Il sistema della comunicazione sociale e manipolazione della “realtà”. Falsa “fiducia” e “rischio del rischio costrutto della comunicazione sociale”. Degenerazione del sistema? * di Giuseppe Del Giudice SOMMARIO: 1. Il sistema della comunicazione sociale e manipolazione della “realtà” – 2. Il deficit democratico italiano e il “controllo della comunicazione sociale” – 3. I media moderni costruttori di “nuova realtà”. – 4. La falsa “fiducia” basata su una “ricostruzione” della realtà – 5. Il “rischio del rischio costrutto della comunicazione sociale” 1. Il sistema della comunicazione sociale e manipolazione della “realtà”. – “La realtà della società è soltanto la realtà della realtà dei media della comunicazione” (1), s’identifica così la “realtà” della società nel mondo, di “un mondo” che Nietzsche definì “falso”, scompaginato dagli uomini che ivi vi abitano. L’evoluzione storica ‐ che vorrei ora lato sensu intendere come “evoluzione del sistema del potere” – ha inventato nuovi metodi di “raccolta del consenso”: L’ottocento disegnò, sotto la spinta illuminista, una nuova concezione di societas, universalità della ragione e costruzione di un nuovo ordine politico – giuridico. Il mondo era diviso in territori nei quali lo “stato” esercitava la sua “sovranità”. I cittadini erano cittadini delle nazioni, considerati nell’uguaglianza come esseri “razionali”. “L’ordine del mondo era l’ordine degli stati e quindi la coesistenza delle nazioni” (2). Ben presto “la ragione” che assicurava che si sarebbero costruite condizioni giuste per l’umanità “razionalmente”, tendendo al un “bene comune”, venne sfigurata all’inizio del secolo dal “bisogno” di sicurezza che si manifestò come “guerra”. Arrivò il tempo delle derive totalitarie la cui risoluzione innescò nuove “derive fredde” nei rapporti tra nazioni, che a loro volta generarono altre guerre. _________________________________ (1) Così scrive R. DE GIORGI, in “Evoluzione della fiducia e periferie dell’accadere”, pubblicato in Temi di filosofia del diritto, Pensa Multimedia, 2006, p 35. (2) R. DE GIORGI, “Condizioni della descrizione della complessità nella società del mondo”, pubblicato in Temi di filosofia del diritto, 2006, p 14. Allora “l’ordine del mondo non corrisponde più all’ordine della ragione” (3), essa non riesce a regolare la complessità dell’ordine del mondo stesso; si era immaginato un mondo in cui uguaglianza, giustizia e diritto avrebbero realizzato “il bene comune”, in cui la ragione avrebbe diretto il cammino evolutivo: “Il mondo si rivela invece come inafferrabile orizzonte di irriducibili indeterminatezze”(4). Ancora “evoluzione”. “Tecniche di raccolta del consenso” mi pare si possa chiamarle, le sperimentazioni grazie alle quali, il sistema del potere – reinventato dal Rousseau come “legittimo” o “legittimato” proprio dal consenso popolare (principio accolto poi dal costituzionalismo moderno italiano, anche se in forma diversa da quella teorizzata dal Rousseau) – si garantisce la governabilità di una nazione. “Evoluzione” delle “tecniche di raccolta del consenso”, avvenuta di pari passo all’invenzione del sistema rappresentativo; dallo stato “monoclasse”, allo stato “pluriclasse” delle Democrazie pluraliste e dei “partiti politici di massa”: L’evoluzione del sistema della rappresentanza, ha inventato un nuovo modo di “raccolta del consenso” e parimenti nuovi sistemi dell’agire istituzionale. Ma evoluzione del sistema della rappresentanza significa “evoluzione del diritto del cittadino”, del diritto di voto, di scelta del proprio rappresentante alla guida della comunità: “il Suffragio universale” (nel quale – a sua volta – è immanente un’evoluzione dell’attenuazione delle differenze sociali uomo‐donna). I partiti di massa, divengono ben presto “cacciatori del consenso popolare”; si sviluppano ideologie, e si inventano le “linee di partito” con coerenza verso i sostenitori “votanti” del movimento. Ecco che divengono “convogliatori di richieste”, rappresentanti di parti di società. Per ora ci