IL RISCALDAMENTO e gli esercizi Di

IL RISCALDAMENTO e gli esercizi
Di ALLUNGAMENTO
Definizione.
Il riscaldamento è un insieme di esercizi che permettono di
prepararsi psicologicamente (concentrazione) e fisicamente
prima di un allenamento o di una competizione, e che gioca
un ruolo importante per evitare eventuali incidenti.
A. RISCALDAMENTO, MOBILITA’, RECUPERO:
OBIETTIVI DIFFERENTI, TECNICHE DI
ALLUNGAMENTO DIFFERENTI
Non è perché avete fatto moltissimi esercizi di allungamento, per
molto tempo e coscienziosamente durante il vostro riscaldamento, che sarete subito pronti
per lo sforzo che richiede la vostra disciplina sportiva e che quindi vi sentite al riparo da
eventuali incidenti, bene non è così.
So che dicendo questo rischio di sorprendere qualcuno ma è la realtà. Si sa oggi che gli
esercizi di allungamento possono avere un effetto analgesico nella misura in cui
permettono delle ampiezze di movimento che sono incompatibili con l’agilità funzionale di
un muscolo o di un gruppo muscolare. In altri termini si potrebbe interpretare la rigidità
muscolare come la misura di salvaguardia del muscolo di fronte alle sue possibilità di
allungamento. Noi conosciamo anche delle tecniche che permettono un rilassamento
sostanziale del tono muscolare e che permettono dunque dei guadagni in ampiezza
spettacolari ma non fisiologici. Così, degli esercizi di allungamento inadatti durante il
riscaldamento possono generare un’impressione di gambe “molli” al momento di passare
all’azione. Una tecnica male utilizzata può essere inoltre fonte di ferite o di controprestazione.
Analizziamo ora alcuni concetti da ricordare:
a) Esercizi di allungamento per scaldarsi: allungamenti attivi-dinamici
Si tratta della combinazione di esercitazioni di allungamento muscolare, al di sotto delle
possibilità, massimali, con una contrazione statica (da 6 a 8 sec.) seguita immediatamente
da piccoli esercizi dinamici che sollecitano i gruppi muscolari che sono appena stati
mobilitati.
(distendere, contrarre, mobilitare) 2 volte per ogni catena muscolare nella
posizione in piedi
b) Esercizi di allungamento per rilassarsi: allungamenti attivi-passivi
Esistono diverse tecniche per rilassare il tono muscolare:
contrazione-rilassamento (riflesso miotatico inverso)
contrazione del muscolo antagonista (riflesso di inibizione
reciproca), espirazione profonda, calore, decontrazione,
(inibizione del riflesso miotatico).
Questa modalità di allungamento è da praticare al caldo,
in posizioni comode
(seduti, distesi) sforzandosi di
rilassarsi mentalmente e controllando la respirazione. Si
invita a mantenere delle pause di almeno 30 sec e di riprendere le stesse pause parecchie
volte di seguito. Al termine di questo lavoro, non devono essere eseguiti esercizio
dinamici.
Per progredire con facilità bisogna fare regolarmente questo lavoro, le progressioni sono
lente e la regressione veloce, distendersi utilizzando a lungo le tecniche di rilassamento del
tono muscolare durante il riscaldamento, ricominciare per 3 o 4 volte provando a
guadagnare di volta in volta un poco in ampiezza.
c) Esercizi di allungamento per recuperare: allungamenti passivi
Le contrazioni muscolari tendono ad accorciare i muscoli. Gli esercizi di allungamento per il
recupero sono destinati a riequilibrare le tensioni, ritrovare quindi le lunghezze muscolari
perse, accelerare il flusso circolatorio venoso di ritorno.
Gli esercizi di allungamento passivi sono lenti, lunghi (25-30 sec) ed essenzialmente
realizzati partendo da un rilassamento passivo. Si usano alla fine della seduta dopo un
piccolo lavoro aerobico, durano da 10 a 15 minuti, ogni esercizio di allungamento viene
effettuato 2 volte.
