Il sistema della comunicazione sociale e manipolazione della “realtà

annuncio pubblicitario
Il
sistema
della
comunicazione
sociale
e
manipolazione
della
“realtà”.
Falsa
“fiducia”
e
“rischio
del
rischio
costrutto
della
comunicazione
sociale”.
Degenerazione
del
sistema?
*
di
Giuseppe
Del
Giudice
SOMMARIO:
1.
Il
sistema
della
comunicazione
sociale
e
manipolazione
della
“realtà”
–
2.
Il
deficit
democratico
italiano
e
il
“controllo
della
comunicazione
sociale”
–
3.
I
media
moderni
costruttori
di
“nuova
realtà”.
–
4.
La
falsa
“fiducia”
basata
su
una
“ricostruzione”
della
realtà
–
5.
Il
“rischio
del
rischio
costrutto
della
comunicazione
sociale”
1.
Il
sistema
della
comunicazione
sociale
e
manipolazione
della
“realtà”.
–
“La
realtà
della
società
è
soltanto
la
realtà
della
realtà
dei
media
della
comunicazione”
(1),
s’identifica
così
la
“realtà”
della
società
nel
mondo,
di
“un
mondo”
che
Nietzsche
definì
“falso”,
scompaginato
dagli
uomini
che
ivi
vi
abitano.
L’evoluzione
storica
‐
che
vorrei
ora
lato
sensu
intendere
come
“evoluzione
del
sistema
del
potere”
–
ha
inventato
nuovi
metodi
di
“raccolta
del
consenso”:
L’ottocento
disegnò,
sotto
la
spinta
illuminista,
una
nuova
concezione
di
societas,
universalità
della
ragione
e
costruzione
di
un
nuovo
ordine
politico
–
giuridico.
Il
mondo
era
diviso
in
territori
nei
quali
lo
“stato”
esercitava
la
sua
“sovranità”.
I
cittadini
erano
cittadini
delle
nazioni,
considerati
nell’uguaglianza
come
esseri
“razionali”.
“L’ordine
del
mondo
era
l’ordine
degli
stati
e
quindi
la
coesistenza
delle
nazioni”
(2).
Ben
presto
“la
ragione”
che
assicurava
che
si
sarebbero
costruite
condizioni
giuste
per
l’umanità
“razionalmente”,
tendendo
al
un
“bene
comune”,
venne
sfigurata
all’inizio
del
secolo
dal
“bisogno”
di
sicurezza
che
si
manifestò
come
“guerra”.
Arrivò
il
tempo
delle
derive
totalitarie
la
cui
risoluzione
innescò
nuove
“derive
fredde”
nei
rapporti
tra
nazioni,
che
a
loro
volta
generarono
altre
guerre.
_________________________________
(1)
Così
scrive
R. DE GIORGI,
in
“Evoluzione
della
fiducia
e
periferie
dell’accadere”,
pubblicato
in
Temi
di
filosofia
del
diritto,
Pensa
Multimedia,
2006,
p
35.
(2)
R. DE GIORGI,
“Condizioni
della
descrizione
della
complessità
nella
società
del
mondo”,
pubblicato
in
Temi
di
filosofia
del
diritto,
2006,
p
14.
Allora
“l’ordine
del
mondo
non
corrisponde
più
all’ordine
della
ragione”
(3),
essa
non
riesce
a
regolare
la
complessità
dell’ordine
del
mondo
stesso;
si
era
immaginato
un
mondo
in
cui
uguaglianza,
giustizia
e
diritto
avrebbero
realizzato
“il
bene
comune”,
in
cui
la
ragione
avrebbe
diretto
il
cammino
evolutivo:
“Il
mondo
si
rivela
invece
come
inafferrabile
orizzonte
di
irriducibili
indeterminatezze”(4).
Ancora
“evoluzione”.
“Tecniche
di
raccolta
del
consenso”
mi
pare
si
possa
chiamarle,
le
sperimentazioni
grazie
alle
quali,
il
sistema
del
potere
–
reinventato
dal
Rousseau
come
“legittimo”
o
“legittimato”
proprio
dal
consenso
popolare
(principio
accolto
poi
dal
costituzionalismo
moderno
italiano,
anche
se
in
forma
diversa
da
quella
teorizzata
dal
Rousseau)
–
si
garantisce
la
governabilità
di
una
nazione.
“Evoluzione”
delle
“tecniche
di
raccolta
del
consenso”,
avvenuta
di
pari
passo
all’invenzione
del
sistema
rappresentativo;
dallo
stato
“monoclasse”,
allo
stato
“pluriclasse”
delle
Democrazie
pluraliste
e
dei
“partiti
politici
di
massa”:
L’evoluzione
del
sistema
della
rappresentanza,
ha
inventato
un
nuovo
modo
di
“raccolta
del
consenso”
e
parimenti
nuovi
sistemi
dell’agire
istituzionale.
Ma
evoluzione
del
sistema
della
rappresentanza
significa
“evoluzione
del
diritto
del
cittadino”,
del
diritto
di
voto,
di
scelta
del
proprio
rappresentante
alla
guida
della
comunità:
“il
Suffragio
universale”
(nel
quale
–
a
sua
volta
–
è
immanente
un’evoluzione
dell’attenuazione
delle
differenze
sociali
uomo‐donna).
I
partiti
di
massa,
divengono
ben
presto
“cacciatori
del
consenso
popolare”;
si
sviluppano
ideologie,
e
si
inventano
le
“linee
di
partito”
con
coerenza
verso
i
sostenitori
“votanti”
del
movimento.