si fermi qui. _________________________________ (3) Così si esprime R. DE GIORGI ‐ descrivendo un “ordine del mondo” che “non corrisponde più all’ordine della ragione; ragione di “un illuminismo che assicurava che si sarebbero costruite razionalmente condizioni giuste per l’umanità”, mentre ora “la ragione si rivela incapace di controllare l’indeterminabile complessità che si riversa su un mondo che era stato immaginato come una connessione di organizzazioni uguali e liberamente ordinate secondo giustizia e diritto e si rivela invece come inafferrabile orizzonte di irriducibili indeterminatezze” – in “Condizioni della descrizione della complessità nella società del mondo”, pubblicato in “Temi di filosofia del diritto”, 2006, p.16 ss. (4) R. DE GIORGI, cit. p 18 (vedi nota prec.) “La simultaneità dell’accadere produce più eventi di quanto non è possibile controllare con l’attenzione: Questo eccesso di possibilità la chiamiamo COMPLESSITA’ (5)” (6). Parafrasando ancora De Giorgi per acquisizione evolutiva si intende che la società evolve, rectius: si producono trasformazioni la cui caratteristica comune è la “non programmabilità”: Per “evoluzione”, allora, si intende un processo attraverso il quale “improbabilità si rendono possibili da se”, dove per “improbabilità” si intende trasformazioni non programmate che si producono nella società che evolve. Insieme alla società che evolve, anche la “percezione dell’accadere” si migliora, si struttura, assume la forma dell’informazione, e le strutture dell’informazione si diffondono fino a rendere possibile una “simultaneità dell’accadere”: Dalla mera percezione della complessità della piccola comunità fino a permettere la conoscenza della complessità del mondo. La realtà diviene complessa. Ma cosa si intende – nel senso qui accolto ‐ per realtà? Per tentare di rispondere a questo interrogativo, si abbisogna di una premessa necessaria: Accadimenti nel mondo, lontani ‐ nel senso fisico – da chi riceve l’informazione, non possono essere nient’altro che “ricostruzioni” o “descrizioni” di un fatto accaduto (che evidentemente suscita interesse nel divulgarlo), opera di uomini per altri uomini. Dunque si comprende facilmente, come possa anche essere “soggettiva” la ricerca e la raccolta di una notizia, e ancora più “soggettivo” il “modo di descrivere” un determinato accadimento al destinatario dell’informazione. Il soggetto fisicamente lontano dall’ubicazione dell’accadimento del fatto è informato: è destinatario di una descrizione dell’accadimento stesso. Esso è destinatario di una “descrizione della realtà”, quest’ultima intesa come “descrizione di un evento” (e corollari) ‐ o di una serie di eventi ‐ così come “riportati” dall’autore della descrizione. _________________________________ (5) Sul problema della “riduzione della complessità del mondo” e il “sistema sociale”, si veda la teoria sociologica di N. LUHMANN, trattata nel lavoro di R. DE GIORGI, Scienza del diritto e legittimazione, Lecce, Pensa Multimedia, Ristampa 2005 pp 217 ss (6) Così R. DE GIORGI cit. Tale modus operandi, si diffonde e intere società sono informate circa una parte dell’incommensurabile quantità di accadimenti che simultaneamente si verificano nel mondo, ed è informata conseguentemente circa le “motivazioni di parte”, le “cause”, le “responsabilità”, i “meriti” ecc. insomma: i “corollari” entro cui il dibattito ‐ che il sistema dell’informazione offre ‐ si snoda. Nella società del mondo – si è detto – la percezione dell’accadere si trasforma, si struttura, “evolve”: Assume la forma dell’informazione, dunque può essere considerata mera “descrizione” soggettiva della realtà; ma come si diffonde nella società moderna l’informazione ? e, soprattutto, quali i prodotti? Domanda ‐ banale ma ‐ centrale la prima: Si potrebbe dire “evoluzione del sistema dell’informazione attraverso i mezzi”, quest’ultimi ‐ prodotto dell’invenzione umana – hanno rivoluzionato il sistema. Naturalmente è con il diffondersi dei “giornali” prima, e della “radio” poi, che