata.
Le strutture di legno con elementi fra loro
meccanicamente connessi sono in grado di dissipare
l’energia grazie dunque alla capacità di deformarsi
e assorbire energia senza collassare. Questo
concetto deve guidare l’impostazione progettuale
e le verifiche di sicurezza e la normativa (D. M. 14
genn. 2008, Norme tecniche per le costruzioni) ci
viene incontro col coefficiente di struttura q che tiene
favorevolmente conto della duttilità.
La concezione strutturale delle strutture lignee
deve essere impostata al concetto di spazialità,
tridimensionalità. Gli elementi devono essere
concepiti nelle tre direzioni dello spazio e soprattutto
Prove per quantificare la duttilità di solai misti legno-calcestruzzo
e connettori continui LPR della Peter Cox. La duttilità è ben
visualizzata dall’area sottesa alla curva sforzi-deformazioni, ovvero
buona resistenza con grandi deformazioni
78
formazione
il concetto di controventamento deve essere un
imperativo. Oltretutto nelle strutture lignee il controvento
è occasione di arricchimento formale e distintivo del
progetto. Oggi il controventamento nel piano può essere
con successo affidato ai pannelli a base di legno (OSB,
Xlam, tavolati incrociati, ecc.) piuttosto che a croci di S.
Andrea.
Comunque si tenga presente che un edificio ben
concepito dal punto della spinta del vento, nella
quasi totalità dei casi, resiste facilmente ai sismi e
quindi raccomando la verifica al vento, appunto più
impegnativa dei terremoti nostrani! Come per gli
edifici in muratura, la distribuzione degli elementi di
parete deve richiamarsi alla semplicità e simmetria,
sia in pianta, sia in alzato (il centro delle masse deve
coincidere con quello delle rigidezze).
Abbandoniamo inutili dissimetrie, esagerati aggetti
e risibili equilibrismi statici e facciamoci guidare dal
buon senso e sobrietà. Ne guadagnerà la sicurezza
antisismica!
I solai devono essere ben ammorsati alle pareti sì da
realizzare quella scatola lignea che ben si oppone alle
sollecitazioni, sia del vento sia del sisma, da qualsiasi
parte provengano. La cura dei particolari costruttivi
deve essere massima e infine anche i materiali ed i
componenti impiegati devono essere certificati ed idonei
rispetto alla qualità indicata nel progetto.
Stato dell’arte
L’applicazione delle attuali normative, in particolare il
D.M. 14/01/2008 sopra ricordato e che finalmente
legittima il legno come materiale strutturale anche nel
nostro Paese, è condizione non solo per la sicurezza
delle persone, ma anche per la salvaguardia del bene.
Se ci si può ritenere soddisfatti per la sicurezza
strutturale anche nei confronti del sisma, altrettanto
ancora non si può dire per i problemi di durabilità.
Il problema focale per le costruzioni di legno rimane
infatti non tanto quello della sicurezza strutturale,
Prove su pannelli Celenit rinforzati con croci di S. Andrea. Il contributo
di tali pannelli per irrigidire le strutture lignee è notevole, grazie alla
loro duttilità
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
79
In senso antiorario
I pannelli di legno di tavole incrociate (Xlam) consentono la realizzazione di edifici scatolari di notevole duttilità e di resistenza alle
sollecitazioni sismiche e del vento (Gandelli Legnami, Borgaro, To)
Irrigidimento di una copertura con pannelli di compensato negli anni ’60 negli Stati Uniti. Purtroppo da noi solo nel 2000 si è
prestata attenzione ai pannelli di compensato di sfogliati, tranciati, tavole, che possono favorevolmente controventare le strutture nel
piano
Due realizzazioni a confronto. La prima è stata concepita nel piano (successione di telai). Nella seconda nello spazio: oltre ai
vantaggi strutturali, ne guadagna l’architettura
Prove su prototipi di solaio misto legno-calcestruzzo per verificare il comportamento a diaframma rigido, indispensabile per i solai in
zona sismica
quanto quello della durabilità.
Anche se il decreto sopraccitato
prescrive la massima attenzione
a quest’aspetto, la durabilità
purtroppo rimane un problema
ancora poco risolto ed il degrado
del legno ovviamente ha
ripercussione sulla sicurezza.
Sia le costruzioni a telaio, sia
quelle a base di pannelli, sono
sorrette da affidabili programmi di
80
calcolo. Il ricorso però ad invasive
e onnipresenti protesi metalliche
per ogni sorta di connessione non
agevola la durabilità e sarebbe
necessario avviare ricerche per
limitarne l’impiego, perché il legno
non convive felicemente con
l’acciaio dal punto di vista della
durabilità.
Ma qui si apre il doloroso capitolo
degli investimenti per la ricerca
ed innovazione a cui l’industria
del legno è per ora ancora poco
sensibile, così come le istituzioni
e le associazioni di categoria. Lo
sviluppo della tecnologia del legno,
senza ricerca, è destinata alla
povertà progettuale ed in ultima
analisi anche a quella economica,
perché senza ricerca, brevetti,
innovazione, saremo debitori di chi
fa ricerca.
ImpIaNTI
Sistemi di sicurezza
antincendio
nelle abitazioni e negli uffici
Guida breve all’applicazione
dell’analisi del rischio incendio
Terza lezione
Premessa
Per l’anno 2013 GEOCENTRO/
Magazine affronta il tema
della sicurezza e prevenzione
“Antincendio”, ambito professionale
nel quale è impegnata
un’importante parte della Categoria
dei Geometri.
A cura di Mauro Cappello
(Ingegnere, Ispettore verificatore
degli investimenti pubblici presso il
Ministero dello Sviluppo Economico)
sono proposte sei lezioni utili a
fornire una visione complessiva,
ancorché sintetica, della materia.
Particolare elemento di novità,
introdotto dall’autore per il 2013,
riguarda la predisposizione di
specifiche video lezioni integrative
(complete di quiz di verifica),
associate ad ogni articolo e
gratuitamente disponibili presso la
piattaforma e-learning, accessibile
dal sito www.filotecna.it.
La fisica dell’incendio
di Mauro Cappello
FiloTecna – Formazione
Professionale
L’analisi del rischio di incendio prevede lo studio di alcuni aspetti generali, in
particolare:
• Individuazione delle fonti di rischio e conseguenti misure di prevenzione;
• Misure idonee per effettuare una corretta informazione del personale
• Misure idonee alla formazione del personale
• Misure di carattere tecnico – organizzative.
È chiaro che trattandosi di un documento strettamente connesso allo stato
dei luoghi, degli impianti e delle procedure, esso deve necessariamente
essere rivisto in occasione di interventi di: modifica strutturale ed
impiantistica, nuova realizzazione (sia di impianti che di strutture) e
modifiche di tipo organizzativo.
