Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA L'ETA' UMANISTICO-RINASCIMENTALE Nel corso del 1400 si verifica una vera e propria svolta con mutamenti nella visione del mondo e nelle espressioni letterarie ed artistiche. Ha inizio un'età nuova, che nella tradizionale ripartizione storica viene indicata come Rinascimento e l'Italia ha un ruolo fondamentale in questa svolta. Come per ogni periodizzazione, bisogna stare attenti a non contrapporre in maniera troppo semplicistica Medioevo e Rinascimento. Oltre al grande e dibattuto problema della distinzione tra Medioevo e Rinascimento, esiste anche un problema di periodizzazione riguardante il Rinascimento stesso. Si distinguono solitamente la fase dell'Umanesimo (che coincide circa con il 1400 ed è l'epoca della rinascita dell'interesse per i classici) e quella del RINASCIMENTO vero e proprio (che occupa i primi decenni del 1500 e che è l'età del consolidamento della visione del mondo dell'Umanesimo e delle opere migliori di questa età). Anche qui non si possono facilmente distinguere i due periodi (se non per motivazioni didattiche di facilitazione dello studio), dal momento che entrambi fanno parte di un movimento culturale fortemente omogeneo. La distinzione è comunque giustificata dal verificarsi di eventi storici epocali: la grande crisi e la perdita dell'indipendenza da parte degli stati italiani (abbiamo detto che l'Italia ha un ruolo fondamentale nella nascita e nella diffusione del Rinascimento); le scoperte geografiche con le loro conseguenze economiche e sociali: lo spostamento dell'asse dei commerci marittimi dal Mediterraneo all'Atlantico; la diffusione delle armi da fuoco, anche qui con le conseguenze inerenti; la diffusione della stampa; la Riforma Protestante. STRUTTURE POLITICHE Si è detto come fin dalla fine del Duecento si affermasse in varie città italiane una nuova forma di governo: la Signoria. I conflitti tra le fazioni erano divenuti talmente aspri che le istituzioni comunali ne risultarono indebolite e ciò aveva consentito a singoli individui e famiglie di prendere il potere. In altri casi proprio il bisogno di pace aveva indotto i cittadini a consegnare il potere nelle mani di un signore che riportasse la pace in città. Nel corso del ‟300 e del ‟400 le signorie si consolidano e il potere si trasmette ereditariamente di padre in figlio (a meno che non venga abbattuta, per mettere al potere un'altra famiglia: ad esempio Francesco Sforza assume il potere sottraendolo ai signori precedenti, i Visconti). Un‟eccezione è costituita da Firenze, che continua ancora nei primi decenni del ‟400 a reggersi secondo gli Statuti Comunali, ma anch'essa nel 1435 passa sotto la signoria di Cosimo De' Medici. Attorno al signore si crea una corte, di cui fa parte non solo il personale politico che si occupa dell'amministrazione dello stato, ma anche una serie di intellettuali ed artisti. È il cosiddetto fenomeno del Mecenatismo (così chiamato da Mecenate, il ministro di Augusto che proteggeva i letterati e si occupava della politica culturale dell'impero) che è uno dei fenomeni più caratteristici del Rinascimento. Ciò comporta una trasformazione dell'intellettuale. Se infatti si eccettua ancora una volta Firenze, dove come abbiamo detto sopravvive ancora per poco la figura dell'intellettuale cittadino, che si sostiene con le sue attività professionali (non di letterato) e si occupa della vita politica della città, si pensi al più famoso di tutti, Niccolò Machiavelli. Domina soprattutto l'intellettuale cortigiano, che si colloca nell'ambiente di corte che diventa il suo mondo, l'ambiente che gli permettere di condurre la vita di letterato. Vale anche l'altra alternativa (per coloro che non vogliono entrare alle dipendenze dei principi) della condizione clericale e che può implicare vari gradi di impegno, dai voti minori (che prevedevano l'obbligo del celibato) alla vera e propria carriera ecclesiastica. Ricordiamo i centri più importanti: Ferrara con gli Estensi; Urbino con i Montefeltro; Mantova con i Gonzaga; Milano, sotto i Visconti prima e gli Sforza poi. Tra tutti questi stati, nella prima metà del secolo, vi sono guerre feroci. Con la Pace di Lodi del 1454 ha inizio invece un lungo periodo di pace che dura per mezzo secolo (sino al 1494). Si stabilisce quindi tra gli stati italiani un equilibrio che permetterà lo sviluppo delle arti che caratterizza il Rinascimento. Proprio questa situazione determinerà la debolezza dell'Italia, che rimarrà frammentata politicamente e non vedrà nascere un‟entità statale forte come in Francia o in Spagna e questo porterà poi alla perdita della sua indipendenza. ECONOMIA E SOCIETÀ Il dato più caratteristico dell'economia di questo periodo è una riconversione degli investimenti in attività agricole, un ritorno alla terra. Molte famiglie di estrazione mercantile preferirono investire i loro capitali nell'acquisto di proprietà terriere, perché l'agricoltura presentava meno rischi delle imprese mercantili. Inoltre, tutta questa ricchezza permetteva a questa piccola elite di spendere cifre enormi in beni di lusso oppure nella costruzione di splendidi palazzi e ville. Si diffonde uno stile di vita che è volto all'Edonismo, alla ricerca del piacere, della gioia di vivere e del lusso. Tutto ciò trova conferma nell'esaltazione (tutta laica) della vita terrena che caratterizza questo periodo. Spesso poi in queste sontuose ville e regge venivano accolti gli intellettuali cortigiani di cui abbiamo detto (del resto tipico di queste corti è la festa, che esprime lo stile di vita di questi privilegiati e che veniva preparata con allestimenti scenici assai fastosi dagli intellettuali del tempo si pensi ad Ariosto). CENTRI DI PRODUZIONE DELLA CULTURA Oltre alla corte, una istituzione nuova, tipica del Quattrocento, è l'Accademia. Per gli Umanisti, la cultura non è soggetta ad auctoritas ma nasce dal dialogo tra persone colte e raffinate, nasce dallo scambio di idee proprie come nelle scuole filosofiche dell'antica Grecia, in particolare l'Accademia di Platone, e proprio da questa antica istituzione traggono il nome questi nuovi centri di produzione della cultura, le Accademie appunto. Questi sono luoghi dove i dotti si incontrano tra di loro per discutere e scambiarsi idee. Le loro riunioni sono spesso ospitate nei palazzi o nelle ville dei mecenati di cui si è detto o presso le corti stesse. Sono comunque un luogo di libera discussione della cultura, mentre 1 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA nei secoli successivi cambieranno profondamente fisionomia: non saranno più liberi luoghi di incontro ma istituzioni ufficiali, strettamente regolate dal potere, cui si accedeva solo per nomina. Un'altra istituzione nuova sono le Scuole Umanistiche, nuove in un duplice senso: non solo per il metodo, che guardava allo studente non come un contenitore da riempire con nozioni ma di cui far emergere a pieno le potenzialità, ma anche come luoghi in cui i docenti e gli studenti facevano vita in comune: elemento che è rimasto nei college inglesi. Con la diffusione della stampa, poi, alla fine del secolo, nasce ancora un altro centro: la bottega dello stampatore, in cui si radunano gli intellettuali (per la stampa delle loro opere) e che quindi diviene luogo di scambio culturale. Nel Rinascimento la grande richiesta d‟istruzione e di cultura ebbe come conseguenza l‟aumento della circolazione di libri. Ci fu la nascita di negozi artigiani dove i copisti trascrivevano i testi e in questo modo si sviluppò il settore librario dell‟economia. LA STAMPA La vera svolta si ebbe con l‟invenzione della stampa a caratteri mobili. Quest‟invenzione fu realizzata in Germania nella città di Mayence grazie a Gutenberg. Gutenberg utilizzò dei piccoli cubi prima in legno poi in metallo, sui quali era scolpita in rilievo una lettera dell‟alfabeto. Verso il 1455 Gutenberg stampò il primo libro intero: la Bibbia. Con l‟invenzione della stampa i tempi si erano notevolmente ridotti in rapporto alla trascrizione a mano, e si erano anche ridotti i costi della realizzazione di un libro. L‟invenzione di Gutenberg ebbe una rapida diffusione. Nel 1464 nelle differenti città tedesche esistevano delle fabbriche di stampa. Nel 1466 i primi libri furono stampati a Roma e Venezia, nel 1470 a Parigi, nel 1483 a Londra. Si ricordi a Venezia la bottega del più famoso stampatore del periodo, Aldo Manuzio, uomo colto che divenne ispiratore di una vera e propria accademia: l'Accademia Aldina. Fino al 1500 i più importanti centri di stampa si trovavano a Venezia. In seguito il primato passò a Parigi e successivamente ad Anversa. Circa la metà dei libri stampati erano di carattere religioso ma successivamente uno spazio fu occupato dalle opere degli Umanisti. Gli stampatori non erano dei semplici uomini d‟affari che avevano come solo obbiettivo il guadagno, si trattavano di uomini sapienti che resero le loro botteghe dei centri di riunione culturale. Tra i centri di cultura cominciano ad assumere peso le biblioteche. Esistevano già in precedenza grandi biblioteche in conventi e vescovadi, o di signori e di grandi intellettuali (si pensi al Petrarca) ma erano istituzioni chiuse, non aperte al pubblico. Ora nascono le biblioteche pubbliche, che non si limitano a conservare il libro ma lo fanno circolare (anche se ancora in una cerchia ristretta di studiosi). Ad esempio a Roma apre la Biblioteca Vaticana e a Venezia quella Marciana. LA VISIONE DEL MONDO, IL MITO DELLA RINASCITA Tra la fine del Trecento e l'inizio del Quattrocento si diffonde tra gli uomini di cultura italiani il concetto di rinascita della civiltà classica nella letteratura, nel pensiero e nelle arti. L'idea di rinascita presuppone l'idea della fine di una civiltà , quella medievale, e infatti parallelamente a questa nasce il concetto polemico di “media etas”, età di mezzo, di oscurità, che si è venuta a porre tra l'età classica e l'età presente (rinascimentale), in quanto la civiltà classica non veniva letta e interpretata in maniera corretta ma fraintendendone il significato attraverso la rilettura cristiana dei classici. Tale interpretazione negativa del Medioevo è scorretta: non fu una civiltà inferiore ma diversa. IL RAPPORTO COI CLASSICI Innanzi tutto bisogna chiedersi perché per gli Umanisti era così importante rifarsi al passato. Per capirlo occorre rifarsi agli aspetti di fondo dell‟Umanesimo-Rinascimento. Il Medioevo aveva una concezione del mondo Teocentrica, ora invece si afferma una visione Antropocentrica in cui l'uomo pone al centro se stesso come protagonista e costruttore del proprio destino. Ciò ha dirette conseguenze sulla visione dell'uomo. Nel Medioevo esso era visto come una creatura fragile, che conduceva un pellegrinaggio terreno verso la vera patria, che era il cielo. Ora invece si afferma una visione ottimistica dell'uomo, capace con le sue capacità di contrastare i colpi della fortuna. Non viene più ritenuto valido il contrasto spirito-corpo ma si afferma una visione equilibrata tra le due componenti. Di qui il concetto di Armonia che è tipico dell'Umanesimo, la capacità di dominare gli impulsi istintuali grazie alla ragione e l'esaltazione del corpo, che appare evidente, ad esempio, nella scultura. Questa nuova visione laica e terrena non è certamente antireligiosa; il fine ultraterreno della vita non viene negato, ma si afferma il valore della dimensione terrena, anche nella quale l'uomo realizza se stesso come nell'atteggiamento edonistico che avevamo già 2 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA visto in Boccaccio, ad esempio: la ricerca dei piaceri terreni, vissuti senza sensi di colpa. È tipico anche l'atteggiamento naturalistico, cioè di considerare la natura in se stessa e non in maniera allegorica come avveniva nel Medioevo. Gli Umanisti apprezzano così tanto i classici perché essi vedono questi stessi valori già affermati e realizzati nell'età classica. Gli Umanisti avevano chiara (a differenza dei medievali) la diversità storica dal passato. Per cui, l'imitazione non doveva essere passiva, semplice ripetizione di moduli espressivi degli antichi, ma attiva, cioè attraverso la ripresa dei classici dovevano cercare di affermare se stessi “hic et nunc”, qui e ora, nella propria età. Epica antica: Virgilio Epica moderna: il Poema Cavalleresco, che da Ariosto viene utilizzato per studiare l'uomo del suo tempo. Non mancheranno, più avanti, momenti di stanchezza e di involuzione, in cui il rapporto coi classici diventerà sempre più regolato da norme (desunte dai testi antichi) e quindi poco o per nulla creativo. LA FILOLOGIA Il principio di imitazione esige che si conoscano i classici nel modo migliore possibile. Innanzi tutto dal punto di vista quantitativo. Nel Medioevo si leggevano i classici ma non si sentiva il bisogno di andare oltre il canone degli autori più importanti. Per cui molti testi erano andati persi o giacevano dimenticati nelle biblioteche dei monasteri e dei vescovadi. Si affermò nell'Umanesimo (ma già prima era cominciato con studiosi come Petrarca) il desiderio di riportare alla luce il patrimonio della classicità, per quanto possibile. Di qui la ricerca nei monasteri e nelle biblioteche sparse in Europa. In pochi decenni furono riportate alla luce opere ormai dimenticate: si pensi al “De Rerum Natura” di Lucrezio, che il Medioevo aveva trascurato per il suo carattere ateo e materialista. Dal punto di vista qualitativo. Innanzi tutto attraverso la conoscenza diretta della letteratura e della filosofia greca. Al riguardo un impulso decisivo fu dato dalla conquista turca di Bisanzio, che costrinse molti studiosi greci a rifugiarsi in Italia. Poi per quanto riguarda l'approccio stesso ai classici, il medioevo non aveva coscienza del distacco storico che si era verificato tra il passato e il presente, perciò tendeva ad interpretare con categorie del presente (rilettura cristiana) il passato. Gli Umanisti hanno invece precisa coscienza di tale distacco, per cui cercano di studiare i testi nel loro senso originario. Questo implica anche la necessità di ricostruire il testo nel modo più possibile fedele all'originale, attraverso la collocazione dei codici, cioè il confronto tra i vari codici e la scelta della variante più corretta. Con gli Umanisti si afferma la Filologia (anche se avevamo già visto la sua comparsa già con Petrarca). Dal punto di vista delle idee è un passaggio importante: implica l'idea che non esiste un'auctoritas infallibile, che non vada sottoposta al vaglio critico (e lo dicono loro che ritenevano i classici dei modelli, ma dei modelli da accogliere in maniera critica e riadattandoli nel presente, cioè il principio di imitazione attiva). Un esempio significativo di questa attività critica è offerta dalla cosiddetta “Donazione di Costantino”, che Lorenzo Valla capì essere un falso medievale. STORIA E QUESTIONE DELLA LINGUA (PIETRO BEMBO) La letteratura del ‟200 - „300 aveva segnato il trionfo del volgare sul latino, con la conseguente elevazione culturale del nuovo ceto che si era affermato, la borghesia. Il ‟400 vede invece una netta inversione di tendenza: il culto dei classici determina nuovamente il predominio del latino. Gli Umanisti scrivono le loro opere esclusivamente in latino. Il latino che riprendono non è più il latino medievale ma il latino aureo (I secolo a. C. - I secolo d. C.). Durante il trionfo del latino umanistico, il volgare viene relegato ad un uso pratico, nelle cancelliere diplomatiche, nei tribunali, nell'amministrazione. Le opere letterarie che si scrivono in latino sono quelle “minori”, quelle che hanno un pubblico non dotto, ma sicuramente più numeroso. Verso la metà del 1400 si ha una nuova svolta: il volgare comincia a riprendere piede come lingua della cultura. Il momento della svolta viene segnato dal Certame Coronario del 1441, una gara di poesia volgare ideata da Leon Battista Alberti, con il patrocinio dei Medici. Il premio non verrà assegnato, poiché nessuna delle opere concorrenti verrà ritenuta degna, ma è comunque significativo perché segna un percorso dal quale non si tornerà più indietro. Del resto era una decisione plausibile, dal momento che il volgare (in particolare quello fiorentino) aveva dato grande prova di sé con i tre grandi “classici” del Trecento: Dante, Petrarca e Boccaccio. Tra le varie idee prevalse quella di Pietro Bembo secondo cui la nuova lingua letteraria italiana doveva modellarsi sul fiorentino del ‟300 di Petrarca e di Boccaccio. I versi di Petrarca infatti fornivano l‟esempio di un linguaggio poetico, scorrevole e musicale, inoltre si prestava facilmente ad essere codificato grazie all‟uso di un linguaggio estremamente selezionato. Boccaccio usa nel Decameron una struttura più complessa e spesso introduce elementi del parlato popolare per meglio connotare i suoi personaggi, Bembo dunque opera una selezione all‟interno del testo prendendo come esempi da seguire le novelle tragiche in cui lo stile è più elevato e selezionato. Dante viene escluso da questo processo di codificazione della lingua italiana perché la Commedia era un capolavoro non facilmente imitabile e trasferibile fuori dal contesto in cui era nata, inoltre Dante mescola diversi registri linguistici anche i più bassi e popolari, mentre Bembo pensava ad una lingua aulica e selezionata lontana da ogni contaminazione con la lingua parlata. La lingua voluta da Pietro Bembo risulta in parte frutto di un‟opera di astrazione ma ha prevalso sulle altre teorie perché meglio corrispondeva ai gusti del classicismo rinascimentale. Sul piano lessicale la teoria del Bembo portò alla compilazione del vocabolario della Accademia della Crusca, edito nel 1612 ma elaborato nel corso del ‟500. Il vocabolario raccoglieva tutti i termini degli autori fiorentini del ‟300 con particolare riferimento a Petrarca e Boccaccio ed era la più autorevole codificazione del classicismo linguistico. Il Vocabolario della Crusca esercitò un lungo potere fino al ‟700 quando gli illuministi rivendicarono l‟esigenza di una lingua attuale e viva dando una nuova svolta agli orientamenti della cultura moderna. 3 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA LE SCOPERTE GEOGRAFICHE Contemporaneamente all'apertura della cultura grazie all'Umanesimo, si aprirono le frontiere geografiche. A partire dal 1415-1420 i Portoghesi si dedicarono all'esplorazione dell'Oceano Atlantico ed occuparono Madera, le Azzorre e Ceuta in Marocco. Essi costituirono sulla costa africana occidentale basi per il controllo del commercio degli schiavi e dell'oro. Più tardi i portoghesi si posero un obiettivo più ambizioso: circumnavigare l'Africa ed arrivare alle ricchezze dell'India. L'impresa si dimostrò molto più lunga e difficile del previsto; soltanto nel 1487 una spedizione guidata da Bartolomeo Diaz raggiunse il Capo d'Africa (Capo di Buona Speranza). Un progetto alternativo a questo era stato ideato da Cristoforo Colombo che lo aveva presentato al re del Portogallo che lo respinse. Tale progetto fu concretizzato nel 1492 grazie ai sovrani di Spagna. Il viaggio di Colombo, partendo dalle Canarie, durò 36 giorni (dal 6 settembre al 12 ottobre del 1492). Colombo toccò le Bahamas, poi le Grandi Antille (Cuba ed Haiti), e tornò in Spagna convinto di essere stato in un‟isola del Giappone, isola da lui battezzata San Salvador. Le terre scoperte non erano però le terre di cui ci aveva parlato Marco Polo; non trovò traccia delle ricchezze dell'Oriente, ma solo selvaggi, poveri e nudi. Nel 1488 il re del Portogallo aveva avuto la prova che si poteva compiere una navigazione continua dall'Atlantico all'Oceano Indiano attraverso il Capo di Buona Speranza grazie al viaggio di Bartolomeo Diaz, si trattava ora di preparare una grande spedizione che compisse l'intero percorso da Lisbona all'India. Dopo il ritorno di Cristoforo Colombo, che aveva annunciato di aver raggiunto le Indie navigando da ponente, i Portoghesi e gli Spagnoli si preoccuparono di determinare le rispettive zone di influenza. Il 7 giugno 1494 i due sovrani, con il Trattato di Tordesillas, fissarono una linea di divisione corrispondente a 43 gradi, 30 primi di longitudine ovest. Nella regione di pertinenza del Portogallo rientravano: Africa, Asia e (in Sud America) solo il Brasile. L'8 luglio 1497 partì la spedizione guidata da Vasco de Gama verso l'India. Doppiato il Capo di Buona Speranza entrò in contatto con le città mercantili sulla costa orientale dell'Africa, frequentate da Arabi, Iraniani, Indiani e Cinesi; e furono piloti arabi a guidare l'ultima parte del viaggio. La flotta raggiunse Calicut, uno dei grandi nodi commerciali dell'Oceano Indiano in cui si raccoglievano spezie e prodotti provenienti da tutta l'Asia. Una sola delle 4 navi di Vasco de Gama fece rientro a Lisbona. Nel marzo del 1500 un'altra spedizione partì da Lisbona guidata da Cabral. La sua flotta, una volta oltrepassato l'equatore, piegò in direzione ovest con una manovra molto più ampia del solito; scoprì una terra fino ad allora sconosciuta: il Brasile. Quella terra si trovava ad oriente del 43° meridiano dunque i Portoghesi ne presero possesso e fu da allora utilizzata come scalo, cioè la prima tappa prima delle Indie. La spedizione di Cabral dimostrò che i Portoghesi non sarebbero riusciti facilmente a farsi accettare come concorrenti dai mercanti arabi che frequentavano Calicut. Così una nuova spedizione voleva compiere un atto di forza: partirono infatti 15 velieri armati di cannoni con 800 soldati. Calicut venne bombardata, molte navi arabe affondate ed il sovrano del porto del Malabar fu costretto ad accettare rapporti commerciali coi Portoghesi. Una lunga guerra che aveva lo scopo di distruggere le antiche reti del traffico arabo, permise ai Portoghesi di conquistare il monopolio del commercio delle spezie in Europa. I viaggi di Colombo successivi a quelli del 1492 dimostrarono sempre più chiaramente che le isole da lui scoperte non erano le Indie Orientali. Oltre quelle isole si trovava un intero continente con una storia e delle civiltà totalmente autonome da quelle dei vecchi mondi. Nelle regioni più densamente popolate e dotate di civiltà agricolo-urbane più evolute si erano succeduti nei secoli diversi sistemi di dominazione politica. Al momento dell'arrivo degli europei, nello Yucatan esisteva il sistema delle città dei Maya ; nel Messico gli Atzechi si erano imposti alle altre popolazioni; nella regione andina l'impero degli Inca era ancora in pieno sviluppo. Dopo i primi viaggi di Colombo diverse spedizioni furono organizzate per cercare di raggiungere le Indie per la via occidentale. Le dimensioni del nuovo continente portarono Amerigo Vespucci a tentare il passaggio a sud-ovest, Sebastiano Caboto quello a nord-ovest, mentre una spedizione spagnola trovò il passaggio centrale via terra, fondando sul Pacifico la base di Panama. L'intera circumnavigazione del globo fu compiuta nel 1519/1522 da una flotta spagnola guidata da Magellano. Gli spagnoli tentarono nel 1517 le prime esplorazioni del Messico. Una spedizione organizzata da Cortés condusse in meno di 3 anni alla conquista degli Atzechi. Un'altra spedizione, guidata da Pizarro portò alla distruzione della civiltà degli Inca. RIFORMA PROTESTANTE Movimento religioso, politico, culturale che produsse nel XVI sec. la frattura della cristianità in diverse comunità, gruppi o sette. La Riforma Protestante scaturì principalmente da motivazioni religiose dettate dalla riscoperta del Vangelo come annuncio della libera grazia di Dio, donata al peccatore indipendentemente dai suoi meriti, e dalla critica della degenerazione morale e spirituale della Chiesa. Data convenzionale di inizio della Riforma Protestante è il 31 ottobre 1517, giorno in cui Martin Lutero avrebbe affisso alla porta della chiesa del castello di Wittenberg le sue 95 tesi contro lo scandalo delle indulgenze, affrontando i problemi della penitenza, del peccato e della grazia. La dottrina luterana divenne arma di lotta politica dei principi tedeschi, che videro in essa la possibilità di sottrarsi all'autorità imperiale e di incamerare i beni ecclesiastici. Dopo le diete di Spira (1529) e di Augusta (1530), essi si unirono nella Lega di Smalcalda (1530) e lottarono contro l'imperatore Carlo V fino alla Pace di Augusta (1555), con la quale si sancì la divisione tra cattolici e protestanti in base al principio “cuius regio, eius religio” che imponeva ai sudditi di seguire la religione del loro principe, cattolico o luterano che fosse. La dottrina luterana si affermò soprattutto in Germania, nei paesi scandinavi e baltici. Contemporaneamente, a Zurigo, H. Zwingli, con l'appoggio delle autorità locali, aveva attuato un piano di riforme antipapali e anticuriali (diffuse in Svizzera e in Germania meridionale), ma alla sua morte (1531) il centro della Riforma divenne Ginevra, dove G. Calvino attuò una rigida organizzazione teocratica e codificò le tesi riformate, accentuando il tema della predestinazione. La dottrina calvinista (o riformata) si diffuse in Europa e nelle colonie inglesi in America. In Inghilterra, a seguito della politica antipapale di Enrico VIII (Atto di Supremazia, 1534), si affermò la Chiesa anglicana, che conservò l'episcopato e forme di culto tradizionali, pur facendo propria la teologia riformata. Nell'ambito della crisi religiosa