tale sistema ha implementato la sua importanza. La società moderna ha conosciuto lo sviluppo tecnico‐informatico: nasce internet con i Personal Computer, e “sovrana” la “televisione”. Quest’ultima, ha implementato fortemente la “descrizione dell’accadere”, mezzo che nella societas moderna (“la società del modo” ha scritto De Giorgi (7) ) ha consacrato – più di ogni altro – la possibilità della “simultaneità dell’accadere” in tutti i luoghi civilizzati del pianeta: La possibilità dell’informare in tempi brevi e con una semplicità implementata, con tutti i confort propri di una nuova sperimentazione dell’uso dell’immagine e del linguaggio, che facilita la “descrizione” dell’accadere. Così che giorno dopo giorno, il sistema d’informazione della televisione ‐ che intanto è stata inventata come “sevizio pubblico”, perché pubblico non è – descrive l’accadere e “offre” tale “descrizione” (che pur deve dirsi “soggettiva”, non potendo essere mai “obiettiva”, o in assoluto “conforme” alla realtà) all’esercente il servizio. _________________________________ (7) Si consulti il lavoro di R. DE GIORGI, Condizioni della descrizione della complessità nella società del mondo, trad. ita. in Temi di filosofia del diritto , Pensa Multimedia, 2006. “Descrizione di eventi” dopo “descrizione di eventi” si “descrive la realtà”, che altro non diventa che “descrizione della realtà da parte dei media dell’informazione”, questo perché la simultaneità dell’accadere e la complessità immanente alla società del mondo, non permette di analizzare ogni accadimento o fatto o evento che descrive la realtà autentica da parte di un osservatore. Una realtà vera, pura, è impossibile vederla, ma è possibile percepirne una “meno descritta o ri‐descritta” solo all’interno di un sistema sociale molto molto ristretto. In esso la complessità è estremamente ridotta, tale da poter essere “trattata”, “conosciuta” direttamente dall’individuo (8) : ciò elimina il “raccontatore”, il medium che descrive la realtà per il destinatario di quella informazione. Non è ipotesi remota che quel “racconto” si riveli aberrante. Queste operazioni di “descrizione dell’accadere”, assumono una funzione centrale in quella che si potrebbe dire “percezione della realtà da parte dell’individuo” (che non osserva), nel momento in cui la comprensione del senso della comunicazione (9), è assunto dal destinatario come vero, autentico, e si accoglie il senso prodotto dai mezzi di informazione (coloro che hanno intenzione di comunicare, che trasferiscono un’informazione) come la realtà assoluta, come “ciò che realmente sta accadendo intorno”. _________________________________ (8) Una realtà che sia il meno possibile “descritta” da altri ad altri (attraverso il sistema della comunicazione sociale), è possibile solo in presenza di un livello di complessità molto minimo, tale da poter controllare la complessità degli eventi, trattarli e comprenderli “direttamente”. Cambia la percezione stessa dell’accadere ma, credo, non si possa mai dire di poter “conoscere la realtà pura”, neanche in presenza di una minima complessità. I sistemi odierni – naturalmente – non permettono ciò, dunque, parte della realtà – ovvero ciò che viene percepito, posta la complessità prodotta dalla simultaneità dell’accadere ‐ del “sistema mondo” e del “sistema nazione” è destinata ad essere “raccontata” da altri ad altri sfruttando il sistema della comunicazione. (9) Si chiama COMUNICAZIONE SOCIALE un’operazione elementare che produce senso. Per descrivere la STRUTTURA DELLA COMUNICAZIONE, si deve far riferimento a tre elementi fondamentali: a) ATTO DEL COMUNICARE: Può essere qualsiasi atto preso in considerazione per osservare e produrre significato; b) INFORMAZIONE: Differenza che produce una differenza (non una differenza di quello che si ha in origine); c) COMPRENSIONE: E’ una prestazione di colui che comprende; è il risultato di comunicazione, che può essere utilizzata da un altro osservatore, soltanto se a partire da essa si attiva un’operazione