Ecco
che
divengono
“convogliatori
di
richieste”,
rappresentanti
di
parti
di
società.
Per
ora
ci
si
fermi
qui.
_________________________________
(3)
Così
si
esprime
R. DE GIORGI ‐
descrivendo
un
“ordine
del
mondo”
che
“non
corrisponde
più
all’ordine
della
ragione;
ragione
di
“un
illuminismo
che
assicurava
che
si
sarebbero
costruite
razionalmente
condizioni
giuste
per
l’umanità”,
mentre
ora
“la
ragione
si
rivela
incapace
di
controllare
l’indeterminabile
complessità
che
si
riversa
su
un
mondo
che
era
stato
immaginato
come
una
connessione
di
organizzazioni
uguali
e
liberamente
ordinate
secondo
giustizia
e
diritto
e
si
rivela
invece
come
inafferrabile
orizzonte
di
irriducibili
indeterminatezze”
–
in
“Condizioni
della
descrizione
della
complessità
nella
società
del
mondo”,
pubblicato
in
“Temi
di
filosofia
del
diritto”,
2006,
p.16
ss.
(4)
R. DE GIORGI,
cit.
p
18
(vedi
nota
prec.)
“La
simultaneità
dell’accadere
produce
più
eventi
di
quanto
non
è
possibile
controllare
con
l’attenzione:
Questo
eccesso
di
possibilità
la
chiamiamo
COMPLESSITA’
(5)”
(6).
Parafrasando
ancora
De
Giorgi
per
acquisizione
evolutiva
si
intende
che
la
società
evolve,
rectius:
si
producono
trasformazioni
la
cui
caratteristica
comune
è
la
“non
programmabilità”:
Per
“evoluzione”,
allora,
si
intende
un
processo
attraverso
il
quale
“improbabilità
si
rendono
possibili
da
se”,
dove
per
“improbabilità”
si
intende
trasformazioni
non
programmate
che
si
producono
nella
società
che
evolve.
Insieme
alla
società
che
evolve,
anche
la
“percezione
dell’accadere”
si
migliora,
si
struttura,
assume
la
forma
dell’informazione,
e
le
strutture
dell’informazione
si
diffondono
fino
a
rendere
possibile
una
“simultaneità
dell’accadere”:
Dalla
mera
percezione
della
complessità
della
piccola
comunità
fino
a
permettere
la
conoscenza
della
complessità
del
mondo.
La
realtà
diviene
complessa.
Ma
cosa
si
intende
–
nel
senso
qui
accolto
‐
per
realtà?
Per
tentare
di
rispondere
a
questo
interrogativo,
si
abbisogna
di
una
premessa
necessaria:
Accadimenti
nel
mondo,
lontani
‐
nel
senso
fisico
–
da
chi
riceve
l’informazione,
non
possono
essere
nient’altro
che
“ricostruzioni”
o
“descrizioni”
di
un
fatto
accaduto
(che
evidentemente
suscita
interesse
nel
divulgarlo),
opera
di
uomini
per
altri
uomini.
Dunque
si
comprende
facilmente,
come
possa
anche
essere
“soggettiva”
la
ricerca
e
la
raccolta
di
una
notizia,
e
ancora
più
“soggettivo”
il
“modo
di
descrivere”
un
determinato
accadimento
al
destinatario
dell’informazione.
Il
soggetto
fisicamente
lontano
dall’ubicazione
dell’accadimento
del
fatto
è
informato:
è
destinatario
di
una
descrizione
dell’accadimento
stesso.
Esso
è
destinatario
di
una
“descrizione
della
realtà”,
quest’ultima
intesa
come
“descrizione
di
un
evento”
(e
corollari)
‐
o
di
una
serie
di
eventi
‐
così
come
“riportati”
dall’autore
della
descrizione.
_________________________________
(5)
Sul
problema
della
“riduzione
della
complessità
del
mondo”
e
il
“sistema
sociale”,
si
veda
la
teoria
sociologica
di
N. LUHMANN,
trattata
nel
lavoro
di
R. DE GIORGI,
Scienza
del
diritto
e
legittimazione,
Lecce,
Pensa
Multimedia,
Ristampa
2005
pp
217
ss
(6)
Così
R. DE GIORGI cit.
Tale
modus
operandi,
si
diffonde
e
intere
società
sono
informate
circa
una
parte
dell’incommensurabile
quantità
di
accadimenti
che
simultaneamente
si
verificano
nel
mondo,
ed
è
informata
conseguentemente
circa
le
“motivazioni
di
parte”,
le
“cause”,
le
“responsabilità”,
i
“meriti”
ecc.
insomma:
i
“corollari”
entro
cui
il
dibattito
‐
che
il
sistema
dell’informazione
offre
‐
si
snoda.
Nella
società
del
mondo
–
si
è
detto
–
la
percezione
dell’accadere
si
trasforma,
si
struttura,
“evolve”:
Assume
la
forma
dell’informazione,
dunque
può
essere
considerata
mera
“descrizione”
soggettiva
della
realtà;
ma
come
si
diffonde
nella
società
moderna
l’informazione
?
e,
soprattutto,
quali
i
prodotti?
Domanda
‐
banale
ma
‐
centrale
la
prima:
Si
potrebbe
dire
“evoluzione
del
sistema
dell’informazione
attraverso
i
mezzi”,
quest’ultimi
‐
prodotto
dell’invenzione
umana
–
hanno
rivoluzionato
il
sistema.