B. GLI ALLUNGAMENTI IN QUESTIONE
I pareri talvolta divergenti dei medici e le considerazioni aggiornate dei risultati di ricerche
scientifiche, si scontrano frequentemente con la cultura sportiva e con procedure
empiriche elaborate dall’uomo di campo. Si evidenzia così che la verità è lontana
dall’essere stabilita a proposito del momento e dell’ interesse degli esercizi di allungamento
nella pratica dello sport.
In base alle conoscenze accertate passando per delle false credenze, alcuni benefici sono
stati ottenuti ma non tutti sono dimostrati scientificamente, proviamo a vederci più chiaro
ed evidenziare alcune regole di buonsenso.
Quello di cui si è sicuri:



Gli esercizi di allungamento hanno un effetto analgesico: diminuiscono la
sensazione di dolore. Permettono dunque di aumentare l’ampiezza dei movimenti
arretrando il momento dove appare il massimo del dolore tollerabile che un
soggetto può sopportare quando il muscolo è allungato.
Gli esercizi di allungamento permettono di cambiare il comportamento visco-elastico
del muscolo e dunque, in una certa misura, diminuiscono la sua reattività e
l’efficacia delle sue contrazioni.
Le tecniche che utilizzano metodologie di contrazione-rilassamento hanno un effetto
analgesico ancora più importante e permettono di accedere quindi ad una
flessibilità più grande. Questa più grande flessibilità può tuttavia condurre il
muscolo in una zona di maggiore fragilità. Sembra indispensabile quindi essere
particolarmente attenti alle sollecitazioni a cui viene sottoposta la muscolatura .
Ciò che si è constatato sul campo:





La stanchezza muscolare è spesso accompagnata da rigidità insolite.
Gli indolenzimenti portano lo sportivo a distendere spontaneamente i propri
muscoli indolenziti.
La pratica regolare di esercizi di allungamento genera dei progressi che sono
reversibili in caso di inattività.
Dopo una sequenza di esercizi abbastanza lunghi che favoriscono un guadagno
notevole di flessibilità, lo sportivo, non è generalmente nelle migliori condizioni di
efficacia per produrre un sforzo esplosivo.
Gli esercizi di allungamento realizzati alla fine della seduta di allenamento hanno
spesso un effetto benefico sul recupero a breve termine.
Verso una spiegazione empirica:
Il muscolo possiede una lunghezza di funzionamento ottimale. Corrisponde all’angolo
articolare dove le proteine contrattili del muscolo possono legare un massimo di ponti tra
essi e allo stesso tempo produrre il massimo dello sforzo. La lunghezza nella quale il
muscolo può sviluppare la sua massima tensione viene chiamata lunghezza a riposo.
Questa definizione è stata scelta perché si è potuto osservare che la maggior parte dei
muscoli del nostro corpo in stato di rilassamento a riposo sono pre-stirati proprio fino a
questa lunghezza di riposo. Quindi nella sua lunghezza di riposo il muscolo può sviluppare
una tensione ottimale non solo perché la lunghezza del sarcomero di 2,2 mm è quella
ottimale per la sovrapposizione dei filamenti di actina e miosina ma anche perché con
questo pre-stiramento le componenti connettivali elastiche hanno la possibilità di
trasmettere in modo ottimale alle ossa la forza sviluppata dai sarcomeri. (Martin 1997)
La fatica, così come il riposo o gli indolenzimenti, pongono il muscolo al di qua di questa
lunghezza (gli obiettivi perseguiti al momento del riscaldamento o del recupero
troverebbero una giustificazione plausibile). Un importante lavoro che utilizza le tecniche di
contrazione-rilassamento può portare il muscolo al di là di questa lunghezza ottimale.
Questa può essere aumentata e mantenuta per molto tempo grazie agli esercizi di mobilità
praticati regolarmente.
Conseguenze pratiche:
Il riscaldamento: per aumentare la reattività e portare il muscolo nella sua lunghezza di
funzionamento ottimale, si consigliano alcune esercitazioni che utilizzano contrazionirilassamenti su ampiezze, medie e su dei tempi abbastanza corti. Inoltre, questi esercizi
saranno seguiti da esercizi di mobilità dinamica .