di comunicazione. Il “tutto ciò che accade intorno” è ancora più considerato autentico, tanto più la “pluralità dei media dell’informazione” (10) lo descrive allo stesso modo o in modo simile, senza che la logorroica insistenza sulla “mera descrizione” degli eventi contribuisca all’arricchimento del senso (11)(Sul punto più specificatamente dopo). Paradossale, tutto ciò, se si pensa al ruolo centrale all’interno della società, di un media come il sistema televisivo, finestra sul mondo e sull’Italia da dove guardare ogni ora del giorno e ogni giorno dell’anno. E’ aberrante che da questa finestra, non si possa vedere la realtà, ma ‐ solo ‐ la realtà costrutto della comunicazione sociale dei media dell’informazione: Provando a rispondere alla precedente domanda, cosa si intende – nel senso qui accolto – per realtà? Rispondo con quanto hanno avuto a scrivere R. De Giorgi e N. Luhmann: “La realtà della società è soltanto la realtà della realtà dei media della comunicazione” (12), come “società del mondo è il prodursi, l’accadere, il verificarsi del mondo nelle comunicazioni” (13). _________________________________ (10) Si è detto pluralità dei media dell’informazione: Si intende la “stessa descrizione” (rectius: ri‐descrizione) della realtà operata (nei modi ora detti, a parere di chi scrive ) non solo dal “mezzo” d’informazione più diffuso (la TV), ma anche dalla stampa. Naturalmente il modus operandi rimane il medesimo, e ciò non può che affidare maggiore autenticità alla “descrizione” agli occhi del destinatario. Attraverso l’apporto descrittivo di più fonti che intervengono a correggere una “descrizione”, smentendo la veridicità dell’informazione data, riproponendola, magari esponendosi ad una nuova “integrazione” o “correzione”, si perviene ad una “arricchimento di senso”, e – quella che pur sempre una descrizione rimane – può accogliersi come “più plausibile”. (11) Ha scritto R. DE GIORGI, in Evoluzione della fiducia e periferie dell’accadere, pubblicato nel volume Temi di filosofia del diritto, p. 35. “ Un continuo surplus di comunicazione, quasi un continuo necessario insistere della comunicazione senza che la ridondanza che si produce contribuisca alla immissione di variazione, all’arricchimento del senso. […] La dimensione temporale della comunicazione si espande e comprime […] la dimensione materiale, quella che permette di determinare il senso, di osservarlo, di indicarlo. Una comunicazione paradossale nella quale l’osservatore esterno può osservare che il livello al quale si tratta il tema della comunicazione […] è sempre meno rilevante, sfuma continuamente, si perde […] Mentre si sente e l’osservatore avvertito lo può osservare, che la comunicazione comunica sempre qualcosa di non comunicato.” (12) R. DE GIORGI, cit. p 35 (13) Così NIKLASS LUHMANN :”Weltgesellschaft ist das Sich­ereignen von Welt in der Kommunikationen”. 2. Il deficit democratico italiano e il “controllo della comunicazione sociale” . – Ci si era fermati – nel racconto dell’evoluzione che ha interessato il c.d. sistema della rappresentanza – nel momento in cui i partiti politici inventano nuove “tecniche di raccolta del consenso”, ove la forma di governo democratica accoglie il principio della sovranità popolare (art. 1, co 2, Cost.) è stabilisce la legittimazione dei rappresentanti a governare previa designazione popolare espressa da libere elezioni. L’esercizio del potere di governo si fonda sull’opinione pubblica. I partiti, convogliatori di richieste, ma anche interpreti dei bisogni degli elettori, inizia lo sfruttamento dei “temi”: Le condizioni sociali disagiate, dunque povertà ecc. , i tassi di criminalità, la diminuzione dei salari, e così indicando. Tutti “temi” che sicuramente risultano rispecchiare, le difficoltà e i bisogni di una società, si in evoluzione, ma per questo esposta al mutare ignoto della condizioni in melius/in peius: “Tecniche di raccolta del consenso”. I cittadini concedono il consenso alla formazione partitica che meglio ha saputo interpretare