Naturalmente
è
con
il
diffondersi
dei
“giornali”
prima,
e
della
“radio”
poi,
che
tale
sistema
ha
implementato
la
sua
importanza.
La
società
moderna
ha
conosciuto
lo
sviluppo
tecnico‐informatico:
nasce
internet
con
i
Personal
Computer,
e
“sovrana”
la
“televisione”.
Quest’ultima,
ha
implementato
fortemente
la
“descrizione
dell’accadere”,
mezzo
che
nella
societas
moderna
(“la
società
del
modo”
ha
scritto
De
Giorgi
(7)
)
ha
consacrato
–
più
di
ogni
altro
–
la
possibilità
della
“simultaneità
dell’accadere”
in
tutti
i
luoghi
civilizzati
del
pianeta:
La
possibilità
dell’informare
in
tempi
brevi
e
con
una
semplicità
implementata,
con
tutti
i
confort
propri
di
una
nuova
sperimentazione
dell’uso
dell’immagine
e
del
linguaggio,
che
facilita
la
“descrizione”
dell’accadere.
Così
che
giorno
dopo
giorno,
il
sistema
d’informazione
della
televisione
‐
che
intanto
è
stata
inventata
come
“sevizio
pubblico”,
perché
pubblico
non
è
–
descrive
l’accadere
e
“offre”
tale
“descrizione”
(che
pur
deve
dirsi
“soggettiva”,
non
potendo
essere
mai
“obiettiva”,
o
in
assoluto
“conforme”
alla
realtà)
all’esercente
il
servizio.
_________________________________
(7)
Si
consulti
il
lavoro
di
R. DE GIORGI,
Condizioni
della
descrizione
della
complessità
nella
società
del
mondo,
trad.
ita.
in
Temi
di
filosofia
del
diritto
,
Pensa
Multimedia,
2006.
“Descrizione
di
eventi”
dopo
“descrizione
di
eventi”
si
“descrive
la
realtà”,
che
altro
non
diventa
che
“descrizione
della
realtà
da
parte
dei
media
dell’informazione”,
questo
perché
la
simultaneità
dell’accadere
e
la
complessità
immanente
alla
società
del
mondo,
non
permette
di
analizzare
ogni
accadimento
o
fatto
o
evento
che
descrive
la
realtà
autentica
da
parte
di
un
osservatore.
Una
realtà
vera,
pura,
è
impossibile
vederla,
ma
è
possibile
percepirne
una
“meno
descritta
o
ri‐descritta”
solo
all’interno
di
un
sistema
sociale
molto
molto
ristretto.
In
esso
la
complessità
è
estremamente
ridotta,
tale
da
poter
essere
“trattata”,
“conosciuta”
direttamente
dall’individuo
(8)
:
ciò
elimina
il
“raccontatore”,
il
medium
che
descrive
la
realtà
per
il
destinatario
di
quella
informazione.
Non
è
ipotesi
remota
che
quel
“racconto”
si
riveli
aberrante.
Queste
operazioni
di
“descrizione
dell’accadere”,
assumono
una
funzione
centrale
in
quella
che
si
potrebbe
dire
“percezione
della
realtà
da
parte
dell’individuo”
(che
non
osserva),
nel
momento
in
cui
la
comprensione
del
senso
della
comunicazione
(9),
è
assunto
dal
destinatario
come
vero,
autentico,
e
si
accoglie
il
senso
prodotto
dai
mezzi
di
informazione
(coloro
che
hanno
intenzione
di
comunicare,
che
trasferiscono
un’informazione)
come
la
realtà
assoluta,
come
“ciò
che
realmente
sta
accadendo
intorno”.
_________________________________
(8)
Una
realtà
che
sia
il
meno
possibile
“descritta”
da
altri
ad
altri
(attraverso
il
sistema
della
comunicazione
sociale),
è
possibile
solo
in
presenza
di
un
livello
di
complessità
molto
minimo,
tale
da
poter
controllare
la
complessità
degli
eventi,
trattarli
e
comprenderli
“direttamente”.
Cambia
la
percezione
stessa
dell’accadere
ma,
credo,
non
si
possa
mai
dire
di
poter
“conoscere
la
realtà
pura”,
neanche
in
presenza
di
una
minima
complessità.
I
sistemi
odierni
–
naturalmente
–
non
permettono
ciò,
dunque,
parte
della
realtà
–
ovvero
ciò
che
viene
percepito,
posta
la
complessità
prodotta
dalla
simultaneità
dell’accadere
‐
del
“sistema
mondo”
e
del
“sistema
nazione”
è
destinata
ad
essere
“raccontata”
da
altri
ad
altri
sfruttando
il
sistema
della
comunicazione.
(9)
Si
chiama
COMUNICAZIONE
SOCIALE
un’operazione
elementare
che
produce
senso.
Per
descrivere
la
STRUTTURA
DELLA
COMUNICAZIONE,
si
deve
far
riferimento
a
tre
elementi
fondamentali:
a)
ATTO
DEL
COMUNICARE:
Può
essere
qualsiasi
atto
preso
in
considerazione
per
osservare
e
produrre
significato;
b)
INFORMAZIONE:
Differenza
che
produce
una
differenza
(non
una
differenza
di
quello
che
si
ha
in
origine);
c)
COMPRENSIONE:
E’
una
prestazione
di
colui
che
comprende;
è
il
risultato
di
comunicazione,
che
può
essere
utilizzata
da
un
altro
osservatore,
soltanto
se
a
partire
da
essa
si
attiva
un’operazione
di
comunicazione.