Solamente un corretto ed approfondito studio degli aspetti citati permetterà
di organizzare tutte le attività necessarie alla salvaguardia delle persone e
delle cose.
Il fuoco è il prodotto visibile di una reazione chimica di rapida ossidazione
che avviene tra una sostanza combustibile ed una comburente (l’ossigeno
dell’aria) in determinate condizioni di temperatura e pressione ed in varia
composizione percentuale (reazione di combustione).
La combustione è un caso particolare di reazione esotermica (ovvero con
cessione di calore all’esterno) e con il termine combustione si indicano quelle
reazioni chimiche che avvengono con l’intervento dell’ossigeno dell’aria e
che sono accompagnate da uno sviluppo di calore apparente, sotto forma di
radiazioni luminose (fiamma) e fumi.
Perché possa determinarsi combustione è necessaria la combinazione di tre
grandezze fisiche:
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
81
CO
MB
US
TIB
ILE
TE
EN
UR
MB
CO
FUOCO
ENERGIA DI ATTIVAZIONE
calore per raggiungimento temperatura ignizione
Figura 1. Triangolo del fuoco
• Massa combustibile: il combustibile è la sostanza in grado di combinarsi
chimicamente con l’ossigeno;
• Massa comburente: il comburente è l’ossigeno, sia esso puro e contenuto
nell’aria ovvero contenuto in composti quali clorati, nitrati, perossidi, ecc.
• Energia di attivazione: è il calore necessario a portare almeno una piccola
parte della miscela infiammabile (combustibile + comburente) alla temperatura
di ignizione.
La temperatura di ignizione (o di accensione) è la temperatura minima
alla quale deve essere portata una sostanza combustibile perché la sua
combustione si inneschi e in quel momento in poi possa mantenersi da
se stessa, senza ulteriori apporti di calore. Tale temperatura è anche detta
“temperatura di autoignizione” proprio per ricordare che una sostanza
combustibile, portata in aria alla sua temperatura di ignizione, comincia a
bruciare e la sua combustione procede solo con l’apporto del calore da essa
prodotto.
La temperatura di ignizione non va confusa con la temperatura di
combustione, ovvero la massima temperatura che si può raggiungere nella
combustione del materiale, quando sia evitata ogni perdita di calore.
L’insieme del Combustibile, del Comburente (ossigeno) e del calore necessario
a raggiungere la temperatura di accensione (innesco) costituisce quello che
viene definito come il Triangolo del Fuoco di Kinsley.
Metodo di analisi: cenni
Il metodo generale per effettuare la valutazione del rischio si fonda
sull’identificazione dei pericoli distinguendo le analisi per i singoli ambienti di
lavoro, valutando gli specifici fattori di rischio e cercando di stimare le possibili
conseguenze.
In sintesi quindi la valutazione deve procedere con le seguenti modalità:
• Identificazione di ogni possibile fonte di pericolo di incendio quali sostanze
facilmente combustibili e infiammabili, sorgenti di innesco, situazioni che
possono determinare la facile propagazione dell’incendio;
• Identificazione delle figure lavorative e di altre possibili persone presenti nel
82
luogo di lavoro esposte a rischi di
incendio;
• Eliminazione o riduzione del
pericolo di incendio tramite
opportuni interventi strutturali,
impiantistici ed eventuali misure
organizzative;
• Valutazione del rischio di incendio
residuo, tramite applicazione della
cosiddetta “matrice del rischio”;
• Verifica dell’adeguatezza delle
misure di sicurezza esistenti ovvero
individuazione di eventuali ulteriori
provvedimenti e misure necessarie
ad eliminare o ridurre i rischi residui
di incendio.
Stima del livello di rischio:
la matrice di rischio
Per definire Il livello di rischio delle
attività soggette a valutazione, si
ricorre ad una sorta di modello
matematico, denominato “matrice
di rischio”, nel quale gli effetti
del rischio vengono esaminati in
funzione dei seguenti elementi:
• P = PROBABILITA’ o frequenza
con la quale potrebbe verificarsi
l’evento;
• M = MAGNITUDO ovvero l’intensità
della conseguenza, in altre parole
l’entità del danno ai lavoratori
o all’ambiente, provocato dal
verificarsi dell’evento dannoso.
• RISCHIO= P x M, il livello di rischio
è quindi definito come prodotto dei
due elementi alla base dell’analisi
(probabilità e magnitudo).
Una volta individuati e definiti i
rischi presenti nell’attività soggetta
ad analisi, studiate ed attuate le
misure di prevenzione e protezione
finalizzate alla protezione dei
lavoratori tramite l’eliminazione o la
riduzione dei rischi, si procede alla
classificazione del luogo di lavoro
come richiesto dalla normativa.
Nella classificazione del livello di
rischio si procede a valutare in
modo globale i rischi singolarmente
individuati, tenendo in giusta
considerazione i criteri e le misure
adottate ed i mezzi e impianti
protettivi installati come illustrato
successivamente, focalizzando lo
studio verso gli effetti prodotti.
impianti
LA FREQUENZA/POSSIBILITA’ “P” di accadimento del rischio è stata classificata in tre livelli
LIVELLO CARATTERISTICHE
Il rischio rilevato può verificarsi solo con eventi particolari o concomitanza di eventi poco probabili indipendenti. Non
1
sono noti episodi già verificatisi.
Il rischio rilevato può verificarsi con media probabilità e per cause solo in parte prevedibili. Sono noti solo rarissimi
2
episodi verificatisi.
Il rischio rilevato può verificarsi con considerabile probabilità e per cause note ma non contenibili. È noto qualche
3
episodio in cui al rischio ha fatto seguito il danno.
LA MAGNITUDO del danno “M” è stata classificata in tre livelli
LIVELLO CARATTERISTICHE
Scarsa possibilità di sviluppo di principi di incendio e limitata propagazione dello stesso.
1
Bassa presenza di sostanze infiammabili/combustibili.
Condizioni che possono favorire lo sviluppo di incendio e limitata propagazione dello stesso.
2
Media presenza di sostanze infiammabili/combustibili.
Condizione in cui sussistono notevoli probabilità di sviluppo di incendio con forte propagazione dello stesso.
3
Elevata presenza di sostanze infiammabili/combustibili.
3
6
9
2
4
6
1
2
3
1-2
3-4
6-9
Rischio di incendio BASSO
Rischio di incendio MEDIO
Rischio di incendio ALTO
Figura 2 – Esempio di matrice del rischio con
tabella di lettura livello di rischio
Analisi delle sorgenti di pericolo di incendio
Impianti elettrici :
È estremamente importante esaminare lo stato di conservazione e funzionamento degli impianti elettrici, verificandone la
rispondenza alla normativa tecnica vigente, ovvero delle norme CEI attualmente in vigore, della legge 186 del 01/03/1968
e della legge n. 46 del 05/03/90 e s.m.i.
