1 crediti prededucibili e deroghe all`ordine legale delle cause

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CREDITI PREDEDUCIBILI E DEROGHE ALL’ORDINE LEGALE DELLE CAUSE
LEGITTIME DI PRELAZIONE TRA QUESTIONI INTERPRETATIVE E DUBBI DI
LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE
(Avv. Luigi D’Agosto e Avv. Sonia Criscuolo)
SOMMARIO:1. Introduzione. 2. Crediti prededucibili nella legge fallimentare riformata. 3. Il nuovo art. 111, comma
2, l.f.: I crediti prededucibili qualificati da specifiche disposizioni di legge. 3.1. Segue: Alcune brevi considerazioni
sulla prededucibilità dei crediti da finanziamenti.4. Il nuovo art. 111, l. fall.: i crediti sorti in occasione o in
funzione di procedure concorsuali. 5.Il trattamento e la collocazione dei crediti dei professionisti incaricati di
attività funzionali all’accesso alle procedure minori. 6. Il trattamento dei crediti prededucibili nelle procedure
minori come deroga alla regola dell’ordine delle cause legittime di prelazione. 7. La prededucibilità dei crediti
negli accordi di ristrutturazione dei debiti, in particolare. 8. Il trattamento dell’IVA nel concordato preventivo e
negli accordi di ristrutturazione. 9. Conclusioni.
1.Introduzione
La disciplina della legge fallimentare è stata oggetto di
numerosi interventi1, susseguitisi a partire dal 2005 in poi,
con frequenza almeno annuale.
Una delle linee direttive sulle quali è apparso muoversi il
legislatore riformista, fin da subito, è la conclamata
volontà di agevolare il ricorso a soluzioni concordate
delle crisi d’impresa – e tra esse, in particolare, quelle
orientate nel segno della continuità aziendale2. Ciò in
Tutta la disciplina delle procedure concorsuali è stata oggetto
di un vero e proprio restyling a mezzo di numerosi interventi
legislativi. In particolare, alla riforma organica del d.lgs. 09
gennaio 2006, n. 5 in Gazz. Uff. 16/01/2006, n.12, sono seguiti
vari correttivi e miniriforme quali, in particolare, il d.lgs. 12
settembre 2007, in Gazz. Uff. n. 241 del 16 ottobre 2007, il d.lg.
29 novembre 2008 n. 185, Gazz. Uff., 29 novembre, n. 280,
Suppl. ord., n. 263, convertito, con modificazioni, in legge 28
gennaio 2009, n. 2, in Gazz. Uff., 28 gennaio 2009, n.22, la l. 18
giugno 2009, n. 69, in Gazz. Uff., 19 giugno, n. 140, Suppl. ord. n.
95, il d.l., 31 maggio 2010, n. 78 , in Gazz. Uff., 31 maggio
2010, n. 125, Suppl. ord. n. 114, convertito, con modificazioni,
in l. 30 luglio 2010, n. 122, in Gazz. Uff., 30 luglio, n. 176, Suppl.
ordinario n. 174), il d.l. 6 luglio 2011, n. 98, in Gazz. Uff.,
06/07/2011 , n.155. conv. con modificazioni in l. 15 luglio
2011, n. 111, in Gazz. Uff., 16 luglio, n. 164, il d.l. 22 giugno
2012, n. 83, in Gazz. Uff ., 26 giugno 2012, n. 147, Suppl. ord. n.
129, conv. con modificazioni in l. 7 agosto 2012, n. 134, in
Gazz. Uff., 11 agosto 2012, n.187, il d.l. 18 ottobre 2012, n. 179,
in Gazz. Uff., 19 ottobre 2012, n. 245, suppl. ord. 194, conv., con
modificazioni in l. 17 dicembre 2012, n. 121, in Gazz. Uff., 18
dicembre 2012, n. 294, suppl. ord. n. 208 e, da ultimo, il d.l., 21
giugno 2013, n. 69, in Gazz. Uff., 21 giugno 2013, n. 144, Suppl.
ord., n. 50.
È, peraltro, evidente come il legislatore abbia fatto frequente
ricorso alla decretazione d’urgenza rispetto alla quale, in verità, i
non infrequenti né brevi rinvii all’entrata in vigore delle nuove
norme inserite, sono parsi a dir poco in contraddizione con i
necessari presupposti richiesti dall’art. 77, comma 2, Cost.
Così, per esempio, l’art. 33 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83,
convertito in legge con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012,
n. 134, le cui modifiche, si applicano a partire dall’11 settembre
2012; rinvio che, tuttavia, secondo FABIANI M., Riflessioni
precoci sull'evoluzione della disciplina della regolazione concordata della
crisi d'impresa, in Il Caso.it, II, 303/2012, p. 26, costituisce un
vero e proprio “miracolo” per scongiurare il pandemonio del
diritto transitorio, altrimenti inevitabile, data l’importanza delle
modifiche apportate in sede di conversione.
2 Così, con più specifico riferimento al concordato preventivo,
FABIANI M., Riflessioni precoci sull'evoluzione della disciplina della
regolazione concordata della crisi d'impresa, cit., p. 1, che definisce tale
1
quanto in un’economia fortemente depressa come quella
contemporanea, dove il preoccupante aumento della
disoccupazione è il problema al centro di ogni
programma politico, la continuità delle aziende
rappresenta un valore fondamentale che deve essere
necessariamente salvaguardato.
1) Da un punto di vista generale, in verità, molto
numerose, per varietà e per quantità, sono le iniziative di
incentivazione delle soluzioni concordate che, a oggi, a
quasi un decennio dalla prima riforma organica delle
procedure concorsuali, hanno solcato l’impianto, oramai
vetusto, della legge fallimentare italiana.
Si possono ricordare, tra le principali, e senza pretesa di
esaustività: le novità introdotte nell’art. 67, l. fall., in tema
di revocatoria fallimentare e relative esenzioni con anche
la disciplina dei piani di risanamento attestati; la stessa
introduzione degli accordi di ristrutturazione dei debiti ex
art. 182bis, l. fall.; la modifica dell’art. 160, l. fall., con
l’eliminazione del requisito della meritevolezza in senso
ampio quale presupposto di ammissibilità alla procedura
del concordato preventivo; l’introduzione, nell’ambito di
tale procedura concorsuale minore, delle classi e della
possibilità di falcidiare anche i crediti privilegiati, nonchè
l’abolizione dei limiti percentuali nella formazione delle
maggioranze di voto; e, ancora, l’introduzione, con l’art.
182ter, l. fall., del concordato preventivo e degli a.r.d. con
transazione fiscale. Altresì, la riforma dell’art. 161, l. fall.
che ora al comma 6 (da ultimo modificato anche con il
d.l. 69/2013, cit.) conosce anche l’istituto della domanda
di concordato prenotativa o “in bianco”, ovvero con
riserva di deposito della proposta, del piano e degli altri
documenti necessari entro un termine da fissarsi dal
giudice (che può arrivare fino a 180 giorni, persino
prorogabili), in cui particolarmente allettante appare la
previsione
della
fungibilità,
o
meglio
dell’intercambiabilità, tra piano concordatario e accordo
di ristrutturazione.
2) Dalle ultime riforme, in particolare, emerge con
chiarezza che le principali linee guida attraverso cui il
legislatore ha perseguito l’incentivazione delle procedure
di composizione negoziale della crisi, invero, sono
sostanzialmente l’estensione, rispettivamente, dei benefici
dell’esenzione da responsabilità penali, delle esenzioni da
revocatoria, della protezione delle obbligazioni assunte in
funzione o per l’esecuzione del piano di risanamento e,
volontà del legislatore il vero e proprio leit-motiv delle riforme
susseguitesi sulla legge fallimentare.
1
non ultima, della protezione del debitore da azioni
cautelari ed esecutive3.
3) La stessa modifica dell’art. 111, l. fall., che, nella
versione attualmente vigente, fornisce la nozione di
crediti prededucibili - pur con tutte le correlate questioni
interpretative che la sua formulazione, a dir poco, elastica
reca con sé - appare informata anche all’esigenza di
incentivare il ricorso alle procedure minori di
composizione negoziale della crisi alternative al
fallimento.
4) Con l’introduzione dei nuovi artt. 182quater(nel 2010) e
182quinquies, l. fall. (nel 2012), inoltre, il legislatore è
intervenuto in tema di (crediti per) finanziamenti sempre
nell’ambito del concordato preventivo e degli accordi di
ristrutturazione.
Nell’originaria formulazione introdotta con la novella del
2010, in particolare, parevano doversi ritenere esclusi,
dalle predette disposizioni, i finanziamenti-ponte dei soci
e tutti i finanziamenti, in funzione e in esecuzione, da
parte di terzi diversi da banche e intermediari.
Con le modifiche apportate all’art. 182quater e con
l’introduzione dell’art. 182quinquies, tuttavia, il legislatore
ha significativamente innalzato ed esteso la soglia di
tutela dei creditori finanziatori anche sotto il profilo
soggettivo, riconoscendo la prededucibilità di tutti i
crediti per finanziamenti funzionali alle predette
procedure (nel senso più ampio del termine,
comprensivo, quindi, dei finanziamenti-ponte, di quelli in
esecuzione e di quelli contratti ed erogati nel corso delle
stesse), in qualunque forma e da chiunque erogati, anche
da soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari
finanziari iscritti, e persino dai soci (sia pur nella minor
ragione percentuale, pari all’ottanta percento), o
comunque da coloro che ne acquistino la qualità per
effetto del finanziamento dagli stessi concesso.
Si è così portato a compimento, almeno su questo
versante, il processo di un’auspicabile equiparazione tra
crediti da finanziamenti funzionali (nel senso più lato
sopra accennato), rispettivamente, al concordato
preventivo e agli accordi di ristrutturazione.
In ragione di ciò, le novelle del 2010 e del 2012, così
come la riforma del 2005 (che ha previsto, all’art. 67,
comma 3, lett. g., l. fall., l’esenzione da revocatoria per i
pagamenti di debiti liquidi ed esigibili contratti per
prestazioni funzionali all’accesso di procedure
concorsuali) e la riforma del 2006 (che ha introdotto,
all’art. 111, l. fall., la molto dibattuta definizione di crediti
3Per
un’analisi generale delle procedure di soluzione concordata
della crisi, e delle tecniche di incentivazione attraverso i benefici
dell’esenzione da responsabilità penali, esenzione da
revocatoria, protezione delle obbligazioni assunte in funzione o
per l’esecuzione del piano di risanamento e protezione del
debitore da azioni cautelari ed esecutive, si veda BONFATTI
S., Le misure di incentivazione delle procedure di composizione negoziale
delle crisi d’impresa. Gli “accordi di ristrutturazione”, in Il Caso.it,
II, 251/2011, pp. 3 e ss., il quale (a pagina 5), da un’analisi
trasversale del modo di atteggiarsi di questi benefici nelle tre
procedure concordate, per eccellenza, disciplinati nella legge
fallimentare (piani attestati ex art. 67, a.r.d. ex art. 182ter, e
concordato preventivo ex art. 160), afferma che “le eccezioni al
diritto comune delle obbligazioni che possono essere consentite per favorire il
superamento di una situazione di crisi da parte di uno degli obbligati sono
tanto maggiori quanto più penetrante è il controllo che l’autorità
giudiziaria può esercitare sulla effettiva sussistenza dei presupposti che le
giustificano”.
prededucibili), si collocano nell’ambito delle sopra
ricordate categorie di incentivi volte alla protezione delle
obbligazioni assunte in funzione o per l’esecuzione dei
piani concordati di risanamento.
Le riforme dell’ultimo triennio, inoltre, hanno anche
esteso la protezione del debitore (recte: del suo
patrimonio) da iniziative in grado di influire
negativamente sulla realizzazione ed esecuzione dei piani
concordatari o degli a.r.d.; si tratta, come visto, di un’altra
categoria di misure molto importanti nel senso
dell’incentivazione di siffatte procedure.
I nuovi commi 6 e ss, dell’art. 182bis, l. fall. (aggiunti dalla
novella del 2010 e modificati con la riforma del 2012),
infatti, prevedono, con particolare riferimento agli a.r.d.,
la possibilità di anticipare il blocco di azioni esecutive o
cautelari (da parte dei creditori) sul patrimonio
dell’imprenditore in crisi, attraverso la presentazione (da
parte di quest’ultimo) di un’istanza di sospensione che
produce effetto dalla pubblicazione della stessa, senza
dover attendere la formalizzazione e l’omologazione
dell’accordo.
Probabilmente, il ruolo ancillare della finanza esterna
nelle procedure di soluzione concordata delle crisi
giustificava un intervento specifico, qual è quello
approntato con l’introduzione degli artt. 182quater e
182quinquies, cit., inteso a incentivare l’ingresso di
liquidità attraverso l’elevazione del grado di protezione
delle obbligazioni a tal fine contratte dall’imprenditore.
Gli interventi in commento, nondimeno, tra modifiche e
ripensamenti (si consideri, da ultimo, soltanto
l’abrogazione dell’art. 182quater, comma 4, l. fall., che
disciplinava la prededuzione dei professionisti chiamati
ad attestare la fattibilità, rispettivamente, del piano
concordatario o dell’accordo di ristrutturazione da
omologare), si inseriscono in una trama che lo stesso
stratificarsi della produzione normativa rende vieppiù
fitta e che, d’altro canto, appare ulteriormente complicata
dalle molteplici questioni interpretative che la dottrina più
autorevole non ha mancato di portare alla luce già
all’indomani dell’epocale ingresso nella legge fallimentare,
con la riforma del 2006, della definizione di “crediti
prededucibili”.
Il problema di fondo è che questa serie di riforme in
pillole ha finito per alimentare, invece che chiarire, i già
problematici nodi interpretativi che l’art. 111, l. fall. aveva
posto con riferimento a quella particolare categoria di
crediti ivi definiti “prededucibili” per essere “sorti in
occasione o in funzione di procedure concorsuali”.
Sicché rimangono aperte, ancor oggi, questioni di
impatto rilevante sulla stessa appetibilità e fruibilità delle
procedure di composizione negoziale della crisi.
Vi è incertezza, infatti, sul trattamento dei crediti sorti
nell’ambito delle due procedure minori, pur dichiarati
prededucibili ai sensi dell’art. 111, l fall.
Ciò vale, in particolare, per gli stessi finanziatori di cui
agli artt. 182quater e 182quinquies, l. fall., posto che il
richiamo all’art. 111, l. fall., norma specificamente dettata
per il riparto in sede fallimentare, rende abbastanza
incontrovertibile la collocazione degli stessi in
prededuzione nell’eventuale e successivo fallimento in cui
le procedure minori dovessero sfociare in caso di
insuccesso; ma quid iuris sulla loro collocazione
nell’ambito della procedura minore in cui sono sorti ?
Devono ritenersi prededucibili anche in quella sede o è
2
ammissibile una discriminazione nel trattamento degli
stessi creditori, a seconda che la procedura minore abbia
buon fine o che, per contro, sfoci nella dichiarazione di
fallimento ?
I medesimi interrogativi si pongono, per vero, anche con
riferimento al trattamento dei crediti dei professionisti
che assistono il debitore nella predisposizione e nella
presentazione della domanda (di concordato o di
omologazione dell’a.r.d.), della documentazione necessaria e delle relazioni di cui all’art. 160, 161 e 182bis, l. fall.
I dubbi su questo versante, anzi, sono stati ulteriormente
alimentati dal riconoscimento, all’art. 182quater, comma 4,
l. fall. (anche se successivamente abrogato con
l’intervento del 2012), della prededucibilità del solo
credito del professionista incaricato dell’attestazione,
rispettivamente, ex art. 161, comma 3, l. fall., ed ex art.
182bis, l. fall., condizionata all’espressa previsione in tal
senso nel provvedimento del giudice di ammissione del
c.p. ovvero di omologazione dell’a.r.d.
Quid iuris, quindi, per gli altri professionisti ? Può
ammettersi nei loro confronti un trattamento
discriminato, in ragione del principio ubi lex voluit dixit, ubi
noluit non dixit ? O si deve risolvere la questione attraverso
la norma generale di cui all’art. 111, comma 2, l. fall. ?
La sottesa questione del rapporto tra gli art. 182quater e
111, comma 2, l. fall., si complica ulteriormente in
ragione del riconoscimento, contenuto in quest’ultima,
della prededucibilità dei crediti sorti “in occasione” o “in
funzione” di procedure concorsuali.
Tale definizione, infatti, è sufficientemente ampia e
precisa per poter essere applicata anche ai crediti
professionali per prestazioni funzionali all’accesso
dell’imprenditore al concordato preventivo.
Ma quid iuris per i crediti professionali per prestazioni
parimenti funzionali agli a.r.d. ? L’annoso dibattito sulla
natura dell’accordo di ristrutturazione, ritenuto da
autorevole dottrina quale istituto contrattuale non
riconducibile al genus delle procedure concorsuali, infatti,
porrebbe seri dubbi sull’applicabilità, a questa fattispecie,
dell’art. 111, comma 2, l. fall.
Vi sarebbe, dunque, il serio rischio, per questa via, che
per risolvere il problema di un irragionevole
affievolimento di tutela dei crediti professionali per
prestazioni funzionali all’accesso dell’imprenditore alle
procedure minori di composizione negoziale della crisi, si
finisca nell’impasse di dover ammettere una
discriminazione ancor più irrazionale ai danni dei
creditori per prestazioni funzionali all’accesso all’a.r.d.
5) Anche all’introduzione del concordato preventivo e
degli a.r.d. con transazione fiscale, istituti inseriti con la
riforma del 2006 all’art. 182ter, l. fall. e ritoccati sempre
con la novella del 2010, come noto, si erano
accompagnate importanti misure di facilitazione verso
composizioni negoziali delle situazioni di crisi.
Si è introdotta, in particolare, la possibilità per il debitore
(attraverso il nuovo istituto della transazione fiscale) di
consolidare la propria esposizione verso il fisco e gli enti
previdenziali nonchè di falcidiare i crediti contributivi e
tributari (con l’eccezione dei tributi costituenti risorse
comunitarie, dell’imposta sul valore aggiunto e delle
ritenute operate ma non versate) aprendo, in questo
modo, anche una vistosa breccia nell’ordine legale delle
cause di prelazione.
L’art. 182ter, cit., infatti, consente al debitore, non solo di
falcidiare i crediti tributari e contributivi pur muniti di
privilegio, ma persino di riservare agli stessi un
trattamento deteriore rispetto agli altri crediti muniti di
privilegio di eguale grado, trovando unico limite
nell’obbligo di assicurare loro un trattamento non
inferiore – per percentuale, tempi di pagamento ed
eventuali garanzie – a quello offerto ai creditori con
grado di privilegio inferiore o posizione giuridica ed
interessi economici omogenei a quelli del fisco e degli
altri enti previdenziali.
Con specifico riferimento al concordato preventivo,
inoltre, la modifica dell’art. 160, comma 2, l. fall.,
introdotta con il correttivo del 2007, ha generalizzato la
facoltà di falcidiare i crediti privilegiati così come quelli
assistiti da pegno e ipoteca, purché, si legge, “il piano ne
preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella
realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale,
sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al
valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali
sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione
giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui
all'art. 67, terzo comma, lettera d)”.
La nuova norma ribadisce anche il principio per cui il
trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere
l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di
prelazione.
Non appare, tuttavia, ragionevolmente revocabile in
dubbio che, attraverso il concordato preventivo (o
l’a.r.d.) con transazione fiscale, l’imprenditore in crisi,
ancor oggi, pur dopo la modifica dell’art. 160, comma 2,
ultima parte, l. fall. (e in deroga allo stesso), possa
continuare a riservare al fisco e agli enti previdenziali un
trattamento deteriore rispetto agli altri creditori muniti di
eguale privilegio, sempre nei limiti di cui all’art. 182ter,
cit., stante il carattere speciale ed eccezionale dello stesso.
Si discute, invece, se l’art. 160, comma 2, cit., che ora,
come detto, consente la falcidiazione di tutti i crediti
assistiti da pegno, ipoteca e qualsivoglia altro privilegio
(quando i beni, sui quali dette cause di prelazione
insistono, risultino incapienti), sia applicabile anche ai
crediti tributari e contributivi pur quando il debitore che
propone il concordato o l’a.r.d. decida di non avvalersi
della transazione fiscale.
Si discute, in altri termini, se l’imprenditore che presenta
domanda di concordato preventivo o di omologazione di
a.r.d., pur senza transazione fiscale, possa egualmente
falcidiare i crediti del fisco e degli altri enti previdenziali,
già solo in ragione dell’art. 160, comma 2, l. fall.; e,
nell’affermativa, se il debitore possa, egualmente,
derogare all’ordine legale delle cause prelazione e al
principio di cui all’art, 160, comma 2, ultima parte,
riservando ai crediti tributari e contributivi un
trattamento comunque deteriore rispetto ai privilegi di
pari grado, pur nel rispetto del principio di cui all’art.
182ter, comma 1, cit., appunto anche senza avvalersi
dell’istituto della transazione fiscale.
Si discute, altresì, se anche il principio di intangibilità
dell’imposta sul valore aggiunto, sancito dall’art. 182ter,
comma 1, per il concordato preventivo (e l’a.r.d.) con
transazione fiscale, si applichi solo nell’ambito di tale
specifico istituto o se, per contro, esso debba trovare
generale estensione a ogni proposta concordataria (o di
a.r.d.)
3
Dal punto di vista dogmatico, sullo sfondo di questi
interrogativi, rimane l’amletica questione circa la natura e
la portata dell’art. 182ter, comma 1, cit., e del rapporto tra
questo e le norme generali sulle condizioni e i requisiti di
accesso alla procedura concordataria.
Ebbene, molte delle questioni su accennate hanno
trovato, in tempi relativamente recenti, risposta in alcuni
interventi chiarificatori della Suprema Corte, puntuali e
ineccepibili in alcuni casi, meno comprensibili se non
sorprendenti in altri.
In ogni caso, il vivace dibattito sui problemi
interpretativi, suscitati dalle tematiche sopra ricordate,
continua a protrarsi e ad alimentarsi di opinioni diverse
ma egualmente autorevoli.
Pur consapevoli dei limiti imposti dall’economia di
questo lavoro, pertanto, scopo del presente contributo è
quello di ripercorrere i principali interrogativi e le risposte
della giurisprudenza, anche di legittimità, nonché della
dottrina più autorevole, onde verificarne la coerenza con
la ratio delle riforme tanto discusse e la compatibilità con i
principi della nostra carta costituzionale.
2. I Crediti prededucibili nella legge fallimentare
riformata.
La funzione del riparto in sede fallimentare è, come ben
noto, l’essenza stessa dell’esecuzione concorsuale e
consiste, in sostanza, nella distribuzione a favore dei
creditori di quanto realizzato dalla liquidazione dei beni,
dall’incasso dei crediti e dalla sopravvenienza di attività4.
Sicchè il conflitto tra creditori, conseguente alla
condizione di insufficienza dell’attivo fallimentare
(connaturata alla procedura di cui, anzi, a ben vedere, né
costituisce il presupposto), trova soluzione nell’art. 111,
r.d. 16 marzo 1942, n. 2675, che pone le tre macro
categorie dei crediti, rispettivamente, prededucibili,
privilegiati e chirografari, secondo una gerarchia inscritta
in uno schema ulteriore a latere degli artt. 2777 e ss. c.c.
La graduazione del passivo fallimentare, naturalmente,
non si esaurisce nella predetta articolazione, nel senso
che, come noto, anche all’interno di ciascuna delle
summenzionate categorie si assiste a una necessaria
gerarchizzazione dei crediti.
Così all’interno di quelli privilegiati, ove si dovrà
distinguere secondo l’ordine e il grado di privilegio, e così
anche all’interno di quelli prededucibili6, ove pure la
precedenza deve senz’altro essere assegnata a quelli
muniti di privilegio, secondo il relativo ordine e grado,
come del resto appare confermato dal nuovo art. 111bis,
ultimo comma, l. fall., cit., introdotto dall’art. 100 del D.
Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e in vigore dal 16 luglio 2006.
cfr., LO MUNDO E., sub art. 111 l.f. (aggiornato da DE
MATTEIS S.), in (diretto da) LO CASCIO G., Codice
Commentato del Fallimento. Disciplina UE e transforntaliera disciplina
tributaria, Milano, 2013, p. 1421.
5 Cfr., R.d. 16 marzo 1942, in Gazz. Uff., Suppl. ord., 6 aprile, n.
81.
6 Anche con riferimento alla categoria dei creditori chirografari,
vi può essere l’eventualità in cui alcuni tra essi vengano posposti
al pagamento di altri, come accade, per esempio, per quelli
originariamente privilegiati ma degradati per incapienza del
bene o della massa loro destinati, ad esempio ex art. 2776 c.c.
4
L’art. 111bis, u.c., cit., infatti, letteralmente dispone “Se
l’attivo è insufficiente, la distribuzione deve avvenire
secondo i criteri della graduazione e della
proporzionalità, conformemente all’ordine assegnato
dalla legge”.
La stessa disposizione, in particolare, al comma 3, come
modificato dal correttivo di cui al d. lgs 169/2007,
chiarisce che “I crediti prededucibili vanno
soddisfatti per il capitale, le spese e gli interessi con
il ricavato della liquidazione del patrimonio
mobiliare e immobiliare, tenuto conto delle
rispettive cause di prelazione, con esclusione di
quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto
di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori
garantiti”.
Da ciò è agevole inferire la centralità, nell’ambito del
riparto, della disciplina dello stesso iter procedimentale
che conduce all’esecutorietà del progetto di riparto,
nonché dei rimedi di impugnazione a favore di coloro
che da esso ritengano derivi una lesione dei propri diritti,
tanto più considerati gli effetti preclusivi che ne possono
conseguire7.
La disciplina del riparto è stata, quindi, uno dei punti
nevralgici delle riforme introdotte dal legislatore ispirate,
da un lato, a esigenze di snellimento e celerità dello
svolgimento della procedura fallimentare (le quali hanno
portato a un arretramento del potere di controllo del
giudice delegato sul progetto di riparto, e a un aumento
dell’autonomia attribuita al curatore); e, dall’altro, anche
dalla necessità di porre fine ad annose querelle nella stessa
individuazione dei crediti prededucibili; esigenza cui,
all’evidenza, il legislatore ha tentato di dare risposta
attraverso l’elaborazione della definizione normativa di
“crediti prededucibili” di cui all’art. 111, l.f., cit.8
Cfr. LO MUNDO E., sub art. 111, l.f., cit., p. 1422, che parla
di doppia efficacia preclusiva con riferimento al disposto
dell’art. 112, l.f., per i creditori insinuati tardivamente - i quali,
appunto, partecipano solamente ai riparti posteriori alla loro
ammissione in proporzione del rispettivo credito, salvo il diritto
di prelevare le quote che sarebbero loro spettate anche nei
precedenti riparti, se e nei limiti in cui assistiti da cause di
prelazione o se il ritardo è dipeso da cause ad essi non
imputabili; e al disposto di cui all’art. 114, comma 1, l.f., a tenor
del quale “i pagamenti effettuati in esecuzione dei piani di
riparto non possono essere ripetuti, salvo il caso
dell’accoglimento di domande di revocazione”.