Il
“tutto
ciò
che
accade
intorno”
è
ancora
più
considerato
autentico,
tanto
più
la
“pluralità
dei
media
dell’informazione”
(10)
lo
descrive
allo
stesso
modo
o
in
modo
simile,
senza
che
la
logorroica
insistenza
sulla
“mera
descrizione”
degli
eventi
contribuisca
all’arricchimento
del
senso
(11)(Sul
punto
più
specificatamente
dopo).
Paradossale,
tutto
ciò,
se
si
pensa
al
ruolo
centrale
all’interno
della
società,
di
un
media
come
il
sistema
televisivo,
finestra
sul
mondo
e
sull’Italia
da
dove
guardare
ogni
ora
del
giorno
e
ogni
giorno
dell’anno.
E’
aberrante
che
da
questa
finestra,
non
si
possa
vedere
la
realtà,
ma
‐
solo
‐
la
realtà
costrutto
della
comunicazione
sociale
dei
media
dell’informazione:
Provando
a
rispondere
alla
precedente
domanda,
cosa
si
intende
–
nel
senso
qui
accolto
–
per
realtà?
Rispondo
con
quanto
hanno
avuto
a
scrivere
R.
De
Giorgi
e
N.
Luhmann:
“La
realtà
della
società
è
soltanto
la
realtà
della
realtà
dei
media
della
comunicazione”
(12),
come
“società
del
mondo
è
il
prodursi,
l’accadere,
il
verificarsi
del
mondo
nelle
comunicazioni”
(13).
_________________________________
(10)
Si
è
detto
pluralità
dei
media
dell’informazione:
Si
intende
la
“stessa
descrizione”
(rectius:
ri‐descrizione)
della
realtà
operata
(nei
modi
ora
detti,
a
parere
di
chi
scrive
)
non
solo
dal
“mezzo”
d’informazione
più
diffuso
(la
TV),
ma
anche
dalla
stampa.
Naturalmente
il
modus
operandi
rimane
il
medesimo,
e
ciò
non
può
che
affidare
maggiore
autenticità
alla
“descrizione”
agli
occhi
del
destinatario.
Attraverso
l’apporto
descrittivo
di
più
fonti
che
intervengono
a
correggere
una
“descrizione”,
smentendo
la
veridicità
dell’informazione
data,
riproponendola,
magari
esponendosi
ad
una
nuova
“integrazione”
o
“correzione”,
si
perviene
ad
una
“arricchimento
di
senso”,
e
–
quella
che
pur
sempre
una
descrizione
rimane
–
può
accogliersi
come
“più
plausibile”.
(11)
Ha
scritto
R. DE GIORGI, in
Evoluzione
della
fiducia
e
periferie
dell’accadere,
pubblicato
nel
volume
Temi
di
filosofia
del
diritto,
p.
35. “
Un
continuo surplus
di
comunicazione,
quasi
un
continuo
necessario
insistere
della
comunicazione
senza
che
la
ridondanza
che
si
produce
contribuisca
alla
immissione
di
variazione,
all’arricchimento
del
senso.
[…]
La
dimensione
temporale
della
comunicazione
si
espande
e
comprime
[…]
la
dimensione
materiale,
quella
che
permette
di
determinare
il
senso,
di
osservarlo,
di
indicarlo.
Una
comunicazione
paradossale
nella
quale
l’osservatore
esterno
può
osservare
che
il
livello
al
quale
si
tratta
il
tema
della
comunicazione
[…]
è
sempre
meno
rilevante,
sfuma
continuamente,
si
perde
[…]
Mentre
si
sente
e
l’osservatore
avvertito
lo
può
osservare,
che
la
comunicazione
comunica
sempre
qualcosa
di
non
comunicato.”
(12)
R. DE GIORGI,
cit.
p
35
(13)
Così
NIKLASS LUHMANN
:”Weltgesellschaft
ist
das
Sich­ereignen
von
Welt
in
der
Kommunikationen”.
2.
Il
deficit
democratico
italiano
e
il
“controllo
della
comunicazione
sociale”
.
–
Ci
si
era
fermati
–
nel
racconto
dell’evoluzione
che
ha
interessato
il
c.d.
sistema
della
rappresentanza
–
nel
momento
in
cui
i
partiti
politici
inventano
nuove
“tecniche
di
raccolta
del
consenso”,
ove
la
forma
di
governo
democratica
accoglie
il
principio
della
sovranità
popolare
(art.
1,
co
2,
Cost.)
è
stabilisce
la
legittimazione
dei
rappresentanti
a
governare
previa
designazione
popolare
espressa
da
libere
elezioni.
L’esercizio
del
potere
di
governo
si
fonda
sull’opinione
pubblica.
I
partiti,
convogliatori
di
richieste,
ma
anche
interpreti
dei
bisogni
degli
elettori,
inizia
lo
sfruttamento
dei
“temi”:
Le
condizioni
sociali
disagiate,
dunque
povertà
ecc.
,
i
tassi
di
criminalità,
la
diminuzione
dei
salari,
e
così
indicando.
Tutti
“temi”
che
sicuramente
risultano
rispecchiare,
le
difficoltà
e
i
bisogni
di
una
società,
si
in
evoluzione,
ma
per
questo
esposta
al
mutare
ignoto
della
condizioni
in
melius/in
peius:
“Tecniche
di
raccolta
del
consenso”.
I
cittadini
concedono
il
consenso
alla
formazione
partitica
che
meglio
ha
saputo
interpretare
i
bisogni
e
proporre
(o
promettere)
una
soluzione
razionale
ai
disagi.