Il recupero: alcuni esercizi inducono dei microtraumi a livello delle fibre muscolari. La
stanchezza irrigidisce il muscolo. Gli esercizi di allungamento saranno di conseguenza dolci
e mantenuti abbastanza a lungo. Al termine di una gara, molto intensa per stimolazione
muscolare, per raggiungere più rapidamente possibile uno stato di rilassamento è
consigliabile adottare il cosiddetto allungamento intermittente nel quale il gruppo
muscolare e sottoposto ad un allungamento di breve durata da uno a qualche secondo in
modo che, nella successiva fase di rilassamento, il sangue possa svolgere di nuovo e senza
impedimenti la sua funzione di rimozione dei prodotti dell’affaticamento.
Per migliorare la mobilità: ripetere gli esercizi di contrazione-rilassamento per andare
verso l’ampiezza massimale. Dopo questo lavoro, le sollecitazioni dovranno essere
moderate. Ricordate che su dei muscoli indolenziti, questo tipo di esercizio non sembra
indicato a causa delle micro-lesioni presenti nel muscolo e nel processo di cicatrizzazione
che si sta svolgendo. Di conseguenza, non si deve mai svolgere una seduta di
allenamento della mobilità articolare in condizioni di affaticamento
In linea generale, la pratica degli esercizi di allungamento deve restare adattata alle
caratteristiche dell’individuo e alle esigenze dell’attività praticata.
C. ALLUNGAMENTO, MOBILITA’ E PRESTAZIONE
Sono stati dedicati numerosi articoli su questo argomento, ma le conoscenze attuali vanno
talmente contro i concetti e le pratiche tradizionali che credo sia doveroso conoscere
quanto avviene a livello del muscolo prima di un gesto specifico.
I fattori che limitano la capacità di allungamento muscolare sono da un lato, la resistenza
che è opposta a essa dalle strutture muscolari e dall’altro il tono e la capacità di
rilasciamento del muscolo stesso.
Il tono muscolare la capacità di rilasciamento muscolare svolgono un ruolo importante
nella capacita di allungamento della muscolatura in quanto, l’aumento del primo oppure la
diminuzione della seconda determinano un incremento della resistenza della muscolatura
ad ogni tipo di stimolo di allungamento riducendo in questo modo la mobilità delle
articolazioni.
Ciò può produrre una diminuzione della prestazione soprattutto negli sport nei quali
(come il disco e il giavellotto) i fattori della prestazione dipendono da un eccellente prestiramento della muscolatura coinvolta ed una successiva elevata rapidità o forza di
contrazione
La domanda che ci si pone allora è:

E’ corretto fare degli “esercizi di allungamento” nel riscaldamento prima
di un competizione e/o prima di un allenamento?
Le conclusioni di numerosi studi apparsi recentemente, sembrano rimettere effettivamente
in questione il ruolo degli esercizi di allungamento del complesso muscolo-tendineo, per
migliorare la prestazione. Secondo questi lavori gli esercizi di allungamento condurrebbero
ad una regressione delle capacità muscolari in termini di velocità e di forza. Tale
regressione sarebbe imputabile secondo Weinek ad un effetto di diminuzione del tono
muscolare o di rilassamento. Inoltre essi non permetterebbero, contrariamente a ciò che
era comunemente ammesso di prevenire eventuali incidenti muscolari.

Allora è meglio abbandonare
soprattutto nel riscaldamento?
queste
pratiche
piuttosto
diffuse,
Ciò che bisogna sapere, è che, qualunque sia il metodo utilizzato, gli esercizi di
allungamento vanno a modificare le caratteristiche meccaniche del complesso muscolotendineo. Queste modifiche appaiono dopo un numero ristretto di esercitazioni di
allungamento (per esempio 3 / 4 ripetizioni di 20 secondi di allungamento passivo sono
sufficienti) e che spariscono dopo 1 ora di riposo.