del ‟500 si diffusero anche sette e movimenti di riforma radicale, duramente contrastati 4 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA sia dai cattolici sia dai riformatori. Tra questi gli anabattisti, gli antitrinitari e i sociniani. Sulla base del principio basilare della Riforma Protestante, ossia la giustificazione per sola fede, la parola biblica (suggellata dai sacramenti di battesimo ed eucaristia) divenne l'elemento centrale della fede e il fondamento della chiesa. Il principio d'autorità venne sostituito dal libero esame e dal principio della responsabilità personale del credente davanti a Dio e al prossimo. Venne inoltre eliminata la differenza tra clero e laicato nella Chiesa e affermato il sacerdozio universale dei credenti. Fu infine introdotta la distinzione tra potere civile ed ecclesiastico che avviò il processo di secolarizzazione della società. CONCILIO DI TRENTO Iniziato nel dicembre del 1545 e terminato nel 1563, è stato un evento fondamentale nella storia della Chiesa cattolica e del Cristianesimo in genere. Affermando i principi della dottrina cattolica in risposta al dilagare della Riforma Protestante e riformando a sua volta la Chiesa di Roma, confermò l'argine formatosi dopo il Rinascimento e con l'inizio della Età Moderna, tra l'Europa cattolica e l'Europa luterana e calvinista, Europa medievale e Umanesimo, Evo medio ed Evo moderno. La sua portata storica è stata immane, se da una parte si confermavano i principi cardine del dogma cattolico, che diventavano sempre più rigidi, dall'altra si prendeva atto della crisi profonda del Cattolicesimo. Il fallimento nel 1541 degli storici colloqui tra cattolici e protestanti a Ratisbona (nella Baviera tedesca) segnò un ulteriore passo verso l'esigenza di ristabilire i canoni dogmatici della chiesa pontificia e della fede cattolica in generale. Trento fu presto scelta come città ideale per ospitare le riunioni del clero pontificio: l'antica arcidiocesi (nata nel IV secolo) della città di San Vigilio possedeva una lunga tradizione religiosa e temporale, rappresentata dal governo dei principi-vescovi della libera contea del Sacro Romano Impero. Nel complesso, la particolare posizione geografica della città, tra Italia e Germania, il suo status politico, i favori riscontrati tra i regnanti cattolici di mezza Europa (tra cui lo stesso Carlo V) e la sua “anima” fortificata, fecero di Trento “sito commodo, libero e a tutte le Nationi opportuno”, come si legge nella bolla di convocazione al Concilio da parte del Papa Paolo III il 22 maggio 1542. Le prime riunioni del concilio, le cosiddette “sessioni”, si svolsero negli edifici signorili e nelle chiese della città: Palazzo Thun, Cattedrale di San Vigilio e Basilica di Santa Maria Maggiore. Il periodo di attività viene infatti in genere suddiviso in tre fasi: la prima appartiene al pontificato di Paolo III, va dal 1545 al 1549 e vide la partecipazione di undici nazioni europee. Si racconta che all'apertura dei lavori le strade di Trento furono invase da una lunga processione di cardinali, vescovi, arcivescovi, teologi, giuristi, oratori e nobili. In questa prima fase vennero discussi e approvati vari regolamenti e provvedimenti di natura dogmatica e disciplinare, ispirati ai canoni propri delle Sacre Scritture e alla cosiddetta Bibbia Vulgata, tradotta dalle versioni greca e bizantina, che divenne l'unica versione autorizzata dalla chiesa (in seguito chiamata anche Vulgata Clementina, da papa Clemente VIII, soppiantata solo bel 1979 dalla Bibbia Nova Vulgata). Le sessioni della prima fase furono improvvisamente interrotte nel 1547 per l'avanzare di un'epidemia di tifo nel territorio e per questo trasferite a Bologna; la seconda fase del Concilio di Trento prese corpo tra il 1551 ed il 1552, sotto la guida pontificia di Giulio III, che decise di riaprire i lavori dopo i contrasti sorti tra il precedente Papa, Paolo III e l'imperatore Carlo V. Nell'anno vennero emanati decreti relativi all'importanza dei Sacramenti dell'Eucaristia, della Penitenza e dell'Estrema Unzione. La seconda fase venne sospesa per via della guerra tra le truppe di Carlo V e i principi elettori protestanti (elettori in quanto candidati al trono imperiale). Carlo V (1500-1558) è considerato l'ultimo grande imperatore del medioevo, il protettore della cristianità, come egli stesso amava autodefinirsi. I ricordi delle sue precedenti vittorie sui protestanti nel 1547, in Sassonia, erano ormai lontani e le precedenti vittorie si dimostrarono del tutto effimere (il riferimento è al trionfo nei confronti delle truppe luterane, riunite nella Lega di Smalcalda, che vedeva la partecipazione di città come Augusta, Strasburgo, Lubecca e Ulm). Il vero perno della 'questione religiosa' dell'imperatore fu tuttavia la continua rivalità 'personale' con la Francia, e con Francesco I, così che l'improvviso tradimento dell'elettore Maurizio di Sassonia, alleato con il successore al trono francese, re Enrico II, portò un duro contraccolpo all'onore personale dell'imperatore; la terza e ultima fase del Concilio di Trento iniziò, nel 1562, sotto il pontificato di papa Pio IV, ogni speranza di conciliare i protestanti si affievolì sempre più, soprattutto in vista del potere che andava formandosi nelle mani dei gesuiti. Era infatti nota la fama del nuovo ordine nell'individuazione dei sospettati di eresia durante il periodo dell'Inquisizione, contro tutti i sostenitori di teorie contrarie all'ortodossia cattolica. La storia ha conosciuto vari tipi di Inquisizione, oltre alle famose Inquisizione medievale e Inquisizione spagnola, allo scopo di combattere più efficacemente la Riforma protestante, il 21 luglio 1542 Paolo III emanò la cosiddetta bolla Licet ab initio, con la quale si costituiva l'Inquisizione Romana (di cui furono vittime, come è noto, Giordano Bruno e Galileo Galilei). Nei documenti “De riformatione” la chiesa cattolica condannava la “simonia” (compravendita di cariche ecclesiastiche in cambio dell'assoluzione di peccati e indulgenze), 5 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA ribadiva l'inammissibilità del matrimonio dei sacerdoti e confermava i principi fondamentali del cristianesimo (come la presenza “reale” di Cristo nell'eucarestia, il culto dei santi, la superiorità dell'autorità del pontefice, e così via). ERESIA E UTOPIA L‟utopia tende a fiorire nei periodi di crisi o di grandi trasformazioni, che spesso coincidono perché le trasformazioni portano sempre con sé la crisi dei vecchi valori e il sorgere di situazioni problematiche. È il caso del Rinascimento, epoca nella quale si coniugano il realismo politico di Machiavelli e un vero e proprio proliferare degli scritti utopici, che diventano quasi un genere letterario a sé. La concomitanza di visioni antitetiche della politica è facilmente spiegabile se consideriamo da un lato le grandi trasformazioni economiche e sociali e la nascita, tra „400 e „500, della moderna concezione dello stato, che diviene autonoma dalla religione e dalla Chiesa. Dall‟altro lato, però, proprio queste trasformazioni, in senso borghese-manifatturiero, creano nuove marginalità, nuove ingiustizie sociali verso le quali l‟utopia costituisce ad un tempo una risposta e una denuncia. L‟elemento costante delle utopie rinascimentali è la critica alla nuova economia, alla ricchezza di pochi che crea povertà per molti e la conseguente messa in discussione della proprietà privata. Gli eretici italiani del „500 affrontarono il problema religioso non soltanto su basi astratte, anzi un atteggiamento tipico del loro pensiero fu quello di offrire aspetti concreti alle loro riflessioni. Pur rispettando l‟autonomia della vita spirituale, affrontarono problemi dottrinari e giuridici, politici e sociali, contribuendo profondamente alla formazione del pensiero europeo in genere. Uno dei tanti paradossi della Riforma protestante sembra essere il fatto che le tendenze di pensiero più ribelle ebbero origine proprio in Italia, ossia nel paese dove ebbero meno fortuna e seguito. Gli eretici italiani, che i riformatori d‟Oltralpe considerarono inopinatamente pericolosi ed astratti, in realtà sparsero in Europa i fermenti della libertà. Con il Rinascimento l‟Italia aveva dato prospettive nuove alla concezione cristiana della vita, al tema della immortalità e alla coscienza individuale. Ora con la partecipazione alla Riforma rivelava un‟emancipazione culturale più completa che in altre parti, con una forte accentuazione sociale dei suoi pensatori. PERCORSO ARTISTICO NEL RINASCIMENTO Nel 1400 nacque un nuovo modo di intendere e fare arte, basato su diversi elementi che rinnovarono tutte le espressioni artistiche: la nascita della prospettiva e dei colori sfumati; ricerca di proporzioni perfette; studio approfondito della figura umana, applicato anche come regola di bellezza e perfezione. La pittura, la scultura e l‟architettura saranno fortemente influenzate dal nuovo ideale filosofico antropocentrico e si svilupperanno attorno a queste tre regole artistiche. Possiamo scomporre il Rinascimento in due particolari datazioni: il „400 e il „500. Nel 1400 si sviluppo in Italia e in particolar modo a Firenze, Mantova, Urbino e Ferrara, mentre nel 1500 a Roma e Venezia. Solo verso la fine degli anni 20 del 1500 si poterono percepire i primi mutamenti nelle opere artistiche, quei cambiamenti che avrebbe poi portato al manierismo. L‟arte che germoglia a Firenze e si espande in Italia e poi in tutta Europa, non sarà più chiamata “arte italiana”, ma “arte rinascimentale”. Col termine Rinascimento s‟intende dare risalto a come l‟arte torna a una percezione estetica molto vicina a quella dell‟età classica di greci e romani. Le Signorie (come Strozzi, Pitti, Medici e Visconti), e non solo, si trasformarono in veri focolai di cultura. Signori, duchi e papi facevo a gara nel farsi abbellire i palazzi, quale simbolo di prestigio, investendo in arte e sui migliori e più famosi artisti come, per menzionarne qualcuno, Brunelleschi, Donatello e Masaccio. Di questi, forse il più ingegnoso fu Filippo Brunelleschi. A lui dobbiamo l‟invenzione della prospettiva e l‟invenzione dell‟architettura rinascimentale. Fino al 1450, ciò che più colpiva erano le leggi della prospettiva, non tanto le regole di razionalità che ne erano alla base. Solo dopo la metà del 1400 il nuovo stile rinascimentale trovò critici più accorti alle novità di questa espressione. La fase di transizione Come detto, il Rinascimento non si diffuse omogeneamente nello scenario artistico italiano: trascorsero diversi decenni prima che questi divenne uno stile accettato da tutti. Firenze ne era il fulcro e fece da diffusore verso il resto dell‟Italia: prima al centro e al nord, poi verso il sud. Alcuni pittori assunsero il compito di traghettare la società verso le nuove dottrine artistiche, perché le novità, per essere capite e condivise, necessitano di compromessi e di diverso tempo. Questi pittori, che iniziarono con l‟introduzione nei loro dipinti di alcune delle novità messe a disposizione dai primi artisti rinascimentali, non si staccarono comunque dalla loro connotazione stilistica ancora tardo gotica. Questo tramite è evidente in molti artisti, in particolare fiorentini, che furono attivi intorno alla metà del secolo, come Paolo Uccello, Beato Angelico, Domenico Veneziano, Filippo Lippi, Andrea del Castagno. In loro era evidente l‟accoglienza dello stile rinascimentale, principalmente per l‟introduzione nei loro dipinti della prospettiva. Questa, frequentemente, nemmeno capita del tutto nei suoi codici, ma utilizzata con libertà interpretativa. A fianco alla prospettiva, però, troviamo una sequenza di componenti tardo gotici, come l‟amore per il dettaglio minuzioso, le tessiture lineari, la preferenza per le curve. Ogni artista mise insieme uno stile personale, ma in tutti restò regolare ancora la posizione a metà tra i due linguaggi. La questione della coesistenza stilistica tra rinascimento e gotico si prolungò per tutto il XV sec. . In alcuni esponenti dell‟arte dopo la metà del 1500, che la tradizione storica ha collocato tra gli artisti rinascimentali, è possibile ancora rinvenire componenti stilistici tardo gotici. Il caso più vistoso è quello di Sandro Botticelli, artista rinascimentale, nel quale ogni tanto spuntano ancora riferimenti tardo gotici. Il culmine del Rinascimento Gli anni tra la fine del 1400 e i primi del 1500 hanno segnato il momento culmine dello splendore del Rinascimento. Roma divenne il centro della cultura italiana, principalmente per il fatto che la prosperosa corte pontificia accolse i più prestigiosi pittori, architetti e scultori: Leonardo da Vinci, Raffaello Sanzio, Michelangelo Buonarroti e Donato Bramante (architetto) solo per citare i più famosi al mondo. Da questo punto gli stessi criteri che avevano in precedenza guidato l‟arte furono profondamente trasformati. 6 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA La fine del Rinascimento La fine del Rinascimento arrivò col disfacimento economico e politico in Italia, quando si estinsero le energie creative che gli avevano dato sicurezza e prosperità. Le infelici vicende politiche della penisola oscurarono la cultura, l‟arte e lo studio per il classico. Con le nuove insicurezze si dissolse la persuasione nelle capacità dell'uomo, tornarono il divino, il senso di provvisorietà, mentre l‟idea politica rifiutava la chiarezza di Macchiavelli. Verso il XVI sec., prendeva il sopravvento lo stato d'animo della Controriforma. La Pittura Nella cultura artistica del Rinascimento la pittura ha avuto un compito importante: le innovazioni si sono espresse proprio nella diversa concezione di spazio e colore, terreni fertili per la pittura. Lo spazio è ora rappresentato attraverso una prospettiva lineare, mentre nei secoli prima le immagini pittoriche erano complanari, appiattite sulla stessa superficie del quadro. Non erano percepibili le distanze tra figure in primo piano e in secondo piano. Nel Rinascimento, invece, l‟artista si dedica alla costruzione dello spazio, per dare alla composizione una prospettiva più umana, esattamente come il nostro occhio vede in realtà. Le regole della prospettiva donano distanza fra gli elementi, li collocano nel posto giusto. Alcuni artisti usarono meravigliosamente la prospettiva, anche per rappresentare ambienti reali o spazi terreni a contorno delle rappresentazioni religiose. Alcuni furono ossessionati dalle regole prospettiche, tanto da divenire il loro tema principale nella ricerca figurativa. Paolo Uccello, per esempio, nell‟opera Scena del miracolo dell‟ostia profanata, usò la prospettiva per far emergere le giuste distanze tra le figure in primo piano e quelle nei successivi piani, donando un senso di profondità. Dal 1400 l‟utilizzo della prospettiva ebbe una rapida diffusione fino a divenire un minimo comune denominatore tra le opere dei grandi artisti. Alla pari di Paolo Uccello possiamo ricordare Fra Angelico, Antonio Pollaiolo, Piero della Francesca, Andrea Mantenga, Tiziano Vecellio, Sandro Botticelli, Giovanni Bellini e altri. Presto il movimento rinascimentale si diffuse in Europa, grazie anche ai continui viaggi dei pittori italiani che esportarono le ultime dottrine. Tra i grandi artisti stranieri che fecero proprie le regole della prospettiva, possiamo menzionare Albrecht Dürer e i fiamminghi Hubert e Jan van Eyck, che diffusero il nuovo movimento tra le culture dei loro popoli, permettendo nuovi sfumature e dando così origine a opere molto originali. Gli artisti analizzavano con minuziosità la realtà, al fine di apprendere dal mondo naturale. Fu così che poterono notare come il colore di oggetti e persone muta al mutare della luce, dell‟atmosfera e dell‟ombra. Per questa ragione l‟uso del colore divenne più sofisticato, più vicino al reale, alle sfumature e alle varie tonalità nelle diverse condizioni. I veneti, quali Mantenga, Bellini, Carpaccio e Vecellio, si adoperarono più di altri in questa attenta ricerca, tanto che acquisirono grande maestria, che poi affascinò e influenzò col tempo il modo di numerosi altri artisti sia italiani sia stranieri. Nuovi materiali e innovazioni tecniche accompagnarono questo periodo: si passò dal supporto quale la tavola in legno alla tela, con il grande vantaggio di permettere opere di dimensioni più grandi in quanto più leggere e trasportabili (e anche più durature). Tra i nuovi materiali troviamo i pastelli, la matita a sanguigna, fino alla più importante delle novità: la tecnica a olio. Quest‟ultima fu inventata nei Paesi Bassi, attorno alla fine del 1400. La tecnica a olio permise una maggiore flessibilità cromatica, grazie alla morbidezza dell‟impasto. Inoltre la tavolozza si ampliava di colori e sfumature, così da permettere una migliore rispondenza alle esigenze degli artisti nella ricerca minuziosa di emulare la realtà cromatica che li circondava. L‟olio permise anche una maggiore diffusione del tema del ritratto, oltre che migliorare notevolmente i paesaggi a cielo aperto. Nella prima metà del 1400 il ritratto era molto richiesto dalla borghesia: per sottolineare il prestigio, per valorizzare la personalità, per idealizzare i lineamenti del viso e per cogliere gli aspetti interiori. A sua volta il paesaggio, sempre rappresentato con prospettiva, diventò via via elemento onnipresente, tanto da essere affrescato sulle pareti e sui soffitti di palazzi e chiese, per espandere gli spazi interni, come a prosecuzione dello spazio naturale. I temi sacri più calcati sono stati: la Natività, le Vergine e i Santi, la Vergine con il Bambino, la Crocifissione e la Resurrezione, il Giudizio Universale, l‟Ultima cena e la Deposizione. Masaccio (1401-1428) fu il primo tra gli artisti figurativi a rinnovare la pittura del Rinascimento. Egli partì dagli studi di Giotto, per inserire le figure dei sui dipinti in ambienti dove era palese un rapporto armonioso tra persone e oggetti. Purtroppo destino volle la sua morte a soli 27 anni, pertanto sono poche le sue opere rimaste: la Pala d‟altare della Madonna col Bambino e Sant‟Anna, la Crocifissione, la S. Trinità e gli affreschi della Cappella Brancacci in S. Maria del Carmine a Firenze. In quest‟ultima Masaccio esperimenta per la prima volta in pittura la tecnica della prospettiva. Nell‟opera Il Tributo le figure in primo piano sono posizionate in uno spazio che è circondato da paesaggio e sono dipinte con minuzioso chiaroscuro, che conferisce all‟opera realismo e profondità. Nella Cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre, la luce arriva da un‟angolazione e punto ben focalizzato, colpendo in modo marcato le figure rendendone l‟espressione dei volti molto drammatica. La Scultura Finalmente nel Rinascimento la scultura tornò all‟indipendenza rispetto all‟architettura. Ripetiamolo, la figura umana era tra i soggetti preferiti: ben studiata anatomicamente e spesso in espressioni dinamiche. Altri stereotipi in uso erano: la tomba con la statua, le fontane da piazza o da giardino, i portali con scene in bassorilievo e i monumenti equestri. Anche l‟uso dei materiali beneficiò delle innovazioni: per i grandi monumenti si tornò alla fusione in bronzo, in particolare equestri. Con la terracotta dipinta si realizzavano sculture policrome (Luca della Robbia) e con il marmo si raggiunsero i massimi livelli di raffinatezza e potenza espressiva (Michelangelo). Anche nella scultura, come nella pittura, si affrontò il tema della luce e dello spazio. La luce doveva contribuire a dare risalto ai soggetti rappresentati, attraverso l‟arricchimento di ombre ben posizionate nell‟opera. Con Donatello (1986-1466) l‟uomo diventò il soggetto preferito della scultura e fu rappresentato sia a bassorilievo sia a figura piena. I gruppi scultorei avevano sempre un elevato potere espressivo e emotivo. Ai bassorilievi, sorprendentemente realistici come il Festino di Erode, Donatello affidò prospettiva e luce, per ottenerne profondità. Nel Festino, rilievo molto vario, il movimento è pronunciato, con diversi piani via via lontani. Lorenzo Ghiberti nei suoi rilievi, per esempio La storia di Giuseppe (Formella della Porta del Paradiso, Battistero del Duomo – Firenze), riporta all‟idea di spazio. Con una costruzione ampia e profonda dell‟ambiente, riesce a valorizzare figure che sporgono poco dal piano. Alla fine del 1400 troviamo mutamenti anche nella scultura, che diventa più autorevole, più sostanziale nel suo innalzarsi da sola senza 7 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA la necessità di elementi a contorno della figura principale. I monumenti, i ritratti, le fontane sono più definite per consentire i giochi di luce e ombra, facendo così risaltare i dettagli e sottolineando l‟espressività data da questi. Tra queste opere possiamo nominare il monumento a Bartolomeo Colleoni di Andrea Verrocchio, o l‟intramontabile David di Michelangelo Fonti: www.homolaicus.com www.treccani.it santelli.altervista.org www.artistiinrete.it Il 1500 Nel corso del XIV secolo la Russia e gli altri Stati confinanti, sebbene non fossero organizzati tecnicamente come gli stati occidentali, videro il loro sviluppo e la loro ascesa. La Polonia, l'Ungheria, la Boemia e la Lituania erano realtà che andavano sempre più affermandosi. Estremamente rilevanti divennero la potenza della Polonia e l'indipendenza della Boemia, che faceva ancora parte del Sacro Romano Impero. Il sovrano francese Francesco I si ritrovò presto a confrontarsi con l'elezione di Carlo V al soglio imperiale asburgico. Nel 1521 si aprirono le ostilità per il possesso del Ducato di Milano. Francesco I firmò, dopo la sua cattura nella battaglia di Pavia del 1525, il Trattato di Madrid (1526) ma dopo la sua liberazione rinnegò l'accordo e organizzò la Lega di Cognac con l'appoggio di Papa Clemente VII de‟ Medici. Carlo V scese con il suo esercito a Roma dove avvenne il saccheggio della città (Sacco di Roma) nel 1527. Il pontefice in difficoltà, si rifugiò a Castel Sant'Angelo mentre a Firenze la famiglia dei Medici venne destituita e si reinsediò la Repubblica. Papa Clemente VII stipulò nel 1529 con Carlo V la Pace di Cambrai (1529) e lo incoronò imperatore nel 1530 a Bologna nella cattedrale di San Petronio. Francesco I decise di allearsi con i principi tedeschi e gli ottomani guidati da Solimano perché la potenza turca, per controllare l'area del Mediterraneo orientale e parte delle regioni balcaniche, si era spinta ben oltre i propri confini. Stipulò quest'alleanza per rigenerarsi e riprendere le ostilità contro Carlo V. Questa nuova offensiva si concluse con la Pace di Crépy nel 1544 dove colui che ne trasse effettivo vantaggio fu Pierluigi, figlio del pontefice Paolo III, nominato duca di Parma e Piacenza. Da questa nomina ebbe origine la dinastia dei Farnesi che durò fino al 1731. La morte di Francesco I nel 1547 non pose fine alle dispute franco-asburgiche. Enrico II, succeduto a Francesco I continuò la sua offensiva nei confronti di Carlo V che nel frattempo era impegnato a contrastare la crescita luterana in Germania. Nel 1556 Carlo V abdicò e nel 1559 sottoscrisse la Pace di Cateau-Cambrésis (1559) dove divise il suo regno tra il figlio Filippo II (regno di Spagna e possedimenti italiani, colonie americane e Paesi Bassi) e il fratello Ferdinando I (domini asburgici e corona imperiale). Con la pace di Pace di Cateau-Cambrésis alla Francia vennero lasciati i vescovati renani e riconosciuto il predominio spagnolo in Italia, i principi tedeschi poterono professare la loro religione. È di questo periodo la nascita del potere dell'Assolutismo del re, dottrina che pone la figura del sovrano al di sopra delle leggi. Filippo II di Spagna sarà la figura regnate, agli occhi del mondo più determinato del padre, che porterà a questo cambiamento fino a re Luigi XIV di Francia che eleggerà direttamente la sua figura a concezione di stato. Questo potere veniva conferito divinamente e al di sopra del sovrano c'era solo Dio. Il sovrano era detentore del potere legislativo, esecutivo e giudiziario. Filippo II, oltre la sovranità sulla Spagna, sui Paesi Bassi, le colonie americane e il ducato di Milano, alla morte senza eredi di Sebastiano di Braganza, assunse il controllo del Portogallo e di tutti i suoi territori conquistati, colonie che rimasero sotto il suo controllo fino al 1640. Con l'annessione dei nuovi territori si promosse la religione cattolica negli stati acquisiti. Luterani, calvinisti ed ebrei vennero considerati eretici. Filippo II perseguì oltre agli arabi anche gli ebrei, persino quelli che si erano convertiti al cristianesimo. Nel 1567 gli ebrei vennero espulsi dalla penisola iberica, ciò determinò un indebolimento del tessuto economico spagnolo poiché queste persone avevano un ruolo fondamentale nell'economia del paese. La Spagna, che non possedeva caratteristiche economiche comparabili a quelle dell'Inghilterra e dei Paesi Bassi, rimase arretrata. Filippo II, con la sua caratteristica assolutistica di sovranità detenne il controllo totale non concedendo a nobili alcun incarico. La sua attenzione fu particolarmente rivolta alle politiche espansionistiche piuttosto che allo studio della situazione interna dello stato. Impiegò ingenti risorse al potenziamento militare per affrontare guerre espansionistiche. La prima offensiva lo vide impiegato nella lotta contro i turchi per impedire gli attacchi sulle coste spagnole e italiane, attaccando gli ottomani direttamente sulle coste africane. Costituì delle linee offensive in Marocco ma venne sconfitto nel 1581 a Jerba. I turchi attaccarono e conquistarono l'isola di Cipro allora sotto il controllo di Venezia. In aiuto di Filippo II venne il Papa con il quale costituì la Lega Santa, una sorta di nuova crociata contro gli eretici infedeli, a cui aderirono le repubbliche marinare di Genova e Venezia sotto il controllo militare della Spagna. Nella battaglia di Lepanto del 1571, all'ingresso del Golfo di Corinto, la vittoria della lega decise il decadimento dell'impero Ottomano. 