8 Con riferimento alle innovazioni introdotte con la riforma di
cui al d. lgs. 5/2006, cit. e al d. lgs. 169/2007, cit., si rinvia, per
una disamina articolata della nuova disciplina degli artt. 110,
111, e 111 bis, l.f., a RUGGERO A., Commento sub artt. 110,
111, 111bis, in Il nuovo diritto fallimentare – commentario, (diretto
da) JORIO A. e (Coordinato da) FABIANI M., Bologna, 2007,
pp. 1818 ss.; MIELE C., Commento sub artt. 110, 111, in La Legge
fallimentare – commentario teorico-pratico, a cura di FERRO M.,
Padova, 2007, pp. 866 e ss.; LIMITONE G., Commento sub art.
111 bis, in La Legge Fallimentare – Commentario teorico pratico, a cura
di FERRO M., cit., p. 879; BONFATTI S., La ripartizione
dell’attivo, in BONFATTI S. – CENSONI P.F., Manuale di diritto
fallimentare, Padova, 2007, pp. 343 e ss.; ZOPPELLARI M.,
Commento sub artt. 110, 111, 111bis, in Il nuovo fallimento –
commentario, a cura di SANTANGELI F., Milano, 2006, pp. 536
e ss.; SILVESTRINI A., Commento sub artt. 110 e 111, in La
Riforma della legge fallimentare, a cura di NIGRO A. – SANDULLI
M., Torino, 2006, p. 669; PACCHI S., Commento sub art. 111bis,
in La riforma della legge fallimentare, a cura di NIGRO A. –
SANDULLI M., cit., pp. 682 ss.; GUGLIELMUCCI L., Diritto
7
4
Nella sua formulazione ante riforma, invero, l’art. 111, l.f.
non conteneva una definizione espressa di “crediti
prededucibili”, giacché detta disposizione - che ai numeri
2 e 3 del comma 1, disciplinava, rispettivamente, i crediti
privilegiati e i crediti chirografari - al numero 1, invece, si
limitava a precisare che le somme ricavate dalla
liquidazione dell'attivo dovevano essere erogate per il
pagamento (prima di tutto il resto) “delle spese,
comprese le spese anticipate dall'erario, e dei debiti
contratti per l'amministrazione del fallimento e per
la continuazione dell'esercizio dell'impresa, se
questo è stato autorizzato”.
Sicchè, in dottrina si è a lungo dibattuto sull’individuazione dei crediti prededucibili9 spendendo fiumi d’inchiostro alla ricerca di un criterio utilizzabile a tal fine.
Inizialmente i criteri prevalentemente adottati erano
quello temporale e quello della riferibilità del debito ad
organi del fallimento. Venivano, a tale stregua, ritenuti
prededucibili i crediti sorti dopo l’apertura della
procedura fallimentare, per effetto di obbligazioni
assunte dai suoi organi.
Si parlava, a tale proposito, di “debiti di massa” e, in
quanto finalizzati alla gestione della procedura, venivano
considerati debiti del fallimento10, come tali distinti da
quelli del fallito11.
Successivamente, tuttavia, prevalse l’orientamento
secondo cui, a prescindere dalla derivazione genetica
dagli organi fallimentari, il credito poteva considerarsi
prededucibile se ricollegabile alla procedura concorsuale
e, direttamente o indirettamente, ai suoi organi12.
Anche la giurisprudenza, infatti, finì con il riconoscere il
carattere della prededucibilità dei crediti sorti dopo la
procedura concorsuale minore che fosse sfociata nel
fallimento, allorquando le passività fossero state contratte
nell’interesse della massa dei creditori - salvo poi
Erano, ad esempio, considerati prededucibili, le spese di
giustizia, i compensi per il curatore e per i professionisti che
assistevano la procedura, le spese, comprese le imposte,
derivanti da liquidazione dei beni ovvero gli oneri necessari per
la conservazione e l’incremento delle attività acquisite all’attivo
fallimentare o quelli per l’esercizio provvisorio dell’impresa.
11 In realtà la definizione “debiti della massa” venne poi
aspramente criticata da autorevole dottrina, siccome ritenuta
non appropriata e tecnicamente inesatta a motivo che essi
sono e rimangono debiti del fallito, non potendosi ritenere la
procedura un soggetto autonomo. Cfr., BONSIGNORI A.,
La liquidazione dell’attivo, cit., p. 226; CENSONI P. F.,
L’amministrazione straordinaria delle imprese armatoriali e i «debiti
della massa», in Giurisprudenza commerciale, 1983, fascicolo 2/I, p.
185; RAGUSA MAGGIORE G., voce “Passivo
(accertamento)”, in Enc. Dir., XXXII, Milano, 1982, pp. 183 e
s. In tal senso, anche la Suprema Corte, con un orientamento
in auge già dagli anni settanta, aveva avuto modo di chiarire
che “La categoria dei debiti di massa - che anche se assunti dopo la
dichiarazione di fallimento devono pur sempre considerarsi debiti del
fallito al quale il curatore è subentrato nell'amministrazione” (cfr., per
tutte, Cass. Civ., sez. I, 10 novembre 1997, n. 11044, in Giust.
civ. Mass., 1997, 2119; e in Fallimento, 1998, 1133; Cass. civ.,
sez. lav. 12 novembre 1994, n. 9526, in Giust. civ.
Mass. 1994, fasc. 11; Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 1979, n. 353,
in Giur. Comm., 1980, II, 186). Cfr., ancora, RAGUSA
MAGGIORE G., voce “Fallimento. (liquidazione e ripartizione
dell’attivo)”, in Enc. Treccani, XIII, Roma, 1989, p. 17, per il
quale di prededuzione vera e propria può parlarsi solo ex artt.
34, 73, 109, comma 2, e 110, l.f., nella versione ante riforma.
12 Cfr., APICE U., Prededucibilità dei crediti sorti in pendenza di
amministrazione controllata nel fallimento consecutivo, in il Fall., 1986,
p. 650; LO CASCIO G., il fallimento e le altre procedure concorsuali,
Milano 1998, p. 723; cfr., LO MUNDO E., sub art. 111 l.f.
(aggiornato da DE MATTEIS S.), in (diretto da) LO CASCIO
G., Codice Commentato del Fallimento, cit, p. 1425, il quale ricorda
che, in generale, si era ritenuto che i crediti assunti da
un’impresa in amministrazione controllata, pur non qualificabili
come crediti assunti dagli organi di procedura, non potevano
essere considerati alla stessa stregua di crediti assunti da
un’impresa in bonis, sia perché l’attività di vigilanza degli organi
di procedura rendeva loro riferibili i debiti contratti dall’impresa
sia perché le nuove obbligazioni trovavano giustificazione nella
natura gestoria – risanatoria dell’amministrazione controllata,
finalizzata alla tutela del ceto creditorio. Tale interpretazione, in
particolare, trovava argomento testuale nell’art. 168, l.f., che
enunciando il divieto, in pendenza di amministrazione
controllata, di azioni esecutive individuali per i crediti sorti
anteriormente all’apertura della procedura, fornisca punto
argomentazione a contrario nel senso che quelli sorti
posteriormente fossero da ritenere prededucibili.
10
fallimentare. La nuova disciplina delle procedure concorsuali giudiziali,
Torino, 2006, pp. 243 ss.; FERRI C., La ripartizione dell’attivo nel
fallimento, in Riv. dir. proc., 2006, pp. 1281 ss.; BOZZA G., La
tutela dei diritti nella ripartizione dell’attivo, in (a cura di) FABIANI
M. – PATTI A., La tutela dei diritti nella riforma fallimentare, Scritti
in onore di Giovanni Lo Cascio, Milano, 2006, pp. 197 e ss.
Tra le novità apportate alla disciplina del riparto, oltre a quelle
sulla definizione dei crediti privilegiati, merita sommariamente
ricordare la modifica dell’art. 110, comma 1, l.f., aumentando
l’intervallo nella frequenza dei riparti parziali, portata invero a
quattro mesi; il nuovo regime delle impugnazioni di cui all’art.
110, commi 2 e 4, l.f.; la modifica delle modalità di
accertamento e di pagamento dei crediti prededucibili, di cui al
nuovo art. 111bis, l.f.; la maggior specificazione della definizione
di massa immobiliare di cui all’art. 111ter l.f.; la disciplina del
trattamento delle spese e degli interessi per alcune categorie di
creditori privilegiati di cui all’art. 111quater l.f.
Il d. lgs. 169/2007, cit., invece, al di là di modifiche
terminologiche (sostituzione dell’espressione di “debiti
prededucibili” con “crediti prededucibili”, ha comunque
apportato modifiche di minore incisività quali, ad esempio,
l’abrogazione dell’art. 111 bis, comma 2, l. fall., la sostituzione
del criterio di proporzionalità con il criterio delle cause di
prelazione per il pagamento dei creditori prededucibili in caso
di insufficienza dell’attivo; estensione della necessità della
preventiva autorizzazione del comitato dei creditori e del
giudice delegato per qualsiasi pagamento, qualunque sia
l’importo, espungendo l’inciso che consentiva al Curatore di
prescinderne per quelli fino a euro venticinquemila.
9 Cfr., BONSIGNORI A., Della liquidazione dell’attivo, in
Commentario Scialoja e Branca, La Legge Fallimentare, Bologna –
Roma, 1976, p. 223; COPPOLA A., sub art. 111, l. fall., in
MAFFEI ALBERTI A., Commentario breve alla legge fallimentare,
Padova, 2009, pp. 666 e ss.; ID, sub art. 111, l. fall., in MAFFEI
ALBERTI A., Commentario breve alla legge fallimentare, Padova,
2013, pp. 773 e ss. L’individuazione era ritenuta rilevante sia ai
fini dell’ordine di distribuzione, sia sotto il profilo sostanziale
della loro estinzione nell’ambito del procedimento fallimentare,
atteso che, ove non soddisfatti, si riteneva non potessero essere
fatti valere contro il debitore tornato in bonis. Cfr., anche
CAVALAGLIO A., I crediti prededucibili nelle procedure concorsuali
(Parte prima: la disciplina previgente), in Il diritto fallimentare, 2010, I,
p. 467, secondo cui, poiché non si tratta di crediti concorrenti, i
crediti prededucibili, ove non risultino estinti o completamente
estinti durante la procedura, devono essere soddisfatti prima dei
creditori privilegiati e chirografari in occasione del riparto finale,
ultimo momento utile in quanto precede immediatamente la
chiusura del fallimento, utilizzando anche gli accantonamenti
doverosamente effettuati in occasione dei precedenti riparti
parziali.
5
discutersi su quali dovessero essere le caratteristiche della
passività contratta nel corso della procedura minore al
fine di essere qualificata punto “utile” alla massa dei
creditori.
Sicchè, a differenza di quanto pacificamente ritenuto per
l’amministrazione controllata13, per il concordato
preventivo, invece, i debiti contratti nel corso di detta
procedura non vennero per lungo tempo considerati
prededucibili nella successiva procedura concorsuale,
appunto a motivo della ritenuta finalità liquidatoria e non
conservativa del concordato preventivo14.
3. Il nuovo art. 111, comma 2, l.f.: I crediti
prededucibili qualificati da specifiche disposizioni
di legge.
Il nuovo art. 111, l.f. ha segnato, quindi, un superamento
di alcuni dei pregressi ambiti di incertezza.
cfr., per tutte, Cass. civ., SS. UU., 14 ottobre 1977, n. 4370;
Cass. civ. 17 giugno 1995, n. 6852, in Giust. civ. mass., 1995., f. 6,
e in Fall., 1996, 46, e in Giur. it. 1996, I,1, 358, e in Nuova giur.
civ. commentata, 1996, I, 649, con nota di ZACCARIA G.; Cass.
civ. 28 luglio 1999, n. 8164, in Fall., 2000, 8, p. 860, con nota di
LAMANNA F., e in Giust. civ. Mass., 1999, 1735, e in Dir. e prat.
soc., 1999, 23, 70). La Corte Costituzionale ha, peraltro, ritenuto
“manifestamente infondata l'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art.
111 n. 1 r.d. 16 marzo 1942 n. 267 (l. fall.), sollevata in riferimento agli
art. 3, 24 e 25 cost., nella parte in cui, secondo l'interpretazione
giurisprudenziale prevalente, prevede che il pagamento dei crediti insorti
durante l'amministrazione controllata deve avvenire in prededuzione nel
successivo fallimento”, evidenziando, in sede motiva, che non vi è
alcun trattamento lesivo dei creditori, ancorchè prelatizi,
“antecedenti” l’apertura dell’amministrazione controllata,
individuando nella prededuzione accordata ai creditori
“susseguenti” un mezzo idoneo a riequilibrare il maggior rischio
contrattuale cui questi erano esposti e ad incentivare il credito
nell’interesse del buon esito della procedura e quindi
nell’interesse di tutti i creditori. Cfr., C. Cost., 27 gennaio 1995,
n. 32, in Giur. it., 1995, I, 241, e in Fall., 1995, 346, e in Giur.
cost. 1995, 348, e in Dir. fall., 1995, II, 317, con nota di
RAGUSA MAGGIORE G..
14 cfr., peraltro, Cass. civ., 16.6.1994, n. 582, in Fall., 1995, 1, 51,
nota di PATTI A., la quale, addirittura aveva escluso, non solo
dalla prededuzione, bensì dal privilegio, anche le spese del
difensore incaricato dal fallito, dopo la dichiarazione di
fallimento, di impugnare la sentenza di fallimento conseguente
al giudizio di non omologazione, quando l’incarico vien
conferito dopo la dichiarazione del fallimento e senza
autorizzazione del G.D.: “Gli oneri e le spese dovuti al difensore per
l'opera prestata nel giudizio di impugnazione della sentenza dichiarativa di
fallimento conseguente alla non omologazione del concordato preventivo non
debbono essere pagati in prededuzione nè in via privilegiata, quando il
difensore stesso sia stato officiato dopo la dichiarazione di fallimento e
senza l'autorizzazione del giudice delegato. Infatti il pagamento in
prededuzione, derogando alla "par condicio creditorum", non può essere
effettuato per le obbligazioni assunte dall'imprenditore, o in suo favore,
dopo l'ammissione alla procedura di concordato preventivo e dopo il
fallimento. Non sono invero riferibili alla "massa" le obbligazioni contratte
dopo il fallimento senza l'autorizzazione del giudice delegato. Nè le spese
in questione possono costituire passività del patrimonio dell'imprenditore
insinuabili al passivo con il competente privilegio, perché trattasi di debiti
sorti dopo la dichiarazione di fallimento”. Cfr., tuttavia, Cass. civ., 3
ottobre 1983, n. 5753, in Giust. civ. Mass. 1983, fasc. 9, e in
Fall., 1984, 691, secondo cui a detta regola della non
prededucibilità dei debiti contratti in corso di procedura,
tuttavia, farebbe eccezione per le spese dell’ufficio, ossia quelle
del Commissario Giudiziale e del liquidatore;
13
La riforma del 2006, infatti, ha esplicitamente introdotto
al n. 1, del comma 1, dell’art. 111, l.f., il riferimento ai
“crediti prededucibili” specificando, al comma 2, che
sono considerati tali quelli15 così qualificati da una
specifica disposizione di legge – che, appunto,
solitamente li definisce quali “crediti regolati dall’art. 111
l. fall.” - “e quelli sorti in occasione o in funzione delle
procedure concorsuali”16.
I)Tra i crediti prededucibili in quanto qualificati tali da
specifiche disposizioni di legge merita ricordare,
anzitutto, nel caso di fallimento del conduttore, il credito
del locatore dell’immobile ad un equo indennizzo per
anticipato recesso del curatore ai sensi dell’art. 80, l.
fall.17; il credito di cui all’art. 103 l.f. all’integrale
pagamento del valore della cosa a favore del soggetto
terzo che avrebbe avuto titolo alla restituzione, quando la
cosa, già in possesso del fallito sino all’apposizione dei
sigilli, sia stata successivamente dispersa; e, ancora, il
credito all’equo indennizzo per lo scioglimento del
contratto di affitto di azienda, ex art. 79, l.fall.
Merita anche ricordare che, in materia di amministrazione
straordinaria, sotto la vigenza della l. 3 aprile 1979, n. 95,
la qualificazione dei debiti sorti anteriormente all’inizio
della procedura quali debiti della massa da soddisfare in
prededuzione era prevista dall’art. 4, d. l. 31 luglio 1981,
n. 414, convertito con modificazioni in l. 2 ottobre 1981,
n. 544, per l’anzianità dovuta ai dipendenti dell’impresa;
dall’art. 1, d. lg. n. 28 aprile 1982, n. 185, convertito in l.
25 giugno 1982, n. 381, per i debiti derivanti dal rapporto
di lavoro subordinato o nei confronti di soggetti stranieri
le cui azioni cautelari o esecutive avessero ostacolato la
continuazione dell’esercizio dell’impresa armatoriale; e,
ancora, dall’art. 3, comma 3, lett. e), l. 11 ottobre 1983, n.
546, per debiti contratti per l’acquisto di bietole.
Con riferimento alla nuova procedura di amministrazione
straordinaria, l’art. 52, d. lgs. 8 luglio 1999, n. 270,
prevede che i crediti sorti per la continuazione
dell’esercizio dell’impresa e la gestione del patrimonio del
debitore durante l’amministrazione straordinaria siano
soddisfatti in prededuzione anche nel fallimento
successivo18.
II) Il d.l. 78/2010, cit., convertito in legge con
modificazioni dalla l. 122/2010, cit., inoltre, ha inserito,
15L’art.
111, comma 2, l.f., come sostituito dall’art. 99 del D.
Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, in vigore dal 16 luglio 2006, parlava di
“debiti prededucibili” – anche se è chiaro che il riferimento è
alle poste passive del fallimento – poi, opportunamente,
sostituito dalla locuzione “crediti prededucibili”, a mezzo del
correttivo (art. 8 del D. Lgs. 12 settembre 2007, n. 169).
16 Nell’ambito della liquidazione coatta amministrativa, la
prededuzione è regolata dall’art. 212, l. fall., il quale dispone che
le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo siano distribuite
secondo l’ordine stabilito dall’art. 111, l. fall.
17 Vi era, altresì, il credito all’equo indennizzo nel caso di
recesso dal contratto di affitto d’azienda, qualunque sia la parte
fallita, di cui all’art. 80 bis l. fall., epperò abrogato dall’art. 4,
comma 13, d. lgs. 169/07, cit. a decorrere dall’1 gennaio 2008.
18 Cfr., ZANICHELLI V., La nuova disciplina del fallimento e delle
altre procedure concorsuali dopo il d. lgs. 12 settembre 2007, n. 169,
Torino, 2008, p. 321, secondo il quale la prededucibilità si
estende anche alle spese contratte in occasione della procedura
disciplinata dal d. l. n. 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con
modificazioni, in legge 18 febbraio 2004, n. 39, c.d. “decreto
Marzano”.
6
tra gli altri, l’art. 182quater, che ha introdotto nuove
categorie di crediti prededucibili, quali:
- i crediti per i finanziamenti erogati da banche o
intermediari finanziari in esecuzione di un
concordato preventivo o di un accordo di
ristrutturazione dei debiti omologato (art. 182quater,
comma 1, l.f., nella versione introdotta dall’art. 48,
comma 1, d.l. 78/2010, cit.);
- i crediti derivanti da finanziamenti effettuati, sempre
dai soggetti predetti, in funzione della domanda di
ammissione alla procedura di concordato preventivo
o dell’omologazione dell’accordo di ristrutturazione
dei debiti, quando tali finanziamenti siano previsti
dal piano di cui all’art. 160, l.f. o dall’accordo di
ristrutturazione (i c.d. finanziamenti-ponte), purchè
la prededuzione sia espressamente disposta dal
tribunale nel provvedimento con cui accoglie la
domanda di ammissione al concordato preventivo
ovvero omologa l’accordo (art. 182quater, comma 2,
l.f., nella versione ex d. l. 78/2010, cit.)19;
- i crediti per i finanziamenti effettuati dai soci,
sempre ovviamente in esecuzione di un concordato
preventivo o di un accordo di ristrutturazione, nella
misura dell’80% (art. 182quater, comma 3, l.f., nella
versione ex d. l. 78/2010, cit.)20;
- i crediti per compensi del professionista incaricato di
attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità
del piano di concordato preventivo o l’attuabilità
dell’accordo di ristrutturazione dei debiti21, purchè la
prededuzione sia espressamente disposta dal
Tribunale che accoglie la domanda di ammissione al
concordato preventivo o omologa l’accordo (art.
182quater, comma 4, l.f., nella versione ex d. l.
78/2010, cit.)22.
Come giustamente messo in evidenza da LO MUNDO E.,
op. cit., p. 1428, e da FABIANI M., L’ennesima riforma della legge
fallimentare. L’ulteriore upgrade degli accordi di ristrutturazione e
l’incentivo ai finanziamenti nelle soluzioni concordate, in Fall., 2010, p.
895, è chiaro che la ratio di tal previsione è quella di agevolare
l’accesso dell’impresa in crisi all’apporto di nuove risorse
finanziarie, spesso imprescindibili in un processo di
ristrutturazione delle passività delle passività; accesso,
evidentemente, difficilmente ottenibile ove il credito dei
finanziatori, nella possibile ipotesi di conseguente fallimento,
fosse collocato in una posizione deteriore.
20 Si tratta, evidentemente, di una modifica, circoscritta allo
specifico caso dei finanziamenti erogati dai soci in esecuzione di
un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione, e
alla limitata misura dell’80%. È, quindi, una deroga speciale alla
regola generale della postergazione prevista dall’art. 2467 e
2497-quinquies c.c. e che, dunque, anche secondo LO MUNDO
E., op. cit., p. 1429, dovrebbe continuare a operare per il restante
20%. In tal senso, anche NARDECCHIA, sub art. 182quater,
l.f., in (a cura di) LO CASCIO G.¸ Codice Commentato del
Fallimento, cit, p. 2205;ID, Gli effetti del concordato preventivo sui
creditori, Milano, 2011, p. 272;AMBROSINI S., Profili civili e penali
delle soluzioni negoziate nella l. 122/2010, in fall., 2011, p. 647;
FABIANI M., L’ennesima riforma, cit., p. 906; MORELLINI L.,
L’art. 182quater, L. Fall: novità e criticità, in Fall., 2011, p. 902;
STANGHELLINI L., Finanziamenti-ponte e finanziamenti alla
ristrutturazione, in Fall., 2010, p. 1364;
21 Non era prevista, invece, la prededucibilità del compenso
spettante al professionista che attesta la ragionevolezza del
piano di risanamento di cui all’art. 67, comma 3, lett. d, l. fall.
22 Parte della dottrina ha evidenziato, fin dall’introduzione di
tale norma, che, in realtà si tratterebbe di controllo di legittimità
19
III)Il quadro così risultante dei casi di prededucibilità
previsti da specifiche disposizioni di legge, però, è stato
ulteriormente aggiornato dal d.l. 83/2012, cit., convertito
con modificazioni, dalla l. 134/2012, il quale, come noto:
1) all’art. 33, comma 1, lett. b, n. 4, d.l. 83/12, cit., ha
modificato il comma 7 dell’art. 161, l.f., prevedendo
che i crediti di terzi eventualmente sorti per effetto
degli atti legalmente compiuti dal debitore durante il
concordato preventivo sono prededucibili ai sensi
dell’art. 111, l.f. Si tratta, all’evidenza, di un credito
che diventa prededucibile quando l’atto compiuto
dopo il deposito del ricorso per l’ammissione al
concordato preventivo23 sia di ordinaria amministrazione ovvero, ove di straordinaria amministrazione,
sia stato posto in essere previa autorizzazione del
Tribunale ex art. 161, comma 7, l.f., e artt. 167 e 168,
l.f.24;
2) Il predetto intervento normativo ha, inoltre,
modificato in più punti l’art. 182quater, l.f., e
segnatamente:
- ha modificato l’art. 182quater, comma 1, cit., a mezzo
dell’art. 33, comma 1, lett. e-bis), n. 1, d.l. 83/2010,
cit., estendendo la prededucibilità ai finanziamenti in
esecuzione di un concordato preventivo ovvero di
un accordo di ristrutturazione per debiti omologato
ai sensi dell’art. 182bis, in qualunque forma e da
chiunque erogati25;
- ha sostituito l’art. 182quater, comma 2, cit., a mezzo
dell’art. 33, comma 1, lett. e-bis), cit., n. 2,
prevedendo analoga estensione per i finanziamenti
da chiunque erogati, sempre in qualunque forma, in
funzione della presentazione della domanda di
ammissione al concordato preventivo o della
domanda di omologazione dell'accordo di
ristrutturazione dei debiti; ferma la condizione che
detti finanziamenti siano previsti dal piano di cui
all’art. 160, l.f. o dall’accordo di ristrutturazione e
purchè la prededuzione sia espressamente disposta
dal tribunale nel provvedimento con cui accoglie la
domanda di ammissione al concordato preventivo
ovvero omologa l’accordo;
- ha sostituito l’art. 182quater, comma 3, cit., a mezzo
dell’art. 33, comma 1, lett. e-bis), cit., n. 3,
prevedendo un’estensione della prededucibilità, in
favore dei soci, non solo in relazione ai
e non di merito, volto, cioè, ad accertare che l’attestazione del
professionista sia stata effettivamente funzionale all’ammissione
della procedura (cfr., FABIANI M., L’ennesima riforma della legge
fallimentare, cit, p. 895).
23 La norma, facendo riferimento a crediti sorti in esecuzione di
un concordato preventivo di cui agli artt. 160 e ss., è si applica a
tutti i tipi di concordato, compreso il concordato per continuità
aziendale di cui all’art. 186 bis l.f. (Cfr. NARDECCHIA, G.B.,
sub art. 182quater, l.f., in (a cura di) LO CASCIO G.¸ Codice
Commentato del Fallimento, cit,, p. 2220).
24 Cfr., DIMUNDO F., sub art. 161, in (diretto da) LO
CASCIO G., Codice Commentato del Fallimento, cit, p. 1907.
25 Sulle perplessità e sui dubbi di legittimità costituzionale che
l’originaria formulazione, nel limitare la prededucibilità soltanto
ai crediti per i finanziamenti effettuati da banche e intermediari,
aveva suscitato, cfr. DIDONE A., Prededuzione dei crediti. La
prededuzione dopo la L. n. 134 del 2012 (prededuzione ‘‘ai sensi’’ e
prededuzione ‘‘ai sensi e per gli effetti’’?), in Fall., 2013, p. 913.