Materiali: arredi, materiali di produzione, materiali in magazzini
Materiali combustibili che presentano pericolo di incendio
(Classe A) Arredi e materiale stoccato destinato alla vendita
Materiale combustibile •
• Impianto elettrico
Inneschi pericolosi
Innesco elettrico
Innesco termico
Il pericolo di INCENDIO è conseguente al verificarsi di:
• un surriscaldamento dei conduttori e delle apparecchiature elettriche
• guasti di motori o impianti elettrici
• Innesco di un incendio, per presenza di fiamme libere, sigarette e fiammiferi, cariche
elettrostatiche
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
83
Classificazione del livello di rischio di incendio
Livello di rischio
Sulla base dei contenuti:
• del DM 10 marzo 98 art 2, che indica i livelli di rischio indipendentemente dalla adeguatezza delle misure di sicurezza e
quindi della corrispondente accettabilità del rischio stesso;
• della normativa di sicurezza vigente;
• delle valutazioni effettuate
La sede è inquadrabile come rischio :
• BASSO
Identificazione dei lavoratori e di altre persone esposte a rischio di incendio
Di seguito viene riportato un esempio di metodo per l’identificazione delle persone che frequentano la struttura sottoposta
ad indagine, partendo dall’esame dei singoli ambienti:
Area di riposo
Archivio
Nella struttura non sono presenti aree di riposo (La struttura presenta una stanza adibita ad area di riposo di
cui usufruiscono max 5 persone)
Non vi è stoccaggio di materiale altamente infiammabile in quanto l’archiviazione documentale è in appalto
esterno (È presente un locale archivio nel quale sono collocati, secondo classificazione, i documenti)
Persone presenti Negli ambienti destinati ad ufficio non accedono
• Persone incapaci di reagire prontamente in caso di incendio ed ignare del pericolo causato da un
incendio
• persone che non hanno familiarità con i luoghi
• persone la cui mobilità, vista o udito sia limitata.
Presenza max di persone pari a 8
Il personale dell’ufficio, che è l’unico a poter accedere alle aree oggetto di analisi, è stato istruito con
opportuna attività di formazione sul comportamento da adottare in caso di emergenza (procedura di
emergenza affissa negli ambienti di lavoro)
Principali misure da adottare per eliminare/mitigare il pericolo
Misure organizzative
Impianto elettrico
MISURA
Verifica del corretto stoccaggio
Materiali immagazzinati e manipolati
Evitare, per quanto possibile, di immettere e/o utilizzare materiali infiammabili. In
caso di presenza di materiali infiammabili (documenti, casermaggio, ecc) installare
opportuni apprestamenti (estintori, impianti di spegnimento, ecc)
Verificare lo stato dell’impianto elettrico, per ridurre il pericolo di cortocircuiti,
possibile fonte di innesco
PERIODICITA’
Giornaliera
Vie di emergenza - Porte
Gli ambienti sono dotati di un’uscita che immette direttamente all’esterno, la cui
Numero e dimensioni delle uscite di
dimensione è adeguata al flusso di massimo affollamento presente negli uffici.
emergenza
Il percorso è correttamente segnalato
Programma delle misure opportune per garantire nel tempo i livelli di sicurezza
MISURA
PERIODICITA’
Controllo uscite libere da materiale
Giornaliera
ingombrante, ostruzioni e pericoli
Controllo apertura porte per
Giornaliera
assicurarsi che si aprano facilmente
84
impianti
Mezzi ed impianti antiincendio
È presente un estintore portatile a polvere di tipo approvato da 6 Kg per spegnere
Numero e sistemazione dei mezzi di
incendi di classe A,B,C, e da utilizzare su apparecchiature elettriche.
estinzione portatili
L’estintore è correttamente manutenuto da ditta specializzata
La distanza che una persona deve percorrere per utilizzare un estintore è inferiore a
Adeguatezza dei mezzi antincendio
30 m. Sono presenti estintori in numero adeguato che sono ubicati in luoghi visibili e
di facile accesso
Programma delle misure opportune per garantire nel tempo i livelli di sicurezza
MISURA
PERIODICITA’
Verifica degli estintori
Semestrale
Sorveglianza degli estintori:
verificare che l’estintore non sia stato
manomesso, che sia chiaramente
Giornaliera
visibile e che l’accesso allo stesso sia
libero da ostacoli
Mezzi di comunicazione
In virtù della scarsa superficie di estensione degli ambienti di lavoro è sufficiente
richiamare l’attenzione, in situazioni di emergenza, con allarmi orali dopodiché è
Comunicazione verbali nella sede fissa opportuno condursi in luogo sicuro avendo premura di aiutare persone eventualmente
presenti sui luoghi di lavoro e adottando tutte le misure necessarie per limitare i danni
alle persone e alle cose
Programma delle misure opportune per garantire nel tempo i livelli di sicurezza
MISURA
PERIODICITA’
Non prevista
Impianti elettrici
• L’impianto elettrico nel suo insieme risponde ai requisiti di buona tecnica, in
modo tale da prevenire i rischi di incendio e di esplosione derivanti da eventuali
Conformità impianti
anormalità che si possono verificare durante l’esercizio
• Verificare certificazione di conformità
I quadri elettrici
• Sono dotati di adeguate protezioni contro i sovraccarichi e cortocircuiti
Riparazioni elettriche
• Affidata a personale qualificato
Programma delle misure opportune per garantire nel tempo i livelli di sicurezza
MISURA
PERIODICITA’
Messa fuori tensione delle
apparecchiature elettriche non
Giornaliera
utilizzate
Verifica funzionamento impianto di
messa a terra e impianto scariche
Ogni 5 anni
atmosferiche
Messa fuori tensione delle
vengono effettuate operazioni di manutenzione
apparecchiature elettriche durante le Se
non
elettrica su macchine o apparecchiature
operazioni di manutenzione
Verificare che gli allacciamenti
elettrici siano ripristinati e/o lasciati
esattamente come sono stati trovati
Verificare presenza e visibilità della
cartellonistica di sicurezza
Dopo eventuali operazioni di riparazione
o manutenzione su macchine e/o apparecchiature
Giornaliera
Informazione/Formazione
Gli addetti hanno ricevuto, da parte del Responsabile del Servizio di Prevenzione e
Protezione, l’addestramento per il corretto utilizzo delle attrezzature e degli impianti
Informazione
elettrici
Gli addetti alla lotta antincendio hanno seguito uno specifico corso ai sensi del DM 10
marzo 98
Programma delle misure opportune per garantire nel tempo i livelli di sicurezza
MISURA
PERIODICITA’
Informazione/Formazione
In caso di introduzione di nuove macchine e attrezzature e nuove sostanze
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
85
Segnaletica di sicurezza
La segnaletica relativa alla prevenzione incendi si compone dei seguenti cartelli:
Sul quadro elettrico
CARTELLI DI DIVIETO
(conformi al D.Lgs. 81/08):
“Vietato utilizzare acqua in caso di incendio” e “Vietato compiere
manutenzione sull’impianto di propria iniziativa”.