Concedono
fiducia.
Ben
presto
ai
problemi
non
si
trovano
le
soluzioni,
e
questo
costituisce
“perdita
di
consenso”,
l’opinione
pubblica,
cambia,
a
favore
di
un
altro
promettitore.
Altrettanto
in
fretta,
si
comprende
come
l’occultamento
della
verità,
può
nascondere
a
sua
volta
un
cattivo
operato,
magari
reinventarlo
come
buono.
Quest’ultimo
viene
“rivenduto”
nella
campagna
elettorale.
I
“strateghi”
della
raccolta
del
consenso,
reinventano
una
“nuova
politica”,
si
potrebbe
dire
che
la
politica
si
ristruttura.
Essa
–
ordine
fornito
di
un
alto
potenziale
adattivo
–
si
evolve:
“La
politica
si
è
ristrutturata
cognitivamente
orientandosi
all’opinione
pubblica
e
alla
realtà
prodotta
dai
media
della
comunicazione
di
massa
e
disponendosi
alla
continua
revisione
dei
suoi
programmi”
(14).
_________________________________
(14)
Così
R. DE GIORGI,
in
Il
diritto
nella
società
del
rischio,
pubblicato
in
Temi
di
filosofia
del
diritto,
Pensa
Multimedia,
Lecce,
2006,
cit.
p
75
(la
sottolineatura
è
mia).
Evoluzione
delle
“tecniche
di
raccolta
del
consenso”,
trasformazioni,
ristrutturazioni,
nuove
intuizioni
portano
ad
orientare
l’attenzione
al
“sistema”
che
più
di
ogni
altro
comincia
ad
“orientare”
l’opinione
pubblica,
e
ancor
più
centrale
la
realtà:
Il
sistema
della
comunicazione
sociale
attraverso
i
media.
E’
tale
struttura
di
operazioni
che
produce
senso,
descrive
gli
eventi
passati,
futuri
(che
potrebbero
accadere
come
risultato
di
scelte),
soprattutto
presenti:
E’
una
struttura
che
ha
a
che
fare
con
il
tempo.
Per
raccogliere
consenso
–
al
presente
‐
non
si
può
far
altro
che
seguire
la
realtà
descritta
dai
media.
Si
rivedono
interi
programmi
elettorali,
si
reinventano
slogan.
Si
comprende
che
se
si
“vuole
esistere”
si
deve
essere
“inglobati”
nella
descrizione
della
realtà
perpetuata
dai
media.
Il
costituzionalismo
moderno,
aveva
compreso
l’importanza
del
potere
dell’espressione
libera
del
pensiero,
“con
la
parola,
lo
scritto
e
ogni
altro
mezzo
di
diffusione”,
direttamente
esplicitando
che
“la
stampa
non
può
essere
soggetta
ad
autorizzazioni
o
censure”
(art
21,
co
1,
2
Cost.).
La
costituente
formula
l’art
21
Cost.,
memore
delle
campagne
fasciste
di
censura,
della
stampa,
ma
anche
di
ogni
barlume
di
pensiero
che
non
sia
propedeutico
al
regime.
Un
principio
fondamentale
di
una
moderna
democrazia.
L’evoluzione
del
sistema
porta
a
trasformazioni
non
programmabili
(15),
così
come
non
programmabile
è
stato
il
nuovo
assetto
del
sistema
della
comunicazione;
un
nuovo
“campo”
ove
esercitare
il
diritto
“ad
esprimere
liberamente
il
proprio
pensiero”.
Il
“sistema
della
politica”,
conia
–
molto
sagacemente
‐
una
“nuova
formula”:
dopo
essersi
–
come
su
detto
‐
“ristrutturata
cognitivamente
orientandosi
all’opinione
pubblica
e
alla
realtà
prodotta
dai
media
della
comunicazione
di
massa
e
disponendosi
alla
continua
revisione
dei
suoi
programmi”,
propende
per
“ristrutturare”
la
realtà
prodotta
dai
media
della
comunicazione
di
massa,
disponendola
alla
sua
continua
revisione,
in
base
ai
suoi
programmi.
Tale
modus
procedendi,
verrà,
chiamato
“controllo
dell’informazione”.
_________________________________
(15)
Ha
detto
DE GIORGI “
delle
improbabilità
che
si
possono
costruire
da
se”.
3.
I
media
moderni
costruttori
di
“nuova
realtà”.
–
La
“realtà
prodotta
dai
media
della
comunicazione
di
massa”
(16),
produce
“opinione
pubblica”.
“Trattare”
quest’ultima
è
fondamentale
per
il
potere,
dal
momento
in
cui,
si
è
ristrutturato
come
sistema
della
rappresentanza
legittimato
al
potere
dal
“voto
popolare”.
La
paradossalità
della
“realtà
del
presente”
(17)
è
una
“realtà”
(ciò
che
esiste,
ciò
che
è)
che
non
è
“realtà”.
Ma
un
paradosso
è
inosservabile.
Per
superarlo
si
deve
trovare
una
“distinzione”.
Una
distinzione
non
fa
altro
che
occultare
un
paradosso.
Diversamente
la
circolarità
non
ci
consentirebbe
di
osservare
ciò
che
vogliamo
osservare:
La
“realtà
del
presente”.
Si
potrebbe
dire:
“realtà
descritta”
(18)
e
“realtà
ri‐descritta”.
Proverò
–
per
ciò
che
qui
preme
dimostrare
–
a
svolgere
la
seconda
parte
della
distinzione.