7
finanziamenti dagli stessi effettuati in esecuzione di
concordato preventivo e di accordo di
ristrutturazione, ma anche per quelli erogati in
funzione della presentazione della relativa domanda,
rispettivamente, di ammissione al c.p. e di
omologazione dell’a.r.d. – per effetto del richiamo
statuito nell’art. 182quater, comma 3, cit., non più
solo ai finanziamenti di cui al primo comma, bensì
anche a quelli di cui al secondo comma, pur quando
effettuati da soci – sempre nei limiti dell’ottanta
percento dell’intero credito e prevedendo, altresì,
che tali disposizioni si applichino anche quando il
finanziatore abbia acquisito la qualità di socio in
esecuzione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti
o del concordato preventivo;
- ha abrogato l’art. 182quater, comma 4, l.f., a mezzo
dell’art. 33, comma 1, lett. e-bis), cit., n. 4,
eliminando, quindi, la norma che, con specifico
riferimento ai crediti per i compensi del
professionista incaricato di attestare la veridicità dei
dati aziendali e la fattibilità del piano di concordato
preventivo
o
l’attuabilità
dell’accordo
di
ristrutturazione dei debiti, ne subordinava la
prededucibilità all’espressa previsione in tal senso da
disporsi nel decreto del giudice che accoglie la
domanda di ammissione al concordato preventivo o
che omologa l’accordo di ristrutturazione.
3) Ha introdotto, sempre a mezzo dell'art. 33, cit., l’art.
182quinquies, che:
- ai commi 1 e ss., l.f., consente al debitore, sia pur
dopo il deposito della domanda prenotativa di
concordato preventivo (ovvero domanda di
omologa o proposta di a.r.d., ai sensi dell’art. 182bis,
commi 1 o 6, l. fall.), di contrarre finanziamenti
prededucibili ai sensi dell’art. 111, l.f., c.d.
“finanziamenti interinali”26, ma solo previa autorizzazione del Tribunale e previa verifica del
complessivo fabbisogno finanziario dell’impresa sino
all’omologazione, nonchè attestazione della relativa
funzionalità al miglior soddisfacimento dei creditori,
da parte di professionista designato dal debitore e in
possesso dei requisiti di cui all’art. 67, comma 3, lett.
d), l.f.27;
Tale definizione è usata da DIDONE A., Prededuzione dei
crediti. La prededuzione dopo la L. n. 134 del 2012, cit., p. 915;
definizione senz’altro preferibile a quella di “finanziamenti
strumentali”, siccome generica e suscettiva di determinare
confusione con gli altri finanziamenti funzionali, pur utilizzata
da AMBROSINI S., I finanziamenti bancari alle imprese in crisi dopo
la riforma del 2012, in Dir. Fall., 2012, I, 469 e ss.
27 Cfr., NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2209, che, a mente del
combinato disposto degli artt. 182quater, l.f., e 182quinquies, l.f.,
distingue, opportunamente, nell’ambito dei crediti per
finanziamenti prededucibili, tra quelli concessi per rendere
possibile il deposito del ricorso ed eseguire, dopo l’omologa, il
concordato; e quelli necessari per affrontare il lasso di tempo
che va dal deposito della domanda all’omologazione, purchè
funzionali alla miglior soddisfazione dei creditori.
L’art. 182quinquies, cit., in particolare, si riferisce anche al
concordato in bianco o prenotativo ex art. 161, comma 6, l.f.,
con riserva di depositare i documenti di cui all’art. 161, comma
2 e ss., l.f., nei termini assegnati dal giudice. Diversamente,
infatti, il finanziamento non potrebbe che essere un
finanziamento ponte in vista dell’ammissione e, allora,
prededucibile nella misura in cui già previsto nel piano ed
26
-
ai commi 4 e 5, ancora, prevede la possibilità per il
debitore che presenti, rispettivamente, domanda,
anche prenotativa, di concordato preventivo con
continuità aziendale, ovvero domanda di
omologazione o proposta di a.r.d. (ai sensi dell’art.
182bis, rispettivamente, commi 1 o 6, cit.), di
chiedere al Tribunale autorizzazione a pagare crediti
anteriori per prestazioni di beni o servizi, sempre alla
condizione che un professionista in possesso dei
requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera
d), attesti che tali prestazioni sono essenziali per la
prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad
assicurare la migliore soddisfazione dei creditori.
Si prevede, altresì, che l'attestazione del
professionista non è necessaria per pagamenti
effettuati fino a concorrenza dell'ammontare di
nuove risorse finanziarie che vengano apportate al
debitore senza obbligo di restituzione o con obbligo
di restituzione postergato alla soddisfazione dei
creditori.
Si prevede, infine, per i pagamenti di debiti anteriori
per servizi e beni essenziali autorizzati dal Tribunale
nell’ambito degli a.r.d., ai sensi dell’art. 182quinquies,
comma 5, l’esenzione da revocatoria ex art. 67, l. fall.
3.1. Segue: Alcune brevi considerazioni sulla
prededucibilità dei crediti da finanziamenti.
I) crediti da finanziamenti in esecuzione
Orbene, con precipuo riferimento alle novità introdotte
dal vigente art. 182quater, l.f. e successive modifiche, si
devono ritenere prededucibili, anzitutto, i crediti derivanti
da finanziamenti finalizzati all’esecuzione del concordato
o dell’a.r.d.
Con riferimento a tale categoria28, numerose e
interessanti sono le questioni affrontate dalla più
espressamente dichiarato tale con il decreto di ammissione, ai
sensi dell’art. 182quater, commi 2 e 3, l.f.; ovvero un
finanziamento in vista dell’esecuzione da erogarsi dopo la
omologazione del concordato, ai sensi dell’art. 182quater, cit.,
comma 1.
Merita evidenziare, peraltro, la particolare debolezza della tutela
dei finanziatori ex art. 182quater, commi 2 e 3, l. fall., per i
finanziamenti-ponte, rispetto a quelli “interinali” di cui all’art.
182quinquies, in commento. Questi ultimi, infatti, vengono
previamente autorizzati dal tribunale; sicchè il finanziatore
avrebbe modo di assicurarsi preventivamente della
pededucibilità del proprio credito, verificando l’esistenza
dell’autorizzazione e dell’attestazione del professionista richieste
dall’art. 182quinquies, comma 1, cit.; diversamente, per i
finanziamenti-ponte, se questi vengono erogati prima del
deposito della domanda, il debitore potrebbe solo assumere un
impegno a prevedere la prededuzione del relativo credito
restitutorio nel piano da presentare; impegno la cui violazione
potrebbe comportare, al più, un mero obbligo risarcitorio. Cfr.,
NARDECCHIA, op. loc. ult. cit., che esclude, infatti, la possibilità
di impugnare il decreto di ammissione al concordato ex art. 163,
l.f., che non preveda la prededucibilità perché non richiesta dal
debitore, sia con il reclamo sia con il ricorso per cassazione ex
art. 111 cost.
28
Cfr., NARDECHIA G.B., op. cit., p. 2206, secondo il quale
la prededucibilità opererebbe solo nell’ipotesi del successivo
fallimento, atteso il riferimento testuale all’art. 111, l.f. che
regola il riparto in sede fallimentare, laddove in sede
concordataria dovrebbero valere le condizioni contrattualmente
8
autorevole dottrina all’indomani dall’introduzione della
norma in questione.
1) Ci si è chiesto, anzitutto, se la prededucibilità sia
limitata ai casi in cui il concordato sia stato già omologato
o, per contro, si estenda anche ai finanziamenti erogati
prima dell’omologa della proposta29.
2) Si discute, altresì, se la prededucibilità riconosciuta ai
crediti da finanziamenti in esecuzione potesse precludere
al finanziatore di opporre l’eccezione di insolvenza ex art.
1461 c.c., al fine di bloccare l’erogazione del
finanziamento nel concordato preventivo approvato e/o
omologato, nel caso in cui sorgano problematiche, pur
indipendenti dalla volontà del debitore, tali da mettere in
dubbio la fattibilità del piano30.
pattuite tra le parti. In tal senso, l’autore sottolinea anche detti
creditori non sono assoggettati agli effetti del concordato che, ai
sensi dell’art. 184, l.f., si producono obbligatoriamente solo per
i soli creditori anteriori alla pubblicazione del ricorso nel
registro delle imprese; e ciò a ulteriore conferma, ove ve ne
fosse bisogno, che solo nella successiva sorte fallimentare vi era
l’esigenza di regolamentare detti crediti, non invece in sede
concordataria, ecco il perché del riferimento, nell’art. 182quater,
comma 1, cit., all’art. 111, l.f.
29 Sul punto, a favore dell’estensibilità della prededuzione anche
a crediti per finanziamenti erogati prima dell’omologa, cfr.,
FABIANI M., L’ennesima riforma della legge fallimentare, cit., p. 904;
LO CASCIO G., Finanziamenti alle imprese in crisi: nuove garanzie
alle banche, in Corr. Giur., 2010, p. 1270; contra, a favore della tesi
limitativa, cfr., NARDECCHIA, G.B., sub art. 182quater, l.f., in
(diretto da) LO CASCIO G., Codice Commentato del Fallimento, cit,
p. 2203 e s., il quale evidenzia che condizione del
riconoscimento del beneficio della prededuzione è l’emissione
del decreto di omologazione ex art. 180 l.f. - sia pur senza la
necessità del riconoscimento della prededuzione nel decreto di
omologa; e, in questo senso, cfr., anche FERRO M. –
FILOCAMO F.B., sub art. 182quater, in FERRO M. (a cura di),
La Legge Fallimentare, Padova, 2011, p. 2194 - e adduce
molteplici ragioni sostegno di tale lettura, tra le quali, in
particolare, il fatto che, diversamente, la disposizione che si
commenta si sovrapporrebbe all’art. 111, comma 2, l.f., che già
prevede la prededucibilità dei crediti sorti in occasione e in
funzione delle procedure concorsuali di cui alla legge
fallimentare; nonché la diversità di presupposti dei crediti ante
omologa e di quelli post omologa, giacchè i primi sono soggetti
all’ulteriore presupposto dell’autorizzazione del giudice
delegato.
30 Cfr., NARDECCHIA G.B., op. cit., pp. 2206 e s., che risolve
la questione in senso positivo, affermando che la tutela
mediante il riconoscimento della prededuzione non esclude il
possibile inadempimento dell’obbligazione restitutoria, quanto
meno nel concordato. Anche se, sul piano della fondatezza, ove
si riconosca al Tribunale anche il potere di valutare la fattibilità
del piano, non vi è dubbio che la definitività del decreto di
omologa ex art. 180, l. fall. lascerebbe ben poche possibilità al
contraente in bonis di sospendere l’adempimento della
prestazione e salvo, evidentemente, il caso in cui lo stesso
dimostri l’esistenza del pericolo attuale di perdere la
controprestazione fondato su circostanze successive alla
definitività del predetto decreto. In realtà, a essere controverso
è lo stesso presupposto dell’inclusione, tra i poteri del Tribunale
in sede di omologazione, della funzione di valutare anche la
fattibilità del piano concordatario e, più in generale, il merito
dello stesso. Così, con riferimento al concordato preventivo, a
favore del riconoscimento di siffatta estensione del potere di
controllo del Tribunale in sede di omologa, cfr. FERRO M., Il
nuovo concordato preventivo, la privatizzazione delle procedure
riorganizzative nelle prime esperienze, in Giur. Mer., 2006, pp. 664 e
ss., e p. 690; CENSONI P. F., Il concordato preventivo, in
BONFATTI S. – CENSONI F., La riforma della disciplina
dell’azione revocatoria e del concordato preventivo e degli accordi di
ristrutturazione, Padova, 2006, p. 246; VITIELLO M., Il nuovo
concordato preventivo, disciplina e primi problemi applicativi, in
AMBROSINI S., (a cura di), La riforma della legge fallimentare,
Bologna, 2006, p. 312; MICCIO F., Appunti in tema di poteri del
tribunale nelle fasi di ammissione e di omologazione del concordato
preventivo, in DI MARZIO F., (a cura di), Il nuovo diritto delle crisi
d’impresa e del fallimento, Torino, 2006, pp. 343 ss.; in
giurisprudenza, nel senso del potere dovere del Tribunale di
verificare l’effettiva fattibilità del piano, sempre e a prescindere
dalla presenza di opposizioni all’omologazione, dovendosi
ritenere privo di validità un accordo inattuabile in concreto, cfr.
Trib. Pescara, 16 ottobre 2008, in Giur. mer. 2009, 1, p. 125;
Trib. Piacenza, 1 luglio 2008, in Giur. mer. 2009, 1, p. 149; Trib.
Roma, 224 aprile 2008, in Dir. fall. e delle soc. comm., 2008, II, p.
573; Trib. Palermo, 18 maggio 2007, in Fall., 2008, p. 75; nel
senso che tale potere di valutazione della fattibilità rientrerebbe,
comunque, in un controllo di legittimità e non nel controllo di
merito, cfr. Trib. Prato, 5 dicembre 2005, in Fall. 2006, p. 945;
Trib. Milano, 12 dicembre 2005, in Fall. 2006, p. 576; nel senso
che il Tribunale, in sede di omologa, deve sempre compiere una
nuova verifica dei requisiti di ammissibilità del concordato sia
pur già sommariamente esaminati nel decreto di ammissione,
cfr. Trib. Venezia, 30 ottobre 2008, in Fall. 2009, p. 742; Trib.
Arezzo, 19 novembre 2008, in Fall., 2009, p. 742; contra, nel
senso che in assenza di opposizioni, dei creditori dissenzienti o
di altri interessati, che ineriscano il profilo della fattibilità del
piano, il Tribunale, in sede di omologazione, debba ritenersi
privato del potere di controllo sulla fattibilità del piano in
omaggio alla potenziata natura negoziale e privatistica della
procedura, in dottrina: cfr. BOZZA G., Il sindacato del tribunale
sulla fattibilità del concordato preventivo, in Fall., 2011, p. 195;
GUGLIELMUCCI L, Lezioni di diritto fallimentare, Torino, 2006,
p. 107; JACHIA G., Rassegna di giurisprudenza sul concordato
preventivo, in Fall. 2006, p. 837; in giurisprudenza: Trib. Modena,
21 novembre 2008, in Fall., 2009, p. 742; Trib. Milano, 28
marzo 2008, in www.ilcaso.it; nel senso, in particolare, che il
Tribunale avrebbe solo un potere di indagine meramente
ricognitiva della regolarità procedurale e del raggiungimento
delle maggioranze dei crediti ammessi al voto, cfr., Trib.
Milano, 29 dicembre 2005, in Fall., 2005, p. 575; Trib. Mantova,
15 dicembre 2005, in www.ilcaso.it; Trib. Milano, 8 novembre
2005, in Fall., 2006, p. 852: Trib. Como, 22 luglio 2005, in Fall.,
2006, p. 287; in dottrina, per tale ultima affermazione, cfr., LO
CASCIO G., Il nuovo concordato preventivo ed altri filoni
giurisprudenziali, in il Fall., 2006, pp. 581 e ss.; D’AMBROSIO C.
– DI CECCO G., sub artt. 180 e 181, in NIGRO A. –
SANDULLI M. – SANTORO V., La legge fallimentare dopo la
riforma, Torino, 2010, p. 2215; SCHIAVON G., La nuova
disciplina del concordato preventivo in seguito al decreto legge n. 35 del
2005, in Dir. Fall. e delle soc. comm., 2005, I, p. 829. La Suprema
Corte di Cassazione, invece, pare per lo più aver aderito,
almeno in un primo tempo, alla tesi che esclude, dall’alveo dei
poteri di controllo del Tribunale in sede di omologazione del
concordato preventivo approvato dai creditori, il giudizio di
fattibilità, salvo siano state proposte opposizioni con cui sia
stato dedotto e sollevato questo specifico profilo (Cfr. Cass.
civ., 25 ottobre 2010, n. 21860, in Fall., 2011, p. 167; Cass. civ.,
23 giugno 2011, n. 13817, in Fall., 2011, p. 933; Cass. civ., 14
febbraio 2011, n. 3586, in Fall., 2011, p. 805; Cass. civ., sez. I,
16 settembre 2011, n. 18987, in Giust. civ. Mass., 2011, 9, 1306;
contra, Cass. civ. 15 settembre 2011, n. 18864, in
www.ilfallimentarista.it; più di recente, però, essa è giunta a
distinguere tra fattibilità giuridica della proposta e sua idoneità a
realizzare la causa in concreto della procedura di concordato,
oggetto del controllo di legittimità del Tribunale in sede di
omologa, e fattibilità del piano il cui sindacato di merito è
riservato ai creditori (cfr., Cass. civ., SS. UU., 23 gennaio 2013,
n. 1521, in Dir. & Giust., 24 gen. 2013; Cass. civ., sez. I, 23
9
maggio 2013, n. 13083, in Giust. civ. Mass., 2013; Red. Giust. civ.
Mass. 2013, 1).
La questione dell’ampiezza e dei limiti del sindacato del
tribunale si è riproposta, naturalmente, anche con riferimento al
giudizio di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei
debiti. Sul punto, cfr., FACEUGLIA G., sub art. 182bis, in LO
CASCIO G.¸ Codice Commentato del Fallimento. Disciplina UE e
transforntaliera disciplina tributaria, Milano, 2013, p. 2159 e s.,
secondo cui, ai fini dell’individuazione del contenuto di tale
sindacato, occorrerebbe distinguere tra l’ipotesi in cui vi siano
opposizioni e quello in cui non ve ne sia alcuna. Nel primo
caso, il controllo del Tribunale dovrebbe ritenersi limitato al
solo riscontro e verifica dell’avvenuta regolare approvazione
della proposta con le maggioranze indicate dalla norma, nonché
della sussistenza di idonea relazione del professionista incaricato
corredata dai documenti di cui all’art. 161, l. fall. In tal senso,
già prima delle modifiche apportate, v. anche PROTO C., Gli
accordi di ristrutturazione dei debiti, in Fall., 2006, p. 138;
D’AMBROSIO C.C., Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in
BONFATTI S. – FALCONE (a cura di), Le nuove procedure
concorsuali per la prevenzione e la sistemazione della crisi d’impresa,
Milano, 2006, p. 534; GUGLIELMUCCI L., La riforma in via
d’urgenza della legge fallimentare, Torino, 2005, p. 132; DE
CRESCIENZO U. – PANZANI L., Il nuovo diritto fallimentare.
Dal maxiemendamento alla legge n. 80 del 2005, Milano, 2005, p. 74,
secondo i quali, il Tribunale non dovrebbe entrare nel merito,
ma limitarsi solo ai profili di legittimità (tra cui rientrerebbe
anche il rilievo d’ufficio delle cause di nullità ex art. 1418 c.c.)
delle pattuizioni raggiunte.
In giurisprudenza, nel senso che, in assenza di opposizioni, il
controllo del giudice in sede di omologa dell’a.r.d. deve essere
limitato agli adempimenti di legge e a meri profili di legittimità,
cfr. C. app. Roma, 1 giugno 2010, in Giur. It., 2010, con nota di
FACEUGLIA G.; Trib. Milano, 18 luglio 2009, in Dir. fall. e
delle soc. comm., 2011, II, p. 158; seppur detto controllo di legalità
non dovrebbe essere inteso in senso meramente formale, cfr.
Trib. Roma, 5 novembre 2009, in Banca borsa tit.
cred., 2010, 6, II, 731, con nota di QUARTICELLI P.; in senso
similare, Trib. Piacenza, 2 marzo 2011, in Red. Giuffrè, 2011;
Cfr., altresì Trib. Roma, 20 maggio 2010, in Giur.
Mer., 2011, 2, 412, con nota di D’ORAZIO L., secondo cui “in
tema di accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l. fall., in
assenza di opposizioni, al Tribunale spetta solo un giudizio di legalità
sostanziale, nel senso che deve limitarsi a valutare che il giudizio
dell'esperto sulla fattibilità dell'accordo sia completo, analitico, coerente e
non contraddittorio, mentre il giudizio sul merito dell'accordo è di esclusiva
competenza del professionista. In presenza di opposizioni, invece, l'indagine
del Tribunale deve essere molto più approfondita dovendo indagare gli
elementi posti a fondamento dei motivi di opposizione, che potranno
concernere anche gli aspetti sostanziali attinenti alla fattibilità
dell'accordo”; così, anche App. Roma, 1 giugno 2010, in
www.ilcaso.it. Anche in dottrina, nel senso che, pur non
attenendo al merito né alla convenienza del piano, il giudizio
omologatorio inciderebbe sul controllo formale e sostanziale
dei presupposti dell’accordo, cfr. VETTORI G., Il contratto nella
crisi d’impresa, in Obbligazioni e Contratti, 2009, p. 489. Contra, nel
senso che, invece, la valutazione dell’attuabilità del piano non
può dipendere – e dunque essere lasciata al caso –
dell’opposizione dei soggetti interessati, il cui termine per
l’esercizio del relativo potere decorre dalla pubblicazione nel
R.I., evento la cui conoscenza non è affatto agevole, v. PRESTI
G., Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Banca Borsa Tit. cred.,
2006, p. 36; AMBROSINI S., Il concordato preventivo e gli accordi di
ristrutturazione dei debiti, in COTTINO G. (diretto da), Trattato di
diritto commerciale, XI, Padova, 2008, p. 179. V., anche Trib.
Milano, 23 gennaio 2007, in Fall., 2007, p. 701, con nota di
DIMUNDO A., secondo cui, comunque, il collegio deve anche
valutare il merito del ricorso e la concreta attuabilità del piano.
Nessuno dubita, invece, che, in caso di opposizioni, il controllo
del tribunale in sede di omologazione degli a.r.d. si debba
3) Nonostante il silenzio della legge sul punto (a differenza che per i finanziamenti-ponte)31, appare condivisibile
la tesi secondo cui (anche) per i finanziamenti finalizzati
all’esecuzione sia necessaria la loro previsione nel piano32,
oggetto della relazione del professionista ex art. 161, l.f.33
e, come tali, oggetto di approvazione – appunto insieme
al piano – da parte dei creditori in sede di adunanza,
naturalmente ove concessi prima dell’omologa, anche se
erogati successivamente alla stessa34.
In tale prospettiva, evidentemente, si superano le
limitazioni “temporali” (in relazione al momento
genetico) desumibili, giustappunto prima del nuovo
correttivo di cui al d.l. 78/2010, cit. e ss. mm., dall’art.
111, l. fall. che, come noto, consentiva solo la
prededuzione dei crediti sorti in occasione o in funzione
di procedure concorsuali di cui alla legge fallimentare.
La prededuzione, ora, risulta invece estesa, per effetto
dell’art. 182quater, l. fall., anche ai crediti per finanziamenti sorti (perché erogati) successivamente alla chiusura
del concordato preventivo35 - senza ovviamente rinunciaatteggiare come controllo di merito circa l’idoneità dell’accordo
ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei, cfr.
FACEUGLIA G., op. ult. cit., p. 2160; LO CASCIO G., Il
concordato preventivo, Milano, 2011, p. 785; ed estendersi anche al
contenuto delle doglianze degli opponenti, cfr., Trib. Milano, 25
marzo 2010, in Fall., 2011, p. 92, con nota di PALUCHOWSKI
A. e ROLFI F.; cfr., anche Trib. Milano, 18 luglio 2009, cit.,
che, in particolare, circoscrive il controllo di merito entro il
limite delle deduzioni formulate in sede di opposizione,
individuando tra i legittimati a proporla i creditori non aderenti,
i terzi interessati (tra cui anche il PM) e persino i creditori
aderenti. In dottrina, per vero, sono state agitati vari dubbi sulla
legittimazione dei creditori aderenti; cfr., per un quadro delle
diverse opinioni e motivazioni in merito, FRASCAROLI
SANTI E., sub art. 182bis, in MAFFEI ALBERTI A (a cura di),
Commentario breve alla legge fallimentare, VI ed., Padova, 2013, p.
1251 e ss. La dottrina maggioritaria, comunque, è nel senso di
ammettere la legittimazione anche dei creditori aderenti, quanto
meno in presenza di idonea giustificazione (ad esempio, nuove
passività o altri elementi che mettano in dubbio l’attuabilità o
l’idoneità dell’accordo, mancato raggiungimento della
maggioranza pari al sessanta per cento dei crediti), cfr.
ZANICHELLI, La nuova disciplina del fallimento e delle altre
procedure concorsuali, cit., p. 450; cfr., altresì, BELLO A., Gli accordi
di ristrutturazione dei debiti nella riforma della legge fallimentare, in Riv.
not., 2006, 2, p. 338, secondo cui essi avrebbero titolo ad
esperire anche gli ordinari mezzi civilistici, quali la risoluzione e
l’annullamento. Secondo FACEUGLIA G., op. ult. cit., p. 2160,
però, in caso di opposizione da parte dell’aderente senza idonea
motivazione, il debitore potrà agire contro lo stesso ex contractu.
31 Ossia, i finanziamenti in funzione dell’accesso alla procedura
concordataria ovvero agli accordi di ristrutturazione.
32 In tal senso NARDECCHIA G.B., op. cit., pag. 2204.
33 Cfr. VALENSISE P., sub art. 182quater, in NIGRO A. –
SANDULLI M. – SANTORO V. (a cura di), La Legge
fallimentare dopo la riforma, Torino, 2010, p. 2238.
34 Cfr., STANGHELLINI L., Finanziamenti-ponte e finanziamenti
alla ristrutturazione, cit., p. 1362.
35 Cfr., NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2204, e PATTI A.,
L’accelerazione delle soluzioni concordate: esperienze applicative, in Fall.,
2010, p. 1095, secondo i quali la prededucibilità si estenderebbe
comunque ai finanziamenti pur non previsti nel piano e non
valutati dai creditori, erogati dopo l’approvazione della
proposta, a motivo che i due diversi momenti di collocazione
della concessione della nuova finanza per la realizzazione del
programma concordatario non sono sovrapponibili ai fini di
un’esaustiva informazione dei creditori in funzione della loro
valutazione. Solo i finanziamenti che, pur erogati dopo
10
re al criterio del rapporto funzionale che deve sussistere
tra tali finanziamenti e il concordato, di qualsiasi tipo, “in
continuità” o “liquidatorio” che sia.
II) Estensione soggettiva della tutela dei finanziatori
1) L’eliminazione del riferimento alle banche e agli
intermediari finanziari iscritti negli elenchi di cui agli artt.
106 e 107 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385,
ha fatto opportunamente venir meno, sia per i
finanziamenti in esecuzione che, soprattutto, per quelli
“in funzione”, un requisito soggettivo evidentemente
troppo limitante, specialmente in un’ottica di incentivazione della soluzione concordata della crisi d’impresa36.
2) Risulta, altresì, coerente in questa direzione, anche la
decisione del legislatore, sempre nell’intervento del 2012,
di porre finalmente rimedio alla lacuna derivante dalla
mancata previsione – nella formulazione introdotta dalla
novella del 2010 (che, con riferimento ai soci, disciplinava
solo i finanziamenti in esecuzione) - della prededucibilità
dei crediti da finanziamenti-ponte, sia pur sempre nella
misura dell’ottanta percento del relativo credito37, erogati
dai soci.