INDICAZIONI DELLE UTENZE
Nei pressi delle uscite di emergenza
CARTELLI DI SALVATAGGIO
(conformi al D.Lgs. 81/08):
Cartelli che segnalano l’ubicazione delle uscite di sicurezza e le direzioni da
seguire
Sui mezzi di estinzione
SEGNALI ANTINCENDIO
(conformi al D.Lgs. 81/08):
Cartelli che segnalano l’ubicazione dei presidi antincendio
Nei pressi del telefono
NUMERI UTILI
(c/o ufficio gestore)
Norme comportamentali
AVVISI indicanti le norme di comportamento da adottare in caso di incendio, in
caso di evacuazione
Programma delle misure opportune per garantire nel tempo i livelli di sicurezza
MISURA
PERIODICITA’
Controllo visivo della segnaletica: sia
Giornaliera
sempre ben visibile e non ostruita
Accertarsi che le utenze sul quadro
elettrico siano opportunamente segnalate Giornaliera
FiloTecna-Formazione: la piattaforma e-learning per i tecnici
È on line la piattaforma e-learning di Filotecna, raggiungibile dal sito www.filotecna.it. Il sistema eroga seminari
di formazione a distanza sui principali argomenti di interesse per i tecnici tramite video lezioni e test di verifica
dell’apprendimento. La piattaforma non consente di proseguire se non si raggiunge la soglia minima dell’80% del punteggio
dei quiz. Attualmente sono liberamente disponibili i seguenti seminari: Requisiti dei soggetti certificatori energetici (3 unità
didattiche); Efficienza energetica degli edifici – BASE- (8 unità didattiche); Elementi di impianti elettrici per gli edifici (5 unità
didattiche).
Per accedere visionare la guida disponibile al seguente link:
http://www.filotecna- formazione.it/FiloTecna_Iscrizione_web/player.html
Prossime lezioni
Lezione 4 – Sistemi di protezione passiva
Lezione 5 – Sistemi di protezione attiva
86
Lezione 6 – Esempio di progettazione con approccio
ingegneristico
LEGGERE
Maurizio Galimberti nasce a Como
nel 1956 e cresce a Meda. Studia da
Geometra e nei cantieri affina il punto
di vista rigoroso con cui impressionerà
il mondo.
Sin da ragazzo partecipa a numerosi
concorsi fotografici, vincendoli,
addirittura con nomi diversi come quello
della madre o della moglie. All’inizio usa
la classica pellicola analogica lavorando
molto con una fotocamera ad obbiettivo
rotante widelux in bianco e nero e in
diapo/cibachrome, poi nel 1983 inizia la
sua passione-ossessione per la Polaroid.
La sceglie per il semplice motivo che
non sopportava l’attesa dello sviluppo
per vedere il risultato del suo scatto e
anche per una eterna paura del buio
della camera oscura. Si accorge inoltre
che la resa dei colori con la pellicola
istantanea è semplicemente magica ed
inizia un lungo percorso fino ad oggi di
ricerca e di sperimentazione nell’uso di
questo media.
Nei primi anni Novanta infatti,
abbandona l’attività edilizia di famiglia e
decide di dedicarsi solo alla fotografia.
Nel 1991 inizia la collaborazione con
Polaroid Italia della quale diventa ben
presto il testimonial ufficiale e che ha
come risultato il volume POLAROID PRO
ART pubblicato nel 1995, vero oggetto
di culto per gli appassionati di pellicola
polaroid di tipo integrale.
Il 1997 è l’anno che vede l’entrata nel
mondo del collezionismo d’arte dei suoi
mosaici di polaroid.
Nello sviluppo di questa sua peculiare
tecnica hanno grande influenza il
futurismo di Boccioni e il movimento
cinetico esasperato di Duchamp.
Galimberti riesce in un istante
a visualizzare una complessa
scomposizione dell’immagine da ritrarre,
matematica nel suo rigore e musicale
nell’armonia d’insieme, che realizza di
getto leggendo le note nella sua mente.
Con la stessa tecnica diviene conosciuto
per i suoi ritratti, sempre a mosaico.
Arriva nel 1999 la nomina al primo
posto nella classifica dei foto-ritrattisti
italiani redatta dalla rivista Class. La
Maurizio Galimberti
Fotografo e artista
della Polaroid
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
87
popolarità e il successo con cui vengono accolte queste inusuali rappresentazioni di volti lo portano a partecipare nel ruolo di
ritrattista a numerose edizioni del Festival del Cinema di Venezia.
In particolare, nell’edizione del festival del 2003, il suo ritratto di Johnny Depp sarà la copertina del Times Magazine inglese del
27 settembre dello stesso anno.
La curiosità per la particolare tecnica da lui sviluppata ha suscitato l’interesse di numerose aziende leader in vari settori, tra le
quali: Milan calcio (“Il Milan del centenario”) Fiat Auto (calendario 2006, libro “Viaggio in italia…nuova fiat 500) Kerakoll (libro
“NewYorkmatericomovimentosa”) Jaeger Lecoultre (libro “La grand maison”) Illy caffè (campagna istituzionale 2008) Nokia (libro
“telefoninotempoemozione”) Lancia Auto (ritratti alla 66a mostra del cinema di Venezia).
Nel 2005 l’incontro con i Sig.ri Fumagalli, appassionati e collezionisti di arte contemporanea, ha permesso a Galimberti di
iniziare la realizzazione di importanti volumi sulle città del mondo come New York, Venezia, Berlino. Inoltre nel 2007 viene
fondato l’Archivio NordEst che raccoglie, numera e cataloga le sue opere al fine di valorizzarle e di tutelarne l’autenticità.
Nell’ottobre 2009 in occasione della riapertura di Polaroid è invitato in veste di testimonial ufficiale alla fiera della fotografia di
Hong Kong , di Las Vegas e al Tribeca Film Festival, realizzando portraits performance con Lady Gaga, Chuck Close
e Robert de Niro.
Nell’Aprile 2011 all’interno della prestigiosa collana di film/dvd sui grandi della fotografia Italiana, prodotta da GiArt di Bologna
ed editata da Contrasto, è uscito il film/dvd “Maurizio Galimberti”.
Nell’Aprile del 2011, IMPOSSIBLE, nuovo brand produttore di instant film, gli ha dedicato un instant film b&w denominato
“IMPOSSIBLE MAURIZIO GALIMBERTI SPECIAL EDITION”.
Galimberti è stato inoltre visiting professor alla Domus Academy, alla facoltà di Industrial Design dell’Università Bicocca di Milano
e all’Istituto Italiano di fotografia di Milano.