8 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA Il 1600 Gli aspetti più importanti del 1600 sono la grande crisi economica e il progresso tecnologico che determineranno uno sviluppo differenziato dell'Europa: al nord un territorio più sviluppato e al sud un'Europa arretrata. Nel XVI secolo, la grande espansione territoriale, aveva determinato un aumento esponenziale della popolazione ma nel XVII secolo l'aumento demografico regredì a causa di problematiche che influenzarono principalmente i territori che si affacciavano sul Mediterraneo, non si trattava di una semplice battuta d'arresto nella progressione economica ma di una serie di eventi che avevano riconfigurato l'Europa e destabilizzato l'equilibrio che aveva garantito la pace tra gli Stati. Un primo fattore di crisi fu rappresentato dal riproporsi di epidemie di peste che già dal 1570 si era riproposta ciclicamente. Durante la Guerra dei Trent'anni (1618 - 1648) un'importante epidemia determinò la morte di oltre l'80% della popolazione nel nord della Germania. Anche altri paesi, come l'Italia, risentirono di questa epidemia e di altri fattori. Le cause che determinarono maggiormente la crisi possono essere ricordate con: la fine dell'importazione di argento dall‟America (e il conseguente mancato conio di moneta); l'abbandono del territorio con la cessione delle terre da parte dei piccoli proprietari ai grandi latifondisti; l‟aumento della disoccupazione con il conseguente aumento del divario tra ricchi e popolazione povera (pauperismo crescente). Venezia, come altre città italiane, vennero duramente colpite dalla crisi, oltre alla problematica delle pestilenze, l'impoverimento della popolazione e la mancanza di cibo, dovuta a raccolti scarsi, incrementavano le morti. Avverse condizioni climatiche, l'abbandono delle campagne e le sofferenze del popolo acuirono il dramma. Nel „500 l'artigianato e il manifatturiero, comprendente la produzione di carta, filati e vetro, crebbe notevolmente. L'asse commerciale era particolarmente fiorente dal Nord al sud d'Europa. Città come Anversa, Bruges, Augusta e, arrivando fino a Milano e Firenze, conobbero momenti di massima espansione nelle attività commerciali. Nel „600 i commerci e le attività ruotarono il loro asse verso est e ovest con l'affermazione di paesi come l'Inghilterra e l'Olanda che, con le loro flotte navali, incrementavano i loro scambi e commerci di stoffe e lane. La bassa Sassonia e la Renania furono protagoniste della crescita metallurgica. Le Fiandre e le coste del Mediterraneo, ed in particolar modo Italia e Spagna, rimasero escluse da questi scambi e contrattazioni subendo un naturale impoverimento. In particolar modo la Spagna, e di conseguenza l'Italia che nel meridione ospitava la sua sovranità, nonostante avesse conquistato molti paesi d'America e importato grandi ricchezze, non era stata in grado di impiegarle per lo sviluppo con investimenti ma aveva sperperato queste ricchezze acquistando beni da altri paesi. Di questa situazione ne beneficiarono particolarmente Inghilterra e Olanda, che inizialmente istituirono banche e incrementarono la flotta navale con i proventi della dispendiosa Spagna, alla luce dell'insuccesso dei banchieri italo-tedeschi che difficilmente vedevano rimborsati i prestiti concessi agli stati, decisero di finanziare a breve termine le imprese private di sicura solvenza. La banca di Amsterdam (1609) riuscì ad essere rappresentata da innumerevoli uffici presenti in tutto il mondo. La Banca d'Inghilterra, sul finire del „600, si affermò nella sua massima diffusione. Il predominio e successo dei Paesi Bassi, con il potere e il predominio olandese, vide il suo punto di forza con la diffusione del calvinismo. Al contrario del resto d'Europa, dove l'abbandono della terra e la scarsità dei commerci determinavano le crisi, i Paesi Bassi vedevano l'afflusso di lavoratori e persone dedite al commercio che determinavano un fiorente periodo di benessere. L'impero coloniale olandese creato dalle province unite e formato da mercanti, voleva creare grossi profitti non dall'agricoltura ma dalla navigazione e dagli scambi commerciali oltre oceano, nel corso del XVI secolo i porti olandesi divennero il punto di riferimento per il commercio di grano e legname proveniente dal Baltico sostituendosi ai porti delle città della Lega Anseatica (Hansa) che preferirono far partire i loro prodotti dal porto d'Olanda alla volta di tutto il mondo. La Compagnia delle Indie Orientali, gestito dall'Olanda, si confrontò e superò i traffici commerciali portoghesi. Con la nascita della Compagnia delle Indie Occidentali, i traffici si diressero verso l‟America dove, nel 1625, diedero vita alla Nuova Amsterdam, in seguito denominata New York. Il successo olandese fu determinato da una buona politica che incontrava grandi abilità commerciali e dedizione al lavoro. La pace di Westfalia riconosce ufficialmente l'esistenza di più religioni, la religione cattolica assume meno importanza a favore di quella luterana e di quella calvinista. Segna il definitivo fallimento del programma contro riformistico, invalidando il progetto del concilio di Trento e delle mire asburgiche e spagnole di riportare in auge il cattolicesimo. Sancisce inoltre il diritto per ogni stato di essere libero e sovrano, come lo Stato moderno, cancellando la figura imperialistica. I rapporti diplomatici tra gli stati determinano un periodo di pace regolamentato dai diritti internazionali, una serie di leggi che tutelano i rapporti tra di essi. LA CRISI E LA FRAMMENTARIETÀ DELL'IMPERO TEDESCO In Europa vengono ad fermarsi gli stati assolutistici mentre nell'impero tedesco si paventa un periodo molto critico. L'imperatore perde i suoi poteri a causa della frammentazione dei territori (un centinaio di territori tra cui ducati, marchesati, stati laici e cattolici), ognuno con le proprie leggi e statuto. Con la pace di Augusta del 1552 e il principio del “Cuius regio, eius religio”, la crisi dilagò tra gli stati tedeschi poiché non vi era uniformità di religione ed accettazione dei popoli a seguire la religione dei sovrani. Questa fu la causa della guerra dei trent'anni, motivi politici e motivi religiosi. La Guerra dei trent'anni, si svolse in territorio tedesco ma influenzò molti stati stranieri che approfittarono dell'occasione per opporsi all'impero degli Asburgo. Questo conflitto si concluse nel 1648 con la sconfitta delle truppe imperiali e spagnole. La nuova carta geografica europea decretò il successo della Francia che divenne uno stato assolutistico e la Svezia. L'impero tedesco perse completamente l'egemonia conquistata addietro. I principi tedeschi, riunitisi nella Dieta, si garantirono l'autonomia politica e la libertà di culto. Le autonomie locali erano le vere detentrici del potere politico che era stato sottratto di fatto all'imperatore che manteneva una figura di rappresentanza, lo stato si suddivise in 350 sovranità locali e di Asburgo d'Austria cercarono di riaffermare la loro sovranità mirando a politiche espansionistiche verso l'Italia e la penisola balcanica. LA GUERRA DEI TRENT'ANNI Questa guerra costituì una delle più grandi stragi di uomini e mezzi che si diressero dal meridione italiano alla volta dell'Europa centrale per combattere nelle schiere del regno di Spagna. La forza umana era la ricchezza che il meridione produceva abbondantemente e che realmente interessava alla Spagna, vi era una presenza di uomini molto più elevata rispetto alle possibilità di lavoro che la terra e la scarsa industrializzazione potevano offrire. L'economia del meridione, fin dai tempi di Federico II, proseguendo per gli aragonesi e gli angioini, aveva vissuto un progressivo e costante declino. Gli spagnoli non idearono nessuna politica di offensiva nei confronti del disavanzo, lasciarono che la situazione peggiorò progressivamente nel tempo. Benedetto Croce asserì che la conquista del mezzogiorno fu un pessimo affare per la Spagna, maggiori furono le problematiche del popolo meridionale che si vide sommerso dalle 9 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA gabelle e richieste spagnole. Ad aggravare la situazione contribuiva il fatto che gli appaltatori esigevano una parte delle tasse versate dal popolo aggravando la situazione che diveniva via via sempre più insostenibile. I viceré inasprivano la crisi esigendo ulteriori tasse, lucrando sui cambi e gestendo a loro favore importazioni ed esportazioni. La Spagna aveva adottato nei confronti del meridione la stessa politica inopportuna ed antieconomica come sulla sua terra, alla scarsa valorizzazione dei profitti provenienti dalle terre colonizzate si aggiungeva l'inettitudine e apatia dei popoli dominati a partire dalle classi più abbienti. La nobiltà di origine normanna e sveva non aveva alcun interesse a destabilizzare la situazione poiché la dominazione spagnola non aveva in alcun modo attaccato i suoi privilegi e la sua egemonia sul feudo di cui manteneva l'autorità. Vantava i diritti di preesistenza nei confronti delle corti spagnole che erano subentrate a posteriori, osteggiando il fatto che i viceré, come Pedro da Toledo, erano stati magnanimi nel conferire nuovi e numerosi titoli nobiliari per controbilanciare la numerosa nobiltà di antica data. Questa elargizione di titoli doveva dare l'opportunità di controllare meglio il territorio e di sostenere le casse dello stato spagnolo con un maggiore controllo e sfruttamento della forza lavoro popolare. Alcuni viceré non si interessavano minimamente dei territori da loro governati, riscuotevano le tasse tramite i Gabelloti, funzionari incaricati alla riscossione delle stesse. Le lotte tra i nobili erano sempre più frequenti, il loro senso dell'onore gli indicava di non pagare i debiti che stavano facendo sprofondare le proprietà. Frequenti erano le sfide e le battaglie tra di loro anche per futili motivi. Solo verso la fine del secolo i nobili napoletani si resero conto della futilità di certe faide e firmarono un concordato mirato ad annullarle. LA CRISI DELLA SPAGNA Impoverita dalla crisi interna e dalla Guerra dei trent'anni, subendo un arresto economico dovuto alla scarsa politica di investimento, la Spagna vedeva crescere la disparità tra ricchi e poveri. Nel 1621 il conte Olivares avviò una politica di riforme per l‟economia atte ad aumentare le entrate della corona che le doveva distribuire uniformemente sui territori. Le autonomie locali, contrarie al rafforzamento della monarchia, si ribellarono e nel 1640 le corti parlamentari della catalogna dichiararono la loro autonomia sotto la protezione francese. Nel 1643 seguì la ribellione del Portogallo, appoggiato dalla Francia e dall'Inghilterra che nel 1668 conquistò l'indipendenza. Nel 1648 il Regno di Napoli diede vita alle rivolte contro la Spagna a causa delle ingenti tassazioni, la rivolta senza successo venne capeggiata da Masaniello. Trent'anni dopo seguì la rivolta di Palermo. LA SITUAZIONE IN ITALIA Le crisi e le rivolte non coinvolsero solo le corone tedesche e spagnole ma vediamo che negli anni a seguire altri stati, come la Francia, la Scozia, l'Austria, la Baviera e la Polonia furono teatro delle rivolte dei contadini e del ceto basso contro le sovranità. Rivolte sempre infruttuose che costarono un grande numero di morti e di periodi di sofferenze e carestie. La situazione dell'Italia del ‟600 vede un paese diviso all'interno e governato da stranieri, un paese influenzato da una grave crisi economica determinata da una diminuzione dei commerci della produzione tessile e della moneta circolante. Il settore manifatturiero subì un arresto e la produzione divenne maggiore della domanda con la conseguente diminuzione dei prezzi. La frammentarietà dell'Italia rispecchiava anche una diversa gestione delle zone con un'amministrazione e regole differenti, lo spostamento dei commerci sull‟Atlantico dal Mediterraneo non impedì lo sviluppo, soprattutto quello culturale, di alcuni centri come Milano, Venezia, Napoli e Roma. L'attività dei porti italiani rimane intensa ma interessava prevalentemente i commerci inglesi e olandesi poiché con i loro prodotti, a prezzo vantaggioso, soppiantarono i commerci italiani. Il centro vitale e culturale delle corti subì un arresto con il riproporsi di una feudalizzazione dei territori, in particolare nel sud del paese dove la figura del signore e dei suoi contadini era tipica a scapito di una concezione di produzione industriale. I signori, con le loro possibilità economiche, riuscirono ad acquistare vasti territori agricoli e con il tempo affermarono il loro dominio istituendo dazi e angherie. La diminuzione dell'epidemia di peste, il miglioramento delle tecniche agricole e delle condizioni climatiche determinarono un aumento della produzione con conseguente miglioramento delle condizioni generali; ciò favorì il ritorno del feudalesimo. La divisione sociale di questi territori vedeva i nobili contrastare l'evoluzione e l'ascesa dei popolani, questi venivano bloccati nel loro rango senza dargli la possibilità di accedere alla classe commerciale del ceto medio come avveniva in altre regioni d'Italia. Il potere economico e quello politico appartenevano unicamente alla nobiltà che difendeva con fermezza i propri privilegi. LA CONCEZIONE MODERNA DELL'ASSOLUTISMO DELLO STATO il XVII secolo segna l'affermazione degli stati assolutistici che sono quegli stati che concentrano i poteri (nello stato moderno sono i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario) in un'unica persona, quale il monarca. In Francia, Russia e Prussia abbiamo le massime espressioni dell'assolutismo. In uno stato assolutista, essendo tutti i poteri concentrati nella figura del monarca non esiste un Parlamento e lo stato necessita di un forte apparato militare per anteporre un‟efficace difesa per dare parvenza di potenza nei confronti degli altri stati. La figura del sovrano deteneva il controllo centrale delle finanze per amministrare a suo piacere spese militari ed ulteriori che accrescessero il suo prestigio e quello dello stato. Il monarca, per amministrare il potere assolutista, necessitava della piena autorità decisionale in qualsiasi frangente, di un ammodernamento del sistema di riscossione dei tributi e di un tribunale efficiente; tutte indicazioni differenti e contrarie dalla gestione feudale dei territori. L'assolutismo portò a nuovi conflitti a causa del desiderio di governare i territori confinanti e alle mire espansionistiche da parte dei sovrani. La Francia rappresentò l'espressione massima dell'assolutismo, anche in virtù dell'indebolimento di altri fattori. La Spagna non era stata in grado di improntare questo sistema e l'Inghilterra si era orientata verso una monarchia parlamentare e costituzionale. 10 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA In Francia il monarca assume la dirigenza assoluta per tutte le situazioni poiché non riusciva più a fidarsi dell'aiuto dei signori che fino ad allora gli avevano assicurato fedeltà. Il fautore di questa evoluzione è senza ombra di dubbio il Cardinale Richelieu. Molto vicino alla monarchia francese era diventato primo ministro sotto il regno di re Luigi XIII, nel 1624. Ebbe una politica accorta e riuscì a concentrare il potere assoluto nelle mani del monarca; riuscì inoltre a controllare la minoranza ugonotta, che aveva ottenuto libertà di professione di religione con l'editto di Nantes nel 1598 e ad esautorare il parlamento francese. Il tutto era mirato a rafforzare il potere delle grandi casate e il loro appoggio alla monarchia per consolidare la potenza statale a contrastare l'impero asburgico. Nel feudalesimo l'esercito era costituito da persone mercenarie fornite dai signori mentre nello Stato assolutistico i militari erano addestrati accuratamente e costantemente. Nel feudalesimo vi erano dei legami interpersonali tra signori, vassalli, valvassori e valvassini; nello stato assolutistico l'apparato burocratico era applicato uniformemente su tutto il paese eliminando molteplici passaggi che potevano dare adito a favoritismi, anche se la presenza di personaggi che erano riusciti a sfruttare la vicinanza con il sovrano era rimasta ancora osservabile. Dal punto di vista fiscale nel feudalesimo i signori riscuotevano direttamente le Corvée mentre nello stato assoluto il versamento delle imposte era centralizzato e venivano impiegate prevalentemente nella sovvenzione dell'esercito e dell'apparato burocratico (a discapito delle necessità della popolazione). Nel feudalesimo il commercio era di una tipologia chiusa, all'interno della corte, nello stato assoluto è di tipo di libero scambio e lo stato stesso interveniva per facilitare gli scambi commerciali. Gli esiti in Inghilterra furono differenti poiché la monarchia non riuscì a contrastare la forza del Parlamento, la borghesia e la forza della nobiltà di campagna. Queste resistenze sfociarono in una guerra civile dando vita ad un blocco rivoluzionario composto da una parte dai Moderati, che volevano una monarchia costituzionale (questo perché le forze emergenti e gli aristocratici, che avrebbero avuto meno diritto di governare, volevano avere voce in capitolo), dagli Estremisti che volevano un regime repubblicano e dai Radicali che aspiravano ad una rivoluzione sociale. Questi gruppi si unirono per combattere il monarca Carlo I della famiglia degli Stuart che, in seguito alla sua opposizione, venne processato e decapitato in nome del "popolo d'Inghilterra" dietro la spinta rivoluzionaria di Oliver Cromwell, un puritano fortemente oppositore della monarchia che aveva combattuto contro l'esercito inglese e l'esercito del sovrano Carlo I. Epurò il Parlamento inglese dai monarchici. Da questo evento la monarchia si rese conto che non poteva regnare senza l'approvazione del popolo, e in particolar modo della borghesia nascente, ma collaborare con queste al pari livello. Dopo l'esecuzione di Carlo I venne proclamata la Repubblica Commonwealth, Oliver Cromwell assunse il titolo di “Lord protettore” e instaurò un governo personale. Si distinse anche per le sue doti militari riuscendo a piegare e sottomettere territori vicini quali la Scozia e l'Irlanda. Contrastò il dominio commerciale dell'Olanda diminuendo anche il prestigio della flotta navale di questo paese. 1653 - DISCORSO DI OLIVER CROMWELL AI PARLAMENTARI Voi siete un gruppo fazioso, nemici del buon governo, banda di miserabili mercenari, scambiereste il vostro Paese con Esau' per un piatto di lenticchie; come Giuda, tradireste il vostro Dio per pochi spiccioli. Avete conservato almeno una virtù? C’è almeno un vizio che non avete preso? Il mio cavallo crede più di voi; l'oro è il vostro dio; chi fra di voi non baratterebbe la propria coscienza in cambio di soldi? È rimasto qualcuno a cui almeno interessa il bene della Repubblica? Siete diventati intollerabilmente odiosi per l'intera nazione; il popolo vi aveva scelto per riparare le ingiustizie, siete voi ora l'ingiustizia! Ora basta! Portate via la vostra chincagliera luccicante e chiudete le porte a chiave. In nome di Dio, ANDATEVENE! La restaurazione della monarchia inglese non ebbe esito felice. Carlo II venne ostacolato e costretto dal Parlamento a promulgare due leggi (Test Act e Habeas Corpus) che vincolavano le mire assolutistiche del sovrano. Una nuova rivoluzione, la “Gloriosa Rivoluzione” del 1688, obbligò Guglielmo d'Orange, nuovo sovrano inglese proveniente dalla monarchia olandese, a sottoscrivere la “Dichiarazione dei Diritti” (Bill of Rights, 1689) che garantiva libertà di pensiero ed espressione politica limitando i poteri della corona. LA FRANCIA DI LUIGI XIV L'assolutismo del regno di Luigi XIV è collocabile a cavallo del XVII e XVIII secolo (1643-1715). Luigi XIV, venne soprannominato il “Re Sole” per il centralismo del suo potere. Nel 1643 muore Luigi XIII e assume la reggenza sua moglie Anna d'Austria in nome di suo figlio Luigi XIV che aveva appena cinque anni. Anna d'Austria chiede aiuto per il suo incarico al cardinale italiano Giulio Mazzarino. Il cardinale Mazzarino, che perseguiva la politica conservatrice del cardinale Richelieu, di cui era stato segretario, non era ben visto dal parlamento francese che pretendeva di avere voce in capitolo sulle decisioni del sovrano. Si vennero a creare due fronde, correnti d'opposizione, la Fronda Parlamentare e la Fronda dei Principi. Le prime problematiche sorsero sulle decisioni da prendere per ciò che riguardava le tasse e il fisco, Mazzarino trovandosi a reprimere le opposizioni delle fronde fece eseguire numerosi arresti che non vennero accettati dal parlamento il quale istigò il popolo alla rivoluzione. Oltre a Parigi queste rivolte interessarono le zone confinanti e vennero guidate dal Principe di Condè che lasciò l'esercito per mettersi a capo dell'esercito antigovernativo nella Fronda dei Principi la quale costrinse il cardinale Mazzarino alla fuga. I nobili non appoggiarono il Principe di Condè perché non si sentivano tutelati e dopo tre anni, nel 1652, l'esercito riuscì a ristabilire il controllo del potere e la Fronda dei Principi fu costretta ad abbandonare la rivolta. Il successo dell'esercito consolidò il potere monarchico, quest'egemonia assoluta non fu più contrastata fino alla Rivoluzione del 1789. Il cardinale Mazzarino, ottenuto questo successo, volse il suo pensiero indirizzandolo alla conquista dell'Europa. I conflitti con la Spagna, ultimo periodo della “Guerra dei trent'anni”, volsero a favore della Francia, con l'Inghilterra guidata da Cromwell strinse patti di alleanza riuscendo a contrastare le opposizioni dei Paesi delle Fiandre. La Spagna firmò la “Pace dei Pirenei” (1659) e gli intenti della Francia di conquistare la Spagna furono siglati con il matrimonio tra Luigi XIV e Maria Teresa, figlia di Filippo IV di Spagna. Maria Teresa venne obbligata a rinunciare a qualsiasi richiesta di diritto sulla corona spagnola da parte della sua famiglia ma il 11 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA cardinale Mazzarino, astutamente, richiese una così elevata dote non disponibile nelle casse spagnole che li obbligò a ritrattare le loro decisioni. Nacque da ciò il “Conflitto per la successione spagnola”. La politica così accorta di Mazzarino gli fece acquisire dagli avversari il soprannome di “l'avventuriero italiano”. Nel 1661, alla morte di Mazzarino, Luigi XIV assume il controllo del potere. Il suo regno durò fino al 1715 e fu caratterizzato dalle guerre per le mire espansionistiche. Gli intenti di conquista della Francia furono particolarmente rivolti verso i paesi d'Olanda e la Spagna, paesi che trovarono il supporto degli altri stati che temevano l'eccessiva espansione del controllo francese. Queste politiche di espansione comportarono economicamente molto impegno e Luigi XIV cercò di avvalersi il meno possibile di ministri e collaboratori per accentrare nella sua persona il potere decisionale. I parlamentari vennero privati del diritto di contrastare la monarchia e la loro figura era solo rappresentativa, gli Stati Generali rappresentanti delle varie classi sociali furono destituiti dei loro diritti. Ciò comportò al consolidamento dello stato d'Ancien Régime, il cui potere era concepito unicamente nelle mani del sovrano e del clero, le classi sociali erano tenute solamente a pagare le tasse e sostenere le spese per lo stato. La convinzione del sovrano di essere istituito con indicazione divina lo portò a professare la tesi di sue capacità miracolistiche con guarigioni, potere conferitogli dal divino a cui doveva unicamente rendere conto. Per contrastare il desiderio di autonomia dei nobili, dopo aver sconfitto le opposizioni, decise di radunarli, per controllarli meglio, ospitandoli nella reggia di Versailles da lui fatta edificare a pochi chilometri da Parigi. Mascherò la loro inefficienza coprendoli di regali e annebbiando il loro pensiero con la magnificenza di quel soggiorno. Luigi XIV determinò la nascita della Chiesa Gallicana, poiché non desiderava che il Papa e il mondo cattolico potessero influire sul suo potere decisionale, questa esaltava il potere autonomo del re nei confronti della Chiesa Cattolica e dei vescovi nei confronti del Papa ponendo dei limiti all'autorità pontificia. Questo aspetto raggiunse il suo apice nel periodo della guerra contro la cattolica Spagna. Altro intento del sovrano fu il perseguire i movimenti religiosi autonomi presenti nel paese come il giansenismo che criticava la ricerca ostentata del lusso all'interno della corte e della Chiesa. Il giansenismo era una corrente di pensiero ispirata dal vescovo fiammingo Cornelius Jansen che sosteneva che l'uomo, dopo il peccato originale, non era