Anche il loro intervento, infatti, tanto più nella fase antecedente il deposito della domanda, può essere essenziale
anche al fine di ottenere la finanza da parte degli stessi
istituti di credito38 o, comunque, da parte di terzi39.
Tale estensione, peraltro, vale anche nel caso in cui il
finanziatore acquisti la qualità di socio in esecuzione
dell’accordo di ristrutturazione dei debiti o del
concordato preventivo.
3) La prededucibilità dei crediti dei soci per
Finanziamenti-ponte è, però, subordinata alla duplice
condizione, rispettivamente, del loro inserimento come
credito prededucibile nel piano di cui all'articolo 160 o
nell'accordo di ristrutturazione, e dell’espresso
riconoscimento della prededuzione nel provvedimento40
con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al
l’emissione del decreto di cui all’art. 180, l.f., sono stati concessi
nel periodo intercorrente tra l’ammissione e l’omologa del
concordato preventivo, richiedono, ai fini del riconoscimento
della loro prededucibilità ai sensi dell’art. 182quater, l.f., la
relativa previsione nella proposta, approvata dai creditori e
omologata dal Tribunale. In ogni caso, che i crediti in questione
sorgano quantomeno dopo l’apertura della procedura o almeno
dopo il deposito della domanda, sarebbe confermato, secondo
NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2206, dal fatto che nell’ultimo
comma dell’art. 182quater, cit., detti creditori non sono
considerati tra quelli esclusi dal voto – esclusione, secondo lo
stesso, superflua in ragione, punto, del momento genetico dei
corrispondenti crediti.
36 Aveva espresso dubbi, in tal senso, prima del d.l. 83/2012,
cit., anche AMBROSINI S., Profili civili e penali delle soluzioni
negoziate nella l. 122/2010, cit., p. 644.
37 V., art. 182quater, comma 3, l.f.
38 Per tutti, v. ARMELI B., I finanziamenti dei soci in esecuzione di
concordato preventivo tra prededucibilità e postergazione, in fall., 2011, p.
889; ma anche MORELLINI L., op. cit., p. 898
39 Cfr., FABIANI M., L’ennesima riforma, cit., p. 905, secondo il
quale, infatti, la ragione del mutamento normativo a favore dei
soci finanziatori starebbe proprio nell’esigenza di incentivare
questi ultimi ad assumersi l’impegno finanziario, ove credano
nel progetto di ristrutturazione regolativa della crisi, e dunque a
fare la loro parte.
40 Non così, invece, per i finanziamenti in esecuzione, ossia
quelli destinati alla “futura procedura”, cfr. Trib. Terni, 26
ottobre 2011, in Riv. Dott. comm., 2011, 4, 940.
concordato preventivo ovvero l'accordo sia omologato41.
Ciò che, per altro verso, anche a fronte del principio di
non impugnabilità del decreto di ammissione affermato
dall’art. 163, l. fall.42, rende di ancor maggiore pregnanza
Cfr, NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2213, secondo cui, la
soluzione della questione interpretativa sulla sussistenza o meno
del potere del giudice di negare la prededuzione, o comunque di
incidere sul quantum della stessa, non può che dipendere dalla
risoluzione dell’altra questione, a monte, se la previsione della
prededuzione dei crediti per finanziamenti possa spiegare effetti
solo nel successivo fallimento o anche nel concordato
preventivo. L’autore, infatti, ritiene che, mentre nel primo caso,
non vi sarebbe alcun dubbio sulla possibilità di incidere sulla
prededuzione di siffatti crediti, atteso che un provvedimento di
diniego o di riduzione del quantum non avrebbe alcun impatto
sulla proposta e sul piano concordatario, non così nella
prospettiva del riconoscimento della prededuzione anche in
sede di concordato preventivo. In tale ultimo caso, infatti, la
decisione sulla prededuzione inciderebbe anche sul contenuto
della proposta e, non potendo il Tribunale modificarne il
contenuto, ma solo ammetterla o dichiararla inammissibile, ne
deriverebbe che un giudizio negativo o comunque non
totalmente a favore sulla prededucibilità dei crediti per
finanziamenti ponte implicherebbe la necessità, per il giudice, di
non ammettere l’impresa al concordato.
Va, peraltro, segnalato, in senso contrario - sia pur con
riferimento a una fattispecie rientrante, ratione temporis, nella
vigenza dell’art. 182quater, comma 4, l.f., che subordinava la
prededuzione del credito del professionista della relazione ex
art. 161, l.f., a espressa previsione della stessa nel decreto di
ammissione - che il Tribunale di Firenze (cfr. Trib. Firenze, 4
luglio 2011, in Foro it., 2011, p. 2526), con riferimento al
compenso del professionista attestatore ex art. 161, l.f., ha
opinato in senso contrario, affermando che “Nella fase
dell'ammissione di una impresa al concordato preventivo il tribunale può
non accogliere la domanda di attribuzione del compenso del professionista
attestatore quando ritiene che per la complessità della fattispecie occorra la
valutazione del commissario giudiziale”. L’Autore sopra citato,
tuttavia, critica tale orientamento a motivo che, nel caso in cui
la proposta preveda il pagamento integrale dei crediti per
finanziamenti ponte, tale pagamento può aver luogo solo in
caso di riconoscimento della prededuzione; sicchè in mancanza
di questa (o in caso di suo riconoscimento solamente per una
parte minore), di fatto, si verrebbe a modificare la proposta e il
piano concordatario – modifica che, come detto, non è
concessa al Tribunale che, dunque, non avrebbe altra scelta che
dichiararla inammissibile in forza del principio di “inscindibile
correlazione” tra le sorti della proposta e quelle dei crediti
prededucibili. Secondo lo stesso autore, inoltre, la decisione
sulla prededuzione dei finanziamenti-ponte determinerà una
liberatoria nei confronti delle banche eroganti rispetto a
un’eventuale responsabilità per concessione abusiva del credito.
Conclusione, in linea di massima, corretta anche se, nella misura
in cui si dovesse ritenere che nel successivo fallimento possa
essere messa in discussione la prededuzione, difficilmente,
sempre in quella sede (anche se in ipotesi che, in concreto,
appaiono davvero casi limite), potrebbe ritenersi l’operato della
banca immune da ogni valutazione.
42 Cfr., FABIANI M., Prededuzione speciale ex art. 182quater l. fall.
e regime di impugnazione, in Foro It., 2011, p. 2530, secondo cui il
problema assume rilevanza tanto nel caso di ammissione al
concordato preventivo quanto nel diverso caso di rigetto della
domanda atteso che, in tal caso, non sarebbe ipotizzabile una
prededuzione dei finanziamenti ponte visto che non è
normativamente prevista l’ipotesi di un provvedimento di
rigetto con questo contenuto. Tale autore, invero, prima della
novella del 2012, aveva autorevolmente sostenuto che la
pronuncia sulla prededuzione assunta con il decreto di
ammissione sarebbe ricorribile direttamente per cassazione ai
sensi degli artt. 111, Cost., e 360, ultimo cpv., c.p.c., siccome
41
11
statuizione avente efficacia decisoria e destinata a incidere sui
diritti (di credito) del singolo creditore, e in particolare sul
relativo rango, e non più discutibile in sede di omologazione o,
nel caso di successivo fallimento, nemmeno nel procedimento
di accertamento dei crediti. Cfr., in tal senso, ID, op. cit., pp.
2530 ss. Sempre prima della riforma, ancora, la Suprema Corte,
inizialmente, con una pronuncia a sezioni unite aveva ritenuto
esperibile il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., avverso il
decreto di ammissione al concordato preventivo (v. Cass. civ.
SS. UU., 12 ottobre 1982, n. 5241, in Giust. civ. Mass., 1982, fasc.
9), a motivo che “Il decreto, con il quale il tribunale, ritenendo
ammissibile la proposta di concordato preventivo, dichiara aperta la relativa
procedura, integra una pronuncia di merito incidente su posizioni di diritto
soggettivo (impugnabile con ricorso per cassazione a norma dell'art. 111
cost.), e, pertanto, preclude la proponibilità del regolamento preventivo di
giurisdizione, ai sensi dell'art. 41 c.p.c.”. Nondimeno, la
giurisprudenza maggioritaria si è successivamente orientata nel
senso di non ritenere esperibile, avverso il decreto di
ammissione, il ricorso ex art. 111 Cost., quale provvedimento
privo del carattere della definitività. In tal senso, cfr., Cass. civ.,
sez. I, 30 maggio 1995, n. 6067, in Fall., 1996, p. 40; Cass. civ.,
sez. I, 14 giugno 1999, n. 5870, in Fall., 2000, p. 748; Trib.
Sulmona, 13 agosto 2003, in Fall., 2003, 1347; Cass. civ., sez. I,
28 aprile 1983, n. 2904, in Giur. it. 1984, I, 1, p. 528; Cass. civ.,
sez. I, 11 luglio 1985, in Fall., 1986, p. 386; Cass. civ., sez. I, 31
gennaio 1986, n. 618, in Giust. civ. Mass., 1986, fasc. 1; Cass. civ.,
sez. I, 12 febbraio 1987, n. 1528, in Giur. comm. 1988, II, 349;
Cass. civ., sez. I, 20 marzo 1990, n. 2311, in Fall., 1990, 1088.
Anche dopo l’entrata in vigore della riforma della legge
fallimentare, peraltro, la dominante dottrina ha continuato a
sostenere l’inammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 111
Cost. del decreto di ammissione, anche se non soggetto a
reclamo, atteso che potendosi riesaminare in sede di
omologazione la ricorrenza dei presupposti di ammissibilità del
concordato preventivo, esso sarebbe privo dei caratteri di
definitività e decisorietà, cfr. LICCARDO P., sub artt. 161, 162,
163, in (a cura di) NIGRO A. - SANDULLI M. – SANTORO
V., La legge fallimentare dopo la riforma, III., Torino, 2010, pp. 2088
e s.; JACHIA G., Il concordato preventivo e la sua proposta, in (a cura
di) FAUCEUGLIA G. – PANZANI L., Fallimento e altre
procedure concorsuali, Torino, 2009, vol. 3, pp. 1621 e s,;
PRINCIPE I., sub art. 163, l. fall., in NIGRO A. - SANDULLI
M., La riforma della legge fallimentare, Torino, 2006, vol. II, p. 1003;
PAJARDI P. e PALUCHOWSKI A., Manuale di diritto
fallimentare, Milano, 2008, p. 847; GUGLIELMUCCI L., La
riforma in via d’urgenza della legge fallimentare, Milano, 2005, p. 334;
ID, Diritto fallimentare, Torino, 2011, p. 333; ZANICHELLI V.,
I concordati giudiziali, Torino, 2010, p. 192; PACCHI S., Il
concordato preventivo, in BERTACCHINI L. – GUALANDI S. –
PACCHI S. – PACCHI G. – SCARSELLI G., Manuale di diritto
fallimentare, Milano, 2011, p. 442; FERRO M., sub artt. 160, 161,
162, 163, in FERRO M. (a cura di), La legge fallimentare, Padova,
2011, p. 1872. Contra, LO CASCIO G., Il concordato preventivo,
Milano, 2011, p. 268. Nel senso che, oltretutto, l’ammissibilità
del ricorso per cassazione straordinario porrebbe problemi di
ordine sistematico in ordine al termine di decorrenza e
correlativa conoscibilità degli interessati, posto che il termine di
sessanta giorni per il ricorso dovrebbe decorrere dalla
comunicazione che, però, non vede tra i destinatari proprio gli
altri creditori, i finanziatori o il professionista attestatore i quali,
a loro volta, come noto, non sono parti del procedimento di
ammissione, cfr. NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2216. Nel
senso, invece, della ricorribilità per cassazione del decreto di
ammissione nel punto in cui esclude, ammette o limita la
prededuzione, siccome lesivo dei diritti e incidente sul rango e
misura del credito, cfr. FERRO M. – FILOCAMO F.P., op. cit.,
2192 - ma, secondo FABIANI M., Prededuzione speciale, cit, p.
2531, oggetto della richiesta sarebbe direttamente il rango e non
la misura. Tanto più in ragione del fatto che, in sede di
omologa, non vi sarebbe più spazio alcuno per l’accertamento
il problema della stabilità della decisione del giudice,
anche nel successivo fallimento43.
III) I finanziamenti-ponte
1) È stato acutamente osservato - a differenza di quanto
visto più sopra per i finanziamenti in esecuzione - che, in
ragione di una lettura coordinata dell’art. 182quater, l.f., e
dell’art. 182quinquies, l.f., presupposto necessario della
relativa prededucibilità con riferimento ai finanziamentiponte (e, segnatamente, ai crediti restitutori a essi
del credito o del suo rango (così, FABIANI M., op. cit., pp. 2530
– 2532. Nondimeno, dopo la riforma del 2010, è stato osservato
che è stato introdotto, in sede di ammissione un vero e proprio
accertamento dei crediti prededucibili, diretto a determinarne il
trattamento in sede concordataria e fallimentare, che però
sarebbe rimeditabile dal giudice in sede di omologa, da cui,
secondo NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2215, la mancanza di
un effetto preclusivo e di un limite al riesame delle questioni
decise nella fase introduttiva, perciò riesaminabili in sede di
omologa, conformemente a quanto affermato dalla
giurisprudenza ante riforma, e ribadito anche da C. Cost., 12
marzo 2010, n. 98, in Fall., 2010, p. 775. In questa prospettiva,
pertanto, in sede di omologa, legittimati all’opposizione saranno
sicuramente i finanziatori la cui prededuzione sia esclusa o, in
caso di previsione della stessa, gli altri creditori, sicchè sarà la
definitività del decreto di omologazione, preclusiva di ogni
ulteriore contestazione, a fondare il diritto a ottenere l’integrale
pagamento dei crediti nel concordato preventivo.
43 Sottesa al problema della stabilità della decisione sulla
prededuzione dei crediti per finanziamenti in sede di
ammissione del concordato preventivo è, invero, la questione
del bilanciamento tra esigenza di assicurare certezza ai
finanziatori in ordine alla prededuzione dei loro crediti oltre che
della legittimità dell’erogazione finanziaria, da una parte, ed
esigenza di tutela dei creditori concorsuali che, pur non
partecipando alla fase di ammissione al concordato preventivo,
potrebbero poi vedere lesi i loro diritti da quella decisione in
sede di ammissione. È chiaro, allora, che la stabilità della
decisione sulla prededucibilità dei crediti resa in sede di
concordato preventivo, anche nella successiva procedura
fallimentare, tutelerebbe i finanziatori a scapito dei creditori
concorrenti nel fallimento ove a questi ultimi, che non sempre
coincidono con i creditori concordatari, non fosse assicurato
una qualche forma di tutela che consenta agli stessi di
contestare an e quantum della pretesa creditoria ritenuta
prededucibile in sede concordataria. In questo senso, dunque,
può essere letta anche la recente affermazione in
giurisprudenza, secondo cui “La circostanza che nella proposta di
concordato preventivo una determinata passività sia stata prospettata come
prededucibile non comporta che, in caso di fallimento, il relativo credito
mantenga tale natura ove il giudice delegato, investito ex art. 111 bis,
legge fallimentare, valuti l'insussistenza del requisito della «inerenza
necessaria», requisito che costituisce il presupposto per il riconoscimento
della prededuzione” (cfr., Tribunale Prato 14 giugno 2012, in
www.ilcaso.it). Ma, v. NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2217,
secondo cui, con la definitività del decreto di omologa del
concordato preventivo che confermi la prededucibilità dei
crediti ivi qualificati, non potrà più essere messa in discussione,
da parte dei creditori anteriori alla pubblicazione del ricorso, la
funzionalità dei finanziamenti rispetto all’esecuzione del piano,
nemmeno nel successivo fallimento – diversamente potrà essere
contestata, nel successivo fallimento, da quelli successivi alla
pubblicazione del ricorso e, in ogni caso, sempre e comunque,
anche dai primi, qualora l’opposizione alla prededuzione si
fondi su fatti successivi al decreto di omologa che, a loro volta,
non potranno, proprio perché successivi, far venir meno il
giudizio positivo, divenuto irrevocabile siccome consacrato nel
decreto di omologa passato in giudicato, circa l’esistenza di un
collegamento causale e originario tra piano e finanziamento
medesimo.
12
relativi), sarebbe che la loro erogazione avvenga prima
della presentazione della domanda di concordato44. Con
la conseguenza che, per esempio, l’apertura di credito da
utilizzare dopo il deposito della domanda di concordato
non sarebbe idonea a integrare la fattispecie richiesta
dalla norma ai fini della prededuzione45.
2) Altra questione, non meno importante per i riflessi
pratici che la stessa determina, pertiene al problema più
generale se la prededuzione46 valga solo nell’eventuale
successivo fallimento, ovvero se, per contro, essa si
risolva nel diritto al pagamento integrale degli stessi
crediti anche nell’ambito della procedura minore in cui
sono sorti.
Una parte della dottrina, invero, ritiene che la
prededucibilità dei finanziamenti operi, tendenzialmente,
soltanto nel successivo ed eventuale fallimento.
Nondimeno, anche tra i sostenitori di questa tesi, non è
mancato chi ha osservato che la prededuzione di cui
all’art. 182quater, l.f. dovrebbe essere intesa, per i
finanziamenti-ponte, quale deroga rispetto al divieto di
alterare le cause legittime di prelazione, sancito anche
dall’art. 180, l.f., comportando, in ultima analisi, il diritto
al pagamento integrale degli stessi.
Questa teoria, in particolare, sarebbe confermata,
secondo uno dei suoi principali sostenitori, non solo dal
tenore letterale della norma (che, invece di definire i
crediti da finanziamenti-ponte prededucibili ai sensi
dell’art. 111, l. fall., si limiterebbe a parificarli a quelli in
esecuzione di cui all’art. 182quater, comma 1), ma anche
dalle paradossali conseguenze, in termini di ricadute ed
effetti pratici, che deriverebbero da una diversa soluzione
interpretativa.
Si dovrebbe, altrimenti, ammettere il paradosso che il
credito da finanziamento-ponte, quale credito anteriore al
deposito e alla pubblicazione della domanda, vada
ritenuto chirografario, e come tale sottoposto agli effetti
dell’omologa ai sensi dell’art. 184, l.f., con la conseguenza
che, mentre il credito del professionista sarebbe assistito
da privilegio ex art. 2751bis, n. 2, c.c., quello del
finanziamento-ponte potrebbe essere soddisfatto solo
nell’ipotesi di integrale pagamento di tutti i creditori –
dovendo, in caso contrario, soggiacere alla falcidia47.
Una tale conclusione, tuttavia, non sarebbe in sintonia
con l’evidente ratio che anima l’introduzione dell’art.
182quater, l.f., e soprattutto con le modifiche allo stesso
apportate dal d.l. 83/2012, affatto orientate a
ulteriormente incentivare il ricorso a soluzioni
concordate della crisi delle imprese attraverso il
potenziamento degli strumenti che favoriscano l’accesso
delle stesse al credito, spesso imprescindibile per
formulare una proposta di soddisfacimento adeguato dei
creditori.
Tra queste modifiche, particolarmente significativa è,
appunto, quella relativa all’art. 182quater, comma 3, l.f.,
che ha esteso il beneficio della prededuzione pure ai
finanziamenti-ponte effettuati anche dai soci.
FERROM M. – FILOCAMO F.P., op. cit., p. 2188;
VALENSISE, op. cit., p. 2239.
45 STANGHELLINI L., op. cit., pp. 1349 – 1350.
46 Sui criteri che il Tribunale dovrebbe seguire ai fini del
giudizio sul riconoscimento della prededuzione ai finanziamenti
ponte, v. NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2210.
47 Cfr., NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2211.
44
In conclusione, se queste sono le finalità, vieppiù
manifeste nella novella del 2012, una lettura che limiti la
prededuzione dei corrispondenti crediti al successivo ed
eventuale fallimento, assoggettandoli, invece, nell’ambito
della procedura minore, alla sorte dei chirografari,
sarebbe contraria all’interesse del finanziatore chiamato a
sostenere il ricorso alla procedura vanificando, in ultima
analisi, la finalità di incentivare, attraverso il riconoscimento stesso della prededuzione, il ricorso a una delle
due predette procedure minori.
Né si comprenderebbe, in quest’ottica, con particolare
riferimento ai finanziamenti – ponte, la previsione
nell’art. 182quater, comma 2, l.f. che subordina la
prededuzione a un provvedimento del Tribunale espresso
nell’ambito della procedura minore (in sede, cioè, di
ammissione al concordato preventivo, ovvero di
omologazione dell’accordo di ristrutturazione), e quindi
in base a valutazioni che non possono che inerire alle
stesse e alle relative finalità, se poi la prededuzione fosse
destinata a operare solo nel caso di successivo
fallimento48.
IV) L’equiparazione di tutela dei finanziatori nel
concordato preventivo e negli accordi di
ristrutturazione. L’introduzione della disciplina dei
finanziamenti “interinali”.
1) La novella del 2010 e quella del 2012, in conclusione,
hanno il merito di aver allineato il trattamento dei crediti
sorti nel corso e/o in funzione e/o in esecuzione degli
accordi di ristrutturazione con quello dei crediti sorti nel
Ma v. NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2212 e ss. che, quanto
alla prededucibilità, conclude nel senso che mentre per i
finanziamenti-ponte essa opererebbe anche nel concordato
preventivo in deroga al divieto di alterazione delle cause
legittime di prelazione, non così per i crediti di cui all’art.
182quinquies, cit., per i finanziamenti autorizzati e contratti nel
periodo intercorrente dal momento della presentazione della
domanda fino all’omologazione, soggetti al trattamento
contrattualmente pattuito e oggetto di autorizzazione del
giudice, nè per i crediti dei finanziamenti in esecuzione di cui
all’art. 182quater, l.f., né, infine, per i crediti dei professionisti
intervenuti in funzione del concordato preventivo (ad esempio
per la redazione della domanda, per l’attestazione del piano, per
l’attestamento dell’incapienza dei beni colpiti da privilegio ex
art. 160, comma 2, etc.), i quali ultimi (crediti dei professionisti)
soggiacerebbero agli effetti dell’omologa del concordato
preventivo e all’ordine delle cause legittime di prelazione. Va
anche evidenziato che, secondo un recente orientamento
giurisprudenziale (cfr., Trib. Terni 26 aprile 2012, in
www.ilcaso.it), sembrerebbe doversi ritenere che la prededuzione
in sede concordataria valga non solo per i finanziamenti ponte,
bensì per quelli in esecuzione, esclusi soltanto i finanziamenti
erogati, previa autorizzazione ex art. 167, l. fall., nel corso della
procedura di concordato preventivo, potendo questi ultimi
eventualmente fruire della prededuzione ai sensi dell'articolo
111, l. fall., in un eventuale futuro fallimento. Infine, sempre nel
senso che tutti i crediti dichiarati prededucibili dall’art.
182quater, l.f., sarebbero tali non solo nella procedura
fallimentare ma anche in quella di concordato preventivo, cfr.,
anche Trib. Padova, 11 febbraio 2013, in www.ilcaso.it, secondo
cui tale qualifica, nella procedura minore, non spetterebbe,
invece, ai crediti dei professionisti che, in quanto soggetti all’art.
111, comma 2, l.f., diventerebbero prededucibili solo
nell’eventuale e successiva procedura fallimentare. Cfr., altresì,
Trib. Modena, 11 gennaio 2010, ibidem; Trib. Varese 11 aprile
2011, ibidem.
48
13
corso e/o in funzione e/o esecuzione del concordato
preventivo.
In mancanza di una specifica disposizione estensiva,
infatti, rispetto ai primi sarebbe rimasta dubbia
l’applicazione dell’art. 111, u.c., l. fall. (che, come noto,
qualifica “prededucibili” i crediti sorti in occasione o in
funzione di “procedure concorsuali disciplinate dalla
presente legge”), giustappunto a motivo che
l’orientamento assolutamente maggioritario attribuiva
all’accordo di ristrutturazione ex art. 182bis, l. fall. natura
contrattuale e non di procedura concorsuale49.
Con la novella del 2010 e, in particolare, con
l’art.182quater, l. fall., invero, il problema era solo
parzialmente risolto, atteso che se detta disposizione
sanciva l’equiparazione, ai fini della prededuzione, dei
crediti sorti prima dell’apertura del procedimento e dopo
l’omologa, tanto in sede concordataria quanto in sede di
accordi di ristrutturazione ex art. 182bis, l. fall., rimaneva
aperta la questione dei crediti sorti durante la procedura,
ossia dopo il deposito del ricorso e prima
dell’omologazione. Ciò in quanto, proprio in relazione a
tale categoria di crediti, ai sensi e per gli effetti di cui
all’art. 111, comma 2, l. fall., nel mentre non sussisteva
alcun dubbio sulla loro prededucibilità ove sorti durante
il concordato preventivo, in quanto procedura
concorsuale a tutti gli effetti, non così, invece, per quelli
sorti durante e nel corso di un accordo di
ristrutturazione, atteso che, come detto, tale istituto
avrebbe natura contrattuale e non concorsuale.
2) Con la novella del 2012, pertanto, detto riallineamento
è stato portato a compimento, mediante l’introduzione
dell’art. 182quinquies, l. fall., in forza del quale il debitore,
tanto nel concordato preventivo quanto negli a.r.d., potrà
contrarre finanziamenti “interinali” prededucibili e
persino pagare i crediti anteriori dei fornitori essenziali
per la continuazione dell’impresa.
Più esattamente, l’art. 182bis, comma 1, cit., consente sia
al debitore che ha presentato domanda prenotativa di
concordato preventivo (ai sensi dell’art. 161, comma 6, l.
fall.), sia a quello che ha fatto ricorso ad accordi di
ristrutturazione (ai sensi dell’art. 182bis, commi 1 o 6,
cit.), previa autorizzazione del Tribunale, e a eguali
condizioni, di contrarre finanziamenti tutelati (e quindi
incentivati) attraverso il riconoscimento della
prededucibilità ex art. 111, l. fall.
Ai sensi del combinato disposto dei commi 4 e 5 dell’art.
182quinquies, cit., inoltre, il debitore che ha presentato
domanda (prenotativa o meno) di concordato con
continuità aziendale, ovvero domanda di omologazione o
proposta di a.r.d. (ai sensi dell’art. 182bis, rispettivamente,
Favorevole, in generale, all’estensione della prededucibilità
nel successivo fallimento dei crediti sorti in occasione o in
funzione di accordi di ristrutturazione ex art. 182bis, l. fall., era
già GUGLIELMUCCI L., Diritto fallimentare, cit., p. 254. Contra,
LIMITONE G., Commento sub art. 182bis, in La Legge
Fallimentare – Commentario teorico pratico, a cura di FERRO M.,
cit., p. 1331; FABIANI M., L'ulteriore upgrade degli accordi di
ristrutturazione e l'incentivo ai finanziamenti nelle soluzioni concordate, in
Fall. 2010, p. 902. In argomento, v. anche CAIAFA A., Il nuovo
diritto delle procedure concorsuali: dalla legge 12 maggio 2005, n. 80 al d.
lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, Padova, 2006, p. 462; COMERCI V. e
CHINAGLIA S., sub art. 182bis, l. fall., in MAFFEI ALBERTI
A., Commentario breve alla legge fallimentare, VI ed., Padova, 2013,
p. 1231.