Tiene regolarmente workshop di fotografia creativa durante i principali festival fotografici.
Le sue opere fanno parte delle più importanti collezioni di fotografia.
Attualmente lavora ad un prestigioso volume sulla città di Milano in vista dell’Expo del 2015, e ad un volume con Archivio
nordest sulla città di New York di imminente realizzazione.
Con GiArt di Bologna lavora al Progetto “PAESAGGIO ITALIA” che dà luogo ad un’importante mostra (con oltre 150 immagini
esposte) tenutasi quest’anno all’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti di Venezia e all’omonimo libro edito da Marsilio Editori
SpA dal quale si propongono due capitoli e le immagini di alcune opere di Galimberti.
88
leggere
“Maurizio Galimberti.
La mosca”
di Giuseppe Mastromatteo
Maurizio Galimberti è un cubista,
un surrealista, un fotografo, un
abile manipolatore della realtà.
Il suo modo di vedere il mondo
è un puzzle, i suoi sono occhi
particolari: forse è una mosca
reincarnata in un
fotografo di grande successo
che vede la realtà scomposta in
mille sfaccettature. Le opere di
Maurizio sono opere dell’invasione
fotografica, perché quando vuole
raccontare un’architettura con la
ma è il maestro che ne decreta
l’interesse artistico.
I Mosaici di Galimberti
scompongono e ricompongono la
realtà, la aprono, la schiudono e
ne rivelano in ogni scatto un senso
proprio, una propria autonomia e
dignità. Che sia una finestra o un
grattacielo poco importa. Come un
architetto dell’immagine Galimberti
razionalizza tutti i pezzi per
stendere poi l’insieme che diventa
magicamente arte. Galimberti
raramente controlla ciò che ha
scattato, ha sempre bene in mente
i pezzi che andranno a comporre
soltanto l’estensione di un occhio
molto raffinato che ha bisogno
di molto più di una fotografia per
narrare la realtà.
Galimberti è un uragano come
Sandy che arriva e spazza via,
apre tutte le forme architettoniche
e ne fa un racconto d’arte
completamente stravolto.
Perché un solo punto di vista non
è sufficiente e non porta lontano.
La contemporaneità di Galimberti
sta proprio in questo: quelle
polaroid che tutte insieme aprono
a più verità contemporaneamente
sono il 3D della fotografia.
sua personalissima Polaroid, lui
invade letteralmente il paesaggio
e le fondamenta stesse della
visione umana proprio come se
volesse scansionare la realtà. In
realtà Maurizio è solo un fotografo
abile ma, di più, mappa metro
per metro la città proprio come la
fotografia aerea che cattura una
quantità elevata di informazioni
sul territorio e sul paesaggio
che altrimenti rimarrebbero
sconosciute. La sua Polaroid
non risparmia niente: tutto può
diventare una Polaroid Galimberti,
il puzzle fotografico più ampio,
perché l’opera è nella sua testa
ancora prima del click iniziale.
Maurizio gioca con la realtà, la
filtra e la distorce per raccontare
tutti i lati della verità, belli o brutti
che siano. Il palazzo diventa “multi
palazzo” e il paesaggio diventa
“multi paesaggio” come un
grande grattacielo diventa infinito
e sfaccettato nelle sue molteplici
rappresentazioni fotografiche.
Io non so se la sua sia fotografia
o piuttosto un modo più ampio di
raccontarci una verità: il mezzo è
“Extra_vagante
Esplorazioni, incursioni,
divagazioni, appunti di
Maurizio Galimberti”
di Benedetta Donato
(curatrice del Progetto
“Paesaggio Italia”)
Lasciatemi così. Ho fatto tutto il
giro e ho capito.
Il mondo si legge all’incontrario.
Tutto è chiaro.
Italo Calvino, Il castello dei
destini incrociati, Torino, Einaudi,
1973
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
89
La dimensione del vagare al di
fuori dell’ordinario, al di là delle
mete riconosciute e riconoscibili
dallo sguardo, perdersi e
ritrovarsi senza concetti prescritti,
lasciandosi alle spalle il proprio
luogo comune, vuol dire essere
pronti a disorientarsi. Raccontare
la storia di un viaggio e del suo
viaggiatore che lascia tracce, che
come un narratore dissemina
indizi e scenari possibili in un
costante rinnovamento dello
spazio e dei luoghi.
In questa narrazione, il percorso è
guidato dalle emozioni, dal sentire,
dalla ricerca di quell’istante in cui
si realizza l’imperfetto.
L’istante in cui, parafrasando
Cartier-Bresson, «la testa,
l’occhio e il cuore sono messi
sulla stessa linea di mira» per
restituire il momento autentico
dove la sincronia la fa da padrona:
viaggiatore e luogo sono nello
stesso tempo.
L’esperienza è certamente extraordinaria, al di fuori della sfera del
prevedibile, perché il narratore,
consapevole di trovarsi di fronte
a una realtà complessa, tanto
strabordante da non poter rientrare
in quel limbo di parzialità che è
l’inquadratura, reinterpreta anche
quello che apparentemente rimane
al di fuori dell’impressione visiva,
perché oramai, lui, lì ci è entrato
dentro, se ne è appropriato.
Nel Grand Tour che ci
viene riportato, l’artista vive
un’esperienza di trasformazione
e rinnovamento, percorre e
riscopre itinerari che si presentano
sottoforma di panorami inediti.
L’evoluzione maturata, anche
grazie alle esperienze di New York,
Berlino e Venezia, è il presupposto
per affrontare questo nuovo
viaggio in Italia, attraverso i luoghi
del cuore, come un’opportunità
di sperimentazione e mutamento.
Cambiano i soggetti, le modalità di
ripresa, le pellicole, le cose notate
che diventano notevoli. Il viaggio
di Maurizio Galimberti trasfigura lo
sguardo verso un nuovo mondo,
90
scuotendo l’abitudine mentale
secondo cui la realtà è solo quello
che si vede.
Innanzitutto lui la sente, la mangia,
ne avverte i profumi e i sapori nel
momento in cui istante e istinto
viaggiano in simbiosi con la sua
ombra, con il suo essere dentro il
tutto.
La suona, scegliendo il giusto
tempo di esecuzione. Il giusto
tempo è quella misura in grado
di conferire movimento alla
composizione.
L’esercizio compositivo, in musica
così come nella fotografia di
Galimberti, tende alla ricerca
dell’armonico. Il risultato è il ritmo,
la ricerca dell’armonia nel dialogo
tra tempo e spazio, nella geometria
dell’incanto che l’artista stesso
definisce «liricità nello spazio».
Suonare la musica di un luogo,
di un edificio, di una città, di una
strada e saperne ritrasmettere la
magia vuol dire vedere lo spazio
come una realtà da comporre che
ha un inizio e una fine, che appare
sottoforma di spartito musicale sul
quale scrivere le note.