più in grado di agire autonomamente per il bene della specie (idea che contrasta il pensiero del cattolicesimo che l'uomo è autonomo e libero nelle proprie azioni) riacquistando questa capacità solo rinunciando ai beni materiali e facendo sue regole ferree. Lo scienziato Blaise Pascal fu testimone di questa corrente e solo in seguito si convertì al cattolicesimo lasciando nei suoi scritti la sua idea dell'incontro con Dio. Con l‟Editto di Fontainebleau (1685), che rievocava l'Editto di Nantes, Luigi XIV revocò la libertà di culto agli ugonotti i quali furono costretti, in seguito a persecuzioni, ad allontanarsi dalla Francia in direzione dell'Olanda. L'esodo degli ugonotti, che erano abili commercianti e borghesi dediti ad attività finanziarie, provocò un impoverimento dello stato già messo a dura prova dalle guerre e un arricchimento degli stati che li vennero ad ospitare. A Versailles venne a riproporsi il fenomeno del mecenatismo poiché Luigi XIV amò circondarsi di letterati ed artisti che risentirono del controllo monarchico, le loro produzioni e le pubblicazioni del periodo venivano controllate accuratamente dal sovrano che censurava qualsiasi manifestazione e pensiero che contrastava con il suo potere. Apparentemente si può notare un'adesione all'ideologia politica del re. Il mercantilismo di Jean-Baptiste Colbert in materia finanziaria rispecchia l'ideologia del periodo, ossia che la ricchezza equivale alla quantità di moneta pregiata posseduta e che si doveva perseguire un aumento delle esportazioni e una diminuzione delle importazioni con dazi doganali elevati per le merci in entrata, potevano entrare nel paese solo materie prime che dovevano essere lavorate in Francia ed esportate negli altri paesi. Per favorire il commercio interno vennero tolte tutte le barriere dei dazi doganali e tutte le fabbriche reali vennero aiutate nella loro produzione con massicci aiuti statali. Per quanto riguarda il commercio con l'estero verranno a formarsi cinque compagnie che contrasteranno le compagnie delle Indie Orientali ed Occidentali dell'Inghilterra che avevano il monopolio dei commerci con le colonie. Le guerre condotte dalla Francia di Luigi XIV furono guerre prettamente espansionistiche che durarono cinquant'anni. Esse minarono l'equilibrio raggiunto con la Pace di Westfalia e il loro misero risultato vide solo l'impoverimento delle casse statali. La figura del sovrano sarebbe risultata indebolita se non avesse intrapreso dalle guerre indirizzate alla conquista di nuovi territori e Luigi XIV provocò la Guerra di Devoluzione con le Fiandre e l'Olanda per la sua convinzione che le Fiandre dovessero essere sottomesse alla Francia e l'Olanda non riuscì a contrastare la disputa nella Guerra d'Olanda. Gli altri paesi si opposero alla politica conquistatrice francese costituendo la "Lega di Augusta" che si oppose combattendo contro la Francia per dieci anni. Le casse dello stato francese furono abbondantemente impoverite da queste lotte. Sul fronte spagnolo, alla morte del re Carlo II dei Borbone senza eredi, venne invalidata la clausola di matrimonio tra Luigi XIV e Anna d'Austria facendo salire al trono Filippo d'Angiò, nipote di Luigi XIV, con il nome di Filippo V. Gli altri stati, preoccupati dell'espansione francese, dichiararono guerra a Francia e Spagna. La "Guerra di Successione spagnola" (1701-1714) fu conclusa con la Pace di Utrecht (1713) che venne sottoscritta da tutti i paesi ad eccezione dell'Austria che la ratificò successivamente con la Pace di Rastadt (1714). Luigi XIV morì a Versailles nel 1715 dopo 72 anni di regno senza che nessuno dei suoi figli legittimi gli fosse sopravvissuto, trono che trasmise al suo pronipote di appena cinque anni Luigi XV. La morte del sovrano, che aveva così messo a dura prova le classi sociali, venne salutata con gioia da parte del popolo fino alla profanazione dei suoi resti durante la Rivoluzione del 1789. Dopo la Pace di Utrecht e la Pace di Rastadt la Francia perde ogni ambizione di dominio in Europa. Filippo V viene riconosciuto re di Spagna e rinunciò alla successione francese e alla fusione dei due regni. Nello stesso tempo, per mantenere un certo equilibrio, dovette cedere agli Asburgo le Fiandre e i domini italiani conquistati (il ducato di Milano, la Sardegna, il regno di Napoli e Stato dei Presidi). All'Inghilterra consegnò l'isola di Minorca e il promontorio di Gibilterra mentre ai Savoia la Sicilia e il Monferrato. La Francia rinunciò definitivamente alla Spagna e cedette 12 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA all'Inghilterra parte delle sue colonie americane spegnendo quel desiderio di espansione del nuovo continente. Le nazioni che avevano ottenuto la maggior parte dei privilegi furono l'Austria e l'Inghilterra, la prima era riuscita a sostituirsi alla Spagna mentre l'Inghilterra era diventata una potenza coloniale importantissima favorita nei commerci e nell'affermazione nei territori extraeuropei. Nuove famiglie reali videro crescere il loro potere, gli Hohenzollern avevano ottenuto l'elevazione a regno da ducato di Prussia (una porzione dell'attuale Germania e Austria) e l'ampliamento dei territori e i Savoia avevano ottenuto il titolo regio della Sicilia. Per l'Italia i due trattati significarono la fine della dominazione spagnola ma il subentro della dominazione austriaca, Filippo V nella prima metà del ‟700 cercò di riconquistare i territori italiani. Nel 1718 le truppe spagnole si impossessarono nuovamente della Sicilia ma questi intenti provocarono l'ira di Inghilterra, Francia, Austria e Olanda che compromisero molto l'equilibrio che si era creato. Questa quadruplice alleanza sconfisse gli spagnoli a Capopassero in Sicilia. La successiva Pace dell‟Aja (1720) pose fine alle mire spagnole in Italia. L'Austria ottenne da Vittorio Amedeo II di Savoia la cessione della Sicilia in cambio della Sardegna dando vita a Regno di Sardegna mentre ai figli di Elisabetta Farnese venne riconosciuto il diritto di successione al ducato di Parma e al granducato di Toscana non essendoci eredi diretti. IL SETTECENTO Il ‟700 viene presentato come il secolo dei Lumi e delle rivoluzioni anche grazie agli Illuministi che consideravano il lume la ragione che illumina gli uomini nella conoscenza. Attraverso la ragione gli uomini possono conoscere il mondo. Alcuni illuministi meno laici non si concentrano esclusivamente sulla capacità umana, i cosiddetti Deisti non rinnegano la presenza divina. L'illuminismo è un movimento di pensiero che nasce in Francia nei primi decenni del ‟700 ma attecchisce velocemente anche nelle altre nazioni. Tutti i sovrani di quel periodo fanno proprie quelle idee per non entrare in contrasto con il popolo. L'uomo è al centro della sua visione del mondo fondato sulla ragione e libertà di pensiero in contrapposizione all'autorità politicoreligiosa, con nuovi valori quali la tolleranza, l'uguaglianza e la fratellanza tra gli uomini. Questi valori devono guidare il nuovo cammino dell'uomo e la ragione deve fare da lume e da guida al raggiungimento di questo scopo. L'uomo deve capire perché deve andare avanti e non rimanere ancorato al passato, deve progredire nella strada del cambiamento e del rinnovamento, progresso e felicità. Il concetto di felicità verrà ripreso spesso in questo periodo perché l'uomo ha l'esigenza di vivere felice. Lo scrittore filosofo Bernard le Bovier de Fontenelle sostiene che si è diffuso da qualche tempo un pensiero filosofico nuovo, una luce che non aveva illuminato i nostri antenati, un nuovo modo di pensare. In una lettera il filosofo tedesco Immanuel Kant , nel 1784 pubblica “Risposta alla domanda: che cosa è l'Illuminismo?” da cui è tratto il brano: <<L‟Illuminismo e l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende dall'effetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. ossia un uomo che non riesce ad operare senza la guida di un altro, l‟uomo ha in sé le capacità per lavorare e decidere da solo e i sentimenti di uguaglianza e fratellanza allietano il vivere insieme Sapere aude!. Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! ci vuole coraggio ad utilizzare la propria intelligenza, è molto più comodo lasciar fare o far prendere decisioni agli altri, noi dobbiamo usare la ragione e progredire in tutti i settori È questo il motto dell'Illuminismo […] Invece per questo illuminismo non occorre altro che la libertà; e precisamente la più innocua di tutte quelle che possono chiamarsi con questo nome, ossia la libertà di fare uso della propria ragione in tutti i campi. Ma io odo da tutte le parti gridare: “Non ragionate”. L'ufficiale dice: “Non ragionate, ma fatte esercitazioni militari”. L'impiegato di finanza: “Non ragionate, ma pagate”. L'uomo di Chiesa: “Non ragionate, ma credete!”. […] Io rispondo: il pubblico uso della propria ragione deve esser libero in ogni tempo, ed esso solo può attuare l'Illuminismo tra gli uomini>> queste sferzanti parole ci fanno capire le potenzialità di cui è dotato l'uomo e che deve mettere in atto, altrimenti si lascia decidere sempre agli altri e non bisogna lamentarsi se si è insoddisfatti Le origini dell'Illuminismo i principi centrali del pensiero dell'Illuminismo, già presenti nel Rinascimento ma meglio definiti in questa nuova era, sono: l'uomo al centro del mondo e artefice del proprio destino; la visione laica della vita; l'interpretazione delle diverse religioni come manifestazione di una stessa religione naturale. Nella concezione illuministica sono anche presenti aspetti della filosofia del ‟600: le teorie di Hobbes e Locke, che diedero vita all'empirismo, ritenevano che alla base di ogni idea e pensiero vi fossero l'esperienza sensibile e la percezione; la morale doveva essere autonoma rispetto la religione e al potere della Chiesa, i valori che ognuno di noi ha e fanno crescere la persona, partono dalla persona stessa; la nuova concezione che gli uomini sono tutti uguali, portatori di principi universali e in diritto di partecipare alla vita sociale politica; la nuova teoria sull'origine dell'autorità politica che si era già affermata nella rivoluzione inglese, con la quale si riteneva il popolo depositario della sovranità e in diritto di ribellarsi ad una sovranità ingiusta. Oltre la filosofia il ‟600 trasmette al ‟700 la “nuova scienza” che viene maggiormente sperimentata e messa in pratica nelle nuove attività lavorative più vicine all'industria che all'artigianato. Vengono creati nuovi macchinari e l'Inghilterra è la fucina di queste nuove creazioni che verranno esportate e si affermeranno anche nei restanti paesi d'Europa. Nuove ricerche, anche in campo medico, daranno la possibilità di poter usufruire di nuove metodologie e rimedi che porteranno beneficio alla società (come il vaccino contro il vaiolo). Il miglioramento dell'alimentazione determina un aumento demografico. Le invenzioni tecnologiche, come l‟aerostato dei fratelli Montgolfier, rivoluziona il concetto di distanza. Diffondendo la cultura, anche in un popolo ignorante, si riuscì a superare il limite dell'analfabetismo. Se tutti gli uomini sono fratelli nasce il nuovo concetto del Cosmopolitismo, l'uomo viene riconosciuto come cittadino del mondo. Il fatto che tutti gli uomini hanno gli stessi diritti deriva dalla convinzione che essendo tutti fratelli non sussistono differenze sociali, culturali e civili: nasce così il Flatotismo e sentimenti fraterni di tolleranza ed uguaglianza. l'Illuminismo si diffonde perché l'intellettuale ha la nuova funzione di divulgare le idee e quindi ha un ruolo sociale, è principalmente svolto dai filosofi (philosophe). I filosofi dicevano: 13 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA di controllare con la ragione, di cui siamo dotati, le emozioni; di osservare la realtà senza nessuna preclusione; la conoscenza aveva anche un risvolto pratico nella vita quotidiana. I philosophe erano figure di professionisti seri, solitamente facenti parte della borghesia, che lottavano contro il potere detenuto dai nobili e dal clero. Vi furono anche dei filosofi di origine nobile che si impegnarono in prima persona affinché i loro principi fossero applicati. Gli intellettuali del periodo di maggiore rilievo furono Charles de Secondat de Montesquieu (1689-1755), Voltaire (pseudonimo di François-Marie Arouet, (1694-1778) e Jean-Jacques Rousseau (1712-1778). Un grandissimo apporto alla divulgazione di queste idee venne dato dalla nascita delle riviste, periodici e quotidiani. L'intento principale era quello di diminuire l'analfabetismo. La lingua francese, essendo la Francia lo stato che vide la nascita dell'Illuminismo, divenne la lingua ufficiale della cultura. Il primo quotidiano nasce nel 1702 in Gran Bretagna mentre The Spectator fu la prima pubblicazione dedicata alla politica. I salotti letterari privati e i caffè cittadini sono i luoghi dove si discute e si scambiano opinioni. La Massoneria nasce dal divieto di discutere pubblicamente del potere, rimane società segreta che riunisce le idee contrastanti sullo Stato e sui nobili.. I massoni, rappresentati da nobili, intellettuali, borghesi ed ecclesiastici, erano persone colte che parteciparono, con le proprie idee illuministiche e rivoluzionarie, ad incontri e dibattiti. Formazione nata in Inghilterra ebbe ampio sviluppo in Francia con le associazioni della Grande Loggia e del Grande Oriente. Questo fenomeno ebbe grande sviluppo fino al Risorgimento, i gruppi assumevano il nome di mestieri con l'intento di non prestare troppa attenzione (vedi la Carboneria). Altri esponenti importanti dell'Illuminismo furono Denis Diderot (1713-1784) e Jean-Baptiste D'Alembert (1717-1783), ideatori della Encyclopédie, dizionario enciclopedico che raccoglie tantissime voci e la conoscenza del periodo, prima opera divulgativa del sapere. L'enciclopedia ha avuto una storia travagliata poiché il potere e la Chiesa hanno sempre cercato di contrastare le nozioni da essa riportate. L'Illuminismo e la religione La chiesa, visto il seguito riscosso da queste nuove ideologie, cercava di mettersi al riparo ostacolando questa nuova corrente di pensiero e cercando di convincere il popolo a non seguirle. Il giurisdizionalismo è una sorta di regole nate per bilanciare i poteri tra Stato e Chiesa, in esso si decretava che la Chiesa si dovesse occupare di problemi della Chiesa e lo Stato di problemi dello Stato senza che un organo potesse influire nelle decisioni dell'altro. Il ‟700 cerca di combattere gli aspetti legati alla superstizione e al fanatismo del ‟600, antiche credenze e lotte religiose che esulavano dalla concezione attuale dell'uomo. Gli illuministi sferrano un grave colpo alle religioni rivelate (l'ebraismo, il cristianesimo, l'islamismo) che si basano sulla fede e sui loro dogmi che si ritengano siano all'origine dell'odio. Gli illuministi non rifiutavano a priori il credo, il deismo, come già detto, è una sorta di religione naturale che si fonda sull'esistenza di Dio, creatore e ordinatore del mondo. Voltaire sostiene che Dio esiste ma non prende parte agli eventi storici dell'uomo che è l'unico responsabile della sua vita. L'autore, nelle sue lettere, è contro il fanatismo religioso e l'intolleranza. Voltaire raccolse molte critiche in particolar modo dai giansenisti, che contrastarono le sue “Lettere Filosofiche” dove l'autore denuncia il pessimismo religioso dell'esistenza umana che proveniva dal peccato originale. Voltaire si oppose all'aspra critica di Blaise Pascal sul genere umano, come all'estremo ottimismo di Gottfried Leibniz che descrive il mondo come il migliore tra i mondi possibili (Voltaire sostiene che il mondo non è il migliore o il peggiore in cui possiamo vivere ma è semplicemente un mondo regolato da leggi naturali che devono essere analizzate, studiate e scelte con l'apporto della ragione). Gli illuministi che non riconoscevano l'esistenza di Dio e che lo ritenevano una figura inventata dai politici per influenzare le masse per i loro scopi. era rappresentata dagli atei. 14 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA Il pensiero economico Nel settecento si sente la necessità di far crescere la cultura e promuovere l'alfabetismo. Le trasformazioni in atto nella società, dove la popolazione era fortemente aumentata grazie alla diminuzione della mortalità, fanno sorgere la necessità di modificare l'economia che doveva sostenere il nuovo aumento demografico. Vengono a crearsi nuove correnti di pensiero economico, la nuova scienza economica che sarà l'inizio del percorso economico che giunge fino ai nostri giorni. Il nuovo pensiero economico doveva superare la concezione economica del mercantilismo francese di JeanBaptiste Colbert con una maggiore apertura di scambio tra le nazioni, dando la possibilità di creare ricchezza. Le dottrine più importanti furono due: la Fisiocrazia in Francia e il Liberismo in Inghilterra. I Fisiocratici condividevano principi fondamentali: l'economia era soggetta a leggi naturali come quella del mercato (prezzo delle merci stabilito in base alla domanda e offerta); l'economia assolutistica che ostacolava il libero transito delle merci; proponevano un'economia basata sul “ lasciar fare, lasciar passare” che aboliva tutti vincoli che condizionavano lo sviluppo economico. François Quesnay fu il caposcuola della fisiocratica e sosteneva che il mondo fosse regolato dalle leggi naturali e fisiche e che l'unica attività produttiva era l'agricoltura in quanto produce il prodotto netto, mentre industria e commercio si limitano a trasformarla e a distribuire le merci. In base a questo principio lo Stato diventa forte attraverso l'incremento dell'agricoltura. Di conseguenza i fisiocratici si opposero a tutti coloro che volevano controllare le leggi della natura e modificare la struttura della natura stessa. I monopoli non avevano ragione di essere e dovevano essere aboliti tutti i dazi, libera iniziativa di libero commercio. Unica regola contemplata era quella della domanda e dell'offerta e lo stato non doveva intervenire in alcun modo. Un altro ostacolo era rappresentato dalle classi abbienti poiché il fatto che una parte della popolazione usufruisse di benefici e privilegi creava ingiustizia sociale. I Liberisti furono gli ideatori del pensiero economico moderno. Adam Smith, il loro più famoso esponente, sostiene che solo il lavoro produce ricchezza, sia che fosse basato sull'agricoltura che sull'industria. Il suo testo “Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni” (1776) è stato fonte ispiratrice di molteplici teorie economiche, secondo quest'opera, Smith sostiene che l'agricoltura non è l'unica base della fonte della ricchezza quanto il lavoro in se stesso, che deve provenire da tutte le classi sociali. La prosperità della nazione è data dalla ricchezza dei singoli e l'individuo deve essere messo nella situazione di fare scelte economiche adeguate, quindi lo Stato non deve intervenire. È l'interesse personale che porta l'uomo a ricercare il guadagno e a migliorare il proprio tenore di vita. Il miglioramento delle proprie condizioni sociali dell'individuo avrebbe portato ad un miglioramento generale della società. Secondo Smith la società moderna non doveva più basarsi sui principi del feudalesimo ma solo una concezione nuova dove le persone potessero esprimersi al meglio. Altro concetto fondamentale della teoria di Smith è rappresentato dalla divisione del lavoro dove la fabbrica assume un ruolo fondamentale. Ogni lavoratore necessitava di una specializzazione nell'operare e la fabbrica doveva essere concepita con un nuovo criterio che portò alla caratteristica della catena di montaggio. La fabbrica moderna è il luogo dove devono essere investiti dei capitali per produrre e la produzione deve poter essere scambiata per realizzare profitto. Il capitalista che deve realizzare un profitto e l'operaio che deve lavorare per il salario solo la molla che spinge l'economia. Queste idee portarono alla convinzione che il prodotto doveva essere scambiato con le altre nazioni e che si doveva vedere a queste per migliorarsi nelle metodiche, quindi non poteva esserci una sopraffazione di uno stato nei confronti di un altro ma necessitava la collaborazione. Adam Smith, in “Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni” si chiede: “Esistono i talenti naturali?” -- riporta il concetto che ognuno di noi è frutto della genetica e dell'ambiente in cui vive, come sintesi di questi due fattori -- le differenze di capacità tra gli uomini sono innate e quindi frutto dell'ereditarietà solo in parte, è soprattutto lo svolgimento di distinte attività lavorative che le abilità e le competenze degli individui rendendoli complementari -- capacità di barattare e scambiare (che è tipica dell'uomo) -- il completamento e la capacità che all'uomo di avvantaggiarsi dei legami e degli interscambi tra le persone sono i fattori che arricchiscono l'umanità; il contatto culturale tra le popolazioni a volte è stato inteso come “imbarbarimento” ma, nella realtà, è stato a tutti gli effetti uno scambio che ha portato alla conoscenza e all'arricchimento di entrambe le parti 15 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA ASSETTO EUROPEO NEL ‟700 (Sintesi) L'Inghilterra risultava rafforzata per la sua situazione politico-amministrativa con la sua monarchia costituzionale. Si era confermata una grande potenza economica perché aveva anche rafforzato la sua flotta. Le zone comprese tra Brandeburgo e Prussia si erano unite dando vita al regno di Prussia che andava diventando un potente antagonista degli altri regni d'Europa. Pietro il Grande, zar di Russia, ebbe come merito di aprire la Russia all'Europa e di trasformarla inuna potenza occidentale. Il Portogallo, e particolarmente la Spagna, videro un momento di difficoltà che portò loro ad un impoverimento e perdita dei loro territori a vantaggio della casa asburgica d'Austria. Gli Asburgo andavano ulteriormente rafforzandosi nell'impero ex Ottomano, occupando vari territori dell'est come la Polonia, e nella penisola italiana dopo la pace di Acquisgrana. Espansione dell'Austria e della Russia L'Europa centro orientale, rispetto all'Inghilterra e alla Francia, risultava essere ancora arretrata. Basata ancora sul latifondo, capii la necessità di cambiare e di guardare all'Occidente per apportare le modifiche dei suoi stati. L'Austria, che nel suo impero aveva incluso molti stati ereditati, si organizzò a livello amministrativo ponendo a dirigere dei nobili tra di loro imparentati e fedeli alla corona. L'Austria, dal punto di vista religioso, era un paese omogeneo dove si professava la fede cattolica nonostante abbracciasse popolazioni molto differenti. Gli Asburgo, dopo la Guerra dei Trent'anni, controllavano parte dell'Europa dell'est, Boemia e Ungheria occidentale e vollero ulteriormente espandersi verso tutti quei paesi che si affacciavano sul Danubio. L'unico opposizione che poteva riscontrare l'Austria era da ciò che rimaneva dell'impero Ottomano perché quest'impero era presente da due secoli su quei territori. Durante il regno di Leopoldo I vi fu uno scontro fra questi poteri dove in un primo momento i turchi prevalsero, tant'è vero che minacciarono seriamente il territorio austriaco arrivando fino alle porte di Vienna nel 1683. In seguito l'Austria venne salvata dall'intervento della Polonia. Riuscì nel tempo a conquistare territorio dopo territorio dai turchi e a rafforzare la propria potenza potendosi confrontare con altri stati come l'Inghilterra e l'Olanda, anche dal punto di vista dei commerci marittimi. Gli Asburgo avevano mire innovatrici dal punto di vista politico, diplomatico e militare. Dal punto di vista economico esistevano dei problemi perché si erano dovute sostenere molte spese per le guerre e perché l'economia austriaca non era ancora basata sull'industrializzazione. Nei primi anni del settecento Carlo VI incominciò ad avviare un'importante attività economica valorizzando i territori dei Paesi Bassi, di proprietà della corona asburgica, che potevano essere interessati ad un incremento dell'attività dei commerci via mare e di costruzioni di navi e degli sbocchi dei porti di Trieste e Fiume sull'Adriatico, anch'essi da loro controllati. Carlo VI non ebbe eredi maschi e dovette affrontare il problema della successione, cambiò la legge nel 1713 (Prammatica Sanzione che venne approvata dagli stati appartenenti all'impero asburgico dietro concessioni di autonomie locali) dando modo di salire al trono a sua figlia Maria Teresa d'Austria che divenne imperatrice. L‟Austria e i popoli che facevano capo all‟impero asburgico risultavano provati dalle guerre di successione polacca e austriaca. L'Austria necessitava di un sovrano autorevole in grado di ristabilire l'economia e l'ordine all‟interno del paese. Questi furono gli obiettivi di Maria Teresa d'Austria che cercò di accentrare i propri poteri tra il 1740 e il 1780. Le doti di questa imperatrice furono notevoli e il miglioramento dell'impero austriaco fu evidente anche negli stati del Nord. Maria Teresa riuscì a limitare il potere delle assemblee locali e rese ubbidienti le classi nobili e clero a cui vennero tolti i privilegi fiscali di antica data. Fece compilare il nuovo catasto che determinò nuove entrate nelle casse dello stato, promosse lo sviluppo delle attività produttive, ridusse i dazi