In queste condizioni, il complesso musculo-tendineo sottoposto allo stiramento diventa
più estensibile.
Ciò significa due cose:


Permette delle ampiezze articolari massimali maggiori
Offre una resistenza minore al suo allungamento, in altri termini il muscolo si
stenderà più facilmente.
Rendere il sistema musculo-tendineo più estensibile rappresenta insindacabilmente un
vantaggio per i gesti sportivi dove sono ricercate delle grandi ampiezze gestuali, e quando
la rapidità di un movimento rischia di essere frenata dalla resistenza all’allungamento del
muscolo antagonista: conviene allora sottoporre questo muscolo antagonista a degli
allungamenti alla ricerca della specificità dell’esercizio (per esempio, ruolo dei muscoli
ischio-crurali nell’azione di attacco dell’ostacolo).
In compenso, aumentare le ampiezze articolari per un aumento dell’estensibilità del
complesso muscolo-tendineo attiguo, comporta la diminuzione della capacità ad
immagazzinare dell’energia potenziale durante l’allungamento, esso avviene
essenzialmente intorno alle posizioni neutre dell’articolazione vale a dire, nella posizione
dove l’allungamento è debole (questo fenomeno si inverte nelle posizioni di allungamento
massimale). Per le articolazioni di cui ruolo è di immagazzinare molta energia su dei brevi
spostamenti articolari in posizione neutra (per esempio la caviglia durante l’appoggio di
corsa) gli allungamenti, diventano allora contro producenti
Per l’efficacia di una preparazione corretta, conviene scegliere giudiziosamente i gruppi
muscolari che ci si prefigge di allungare in funzione della loro sollecitazione nel gesto
sportivo interessato.
RISCALDAMENTO: riflessioni per evolversi
L’interesse di riscaldare il corpo ed i muscoli per preparare un allenamento oppure una
competizione non sono più da dimostrare. Pertanto, i procedimenti da attuarsi per
raggiungere questo obiettivo sono da porsi a tre livelli:



a livello della forma: ciò che si fa
a livello della motivazione: il riscaldamento è vissuto talvolta come un obbligo
a livello della crisi di tempo: gli allenatori si lamentano spesso della mancanza di
tempo
La forma:
Una prima parte di corsa e di esercitazioni varie di mobilità che portano lo sportivo a
“riscaldarsi,” poi a fermarsi per proseguire il suo riscaldamento in modo più statico è a
nostro avviso, una contraddizione che può essere piena di conseguenze. È evidente che
facendo ciò si rischia di raffreddare la muscolatura è soprattutto di non ottenere lo scopo
desiderato. Alcuni avranno in questa parte consumato troppa energia ed intaccato quindi
il loro potenziale energetico mentre l’obiettivo in questa situazione sarebbe di ottimizzarlo.
Gli esercizi di mobilità articolare (rotazione delle articolazioni)
e gli esercizi di
allungamento statici prolungati rivelano anche un certo numero di errori che non
permettono di raggiungere gli obiettivi del riscaldamento. È comunque necessario
preparare le articolazioni in quanto il movimento fisiologico porta ad un cambiamento di
forma della cartilagine articolare e ad una maggiore superficie di contatto tra i capi
articolari con un conseguente migliore distribuzione della pressione. In questo modo, le
articolazioni sono in grado di ammortizzare meglio i carichi.
Il contesto ed il ruolo degli esercizi di allungamento sono oggi controversi. Ad ogni modo,
gli esercizi di allungamento realizzati nel riscaldamento non devono mirare al
miglioramento dell’agilità ma, ad un condizionamento delle catene muscolari nelle
ampiezze necessarie e specifiche all’attività preparata. Inoltre la durata degli esercizi di
allungamento non dovrebbe superare 10 secondi ed essi dovrebbero trovarsi al di qua
della soglia dolorosa.