«[...] Ora tu pensa: un pianoforte. I
tasti cominciano. I tasti finiscono.
Tu sai che sono 88, su questo
nessuno può fregarti. Non sono
infiniti, loro. Tu sei infinito, e dentro
quei tasti, infinita è la musica che
puoi fare» (Alessandro Baricco,
Novecento. Un monologo, Milano,
Feltrinelli, 1994, p. 56).
Una polaroid: un oggetto
concluso, finito, definito. Il
saper fare dell’artista interviene
e quell’oggetto diventa scrigno
di infinite visioni, così come
infinite sono le geometriche
possibilità compositive. Dall’alto
verso il basso, da sinistra verso
destra, da un estremo all’altro.
Il soggetto di Galimberti è
fermo; è il fotografo stesso che
gli regala ritmo, velocità, che
dà movimento alla macchina
leggere
sperimentando la ripetizione
con preciso rigore matematico,
cercando la perfezione della
linearità, calibrando i pieni e i
vuoti, in un dinamismo che è
contemporaneamente fisico e
mentale. Nei mosaici il fotografo
si muove nello spazio che
circonda un edificio o un volto,
per rinnovarlo costantemente, per
creare spettacolari melodie visive.
«[...] Non è pazzia. È geometria»
(Ibid.).
L’artista Galimberti sperimenta
con gioco, sintonizzando le proprie
potenzialità espressive con quelle
del medium, passando dalla
spettacolarizzazione geometrica
dei luoghi e dei volti alla ricerca di
frammenti d’intimità, di un’altra
dimensione, del sogno.
Si sofferma su una specifica
realtà, colta in una miriade
di dettagli apparentemente
marginali, così come possono
essere gli scorci o gli oggetti
della consuetudine nella vita
quotidiana. Scatti singoli,
piccole serie di immagini
manipolate, isolano il particolare
e immediatamente assumono le
sembianze di un’esistenza che
acquista una propria identità,
degna di essere raccontata.
Storie che diventano, in forza
dello speciale vigore estetico di
questa rappresentazione visiva,
esperienze qualitative intense. Il
vigore è anche fisico, si esprime
nell’alterazione della consistenza
materica e cromatica del reale
così reinterpretato, rivissuto,
restituito a nuova vita. Avviene
un’incursione dell’artista in quella
realtà in cui oramai è entrato, un
intervento scultoreo «[...] non ti
basta scattare l’immagine, vuoi
entrarci dentro, avverti il bisogno
fisico che vive con la tensione
delle tue braccia».
Nei Ready-made questa attitudine
è elevata. Gli oggetti riletti,
rivisti, di cui si appropria e da
cui viene stimolato, vengono
contaminati dal suo segno. Un
timbro campeggia sulle cartoline
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
91
postali «MAIL ART by MAURIZIO
GALIMBERTI», «Readymade by
Maurizio Galimberti»: una ricerca
e un invito alla corrispondenza
emozionale, alla riaffermazione del
sé attraverso un nuovo oggetto
artistico. E anche un suggerimento
a riconoscersi in quelle atmosfere
rievocate cui viene restituita voce.
La rievocazione di un’atmosfera
è tradotta anche attraverso una
sorta di distacco che avviene
quando Galimberti propone
immagini appartenenti a una realtà
altra. Accade con la vibrazione del
colore e si rafforza con il bianco e
nero. La semplificazione innalza il
singolo frammento, lo alleggerisce
e al contempo lo fa sentire in
profondità. A quasi duecento anni
dall’invenzione della fotografia,
di fronte a questi replicanti
– impossibile non cogliere la
similitudine con i primi dagherrotipi
– viene da domandarsi: realtà o
sogno? Eco di momenti ritrovati, la
realtà è senza tempo. Irreale.
Metabolizzando il lavoro
di Galimberti, credo che la
frammentazione di una visione
architettonica, l’atto della
scomposizione di un volto,
l’incursione e l’intervento
dell’artista sulla realtà, lungi dal
renderla ineliminabile, mostrino
l’esistenza di un necessario che
travalica lo stesso principio di
istantaneità.
Il lavoro è denso, gli itinerari
reali-irreali, tecnici-mentali sono
molteplici. La liricità dello spazio
scandita attraverso il ritmo nelle e
delle immagini è accompagnata,
in questo lavoro, da una tecnica
di scrittura mai didascalica o
puramente descrittiva. Il linguaggio
è istintivo, un idioma carico di
varianti che ancora
di più sottolinea e rafforza il
legame instaurato con i luoghi, la
radicata appartenenza reciproca.
Sul suo personalissimo giornale
di bordo, l’artista-narratoreviaggiatore, passo dopo passo,
riga dopo riga, riporta pensieri,
emozioni, atmosfere, parole in
libertà che di futurista conservano
la paternità letteraria e il metodo
simultaneo.
In Galimberti avviene un passaggio
ulteriore: la narrazione dei pensieri
si allarga a nuove visioni e non si
riferisce esclusivamente alla realtà
urbana. Il flusso di sensazioni
provate dall’artista non sceglie la
città come unicum da elevare,
Maurizio Galimberti. Paesaggio Italia
Più di 300 pagine e oltre 300 fotografie: le Polaroid di Galimberti mettono in scena un
nuovo e sorprendente Viaggio in Italia, per certi tratti un percorso visivo, per altri fortemente
autobiografico, in cui Galimberti non si risparmia.
Un grande libro, a cura di Benedetta Donato, (Marsilio Editori SpA, 2013; pp. 320 con 352 ill. a
colori) per appassionati di fotografia e di manipolazione delle immagini a sviluppo immediato,
una tecnica che ha preceduto di molto la strada delle elaborazioni che si fanno oggi con la
fotografia digitale. Una ricerca iniziata oltre vent’anni fa.
Ai primissimi scatti realizzati negli anni ‘90 si affiancano gli inediti degli ultimissimi anni. Il
risultato è un lavoro sul tema del viaggio in Italia che, per la prima volta, riesce a mettere
insieme tutte le forme creative sperimentate dall’instant artist con la sua Polaroid
92
bensì la decontestualizzazione
e la destrutturazione di quel
determinato spazio
e di ciò che lo caratterizza
innanzitutto. Che si tratti di un
edificio, un’architettura, una
strada, un volto, un oggetto, del
mare... poco importa. O può
importare tutto, se si è verificato
il momento in cui l’artista riesce
a cogliere l’imperfetto ovvero ha
raggiunto il suo scopo. Il luogo
decontestualizzato, surreale,
frammentato, ricostruito o
manipolato, per il narratore
Galimberti, mostra una verità, una
sensazione profonda di ironica
leggerezza, immediata e vitale,
istantanea, mentre il testo offre
uno spunto, una o possibili tracce
di memorie ancora presenti che a
quel luogo e a quella sensazione
restano indissolubilmente legate.