interni per gli scambi commerciali e, soprattutto, riordinò il sistema scolastico dopo aver espulso la Compagnia di Gesù che da anni esercitava il monopolio educativo. Ancora più decisiva risultò la riforma attuata dal suo successore, il figlio Giuseppe II, 1780 -1790, che si era affiancato al trono di sua madre dopo la morte del padre Francesco I di Lorena. Riuscii ad ottenere buoni risultati abolendo la servitù della gleba, la rimozione dei privilegi feudali e nobiliari, rimosse l'obbligo degli artigiani di appartenere ad una corporazione che limitasse l'attività lavorativa. Queste innovazioni di Giuseppe II vennero ampiamente contrastate dalla nobiltà e dal clero. Questi contrasti furono ampiamente manifesti in Belgio e in Bulgaria dove il sovrano fu costretto ad intervenire per sedare le rivolte. I grossi limiti che pose alla chiesa riguardarono particolarmente la materia giurisdizionale e sottopose i seminari al controllo universitario, inoltre intervenne nelle pratiche di culto e limitò le funzioni regolamentando le tariffe e il suono delle campane. La Russia, dopo la caduta dell'impero di Costantinopoli aveva ereditato parte dei territori bizantini e si trovava a capo della civiltà ortodossa con la sua popolazione fedele alla religione cristiana ortodossa. Ispirandosi alla tradizione bizantina Ivan III, che governava la Russia, aveva dichiarato Mosca la terza Roma dopo Costantinopoli e l'originaria Roma. Suo figlio Ivan IV aveva assunto il nome di "zar" (dal latino Caesar, "Cesare") e venne considerato l'ultimo emblema dell'assolutismo imperiale in Russia. Costituì un esercito militare regolare che aumentò la potenza dello stato con mire espansionistiche. Occupò tutto il bacino del Volga, parte della Siberia e poi anche verso occidente, dove trovò però polacchi e svedesi che lo sconfissero. Per non incappare nell'opposizione dei nobili terrieri Ivan IV cercò l'appoggio dei nobili meno importanti, ciò determinò una guerra civile tra i due livelli di nobiltà. Queste lotte determinarono numerose vittime e viene ricordata come la strage dei boiari (aristocratici), Ivan IV trovò quindi il metodo per azzerare gli oppositori, passando la storia con il soprannome di Ivan il terribile. L'inizio di questo periodo di tumulti (1584) fino al 1917 fu il periodo di regno ininterrotto della dinastia degli zar Romanov (l'ultimo zar Nicola II viene spodestato durante la prima guerra mondiale nel 1917). Nel 1613 sale al trono Michele Romanov. I Romanov erano per lo stato assoluto quindi si organizzarono in modo dispotico per costituire uno stato centrale assolutistico della Russia rispettando la gerarchia e soprattutto rispettando alcuni principi di questo centralismo che si basava sullo sfruttamento da parte della nobiltà della popolazione più povera, dei contadini e di coloro che non avevano mezzi e che diventano tutti gli effetti Servi della Gleba, considerati come oggetti di proprietà dei padroni come ai tempi dei romani. Con queste condizioni il paese rimase isolato, con numerosi conflitti all'interno tra i contadini e i cosacchi che venivano puntualmente sterminati dalle truppe militari dello zar. Per avviare un ammodernamento del paese un grande ruolo lo ebbe Pietro I, detto anche “Il Grande”, che fu in grado di capire il nuovo stato di necessità di riorganizzazione del paese. Sentii la necessità di esautorare la Duma (Assemblea dei nobili boiardi, una sorta di parlamento in grado di influenzare il potere decisionale dell'imperatore) e di non sottostare all'ingerenza della Chiesa ortodossa. Sostituì la Duma con un consiglio scelto da lui, creò un forte esercito, una folta burocrazia e un efficiente marina e una polizia segreta (che operava contro le rivolte ed eventuali complotti nei suoi confronti). Pietro Il Grande, osservando l'Occidente, capii che era arrivato il momento di avviare il processo di industrializzazione della Russia. Nacquero le prime industrie di stato creando le fonderie (dalla scoperta di un importante giacimento di carbon coke, che come avvenuto in Inghilterra aveva dato una svolta nel processo di nascita delle industrie). Dal punto di vista culturale cercò di combattere l'analfabetismo, che era presente nella maggior parte della popolazione, istituendo scuole di ogni genere. L'Accademia delle Scienze si occupava di studi volti all'innovazione tecnica. Quest'intero processo avviò la trasformazione della Russia in stato europeo, anche se permanevano le caratteristiche di stato assolutistico, mercantilistico e militarmente avanzato. 16 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA Combattè contro i turchi per conquistare Azov sul Mar Nero. L'intento di espansione a nord portò ad un nuovo conflitto contro la Svezia, tra il 1700 e il 1721 (seconda guerra del Nord) dove ad avere la peggio fu la Svezia. Ciò garantì alla Russia l'accesso al Golfo di Finlandia. San Pietroburgo, in onore di Pietro Il Grande, fu la città che venne costruita alle foci del fiume Neva per garantire lo sbocco e i traffici commerciali nel Golfo di Finlandia ed in seguito vi fu trasferita la capitale di Stato da Mosca. L'ascesa della Prussia e il declino di Polonia e Svezia Nel corso del ‟700 abbiamo l'affermazione della Prussia, i cui abitanti erano costituiti da tedeschi e dove si erano stabiliti al tempo delle crociate i Cavalieri Teutonici (ordine cavalleresco fondato in Terrasanta che era stato voluto principalmente per combattere con la nobiltà tedesca; dopo che Gerusalemme era stata riconquistata dagli arabi nel 1226 l'imperatore Federico II di Svevia ne ordinò il rientro in territorio prussiano dove fondarono un regno e si impegnarono per la conversione della popolazione alla religione cristiana). La dinastia che governò la Prussia fu quella degli Hohenzollern, dal 1415 signori di Brandeburgo e principi elettori dell'impero germanico. Alberto di Hohenzollern trasformò in paese in ducato ereditario ma lo stato non aveva una grande solidità politica poiché riuniva popolazioni diverse che arrivavano dal fiume Reno e dalla Lituania ed era legato al regno germanico attraverso Brandeburgo e la Polonia per la Prussia. Il massimo periodo di importanza della Prussia è quello da attribuirsi al regno di Federico Guglielmo, che viene indicato come il Grande Elettore, tra il 1640 e 1688. La prima riforme che fece fu quella di annettere diversi territori, formare un esercito, dare slancio all'economia accogliendo anche 20.000 ugonotti che dopo la revoca dell'editto di Nantes non potevano più risiedere in Francia. Suo figlio, nel 1701, ottenne il titolo di re di Prussia passando alla storia come Federico Guglielmo I. Nel 1713 e 1740, seguendo l'esempio del padre, proseguì nella politica di accoglienza di coloro che fuggivano da persecuzioni e sfruttando la loro capacità professionale, inoltre colonizzò vari territori che non erano stati fino ad allora di interesse di altri stati. Federico Guglielmo I riorganizzò anche la struttura interna dello stato, secondo i principi dell'assolutismo, istituendo anche un sistema fiscale molto importante (con consistenti entrate nelle casse dello stato). Costituì un esercito poderoso e ben addestrato con la leva obbligatoria, ciò le valse il titolo di Re Sergente. La potenza militare fu la caratteristica principale dello stato prussiano. La Polonia deteneva un vasto territorio in Europa ma non era assolutamente vicina ad un discorso di modernità dello stato. Dall'estinzione della dinastia degli Jagelloni la Polonia aveva abolito la caratteristica di ereditarietà della sovranità sostituendola con la monarchia elettiva, il monarca veniva eletto ogni volta da un'apposita assemblea (la Dieta) costituita da gruppi di aristocratici indipendenti. I nobili che controllavano il paese erano autonomi e rispetto il sovrano godevano di determinati privilegi, gestendosi autonomamente nei loro territori e detenendo un proprio esercito che, via via, fornivano al sovrano in caso di bisogno. La situazione della Polonia era una situazione decisamente di arretratezza, i contadini erano asserviti ai nobili e periodicamente avvenivano delle rivolte (in particolar modo quando i feudatari si comportavano in modo ostile nei confronti della popolazione). Tra il 1772 e il 1775 la Polonia si vide costretta a dividere il proprio territorio tra le maggiori potenze confinanti (Russia, Prussia ed Austria). Un'altra nazione che cade in declino fu la Svezia, nonostante fosse uscita vittoriosa dalla Guerra dei Trent'anni. Era stata una grande potenza d'Europa perché controllava il Mar Baltico (con il relativo controllo del mercato commerciale sul mare) e dopo un breve regno della regina Cristina, che era succeduta alla trono del padre Gustavo II Adolfo nel 1632, dopo la sua conversione al cattolicesimo, la Svezia conobbe il suo periodo di massimo splendore nel regno di Carlo X Gustavo. Fu un sovrano che governò con una certa oculatezza trasformandola in una potenza marittima e portandola alla vittoria nella guerra contro la Russia, la Danimarca e la Polonia tra il 1657 e il 1660. Dopo solo quattro anni di regno, con la morte improvvisa di Carlo X Gustavo che aveva sottratto regni alla Danimarca che costituiscono tutt'oggi la Svezia meridionale, con la seconda guerra del Nord la Russia, la Danimarca e la Polonia si coalizzarono ed ebbero il sopravvento nei confronti della Svezia. La situazione era stata anche aggravata dal fatto della salita al trono del giovane sovrano Carlo XII, che inizialmente, nonostante la giovane età, riuscì a rispondere all'offensiva ma, in seguito, il suo tentativo di sconfiggere Pietro Il Grande in territorio russo risultò vano. Carlo XII morì all'età di soli 36 anni e la Svezia non fu più in grado di sostenere l'offensiva delle altre potenze europee e fu costretta a sottoscrivere la pace di Nystad nel 1721 che gli fece perdere tutti territori che si affacciavano sul Baltico. Federico II d'Austria Fu una figura importantissima. Federico II di Hohenzollern detto il Grande per la sua capacità di rinnovamento e cambiamento. Emanò delle precise norme in cui i suoi cittadini potessero liberamente professare la propria religione, perché il libero pensiero fosse diffuso, ed emanò, inoltre, delle leggi per controllare la Chiesa e il suo operato. In campo economico creò una rete di banche agricole e uno speciale credito agrario che provvedeva ad elargire prestiti a proprietari terrieri affinché le campagne e i territori agricoli potessero ripopolarsi. Si impegnò nei lavori infrastrutturali, nella ristrutturazione dei corsi d'acqua, nella richiesta rivolta ai proprietari terrieri di costruire case coloniche per i contadini, nell'esenzione del pagamento delle tasse per i contadini che erano state vittime di periodi infruttuosi per l'agricoltura o colpiti da guerra, favorì la coltivazione della patata e promosse la crescita industriale sui territori. Riformò la giustizia ottimizzando ed accelerando le procedure, abolì la tortura, migliorò il regime carcerario rendendolo più umano ed efficiente. Mise in pratica le idee illuministiche rendendolo il sovrano più ammirato dagli illuministi. Venne seguito e consigliato in particolar modo da Voltaire. La Russia di Caterina II Degna successore di Pietro il grande fu la zarina Caterina II, donna energica ed acculturata aperta all'Occidente. Per alcune sue scelte e idee sulla società fu ostacolata dai nobili, soprattutto quando decise di abolire la servitù della gleba come avevano fatto altri sovrani. Cercò di migliorare l'assistenza sanitaria e l'istruzione e, nonostante i gesuiti erano stati estromessi da altre zone d'Europa come in Portogallo, Spagna e Francia, Caterina II relegò a loro il compito dell'istruzione. 17 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA Un'azione che venne fortemente criticata fu la deportazione di massa di contadini da altri territori verso l'Ucraina e le pianure del Volga per bonificare e rendere coltivabili i terreni. A capo di queste rivolte il cosacco Pugaciòf si rese artefice delle lotte affinché i contadini non subissero queste costrizioni, anche gli intellettuali si opposero e i rapporti con la zarina si inasprirono. Il riformismo degli stati italiani L'Italia aveva un assetto territoriale che ormai perdurava da cinquant'anni. Dopo la pace di Aquisgrana si erano create delle condizioni favorevoli per un benessere economico e di miglioramento sociale, le riforme illuministiche erano giunte anche ai sovrani italiani in differente maniera. Nel Nord Italia, la Lombardia e il Veneto che erano sotto il dominio asburgico si riformarono sotto le direttive date da Maria Teresa d'Austria e del suo successore Giuseppe II, per cui in quel territorio vennero realizzate opere di infrastrutture, bonifiche, canali, ponti e venne recepito il cambiamento. Si avviarono attività industriali e questo determinò il miglioramento delle condizioni generali del nord Italia a confronto dei territori del sud, dove nel regno di Sicilia perdurò la concezione del latifondismo senza che venga recepito il rinnovamento industriale. Inoltre, nel Veneto e nella Lombardia venne introdotta l'obbligatorietà di iscrizione e frequentazione alla scuola elementare dai 6 ai 13 anni. Il centro culturale illuminista italiano è senza ombra di dubbio Milano dove esponenti come Cesare Beccaria, tra le cui opere ricordiamo “Dei delitti e delle pene”, e i fratelli Verri si promuovono per ideali liberistici e scambi culturali tramite le riviste, ricordiamo “Il caffè”. Il Granducato di Toscana era governato direttamente dalla dinastia degli Asburgo-Lorena con Pietro Leopoldo che aveva anch'esso recepito il cambiamento delle idee illuministiche e attuò una serie di provvedimenti a favore dell'agricoltura e del commercio, fu il primo sovrano che abolì la pena di morte anche per i reati di regicidio. I borboni, nel regno di Napoli, nella figura di re Carlo III assistito dal primo ministro Bernardo Tanucci, dalle idee molto aperte, apportò dei notevoli cambiamenti nel suo stato. Il giovane sovrano cercò di limitare i privilegi ai nobili e al clero (ricordiamo l'abolizione dell'omaggio della chinéa, ossia del cavallo bianco inviato ogni anno al Papa insieme ad una grossa somma di denaro), prestò particolare attenzione al commercio e si dedicò alla cura e all'incentivazione del porto di Napoli per la sua valorizzazione nel traffico del Mediterraneo, diede particolare attenzione alla lotta contro il banditismo e la sua opera di rinnovamento venne portata avanti dal successore Ferdinando IV. Napoli, nel ‟700, divenne un grande centro culturale dove si formarono diversi intellettuali tra cui l'economista Antonio Genovesi, il giurista Gaetano Filangieri, lo storico Pietro Giannone e il filosofo Giambattista Vico. L'Inghilterra del „700 Il parlamento inglese aveva stabilito delle nuove regole governative, che il sovrano d'Inghilterra doveva essere protestante e non poteva discendere dalla linea cattolica degli Stuart, sotto il regno di Anna Stuart cessò la regola personale delle due corone d'Inghilterra e Scozia, nel 1707 venne creato il Regno Unito di Gran Bretagna e quando la regina morì senza eredi nel 1714 il Parlamento decise che al trono dovesse salire Giorgio I elettore di Hannover in Germania e discendente protestante degli Stuart per ramo femminile. Una volta salito al trono dovette difendere l'eredità al trono del figlio Giacomo II Stuart (perché la Scozia non poteva partecipare alla successione dinastica), ereditarietà sostenuta dai tories (conservatori). Giorgio I ottenne l'appoggio dei whigs (liberali) guidati da Robert Walpole, esperto di economia e finanza che voleva assolutamente la pace. Fu proprio grazie a Robert Walpole, divenuto primo ministro, che l'Inghilterra cessò di occuparsi esclusivamente dell'apparato militare e si dedicò al risanamento delle finanze pubbliche con l'aumento della produttività interna, grazie anche alla convinzione che uno stato non può andare avanti solo con l'appoggio del sovrano ma anche con quello del Parlamento. Il Parlamento assunse sempre più importanza e il cancelliere divenne più responsabile nei confronti del Parlamento che del sovrano. La caratteristica fondamentale della politica inglese del ‟700 è data dall'estensione coloniale. Le colonie organizzate dalla Compagnia delle Indie Occidentali e dalla Compagnia delle Indie Orientali erano costituite da territori che si erano andati via via espandendo, avevano dato vita ad importanti stanziamenti sulla costa orientale del Nord America dove si erano stanziati molti migranti inglesi e scozzesi attratti dalla possibilità di avere un ritorno economico. Naturalmente in America interessi francesi avevano determinato delle opposizioni per gli stanziamenti francesi in Canada (e successivamente e successivamente nella regione dei Grandi Laghi, nella Louisiana e nelle Antille). Dopo queste lotte, nel 1714, i francesi dovettero cedere alcuni territori agli inglesi. La colonizzazione delle Indie orientali fu più lenta a causa della presenza dei portoghesi e degli olandesi ma gli intenti degli inglesi, protratti nel tempo, li condussero a colonizzare persino i territori dell'India. Questa espansione nella penisola indiana era iniziata nel „600 dopo che l'impero islamico dei Moghul di origine mongola era decaduto. I portoghesi avevano creato una base commerciale a Goa, i francesi avevano stabilito la loro base operativa a Pondicherry, nelle vicinanze di Madras, sulla costa orientale e gli inglesi iniziarono la loro penetrazione a partire dalla regione del Bengala, sulla costa orientale, dove nel 1699 fondarono Calcutta e in seguito stabilirono basi commerciali in altre città, tra cui Madras e Bombay. L'Inghilterra nel 1717 amministra sempre di più le colonie indiane e l'esigua corte di Delhi concede alla Compagnia Britannica delle Indie di esercitare poteri politico amministrativi sul proprio territorio. La situazione in Francia Dopo tutti i conflitti che si erano sostenuti con la sovranità di Luigi XIV la Francia aveva dovuto rallentare la sua attività militare che l'aveva portata a depauperare ingenti somme economiche. Guidata da Filippo d'Orléans, figlio di un fratello del Re Sole e reggente in nome di Luigi XV (che non poteva ancora salire al trono in quanto troppo giovane), continuò con la politica assolutistica, restituì i benefici all'aristocrazia, la nobiltà di sangue anziché d'animo, concesse il diritto di rimostranza al Parlamento di Parigi. Incontrò spesso motivi di contrasto con l'Assemblea del popolo ma il problema più grande che dovette affrontare fu quello economico perché i debiti erano diventate veramente sproporzionati, la necessità fondamentale era quella di reperire fondi per lo stato con un'immediata riforma fiscale. Il suo intento fu di prelevare fondi da quelle classi a cui non era mai stato tolto nulla e quindi eliminare le esenzioni volute per le classi privilegiate. Il metodo di riscossione di queste tasse era stato precedentemente gestito da privati e, il più delle volte, questi importi erano andati persi. Filippo d'Orléans si affidò all'esperienza del finanziere scozzese John Law che ideò un sistema in cui lo stato poteva diventare imprenditore emettendo una grande quantità di moneta cartacea, che fino ad allora non era stata usata, garantendo che alla quantità emessa sarebbe corrisposto un quantitativo di metallo prezioso. Per potersi assicurare un introito più consistente nelle casse dello Stato, Law raccolse tutte le compagnie commerciali francesi in un'unica società per azioni che prese il nome di Compagnia Francese delle Indie, che aveva il monopolio statale sul sale e sul tabacco che si estendeva sull'intero commercio estero. Inoltre questa compagnia si era addossata sulle spalle il debito francese che pensava di poter estinguere con il ricavato della vendita delle azioni. Questa compagnia, con le sue prospettive, poté godere della fiducia di tanti imprenditori piccoli e grandi che investirono nelle sue azioni, ma vi fu un effetto indesiderato rappresentato dall'elevata quantità di carta moneta messa in circolazione all'effettiva quantità di metallo prezioso presente nelle casse dello stato. Nel 1720 la compagnia non riuscì a riconvertire i titoli in denaro ed avvenne il fallimento. Law fu costretto a scappare e il fallimento di questa compagnia trascinò nel fallimento anche la compagnia inglese dei Mari del Sud, si definì quindi il crollo dell'intero sistema. La sfiducia nella carta moneta e nel sistema non permise di ideare un valido sistema bancario. André de Fleury, un cardinale francese che intraprese nel 1726 il compito di porre rimedio all'infelice riforma di Law, riuscì a far riacquistare stabilità alla carta moneta dando un'iniziale impulso al commercio estero. Ci fu una ripresa dei traffici nei porti francesi, come in quelli inglesi e olandesi, anche se questi traffici rappresentano il triste e amorale periodo della tratta degli schiavi, traffico già avviato dal portoghesi, spagnoli e dagli olandesi. 18 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA Espansionismo degli stati europei Gli stati europei cercano di creare un equilibrio internazionale stabile al fine di mantenere la pace per lungo tempo. Erano state impegnate ingenti quantità di denaro e gli stati si erano notevolmente indeboliti. Gli stati minori durante le lotte cercarono l'appoggio degli stati più potenti e i paesi in difficoltà potevano ricambiare la loro protezione con una risorsa da usufruire in seguito. Si crea una vasta rete di contatti tra i sovrani europei, quella che oggi noi definiamo “diplomazia”. I popoli europei non sono ancora stati definiti dal punto di vista territoriale e spesso si trovano a convivere in contatto con etnie differenti di cui non condividono usi e costumi. La pace voluta in Europa portò ad un aumento della popolazione e una diminuzione della mortalità dovuta ad una migliore condizione di vita. Nella situazione di equilibrio, intervenuta dopo la pace di Utrecht e Rastadt, abbiamo il sopravvento di Inghilterra, Francia, Austria, Prussia e Russia. L'Inghilterra e la Francia erano le più interessate a mantenere una situazione di stabilità e miravano ad espandersi nelle zone extraeuropee. Nel fattore di assestamento dei confini influirono numerose guerre che riguardarono principalmente i caratteri di ereditarietà delle sovranità. Tra il 1632 e il 1748 abbiamo tre guerre importanti conclusesi con la pace di Aquisgrana. La prima, quella del 1733, è la Guerra di Successione polacca. Svezia e Francia sostenevano il pretendente al trono Stanislao Leszczynski, contrapposta troviamo Russia e l'Austria che sostenevano Federico Augusto III. Nel 1740 scocca la Guerra di Successione austriaca (Francia, Spagna, Prussia, Sassonia, Baviera, Regno di Sardegna non riconoscevano Maria Teresa d'Austria come imperatrice). Nel 1743 l'Inghilterra si allea con l'Austria. Nel 1745 il Regno di Sardegna e la Prussia passano dalla parte dell'Austria. La prima guerra del 1733 si conclude con la pace di Vienna, Federico Augusto III diventa il re di Polonia. La Toscana viene assegnata al duca di Lorena, marito di Maria Teresa d'Asburgo. L'Italia meridionale e il Regno di Sicilia passano in mano borbonica. Al Piemonte vengono concessi i distretti di Novara e di Tortona. Con la fine della guerra del 1740, che si conclude nel 1748 con la pace di Aquisgrana, la Prussia annette la Slesia, i distretti di Voghera e di Genova vengono annessi al Regno di Sardegna. Tutti questi cambiamenti non sono definitivi perché l'Europa continua ad assestarsi dal punto di territoriale e a cambiare continuamente. Tra la Prussia e l'Austria in conflitto ha la meglio il sovrano prussiano Federico II di Hohenzollern. Federico II riesce nell'intento di annettere la Slesia al proprio regno, portando la Prussia ad un ruolo di primaria importanza. Gli Asburgo d'Austria non furono contenti in quanto intendevano anche loro annettere questi territori, Maria Teresa si convinse che il vero pericolo per il suo paese non era più rappresentato dal casato dei Borboni di Francia ma dalla dinastia degli Hohenzollern di Prussia e della loro grandezza militare. La Francia era a sua volta preoccupata perché l'Inghilterra si stava fortificarlo (con la conquista delle colonie e i traffici ce ne conseguivano). Gli intenti inglesi erano quelli di aumentare ulteriormente questi commerci e le conquiste coloniche, questi intenti ebbero successo grazie al nuovo cancelliere William Pitt il Vecchio. Questi dissidi e invidie tra le potenze europee determinarono nuove alleanze: Federico II di Prussia si alleò con l'Inghilterra ed invase la Sassonia (la Sassonia a quel tempo faceva parte della Polonia); la Francia e l'Austria si alleano insieme alla Russia, Svezia e Polonia per contrastare i rivali. Si scatenò la Guerra dei Sette Anni che durò dal 1756 al 1763. Questo conflitto sancì il grande ruolo della Prussia perché riuscì a tener testa all'alleanza dei i nemici. Con il trattato di Hubertusburg, del 1763, furono integrati tutti possedimenti del regno di Prussia. Con la pace di Parigi la Spagna concesse la Florida al regno d'Inghilterra e in cambio ottenne la Louisiana francese. La Francia chiede all'Inghilterra tutti i suoi possedimenti in Canada, in India e Senegal. Durante la Guerra dei Sette Anni un altro conflitto riguardò i territori coloniali del Nord America e dell'India dove l'Inghilterra si affermò ulteriormente contro i francesi e gli spagnoli sottraendo loro vasti territori. In Nord America la guerra, detta anche franco-indiana, terminò con la pace di Parigi. Anche nel conflitto tra India e Inghilterra riuscirono a prevalere i francesi grazie ai conflitti interni che animavano gli territori, gli inglesi riuscirono a trasformare i principati indiani in signori fedeli alla Compagnia delle Indie. A capo di questi possedimenti inglesi vi fu un Governatorato Generale che risiedeva a Calcutta e che dirigeva gli altri governatori che si trovavano nelle altre zone dell'India. È questa la fase iniziale della colonizzazione vera è propria dell'Inghilterra nelle Indie (Raj britannico,il termine indiano raj significa "governo", "dominazione"). L'impero cinese e il Giappone erano riusciti a resistere alla colonizzazione europea. Il Giappone era uno stato militare che aveva un sovrano forte che veniva chiamato shogunato. Inizialmente il Giappone si era mostrato aperto nei confronti dei mercati che provenivano dall'Europa e verso coloro che promuovevano il cristianesimo, come ad esempio lo spagnolo Francesco Saverio che divenne San Francesco Saverio, ed erano interessati a tutte le modernità che provenivano dall'Europa come le tecnologie e le innovazioni. Tra il ‟600 e il ‟700 il Giappone non ebbe più piacere di ricevere questi stranieri, chiuse i confini e non fece più ormeggiare le navi. Essendo un paese già di per sé chiuso non riuscì a progredire e rimase arretrato, unici suoi punti di sviluppo furono l'artigianato e il ceto mercantile. Il vasto territorio della Cina aveva un potere imperiale che veniva governato in maniera centralizzata e dispotica. Anche sotto la dinastia manciù dei Qing, provenienti dalla Manciuria, costituirono la Dinastia dei Ming. Avevano adottato una politica protezionistica e di isolamento in modo tale che gli inglesi non potessero penetrare nel loro territorio. Il primo scontro che si segnala è quello tra Cina e Occidente, avvenne sotto il regno del sovrano Qing, Kangxi e venne causato da una disputa religiosa provocata dai gesuiti che erano presenti in quel paese già dal XVI secolo. In seguito, sempre durante il ‟700, nel regno dell'imperatore Qialong, la dinastia Qing raggiunse il massimo splendore ma iniziò anche la decadenza. La sua cultura millenaria che aveva tradizioni molto forti e particolari venne in qualche modo “inquinata” dalla cultura occidentale. La Compagnia Britannica delle Indie, che era stanziata a Canton, cercò in un primo momento di trattare con un gruppo ristretto di mercanti cinesi per commerciare in the, seta e porcellane. Nel 1793 Londra chiese una maggiore apertura al commercio occidentale ma ottenne un rifiuto, a questo punto l'Inghilterra incominciò a smerciare l'oppio prodotto nel Bengala. L'entrata di questa droga in Cina provocò gravi danni sociali come il dilagare della corruzione e della criminalità. 