La motivazione:
Per molti giovani, ma probabilmente anche per gli adulti, il
riscaldamento appare spesso sgradevole, e questo tanto più che ci si
allontana dall’attività. Questo rituale fa anche fatica a sostenere
l’argomento della prevenzione dagli incidenti di fronte all’attività
spontanea dei bambini che, si permettono di realizzare degli
esercizi intensi senza nessuna preparazione.
Oltre al ruolo di educazione e di gestione del proprio
capitale fisico per il lungo termine, il riscaldamento deve
a parer nostro portare l’individuo a rientrare
velocemente in un confronto con i problemi motori e/o tattici
dell’attività. Ciò non è contraddittorio con le nozioni di progressività e di alternanza tra le
fasi attive e altre più passive che permetteranno di dare una risposta ai problemi sollevati
all’inizio di questo articolo (riscaldamento, raffreddamento).
La crisi di tempo:
Il riscaldamento non è un tempo a parte dell’allenamento ma deve rappresentare un
tempo della seduta dove il repertorio motorio sarà sollecitato in una prospettiva di
arricchimento, di consolidamento, di memorizzazione o di automatizzazione. Questo
perché i circuiti di risveglio e di motricità sembrino costituire delle alternative da esplorare
per soddisfare le molteplici esigenze del riscaldamento e delle situazioni di allenamento.
Secondo la disciplina sportiva e i presupposti individuali si sono dimostrate utili forme
diverse di riscaldamento oppure la loro combinazione. Quali siano la forma, l’intensità il
volume del riscaldamento di ogni singolo atleta, si può stabilire solo in base all’esperienza
personale Si tratterà allora di concepire una organizzazione differente dove l’allenatore
potrà mettere in opera diverse metodologie prima di intraprendere un allenamento.
I.
IL RISCALDAMENTO: un esempio di alto livello
L’evoluzione delle conoscenze cozza spesso contro i rituali
del campo che si trasmettono talvolta come delle verità
immutabili. È così anche per gli esercizi di allungamento,
tema di innumerevoli discussioni e fiumi di articoli. Tra la
semplice routine quotidiana e l’applicazione cieca delle
notizie ascoltate, può essere interessante osservare ciò
che fanno gli sportivi di alto livello in materia. Si può
pensare difatti che gli allenatori dell’élite siano la punta di una innovazione che si nutre
scientificamente su dei concetti fondanti. Vi proponiamo dunque un’analisi di ciò che è
stato realizzato nel quadro di un riscaldamento da due atlete diverse impegnate in una
manifestazione internazionale di atletica. Questa osservazione è stata realizzata da Hélène
Bosse che, in quanto allenatore beneficiava di un accredito che gli permetteva di avere
accesso allo stadio di riscaldamento. Di seguito i principali spunti di questa sua analisi:
Il tecnico si è soffermata ad analizzare più a lungo il riscaldamento di Carolina Klüft nella
prima gara (100 ostacoli) della prima giornata dell’heptathlon e su quello di Susanna Kallur
nella semi-finale dei 100 ostacoli.
Le notizie raccolte sono sintetizzate in questo quadro comparativo.
Attivazione cardiaca e
muscolare
“FOOTING”
ALLUNGAMENTO
CURE (Cinesioterapia)
ANDATURE DI CORSA
ANDATURE OSTACOLI
ACCELERAZIONI
KLUFT (Eptatleta)
KALLUR (Ostacolista)
8’30”
8’ con un giro di marcia
10 secondi
Allungamento dinamico degli
ischio crurali.
5’ allungamenti “passivi corti”
e “attivi” intervallati da fasi di
corsa trottata
7 minuti
Fisioterapia ai muscoli
quadricipiti e agli ischio delle
due gambe
Nessuna
(da notare tuttavia 20mn di
massaggio ischio/adduttori quadricipite prima della finale)
questo ha costituito
l’essenziale del suo
riscaldamento.