La simultaneità di parole
e immagini riempie
contemporaneamente la
coscienza e la consapevolezza
dell’artista, alimentando il suo
incontenibile istinto, il bisogno
fisico di continuare a nutrirsi, di
mordicchiare la realtà, di lasciarvi
un segno.
EVENTI
I
n Roma si è tenuto nel
Palazzo Corrodi, sede
della Cassa Italiana di
Previdenza dei Geometri, il
convegno sulla nuova figura
professionale del Building Manager,
quale evoluzione della “classica”
figura dell’“Amministratore di
condominio”, alla luce delle novità
introdotte dalla legge n.220/2012,
entrata in vigore il 18 giugno 2013.
Tre sono i motivi per i quali la
società Groma ha organizzato il
convegno.
Il primo perché la Riforma del
Condominio, per quanto possa
essere ritenuta dagli addetti ai
lavori un’occasione mancata,
innovativa, bella o brutta,
offre comunque l’occasione
per spolverare la figura dell’
“Amministratore di condominio”.
Figura ”impolverata” da 71 anni
di evoluzione e trasformazione
del ruolo, dei suoi compiti, delle
responsabilità e soprattutto delle
competenze, profondamente
modificate dal contesto sociale
nella storia del nostro Paese.
Il secondo motivo: in Italia non
si costruisce più (essenzialmente
perché non c’è più territorio) e per
questo si lavora sull’esistente. Il
“Building Manager”
L’evoluzione della figura
dell’“Amministratore di
condominio”
Le novità della Legge
11/12/2012 n.220
Una grande opportunità
professionale
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
93
futuro, pertanto, è racchiuso in un
unico termine “gestire”:
• Gestire il costruito (manutenzione di
edifici ed impianti)
• Gestire i servizi allo spazio
• Gestire i servizi alle persone
• Per queste attività occorrono figure
professionali specializzate, come
quella innovativa del Building
Manager.
Terzo ed ultimo motivo, non in
ordine di importanza, perché
Groma, che opera ormai da 26
anni nell’ambito della gestione di
servizi integrati per il patrimonio
immobiliare, ha creato (forse per
prima in Italia) già nel 1998, una
propria rete di Building Manager,
sull’esperienza gestionale dei
Paesi anglosassoni, con l’obiettivo
di sviluppare una nuova figura
tecnica, che si occupasse
prevalentemente di tutti quegli
aspetti manutentivi connessi alla
gestione integrata di un immobile.
Una figura più specializzata,
quindi, in grado di rispondere
in maniera efficiente alla
innumerevole varietà di esigenze
e di interventi che il mercato
richiede.
I tre motivi illustrati da Vincenzo
Acunto, Direttore Generale di
Groma, nei lavori di apertura
del convegno, che ha visto 75
Collegi Provinciali di Geometri
collegati in streaming ed oltre
100 professionisti accreditati
in sala, hanno consentito di
definire nuove opportunità di
lavoro, nuovi sbocchi professionali
e la definizione di questa
figura professionale, richiesta
dal mercato prima che dalla
normativa.
I numeri citati dai vari relatori del
convegno sono eloquenti: in Italia
le unità immobiliari sono circa
60 milioni, di queste oltre il 60%
sono abitazioni e un ulteriore
30% sono unità pertinenziali di
residenze (cantine, box, posti auto,
depositi, ecc.). Il 70% dello stock
immobiliare residenziale in Italia
ha più di 30 anni, di questo il
35% ha mediamente 60 anni. Nel
94
settore dell’edilizia, la percentuale
dell’attività manutentiva nel solo
settore residenziale è pari al 23%.
Da questi dati sintetici ci si rende
immediatamente conto di quanto
possa pesare nell’economia di
un Paese come l’Italia il settore
dell’edilizia, delle manutenzioni
e della gestione immobiliare in
particolare, con una evidenza sulla
gestione dei costi rispetto alla pura
attività contabile.
La valenza innovativa del
Building Manager, per quanto
sopra sinteticamente descritto, è
quella di superare la tradizionale
concezione della figura a noi
nota come “Amministratore di
condominio”, più vicina ad un
contabile che ad un tecnico
(per i conti ci sono i software,
per gli interventi manutentivi
sono necessarie delle precise
competenze). Il Building Manager,
nell’immaginario collettivo italiano,
è una strana figura professionale,
a metà tra “l’Amministratore di
condominio” ed un “tecnico libero
professionista”. È considerata una
figura indispensabile alla gestione
dei beni immobiliari con enormi
potenzialità di crescita.
La Riforma, pur non inserendo
l’“Amministratore di condominio”
tra le categorie ordinistiche,
in pratica ne ha delineato un
professionista a tutti gli effetti, al
quale si richiede un diploma, una
certificazione, una formazione
periodica, la responsabilità
civile, la fideiussione, ed altro,
attribuendogli una responsabilità
multi direzionale.
La finalità e l’occasione offerta
dalla Riforma è quella di arrivare
a formare un professionista
in possesso di conoscenze e
abilità idonee ad affrontare la
complessa sfida del mercato
della manutenzione e dei servizi
allo spazio e alle persone, un
soggetto in grado di massimizzare
l’efficienza e l’economicità
del sistema edilizio: esigenze
individuali, strutturali dell’immobile
e dell’ambiente circostante.
Il potenziale di mercato è molto
alto, in quanto la domanda
attuale si attesta a circa il doppio
dell’offerta: in Italia, oggi, coloro
che amministrano un condominio
sono circa 320.000, ma di questi
ben 260.000 gestiscono un unico
edificio, presumibilmente quello
dove loro stessi abitano (Fonte
Impresa lavoro.eu).
La gestione di un edificio non può
esimersi da temi culturali, oggi
molto sentiti, quali la flessibilità
organizzativa, la capacità di
soddisfare le esigenze di chi
vive negli edifici, l’assicurazione
della qualità delle prestazioni
effettuate, lo sviluppo di processi
e metodi di lavoro efficaci, la
conoscenza multidisciplinare. È
evidente che lo sforzo richiesto
non può essere richiesto al singolo
individuo, ma dovrà essere la
risultante di un servizio fornito con
eccellenza, grazie all’impiego di
un’organizzazione ben strutturata
e personalizzata sulle esigenze
dell’utenza.
Secondo Groma, il Building
Manager è una figura tecnica,
specialistica, con competenze
specifiche nel settore immobiliare
ed in particolare in quello della
gestione integrata. A differenza
del classico “Amministratore
di condominio”, il Building
Manager non si occupa solo ed
esclusivamente di quegli aspetti
connessi a procedure contabili
e amministrative, ma sarà
impegnato prevalentemente quale
“tecnico” specialista per gestire
con maggiore efficacia gli aspetti
di natura tecnico-manutentiva,
occupandosi della conservazione
dello stato funzionale e
prestazionale di un complesso
immobiliare, senza trascurare i
servizi allo spazio e alle persone
che lo vivono.