19 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA Storia, cittadinanza e costituzione La separazione dei poteri Quando nacque la concezione del nostro stato democratico, nel 1946, dopo il ventennio dittatoriale fascista, l'Assemblea Costituente applicò una particolare attenzione alla nascita della Repubblica per portare equilibrio tra i poteri in modo che non potessero prevaricare uno sull'altro, per far sì che un individuo non potesse prendere di sopravvento il potere. Il favore attribuito dal popolo tramite le elezioni è espressione popolare ma può essere controllato e organizzato da un tiranno, inoltre la democrazia deve garantire la libertà e i diritti degli esponenti minori della società. Questi principi di libertà e di diritto sono sanciti fin dall'articolo uno della Costituzione. Nell'articolo 1 si afferma che la stessa sovranità popolare ha un limite, il popolo la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Le regole hanno ragione di essere in quanto se non ci fossero regnerebbe l'anarchia. Nella seconda parte della Costituzione, negli articoli che vanno dal 55 al 139, la Costituzione italiana definisce il sistema e il funzionamento delle istituzioni oltre che i rapporti che esistono tra di loro: il Potere Legislativo è eseguito dal Parlamento tramite la Camera dei Deputati e la Camera del Senato (il “bicameralismo perfetto”). È in studio la riforma del bicameralismo con la trasformazione della camera del Senato che verrà, se la riforma sarà approvata, attribuita alle autonomie locali; il Potere Esecutivo è affidato al Governo; il Potere Giudiziario è affidato alla Magistratura. La separazione dei poteri è meno evidente di quanto sembri per ragioni legate al sistema di tipo pratico e al sistema democratico. In primo luogo il Potere Legislativo è regolato dagli articoli che vanno dal 70 all'82. L'articolo 71 stabilisce che il Governo, al pari di ogni membro delle Camere, dispone dell'iniziativa legislativa ossia della facoltà di proporre una legge e quindi alla discussione e all'eventuale approvazione nel Parlamento. Inoltre in particolare circostanze può avere il pieno potere legislativo emanando leggi che hanno effetto immediato (Decreti Legge). L'articolo 71 sancisce inoltre che vi può essere un'iniziativa legislativa popolare diretta quando sono i diretti cittadini che propongono alla discussione un progetto di legge strutturato con una raccolta di 50.000 firme. Possono anche essere proposte la promulgazione, modifica o cancellazione di leggi tramite referendum popolari. Nelle democrazie parlamentari odierne è molto difficile separare il potere legislativo da quello esecutivo in quanto tanto il Parlamento quanto il Governo sono espressione della stessa maggioranza. A questo problema la Costituzione provvede con altre contromisure distribuendo altri poteri come alla Presidenza della Repubblica, che deve apporre la firma di approvazione alla legge, e la Corte Costituzionale che può addirittura revocare una legge perché non conforme alla Costituzione. Il Presidente della Repubblica, figura dai poteri delimitati ma dal ruolo autorevole, viene eletto dalle due Camere in seduta comune. L'articolo 87 gli attribuisce la rappresentanza dell'unità nazionale e il comando delle forze armate. Le sue prerogative si estendono ai tre poteri: perfeziona l'iter legislativo apponendo la sua firma di approvazione alle leggi, conferisce l'incarico di Governo al Presidente del Consiglio e nomina i Ministri proposti dallo stesso, è il Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) l'organo di autogoverno del potere giudiziario che ha lo scopo di garantire l'autonomia e l'indipendenza della Magistratura dagli altri poteri dello Stato. Un altro contrappeso agli abusi di uno dei poteri è rappresentato dalla Corte Costituzionale. Stabilisce se le leggi e degli atti sono conformi al testo e allo spirito della Costituzione. Valuta l'ammissibilità delle richieste di referendum abrogativi e conflitti di attribuzione tra i diversi poteri dello Stato e tra quelli dello Stato e delle regioni. Altra competenza di divisione di poteri è infatti rappresentata dalla ripartizione di competenze tra il governo centrale e i governi locali. 20 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA Il secolo delle trasformazioni sociali Rivoluzioni importanti furono quelle in campo industriale ed economico. In ambito economico abbiamo nuove teorie e di in campo industriale vengono attuate tutte le modernizzazioni con macchine innovative che miglioreranno la produzione industriale. Il „700 è il secolo della rivoluzione industriale che inizia in Inghilterra, stato che diventerà il trampolino di lancio per l'opera di rinnovamento in tutta Europa. In Inghilterra vi sono le miniere di ferro e con la lavorazione di esso si ottengono importanti materiali che miglioreranno le condizioni sociali con le costruzioni delle infrastrutture e la produzione di manufatti. Sono inoltre presenti giacimenti di carbone che favoriranno la crescita delle industrie inglesi. Abbiamo la nascita di grosse città e i contadini, man mano, lasciano le campagne per guadagnare di più nelle fabbriche e perché cambia anche la gestione della proprietà terriera. La crescita demografica in Europa e la conseguente richiesta di maggiori beni agricoli determinò l'aumento della richiesta di beni sconvolgendo la vita delle campagne. Per l‟aumento della richiesta dei prodotti agricoli si svilupparono le coltivazioni con un tipo di agricoltura intensiva che portò alla ricerca di nuove terre da lavorare e di nuovi macchinari che permettessero maggiori profitti dalle culture. I benestanti cercarono di appropriarsi dei terreni che potevano essere coltivati in quanto intuirono che da essi avrebbero tratto un lauto guadagno. Molti borghesi concentrarono nelle proprie mani i latifondi. I contadini non beneficiavano di questi guadagni e rimanevano molto sfruttati per la loro attività. In Inghilterra tutti i terreni che fino ad allora erano stati adibiti a pascolo libero o coltivazione di legna furono trasformate in possedimenti privati. I terreni vennero recintati (enclosures) e sottoposti al controllo di questi proprietari terrieri che vollevano il loro sfruttamento. Il fenomeno della recinzione subì un'accelerazione nella seconda metà del „600. I borghesi che beneficiavano già di entrate economiche dalle attività industriali investirono anche nell'attività terriera; i prezzi dei prodotti aumentarono, in particolar modo quello del grano e della lana. Questo sfruttamento intensivo diede avvio alla Rivoluzione Agraria che nacque dapprima in Olanda, passò in Inghilterra e si diffuse in seguito nel resto d'Europa. In Italia fu particolarmente avvertita nel bacino della Pianura Padana. Innovazioni e cambiamenti che permisero un aumento dello sfruttamento dei terreni venne apportato con l'utilizzo dei fertilizzanti naturali come le leguminose da prato e l'erba medica che avevano capacità ricostituenti del terreno. Queste piante venivano inoltre utilizzate per il foraggiamento degli allevamenti di animali, allevamento che passò da quello libero all'allevamento stabilizzato con gli animali che venivano lasciati nelle stalle anziché essere lasciati al pascolo libero e il letame prodotto non veniva sparso ovunque ma secondo i nuovi criteri di coltivazione. L'intensificazione dell'allevamento portò inoltre ad un migliore sfruttamento della forza animale per la lavorazione dei campi e ad una maggiore produzione di carne e di latte per l'alimentazione della popolazione con un miglioramento delle condizioni di crescita delle persone. Dalla rotazione triennale delle coltivazioni si passò a quella quadriennale perché ci capii che era più rispettosa delle caratteristiche dei terreni e produttiva per i beni coltivati. L'aratro metallico sostituii quello in legno e nuovi macchinari come la trebbiatrice, la sarchiatrice e la seminatrice meccanica contribuirono al miglioramento delle colture. Vennero intensificate anche le coltivazioni dei prodotti che provenivano dal Nuovo Mondo. La costruzione di canali migliorò e convogliò l'irrigazione dei campi, La bonifica dei terreni apportò l‟aumento di zone finora non coltivate. Anche la Rivoluzione Industriale si avvalse della meccanizzazione e con l'aumento della popolazione, oltre che la richiesta di prodotti agricoli, aumentò la richiesta di beni utili per la vita di tutti giorni. Necessitava trovare il modo per aumentare la produzione dei beni, lo sviluppo tecnologico contribuì all'aumento della produzione e in Inghilterra vediamo nascere la prima rivoluzione industriale. L'Inghilterra inoltre beneficiava dell'importazione delle materie prime dalle sue numerose colonie e deteneva anche un importante fattore di forza lavoro. Il settore tessile fu quello con una maggiore incisività per le lavorazioni di lana e cotone (che veniva importato dall'America). Il cotone grezzo, che veniva coltivato dagli schiavi in America, veniva importato in Inghilterra e soppiantò l'uso della lana, più costosa, nei manufatti di minor pregio o di comune uso. Inizialmente gran parte del lavoro manifatturiero veniva svolto in casa con piccoli macchinari in legno e la politica del “lavoro a cottimo” ma, a partire dal 1733, con l'aumento della domanda vennero cercate alternative più produttive e si trasformò il processo produttivo. Vennero introdotte la spoletta volante, la filatrice meccanica e il telaio meccanico che velocizzarono la produzione. Essendo questi macchinari ingombranti non potevano più essere collocati nelle abitazioni e sorsero così le prime filande e tessitorie, inoltre concentrando le attività lavorative in questi luoghi diminuirono molto gli spostamenti delle merci prodotte. Questi meccanismi non erano solo azionati dall'uomo ma necessitavano di forze e di energie che li azionassero, si incominciò a sfruttare l'energia idraulica attraverso i mulini e le nuove fabbriche si concentrarono verso i corsi d'acqua formando i primi distretti industriali. Il settore che si sviluppò abbondantemente in Inghilterra fu anche quello siderurgico e minerario. I macchinari in legno vennero sostituiti da quelli in ferro per cui la richiesta di questo metallo aumentò come aumentò la richiesta di carbone che veniva utilizzato per la produzione di calore per la fusione del ferro. L'Inghilterra incominciò a vivere questa trasformazione da paese agricolo a paese fortemente industrializzato. Inoltre, possedendo un gran numero di miniere e giacimenti di carbone fossile (coke), producendo ed utilizzando dei binari per il trasporto su rotaia dei minerali e utilizzando i canali d'acqua per il trasporto delle materie prime e dei lavorati, l'Inghilterra vide crescere la sua attività produttiva. La creazione della macchina a vapore eliminò il problema delle infiltrazioni d'acqua nelle gallerie che rendevano difficoltosa e pericolosa la lavorazione in miniera, ciò determinò un aumento dell'attività estrattiva e del numero di miniere presenti nel paese. L'utilizzo del vapore venne maggiormente apprezzato con la creazione, da parte di James Watt nel 1769, della macchina a vapore che produceva energia dalla combustione del carbone, questa energia venne abbondantemente impiegata nelle industrie tessili per la movimentazione dei telai. Insieme alla rivoluzione industriale nasce il Sistema Capitalistico che vide da una parte gli imprenditori, che mettono il capitale, e dall'altra i lavoratori. I primi realizzatori della Rivoluzione Industriale furono gli stessi lavoratori che capirono che con l'utilizzo di nuove metodiche si sarebbe arrivati ad un miglioramento della produttività. Con l'introduzione della macchina a vapore si sentì la necessità di impiegare maggiori fondi per l'investimento dei macchinari; le piccole imprese, per non scomparire, dovettero associarsi e chiedere dei prestiti alle banche che divennero il fulcro di questo sistema. Nacque così una classe imprenditoriale ed industriale molto importante che deteneva il possesso dei capitali. Il processo di sviluppo e di cambiamento di questo sistema produttivo inglese fu favorito da una situazione politica che era divenuta stabile. La stabilità politica, l'efficiente flotta mercantile e l'apporto delle colonie furono i cardini del suo successo. Conseguenze sociali della Rivoluzione Industriale La rivoluzione industriale determinò lo spopolamento delle campagne con l'afflusso della popolazione verso le città (fattore dell'urbanesimo) e la disgregazione del tessuto sociale rurale (con la scomparsa dei piccoli proprietari terrieri in favore dei grandi proprietari), si passa dal mercato dell'autoconsumo al mercato dei consumatori (in quanto i contadini si erano trasferiti in città ed erano diventati consumatori), le città aumentarono a dismisura la loro popolazione e furono costrette a rivedere il loro piano urbanistico con la nascita dei primi “quartieri dormitorio” dove vivevano e operavano i lavoratori. Erano già presenti i disoccupati e i mendicanti che popolavano le strade. 21 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA Con il capitalismo aumenta la differenza tra gli imprenditori e i lavoratori, lo sfruttamento di essi porta a numerosi conflitti sociali perché il lavoro, a quei tempi, non prevedeva i diritti dei lavoratori con una forte presenza femminile e sfruttamento del lavoro minorile. L'operaio veniva inteso come unità lavorativa di consumo e i bambini venivano ampiamente impiegati nelle fabbriche, come venditori ambulanti nelle strade o come spazzacamini. La libera politica economica di Smith aumentò notevolmente lo sfruttamento dei lavoratori, gli imprenditori approfittarono degli operai per movimentare a loro favore le produzioni. A seguito di questi sfruttamenti nacquero numerosi conflitti sociali e la situazione si inasprì ulteriormente con l'applicazione del sistema della catena di montaggio. I lavoratori diventano tutt'uno con la macchina ma, aumentando l'utilizzo di queste, venne meno la necessità di manodopera con il sentore della disoccupazione. Nel 1779 Ned Ludd, un operaio, diede avvio ad una protesta dove ruppe un telaio meccanico dando vita al movimento “luddismo” che denunciava le macchine come nemiche ed espropriatrici del lavoro. Nel 1779 il Parlamento votò una legge contro gli scioperi per contrastare le associazioni operaie che avevano il compito di assistere i lavoratori, nonostante ciò le proteste operaie continuarono anche nell'‟800. Durante queste proteste operaie si trovarono a scontrarsi con le forze dell'ordine, in altre occasioni si trovarono, grazie ai governi più sensibili, ad intavolare trattative che promuovessero i loro diritti. Oltre queste problematiche la rivoluzione industriale portò anche dei fattori positivi quali la produzione in serie (che determinava l'aumento della produzione), un abbassamento dei prezzi (un articolo prodotte in serie costa meno di uno fatto a mano) con l'accesso alla possibilità di acquisto anche per le fasce sociali minori, l'incremento del traffico commerciale marittimo e terrestre. LA RIVOLUZIONE AMERICANA La formazione di un'identità nazionale autonoma La colonizzazione delle coste dell'America del Nord da parte degli inglesi avvenne fin dal XVI secolo. Gli inglesi avevano occupato la fascia di territorio che si affacciava sulle coste dell'oceano Atlantico e, quando si fiutò la possibilità di nuovi guadagni, vi furono successive colonizzazioni da parte dei Padri Pellegrini che furono costretti a scappare dall'Inghilterra per motivi religiosi e si stanziarono sulle coste del Massachusetts fondando la colonia di Plymouth. Nel corso di un secolo, dal XVI al XVII secolo, si costituirono tredici colonie. Molti erano inglesi ma cospicua fu anche la presenza di scozzesi, irlandesi, tedeschi e francesi. Pian piano queste colonie incrementarono notevolmente la popolazione. Dal 1715 al 1790, anno del primo censimento, si passò dalle 200.000 unità ai 4 milioni e di questi 750.000 erano schiavi neri. Le differenze di etnie dei colonizzatori non fu d‟ostacolo all'intento comune di accrescere e migliorare la società del nuovo continente. I primi coloni erano perlopiù costituiti da persone che si allontanavano dal vecchio continente per motivi giudiziari, persone di malaffare che intendevano evitare condanne o che erano stati allontanati dalla loro patria perché indesiderati. Malgrado queste motivazioni, il desiderio di nuovi guadagni o di ricostruirsi una vita, condusse queste persone ad impegnarsi per risollevare le proprie sorti. L'intento colonizzatore si spinse dalle coste, ormai sovraffollate, verso l'interno e il contatto con i popoli nativi avviò la civilizzazione delle popolazioni. La migrazione a ovest dei coloni li portò in contatto con gli indiani pellerossa e a scontrarsi con loro, note sono le sorti di queste popolazioni che furono costrette sempre più ad arretrare fino al essere confinati in riserve limitate e a perdere ogni diritto sui loro territori. Le risorse provenienti dal nuovo continente, che erano costituite principalmente da legname, tabacco, cotone e minerali, costituivano un'importante introito per l'Inghilterra. Il costo di queste materie prime era letteralmente monopolizzato dagli inglesi che, oltre che gestire la produzione e l'importazione di essi dal nuovo continente, detenevano il potere economico del loro costo poiché importati, nel vecchio continente da navi della loro flotta. Queste materie prime, oltre che fornire un primo guadagno sull'importazione, costituivano un'ulteriore potere economico poiché lavorate dalle industrie inglesi e rivendute alle colonie le quali erano costrette ad acquistarle esclusivamente dalla madre patria con un prezzo rincarato ed imposto. Nonostante la dipendenza dall'Inghilterra, nel corso del XVIII secolo, si incominciò ad intravedere una differenziazione, oltre che territoriale anche produttivo, tra le colonie del nord America e quelle del sud. Al Nord gli scarsi terreni pianeggianti e le difficili condizioni climatiche non permettevano determinate colture e le prime concentrazioni urbane si crearono a New York, Philadelphia e Boston. A sud, dove i fattori per l'agricoltura erano più favorevoli, si andavano intensificando le coltivazioni di tabacco, canna da zucchero, cotone e indaco. Il fenomeno della schiavitù fu intenso nel sud America proprio per l'apporto di manovalanza fornito dagli schiavi. Lo scontro fra le colonie e l'Inghilterra Le diverse caratteristiche delle colonie del nord e del sud, e le diverse opinioni riguardo alla madrepatria, portarono le colonie ad entrare in conflitto. I primi problemi si ebbero nella Guerra dei Sette Anni (1756 - 1763) tra l'Inghilterra e la Francia, dove i coloni diedero il loro supporto alla madrepatria confidando in una ricambiata maggiore autonomia economica e di diritti. Con la Pace di Parigi (1763), dove la Francia riconobbe all'Inghilterra i poteri territoriali sul Canada e sulla Louisiana, le speranze dei coloni vennero deluse. L'esasperazione dei coloni aumentò con la continua rivendicazione da parte dell'Inghilterra del potere sui nuovi territori conquistati e sull'introduzione di nuove tasse che riguardavano la produzione di materie prime e generi di consumo e l'applicazione di bolli e tassazioni sui documenti e atti (Stamp Act). Queste nuove tasse introdotte dall'incontentabile parlamento inglese erano motivate dall'impoverimento delle casse causato dalla Guerra dei Sette Anni ma, come vera causa e fonte di recupero, vi erano i mancati introiti causati dal contrabbando delle merci. Altri motivi di scontro furono determinati dal divieto degli anglicani verso differenti religioni che si professavano sui territori americani, come il movimento calvinista. L'atteggiamento antibritannico tenuto da alcune società, come i Figli della Libertà, rivendicava la totale indipendenza dall'Inghilterra. Anche tra le fila inglesi, politici e pensatori come Thomas Paine, sostenevano che un'isola piccola come l'Inghilterra non potesse detenere il potere e il controllo di un territorio così vasto come l'America e di un enorme popolazione come i nuovi inglesi. Lo scontro decisivo si innescò con il “Tea Act” del 1773, atto in cui l'Inghilterra concesse il monopolio assoluto del commercio del the alla Compagnia delle Indie Orientali, danneggiando gravemente i traffici con i coloni americani. Le proteste culminarono con il "Boston Tea Party" del 1773, un attacco da parte dei coloni ad un carico di the con la conseguente distruzione nel porto di Boston. L'Inghilterra rispose con la chiusura forzata dei commerci nel porto di Boston compromettendo l'economia del Massachusetts, inoltre inviò un generale con poteri straordinari per sedare ogni tentativo di ribellione. 