Si
è
detto
sino
ad
ora,
che
i
media
della
comunicazione
“descrivono”
l’accadere.
Che
la
“comprensione”
–
da
parte
dei
destinatari
dell’informazione‐
produce
percezione
dell’accadere,
frutto
‐
pur
sempre
‐
di
“descrizioni”.
E’
compito
dei
mezzi
di
informazione
“descrivere
gli
accadimenti”,
gli
eventi,
ai
destinatari,
posto
che
altrimenti
la
percezione
di
“ciò
che
accade”
in
luoghi
distanti
non
potrebbe
verificarsi
(e
naturalmente
vi
è
interesse
alla
conoscenza
di
ciò
che
accade,
anche
solo
dal
punto
di
vista
istituzionale,
per
esercitare
al
meglio
i
poteri
derivati
“dalla
sovranità
popolare”
).
_________________________________
(16)
Si
veda
quanto
detto
in
questo
scritto
a
proposito
della
“sistema
della
comunicazione
sociale
e
“manipolazione”
della
realtà”.
(17)
Si
intende
la
“realtà
del
presente”,
come
percezione
dell’accadere
che
il
singolo
ha,
in
conseguenza
alla
“descrizione”
dell’accadere
perpetuato
dai
media
della
comunicazione.
(18)
Come
detto
prima,
mi
pare
si
possa
dire
che
la
percezione
di
una
realtà
“nazionale”
o
financo
“mondiale”
pura,
vera,
non
può
percepirsi,
per
il
sempre
troppo
alto
grado
di
complessità
immanente
in
questi
sistemi.
Conseguentemente
non
posso
che
tentare
di
definire
una
“distinzione”
tra
una
“realtà”
(descrizione
di
una
serie
di
eventi
e
corollari),
sì
descritta,
ma
–
pensata
‐
capace
ad
avvicinarsi
alla
realtà
(di
quei
determinati
eventi
e
corollari),
e
una
“realtà
RI‐DESCRITTA”,
ovvero
manipolata
(o
come
altro
si
vuol
definirla),
le
cui
omissioni
inficiano
la
“descrizione”
degli
eventi.
Tale
“descrizione
della
realtà”
produce
“realtà”
–
che
a
sua
volta
indirizza
opinione
pubblica.
Il
sistema
dei
partiti,
preso
il
controllo
“diretto”
o
per
“influenza”
su
l’intero
apparato
dell’informazione,
indirizza
la
descrizione
della
realtà
e
con
essa
produce
pro
domo
sua
una
“nuova
realtà”,
propedeutica
ai
programmi
elettorali.
Il
risultato
è
“il
consenso”
raccolto
in
base
ad
una
“realtà
RI‐
descritta”
ad
hoc,
da
sfruttare
per
fini
elettorali,
posto
che
–
come
ha
scritto
R.
De
Giorgi
(19)
definendo
il
paradosso
della
sovranità
popolare
‐
“il
popolo
è
sovrano
perché
è
privo
di
potere”,
al
sistema
di
potere
serve
la
sola
legittimazione
a
governare.
Si
è
in
presenza
di
un
surplus
di
informazione
financo
sterile,
non
vi
è
alcun
arricchimento
di
senso,
si
trasferisce
informazione
che
non
informa
circa
i
corollari
di
un
evento
(motivi,
cause,
effetti
ecc),
ma
solo
del
verificarsi
dello
stesso,
i
cui
“corollari”
sono
lasciati
alla
discussione
politica
(attraverso
i
medesimi
“mezzi”
di
comunicazione
di
massa),
alla
eterna
propaganda
elettorale:
sicché
ogni
parte
politica,
fa
suo
“il
merito”
e
fa
dell’avversario
la
“causa
di
un
danno”.
Il
paradosso
dell’opinione
pubblica
è
che
“è
tanto
meno
informata
quanto
più
fagocitata
è
l’informazione”
(20).
Si
è
detto
che
“la
realtà
della
società
è
soltanto
la
realtà
della
realtà
dei
media
della
comunicazione”.
Se
non
si
è
inclusi
in
tale
realtà
–
alla
percezione
dell’opinione
pubblica
–
“non
si
esiste”.
Eventi
“scomodi”
sono
esclusi,
come
eventi
“favorevoli”
sono
inclusi.
Dove
la
dialettica
inclusione/esclusione
equivale
a
esistere/non
esistere.
“RI‐descrizione
della
realtà”.
Con
il
“controllo
dell’informazione”,
si
sono
sviluppate,
sempre
più
raffinate
tecniche
di
“raccolta
del
consenso”.
I
temi
sfruttati,
divengono
presto
due:
“Il
rischio”
e
“la
fiducia”.
_________________________________
(19)
R. DE GIORGI,
cit.
p
17
(20)
Così
si
esprime
R. DE GIORGI,
cit.
p
77
4.
La
falsa
“fiducia”
basata
su
una
“ricostruzione”
della
realtà
–
Cos’è
Fiducia?
Fiducia
è
un
“dispositivo,
un
meccanismo,
una
tecnica
che
opera
e
rende
possibili
operazioni
nella
società
moderna
[…]
da
ultimo
come
uno
schema
della
costruzione
di
aspettative”
(21).
La
fiducia
ha
a
che
fare
con
il
tempo,
essa
è
un
vincolo
del
tempo:
E’
una
possibilità
di
costruzione
del
futuro,
permette
di
affrontarlo
utilizzando
“il
non
sapere
di
cui
disponiamo
al
presente”
(22).