49
commi 1 e 6, cit.), può chiedere al Tribunale di essere
autorizzato a pagare anticipatamente, nel corso della
procedura, anche crediti anteriori (alla presentazione del
ricorso) per prestazioni e servizi essenziali ai fini della
prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad
assicurare la migliore soddisfazione dei creditori.
In entrambe le due ipotesi, peraltro, è necessaria
l’attestazione di un professionista con i requisiti di cui
all’art. 67, comma 3, lett. d), l. fall., che, nel primo caso,
dovrà verificare il fabbisogno complessivo dell’impresa
fino all’omologazione e la funzionalità del finanziamento
da contrarre alla miglior soddisfazione dei creditori; e,
nell’ipotesi di cui all’art. 182quinquies, commi 4 e 5,
naturalmente, oltre alla funzionalità del pagamento da
autorizzare al miglior soddisfacimento dei creditori,
dovrà attestare anche l’essenzialità delle prestazioni in
vista della continuazione dell’impresa.
Con riferimento ai pagamenti di crediti anteriori, in
particolare, l’art. 182quinquies, comma 4, ultima parte, cit.,
precisa anche che la predetta attestazione non è
necessaria per il pagamento di crediti (pur sempre)
anteriori per beni e servizi essenziali e funzionali (nei
termini di cui sopra), fino alla concorrenza
dell'ammontare di eventuali nuove risorse finanziarie
eventualmente apportate al debitore purchè senza
obbligo di restituzione o con obbligo di restituzione
postergato alla soddisfazione di tutti gli altri creditori.
L’art. 182quinquies, comma 5, cit., infine, chiarisce che
siffatti pagamenti autorizzati in pendenza degli accordi di
ristrutturazione, sono esenti da revocatoria ex art. 67, l.
fall.
Con precipuo riferimento ai finanziamenti “interinali”,
invece, il Tribunale non ha alcuna discrezionalità in
merito al riconoscimento della prededucibilità50 dei
crediti per i finanziamenti eventualmente autorizzati, la
quale diventerà insindacabile con il passaggio in giudicato
del decreto che omologherà l’accordo.
Sicchè, ove il giudice dubiti dell’esistenza dei presupposti
per la prededucibilità dei predetti crediti, potrà soltanto
rifiutare l’omologa, non già separarne le sorti da quelle
della prededuzione.
V)Prededucibilità dei credi dei professionisti
incaricati dell’attestazione del piano e degli altri
Nel senso che non è necessario che il decreto di omologa
contenga una prescrizione esplicita del riconoscimento della
prededuzione, Cfr., altresì, NARDECCHIA G.B., op. cit., p.
2218; contra, VALENSISE P., op. cit., p. 2340. Cfr., anche
FERRO M. - FILOCAMO F.P., op. cit., p. 2190, che osservano
come la prededuzione sia soggetta alla valutazione di tutti i
creditori legittimati all’opposizione. Nel senso che la
prededuzione sia destinata a operare comunque nell’eventuale
procedura fallimentare, cfr. MAFFEI ALBERTI A., sub art.
182quinquies, in (a cura di) MAFFEI ALBERTI A.,
Commentario breve alla legge fallimentare, VI ed., Padova, 2013, p.
1291. Cfr., altresì, NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2218; ID,
sub art. 182quinquies, in (a cura di) LO CASCIO G., Codice
commentato del fallimento, cit., pag. 2225, secondo cui la
prededuzione non può che operare nel successivo fallimento,
perché negli accordi di ristrutturazione dei debiti il trattamento
dei creditori assume aspetti del tutto peculiari, perché l’accordo
di ristrutturazione ha natura contrattuale e non concorsuale nel quale ultimo caso soltanto avrebbe potuto trovare
applicazione il principio della par condicio - e perché l’art. 182bis,
l. fall., prevede espressamente il pagamento integrale dei
creditori estranei.
50
14
professionisti intervenuti nella fase anteriore al
deposito della domanda di ammissione al c.p. e di
omologazione dell’a.r.d.
Di particolare interesse e rilievo risulta, infine,
l’abrogazione del quarto comma dell’art. 182quater, cit., in
punto di prededuzione dei crediti per i compensi del
professionista incaricato di attestare la veridicità dei dati
aziendali e la fattibilità del piano di concordato
preventivo o l’attuabilità dell’accordo di ristrutturazione
dei debiti.
Con la novella del 2012, infatti, è stato espunto l’inciso
per cui il credito di tale professionista sarebbe
prededucibile ove il Tribunale, nel decreto di ammissione,
lo qualifichi espressamente come tale.
La modifica ripropone l’annosa questione se detto
credito possa essere ritenuto prededucibile ai sensi
dell’art. 111, comma 2, l. fall.; se, nell’affermativa, lo sia
solo nella procedura fallimentare o, diversamente, possa
ritenersi tale anche in quella minore di concordato o di
a.r.d.; e, ancora, se, in ogni caso, i crediti degli altri
professionisti (advisor, avvocato e/o commercialista che
partecipino alla redazione della domanda e del piano,
professionista incaricato della relazione sulla misura di
capienza dei privilegi ex art. 160, comma 2, l.f.) debbano
ritenersi, o meno, altrettanto prededucibili in quanto
ricompresi nell’ambito di applicazione dell’art. 111,
comma 2, l.f.
4. Il nuovo art. 111, l. fall.: i crediti sorti in occasione
o in funzione di procedure concorsuali.
Senza dilungarsi sulle numerose ipotesi che la dottrina e
la giurisprudenza hanno analizzato e ricondotto alla
categoria in esame51, ci si limita solamente a sottolineare
come questa seconda categoria di crediti prededucibili
risulta, all’evidenza, di portata certamente più ampia52
rispetto a quella testè sommariamente analizzata.
Per una dettagliata rassegna di ipotesi di crediti prededucibili
in occasione e in funzione di procedure concorsuali, ex art. 111,
comma 2, l.f., si rinvia al contributo di COPPOLA A., sub art.
111, MAFFEI ALBERTI A., Commentario breve alla legge
fallimentare, cit., pp. 773 e ss.;
52 Si possono quivi ricordare alcune tra le fattispecie più
significative, quali le spese per la registrazione della sentenza
(cfr., VASELLI M., I debiti della massa nel procedimento di fallimento,
Padova, 1951, p. 38); le spese di apposizione dei sigilli (cfr.,
BONSIGNORI A., La liquidazione dell’attivo, cit., p. 231); le
spese per la prosecuzione delle espropriazioni immobiliari in
corso ex art. 107, comma 5, l. fall. (cfr., FERRARA F. BORGIOLI A., il fallimento, Milano 1995, p. 593); cfr., altresì,
Cass. civ., sez. I, Giust. civ. Mass., 2009, 5, 738, secondo cui la
prededuzione si estende ai danni subiti da un immobile
acquistato all’incanto in sede di esecuzione individuale cui è
subentrato il curatore e rimasto privo di custodia tra
l’aggiudicazione e la consegna; prededuzione che, secondo Cass.
civ., sez. I, 10 dicembre 2008, n. 28984, in Giust. civ.
Mass., 2008, 12, 1758, si estende anche ai danni subiti da beni
immobili custoditi dal curatore e oggetto della vendita,
escludendo la configurabilità del c.d. “vizio redibitorio”; le
spese per il recupero dei crediti (cfr., CAVALAGLIO A., I
crediti prededucibili nelle procedure concorsuali, in Dir. fall., 2010, I, p.
456); le spese di individuazione, acquisizione, gestione,
conservazione e custodia dei beni del compendio fallimentare,
ivi compresi quelli pervenuti ex art. 42, comma 2, e per il
riscatto del bene che il curatore deve versare al creditore
51
pignoratizio ex art. 53, comma 3, l. fall., nonché per il
compenso del curatore e degli ausiliari, intendendosi per tali i
coadiutori, con esclusione dei delegati in quanto remunerati con
parte del compenso del curatore stesso (cfr., CAVALAGLIO
A., op. cit., p. 452; quanto al compenso degli organi di
procedura, v. anche Trib. Catania, 29 marzo 1984, in Fall., 1985,
p. 574); per la prededucibilità delle spese e oneri condominiali
maturati dopo la dichiarazione di fallimento del condominio,
cfr. Trib. Palmi, 10 novembre 2005, in il Fall. 2006, p. 698, con
nota di BRUSCHETTA; per la prededucibilità del compenso
dei membri del comitato dei creditori, se deliberato ex art. 37
bis, comma 3, l. fall., cfr., COPPOLA A., sub art. 111, cit., in
MAFFEI ALBERTI A., op. cit., p. 774; per il compenso dei
professionisti incaricati dalla procedura, CAIAFA A., La Legge
fallimentare riformata e corretta, Padova, 2008, p. 614; delle spese
vive sostenute dal curatore per le comunicazioni, la pubblicità,
le ricerche ipotecarie e catastali, cfr., MIELE C., sub art. 111, l.
fall., in (a cura di) FERRO M., La legge fallimentare. Commentario
teorico pratico, Padova, 2011, p. 1320, e in La legge Fallimentare.
Commentario teorico pratico, a cura di FERRO M., Padova, 2007, p.
873; per quelle sostenute dal comitato dei creditori, cfr.,
BONSIGNORI A., op. cit., p. 233; le spese dei reclami ex artt.
26 e 36, l. fall., ove accolti, cfr. BONSIGNORI A., op. loc. ult.
cit.; nonché PAJARDI P. e PALUCHOWSKI A., op. cit., p. 640;
per le spese del giudizio di rendiconto, ove approvato, cfr.,
BONSIGNORI A., op. loc. ult. cit.; per le spese del vincitore nei
processi di opposizione, risoluzione o annullamento del
concordato fall., cfr., PROVINCIALI R., Trattato di diritto
fallimentare, Milano, III, p. 1663; per le spese del creditore
vittorioso nel giudizio di rivendicazione, restituzione o
separazione di cose mobili ex art. 103 l. fall., cfr. Trib. Vigevano
4.4.1974, in Dir. fall., 1974, II, p. 736.; per il credito del
Commissario che, su incarico del giudice dell’esecuzione, abbia
eseguito la vendita dei beni pignorati anteriormente alla
dichiarazione di Fallimento ed il cui ricavato è stati acquisito
all’attivo fallimentare, cfr. Trib. Torino, 29 gennaio 1981, in
Fall., 1982, p. 1244, secondo il quale, però, la quantificazione di
tali oneri spetta agli organi della procedura fallimentare cui non
è opponibile il provvedimento del giudice dell’esecuzione;
addirittura, anche per le spese di accertamento dei crediti in
prededuzione, cfr. ZANICHELLI V., La nuova disciplina del
fallimento e delle altre procedure concorsuali dopo il d.lg. 12.9.2007, n.
169, Torino, 2008, pp. 268 e 273. Sono ancora prededucibili le
spese del creditore per la proposizione della domanda di
fallimento, cfr. FERRARA, op. cit., p. 593; RAGUSA
MAGGIORE G., op. cit., p. 17; così, anche il Trib. Terni, 22
marzo 2012, in www.osservatorio –oci.it 12, secondo cui la riforma
fallimentare,
abrogando
l’iniziativa
d’ufficio
e
procedimentalizzando la fase prefallimentare ex art. 15,
inscrivendola tra i procedimenti in camera di consiglio, e
istituzionalizzando, con l’art. 22, la pronuncia sulle spese e sulla
responsabilità processuale, ha evidentemente reso necessaria la
difesa tecnica, salvo il caso di domanda di fallimento in proprio;
contra, nel senso che le spese per la difesa tecnica per la
domanda di fallimento sarebbero credito privilegiato e non
prededucibile, DEL VECCHIO F., Le spese e gli interessi nel
fallimento, Milano, 1988, pp. 30 ss.; Trib. Trento, 13 luglio 2010,
in www.osservatorio–oci.it 11, che riconosce il privilegio di cui
all’art. 2755 c.c.; nel senso che sarebbe addirittura chirografo, v.
Trib. Roma, 16 maggio 1968, in Dir. fall., 1969, II, p. 168;
quando non ammissibile se non entro il limite delle spese vive
sostenute, v., BOZZA G. - SCHIAVON G., L’accertamento dei
crediti nel fallimento e le cause di prelazione, Milano, 1992, p. 517; per
l’esclusione in toto dal concorso delle spese legali per
l’insinuazione al passivo perché non necessaria la difesa tecnica
nel procedimento di insinuazione, BOZZA G. e SCHIAVON
G., ibidem; per la prededucibilità del credito restitutorio in caso
di riforma in secondo grado della sentenza di primo grado che
ha pronunciato la revocatoria, v. FABIANI M., L’esecutorietà
della sentenza di condanna restitutoria ex art. 67 legge fallimentare, in
15
Fall., 2002, p. 207; Secondo Cass. civ., sez. 1, 16 marzo 2009, n.
6709, in Giust. civ. Mass., 2009, 3, 490, “allorché il curatore
fallimentare abbia ricevuto un pagamento poi assoggettato ad azione
revocatoria, ex art. 67 l. fall., esercitata con successo dal curatore del
solvens, a sua volta dichiarato fallito, la circostanza non vale a
trasformare il conseguente credito restitutorio, in capo alla parte vittoriosa,
in obbligazione prededucibile; ai fini del riconoscimento di tale qualità,
infatti, costituiscono debiti di massa, ex art. 111 l. fall., solo le spese di
procedura e le obbligazioni contratte dall'amministrazione del fallimento e
per la continuazione autorizzata dell'esercizio dell'impresa, mentre non
rileva che il credito tragga origine da un versamento effettuato in favore
dell'organo concorsuale, limitandosi questi a subentrare nella posizione
sostanziale e processuale del fallito ed in tale veste conseguendo un
pagamento lecito, reso inefficace con la predetta azione costitutiva”; contra,
QUAGLIOTTI L., il fallimento convenuto in revocatoria e la
prededucibilità del debito di restituzione di pagamento revocato, in Fall.,
2010, p. 183, il quale ritiene la revoca di un pagamento subita da
un curatore assimilabile, quoad effectum, alla obbligazione
restitutoria che sorge in capo al curatore a seguito della riforma
in secondo grado della sentenza favorevole di revocatoria di
primo grado.
Si discute se, tra i crediti prededucibili, rientrino le spese per il
pignoramento o il sequestro conservativo di beni poi acquisiti
dal curatore alla massa attiva (in senso positivo, cfr.
BONSIGNORI A., op. cit., p. 231; in senso contrario, nel senso
che sarebbero solo privilegiati, PROVINCIALI R., op. cit., p.
1684; Trib. Bari, 22 dicembre 1953, Dir. fall., 1954, II, p. 150), le
spese dei giudizi promossi da o contro il curatore o dei giudizi
in cui il curatore sia subentrato al fallito qualora questo sia
rimasto soccombente (in senso positivo BONSIGNORI A., op.
loc. ult. cit., BOZZA G. e SCHIAVON G., op. cit., p. 498; nel
senso, invece, che detto credito debba essere soddisfatto dopo
la chiusura del fallimento dal fallito tornato in bonis, VASELLI
M., I debiti della massa nel procedimento di fallimento, cit., p. 19 e ss.);
secondo CALAVAGLIO A., op. cit., p. 452, anche le spese per
azioni revocatorie non sarebbero prededucibili perché iniziative
aleatorie di recupero che non potrebbero gravare sull’Erario.
Tale tesi pare tuttavia non condivisibile, soprattutto nelle
estreme conseguenze per cui, in assenza di risorse, il curatore
dovrebbe chiudere il fallimento per insufficienza dell’attivo ex
art. 118, l. fall.; quanto alle spese per l’opposizione alla sentenza
dichiarativa di fallimento, ove rigettata, regna divisione in
dottrina e giurisprudenza. Nel senso della prededucibilità,
infatti, RAGUSA MAGGIORE G., op. cit., p. 17; FERRARA
F., op. cit., p. 593. La Suprema Corte, dopo un primo
orientamento in tal senso, v. Cass. civ., 567/1966, Id.
2502/1968, Id. 3659/1972 (ma vedi, anche nella giurisprudenza
di merito, C. app. Catania, 19 aprile 1990, in Fall., 1991, p. 60 e
Trib. Milano 19 maggio 2005, in Fall., 2005, p. 1322), ha infine
mutato il proprio insegnamento nel senso che “Le spese del
giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento non hanno
natura concorsuale, in quanto sorgono in un momento successivo
all'apertura della procedura, e non costituiscono, in nessun caso, credito di
massa ex art. 111 n. 1 legge fallimentare, in quanto la legittimazione
passiva del curatore e quella del creditore trovano titolo in situazioni
giuridiche diverse”, così. S.C. Cass. civ., sez. I, 20 gennaio 2006, n.
1186, in Fall., 2006, 5, p. 519 (s.m.), con nota di FEDERICO.
Nel senso che, invece, dette spese siano a tutti gli effetti “spese
di giustizia” e quindi il relativo credito munito di privilegio ex
artt. 2755 e 2770 c.c., v. DEL VECCHIO F., op. cit., pp. 51 ss.
e, in giurisprudenza, Cass. civ. 1201/1959, Id. 3040/1959, Trib.
Monza, 13 luglio 2005, in Fall., 2005, p. 1322; nel senso, invece,
che, in caso di rigetto, le spese predette non sarebbero né
prededucibili, né concorsuali e graverebbero, invece, sul fallito,
v. Trib. Torino, 11 luglio 2000, in Fall., 2000, p. 1299; Trib.
Monza, 11 marzo 1999, in Fall., 1999, p. 680; Trib. Milano, 5
marzo 1998, in Fall., 1998, p. 749, e da recuperare nei confronti
dello stesso una volta tornato in bonis dopo la chiusura del
fallimento, v. Cass. civ. 1186/2006, cit.; nel senso che il credito
del professionista che assiste il fallito nel giudizio di
opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento non sia
debito della massa perché non in funzione del procedimento
fallimentare e nell’interesse dei creditori concorsuali, sicchè
l’esclusione non sarebbe lesiva del diritto di difesa ex art. 24
Cost., v. C. app. Roma, 14 novembre 1989, in Giust. civ., 1990, I,
p. 1115, con nota di PANZANI. La Suprema Corte, inoltre, ha
escluso la prededucibilità dei crediti per il prezzo di bene
trasferito in via coattiva ex art. 2932 c.c., con sentenza
costitutiva, emessa in corso di procedura se in esecuzione di
preliminare concluso prima del fallimento, ritenendo il credito,
in tal caso, anteriore alla dichiarazione di fallimento (S.C. Cass.
civ., sez. I, 25 luglio 2007, n. 16426, in Giust. civ. Mass. 2007, 78), e anche dei crediti restitutori del prezzo conseguente a
risoluzione pronunciata in corso di fallimento ma per
inadempimento anteriore all’apertura della procedura (cfr. Cass.
civ., sez. I, 3 febbraio 2006, n. 2439, in Giust. civ. Mass. 2006, 2).
Per la prededucibilità delle spese prenotate a debito ex art. 146,
d.p.r. 115/2002, in caso di procedura incapiente, v. MIELE C.,
op. cit., p. 1320. È stato, ancora, esclusa la prededucibilità del
credito di rivalsa IVA, stante l’unicità dell’origine del credito
professionale e di quello di rivalsa IVA, risalenti alla medesima
prestazione effettuata prima della dichiarazione di fallimento,
cfr. Cass. civ., sez. I, 27 ottobre 1982, n. 5623, in Giust. civ.
Mass. 1982, fasc. 9; Cass. civ., sez. I, 26 marzo 1992, n. 3715, in
Fall., 1992, 786; Cass. civ., sez. I, 6 agosto 1993, n. 8556, in
Giust. civ. mass., 1993, 12667; Cass. civ., sez. I, 4 giugno 1994, n.
5429, in Fall., 1995, 38; Cass. civ., sez. I, 2 febbraio 1995, n.
1227, in Giust. civ., 1995, I,1192; Cass. civ., sez. I, 12 giugno
2008, n. 15690, in Giust. civ. Mass., 2008, 6, 931; Cass. civ., sez. I,
2011, n. 3582, Cass. civ., sez. I, 11 aprile 2011, n. 8222, in
Diritto & Giustizia, 2011, 22 aprile (s.m.) – del resto le norme
fiscali aventi a oggetto il sistema di contabilizzazione
dell’imposta non incidono sulla natura giuridica e sull’origine
del fenomeno della prededucibilità, v. DI AMATO S., Fallimento
e credito di rivalsa IVA del professionista: un falso problema, in Dir.
Fall., 2011, n. 5, II, pp. 441 e ss.; altra parte della giurisprudenza
ha, tuttavia, evidenziato che il presupposto dell’imposta si
perfezionerebbe con il pagamento del servizio ex art. 6, d.p.r. n.
633/1972 (istituzione e disciplina dell’IVA), sì che solo in tale
momento sorgerebbe l’obbligo della fatturazione e nascerebbe il
credito di rivalsa, tanto che la notula dovrà essere intestata
appunto al fallimento (ex art. 74 bis, d.p.r. n. 633/1972), vedi la
direttiva del Presidente del Tribunale di Genova, 7 novembre
2011, in Fall. 2002, p. 1135; Trib. Pisa, 12 febbraio 1999, in
Fisco, 1999, p. 5314; Trib. Roma, 6 maggio 1999, in Dir. e prat.
Soc., 1999, p. 81; sempre nel senso della prededucibilità del
credito di rivalsa IVA, si segnala COPPOLA A., sub art. 111,
cit., in MAFFEI ALBERTI A., op. cit., p. 776. Per l’esclusione
della prededucibilità dei crediti per spese per la prosecuzione da
parte del curatore di processi a contenuto patrimoniale,
instaurati per far valere crediti nei confronti del fallito, e ciò
perché trattasi di credito da accertarsi in sede concorsuale,
CAVALAGLIO A., op. cit., p. 456; nel senso che, invece, ove
riassunto dal creditore, le spese per la difesa in giudizio
beneficerebbero della prededuzione, MAFFEI ALBERTI
A.,ibidem. Si è poi molto discusso in dottrina in ordine al
principio affermato anteriormente alla riforma, secondo cui la
prededuzione dei crediti già maturati è espressione di un
principio generale applicabile a tutti i contratti di durata, v.
LORDI L., Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Napoli, 1946,
p. 173; VASELLI M., i debiti della massa, cit., p. 48; RUISI G.,
Effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, in Riv. dir. civ.,
1965, II, p. 509.; TEDESCHI G. U., Assicurazione e fallimento,
Padova, 1969, p. 45; Secondo GUGLIELMUCCI L, Effetti del
fallimento sui rapporti. giuridici preesistenti, Legge fallimentare, in (a cura
di) BRICOLA F., GALGANO F, SANTINI G., Commentario
Scialoja – Branca, sub art. 72-83, Bologna - Roma, 1979, p. 133, la
prededucibilità era limitata ai soli crediti per i contratti rispetto
ai quali il subentro del curatore era facoltativo; contra,
BONSIGNORI A., op. cit., p. 234 e s.; VITALE A., I debiti della
16
massa nel fallimento, Milano, 1975, p. 15 e s. Secondo COPPOLA
A., sub art. 111, cit., in MAFFEI ALBERTI A., op. cit., p. 776, ai
sensi degli artt. 82 e 74, l. fall., sono prededucibili i premi
assicurativi scaduti antecedentemente alla dichiarazione di
fallimento, per effetto della quale il curatore subentra nel
contratto assicurativo in posizione di assicurato, nonché i crediti
per il prezzo delle consegne già eseguite o per i servizi già
erogati quando il curatore subentri in un contratto a esecuzione
continuata o periodica. Laddove, in caso di scioglimento del
curatore dai contratti di durata, i crediti maturati anteriormente
al fallimento parteciperebbero al concorso, mentre in caso di
subentro in contratti non di durata, solo quelli per prestazioni
successive al sub ingresso fruirebbero della prededuzione. In
dottrina è stato affermato che sarebbe prededucibile pure il
credito del factor per la restituzione delle somme corrisposte al
fallito per crediti ceduti ma non ancora sorti alla data del
fallimento, per il caso di recesso del curatore dal contratto di
cessione dei crediti d’impresa. Senonchè la Suprema Corte ha
qualificato tali crediti come chirografari non prededucibili, ove
non sia intervenuta formale comunicazione di recesso, ma il
curatore abbia sciolto i contratti con i terzi grazie ai quali
sarebbero dovuti sorgere crediti futuri ceduti al factor, v. Cass.
civ., sez. I, 18 aprile 2001, n. 5724, in Giust. civ. Mass. 2001, 823.
Sono, invece, prededucibili, i crediti per le migliorie apportate
dal promissario acquirente, in caso di scioglimento dal contratto
preliminare, cfr. BOZZA G. e SCHIAVON G., op. cit., p. 552,
fermo restando che detto credito va comunque accertato in
sede fallimentare secondo le forme e le norme sull’insinuazione
al passivo, cfr., per tutte, Cass. civ., sez. I, 27 marzo 2008, n.
7967, in Giust. civ. Mass. 2008, 3, 470; quelli per migliorie
apportate dal conduttore, in caso di scioglimento del contratto
di locazione opponibile al fallimento, cfr. C. app. Roma, 21
maggio 1953, in Dir. fall., 1953, II, p. 343; Trib. Roma, 19 luglio
1952, in Dir. fall., 1952, II, p. 433; nonché il credito da
risarcimento danni per inadempimento contrattuale consistente
in condotte illecite degli organi della procedura (VASELLI M.,
op. cit., p. 60 ss.; BONSIGNORI A., op. cit., p. 235; in
giurisprudenza, Cass. civ., sez. I, 23 aprile 1998, n. 4190, in
Fall., 1999, 184, con nota di PROTO); o comunque per colpa
del curatore (GUGLIELMUCCI L., Diritto fallimentare, cit., p.
255; in giurisprudenza Cass. civ., sez. I, 11 novembre 1998, n.
11379, in Fall., 1999, 635, con nota di FABIANI M.; Trib.