i bisogni e proporre (o promettere) una soluzione razionale ai disagi. Concedono fiducia. Ben presto ai problemi non si trovano le soluzioni, e questo costituisce “perdita di consenso”, l’opinione pubblica, cambia, a favore di un altro promettitore. Altrettanto in fretta, si comprende come l’occultamento della verità, può nascondere a sua volta un cattivo operato, magari reinventarlo come buono. Quest’ultimo viene “rivenduto” nella campagna elettorale. I “strateghi” della raccolta del consenso, reinventano una “nuova politica”, si potrebbe dire che la politica si ristruttura. Essa – ordine fornito di un alto potenziale adattivo – si evolve: “La politica si è ristrutturata cognitivamente orientandosi all’opinione pubblica e alla realtà prodotta dai media della comunicazione di massa e disponendosi alla continua revisione dei suoi programmi” (14). _________________________________ (14) Così R. DE GIORGI, in Il diritto nella società del rischio, pubblicato in Temi di filosofia del diritto, Pensa Multimedia, Lecce, 2006, cit. p 75 (la sottolineatura è mia). Evoluzione delle “tecniche di raccolta del consenso”, trasformazioni, ristrutturazioni, nuove intuizioni portano ad orientare l’attenzione al “sistema” che più di ogni altro comincia ad “orientare” l’opinione pubblica, e ancor più centrale la realtà: Il sistema della comunicazione sociale attraverso i media. E’ tale struttura di operazioni che produce senso, descrive gli eventi passati, futuri (che potrebbero accadere come risultato di scelte), soprattutto presenti: E’ una struttura che ha a che fare con il tempo. Per raccogliere consenso – al presente ‐ non si può far altro che seguire la realtà descritta dai media. Si rivedono interi programmi elettorali, si reinventano slogan. Si comprende che se si “vuole esistere” si deve essere “inglobati” nella descrizione della realtà perpetuata dai media. Il costituzionalismo moderno, aveva compreso l’importanza del potere dell’espressione libera del pensiero, “con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, direttamente esplicitando che “la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure” (art 21, co 1, 2 Cost.). La costituente formula l’art 21 Cost., memore delle campagne fasciste di censura, della stampa, ma anche di ogni barlume di pensiero che non sia propedeutico al regime. Un principio fondamentale di una moderna democrazia. L’evoluzione del sistema porta a trasformazioni non programmabili (15), così come non programmabile è stato il nuovo assetto del sistema della comunicazione; un nuovo “campo” ove esercitare il diritto “ad esprimere liberamente il proprio pensiero”. Il “sistema della politica”, conia – molto sagacemente ‐ una “nuova formula”: dopo essersi – come su detto ‐ “ristrutturata cognitivamente orientandosi all’opinione pubblica e alla realtà prodotta dai media della comunicazione di massa e disponendosi alla continua revisione dei suoi programmi”, propende per “ristrutturare” la realtà prodotta dai media della comunicazione di massa, disponendola alla sua continua revisione, in base ai suoi programmi. Tale modus procedendi, verrà, chiamato “controllo dell’informazione”. _________________________________ (15) Ha detto DE GIORGI “ delle improbabilità che si possono costruire da se”. 3. I media moderni costruttori di “nuova realtà”. – La “realtà prodotta dai media della comunicazione di massa” (16), produce “opinione pubblica”. “Trattare” quest’ultima è fondamentale per il potere, dal momento in cui, si è ristrutturato come sistema della rappresentanza legittimato al potere dal “voto popolare”. La paradossalità della “realtà del presente” (17) è una “realtà” (ciò che esiste, ciò che è) che non è “realtà”. Ma un paradosso è inosservabile. Per superarlo si deve trovare una “distinzione”. Una distinzione non fa altro che occultare un paradosso. Diversamente la circolarità non ci consentirebbe di osservare ciò che vogliamo osservare: La “realtà del presente”. Si potrebbe dire: “realtà descritta” (18) e “realtà ri‐descritta”. Proverò – per ciò che qui preme dimostrare – a svolgere la seconda parte della distinzione. Si è detto sino ad ora, che i media della comunicazione “descrivono” l’accadere. Che la “comprensione” – da parte dei destinatari dell’informazione‐ produce percezione dell’accadere, frutto ‐ pur sempre ‐ di “descrizioni”. E’ compito dei mezzi di informazione “descrivere gli accadimenti”, gli eventi, ai destinatari, posto che altrimenti la percezione di “ciò che accade” in luoghi distanti non potrebbe verificarsi (e naturalmente vi è interesse alla conoscenza di ciò che accade, anche solo dal punto di vista istituzionale, per esercitare al meglio i poteri derivati “dalla sovranità popolare” ). _________________________________ (16) Si veda quanto detto in questo scritto a proposito della “sistema della comunicazione sociale e “manipolazione” della realtà”. (17) Si intende la “realtà del presente”, come percezione dell’accadere che il singolo ha, in conseguenza alla “descrizione” dell’accadere perpetuato dai media della comunicazione. (18) Come detto prima, mi pare si possa dire che la percezione di una realtà “nazionale” o financo “mondiale” pura, vera, non può percepirsi, per il sempre troppo alto grado di complessità immanente in questi sistemi. Conseguentemente non posso che tentare di definire una “distinzione” tra una “realtà” (descrizione di una serie di eventi e corollari), sì descritta, ma – pensata ‐ capace ad avvicinarsi alla realtà (di quei determinati eventi e corollari), e una “realtà RI‐DESCRITTA”, ovvero manipolata (o come altro si vuol definirla), le cui omissioni inficiano la “descrizione” degli eventi. Tale “descrizione della realtà” produce “realtà” – che a sua volta indirizza opinione pubblica. Il sistema dei partiti, preso il controllo “diretto” o per “influenza” su l’intero apparato dell’informazione, indirizza la descrizione della realtà e con essa produce pro domo sua una “nuova realtà”, propedeutica ai programmi elettorali. Il risultato è “il consenso” raccolto in base ad una “realtà RI‐ descritta” ad hoc, da sfruttare per fini elettorali, posto che – come ha scritto R. De Giorgi (19) definendo il paradosso della sovranità popolare ‐ “il popolo è sovrano perché è privo di potere”, al sistema di potere serve la sola legittimazione a governare. Si è in presenza di un surplus di informazione financo sterile, non vi è alcun arricchimento di senso, si trasferisce informazione che non informa circa i corollari di un evento (motivi, cause, effetti ecc), ma solo del verificarsi dello stesso, i cui “corollari” sono lasciati alla discussione politica (attraverso i medesimi “mezzi” di comunicazione di massa), alla eterna propaganda elettorale: sicché ogni parte politica, fa suo “il merito” e fa dell’avversario la “causa di un danno”. Il paradosso dell’opinione pubblica è che “è tanto meno informata quanto più fagocitata è l’informazione” (20). Si è detto che “la realtà della società è soltanto la realtà della realtà dei media della comunicazione”. Se non si è inclusi in tale realtà – alla percezione dell’opinione pubblica – “non si esiste”. Eventi “scomodi” sono esclusi, come eventi “favorevoli” sono inclusi. Dove la dialettica inclusione/esclusione equivale a esistere/non esistere. “RI‐descrizione della realtà”. Con il “controllo dell’informazione”, si sono sviluppate, sempre più raffinate tecniche di “raccolta del consenso”. I temi sfruttati, divengono presto due: “Il rischio” e “la fiducia”. _________________________________ (19) R. DE GIORGI, cit. p 17 (20) Così si esprime R. DE GIORGI, cit. p 77 4. La falsa “fiducia” basata su una “ricostruzione” della realtà – Cos’è Fiducia? Fiducia è un “dispositivo, un meccanismo, una tecnica che opera e rende possibili operazioni nella società moderna […] da ultimo come uno schema della costruzione di aspettative” (21). La fiducia ha a che fare con il tempo, essa è un vincolo del tempo: E’ una possibilità di costruzione del futuro, permette di affrontarlo utilizzando “il non sapere di cui disponiamo