8’ 30”
8 passaggi
(andature di bloccaggio del
ginocchio con poca apertura
della gamba)
1 andatura
intervallata di footing
nessuna
7 passaggi
4 andature 2° gamba + 3
andature gamba di attacco
9 accelerazioni
(6 in allenamento + 3 di
controllo) collocate durante
tutto il riscaldamento
3 accelerazioni
(2 in allenamento + 1 di
controllo)
prima della partenza sugli
ostacoli
PARTENZE SUGLI OSTACOLI
2 passaggi con 6 app. su 5
ostacoli
part. in piedi + 2 ostacoli
part. in piedi + 3 ostacoli
part. in piedi + 5 ostacoli
partenza start + 5 ostacoli
partenza start + 2 ostacoli
TOT. 1 ora 10’
2 [part. in piedi+5 ostacoli ]
partenza start+2 ostacoli
TOT. 52’
Osservazioni:
 appare molto nettamente che il riscaldamento di Carolina Klüft è più costoso in
termine di spesa energetica a differenza di Susanna Kallur più efficiente nella sua
preparazione.
Ciò potrebbe spiegarsi per il fatto che queste due atlete non hanno corso alla stessa ora:
Carolina Klüft alle 10,10 del mattino e Susanna Kallur alle 18,10 del pomeriggio. Si sa che
nel succedere delle ore della giornata il mattino è quello nel quale esiste la minore
possibilità di allenamento della mobilità e richiede per compensazione un riscaldamento
più lungo e più intenso.

si constata che queste due tipologie di riscaldamento, al di là del tempo di risveglio
muscolare, non hanno grandi cose in comune. Il tempo dedicato agli allungamenti
da Carolina Klüft è quasi inesistente.
Si osserva inoltre, che Susanna Kallur ha un tempo di preparazione più specifico alla prova
ed una salita più progressiva nel lavoro di potenza. Si noterà la brevità della parte dedicata
agli allungamenti per queste due campionesse nel quadro del loro riscaldamento. Si rileva
inoltre che questi allungamenti, piuttosto mirati sugli ischio, sono realizzati subito dopo il
piccolo footing che avvia il riscaldamento. Ora, si sa che questo tipo di attività non ha
alcun effetto sull'elevazione della temperatura dei muscoli posteriori della coscia. In queste
condizioni si può immaginare che gli allungamenti mireranno oltre che alle strutture
passive delle catene muscolari (muscoli, tendini, legamenti, capsule) alle catene muscolari
stesse.
L'obiettivo è di diminuire le resistenze all'elevazione della coscia per diminuire il costo
energetico del movimento ma certamente anche per aumentarne la velocità. Quando il
muscolo è interessato, si noterà che lo stiramento è di tipo balistico, movimento con
tempo di molleggio, e/o seguito da movimenti dinamici. Queste sono le strutture
neuromuscolari che sono mirate al fine di rafforzare la reattività del muscolo. Si osserva
inoltre che anche per l'atleta che dedica più tempo agli esercizi di allungamento (5 ')
questo tempo rimane nettamente inferiore alle raccomandazioni tradizionali. Per conto le
modalità di allungamento effettuate da queste atlete, anche se differenti, si inseriscono
perfettamente con i dati teorici recenti che hanno sollevato tante controversie.
Non è giudizioso volere sempre trasferire le pratiche dell'alto livello all’interno del lavoro
quotidiano, ma con questo contributo si sono evidenziate delle pratiche in cui alcuni
potrebbero bene ispirarsi!
Conclusione
Sembrerebbe che le abitudini "ancestrali" del mondo sportivo siano ancora una volta
rimesse in causa attraverso un'analisi obiettiva e da attività specifiche sul campo... senza
tenere conto a priori delle idee ricevute sull'argomento.
L'allenatore deve essere in grado di rimettere in discussione ogni giorno tutte le sue
conoscenze per assicurarsi che la sua azione sul campo sia realmente vantaggiosa per lo
sportivo e realizzata soprattutto nel rispetto dell'integrità fisica dello stesso.
Graziano Camellini
BIBLIOGRAFIA:
GEOFFROY C. Guide des étirements du sportif.
WYDRA G.Lo stretching ed i suoi metodi. SdS n°51
TURBANSKI S. Stretching e riscaldamento. SdS n° 65