Roma, 16 luglio 2002, in Fall., 2003, p. 224). Secondo alcuni,
sarebbe prededucibile anche il credito risarcitorio, per
violazione dell’art. 2497 c.c., in capo ai soci di una società
controllata nel caso in cui il curatore, esercitando attività di
direzione e coordinamento di altre società, abbia agito
nell’interesse della fallita ma in violazione dei principi di corretta
gestione societaria e imprenditoriale, ad esempio mediante
l’incorporazione di una controllata in bonis nella società fallita,
cfr. ESPOSITO C., Autonomia pianificatoria degli organi del
fallimento, crediti prededucibili e interessi dei terzi estranei alla procedura,
in Fall., 2008, p. 1030. Per la prededucibilità dei crediti per
retribuzioni e indennità relative al rapporto di lavoro
subordinato, v. Cass. civ., sez. I, 7 febbraio 2003, n. 1832, in
Giust. civ. Mass. 2003, 281, la quale ha riconosciuto
l’infrazionabilità del preavviso. Sono, ancora, prededucibili: i
crediti nascenti da transazioni concluse dal curatore e da
obbligazioni sorte per effetto dell’esercizio provvisorio
dell’impresa, cfr., COPPOLA A., sub art. 111, cit., in MAFFEI
ALBERTI A., op. cit., p. 777, anche quando trovano fonte in
qualsiasi atto o fatto idoneo a produrle in conformità
all’ordinamento giuridico, quali la gestione di affari, il
pagamento dell’indebito e l’arricchimento senza causa cfr.
BONSIGNORI A., op. cit., p. 234 e, addirittura, secondo
PROVINCIALI R., Trattato di diritto fallimentare, Milano, 1974,
vol. III, p. 1663, gli alimenti al fallito ex art. 47 l. fall.; v. anche
Cass. civ., sez. I, 10 aprile 1999, n. 3518, in Fall., 2000, 403; Id.,
14 marzo 2001, n. 3664, in Dir. fall., 2001, II, 678, con nota di
RAGUSA MAGGIORE G. Prededucibili sono, inoltre, le
obbligazioni tributarie fondate su un presupposto imponibile
relativo alla fase successiva alla sentenza di fallimento, quali
l’imposta di registro, l’IVA per operazioni compiute dal
curatore, ma non la rivalsa IVA su crediti concorsuali (v. Cass.
civ., sez. I, 6 agosto 1993, n. 8556, in Giust. civ. Mass., 1993, p.
1267; Id., 4 giugno 1994, n. 5429, in Giust. civ. Mass., 1994, fasc.
6; Id., 2 febbraio 1995, n. 1227, in Giust. civ., 1995, I, 1192; Id.,
14 febbraio 2011, n. 3582, in Giust. civ. Mass., 2011, 2, 238; Id.,
11 aprile 2011, n. 8222, in Giust. civ., 2012, 1, I, 217), l’INVIM
decennale (Cass. civ., sez. I, 21 ottobre 2010, n. 21643, in Giust.
civ. Mass., 2010, 10, 1350), l’ICI, l’IMU, la Tassa di possesso
degli autoveicoli (Cass. civ., sez. I, 1994, n. 18194; ma, contra,
BOZZA G. e SCHIAVON G., op. cit., p. 498, perché dopo la
trascrizione al P.R.A. della sentenza di fallimento, non vi
sarebbe dubbio sullo spossessamento del proprietario con il
venir meno del presupposto della tassa); per la prededucibilità
dei debiti anteriori al fallimento nel caso di c.d. condono
tributario, a seguito di dichiarazione del curatore di avvalersi
delle norme di agevolazione, ex art. 33 d. l. 429/1982, conv. in l.
516/1982, v. FALSITTA G., Ulteriori precisazioni e proposte sulla
«questione fiscale» delle procedure concorsuali, in Giurisprudenza
commerciale, 1983, fascicolo 2/II, p. 236; CENSONI P.F.,
L’amministrazione straordinaria delle imprese armatoriali e i «debiti
della massa», in Giur. Comm., 1983, fasc. 2/I, p. 185; Cass. civ.,
sez. I, 26 ottobre 1998, n. 10614, in Fall., 1999, 1089, con nota
di STESURI; Trib. Sulmona, 11 marzo 2003, in Fall., 2004, p.
434; Id, 6 aprile 2003, in Fall., 2003, p. 1232; contra, BOZZA G.
e SCHIAVON G., op. cit., p. 497. Per la prededucibilità
dell’imposta di registro sull’enunciazione di una società di fatto
contenuta nella sentenza dichiarativa di fallimento, quale costo
che la procedura deve sopportare per il suo svolgimento, anche
quando il fallimento sia stato dichiarato su istanza dei soci (cfr.,
Cass. civ., SS. UU., 20 dicembre 1982, n. 7039, in Giust. civ.
Mass. 1982, fasc. 12). La Suprema Corte ha, inoltre, chiarito che
la definizione funzionale dei crediti prededucibili consente di
trasporre nel campo della prededucibilità anche crediti sorti
antecedentemente alla dichiarazione di fallimento, purchè sorti
in funzione della procedura (cfr., da ultimo, Cass. civ., sez. I, 5
marzo 2012, n. 3402, in Giust. civ. Mass., 2012, 3, p. 371) e ha
quindi avvallato l’orientamento dottrinale, già seguito da una
parte della giurisprudenza di merito, secondo cui della
prededuzione partecipano anche i crediti maturati prima del
decreto di ammissione alla procedura, ad esempio quelli
maturati per l'espletamento di attività professionali utili e
necessarie a consentire l'accesso del debitore alla procedura di
concordato preventivo (BONFATTI S., I concordati preventivi di
risanamento, in Le procedure concorsuali, a cura di CAIAFA A., II,
Padova 2011, pp. 1379 ss.; DIDONE A., Il controllo giudiziale
sulla nuova prededuzione del finanziamento dei soci postergabile, in Soc.,
2011, p. 1093; AMBROSINI S., Appunti flash sull'art. 182
quater della legge fallimentare, in il Caso.it, II, 204/2010, pp. 2 e ss.;
NARDECCHIA G.B., sub art. 182quater, in Commentario alla
legge fallimentare, diretto da CAVALLINI C., vol. 3, Milano
2010, pp. 852 ss. Nella giurisprudenza di merito, cfr. Trib.
Treviso 16 giugno 2008, in Fall., 2008, 1209; Trib. Milano 20
agosto 2009, ivi, 2009, 1413). È stata, quindi, ritenuta
prededucibile la prestazione del professionista che supporti il
debitore nella verifica ella situazione dell’impresa per valutare al
meglio se la crisi risulti o no superabile e, conseguentemente,
redica istanza di fallimento in proprio (Trib. Pistoia, 24 ottobre
2011, in www.ilcaso.it; Trib. Terni, 22 marzo 2012, in
www.osservatorio–oci.it, che riconosce la prededuzione solo per le
spese legali del creditore istante, cui è imposta la difesa tecnica
ma non, invece, in caso di domanda di fallimento in proprio); la
Suprema Corte, nella precitata sentenza n. 3402/12, cit., inoltre,
ha ritenuto prededubilile il compenso del subappaltatore, il cui
pagamento permetta all’appaltatore fallito di presentare all’ente
pubblico appaltante quietanze necessarie a ricevere il prezzo
dell’appalto, essendo il pagamento del corrispettivo in favore
del subappaltatore condizione per la riscossione del credito
17
La lettera della norma, che parla di crediti sorti in
occasione o in funzione del concordato preventivo e di
dell’appaltatore ai sensi dell’art. 118, comma 3, d. lgs. 113/07.
Stante l’inciso letterale che riconosce la prededubilità dei crediti
sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di
cui alla legge fallimentare (cfr., artt. 111, comma 2, l. fall., cit.), è
stata ritenuta la prededucibilità dei crediti venuti a esistenza
durante il concordato preventivo (v. MIELE C., op. cit., p. 1321
s.), laddove, prima della riforma, la prededucibilità era stata
riconosciuta solo per il compenso degli organi (per tutte, Cass.
civ., sez. I, 19 agosto 1983, n. 5402, in Foro it., 1983, I, 2748;
Cass. civ., sez. I, 3 ottobre 1983, n. 5753, in Fall., 1984, p. 691),
ma non per le spese per la continuazione dell’impresa (Cass.
civ., sez. I, 18 gennaio 1979, n. 353, in Giust. civ. Mass., 1979, p.
164; Id., 9 marzo 1979, n. 1467, in Id Giust. civ. Mass. 1979, fasc.
3; Id., 4 giugno 1980, n. 3636, in Foro it. 1981, I, 815.; Id., 5
febbraio 1988, n. 1258, in Fall. 1988, 453, e in Dir. fall. 1988, II,
391.; Id., 5 maggio 1988, n. 3325, in Fall., 1988, 967; Id., 26
giugno 1992, n. 8013, in Fall., 1992, 1027; Id., 27 ottobre 1995,
n. 11216, in Fall., 1996, 529, con Osservazioni di
MARCHETTI), stante le finalità meramente liquidatorie del
concordato preventivo, salvo il caso in cui la continuazione
dell’attività d’impresa avesse costituito elemento essenziale e
fondante della proposta di concordato (Cass. civ., sez. I, 5
agosto 1996, n. 7140, in Giust. civ. Mass., 1996, 1104; Id., 12
marzo 1999, n. 2192, in Fall., 2000, 370, con nota di RAGO);
Id., 2 agosto 2002, n. 11580, in Fall., 2003, 603, con nota di
MARELLI; Id., 14 febbraio 2011, n. 3581, in Giust. civ.
Mass., 2011, 2, 238. Sono, dunque, prededucibili: i crediti per il
compenso del commissario giudiziale e del liquidatore
giudiziale, assistiti per giunta da duplice privilegio di cui agli artt.
2755 e 2770 c.c. (così, Trib. Terni, 13 giugno 2011, in Fall.,
2011, p. 1007); i crediti per i compensi del legale e degli altri
professionisti che hanno assistito il debitore nel giudizio di
omologazione del concordato preventivo (in tal senso, già Cass.
civ., sez. I, 1992, 8889; contra, Trib. Sulmona, 23 ottobre 2003,
in Fall., 2004, p. 579; Trib. Pordenone, 8 ottobre 2009, in Fall.,
2010, p. 624; Trib. Bari, 17 maggio 2010, in Giur. Mer., 2011, p.
1301; Trib. Pistoia, 24 ottobre 2011, in www.ilcaso.it, secondo cui
la prededucibilità del credito deriva dall’essere sorto per atto
degli organi fallimentari), o comunque nella fase successiva
all’ammissione al concordato preventivo in quanto sorti in
occasione o in funzione del concordato e nell’interesse della
massa dei creditori che beneficerebbe, in tal caso, del miglior
trattamento previsto dal concordato rispetto a quello che
deriverebbe dal fallimento. Si è già ricordato sopra, al paragrafo
precedente, come tra i crediti prededucibili vi siano anche gli
atti legalmente compiuti ai sensi dell’art. 161, comma 7, l. fall.,
ossia, dopo il deposito della domanda, anche solo prenotativa,
di concordato preventivo, se di ordinaria amministrazione
ovvero, previa autorizzazione del Tribunale, se di straordinaria
amministrazione. Tale disposizione era necessaria, quanto meno
per ragioni di coerenza, per disciplinare il regime degli atti
compiuti nel periodo intercorrente tra il deposito della
domanda di concordato in bianco, con riserva, e il successivo
deposito del piano, della proposta e degli altri documenti di cui
all’art. 161, commi 2 e 3. l. fall. Sono esclusi dalla prededuzione,
quindi, i crediti professionali anteriori al concordato preventivo,
rectius, al deposito della relativa istanza, anche con riserva, ove
non funzionali alla sua ammissione e godranno, invece, del
privilegio ex art. 2751 bis, n. 2, c.c. L’art. 169 bis, comma 2, l.
fall., introdotto dall’art. 33, d. l. 22 giugno 2012, n. 83,
convertito in legge con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012,
n. 134, le cui disposizioni, a mente dell’art. 33, cit., comma 3, si
applicano a partire dall’11 settembre 2012, ha precisato che il
credito all’indennizzo - dovuto alla parte in bonis del contratto
in corso di esecuzione che subisce la sospensione o lo
scioglimento - è soddisfatto come credito anteriore al
concordato, con ciò escludendo, quindi, siffatto credito dal
beneficio della prededucibilità.
altre procedure concorsuali, mediante l’uso della
disgiuntiva, appare esprimere inequivocabilmente due
concetti alternativi legittimanti sia il criterio cronologico
sia quello teleologico, attribuendo, in sostanza, la
prededuzione, rispettivamente, sia ai crediti sorti durante
il concordato preventivo, sia a quelli antecedenti
all’ammissione
dell’imprenditore
al
concordato
preventivo ma ad esso finalizzati, punto, in forza di un
nesso di funzionalità53 - rimarrebbe irrilevante, invece, “il
criterio dell’origine del credito per atto degli organi concordatari”54.
Cfr., Cass. civ., sez. I, 6 agosto 2010, n. 18437, in Giur.
comm. 2011, 4, II, 873, con nota di CIERVO, la quale, peraltro,
ribadisce anche il principio di consecuzione delle procedure
concorsuali; Trib. Udine, 15 ottobre 2008, in Fall., 2009, p.
1414; Trib. Udine, 6 marzo 2010, in Fall. 2010, p. 998; Trib.
Terni, 13 giugno 2011, in Fall., 2011, p. 1339; Trib. Prato, 24
giugno 2011, in www.ilcaso.it. Nella precitata giurisprudenza, in
particolare, si è chiarito che il nesso di funzionalità è
rappresentato dalla diretta strumentalità ai fini dell’avvio della
procedura concorsuale alternativa al fallimento e dalla utilità per
la massa dei creditori (Trib. Udine, 6 marzo, 2010, cit.; Trib.
Prato, 24 giugno 2011, cit.).
Anche MIELE C., op. cit., p. 1318, è dell’idea che l’utilità per la
massa sia criterio integrativo e non alternativo a quello,
rispettivamente, cronologico e teleologico il quale ultimo, d’altra
parte, andrebbe interpretato, secondo COPPOLA A., sub art.
111, l. fall., cit., in MAFFEI ALBERTI A., Commentario breve alla
legge fallimentare, Padova, 2013, p. 779, nel senso che vanno
esclusi i crediti per attività che comunque sarebbero state svolte
anche ove l’imprenditore non avesse inteso attivare procedure
alternative al fallimento. Così, in forza del criterio funzionale
sono stati ritenuti prededucibili, in quanto e nella misura in cui
utili per la massa dei creditori: la prestazione del professionista
che assiste l’imprenditore nella predisposizione e nel deposito
della domanda di concordato preventivo, purchè sia intervenuto
il relativo decreto di ammissione (Trib. Udine, 15 ottobre 2008,
cit.; Trib. Udine, 6 marzo 2010, cit.) – mentre Trib. Pordenone,
8 ottobre 2009, escludeva la prededucibilità del compenso al
professionista perché non sorto sotto il controllo del giudice
dopo l’apertura della procedura; il patrocinio prestato dopo
l’apertura del concordato preventivo, e nell’ambito di una fase
della procedura medesima, qual è il giudizio di omologazione
(Trib. Milano, 26 giugno 2009, in Riv. Dir. Comm., 2010, p. 190).
Secondo il Trib. Varese, 11 aprile 2011, in www.ilcaso.it, non
andrebbero ritenuti direttamente funzionali al concordato
preventivo i crediti sorti in epoca anteriore al deposito del
ricorso e nascenti da rapporti di cui si prevede la continuazione,
pur essendo detti rapporti ritenuti essenziali perla continuazione
dell’impresa, e dunque dovrebbero ritenersi concorsuali. Né,
ancora, prededucibili dovrebbero ritenersi, secondo il Trib.
Vicenza, 11 ottobre 2010, in www.ilcaso.it, il credito per il
compenso a titolo di assistenza professionale nel giudizio di
revoca dell’ammissione al concordato preventivo ex art. 173, l.
fall., e conseguente dichiarazione di fallimento. Con riferimento
all’abrogata amministrazione controllata, invece, si è detto che,
avendo - la stessa - finalità cautelari rispetto al successivo
fallimento, ed anche recuperatorie, i crediti derivanti dalla
continuazione dell’attività d’impresa dovevano essere
riconosciuti sempre come prededucibili, con il limite di non
poter incidere negativamente sulla soddisfazione dei creditori
muniti di privilegio speciale, cfr., solo ex pluribus, Cass. civ., sez.
I, 16 maggio 1983, n. 3369, in Giust. civ. Mass., 1983, fasc. 5; Id.,
16 novembre 1989, n. 4892, in Giust. civ. Mass., 1989, fasc. 11;
Id., 15 luglio 1992, n. 8590, in Giust. civ. Mass., 1992, fasc. 7; Id.,
17 giugno 1995, n. 6852, in Giust. civ. Mass., 1995, fasc. 6.
54 Così, COPPOLA A., sub art. 111, cit., in MAFFEI
ALBERTI A., op. ult. cit., p. 779. Cfr., anche, Trib. Pordenone,
8 ottobre 2009, in Fall., 2010, p. 624; Trib. Pistoia, 24 ottobre
2011, in www.ilcaso.it. Del resto, come correttamente osservato
53
18
Vero è, tuttavia, che, se per i crediti sorti “in occasione”
del concordato preventivo o di altra procedura
concorsuale non appaiono sussistere dubbi sulla relativa
prededucibilità, diversamente, secondo un diffuso orientamento giurisprudenziale, i crediti sorti antecedentemente ma “in funzione” di una di tali procedure, ove
contestati, ben potrebbero essere oggetto di apposito
vaglio giudiziale per mezzo dell’ordinario giudizio di
accertamento in fase di esecuzione del concordato55,
ovvero di verifica dello stato passivo, in caso di
successivo fallimento56 - non così, però, dovrebbe
ritenersi per i crediti qualificati prededucibili ex lege, quali
quelli di cui all’art. 161, comma 7, l. fall., e quelli relativi ai
finanziamenti di cui agli artt. 182 quater e 182 quinquies,
inl. fall., ferma la questione della sopravvivenza o meno,
ai fini dell’affermazione della prededucibilità, dei principi
in materia di consecuzione tra procedure57.
Volendo procedere per macro categorie, senza pretese di
esaustività, si possono ricordare, tra i crediti sorti “in
occasione”, a titolo di esempio, le spese strettamente
inerenti le procedure, le spese derivanti dall’esistenza di
beni al momento dell’apertura della procedura, le spese
derivanti dall’acquisizione di beni che pervengano al
fallito successivamente all’apertura della procedura, le
spese giudiziali relative a procedimenti radicati in corso di
procedura, le spese originate dall’attività negoziale del
curatore e, ancora più in generale, le situazioni giuridiche
soggettive consistenti nelle obbligazioni sorte nel corso
della procedura, qualsiasi ne sia la fonte, compresi
eventuali illeciti riferibili al curatore58.
Nella locuzione “crediti in funzione”, invece, si dovrebbe
ricomprendere, sempre in linea generale, quelli relativi ad
oneri riconducibili ad attività o iniziative di terzi, da cui
derivino comunque risultati utili per la massa dei
creditori.
da autorevole dottrina, il concordato preventivo non espropria
l’imprenditore del suo potere di gestione per attribuirlo agli
organi della procedura e, peraltro, anche in sede fallimentare,
sono qualificati come prededucibili spese rispetto alla
formazione delle quali l’ufficio fallimentare è del tutto estraneo,
cfr. cfr., RUISI G. – CENSONI P. F., Il fallimento, in (diretto
da) BIGIAVI W., Giurisprudenza sistematica di diritto civile e
commerciale, Torino, 1978, pp. 586 e s.; VITALE A., I debiti della
massa nel fallimento, Milano, 1975, p. 15. Prededucibili, del resto,
sempre in sede fallimentare, sono considerati anche quei debiti
originariamente concorsuali, in quanto assunti dal fallito
anteriormente alla dichiarazione di fallimento, ma trasformati in
debiti di massa, v. COPPOLA A., sub art. 111, cit. in MAFFEI
ALBERTI A., op. loc. ult. cit.,.
55 Cfr. Trib. Terni, 13 giugno 2011, in Fall. 2011, p. 1339.
56 Cfr., Cass. civ., 18 novembre 2010, n. 23353, in Resp. civ. e
prev., 2011, 10, p. 2082, con nota di PETRUCCO e TOFFOLO;
Id., 15 gennaio 2003, n. 515, in Fall., 2003, p. 1282; Id., 29
gennaio 2002, n. 1065, in Giust. civ. Mass., 2002, 151.
57 Nel senso della sopravvivenza di tale criterio, v. MIELE C.,
op. ult. cit., p. 1318; TRINCHI A., sub art. 111, l. fall., Ordine di
distribuzione delle somme, in (a cura di) CAVALLINI C.,
Commentario alla legge Fallimentare, Milano, 2010, vol. 2, p. 1184,
in particolare, evidenzia la necessità dell’identità delle cause di
dissesto e della stretta consecutività temporale. Contra,
CATALLOZZI P., Crediti sorti durante il concordato preventivo e loro
tutela nel successivo fallimento: è ancora sostenibile la teoria della
consecuzione ?, in Fall., 2008, p. 443.
58 Cfr., per tutti, LO MUNDO E., sub art. 111, cit., pp. 1426 e
s.
Per questo genere di oneri, siccome non assunti
direttamente dagli organi di procedura, l’opportunità
degli stessi non potrà che essere valutata ex post; laddove
per quelli contratti in “in occasione”, comunque riferibili
direttamente agli organi di procedura, detta valutazione
dovrà essere effettuata ex ante.
Poiché la norma parla di funzionalità rispetto a procedure
concorsuali, comprese, dunque, anche quelle “minori”, è
gioco forza inferire che, in caso di consecuzione di
procedure, ad esempio nel caso in cui il concordato
preventivo sfoci per qualsiasi ragione in dichiarazione di
fallimento, godranno della prededucibilità anche i debiti
contratti dall’imprenditore nella procedura minore
quando abbiano determinato un incremento delle attività
o una diminuzione delle passività59.
Parrebbe, invece, collocarsi a metà strada l’ipotesi ricordata
da COPPOLA A., in MAFFEI ALBERTI A., op. cit., p. 773,
ossia quella dei crediti originariamente concorsuali, perché
originati anteriormente alla dichiarazione di fallimento e, dopo
la stessa, trasformati in crediti prededucibili, come nel caso
dell’art. 74, l.f. (per i contratti a esecuzione periodica o
continuata, quando il curatore subentri nel rapporto), in
generale; e, più in particolare, il caso di cui all’art. 82, comma 2,
l. fall. per il pagamento dei premi assicurativi pregressi. Con
riferimento a tale categoria, parte della dottrina utilizzava una
definizione meramente “funzionale” di tali crediti, definiti come
“costi assunti nell’interesse dei creditori concorsuali per il conseguimento
degli scopi dell’esecuzione collettiva”, cfr., RUISI G. – CENSONI F.,
op. loc. ult. cit.; VASELLI M., I debiti della massa nel procedimento di
fallimento, Padova, 1951, pp. 4 e 18; piuttosto che non
processuale, siccome strettamente legata alla procedura
concorsuale, come BOZZA G. – SCHIAVON G.,
L’accertamento dei crediti e le cause di prelazione, Milano, 1992, 467.
Soprattutto, ove si assuma una definizione processuale di crediti
prededucibili, secondo una parte della dottrina, dovrebbe
ritenersi che la prededucibilità sia destinata a venir meno con la
chiusura del fallimento e i crediti nei confronti della massa
dovranno essere soddisfatti nei confronti del fallito tornato in
bonis al pari di ogni altro credito, cfr. LIMITONE G.,
Prededuzione, in FERRO M. (a cura di), Le insinuazioni al passivo.
Trattato teorico-pratico dei crediti e dei privilegi nelle procedure
fallimentari, vol. I, Milano, 2005, p. 559; MIELE C., sub art. 111,
in (a cura di) FERRO M., La legge fallimentare. Commentario teoricopratico, Padova, 2007, p. 872. Contra, cfr. FABIANI M., Decreto di
esecutorietà dello stato passivo e accertamento negativo sul credito, in Fall.,
1997, p. 1096 e ss., il quale sostiene l’efficacia extrafallimentare
della prededucibilità. Sulla base di tale distinzione, altra parte
della dottrina sostiene che le spese del procedimento
fallimentare, costituendo un diritto di collocazione preferenziale
sul ricavato che ha origine nel processo, si estinguono con esso,
laddove i debiti per l’amministrazione del fallimento e per la
continuazione dell’esercizio dell’impresa sono obbligazioni vere
e proprie, destinate a sopravvivere alla chiusura del fallimento,
ove anche solo parzialmente insoddisfatte, cfr. BONSIGNORI,
La liquidazione dell’attivo, cit., p. 224 s.; contra, BOZZA G. –
SCHIAVON G., op. cit., p. 477. Sul pagamento dei debiti della
massa dopo la chiusura del fallimento e, in particolare, nel senso
che dopo la chiusura del fallimento, il fallito deve adempiere le
obbligazioni contratte dal curatore nell’ambito dei suoi poteri
(così anche TEDESCHI G.U., Manuale del nuovo diritto
fallimentare, Padova, 2006, p. 462), e deve anche pagare i debiti
della massa che non sia stato possibile adempiere (TEDESCHI
G.U., ibidem; DE FERRA G., Manuale di diritto fallimentare,
Milano, 1988, p. 268), con estinzione però della prededuzione e
la conseguenza che anche i creditori della massa concorreranno
sui beni residui dell’ex fallito al pari degli altri chirografari, e
salvi i privilegi e i diritti di ritenzione disciplinati dal codice
civile, cfr. LUNGHINI B., sub art. 120, in MAFFEI ALBERTI
59
19
5. Il trattamento e la collocazione dei crediti dei
professionisti incaricati di attività funzionali
all’accesso alle procedure minori
1) All’indomani dall’introduzione dell’art.182quater, l.
fall.60 nell’articolato della legge fallimentare, dottrina e
giurisprudenza si sono da subito divise in ordine al
rapporto tra la predetta disposizione, che prevede
specifiche ipotesi di crediti prededucibili (i.e.: quelli da
finanziamento in funzione o esecuzione del concordato
preventivo ovvero dell’accordo di ristrutturazione), e
l’art. 111, comma 2, l. fall., come riformato nel 2005, che
estendeva la prededucibilità alla generale categoria dei
crediti sorti in occasione o in funzione del concordato
preventivo o di altre procedure concorsuali.
La questione assumeva preminente rilevanza, anche
pratica, a motivo che l’originario art. 182quater, comma 4,
collocava in prededuzione il credito del professionista
incaricato di predisporre la relazione – rispettivamente di cui agli articoli 161, terzo comma, e 182bis, primo
comma, purché tale collocazione fosse espressamente
disposta nel provvedimento con cui il tribunale avesse
accolto la domanda di ammissione al concordato
preventivo ovvero l'accordo fosse omologato.
La specificità delle ipotesi considerate nell’art. 182quater
(crediti dei finanziatori e del professionista attestatore),
pur sempre afferenti ad attività funzionali alle procedure
minori ivi indicate, accreditava il dubbio che gli altri
crediti per attività o prestazioni, pur funzionali, dovessero
ritenersi non prededucibili, nonostante l’art. 111, comma
2, l. fall.
Dubbio, in verità, ancor più forte – giusta l’art. 182quater,
comma 4 - per i vari professionisti che a diverso titolo
assistono il debitore nella predisposizione e nella
presentazione della domanda, dei documenti e delle
relazioni ex art. 160, comma 2, l. fall., evidentemente
funzionali all’accesso al c.p. o agli a.r.d.