al presente” (22). Il complesso semantico della fiducia si evolve, dalla “fiducia nella divinità” al XIX secolo: “il secolo della fiducia”: I “sindacati” incanalano la fiducia degli operai; nelle “fabbriche” si cerca di instaurare un rapporto di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore; il costituzionalismo instaura lo “stato di diritto” e la “democrazia”, così che la politica si apre alla fiducia, ristrutturandosi come “luogo della fiducia”, in cui riporla. Cosicché al sistema politico si da fiducia, e si legittima a “prendere decisioni” proprio sull’onta di quella fiducia. Come ha scritto De Giorgi (23), si sviluppa “la certezza della partecipazione alla costruzione del futuro attraverso l’autoinclusione nella paradossale circolarità della politica”: Si ha fiducia nella fiducia nella politica, “nella continuità dell’agire politico, nella realtà che esso si costruisce”. Si ripone fiducia in una fictio. Per quello che si vuole dire, ci si deve fermare qui: “Fiducia nella politica” (24). _________________________________ (21) Si veda R. DE GIORGI, in Evoluzione della fiducia e periferie dell’accadere, pubblicato in Temi di filosofia del diritto, 2006 cit. p 25. (22) Si veda la nota prec. (23) R. DE GIORGI, cit. p 31. (24) Si ha l’occasione, però, di specificare quanto scritto prima a proposito della “legittimità del potere”, nel senso seguente: Legittimità a governare, implica cercare il riconoscimento della sua autorità nei cittadini, proprio attraverso la “retorica della fiducia” ( vedi molto più sapientemente e specificatamente R. DE GIORGI, Fiducia nella fiducia.Riduzione della complessità e orizzonti dell’incertezza, pub. in Temi di fio., cit. p 46). Un paradosso, se si pensa che fiducia implica una sorta di accettazione, un “sapere delle alternative”, che il singolo non ha. Ricerca del consenso, è tentativo di ispirare fiducia, essa – si è detto – legittima l’esercizio del potere. Questa operazione della politica, si può svolgere con l’azione, ergo: azione produce dei risultati, questi possono essere positivi o negativi, a loro volta positività o negatività del risultato è determinato soggettivamente. Risultati positivi importano fiducia, negativi fanno perdere fiducia. Ma questa è una semplificazione che non regge, se non affiancata dagli altri “modi” per “guadagnare fiducia”. Questi hanno a che fare con la realtà, con i mezzi di comunicazione di massa financo con il “controllo dell’informazione” da parte della politica. Si è definito fiducia uno dei “mezzi” che utilizzano i media della comunicazione, per garantire “il consenso” a “parti” del sistema politica. Si è anche detto come il sistema della comunicazione utilizzato dai media di massa, “ri‐descriva” la realtà che verrà poi percepita dai destinatari delle informazioni; effettuando questo insieme di operazioni è possibile implementare la fiducia nei confronti di una parte del sistema politica. Ciò è tanto vero quanto una serie di eventi o azioni che producono risultati negativi o siano essi stessi negativi, producano “perdita di fiducia”, succede che vengono taciute o “descritte” senza nessuna produzione ulteriore di senso. Capita che azioni siano “descritte” in un tal modo da risultare non tanto negative quanto dovrebbero esserlo, la “comprensione” è il risultato della “comunicazione”, e la prima (la comprensione) è ciò che contiene le “informazioni” relative ad una determinata azione, informazione su informazione di azione su azione, formano una “opinione” (di colui che compie le azioni o le ispira), da qui, scaturisce una “decisione”: Quella di dare o non dare “fiducia”. In generale si potrebbe dire che la “realtà [creata]dai media della comunicazione” implementi fiducia “verso” il sistema di potere che la controlla. Ma fiducia prodotta in base ad azioni considerate positive (o “ri‐ descritte” come positive, o se negative non “descritte” affatto”) non è l’unico “mezzo” per implementare la fiducia in un determinato movimento politico: Ha scritto R. De Giorgi “la fiducia