22 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA La situazione si aggravò ulteriormente nel 1774, quando il parlamento inglese votò il "Quebec Act" con il quale si riconosceva l'appartenenza delle terre a Nord dell'Ohio al Canada, territori antichi dei coloni. L'ira dei coloni accrebbe ulteriormente ma, nel 1774, con il primo Congresso Continentale, si raggiunse l'accordo con cui i coloni riconoscevano l'autorità del re Giorgio III in cambio di una maggiore autonomia sui territori del Massachusetts come menzionato dalla "Dichiarazione dei diritti delle colonie". Questa dichiarazione conteneva dei punti importanti che verranno in seguito ripresi dalla Costituzione americana: gli uomini hanno l‟inalienabile diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà; il popolo ha diritto a partecipare all'elaborazione delle leggi (sottintendendo la richiesta delle colonie di essere giustamente rappresentate). Queste proposte non furono accettate da re Giorgio III e la situazione degenerò fino ad arrivare alla Guerra d'Indipendenza. La Guerra d'Indipendenza americana Nel 1775 ci furono scontri tra le truppe britanniche e i reparti di volontari americani. Questi scontri portarono il parlamento inglese e la corona a dichiarare ribelli le colonie. Lo scontro diretto con la madre patria trovava la popolazione divisa tra i fedeli (lealisti) alla corona e i richiedenti di una maggiore indipendenza (patrioti). A seguito di questi tragici eventi i rappresentanti delle colonie sottoscrissero, il 4 luglio 1776, a Philadelphia, la Dichiarazione di Indipendenza. Redatta principalmente da Thomas Jeferson sulla base dei principi dei diritti politici e civili dell'illuminismo si basava sulla sovranità polare e sulla difesa dei diritti inalienabili dell'uomo (con l'introduzione del "diritto alla ricerca della felicità"). Le colonie assunsero il nome di Stati Uniti d'America. George Washington, un ricco proprietario della Virginia, fu in grado di guidare le truppe dei ribelli contro le truppe britanniche. Alle truppe di George Washington si unirono i francesi, gli spagnoli e gli olandesi desiderosi di rimpossessarsi dei territori che erano stati da loro assegnati all'Inghilterra. Ad isolare l'Inghilterra contribuì la politica di Benjamin Franklin (ricordato oltre che come accorto politico anche come l'inventore del parafulmine) che costituì la Lega dei Neutri proposta dall'imperatrice Caterina II di Russia, insieme alle altre potenze europee, con l'intento che la navigazione sui mari non fosse di preclusione inglese ma estesa a tutti. L'indipendenza delle colonie volse quindi a divenire una problematica internazionale e l'Inghilterra si vide costretta a desistere nei suoi intenti. Con il trattato di Versailles, nel 1783, riconobbe l'indipendenza delle colonie e la nascita degli Stati Uniti d'America con l'ampliamento dei territori delle stesse fino al Mississippi e ai Grandi Laghi. George Washington (1732-1799) fu il portavoce dei diritti delle persone nelle colonie, sostenitore dell'idea che gli schiavi dovessero essere liberati. Nonostante ciò, la lunga battaglia dei diritti civili si è protratta fino ai giorni nostri e non sono rari episodi di intolleranza manifesta. Il pensiero dello statista sosteneva che la schiavitù era immorale e che tutti gli schiavi avessero diritto alla libertà, il processo però venne messo in atto in tempi diluiti per non far insorgere il malcontento dei grandi proprietari terrieri. George Washington, divenuto primo presidente degli Stati Uniti, narra la storia non ufficiale, commissionò ad una sarta di Philadelphia la prima bandiera degli Stati Uniti d'America che venne approvata dal congresso del 14 giugno 1677 con il "Flag Act". Con questo atto si stabiliva che la bandiera americana dovesse avere tredici strisce alternate ed orizzontali, rosse e bianche, con un cantone blu su cui si trovavano tredici stelle bianche, come il numero delle colonie. Nel tempo, con ventisei modifiche, la bandiera americana ha aggiunto delle stelle a rappresentanza dei nuovi stati membri. Gli esordi degli Stati Uniti d'America L'evoluzione dell'organizzazione degli Stati Uniti d'America conobbe anche aspetti travagliati come i contrasti tra i repubblicani guidati da Thomas Jeferson sostenitore dell'agricoltura, che non desideravano la federazione ma sostenevano l'autonomia locale, e i federalisti, guidati da Alexander Hamilton, che sostenevano un forte stato centrale che facesse progredire l'economia come era avvenuto in Inghilterra con la rivoluzione industriale. Tra le due correnti prevalse l'idea federalista e il 17 settembre 1787, ad opera di personalità come Washington e Franklin, fu varata una costituzione federale che prevedeva un governo centrale con il potere esecutivo nelle mani del presidente mentre il potere esecutivo, come ai nostri giorni, venne affidato al parlamento bicamerale, il Congresso, composto dal Senato e dalla Camera dei Rappresentanti. Il Senato aveva due rappresentanti eletti per ogni stato, la Camera era invece composta da rappresentanti eletti con il sistema proporzionale (in base al numero della popolazione). Sia il presidente che i rappresentanti erano cittadini maschi, in quanto le donne non avevano diritto di voto. Gli uomini avevano diritto di voto solo se in regola con il pagamento delle tasse. La Costituzione divenne operante dopo l'approvazione di almeno nove stati, il nono che si aggiunse fu, nel 1789, il New Hampshire, dopodiché venne eletto George Washington come primo presidente. La Costituzione ha visto numerose modifiche. Ispirata alle idee dell'illuminismo prese le indicazioni dalle idee di Montesquieu della separazione dei tre poteri, eliminava i poteri ecclesiastici e approvò la libertà di culto. In definitiva la Costituzione degli Stati Uniti d'America diede il via alle concezioni delle costituzioni degli stati moderni. Il cambiamento non vi fu solo nelle alte sfere ma riguardò l'intera società, quindi verso un nuovo modo di pensare, più libero e giusto, basato sull'uguaglianza, L'assenza di distinzione di rango (distinzioni che avevano caratterizzato i vecchi regimi) andava via via. scomparendo e questo cambiamento colpì profondamente anche l'animo francese che definì l'abolizione delle distinzioni di ceto e l'uguaglianza tra gli individui il fattore principale della società americana. LA RIVOLUZIONE FRANCESE La crisi dell‟Antico Regime e la protesta del Terzo stato In Francia non vi erano state grandi variazioni delle condizioni generali. L'antico regime manteneva salde le proprie vantaggiose posizioni, tant'è vero che possiamo parlare ancora di antico regime. Erano ancora presenti settori privilegiati e il grande numero della popolazione che non ne godeva di alcuno. La società poteva essere suddivisa in tre stati rapportabili ad un diagramma piramidale. Al livello più elevato, in Primo stato, vi era il clero; al secondo livello, il Secondo stato, sempre in una posizione molto favorita, vi era la borghesia e i lavoratori; al livello più basso, il Terzo stato quello più numeroso, vi era il popolo che non godeva di alcun beneficio. All'interno di queste classi si potevano contemplare differenziazioni, infatti nel Primo stato si poteva distinguere l'alto clero (prelati, cardinali e vescovi) e il basso clero (preti di campagna e di borgate); nel Secondo stato si poteva distinguere "la nobiltà di spada" e "la nobiltà di toga", (la borghesia costituita da commercianti, lavoratori, imprenditori e intellettuali, essendo la struttura portante della società ossia quella che con il proprio lavoro sosteneva l'intero sistema, non accettava di non poter far parte del mondo politico e organizzativo del paese). Il Terzo stato, costituito dei piccoli proprietari, contadini che avevano ricevuto la mezzadria o che lavoravano per padroni sullo stile del feudalesimo, erano sopraffatti dalle corveé applicate in modo ingiustificato e spropositate. Le forti problematiche statali francesi determinavano scarsi introiti nelle casse dello stato, i privilegiati non pagavano alcuna tassa mentre il resto del popolo era stremato dalle stesse. La Francia si ritrovò nella grave crisi economica che tra il 1770 e il 1790 che colpì l‟intera Europa. Sui mercati scarseggiavano i prodotti agricoli, a causa di un clima avverso, e ciò provocò numerose carestie. La scarsità di cereali determinò l'aumento del loro costo e le fasce più deboli della società furono quelle che ne patirono maggiormente. I contadini, 23 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA impossibilitati a pagare le corveé, abbandonarono le campagne ripiegando nei centri urbani in cerca di occupazione nelle fabbriche. Questo intento era il più delle volte irrealizzabile, cosicché nelle città aumentò notevolmente la presenza di mendicanti. La concorrenza tra Francia e Inghilterra era particolarmente sentita ma il paese oltre la manica godeva di una posizione più vantaggiosa in quanto meglio organizzato dal punto di vista politico, sociale ed industriale poiché aveva avviato in tempi antecedenti le proprie riforme. Il Terzo stato, insofferente per il disagio, pensò di organizzarsi per rivendicare i propri diritti e far sentire maggiormente la propria importanza. La situazione peggiorò nel 1788, con l'apice della crisi agricola. Il continuo sfarzo ostentato dalla corte di Luigi XVI e dai nobili e lo sperpero economico per sostenere l'esercito e una burocrazia complicata erano la continua causa della povertà delle casse statali. Altri motivi che aggravavano la situazione generale furono le continue guerre e la perdita delle colonie. Si rendeva necessaria un'estensione delle tasse a tutte le classi. Il sovrano Luigi XVI, figura debole soggiogata dalla consorte Maria Antonietta, figlia dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria, non fu in grado di assumere la responsabilità di apportare una simile riforma e nominò in successione tre ministri delle finanze, Robert-Jacques Turgot, Jacques Necker e Charles-Alexandre de Calonne, che introdussero nuove tasse per il Primo e il Secondo stato. Chiaramente il clero e la nobiltà si opposero duramente e il re si trovò a confrontarsi con un nuovo problema. Nel periodo elettorale per la nomina dei rappresentanti dello Stato generale il Terzo stato fece maggiormente sentire la sua disapprovazione. I rappresentanti del Terzo stato, nella loro campagna elettorale, presentarono il "cahiers de doléances" (quaderni di rimostranza dove venivano appuntate tutte le loro disapprovazioni ed esigenze) e fin dalla prima convocazione, il 5 maggio 1789, si resero palesi i primi contrasti all'interno dell'Assemblea. I nobili e il clero esigevano che le votazioni avvenissero per stato, ciò avrebbe apportato un loro diretto vantaggio, mentre il Terzo stato, essendo più numeroso, esigeva una votazione "a testa", ossia ogni singolo voto scrutinato avrebbe avuto suo peso. Dalla presa della Bastiglia alla monarchia costituzionale Ci si avviò alla diretta rottura e il Terzo stato, il 17 giugno 1789, proclamò l'Assemblea nazionale e pretese che fossero loro esclusivamente a rappresentare il paese poiché la percentuale dei privilegiati era costituita solo dal 2% della popolazione e che questi decidevano le sorti di tutti. Di fronte ad un tale duro attacco i nobili e il clero, appoggiati da Maria Antonietta, convinsero Luigi XVI a sciogliere l'Assemblea nazionale e il Terzo stato si riunì autonomamente. Il conte Honoré-Gabriel Riqueti de Mirabeau, un conte che aveva capito l'imminente cambiamento sociale, decise di farsi eleggere a rappresentanza del Terzo stato rivendicando la sua posizione per volontà del popolo e la decisione di rimanere a rappresentanza di esso fino a sfidare le truppe reali. Il sovrano preoccupato della situazione ordinò ai rappresentanti della nobiltà e del clero di unirsi al Terzo stato per deliberare una sorta di costituzione nell'Assemblea generale trasformandola in Assemblea costituente. Nonostante la situazione sembrasse appianarsi, all'interno della monarchia numerosi esponenti premevano Luigi XVI di mantenere il suo potere e autonomia. I tumulti popolari sfociarono, a causa della povertà e della fame del popolo, quando si sparse la notizia che Luigi XVI aveva deciso di sciogliere l'Assemblea costituente. Il 14 luglio 1789, ai nostri giorni festeggiato come “Giorno della Liberazione”, 800 parigini si armarono e si diressero verso la fortezza della Bastiglia, che era il simbolo del potere assoluto e delle angherie che il popolo francese aveva dovuto subire e la distrussero. Il governo della capitale venne assunto da un gruppo di cittadini e prese il nome di Municipalità. Venne istituito un corpo di milizia volontaria a difesa dell'Assemblea e dell'ordine pubblico con a capo il marchese La Fayette, un nobile schierato con il Terzo stato che aveva partecipato alla guerra d'Indipendenza americana. La nascita della prima Repubblica Il movimento popolare che aveva condotto la rivolta a Parigi ben presto si diffuse anche nelle campagne e i contadini si unirono per abbattere i privilegi del clero e degli aristocratici. Iniziò a quel punto un periodo di grande paura per i nobili che si erano resi conto della bellicosità del popolo, la borghesia si impossessò di tutti gli apparati delle istituzioni e l'Assemblea, per limitare ulteriori conflitti, eliminò tutti i privilegi del clero e dell'aristocrazia, come i diritti feudali basati sulle tasse e sugli obblighi dei servi della gleba. Pochi giorni dopo, il 26 agosto, l'Assemblea approvò i "Diritti dell'uomo e del cittadino" ispirati dalle idee dell'illuminismo. L'Assemblea inoltre riconobbe la sovranità popolare, la libertà di parola, di pensiero, di religione, di stampa e il diritto dell'inviolabilità della persona e della proprietà. Il sovrano, spronato dai parenti e dei nobili, non approvò i decreti e, il 5 ottobre, una grande massa di cittadini con una forte partecipazione di donne, assalì la reggia di Versailles. La corte si dovette trasferire a Parigi. Da questo momento il popolo parigino assumeva un'importanza mai avuta per le decisioni politiche e la rivoluzione del Terzo stato poteva essere intesa sia a tutela dei borghesi, che rivendicavano i diritti per le loro attività, sia per il popolo che denunciava il suo grave stato di insoddisfazione. È di quel periodo la costituzione di molte associazioni di borghesi (club) che discutevano le problematiche e che proponevano discussioni propagandistiche. La Fayette fu uno dei maggiori rappresentanti del "Club del 1789" che proponeva una soluzione moderata della situazione sociale francese. Il desiderio era che la Francia si ispirasse al modello inglese. Altre posizioni più radicali erano quelle del club degli "Amici della Costituzione" (chiamati giacobini, dal nome del convento di Saint Jacob dove si riunivano, che volevano una monarchia costituzionale) e quella degli "Amici dell'uomo e del cittadino" (noti come cordiglieri dal nome del convento francescano 24 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA Cordeliers). I giacobini e il "Club del 1789", unendosi in seguito, diedero vita al "Club dei Foglianti" (dal nome del convento Feuillants). Tra gli "Amici dell'uomo del cittadino" vi erano schierati e rappresentanti del popolo Georges-Jacques Danton, Camille Desmoulins e Jean-Paul Marat. L'Assemblea costituente doveva definire le leggi da applicare in futuro e importanti decreti da applicare in ambito economico per la borghesia e per risolvere la difficile situazione economica statale. Per risolvere queste problematiche l'Assemblea costituente incominciò a confiscare tutte le proprietà ecclesiastiche che furono messe in vendita e intervenne anche in materia ecclesiastica con la Costituzione civile del clero (i sacerdoti e vescovi vennero trasformati in funzionari di stato che venivano retribuiti dalle casse del paese ma per il quale dovevano assolvere funzioni statali; inoltre i rappresentanti della Chiesa dovevano giurare fedeltà al sovrano, allo stato e alla costituzione. Quest'obbligo non trovò la condivisione di tanti rappresentanti del clero che abbandonarono le proprie funzioni, i cosiddetti "refrattari"). Un'altra decisione che prese l'Assemblea fu quella di unificare i pesi e le misure, eliminare i titoli nobiliari e le tasse feudali. In ogni comune vennero istituiti gli uffici di stato civile (anagrafe). Luigi XVI si sentì defraudato dal potere dell'Assemblea costituente e dei cambiamenti che stava apportando e decise di scappare da Parigi, ma arrivato a Varennes sulla frontiera orientale vicino a Belgio, venne riconosciuto e ricondotto a Parigi il 25 giugno del 1791. Il popolo si sentì tradito e manifestò contro la figura del sovrano, la monarchia ne risultò seriamente compromessa dal tentativo di fuga del re e i rivoluzionari incominciarono a riconoscersi nelle idee dei repubblicani. Il 17 luglio 1791 vi fu una manifestazione, all'interno del Campo di Marte a Parigi, dove si richiedeva espressamente l'abolizione della monarchia. In questa manifestazione persero la vita una quarantina di manifestanti per mano delle truppe del re e la rivoluzione incominciò a mostrare i suoi aspetti più crudi, il riformismo moderato proposto dall'Assemblea costituente stava assumendo un aspetto violento. Nonostante questi dissapori l'Assemblea costituente riesce a far approvare, il 3 settembre 1791, la Costituzione che riconosceva la monarchia costituzionale. Il potere assoluto del re veniva suddiviso secondo i principi del modello di Mountesquieu, il potere legislativo veniva affidato ad un'Assemblea monocamerale, il potere esecutivo restava al re che lo esercitava tramite i ministri da lui nominati, il potere giudiziario indipendente dagli altri due poteri era esercitato dei giudici eletti dal popolo o da giurie composte da cittadini estratti a sorte. La nuova legge introduceva anche il suffragio ristretto, potevano votare solamente quegli elettori che godevano di reddito e pagavano le imposte aggiuntive pari ad almeno tre giornate lavorative; i ceti popolari, con grande disapprovazione del Terzo stato, non potevano votare e appartenere alla vita politica. Fu approvata anche una legge che vietava scioperi e la nascita di associazioni operaie. Questa serie di concause aumentò il dissapore tra il popolo e l'Assemblea costituente e condusse alla fine dell'alleanza tra classi nobiliari, borghesia e ceto popolare. Tra il 1791 e il 1792 la classe popolare assunse direttamente l'iniziativa rivoluzionaria affermandosi come "popolo rivoluzionario" con il nome di sanculotti. Le loro idee vennero appoggiate dai giacobini, che erano favorevoli alla repubblica, e dai cordiglieri che desideravano una Francia repubblicana. Il 1 ottobre 1791 viene sciolta l'Assemblea costituente e viene eletta un'Assemblea legislativa con il compito di emanare le leggi. In essa vi erano i rappresentanti di varie correnti politiche. Alla destra vi erano i foglianti appoggiati dai nobili, con a capo La Fayette, che volevano la monarchia costituzionale; la maggioranza dei deputati era collocata al centro, indipendenti perché le loro idee politiche non erano chiare, ma di peso visto il loro elevato numero; alla sinistra si collocavano i giacobini con idee più radicali, e seguite dalla maggioranza della popolazione, chiedevano suffragio universale, fondato sul popolo e quindi sull'uguaglianza. Dai giacobini si separarono in seguito i girondini, tra cui vi erano giornalisti, avvocati e i letterati eletti nel Dipartimento della Gironda (sud ovest della Francia). Facevano parte della borghesia marginale; cresciuti con le idee illuministiche ma con tendenze moderate repubblicane non avevano nessun pregiudizio ad accordare le richieste popolari. All'estrema sinistra vi era la rappresentanza dei cordiglieri, guidati da Danton e Marat. Durante l'Assemblea costituente si era distinto Maximilien Robespierre, giovane avvocato di Arras seguace delle idee illuministiche e del pensiero di Rousseau. Eletto deputato del Terzo stato faceva parte del club dei giacobini e si era distinto per le sue idee rivoluzionarie. Convinto del cambiamento che doveva portare la rivoluzione si avvaleva della sua abilità oratoria per discutere le sue teorie in pubblico. Parteggiava per la libertà di stato ed opinione, per il suffragio universale, la lotta contro l'analfabetismo. L‟istruzione obbligatoria e gratuita per tutti furono i punti cardine che le diedero grande popolarità. Nel 1790 divenne presidente del club dei giacobini. L'assemblea legislativa si ritrovò innanzi molte problematiche rappresentate dal popolo che non accettava certe leggi e le discordanze all'interno del ceto dei nobili, per cui il disordine imperava sovrano. L'Austria e la Prussia, inoltre, erano seriamente preoccupate della situazione che si stava prospettando. Gli altri stati sovrani vedevano la rivoluzione solo come un fattore interno alla Francia. Con la dichiarazione di Pillnitz (Dresda, 1791) i sovrani austriaco e prussiano concordarono l'attacco alla Francia per riportare sul trono il potere di Luigi XVI cercando di estendere l'iniziativa anche agli altri sovrani regnanti. L'Assemblea legislativa corse ai ripari e, visto l'alto parere favorevole alla guerra espresso particolarmente dai girondini, il 20 aprile 1792 la Francia dichiarò guerra all'Austria a fianco della quale si schierò la Prussia. Visto che i francesi ottennero numerose sconfitte determinate dal fatto che l'esercito non era ancora pronto a sostenere simili iniziative, il popolo diede la colpa al sovrano per il sospetto che congiurasse con il nemico. Vi furono numerose manifestazioni popolari culminate con l'assalto alla reggia delle Tuileries che costrinse il re e la sua famiglia a rifugiarsi presso l'Assemblea. Questo atto di forza si trasformò in un vero e proprio colpo di stato per cui a Parigi si dovette formare un governo straordinario (la Comune insurrezionale) che venne gestito dai giacobini. La Comune decise di sospendere la monarchia costituzionale e di indire nuove elezioni per promulgare una nuova costituzione (la Convenzione). Le nuove elezioni, fissate tra fine agosto e inizio settembre, dovevano essere a suffragio universale. Il controllo dei popolari e giacobini corrispose ad una nuova fase della rivoluzione, fu loro il desiderio di completo controllo e di assumere la figura di paladini dell'unità nazionale. La seconda fase della rivoluzione è uno dei periodi peggiori per la nazione, le guerre non erano a loro favore. La Fayette volle arrestare quest'azione dei giacobini con una marcia su Parigi poiché riteneva il tentativo della Comune come un tradimento manifestato da un allontanamento dalla costituzione. Il clima divenne particolarmente teso nei confronti degli oppositori e complotti riguardarono tutti gli schieramenti e idee politiche. Il sospetto poteva annientare qualsiasi soggetto e tale arma fu spesso usata per liberarsi degli oppositori. Intorno al 1792 queste problematiche vennero risolte dopo due eventi importanti: i francesi riusciranno a sconfiggere i prussiani a Valmy e nello stesso giorno venne sciolta l'Assemblea legislativa che lasciò il posto alla Convenzione nazionale, già costituita in precedenza. Con la Convenzione si poteva dare l'avvio alla ricostruzione dello stato. Il re Luigi XVI venne imprigionato, in seguito alla deposizione della monarchia e l'avvio della Repubblica, e in seguito processato e ghigliottinato. L'uccisione del re impressionò gli altri stati regnanti che, preoccupati del dilagare della rivoluzione si coalizzavano per respingere i rivoltosi. A risposta di un probabile attacco dall'esterno la Convenzione nazionale elesse degli organismi incaricati a difendere le istituzioni. Vi furono anche problematiche interne, correnti favorevoli alla restaurazione della monarchia e manifestazioni dilagate nel sangue come quella della provincia di Vandea. 25 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA La Repubblica giacobina e il Terrore bianco Fazioni opposte interne alla Convenzione lottavano per affermare i propri principi, dallo scontro tra i montagnardi di Roberspierre e i girondini ebbero la meglio i primi che diedero vita ad un governo caratterizzato da un periodo ricco di paure, sospetti, carcerazioni ed esecuzioni. A seguire (giugno 1793) venne approvata una seconda Costituzione che introduceva il suffragio universale maschile e il diritto di tutti al lavoro e all'assistenza. Questa nuova formulazione non venne mai applicata. Nel frattempo la Convenzione continuò nella sua opera di modifica dell'apparato statale. Dalla sconfitta definitiva assegnata ai girondini il destino dei giacobini fu soggetto a divisioni interne. Roberspierre, nel tentativo di tenere unito il movimento e da capo del governo rivoluzionario, impose una dittatura personale. Raggiunse i suoi intenti eliminando la frangia moderata dei giacobini guidata da Danton, che venne giustiziato per tradimento. Fu questo il periodo di maggior terrore, caratterizzato da sospetti complotti ed esecuzioni sommarie. A questo periodo risale anche l'esecuzione dell'ex sovrana Maria Antonietta. La Francia incominciava ad essere stanca del dilagante bagno di sangue e la Convenzione fece votare l'arresto di Roberspierre che venne ghigliottinato senza essere sottoposto a processo. La controrivoluzione di termidoro e il Direttorio Nella borghesia moderata prevalsero i termidoriani, fautori dell'arresto di Roberspierre, che emanarono la terza Costituzione (agosto 1795) che limitò molto le libertà conquistate, tra cui il suffragio universale. Il Direttorio assunse il potere esecutivo e non si fece attendere la sua manovra schiacciante sulle folle popolari. I giacobini e i realisti tentarono di opporsi ma le truppe del giovane Napoleone Bonaparte riuscirono a reprimere ogni insurrezione. Seguì la persecuzione nei confronti dei giacobini e dei sanculotti, il Terrore bianco, gestito da forze reazionarie e filomonarchiche che generò un'alleanza tra i nobili e l'esercito capace di influenzare le sorti francesi per il ventennio a venire. NAPOLEONE BONAPARTE. Ex giacobino e abile condottiero, divenuto generale a soli 24 anni, era riuscito a guadagnarsi la fiducia del Direttorio bloccando una rivolta monarchica. Volontari alla sua guida erano riusciti a diventare un'efficiente truppa militare e, con il suo nuovo esercito, Napoleone intraprese la prima campagna d'Italia nel 1796 che si concluse con la pace di Campoformio nel 1797, dove la Francia otteneva il controllo del Belgio della Lombardia e cedeva all'Austria il Veneto, l'Istria e la Dalmazia. I territori conquistati dai francesi videro l'appoggio dei liberali e dei democratici, che assunsero il nome di giacobini, e crearono le repubbliche sorelle, stati satelliti della Francia che godevano di autonomia ma versavano pesanti tributi allo stato francese. Queste operazioni vennero attuate dal 1795 al 1799 con l'appoggio dell'esercito. Il Direttorio attuò un colpo di Stato trasformandosi in un organo autoritario che appoggiava gli interessi della borghesia. Sconfitta l'Austria accrebbe il confronto con l'Inghilterra e Napoleone decise di colpirla andando a minacciare i suoi paesi coloni. Conquistò l'Egitto, che poteva diventare una base d'attacco nei confronti dell'India, ma l'ammiraglio Horatio Nelson seppe contrastare la minaccia francese e, ad Aburik, distrusse la flotta francese. L'Inghilterra, la Turchia, la Russia e l'Austria, alla luce dei successi militari di Napoleone, si unirono in una seconda coalizione per contrastare e colpire le armate francesi in Italia. Con la sconfitta i francesi furono costretti ad abbandonare l'Italia e le repubbliche sorelle che ripresero la loro efficacia con la restaurazione degli antichi governi tornati al potere. Le situazione francese si capovolse, la Francia da minaccia divenne minacciata e rischiò di essere invasa. Successi militari allontanarono il pericolo ma la situazione interna del paese era critica; le casse statali svuotate, la dilagante corruzione e la diminuzione della produzione agricola erano problemi che attanagliavano il paese. 