Secondo un primo orientamento, che ha trovato largo
seguito nella giurisprudenza di merito, infatti, l’effetto
delle previsioni di cui ai primi quattro commi dell’art.
182quater, l. fall., sarebbe stato quello di restringere la
portata del dettato dell’art. 111, comma 2, l. fall., sopra
citato, nel senso di escludere la prededucibilità di ogni
altro credito, diverso da quelli considerati dal predetto
art. 182quater, l. fall., pur sorto in funzione del
concordato preventivo61.
Autorevole dottrina, nondimeno, sostiene, invece, che
l’art. 182quater, l. fall., avrebbe la funzione di individuare
in via preventiva specifiche ipotesi di crediti funzionali, la
cui valutazione di prededucibilità è effettuata a priori dal
legislatore, anziché nel successivo ed eventuale
fallimento; senza escludere, però, il beneficio della
A., Commentario breve, ult. cit., p. 822; DEL VECCHIO F., Le
spese e gli interessi nel fallimento, cit., pp. 211 ss.; VITALE A., I
debiti della massa nel fallimento, cit., pp. 88 ss.
60 A sua volta introdotto dall’art. 48 del D.L. 31 maggio 2010, n.
78, in vigore dal 31 maggio 201, e convertito, con
modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, entrata in vigore il
31 luglio 2010 (G.U. n. 176 del 30 luglio 2010 - Suppl.
Ordinario n. 174).
61 Cfr., solo ex pluribus, Trib. Pistoia, 24 ottobre 2011, in
www.ilcaso.it; Trib. Milano, 26 maggio 2011, in Fall., 2011, p.
1337; Trib. Terni, 13 giugno 2011, in Fall., 2011, p. 1007.
prededuzione in favore di altri e diversi crediti nella
misura in cui funzionali al concordato preventivo, da
qualificare come tali a mente della generale disposizione
di cui all’art. 111, comma 2, l. fall., secondo valutazione
rimessa al giudice nella successiva ed eventuale sede
fallimentare62.
In altri termini, secondo tale prospettiva interpretativa, il
rapporto tra il vigente art. 111, comma 2, cit. e
l’originario art. 182quater, cit. andava risolto, non già nel
senso di un coordinamento che implichi la delimitazione
della categoria dei crediti prededucibili siccome funzionali
al concordato preventivo, bensì nel senso che le due
predette norme disciplinerebbero due diverse categorie di
crediti funzionali e, appunto, come tali entrambe
prededucibili, ma distinte in ragione del relativo modus
operandi in sede fallimentare: in via automatica, ope legis,
per quelli di cui all’art. 182 quater, cit.; in base a
valutazione rimessa al giudice in sede di ammissione al
passivo, per i restanti crediti funzionali pur rientranti
nella generale categoria dell’art. 111, comma 2, l. fall.
La prima delle sopra succintamente esposte tesi, in effetti,
non convince perché porterebbe a una sostanziale
abrogazione dell’art. 111, comma 2, l. fall., che è poi
l’unica norma concorsuale che regola i crediti
prededucibili in sede fallimentare; risultato che, come è
stato bene osservato63, non appare nemmeno giustificato
dalla sedes materiae dell’art. 182quater, cit., disposizione
introdotta nel titolo III, della legge fallimentare, recante la
disciplina del concordato preventivo e degli accordi di
ristrutturazione.
In particolare, l’art. 182quater, cit., era stato introdotto dal
d.l. 78/2010, cit., conv. in l. 122/2010, cit., cioè
nell’ambito di un provvedimento contenente misure
urgenti in materia di competitività economica,
unitamente ad altre norme direttamente finalizzate a
rendere più efficace sia il concordato preventivo che gli
accordi di ristrutturazione, ai fini di agevolare il ricorso a
soluzioni alternative rispetto al fallimento.
In quest’ottica, dunque, la ratio di siffatta norma non
poteva essere certamente quella di limitare l’applicazione
dell’art. 111, comma 2, l. fall., bensì, se mai, quella di
garantire a priori il trattamento preferenziale di alcuni
creditori funzionali e assolutamente decisivi per
l’ammissione al concordato preventivo64.
Scelta quanto mai opportuna, anche allo scopo di
riallineare in questo senso - eliminando in radice ogni
dubbio anche in relazione a - il trattamento dei crediti per
Cfr, BONFATTI S., Le procedure di composizione negoziale della
crisi d'impresa: opportunità e responsabilità - Convegno Nazionale di
Reggio Emilia, 8 ottobre 2010 - Il sostegno finanziario dell'impresa nelle
procedure di composizione negoziale delle crisi, in Il Caso.it, II,
214/2010, pp. 22 e s.; STANGHELLINI L., Finanziamenti-ponte
e finanziamenti alla ristrutturazione, cit., p. 1352; FERRO M. –
FILOCAMO F.B., sub art. 182quater, in FERRO M. (a cura di),
La Legge Fallimentare, cit., p. 2196; VALENSISE P., sub art.
182quater, in NIGRO A. – SANDULLI M. – SANTORO V. (a
cura di), La Legge fallimentare dopo la riforma, cit., p. 2343;
AMBROSINI S., Profili civili e penali delle soluzioni negoziate nella L.
n. 122/2010, in Fall., 2011, p. 646; DIDONE A., Prededuzione,
cit., p. 922.
63Cfr., COPPOLA A., sub art. 111, l. fall., cit., p. 781.
64 Cfr., PATTI A., L’esclusione della prededucibilità dei crediti di
professionisti diversi dall'attestatore del piano ex art. 161, comma 3, l.
fall. - La prededuzione dei crediti funzionali al concordato preventivo tra
art. 111 ed art. 182quater, l. fall., in Fall., 2011, p. 1337.
62
20
finanziamenti funzionali agli accordi di ristrutturazione;
atteso che la controversa natura di questo istituto
rischiava di porli al di fuori della regola di prededucibilità
sancita dall’art. 111, comma 2, l. fall., cit.65
Indipendentemente dalla soluzione al problema se detti
crediti funzionali siano prededucibili in sede concordataria (o di esecuzione degli a.r.d.), pertanto, quel che appare
assodato è che essi - ossia i crediti individuati dall’art.
182quater, così come quelli elencati dall’art.182quinquies66
e, non ultimi, i crediti scaturiti da atti di ordinaria
amministrazione ovvero di straordinaria amministrazione
in quanto autorizzati, ai sensi dell’art. 161, comma 7, l.
fall.67 - devono essere tutti considerati crediti
prededucibili almeno nel successivo fallimento in quanto
espressamente qualificati tali da una specifica disposi zione di legge (art. 111, comma 2, l. fall., prima parte); senza
che da ciò derivi alcuna efficacia limitativa della più
generale categoria dei crediti prededucibili in quanto
funzionali (o comunque “sorti in occasione del
concordato preventivo”).
L’opposta prospettiva, infatti, avrebbe portato all’estrema
conseguenza di un (a dir poco) clamoroso vulnus di
legittimità costituzionale sotto il profilo del principio di
uguaglianza ex art. 3 Cost., nel suo nucleo forte68; e ciò, in
ragione dell’art. 182quater, comma 4, l. fall., che,
limitando la prededucibilità al solo professionista
attestatore, alimentava il dubbio sulla correlata esclusione
dell’applicazione dell’art. 111, comma 2, l. fall. agli altri
professionisti, che pur assistono il debitore nella
predisposizione degli atti e dei documenti necessari per il
deposito del ricorso e della domanda di concordato
preventivo (o di omologazione degli a.r.d.) e che, in
quanto non considerati dall’art. 182quater, avrebbero
subito un trattamento deteriore.
V., supra, note nn. 48 e 49;
a sua volta, dall'art. 33 del d.l. 22 giugno 2012, n.
83, convertito in legge, con modificazioni, dalla l., 7 agosto
2012, n. 134, le cui disposizioni, ai sensi dell’art. 33, comma 3,
d.l. 83/2012, cit., si applicano a partire dall’11 settembre 2012.
67 Comma introdotto dalla l., 7 agosto 2012, n. 134, che ha
convertito con modificazioni il d.l., 22 giugno 2012, n. 83. La
modifica si applica, ai sensi dell’art. 33, comma 3, d.l. 83/2012,
cit., sempre a partire dall’11 settembre 2012. Merita, altresì,
evidenziare che il comma in questione è stato, da ultimo,
modificato anche dal d.l., 21 giugno 2013, n. 69, che, dopo le
parole «sommarie informazioni» ha aggiunto, con effetto dal 22
giugno 2013, le parole «e deve acquisire il parere del commissario
giudiziale, se nominato», introducendo un ulteriore presupposto
per l’autorizzazione al compimento di atti di straordinaria
amministrazione dopo il deposito della domanda di concordato
preventivo.
68 Dubbi sulla ragionevolezza dell’esclusione dall’art. 182quater,
degli altri professionisti, diversi dall’attestatore, quali i revisori,
gli advisors finanziari, industriali e legali, quelli incaricati della
relazione ex art. 160, comma 2, art. 161, comma 2, lett. a,
nonchè art. 182bis, comma 6, l. fall., sono stati sollevati da
diversi autori, cfr., per tutti, RIZZARDO G.B., sub art.
182quater, l. fall., in MAFFEI ALBERTI A., Commentario breve
alla legge fallimentare, VI ed., Padova, 2013, p. 1285; cfr.
DIDONA A., Prededuzione, cit., p. 913. Cfr., altresì, Trib. Pistoia,
24 ottobre 2011, cit., che, infatti, aveva esteso l’applicazione
dell’art. 111, comma 2 anche al professionista incaricato
dell’attestazione di cui all’art. 160, comma 2, l. fall., relativa al
grado di capienza del privilegio ai fini della falcidia dei creditori
privilegiati.
65
66Introdotto,
Da tali dirimenti considerazioni, pertanto, discende, quale
logico corollario, che l’abrogazione69 dell’art. 182quater,
comma 4, cit. non può in alcun modo essere valorizzata
nel senso dell’esclusione dalla prededucibilità,
quantomeno nel successivo fallimento, dei crediti in essa
prima individuati.
Essa, piuttosto, ne impone la riconduzione all’alveo dei
crediti prededucibili in quanto funzionali ex art. 111,
comma 2, seconda parte, l. fall., cit., da accertarsi secondo
le modalità di verifica dello stato passivo di cui agli artt.
93 e ss., l. fall.70; con la precisazione che, quanto ai limiti
dell’ampiezza del sindacato del Giudice Delegato
nell’accertamento di essi in sede di ammissione allo stato
passivo fallimentare, il giudizio dovrebbe essere limitato
ai profili di legittimità connessa alla verifica del nesso
funzionale, senza però estendersi a qualsivoglia vaglio di
merito e di ragionevolezza.
Si tratterebbe di modifica, quest’ultima, potenzialmente
intesa alla tutela degli interessi dei creditori di converso
già ampiamente assicurata, come giustamente osservato
da autorevole dottrina71, dagli strumenti di intervento
diretto (impugnazione e revocazione ex art. 98, l.f.), agli
stessi riconosciuti in sede di formazione dello stato
passivo fallimentare, sufficienti a escludere la necessità e,
comunque, la legittimità di un ruolo suppletivo del
Giudice delegato.
Coerentemente a questa impostazione, si deve anche
inferire che l’introduzione, così come (ora, a maggior
ragione) la soppressione dell’originario comma 4, dell’art.
182quater, l. fall., nulla toglie alla prededucibilità, con i
limiti e gli interrogativi sopra ricordati, dei crediti degli
altri professionisti che intervengono in funzione o in
occasione (quantomeno) del concordato preventivo.
Già prima della sua introduzione, infatti, pur a fronte di
un orientamento di segno negativo, che escludeva la
prededucibilità del credito, per esempio, del difensore del
debitore per le spese del giudizio di omologazione72, non
sono mancate decisioni orientate, invece, nel senso della
prededucibilità di siffatti crediti73 seppur con molteplici
sfumature con particolare riferimento, appunto, ai crediti
dei professionisti intervenuti ai fini della presentazione
Abrogazione, con effetto dall’11 settembre 2012, avvenuta in
sede di conversione, con modificazioni, del d.l. 22 giugno 2012,
n. 83, ad opera della l. 7 agosto 2012, n. 134.
70 Cfr., anche, BONFATTI S., Le procedure di composizione
negoziale della crisi d'impresa, cit., p. 23 e s.
71 Cfr., COPPOLA A., sub art. 111, l. fall., cit., p. 782.
72 V. Trib. Pordenone, 8 ottobre 2009, in www.ilcaso.it; Trib.
Milano, 26 giugno 2009, in Riv. Dir. Comm., 2010, p. 190. Per
quanto riguarda le spese anche del giudizio di impugnazione del
decreto di non omologazione, cfr., Cass. civ., 16.6.1994, n. 582,
cit.
73 V., quanto meno con riferimento al concordato fallimentare,
Cass. civ., sez. I, 1992, 8889; contra, con riferimento alle spese
del giudizio di omologazione nel concordato preventivo, Trib.
Sulmona, 23 ottobre 2003, in Fall., 2004, p. 579. Nel senso,
invece, che “Il credito professionale per l’assistenza all’imprenditore nel
procedimento di omologazione del concordato preventivo, sfociato in
fallimento per mancata omologazione, deve ritenersi sorto “in occasione”
della procedura concorsuale di concordato preventivo, e conseguentemente
deve essere collocato in prededuzione nel fallimento consecutivo ai sensi
dell’art. 111, co. 2, l. fall., a nulla rilevando la circostanza che l’attività
professionale non fosse tra quelle previste nel ricorso per concordato
preventivo”, cfr., Trib. Reggio Emilia, 14 giugno 2012, in
www.ilcaso.it.
69
21
della domanda di concordato preventivo (e, dunque, in
fase anteriore al deposito della stessa)74.
Dopo l’abrogazione del comma 4, art. 182quater, cit.,
nondimeno, è stata ribadita, a più forte ragione, la
prededucibilità, ai sensi dell’art. 111, comma 2, l. fall.,
anche se solo nel successivo fallimento, dei crediti dei
professionisti intervenuti nella predisposizione, redazione
e deposito della domanda e del piano concordatario75.
Di recente, peraltro, è intervenuta sull’argomento anche
la Suprema Corte che, con la sentenza 8 aprile 2013, n.
853376, ha chiarito che l’art. 111, comma 2, l. fall.
contempla la prededucibilità anche per tutti i crediti sorti
in funzione di procedure concorsuali, con la conseguenza
che la valorizzazione dell’introduzione dell’art. 182quater,
l. fall., a sostegno di un’interpretazione immotivatamente
restrittiva della disposizione generale fissata nel citato art.
111 (tale, cioè, da annullarne sostanzialmente la portata),
contrasterebbe con la lettera della legge e con l’intenzione
del legislatore (manifestata già con la legge 122/2010,
cit.), all’evidenza individuabile nell’esigenza di favorire il
ricorso alle procedure concorsuali diverse da quella
liquidatoria del fallimento.
In ultima, si aggiunga che, sebbene ai fini del caso
sottoposto al collegio, come lo stesso non ha mancato di
osservare, la questione potesse ritenersi, in linea di
principio, superata dall’abrogazione dell’inciso di cui al
precitato comma 4, nondimeno, rimane di valore
assorbente la superiore affermazione risoltasi nella
negazione di un’efficacia restrittiva dell’art. 182 quater, l.
fall., rispetto all’art. 111, comma 2, l. fall.
Cfr., Trib. Pordenone, 8 ottobre 2009, in Fall., 2010, p. 624;
Trib. Bari, 17 maggio 2010, in Giur. Mer., 2011, p. 1301; Trib.
Pistoia, 24 ottobre 2011, in www.ilcaso.it, secondo cui la
prededucibilità del credito deriva dall’essere sorto per atto degli
organi fallimentari, tale non essendo, invece, quello relativo ad
attività prestata – sia pur funzionalmente – ante deposito della
domanda di concordato preventivo. Cfr., altresì, Trib. Udine,
15 ottobre 2008, cit.; Trib. Udine, 6 marzo 2010, cit., secondo
cui il credito del professionista che ha assistito il debitore nella
predisposizione e nel deposito della domanda di concordato
preventivo, sarebbe prededucibile sempre che sia intervenuto il
relativo decreto di ammissione; ma, secondo il Trib. Modena,
11 gennaio 2010, in www.ilcaso.it, anche se non sia intervenuto il
decreto di omologazione da cui il successivo fallimento. Merita,
inoltre, di essere segnalata la pronuncia del Tribunale di Terni,
che pur dopo l’introduzione - con l. 122/2010 - dell’art.
182quater, l. fall., ha ritenuto che “Una ragionevole interpretazione del
disposto di cui agli artt. 182quater e 111, 2 comma, l. fall., impone di
concedere la prededuzione sia al credito del professionista attestatore, pur se
non espressamente disposta nel provvedimento di ammissione al concordato
preventivo, che al credito del professionista il quale abbia predisposto la
domanda di concordato, o comunque assistito il debitore nel corso della
procedura di ammissione, a prescindere da ogni previsione giudiziale e
nonostante quest’ultimo non abbia il ruolo codificato e procedimentalizzato
del primo”, cfr., Tribunale Terni 13 giugno 2011, in www.ilcaso.it.
75 Cfr., Trib. Padova, 11 febbraio 2013, in www.ilcaso.it.; ID., 26
marzo 2013, ibidem, ove, ancora più esplicitamente, ha concluso
che “i crediti del legale e dei professionisti che hanno collaborato alla
redazione del piano - ed in parte quello dell’attestatore - devono essere
trattati quali crediti sorti anteriormente alla domanda di concordato e
nell’ambito di questa procedura non sono prededucibili. Detti crediti
possono, invece, essere considerati prededucibili ai sensi dell’articolo 111
L.F. nell’ambito dell’eventuale successivo fallimento qualora, in sede di
accertamento del passivo, si ritenga che siano sorti in occasione o in
funzione della procedura di concordato preventivo”.
76 Cfr., Cass. civ., sez. I, 8 aprile 2013, n. 8533, in Dir. & Giust.,
2013, 10 aprile.
74
Ove si fosse diversamente opinato in ordine al rapporto
tra le due succitate disposizioni, infatti, l’interprete
avrebbe dovute coerentemente concludere che, al di fuori
delle ipotesi di cui all’art. 182quater, l. fall., nessun credito,
pur funzionale alla procedura, avrebbe potuto beneficiare
della prededucibilità.
In ragione dei condivisibili principi affermati dalla
Suprema Corte, conclusivamente, si può ritenere che,
quanto ai crediti dei professionisti per le attività
necessarie e propedeutiche alla presentazione della
domanda e del piano di concordato preventivo, non può
in alcun modo essere posta in dubbio la relativa
prededucibilità quanto meno nella successiva ed
eventuale sede fallimentare, stante il disposto dell’art.
111, comma 2, l. fall., e salvo l’unico caso limite in cui
l’attività svolta dai suddetti professionisti si sia rivelata
completamente inutile alla massa; in siffatta eventualità,
infatti, il relativo credito diverrebbe a quest’ultima
inopponibile con la conseguenza che, non solo non
beneficerebbe della prededucibilità ma andrebbe
radicalmente escluso dallo stato passivo77.
Si tratterebbe di un vaglio da rapportare ex ante (ossia al
momento del compimento dell’attività da cui il credito
professionale)78 che, però, rischia di estendersi dal mero
sindacato di “legittimità” a quello di merito vero e
proprio, a meno di ritenere il giudizio sulla radicale
assenza di utilità alla massa quale caso limite di esclusione
del nesso funzionale tra l’attività che si assume “inutile” e
la procedura adita (intesa sempre alla regolamentazione
dei crediti della massa in sede concorsuale).
Si potrebbe, cioè, riportare nell’alveo del giudizio di
legittimità anche quello sulla totale assenza di utilità alla
massa, considerandolo dal punto di vista meramente
obiettivo e prescindendo da qualsivoglia considerazione
sull’elemento soggettivo del professionista, per
concentrarsi solo sul nesso funzionale.
Il problema è, tuttavia, che non di rado, il professionista,
anche il più esperto, è in grado di comprendere le reali
possibilità di salvataggio dell’impresa solo dopo un lavoro
capillare, tanto più a fronte di comportamenti non
sempre trasparenti dei vertici aziendali.
In ragione di tale ultima considerazione, peraltro, appare
senz’altro condivisibile l’orientamento che riconosce
l’utilità dell’attività del professionista che supporti il
debitore nella complessa valutazione circa la prognosi di
superabilità o meno della crisi e, in caso negativo, nella
predisposizione di quanto necessario per avviare la
procedura fallimentare79.
77Cfr.,
Cass. civ., sez. I, 10 maggio 2012, n. 7166, in Dir. &
Giust., 2012, 11 maggio, con nota di NOCERA, secondo cui
“Non deve essere ammesso al passivo del fallimento il credito per
prestazioni professionali di assistenza al debitore nell'ambito della
procedura di concordato preventivo qualora le prestazioni si siano rivelate di
nessuna utilità per la massa dei creditori e che, sin dall'inizio, non
consentivano di individuare alcun plausibile vantaggio per l’impresa
destinata, invece, al fallimento”.
78 In sede di motivazione della citata sentenza, n. 7166/2012,
cit., la Suprema Corte ha ritenuto immune da censura la
motivazione della sentenza del giudice di merito, nella parte in
cui ha escluso il credito del professionista, a motivo che la
relativa attività era stata prestata in condizioni che, fin
dall’inizio, non consentivano alcun plausibile salvataggio
dell’impresa.
79 Cfr., Trib. Prato, 24 giugno 2011, secondo cui “il professionista,
che supporti la parte debitrice nella verifica della situazione dell'impresa per
22
2) L’abrogazione dell’art. 182quater, comma 4, l. fall., in
definitiva, conferma, una volta di più, le conclusioni cui la
dottrina era giunta già all’indomani delle modifiche
introdotte con le riforme del 2005 e del 2006, allorchè
non si è mancato di sottolineare come, in realtà, l’art. 111,
l. fall., nella versione di cui al d. lgs. 5/2006, cit., vada
letto in correlazione con l’art. 67, comma 3, lett. g), l. fall.,
nella versione introdotta dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35,
conv. in l. 14 maggio 2005, n. 80, cit., a tenor del quale
sarebbero esentati da revocatoria i “i pagamenti di
debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per
ottenere la prestazione di servizi strumentali
all’accesso alle procedure concorsuali e di
concordato preventivo”.
Tra siffatti debiti rientrerebbero a pieno titolo, infatti,
proprio gli onorari dei professionisti incaricati
dall’imprenditore di ideare la proposta concordataria e di
predisporre la documentazione richiesta dalla legge per
accedervi80.
È già stato, invero, osservato che sussiste, tra le due
norme di cui sopra (artt. 111 e 67, cit.), un rapporto di
complementarietà, la cui finalità sarebbe di accordare
protezione agli accordi con i creditori volti al
superamento della crisi e, nel contempo, assicurare la
consecuzione tra le procedure (concordato e
fallimento)81.
Il riferimento di cui all’art. 111, l. fall. ai crediti sorti “in
funzione” del concordato preventivo andrebbe, pertanto,
inteso nel senso che anche i crediti sorti prima
dell’apertura della procedura minore sarebbero appunto
prededucibili, e non solo semplicemente privilegiati.
Tra questi ultimi, più esattamente, andrebbero ricompresi
anche quelli che traggono origine da negozi finalizzati
all’ammissione al concordato preventivo quali, per
esempio, i crediti dei professionisti che hanno assistito il
debitore nella predisposizione della domanda di
concordato preventivo o che hanno redatto la relazione
ex art. 161, comma 3, l. fall.82.
consentire al proprio cliente di valutare al meglio se la crisi risulti o meno
superabile, supportandolo in caso negativo nella predisposizione di quanto
necessario per dar inizio alla procedura concorsuale fallimentare, allorchè
tale procedura venga decretata dal giudice svolge utilmente la propria
attività in funzione della procedura medesima ed ha, quindi, diritto alla
prededuzione ex art. 111, l. fall.”; in senso parzialmente diverso,
invece, può richiamarsi il caso deciso da Trib. Vicenza, 11
gennaio 2011, inedito, che non ha ritenuto utile alla massa,
anche se non prededucibile nello stato passivo del fallimento,
bensì meramente privilegiato ex art. 2751bis, n. 2, c.c., il credito
del professionista della relazione ex art. 161, comma 3, l. fall.,
conclusosi con esito negativo, da cui la mancata presentazione
della domanda di concordato preventivo in favore del deposito
di domanda di fallimento in cui è stato riutilizzato buona parte
del lavoro svolta dallo stesso professionista in sede di verifica
della veridicità dei dati aziendali e di fattibilità del piano.
80 cfr., per tutti, JORIO A., Il nuovo diritto Fallimentare,
Commentario diretto da JORIO A., coordinato da FABIANI
M., vol. I, Bologna, 2006, p. 448; v., sull’argomento, anche
GUGLIELMUCCI L., Diritto fallimentare, Torino, 2008, p. 161;
ZANICHELLI V., La nuova disciplina del fallimento e delle altre
procedure concorsuali dopo il d. lgs 12.9.2007, n. 169, Torino, 2008, p.
130.
81 Così, GUGLIELMUCCI L., Diritto Fallimentare, Torino, 2008,
p. 333.
82 CATTALLOZZI P., Crediti sorti durante il concordato preventivo e
loro tutela nel successivo fallimento: è ancora sostenibile la teoria della
consecuzione ?, in Fall. 2008, pp. 441 e ss.
In altre parole, secondo questa prospettiva interpretativa,
la tutela del professionista che ha prestato la propria
attività per l’assistenza dell’imprenditore nella procedura
di concordato preventivo è stata dal legislatore
approntata attraverso l’esenzione - ex art. 67, comma 3,
lett. g) - del professionista da revocatorie per i pagamenti
ricevuti prima dell’apertura della procedura, attraverso il
privilegio ex art. 2751bis, comma 1, n. 2, c.c. e, altresì, la
prededuzione in sede di successivo riparto fallimentare ex
art. 111, l. fall., per i crediti (anche quelli) anteriori
sempre funzionali, in quanto strumentali all’accesso a
procedure concorsuali.
L’art. 67, cit., in particolare, avrebbe riguardo ai crediti
(già scaduti ed esigibili) sorti per attività funzionali e già
pagati anteriormente al deposito della domanda di
concordato preventivo; l’art. 111, comma 2, l. fall.,
concernerebbe i crediti (anche quelli) già scaduti ed
esigibili ma non ancora soddisfatti, malgrado relativi a
prestazioni egualmente funzionali e anteriori al deposito
della domanda; residuerebbe l’art. 2751bis, comma 1, n. 2,
c.c., per tutte le altre ipotesi oltre che, in ogni caso, ai fini
della graduazione all’interno della stessa categoria dei
crediti prededucibili.