moderna a che fare con il rischio” (25) _________________________________ (25) Così R. DE GIORGI, cit. p 50 5. Il “rischio del rischio costrutto della comunicazione sociale” – Come la fiducia moderna a che fare con il “rischio”, così esso ha a che fare con l’azione (26), e conseguentemente con l’imputazione delle conseguenze di un’azione o di un agire sbagliato o, financo di una “strategia dell’agire” sbagliata. Ciò è tanto più centrale in un sistema democratico stante la c.d. “responsabilità politica” che ogni rappresentante ha davanti agli elettori, che concedendo fiducia sono rimasti “delusi”. Succede che la “ri‐descrizione” della realtà possa mitigare anche questi effetti alla percezione dei cittadini. Rischio è una minaccia del pericolo di un risultato negativo nel futuro. Se non fossa così ogni progetto, dunque, ogni azione potrebbe essere programmata e portata a compimento secondo le previsioni iniziali. Ma il rischio interrompe quest’ordine, e se c’è deve essere eliminato, quanto meno mitigato, attraverso “misure di sicurezza”. Il sapere del possibile verificarsi di un rischio impone di prevenirlo, “l’orizzonte lungo il quale si valuta la rischiosità del rischio è la sicurezza […] l’alternativa al rischio, insomma è la sicurezza” (27). Il rischio ha a che fare anche con la percezione della realtà. La stessa “percezione del rischio” ha a che fare con il sistema della comunicazione di massa. A che titolo? Questi ultimi nel “ri‐ descrivere” la realtà hanno imparato a implementare la “percezione sociale” di determinati “rischi” piuttosto che altri; rischi a cui puntualmente la politica si è dedicata con tanto di “politiche di sicurezza” (se penso alla recente campagna mediatica contra extracomunitari), che non sono altro che i discorsi che legittimano la c.d. “tolleranza zero”. _________________________________ (26) Sui rapporti tra rischio e azione si esprime così R. DE GIORGI, cit. p 50 : “Il rischio espone il futuro all’azione […] il rischio non c’è prima dell’azione […] il rischio presuppone l’azione che presuppone il rischio. Il rischio, quindi sta fuori. […] La complessa tecnologia del rischio, però, rende possibile l’azione. Questa strana circolarità, questo paradosso ci permette di agire, come si dice, in situazioni di incertezza”. E ancora : “ La fiducia moderna trasferisce il rischio sulle proprie aspettative. Essa investe, cioè rischia, sulle aspettative che orientano l’azione. Si tratta di un investimento razionale perché rende possibile l’azione[…]”. (27) Molto chiaramente R. DE GIORGI, cit. p 58 ove indica come la sicurezza come alternativa al rischio, è altamente rischiosa. Tali modus operandi hanno “gravi conseguenze nella costruzione del futuro, alle quali continuamente lavorano i singoli sistemi sociali” (28), si potrebbe parlare di “rischio del rischio costrutto della comunicazione sociale” (29): La percezione del rischio alterata, non permette una osservazione della realtà “obiettiva”, a sua volta implementando il “rischio”che una percezione distorta “dei rischi” nella realtà (descritta dai media dell’informazione) implementi una fiducia in chi millanta una risoluzione di un rischio ‐ che potrebbe anche non essere un rischio. Questo perché la fiducia appare basata su una realtà “ri‐descritta”, nella quale il “rischio implementato dalla comunicazione di massa” non è altro che una parte dell’opera di alterazione della realtà stessa. Non è escluso che tutto ciò possa portare all’occultamento di “rischi reali” o di quelli che – pur immanenti alla realtà – non si vedono. _________________________________ * Questo “tentativo di riflessione”, nasce dalla lettura del testo “Temi di filosofia del diritto” di Raffaele De Giorgi, e si propone un tentativo di sviluppo di una problematica attuale utilizzando i Temi trattati nel testo a cui frequentemente il discorso si richiama. (28) Così DE GIORGI, cit. p 63; Un esempio attuale il c.d. “allarme sicurezza”. (29) R. DE GIORGI ha definito il rischio “costrutto della comunicazione sociale”.