26 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA Il Direttorio capì che l'unica soluzione per contrastare la crisi generale era quella di istituire un governo solido che affidò a Napoleone, il quale ne approfittò per organizzare un colpo di stato (1799) attraverso il quale sciolse il Direttorio e si autonominò Primo Console, abrogando di fatto la repubblica e imponendo una dittatura. La borghesia appoggiò la sua iniziativa rassicurata dai benefici che sarebbero stati garantiti. L'azione militare di Napoleone riprese con il ritorno in Italia e nella battaglia di Marengo (1800) sconfisse gli austriaci che abbandonarono la Lombardia. Stipulò un Concordato con la Santa Sede ed emanò un nuovo Codice Civile che conteneva riforme per le strutture dello Stato. L'organizzazione statale concepita da Napoleone vedeva uno stato fortemente centralizzato che aboliva, grazie ad un'amministrazione efficiente e moderna, qualsiasi riferimento al mondo feudale, dando l'avvio all'instaurazione di un nuovo impero accentrato sulla sua persona. Nel 1802 Napoleone fu nominato Console a vita e accrebbe il suo prestigio fregiandosi del titolo di imperatore, trasmissibile agli eredi. Dopo aver scoperto e bloccato un complotto realista, questo titolo venne confermato da un plebiscito e nel 1804 si incoronò imperatore dei francesi con il nome di Napoleone I. Le mire politiche dell'imperatore furono evidenti anche nella trasformazione dell'avvenuta Repubblica italiana, che era stata creata nel 1802, e trasformata in regno d'Italia (1805) affidandola, da parte di Napoleone I, al viceré Eugenio di Beauharnais. Nel 1803 ripresero i contrasti tra la Francia e l'Inghilterra, quando quest'ultima si pose alla testa di una terza coalizione antifrancese. Napoleone riuscì a sconfiggere gli austriaci nel 1805 ma la sua flotta subì la sconfitta da parte degli inglesi nella battaglia di Trafalgar. Le sorti francesi ebbero la meglio nel confronto con l'esercito austro-russo nella battaglia di Austerlitz, da questa vittoria la Francia riportò il controllo del Veneto al regno d'Italia e la riconquista del regno di Napoli che venne affidato a Gioacchino Murat. La quarta coalizione antinapoleonica (1806) durò breve tempo visto che l'esercito prussiano venne sconfitto, da quello francese, nella battaglia di Jena. Nel 1807, Napoleone pose la sua attenzione alla conquista del Portogallo e, l'anno successivo, all'invasione della Spagna dove fece salire al trono suo fratello Giuseppe Bonaparte. La quinta coalizione austro-inglese subì la sconfitta dai francesi nella battaglia di Wagram (1809). L'aumento dei costi delle guerre e le conseguenze economiche per lo stato minacciavano la stabilità dell'impero napoleonico. Il blocco continentale, istituito per colpire i commerci inglese, limitavano i traffici e facevano accrescere il malcontento che si univa al rancore degli oppositori del regime. La causa che fu determinante per la caduta del potere di Napoleone fu il tentativo di invasione della Russia, iniziata nel giugno 1812. Napoleone, dopo aver sconfitto l'esercito russo nelle battaglie di Smolensk e di Borodino, sopraggiunse alle porte di Mosca dove attese invano la resa dello zar Alessandro I. L'arrivo dell'inverno, con il freddo intenso, la scarsità dei viveri e la stanchezza che si era accumulata, fermò l'esercito francese che venne sconfitto nella battaglia della Beresina. La ritirata, che avvenne durante l'inverno, fu letale per le truppe francesi. La sesta coalizione infierì, nella battaglia a Lipsia (1813), una dura sconfitta a Napoleone e provocò l'invasione dello stato francese. Napoleone abdicò e venne condotto in esilio all'isola d'Elba (1814). Napoleone, approfittando della riunione delle potenze vincitrici nel Congresso di Vienna, convocato per decidere il nuovo assetto europeo, ritornò in Francia e riprese il potere per "cento giorni", fino a quando una settima coalizione (Inghilterra, Russia, Austria e Prussia) lo sconfisse nella battaglia di Waterloo (1815). Napoleone abdicò nuovamente e venne esiliato a Sant'Elena, un'isola sperduta nell'Atlantico, dove morì il 5 maggio 1821. 27 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA Appunti forniti dalla Prof.sa C. Stanizzi DAL CONGRESSO DI VIENNA ALL‟UNITÀ D‟ITALIA Il 22 settembre del 1814 fu convocato il Congresso di Vienna dalle potenze (Austria, Gran Bretagna, Prussia e Russia) che sconfissero Napoleone Bonaparte con l‟obiettivo di ripristinare l‟assetto politico europeo presente prima delle campagne napoleoniche. A questo congresso parteciparono ben 216 delegazioni provenienti da tutta Europa, tra le quali anche la Francia con il ministro Talleyrand in veste di osservatore. Dominatore indiscusso del congresso fu il primo ministro asburgico Metternich. Il congresso si prefiggeva anche l‟obiettivo di dare all‟Europa un assetto stabile per impedire le mire espansionistiche della Francia. Vi era un solo modo per garantire la pace duratura in Europa: limitare il potere di ciascuna potenza in modo che nessuna di esse risultasse troppo rafforzata rispetto alle altre. Due furono i principi alla base del lavoro del Congresso: Il principio di equilibrio, volto ad impedire che uno Stato potesse imporsi sugli altri; Il principio di legittimità con il quale si restaurarono sui troni le dinastie regnanti prima delle campagne napoleoniche. La tendenza del Congresso fu quella di rafforzare l‟assolutismo monarchico e di impedire la diffusione delle idee francesi. Lo spirito della restaurazione fu perciò antiliberale e volto alla negazione del principio di nazionalità (popolo sovrano). L‟Europa del Congresso di Vienna Dopo aver riorganizzato l‟assetto politico europeo bisognava preservarlo il più a lungo possibile. Nel settembre 1815, su iniziativa dello zar Alessandro I di Russia, l‟imperatore di Prussia e il sovrano d‟Austria firmarono il documento istitutivo della Santa Alleanza, patto questo che non vincolava i contraenti ad alcun obbligo preciso e concreto. Il testo affermava che i sovrani si sarebbero prestato aiuto e soccorso in ogni luogo e in ogni occasione. In un secondo tempo aderirono alla Santa Alleanza anche altre potenze europee, tra le quali la Francia. Nel novembre del 1815, su iniziativa britannica, fu stipulata la Quadruplice Alleanza tra Gran Bretagna, Russia, Prussia ed Austria, volta ad impedire che l‟assetto e l‟ordine delineati dal Congresso potessero essere rotti. La Francia venne posta a sorveglianza speciale da parte dell‟Alleanza e inizialmente rimase esclusa dal “concerto europeo”. Nel 1818 il Congresso di Aquisgrana riconobbe la Francia come una potenza e le concesse di far parte del concerto. Nacque così la Pentarchia. La risposta alla politica antiliberale del Congresso non si fece attendere I gruppi liberali, che chiedevano l‟instaurazione di governi costituzionali, erano una minoranza politica e sociale che faceva capo principalmente ad esponenti intellettuali e della borghesia imprenditoriale. Questi gruppi non potendo operare alla luce del sole si organizzarono in società segrete con attività cospirativa clandestina. In Italia la società segreta più famosa era la Carboneria che aveva filiali in tutta la penisola. Negli anni 1820-1821, in Spagna, in Portogallo e in Italia scoppiarono dei moti insurrezionali promossi da gruppi liberali i quali, però, non ottennero l‟appoggio delle masse popolari. Nella penisola iberica questi moti costrinsero i regnanti a promulgare delle Costituzioni. 28 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA In Italia il 1 luglio 1820 scoppiarono dei moti insurrezionali che interessarono il Regno delle Due Sicilie. I moti furono promossi da Michele Morelli e Giuseppe Silvati, due ufficiali carbonari, e ben presto dilagarono in tutto il napoletano. Alla rivolta si unì anche Guglielmo Pepe, ex ufficiale napoleonico, assumendone il comando. Il re Ferdinando I fu costretto a concedere la Costituzione. Il 15 luglio 1820 la rivolta esplose anche in Sicilia dove il moto assunse, oltre al carattere costituzionale, soprattutto quello separatista. Il governo di Napoli inviò Florestano Pepe il quale, per reprimere il moto, cercò di trattare con i rivoltosi, ma invano. Fu inviato quindi Pietro Colletta il quale sedò la rivolta nel sangue (settembre 1820). Animati dagli eventi accaduti in Spagna e nell‟Italia meridionale, le società segrete lombarde e quelle del regno di Sardegna intensificarono la propria attività cospirativa, ma nell‟ottobre del 1820 la polizia austriaca arrestò alcuni carbonari tra i quali Pietro Maroncelli e Silvio Pellico. Federico Confalonieri, capo della setta segreta dei federati di Lombardia, decise di passare all‟azione pensando di poter contare sull‟appoggio di Carlo Alberto, principe di Carignano, il quale nutriva simpatie per i gruppi liberali. Il moto piemontese fu guidato dal conte Santorre di Santarosa. In Piemonte la guarnigione militare dei rivoltosi raggiunse Torino il 12 marzo. Vittorio Emanuele I abdicò in favore di Carlo Felice il quale, trovandosi a Modena, affidò la reggenza a Carlo Alberto. Questi concesse la Costituzione che sarebbe entrata in vigore a seguito dell‟approvazione di Carlo Felice. Il re sconfessò l‟iniziativa di Carlo Alberto e minacciò di unirsi alle truppe di Novara, fedeli alla Corona. In Lombardia, invece, i piani di Confalonieri furono scoperti dalla polizia austriaca e l‟insurrezione saltò. In aprile Carlo Alberto al capo di un esercito piemontese e austriaco sconfisse i rivoltosi di Santorre di Santarosa a Novara; così si conclusero i moti rivoluzionari del 1820-21. L‟Austria che era la più interessata a reprimere i moti, fece convocare a Troppau un congresso dove Austria, Russia e Prussia proclamarono il principio d‟intervento. In un Congresso a Lubiana fu deciso l‟intervento armato nel napoletano. Il 23 marzo 1821 le truppe austriache abbatterono il regime costituzionale napoletano. Con il Congresso di Verona fu dato mandato alla Francia di reprimere il regime costituzionale spagnolo che, nonostante l‟accanita resistenza dei gruppi liberali, cadde nell‟ottobre del 1823. In Portogallo, invece, il regime costituzionale fu soppresso dalle forze assolutiste interne, riorganizzatesi nel frattempo. Nel 1830 scoppiarono in Europa nuove rivolte che determinarono in Francia e in Belgio una prima rottura negli assetti stabiliti dal Congresso di Vienna. In Francia scoppiò una rivolta popolare contro Carlo X il quale era intenzionato a ripristinare totalmente l‟antico regime. La “rivoluzione di luglio” portò sul trono francese il conte Luigi Filippo d‟Orleans. La Francia divenne così una monarchia costituzionale. In Belgio il 23 agosto 1830 a Bruxelles la popolazione insorse chiedendo l‟indipendenza dall‟Olanda. L‟intervento dell‟Alleanza a difesa del re Guglielmo I fu impedito da Luigi Filippo d‟Orleans il quale affermò che per garantire la pace in Europa era necessario non intervenire. Il Belgio divenne così uno stato indipendente e poté dotarsi di una Costituzione liberale. In Italia l‟attività cospirativa della carboneria non si era arrestata, ma era rimasta vitale soprattutto nell‟Italia centrale. Gli eventi parigini spronarono i gruppi liberali all‟azione. La carboneria, grazie ad Enrico Misley aveva preso contatti con Francesco IV duca di Modena il quale era intenzionato a costruire uno Stato nell‟Italia centro-settentrionale sfruttando i moti liberali. Nella rivolta diretta da Ciro Menotti furono coinvolte l‟Emilia, la Romagna e le Marche. L‟improvviso cambiamento dell‟atteggiamento di Francesco IV portò, però, all‟arresto di Ciro Menotti ma non impedì lo scoppio della rivolta. Grazie a questi moti, nei ducati di Parma e Toscana e in alcuni territori pontifici furono instaurati dei governi provvisori; l‟esercito dei rivoluzionari, però, non riuscì a resistere alla reazione austriaca. Nell‟Italia centrale furono così ristabiliti i sovrani preesistenti. Le cause principali dell‟insuccesso di questi moti furono il mancato appoggio sia delle masse popolari che di una grande potenza. L‟insuccesso dei moti carbonari fu dovuto da una parte al metodo di lotta e dall‟altra al mancato appoggio popolare. Uno dei protagonisti del movimento nazionale italiano fu Giuseppe Mazzini, membro della carboneria, il quale puntava alla costituzione di un‟Italia “una, libera, indipendente e repubblicana”. Mazzini rifiutava l‟idea di un‟Italia federale; era convinto che uno Stato centralizzato avrebbe meglio rappresentato l‟unità nazionale. Secondo Mazzini il popolo aveva come missione quella di portare a termine l‟unità nazionale che non doveva essere realizzata da un sovrano italiano né con l‟aiuto di una potenza straniera ma attraverso un‟insurrezione popolare. Nel 1831 Mazzini fondò la Giovine Italia, un‟organizzazione clandestina nazionale che doveva incitare alla lotta popolare. La visione mazziniana, però, andava di là dei confini nazionali: da ciò la nascita della Giovine Europa che fu fondata dallo stesso Mazzini nel 1838. Il metodo scelto da Mazzini per la lotta fu quello del ricorso ai moti insurrezionali che avrebbero innescato poi una sollevazione delle masse popolari preparate all‟azione per mezzo della propaganda. I tentativi insurrezionali promossi dai mazziniani si trasformarono tutti in pesanti sconfitte. I motivi di tali insuccessi vanno principalmente ricercati nella propaganda di obiettivi che le masse popolari non recepivano come propri e nell‟incapacità di “convincere” le masse. Gli obiettivi indicati da Mazzini non coinvolgevano la stragrande maggioranza della popolazione costituita da contadini (Mazzini, ad esempio, non affrontava il problema della terra per loro fondamentale). Tra i tentativi insurrezionali falliti vi è quello dei fratelli Bandiera che, non avendo ottenuto l‟appoggio dei contadini calabresi, furono catturati e fucilati dai Borboni. In Italia, mentre i mazziniani “perdevano colpi” anche a causa del fallimento dei moti insurrezionali, si andavano affermando, guadagnando consensi, i liberali moderati la cui visione prevedeva un processo d‟unificazione lento e senza spargimento di sangue: tale processo si sarebbe concluso con la nascita di uno Stato federale. Nel 1848 l‟Europa fu nuovamente investita da un‟ondata di moti insurrezionali. In Francia la situazione politica ed economica era estremamente precaria a causa dell‟atteggiamento di stampo conservatore assunto da Luigi Filippo d‟Orleans. Gli oppositori del sovrana e diedero vita alla “campagna dei banchetti”, chiamata così perché i comizi politici venivano camuffati con banchetti offerti da esponenti antigovernativi. Il tentativo da parte del ministro Guizot di impedire uno di questi banchetti sfociò in una rivolta popolare che portò alla nascita della repubblica. Fu proclamato il diritto al lavoro e furono creati gli opifici nazionali volti ad eliminare la disoccupazione. Fu anche introdotto il suffragio universale maschile. Gli opifici nazionali, improduttivi e troppo costosi, furono ben presto chiusi dalla borghesia moderata, salita al potere, dopo aver fatto sedare nel sangue dalla guardia nazionale una rivolta operaia. Fu così varata una Costituzione moderata e la Francia divenne una Repubblica Presidenziale. Come primo presidente della Repubblica fu nominato Luigi Napoleone. I moti insurrezionali interessarono anche l‟impero asburgico dove, promossa da studenti e insegnanti, scoppiò nel 1848 una rivolta che da Vienna si diffuse in tutto l‟impero per il passaggio all‟offensiva dei vari movimenti democratici. Tale offensiva ebbe come conseguenza l‟abbandono di Vienna da parte di Metternich prima e di Ferdinando I dopo e la costituzione di governi provvisori a Budapest e a Praga. Insurrezioni scoppiarono nel 1848 anche in Germania dove si sollevò una rivolta che da Berlino si diffuse nelle altre città tedesche. Fu quindi convocata un‟assemblea costituente di Francoforte con lo scopo di scrivere la Costituzione per la Germania unificata. In Italia la rivolta scoppiò inizialmente a Venezia e a Milano che si ribellarono alla dominazione asburgica. Anche l‟Italia meridionale fu investita da moti insurrezionali. A Palermo scoppiò una rivolta che costrinse Ferdinando II a concedere la Costituzione. La rivolta si propagò anche in altre città italiane costringendo i sovrani a concedere anch‟essi la Costituzione. A Venezia, la rivolta fu guidata da Daniele Manin e Nicolò Tommaseo e portò alla proclamazione della Repubblica di San Marco (17-031848). La rivolta milanese (conosciuta anche come le cinque giornate di Milano) fu guidata da Carlo Cattaneo e portò all‟instaurazione di un governo provvisorio costituto dagli insorti. 29 Alberto Vipraio Tiberi - 4a T serale 2013/14 APPUNTI DI STORIA La vittoria milanese spinse Carlo Alberto (sul trono dal 1831) a dichiarare guerra all‟Austria. A lui si unirono anche Pio IX, Leopoldo II e Ferdinando II; la guerra contro l‟Austria divenne quindi una guerra nazionale (I Guerra d‟Indipendenza 1848-1849). Per i personali interessi di Carlo Alberto l‟intesa si ruppe presto. Il regno sabaudo, dopo qualche successo contro l‟Austria, fu costretto a firmare l‟armistizio con gli austriaci. Nel 1849 nell‟impero asburgico, grazie all‟esercito fedele alla corona, fu restaurata la vecchia monarchia. In Germania Federico Guglielmo IV rifiutò la corona offertagli dall‟assemblea di Francoforte e ripristinò con le armi la monarchia abbattuta dagli insorti. In Italia la fine della “guerra regia" diede inizio alla guerra del popolo. Purtroppo la guerra dei democratici ebbe dimensioni di gran lunga inferiori a quelle sperate da Mazzini. Nel regno delle due Sicilie i borboni liquidarono la Costituzione prima concessa. Nello Stato pontificio, a seguito della mobilitazione dei democratici e dei liberali, sorse nel 1849 la Repubblica Romana governata da un triunvirato: Mazzini, Saffi ed Armellini, che intraprese una politica di laicizzazione dell‟ex Stato pontificio. In Toscana, i democratici costrinsero Leopoldo II a fuggire a Gaeta dove già si era rifugiato Pio IX. Anche la Toscana fu governata da un triunvirato: Guerrazzi, Montanelli e Mazzoni. Mazzini, a seguito della situazione favorevole determinatasi, voleva accelerare il processo di unificazione, ma trovò l‟opposizione di Guerrazzi. Carlo Alberto, timoroso per la caduta di prestigio della monarchia sabauda, piuttosto che sottostare alle pesanti condizioni austriache imposte con la pace, decise di continuare la guerra. Una nuova sconfitta lo portò ad abdicare a favore di Vittorio Emanuele II. Intanto l‟esercito austriaco occupò la Toscana consentendo a Leopoldo II di riprendere il potere. La repubblica Romana cadde per l‟intervento di Luigi Napoleone erettosi a difensore dei cattolici per conquistarne l‟appoggio. L‟ultima a cadere, dopo una lunga resistenza all‟assedio degli austriaci, fu la Repubblica di Venezia. L‟unico stato italiano che non subì moti rivoluzionari fu lo Stato sabaudo. Alla guida del governo sabaudo vi era Camillo Benso di Cavour, per il quale il regno di Sardegna, stringendo alleanze con potenze straniere, doveva cacciare l‟Austria dalla penisola per poter costituire un vasto regno dell‟Italia Settentrionale. Tale convinzione portò Cavour ad inviare in Crimea un contingente sardo; ciò consentì al regno sabaudo di partecipare al Congresso di Parigi dove Cavour sollevò la questione italiana. Di fronte all‟ennesimo insuccesso dei mazziniani nella spedizione di Sapri, Cavour, nell‟incontro segreto di Plombiers, decise di allearsi con la Francia. Secondo gli accordi stipulati, Napoleone III (Luigi Napoleone diviene imperatore nel 1852 con tale nome) sarebbe entrato in guerra a fianco del regno sabaudo solo se quest‟ultimo fosse stato attaccato dall‟Austria. In cambio la Francia avrebbe ricevuto Nizza e la Savoia. Cavour, per provocare l‟Austria, fece disporre truppe sabaude lungo il confine con i territori austriaci. Dopo un ultimatum austriaco respinto da Vittorio Emanuele II, l‟Austria attaccò il regno di Sardegna (II Guerra d‟Indipendenza). Come da patti la Francia si schierò con Vittorio Emanuele II. Dopo una serie di vittorie delle truppe sardo-francesi, Napoleone III propose all‟Austria un armistizio in quanto nell‟Italia centrale esponenti filopiemontesi, saliti al potere, chiedevano l‟annessione al regno sabaudo. Il 12 luglio 1859 a Villafranca fu siglata la pace tra Francia ed Austria. La pace prevedeva la cessione della Lombardia da parte dell‟Austria alla Francia, la quale successivamente la consegnò all‟Italia, e la restaurazione dell‟ordine nell‟Italia centrale. Nel 1860 nell‟Italia centrale si tennero dei plebisciti con esito favorevole all‟annessione al regno sabaudo. Terminava così la prima fase dell‟unificazione pensata da Cavour. A questo punto entrarono in scena i mazziniani con l‟organizzazione di una spedizione di mille volontari guidati da Giuseppe Garibaldi, avente lo scopo di fare insorgere le masse popolari meridionali. La spedizione partì da Quarto il 5 maggio 1860. Garibaldi, sbarcato in Sicilia, piegò subito la resistenza delle male armate truppe borboniche e, in nome di Vittorio Emanuele II, vi proclamò la dittatura. Dopo aver sedato nel sangue un moto contadino contro i proprietari terrieri iniziò la risalita verso Napoli. Garibaldi sbarcò in Calabria in località Rumbolo di Melito di Porto Salvo (19 agosto 1860) che costituisce la parte più a sud dell‟Italia continentale. Nelle acque del mar Ionio, antistanti la dimora che scelse per le proprie truppe (oggi denominata Casina dei mille e che al tempo apparteneva ai marchesi Ramirez), era visibile sino a poco tempo fa la nave garibaldina “Torino” arenatasi durante lo sbarco frettoloso delle truppe, avvenuto sotto il fuoco nemico delle navi borboniche e la resistenza di uno sparuto gruppo di fedeli ai borboni prontamente messo a tacere. Nella Casina dei mille Garibaldi dimorò un paio di giorni per far riprendere fiato alle sue truppe, sopportando anche l‟attacco delle navi borboniche che non ebbe però alcun esito. Di tale attacco è testimonianza una palla di cannone ancora oggi visibile sul muro di un balcone della casina, mentre lo sbarco di Rumbolo è ricordato da una stele eretta nel punto esatto dello sbarco. Da Melito di Porto Salvo i mille risalirono attraverso l‟Aspromonte sino a Napoli dove entrarono il 7 settembre 1860. Intanto, per paura che Garibaldi potesse giungere a Roma, Cavour inviò truppe piemontesi in Umbria e nelle Marche, occupandole. Le truppe quindi si misero in marcia verso Napoli pronte a scontrarsi con Garibaldi il quale però non era interessato a combattere contro di esse. Questi preferì attendere l‟arrivo del re. Nel frattempo nell‟Italia meridionale si tennero dei plebisciti per l‟annessione al regno sabaudo, che ebbero esito favorevole. Il 26 ottobre 1860, con lo storico incontro di Teano, Garibaldi consegnò a Vittorio Emanuele II tutti i territori da lui liberati. In epoca immediatamente successiva anche le Marche e l‟Umbria furono annesse al regno sabaudo per mezzo di plebisciti. L‟unificazione nazionale prendeva così corpo, anche se essa non era ancora completa perché il Lazio rimaneva territorio papale e il Veneto era in mano austriaca. Il 17 marzo 1861 Vittorio Emanuele II venne proclamato re d‟Italia. Con lo scoppio della guerra austro-prussiana del 1866, l‟Italia si schierò con la Prussia con il premeditato intento di sottrarre il Veneto all‟Austria (III Guerra d‟Indipendenza). La guerra ebbe esito negativo per l‟Italia, ma, grazie alle vittorie prussiane e alla pace di Vienna, il Veneto fu annesso al regno d‟Italia. Per il completamento del processo d‟unificazione mancava soltanto l‟annessione dello Stato pontificio, operazione questa di difficile attuazione in quanto Pio IX non era in alcun modo intenzionato a rinunciare al potere temporale. Di fronte a questo rifiuto del papa, Garibaldi e i suoi volontari tentarono per due volte di occupare Roma ma Napoleone III, protettore dello Stato pontificio, glielo impedì. Con la caduta di Napoleone III a seguito della guerra franco-prussiana, truppe italiane guidate dal generale Cadorna entrarono a Roma dopo essersi aperti un varco presso Porta Pia (20 settembre 1870), ponendo fine al potere temporale del papa. Nel luglio 1871 Roma divenne la capitale del regno d‟Italia. L‟unità d‟Italia si era finalmente realizzata. 30