Il
complesso
semantico
della
fiducia
si
evolve,
dalla
“fiducia
nella
divinità”
al
XIX
secolo:
“il
secolo
della
fiducia”:
I
“sindacati”
incanalano
la
fiducia
degli
operai;
nelle
“fabbriche”
si
cerca
di
instaurare
un
rapporto
di
fiducia
tra
datore
di
lavoro
e
lavoratore;
il
costituzionalismo
instaura
lo
“stato
di
diritto”
e
la
“democrazia”,
così
che
la
politica
si
apre
alla
fiducia,
ristrutturandosi
come
“luogo
della
fiducia”,
in
cui
riporla.
Cosicché
al
sistema
politico
si
da
fiducia,
e
si
legittima
a
“prendere
decisioni”
proprio
sull’onta
di
quella
fiducia.
Come
ha
scritto
De
Giorgi
(23),
si
sviluppa
“la
certezza
della
partecipazione
alla
costruzione
del
futuro
attraverso
l’autoinclusione
nella
paradossale
circolarità
della
politica”:
Si
ha
fiducia
nella
fiducia
nella
politica,
“nella
continuità
dell’agire
politico,
nella
realtà
che
esso
si
costruisce”.
Si
ripone
fiducia
in
una
fictio.
Per
quello
che
si
vuole
dire,
ci
si
deve
fermare
qui:
“Fiducia
nella
politica”
(24).
_________________________________
(21)
Si
veda
R. DE GIORGI,
in
Evoluzione
della
fiducia
e
periferie
dell’accadere,
pubblicato
in
Temi
di
filosofia
del
diritto,
2006
cit.
p
25.
(22)
Si
veda
la
nota
prec.
(23)
R. DE GIORGI,
cit.
p
31.
(24)
Si
ha
l’occasione,
però,
di
specificare
quanto
scritto
prima
a
proposito
della
“legittimità
del
potere”,
nel
senso
seguente:
Legittimità
a
governare,
implica
cercare
il
riconoscimento
della
sua
autorità
nei
cittadini,
proprio
attraverso
la
“retorica
della
fiducia”
(
vedi
molto
più
sapientemente
e
specificatamente
R. DE GIORGI,
Fiducia
nella
fiducia.Riduzione
della
complessità
e
orizzonti
dell’incertezza,
pub.
in
Temi
di
fio.,
cit.
p
46).
Un
paradosso,
se
si
pensa
che
fiducia
implica
una
sorta
di
accettazione,
un
“sapere
delle
alternative”,
che
il
singolo
non
ha.
Ricerca
del
consenso,
è
tentativo
di
ispirare
fiducia,
essa
–
si
è
detto
–
legittima
l’esercizio
del
potere.
Questa
operazione
della
politica,
si
può
svolgere
con
l’azione,
ergo:
azione
produce
dei
risultati,
questi
possono
essere
positivi
o
negativi,
a
loro
volta
positività
o
negatività
del
risultato
è
determinato
soggettivamente.
Risultati
positivi
importano
fiducia,
negativi
fanno
perdere
fiducia.
Ma
questa
è
una
semplificazione
che
non
regge,
se
non
affiancata
dagli
altri
“modi”
per
“guadagnare
fiducia”.
Questi
hanno
a
che
fare
con
la
realtà,
con
i
mezzi
di
comunicazione
di
massa
financo
con
il
“controllo
dell’informazione”
da
parte
della
politica.
Si
è
definito
fiducia
uno
dei
“mezzi”
che
utilizzano
i
media
della
comunicazione,
per
garantire
“il
consenso”
a
“parti”
del
sistema
politica.
Si
è
anche
detto
come
il
sistema
della
comunicazione
utilizzato
dai
media
di
massa,
“ri‐descriva”
la
realtà
che
verrà
poi
percepita
dai
destinatari
delle
informazioni;
effettuando
questo
insieme
di
operazioni
è
possibile
implementare
la
fiducia
nei
confronti
di
una
parte
del
sistema
politica.
Ciò
è
tanto
vero
quanto
una
serie
di
eventi
o
azioni
che
producono
risultati
negativi
o
siano
essi
stessi
negativi,
producano
“perdita
di
fiducia”,
succede
che
vengono
taciute
o
“descritte”
senza
nessuna
produzione
ulteriore
di
senso.
Capita
che
azioni
siano
“descritte”
in
un
tal
modo
da
risultare
non
tanto
negative
quanto
dovrebbero
esserlo,
la
“comprensione”
è
il
risultato
della
“comunicazione”,
e
la
prima
(la
comprensione)
è
ciò
che
contiene
le
“informazioni”
relative
ad
una
determinata
azione,
informazione
su
informazione
di
azione
su
azione,
formano
una
“opinione”
(di
colui
che
compie
le
azioni
o
le
ispira),
da
qui,
scaturisce
una
“decisione”:
Quella
di
dare
o
non
dare
“fiducia”.
In
generale
si
potrebbe
dire
che
la
“realtà
[creata]dai
media
della
comunicazione”
implementi
fiducia
“verso”
il
sistema
di
potere
che
la
controlla.
Ma
fiducia
prodotta
in
base
ad
azioni
considerate
positive
(o
“ri‐
descritte”
come
positive,
o
se
negative
non
“descritte”
affatto”)
non
è
l’unico
“mezzo”
per
implementare
la
fiducia
in
un
determinato
movimento
politico:
Ha
scritto
R.