Visto il grande interesse suscitato
dall’iniziativa, a breve i materiali e
gli interventi degli autorevoli relatori
verranno messi a disposizione
in modalità e-learning su
abitantionline.it.
NEWS
Concorso
Instanthouse
@ School:
i vincitori
dell’edizione
2013
Sono stati decretati i vincitori
dell’edizione 2013 del concorso
InstantHouse @ School,
promosso da FederlegnoArredo
in collaborazione con il DAStU,
Dipartimento di Architettura e Studi
Urbani e Politecnico di Milano per
MADE expo.
Ad aggiudicarsi il primo premio
sono state Alexandra Timpau e
Barbara Bencova, della Technical
University of Cluj-Napoca,
con “SMALL EXPLORERS
KINDERGARTEN”, progetto
articolato in una sequenza di spazi
che interpretano la formazione
del bambino entro un processo di
esplorazione fra natura e artificio.
Il secondo posto è andato invece
a Trinh Phuong Quan, dell’HCMC,
University of Architecture, di Ho
Chi Minh City. Il vietnamita ha
presentato un nuovo concetto
di progetto, dal titolo “OPEN
AND LINKED KINDERGARTEN”,
operando tramite la metafora del
fiore e dei petali, definendo con
abilità una composizione che ritma
gli spazi didattici fra volumi organici
e aree aperte. Il tema consente
un’abile miscelazione fra le diverse
gerarchie: centralità e dispersione
entro un ordine evidente. Terzo
posto assegnato a Iva Markovic
e Jovana Petrovic dalla Serbia. Il
progetto, ideato dalla studentessa
della Belgrade University, prende
il nome di INSTANT SCHOOL e
attraverso la ricerca geometrica,
investiga l’aggregazione
differenziata fra i volumi, risolvendo
con attenzione il rapporto fra spazi
interni e articolazione dei vuoti.
Il tema del concorso prevedeva
la progettazione di una scuola
dell’infanzia per bambini dai 3
ai 6 anni, una scelta intenta a
stimolare ricerche architettoniche
che riflettano le diverse modalità
di percepire e conoscere il
paesaggio, l’ambiente e il territorio
da parte dei bambini, attraverso
un’esperienza multisensoriale
dello spazio e dell’architettura.
L’edizione 2013 di InstantHouse
ha visto il doppio dei progetti
rispetto alla scorsa edizione e ha
decretato i vincitori tramite una
Giuria selezionata, composta da
importanti personaggi come Pedro
Gadanho, curatore del MoMA.
I progetti premiati verranno esposti
a MADE expo in ottobre.
Verrà inoltre realizzato a un
prototipo del progetto vincitore
in scala reale, per creare un
punto d’incontro con i produttori
interessati all’originalità
architettonica, alla tecnica
costruttiva e al valore economico
dell’opera. La manifestazione
internazionale dedicata all’edilizia
e al mondo del progetto e
dell’architettura sarà a Fiera Milano
Rho dal 2 al 5 ottobre.
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
95
BOOKS
Codice della
Relazione Peritale
nel processo civile di
cognizione
Il consulente tecnico svolge
un’opera essenziale per il corretto
svolgimento del processo civile.
La relazione peritale – quando la
questione controversa si risolve in
aspetti tecnici – diventa sostanza
per la decisione giurisdizionale.
In essa il magistrato deve poter
trovare non solo la risposta ai
quesiti ma anche la rispondenza
alle regole poste alla base del
processo.
La relazione peritale non può
quindi risolversi in una relazione
tecnica qualsiasi, ed anche se
il codice di rito non stabilisce
indicazioni per la sua redazione
vi sono principi essenziali che le
norme e la pratica indicano.
Il Codice della relazione peritale
nel processo civile di cognizione,
definendo principi, criteri, requisiti
e metodologie, considera la pratica
operativa del consulente insieme
96
ai precetti normativi e alle regole
processuali, per delineare standard
minimi indispensabili per lo
svolgimento corretto del mandato.
Il Codice, attraverso linee guida
puntuali ed esaustive, mira a
prefigurare un livello di qualità
professionale uniforme e condiviso,
rivolto al mondo professionale ed
a quello della magistratura, ed in
grado di rappresentare il termine
di raffronto e il punto di riferimento
per i consulenti tecnici.
In definitiva il Codice della
relazione peritale nel processo
civile di cognizione si pone
l’obiettivo di uniformare la
metodologia di redazione della
relazione peritale, a vantaggio
di una visione comune, di
una crescita e di uno sviluppo
qualitativo del ruolo del consulente,
e nella consapevolezza che è
responsabilità dell’ausiliario offrire
al magistrato un documento
peritale completo e corretto per
forma e sostanza.
Il volume (edito da Pisa University
Press, 2012; 112 pagine, in vendita
da marzo e prenotabile sul sito:
www.pisauniversitypress.it) è stato
realizzato a cura di: Consiglio
Nazionale Forense; Consiglio
Nazionale Geometri e Geometri
Laureati; Scuola Superiore
dell’Avvocatura; Associazione
Nazionale Geometri, Consulenti
Tecnici, Arbitri, Mediatori.
Comitato scientifico dell’opera:
Direzione scientifica: prof. Avv.
Francesco Paolo Luiso; per la
Scuola Superiore dell’avvocatura:
Avv. David Cerri, Avv. Maurizio
Paganelli; per l’Associazione
Nazionale Geometri, Consulenti
tecnici, Arbitri e Mediatori: Geom.
Paolo Frediani, Geom. Guido
Turchetti.
PER UNA NECESSARIA PIANIFICAZIONE DELLE SPESE POSTALI, IL NOSTRO BIMESTRALE, CHE IN PASSATO
VENIVA INVIATO GRATUITAMENTE A TUTTI I GEOMETRI LIBERI PROFESSIONISTI, POTRÀ ESSERE RITIRATO
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Nome Collegio di appartenenza
N° Iscrizione Albo
Città Via/Piazza Telefono Data Fax 06.42005441
Cognome
Cap
N°
e-mail
Firma
#27 // MAGGIO GIUGNO 2013
97
NEL PROSSIMO NUMERO
28
REALIZZAZIONI
Ospedale dei bambini
“Pietro Barilla” di Parma
ZOOM
Percorsi nel “Grande Cretto”
di Alberto Burri
in Gibellina Vecchia (TP)
IDEE
Il viaggio:
andata o ritorno?
Claudio Magris
TECNOLOGIE
Censimento edilizio
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per la prevenzione sismica
Progetto Groma
PROGETTI
La casa di paglia
in Roma
… e tanti altri
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che illustrano lavori ed
interventi dei Geometri
liberi professionisti.
98