De
Giorgi
“la
fiducia
moderna
a
che
fare
con
il
rischio”
(25)
_________________________________
(25)
Così
R. DE GIORGI,
cit.
p
50
5.
Il
“rischio
del
rischio
costrutto
della
comunicazione
sociale”
–
Come
la
fiducia
moderna
a
che
fare
con
il
“rischio”,
così
esso
ha
a
che
fare
con
l’azione
(26),
e
conseguentemente
con
l’imputazione
delle
conseguenze
di
un’azione
o
di
un
agire
sbagliato
o,
financo
di
una
“strategia
dell’agire”
sbagliata.
Ciò
è
tanto
più
centrale
in
un
sistema
democratico
stante
la
c.d.
“responsabilità
politica”
che
ogni
rappresentante
ha
davanti
agli
elettori,
che
concedendo
fiducia
sono
rimasti
“delusi”.
Succede
che
la
“ri‐descrizione”
della
realtà
possa
mitigare
anche
questi
effetti
alla
percezione
dei
cittadini.
Rischio
è
una
minaccia
del
pericolo
di
un
risultato
negativo
nel
futuro.
Se
non
fossa
così
ogni
progetto,
dunque,
ogni
azione
potrebbe
essere
programmata
e
portata
a
compimento
secondo
le
previsioni
iniziali.
Ma
il
rischio
interrompe
quest’ordine,
e
se
c’è
deve
essere
eliminato,
quanto
meno
mitigato,
attraverso
“misure
di
sicurezza”.
Il
sapere
del
possibile
verificarsi
di
un
rischio
impone
di
prevenirlo,
“l’orizzonte
lungo
il
quale
si
valuta
la
rischiosità
del
rischio
è
la
sicurezza
[…]
l’alternativa
al
rischio,
insomma
è
la
sicurezza”
(27).
Il
rischio
ha
a
che
fare
anche
con
la
percezione
della
realtà.
La
stessa
“percezione
del
rischio”
ha
a
che
fare
con
il
sistema
della
comunicazione
di
massa.
A
che
titolo?
Questi
ultimi
nel
“ri‐
descrivere”
la
realtà
hanno
imparato
a
implementare
la
“percezione
sociale”
di
determinati
“rischi”
piuttosto
che
altri;
rischi
a
cui
puntualmente
la
politica
si
è
dedicata
con
tanto
di
“politiche
di
sicurezza”
(se
penso
alla
recente
campagna
mediatica
contra
extracomunitari),
che
non
sono
altro
che
i
discorsi
che
legittimano
la
c.d.
“tolleranza
zero”.
_________________________________
(26)
Sui
rapporti
tra
rischio
e
azione
si
esprime
così
R. DE GIORGI,
cit.
p
50
:
“Il
rischio
espone
il
futuro
all’azione
[…]
il
rischio
non
c’è
prima
dell’azione
[…]
il
rischio
presuppone
l’azione
che
presuppone
il
rischio.
Il
rischio,
quindi
sta
fuori.
[…]
La
complessa
tecnologia
del
rischio,
però,
rende
possibile
l’azione.
Questa
strana
circolarità,
questo
paradosso
ci
permette
di
agire,
come
si
dice,
in
situazioni
di
incertezza”.
E
ancora
:
“
La
fiducia
moderna
trasferisce
il
rischio
sulle
proprie
aspettative.
Essa
investe,
cioè
rischia,
sulle
aspettative
che
orientano
l’azione.
Si
tratta
di
un
investimento
razionale
perché
rende
possibile
l’azione[…]”.
(27)
Molto
chiaramente
R. DE GIORGI,
cit.
p
58
ove
indica
come
la
sicurezza
come
alternativa
al
rischio,
è
altamente
rischiosa.
Tali
modus
operandi
hanno
“gravi
conseguenze
nella
costruzione
del
futuro,
alle
quali
continuamente
lavorano
i
singoli
sistemi
sociali”
(28),
si
potrebbe
parlare
di
“rischio
del
rischio
costrutto
della
comunicazione
sociale”
(29):
La
percezione
del
rischio
alterata,
non
permette
una
osservazione
della
realtà
“obiettiva”,
a
sua
volta
implementando
il
“rischio”che
una
percezione
distorta
“dei
rischi”
nella
realtà
(descritta
dai
media
dell’informazione)
implementi
una
fiducia
in
chi
millanta
una
risoluzione
di
un
rischio
‐
che
potrebbe
anche
non
essere
un
rischio.
Questo
perché
la
fiducia
appare
basata
su
una
realtà
“ri‐descritta”,
nella
quale
il
“rischio
implementato
dalla
comunicazione
di
massa”
non
è
altro
che
una
parte
dell’opera
di
alterazione
della
realtà
stessa.
Non
è
escluso
che
tutto
ciò
possa
portare
all’occultamento
di
“rischi
reali”
o
di
quelli
che
–
pur
immanenti
alla
realtà
–
non
si
vedono.
_________________________________
*
Questo
“tentativo
di
riflessione”,
nasce
dalla
lettura
del
testo
“Temi
di
filosofia
del
diritto”
di
Raffaele
De
Giorgi,
e
si
propone
un
tentativo
di
sviluppo
di
una
problematica
attuale
utilizzando
i
Temi
trattati
nel
testo
a
cui
frequentemente
il
discorso
si
richiama.
(28)
Così
DE GIORGI,
cit.
p
63;
Un
esempio
attuale
il
c.d.
“allarme
sicurezza”.
(29)
R. DE GIORGI
ha
definito
il
rischio
“costrutto
della
comunicazione
sociale”.

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