Sicchè, in definitiva, la stessa negazione tout court della
prededucibilità - ex art. 111, comma 2, l. fall. - dei crediti
dei professionisti che hanno assistito il debitore nella
predisposizione degli atti e dei documenti necessari alla
presentazione della domanda di concordato preventivo,
pur sotto la vigenza dell’oramai abrogato comma 4,
dell’art. 182quater, l. fall., si sarebbe tradotta non solo, e
non tanto, in un interpretatio abrogans dell’art. 111, l. fall.,
cit., ma nella ben più grave e radicale violazione dell’art. 3
Cost., in ragione della patente discriminazione tra
trattamento dei crediti dei professionisti per prestazioni
funzionali a procedure concorsuali, sorti e pagati prima
della instaurazione delle stesse, e crediti professionali
egualmente funzionali e anteriori, ma non ancora pagati
dal debitore che ha adito una delle procedure concorsuali
indicate dall’art. 67, comma 3, lett. g), l. fall.
In quest’ultimo caso, infatti, il professionista che pure ha
svolto fedelmente il suo incarico, subirebbe un
trattamento deteriore, in sede concorsuale, rispetto ad
altro professionista che, invece, già liquidato
anteriormente al deposito della domanda di concordato
preventivo, beneficerebbe dell’esenzione dalla revocatoria
ex art. 67, comma 3, lett. g); e ciò, a ben vedere, solo per
non aver – il primo - preteso né ricevuto, prima del
fallimento, il pagamento delle proprie prestazioni svolte.
6. Il trattamento dei crediti prededucibili nelle
procedure minori come deroga alla regola
dell’ordine delle cause legittime di prelazione
Sotto un più generale ma non meno importante profilo,
altra questione assai dibattuta è se il riconoscimento della
prededucibilità dei crediti sorti in occasione o in funzione
di un concordato preventivo (o di un a.r.d., per chi ritiene
a questo estensibile l’art. 111, comma 2, l. fall.), produca
effetti solo nel successivo ed eventuale fallimento o se,
per contro, essa spieghi i suoi riflessi anzitutto e
soprattutto nella procedura concorsuale minore.
23
L’interrogativo ripropone la questione della trasponibilità
tout court della fattispecie disciplinata dall’art. 111 l. fall., al
concordato preventivo e agli accordi di ristrutturazione.
È stato osservato che tale trasposizione, in effetti, non
appare ontologicamente né giuridicamente possibile
nemmeno nel concordato preventivo giacchè, nell’ambito
di esso, a tacer del resto, la distribuzione delle somme o
delle attribuzioni patrimoniali non deve né può avvenire
seguendo l’ordine dell’art. 111, l. fall., bensì in base i
principi dettati dall’art. 160, l. fall., e quindi con l’unico
limite del rispetto dell’ordine delle cause legittime di
prelazione.
Da ciò deriverebbe la conseguenza che, se nel fallimento
i crediti prededucibili devono essere pagati integralmente
e prima di tutti gli altri, diversamente, nel concordato
preventivo, l’ordine di pagamento dei crediti dei
finanziatori di cui all’art. 182quater, l. fall. dovrebbe
dipendere, in buona sostanza, dalla volontà delle parti.
Per i finanziamenti-ponte, per esempio, detta volontà
sarebbe quella risultante dal piano, oggetto del vaglio di
ammissibilità e del voto dei creditori; per i finanziamenti
“in esecuzione”, invece, la volontà sarebbe quella
consacrata nei contratti di finanziamento.
Secondo una prima tesi, quindi, la prededucibilità dei
crediti di cui all’art. 182quater, l. fall., non opererebbe nel
concordato preventivo allo stesso modo in cui funziona
nel fallimento, giacché il debitore potrebbe liberamente
concordare con i creditori i termini di pagamento dei
crediti prededucibili i quali, dunque, possono precedere o
seguire quelli previsti per gli altri creditori concordatari.
Ciò sarebbe tanto più vero, si è detto, per i crediti relativi
a finanziamenti in esecuzione, vista la loro esclusione
dall’ambito di applicazione dell’art. 182quater, ultimo
comma, l. fall. (sul divieto di voto e di computo delle
maggioranze necessarie).
In altri termini, il fatto che l’art. 182quater, u. c., cit. faccia
esclusivo riferimento ai finanziamenti-ponte (anche dei
soci) e che, dunque, non si applichi ai finanziamenti in
esecuzione (recte: ai crediti derivanti dalla loro
erogazione), confermerebbe una volta di più la
collocazione di questi ultimi al di fuori dal concorso, in
quanto soggetti agli accordi tra i finanziatori e il
debitore83.
Senonchè, ove si ritenesse che anche per i crediti da
finanziamento-ponte la prededuzione operi solo nel
successivo fallimento, essi rimarrebbero – nel concordato
preventivo - necessariamente chirografari in quanto
creditori anteriori al deposito della domanda e, come tali,
sottoposti agli effetti (falcidiatori) dell’omologa, ai sensi
dell’art. 184, l. fall.
In tale prospettiva, quindi, il credito da finanziamentoponte potrebbe essere soddisfatto integralmente solo
nell’ipotesi di integrale pagamento di tutti i creditori
ovvero nel caso di creazione di apposita classe di
chirografari (ove collocarli) in quanto destinataria di un
pagamento preferenziale rispetto agli altri, pur nel
rispetto del divieto di alterare le cause legittime di
prelazione84.
83
Così, in particolare, NARDECCHIA G.B., sub art.
182quater, in LO CASCIO G., op. cit., p. 2206.
84 Cfr. FERRO M. e FILOCAMO F.P., op. cit., p. 2185;
NARDECCHIA G.B., sub art. 182quater, cit., p. 2211.
In altri termini, quindi, i crediti da finanziamento-ponte
finirebbero per non essere mai integralmente soddisfatti,
disincentivando, in ultima analisi, il ricorso a tale forma di
intervento, in evidente controtendenza e, anzi, in grave
contraddizione con la ratio e lo scopo della norma
introdotta dal legislatore.
Per scongiurare il pericolo delle gravi conseguenze di una
tale lettura, invero, autorevole dottrina propone di
risolvere l’aporia ammettendo che, per i finanziamenti
ponte, l’art. 182 quater ponga una deroga al generale
divieto di alterare le cause legittime di prelazione85.
Senonchè, una tale interpretazione desta più di qualche
sospetto di incostituzionalità, quanto meno per violazione dell’art. 3 Cost., ove raffrontata con il trattamento che
la stessa dottrina ritiene, invece, riservabile in sede
concordataria agli altri crediti comunque prededucibili nel
successivo fallimento (professionisti, finanziamenti in
corso di procedura minore, etc.)86.
Né siffatta lettura sembra, in verità, trovare idoneo
appiglio nella lettera dell’art. 182quater, comma 2, cit. che,
come visto, parla di “parificazione” dei crediti da
finanziamento-ponte ai crediti da finanziamenti di cui al
comma 1 dell’art. 182quater, l. fall.; sicchè se questi ultimi,
ossia i crediti da finanziamenti in esecuzione, non fossero
ritenuti prededucibili in sede concordataria, il dettato
letterale dell’art. 182quater, comma 2, cit., non sembra
poter legittimare una conclusione diversa per quelli da
finanziamenti-ponte.
La discriminazione sarebbe ancor più eclatante, anzi,
proprio con riferimento ai crediti dei professionisti che
Cfr., NARDECCHIA, op. cit., p. 2212, secondo cui la
locuzione “parificati ai crediti di cui al primo comma”, riferita ai
crediti da finanziamento ponte, disciplinati dal comma 2 dell’art.
182quater, distinta da quella di cui al comma 1 (“prededucibili ai
sensi e per gli effetti di cui all’art. 111”), andrebbe intesa nel
senso che, per i crediti da finanziamento ponte, la
prededucibilità non sarebbe limitata al successivo ed eventuale
fallimento, traducendosi nel diritto all’integrale pagamento degli
stessi in deroga al divieto di alterare le cause legittime di
prelazione; differenza di trattamento rispetto ai crediti da
finanziamenti in corso di concordato, giustificata, anche sul
piano procedurale, dal fatto che i crediti da finanziamento
ponte sarebbero oggetto di un vero e proprio accertamento,
nell’an e nel quantum, in sede di concordato, confermando il
rapporto di specialità tra la norma dell’art. 182quater e quella
più generale dell’art. 111 l. fall, in tema di prededuzione.
86 Nel senso che i crediti dei professionisti per prestazioni
funzionali alla presentazione della domanda di concordato
preventivo non sarebbero prededucibili in detta sede, ma solo
nel successivo ed eventuale fallimento, cfr. Cfr., Trib. Padova,
11 febbraio 2013, cit., ID., 26 marzo 2013, cit.; Cfr. Trib. Terni
2 aprile 2013, in www.ilcaso.it, p. 4, secondo il quale: “A seguito
della soppressione del quarto comma dell’art. 182quater l. fall. - che
sanciva la prededucibilità dei compensi spettanti al professionista
attestatore, purchè disposta nel decreto di ammissione al concordato – ed
anche alla luce del nuovo art. 182quinquies , comma 3, l. fall. (che
consente solo nel concordato con continuità, e a determinate condizioni, il
pagamento in prededuzione ‘‘di fatto’’ dei crediti anteriori per prestazioni
di servizi, come quelle professionali prodromiche alla presentazione della
domanda di concordato), non appare più ammissibile la prededuzione
endoconcordataria per i crediti di alcuno dei professionisti che assistono il
debitore, i quali hanno invece natura privilegiata ex art. 275 bis n. 2 c.c.
(ovvero, sussistendone gli specifici presupposti, ex artt. 2755 e 2770 c.c.),
ferma restando la loro ammissibilità in prededuzione ex art. 111 l.f.,
previa verifica giudiziale nella successiva ed eventuale sede fallimentare”.
85
24
hanno reso prestazioni funzionali alla presentazione della
domanda di concordato, nella misura in cui non si
ritengano pure questi prededucibili anche nella procedura
minore. Essi, infatti, rimarrebbero al più privilegiati ex
art. 2751bis, comma 1, n. 2, c.c. e, quindi, almeno
potenzialmente, falcidiabili sia pur nei limiti e secondo le
modalità di cui al nuovo art. 160, comma 2, l. fall.
È vero che l’art. 182quater, comma 2, cit. subordina la
prededucibilità dei crediti da finanziamento-ponte anche
a una valutazione, nell’an e nel quantum, da parte del
Tribunale proprio in sede di ammissione al concordato
preventivo (ovvero di omologazione dell’a.r.d.), dovendo
il giudice stesso decidere della collocazione in
prededuzione espressamente nel provvedimento di
ammissione del ricorrente al beneficio concordatario o di
omologazione dell’accordo di ristrutturazione; e non v’è
dubbio che il compito di svolgere una siffatta
valutazione, in tale sede, sembra confermare che la stessa
dovrà essere effettuata per le finalità e le esigenze della
procedura minore cui inerisce.
Né avrebbe senso, del resto, aver previsto un tale vaglio
in sede di ammissione al concordato preventivo (o di
omologazione dell’a.r.d.), se poi la statuizione di
prededucibilità di siffatti crediti fosse destinata a operare
solo nella diversa e successiva procedura fallimentare.
Ma se tale disposizione fosse valorizzata nel senso di
riconoscere la prededuzione in sede concordataria
solamente a favore del creditore da finanziamento –
ponte, continuando a opinare che per gli altri crediti di
cui agli artt. 182quater, 182quinquies e 111, l. fall. la
prededucibilità operi solo nel successivo fallimento, ne
deriverebbe una disparità di trattamento non facilmente
giustificabile rispetto ai finanziamenti in esecuzione, ma
ancor più rispetto ai crediti dei professionisti.
Non sembrano nemmeno potersi ricavare argomenti utili,
né in un senso né nell’altro, dall’ultimo comma dell’art.
182quater, l. fall. che, come noto, esclude dal computo
delle maggioranze di cui all’art. 177, l. fall., per
l’approvazione del concordato preventivo, e dal quorum
necessario ex art. 182bis, l. fall., per gli a.r.d., i crediti per
finanziamenti
in
funzione
(rispettivamente,
dell’ammissione e dell’omologazione delle predette
procedure), ora da chiunque erogati, anche soggetti
diversi da banche e intermediari, e persino se aventi
qualità di socio87.
È stato sostenuto che l’espresso riferimento ai
finanziamenti-ponte (anche dei soci), sarebbe meramente
pleonastico o, al più, inteso solo a evitare inquinamenti
nella formazione delle maggioranze; mentre l’omessa
menzione di quelli in esecuzione troverebbe ragione nella
natura e nel momento genetico del relativo credito,
fisiologicamente successivo all’apertura del concordato
preventivo, ovvero all’omologazione o comunque alla
pubblicazione degli a.r.d. e, pertanto, fuori dal
concorso88.
La norma, originariamente, prima della riforma del 2012,
escludeva dalla votazione le banche e gli intermediari finanziari
per i finanziamenti ponte, nonché i soci finanziatori e il
professionista attestatore.
88 Cfr., NARDECCHIA G.B., sub art. 182quater, l. fall., cit., p.
2219; RIZZARDO G.B., sub art. 182quater, l. fall., in MAFFEI
ALBERTI A., Commentario breve alla legge fallimentare, VI ed.,
Padova, 2013, cit., p. 1287. La dottrina maggioritaria ritiene che
la ratio dell’esclusione per i creditori da finanziamenti-ponte
87
Conclusivamente, quindi, respingendosi qualsivoglia
interpretazione basata su sofistiche distinzioni ancorate
alla varia terminologia usata dal legislatore per richiamare
l’applicazione dell’art. 111, l. fall., ai fini del
riconoscimento della prededucibilità89, appare preferibile
ritenere che la prededuzione dei crediti di cui agli artt.
182quater e 182quinquies, l. fall., non possa non operare
anche nella fase esecutiva della procedura minore, con la
conseguenza che il piano dovrebbe prevedere il
pagamento integrale del credito prededucibile 90, vuoi che
vada individuata nella necessità di evitare inquinamenti della
volontà dei creditori, giacchè siffatti creditori non avrebbero
alcun interesse all’approvazione del piano; laddove, secondo
altra parte della dottrina, da tale divieto non sarebbe inferibile
alcun principio generale (di perdita del voto quale conseguenza
del pagamento tendenzialmente integrale del credito e quindi a
favore della stessa prededucibilità del credito per finanziamentiponte in sede di esecuzione delle procedure minori, appunto
perché detto pagamento integrale potrebbe anche non
verificarsi); cfr., in tal senso, FABIANI M., L’ennesima riforma,
cit., p. 907; cfr., D’AMORRA R., La nuova prededuzione, Atti del
convegno di Bari dell’8-9 ottobre 2010, in www.osservatorio-oci.org, 10,
pp. 9 e 13, secondo cui, invece, l’esclusione dal voto dei crediti
per finanziamenti in funzione si giustifica proprio in ragione
della prededucibilità degli stessi. Secondo PACCHI S., Il
concordato preventivo, in BERTACCHINI L. – GUALANDI S. –
PACCHI S. – PACCHI G. – SCARSELLI G. (a cura di),
Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2011, p. 531, sono esclusi
dal voto, più in generale, i creditori per cui sia stata concessa in
sede di ammissione la prededuzione ex art. 111, comma 2, l.
fall.; già sotto la pregressa formulazione, invece, l’esclusione dal
voto dei soci sarebbe stata da ritenersi pleonastica in quanto,
essendo (secondo l’originaria formulazione) prededucibili i
relativi crediti solo se erogati dopo l’omologazione del c.p. o
degli a.r.d., neppure in astratto essi avrebbero potuto essere
ammessi al voto o computati nelle maggioranze e nelle
percentuali indicate dall’articolo in commento, cfr.
AMBROSINI S., Appunti flash, cit., p. 3. Secondo alcuni,
ancora, sempre prima della riforma del 2012, l’esclusione della
prededucibilità dei soci per finanziamenti in esecuzione, e
quindi dopo l’omologa del c.p. o dell’a.r.d., sarebbe stata indice
di applicazione dell’art. 182quater, comma 3, anche ai
finanziamenti erogati dai soci in corso di procedura e prima
dell’omologa, cfr. D’AMORA, R., op. cit., p. 9; salvo poi
discutersi se l’esclusione fosse valsa per tutto il credito o solo
per la sola parte prededucibile. Più coerente e chiaramente,
oggi, invece, il legislatore ha esteso in modo generale
l’esclusione dal voto e dai quorum predetti tutti i finanziatori,
anche non intermediari o banche, e persino soci, per i loro
crediti da finanziamenti-ponte.
89 Per un’interessante e accurata indagine terminologica al fine
di confutare la teoria, sostenuta da D’AMORA R., La
prededuzione nell’anno di grazia 2013, in www.oci.org, pp. 7 e ss., che
pretende di distinguere tra crediti prededucibili in sede
concordataria, quelli in sede fallimentare e quelli in entrambe le
sedi, sulla base dei differenti enunciati (‘‘ai sensi e per gli effetti’’
anziché solo ‘‘ai sensi’’, piuttosto che non “a norma”, ovvero
‘‘secondo quanto è disposto dall’art. 111, l. fall.’’) contenuti
nelle varie disposizioni che richiamo all’art. 111, l. fall., cfr.
DIDONE A., La prededuzione, cit., pp. 920 e ss.
90 Cfr., STANGHELLINI L., Finanziamenti-ponte, cit., p. 1351 e
1363; S. AMBROSINI, I finanziamenti bancari alle imprese in crisi
dopo la riforma del 2012, in Diritto fallimentare e delle società
commerciali, Padova, 2012, p. 469; BONFATTI S., Le procedure di
composizione negoziale della crisi d’impresa, cit., pp. 25 e 26, il quale,
proprio in ordine al rapporto tra l’art. 182quater, l. fall., e l’art.
111, comma 2, l. fall. - e in particolare al problema di quale sia
la funzione assolta dalla prima delle due citate disposizioni
normative, calata in un contesto in cui tutte le obbligazioni
25
detto credito sia sorto in esecuzione o in funzione del
concordato preventivo, vuoi che esso sia sorto in
funzione o in esecuzione degli a.r.d.91.
La necessaria autorizzazione del tribunale per la
prededuzione dei crediti da finanziamento-ponte, allora,
lungi dall’avere portata limitativa rispetto agli altri
finanziamenti contratti in esecuzione delle procedure
minori, potrebbe forse essere valorizzata, insieme all’art.
182quinquies, comma 5, l. fall., quale argomento a favore
del riconoscimento della natura concorsuale anche degli
a.r.d.
Di più, la previsione di siffatta autorizzazione nell’ambito
delle disposizioni che regolano il trattamento dei (crediti
da) finanziamenti in funzione o in esecuzione del
concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione
(con espressa equiparazione del regime di trattamento tra
questi due istituti, pur limitatamente al versante in
questione), costituisce un forte elemento a sostegno
dell’idea che, in conclusione, anche i crediti per
finanziamenti (erogati) in funzione e in esecuzione degli
accordi di ristrutturazione debbano trovare collocazione
in prededuzione nella fase anteriore all’apertura
dell’eventuale fallimento92.
sorte “in funzione ” del Concordato (e non solo quelle originate
da rapporti bancari) dovrebbero trovare, come noto, collocazione in prededuzione sia nella stessa procedura sia nell’eventuale
fallimento consecutivo per effetto del disposto dell’art. 111, co.
2, l. fall. (e senza condizioni che non siano rappresentate dal
precisato rapporto di funzionalità rispetto alla successiva
procedura) - conclude che la ratio della norma debba essere
esclusivamente individuata nell’obiettivo di prevenire qualsiasi
possibile dubbio interpretativo concernente l’effettiva
appartenenza dei “finanziamenti effettuati in funzione della
presentazione della domanda di ammissione alla procedura”
all’ambito di applicazione della ricordata disposizione di cui
all’art. 111, co. 2, l. fall.
91 Cfr., BASSI A, La illusione della prededuzione, in Giurisprudenza
Commerciale, 2011, 1, pp. 536 e s.; RIZZARDO G.B., op. cit., pp.
1288 e s.; contra, BONFATTI S., Le procedure di composizione
negoziale della crisid’impresa, cit., pp. 25 e 26;
92 In questo senso, pertanto, si può condividere quanto
affermato da BONFATTI S., Le procedure di composizione negoziale
della crisi d’impresa, cit., pp. 22 e ss., secondo cui tutte le
obbligazioni funzionali all’accesso al concordato preventivo
devono ritenersi prededucibili, in caso di apertura dello stesso,
sia in sede concordataria che nell’eventuale e successivo
fallimento consecutivo; laddove, in mancanza di un’effettiva
apertura del concordato mancherebbe la sede nella quale fare
valere la prededucibilità delle obbligazioni assunte in funzione
della stessa, solo ove alla mancata presentazione o alla mancata
ammissione della domanda di concordato segua la prosecuzione
dell’attività dell’impresa (o anche la deliberazione della
liquidazione volontaria), «per la semplice ragione della mancanza di un
‘‘concorso’’ legittimante il soddisfacimento dei creditori sulla base della
natura della pretesa anziché della anteriorità della sua scadenza»;
laddove, qualora all’insuccesso del tentativo di accesso al
concordato facesse seguito «la dichiarazione di fallimento (sia pure
non in modo automatico, ma per esempio a seguito della istruttoria condotta
dal Tribunale fallimentare ai sensi dell’art. 162 l. fall.), come conseguenza
di quella stessa situazione di ‘‘crisi’’ addotta dall’imprenditore come
presupposto della domanda (naufragata) di accesso al concordato, non vi
sarebbe ragione di escludere il carattere prededucibile (nel fallimento
consecutivo) delle obbligazioni assunte in funzione del concordato evoluto in
fallimento». Secondo DIDONE A., La prededuzione, cit., p. 922,
invece, la prededuzione opererebbe solo nel fallimento
successivo, dovendosi solo distinguere tra prededuzione ex art.
182quater, comma 2, dei finanziamenti-ponte, ora anche quelli
dei soci, con esclusione di qualsiasi giudizio valutativo sulla
7. La prededucibilità dei crediti negli accordi di
ristrutturazione dei debiti, in particolare
La riforma intervenuta nel 2012, con la modifica dell’art.
182quater e l’introduzione dell’art. 182quinquies, l. fall., ha
posto, come si è visto, una specifica ed apposita
regolamentazione - quanto meno di una parte – dei
crediti sorti in occasione, in esecuzione o in funzione
degli a.r.d.
L’art. 182quater, cit., ha sostanzialmente statuito la
prededucibilità dei crediti per finanziamenti in funzione e
in esecuzione degli a.r.d., negli stessi limiti, presupposti e
modalità in cui, mutatis mutandis, l’ha disposta per gli stessi
finanziamenti nell’ambito del concordato preventivo.
L’art. 182quinquies, l. fall., infine, ha completato la
disciplina di incentivazione delle procedure concordate di
soluzione della crisi, attraverso l’estensione, da un lato,
della prededucibilità anche ai crediti per i c.d.
finanziamenti “interinali” da contrarre nell’ambito degli
a.r.d. (oltre che del c.p.) e, dall’altro, dell’esenzione da
revocatoria per i pagamenti di debiti anteriori per
prestazioni essenziali e funzionali alla continuazione
dell’impresa nonché al miglior soddisfacimento dei
creditori, eseguiti previa attestazione di idoneo
professionista e autorizzazione del tribunale.
Più esattamente, ai sensi dell’art. 182quinquies, comma 1,
cit., il debitore il quale presenti una domanda di
omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti
ex art. 182bis, comma 1, l. fall., ovvero una proposta di
accordo ai sensi dell’art. 182bis, comma 6, l. fall. (ovvero
domanda di concordato in bianco), può chiedere al
Tribunale (il quale dispone assunte, se del caso, sommarie
informazioni)93 autorizzazione a contrarre finanziamenti
prededucibili ai sensi dell’art. 111, l. fall.94, se un
professionista designato dal debitore e in possesso dei
requisiti di cui all’art. 67, comma 3, lett. d, l. fall.,
verificato il complessivo fabbisogno finanziario
dell’impresa sino all’omologazione, attesta che tali
finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione
dei creditori.
Ai sensi dell’art. 182 quinquies, commi 4 e 5, cit., infine, il
debitore che presenta domanda di omologazione ovvero
proposta di a.r.d. (negli stessi termini di cui sopra)
(ovvero domanda di c.p. con continuità aziendale) può
chiedere al tribunale autorizzazione a pagare debiti
anteriori per prestazioni di beni o servizi, se un
professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo
effettiva ‘‘funzionalità’’ nel fallimento successivo, laddove la
prededucibilità sia prevista nella domanda di ammissione al c.p.
o di omologazione dell’a.r.d., ed essa sia disposta dal
provvedimento giudiziale di apertura della procedura; i
finanziamenti in esecuzione, la cui prededucibilità nel
successivo fallimento consecutivo è condizionata soltanto alla
loro previsione nel piano concordatario o nell’a.r.d., e tutte le
altre obbligazioni preconcordatizie, pur funzionali all’accesso al
concordato, la cui prededucibilità sarà oggetto di valutazione del
giudice delegato nel successivo e consecutivo fallimento.
93 Dal riferimento alle sommarie informazioni, invero,
NARDECCHIA G.B., sub art. 182quinquies, cit., p. 2227,
inferisce che il legislatore avrebbe preso a modello di
riferimento gli artt. 737 ss. c.p.c., in tema di disposizioni comuni
ai procedimenti in camera di consiglio.
94 Finanziamenti a garanzia dei quali il tribunale, ai sensi dell’art.
182quinquies, comma 3, l. fall., potrà autorizzare il debitore a
concedere pegno e/o ipoteca.
26
67, terzo comma, lettera d), attesta che tali prestazioni
sono essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa
e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei
creditori. In tal caso, come detto, i pagamenti effettuati
non sono nemmeno soggetti all'azione revocatoria di cui
all'articolo 67, l. fall.
Sul punto, mette conto evidenziare che secondo
autorevole dottrina tali disposizioni non lascerebbero
alcuna discrezionalità al giudice investito della richiesta di
autorizzazione di cui all’art. 182quinquies, comma 1, l. fall.
(cioè a contrarre finanziamenti prededucibili), nel senso
che, ove lo stesso non ritenesse di autorizzarli, non
avrebbe altra scelta che rigettare la domanda di
omologazione95.
Con tale intervento, quindi, il legislatore ha dettato un
regime parificato in tema di prededucibilità dei crediti da
finanziamenti eseguiti in funzione, in esecuzione ovvero
nel corso di entrambe le procedure predette. Si è,
pertanto, attribuito espressamente il beneficio della
prededuzione a tutti i finanziamenti concessi per rendere
possibile il deposito del ricorso ed eseguire, dopo
l’omologa, il concordato ovvero l’a.r.d., nonchè ai
finanziamenti necessari per affrontare il lasso di tempo
che va dal deposito all’omologazione, purché questi
ultimi siano funzionali alla migliore soddisfazione dei
creditori.
L’iniziativa del legislatore, invero, si spiega per il ruolo
decisivo che il ricorso alla finanza può svolgere, come di
fatto, negli istituti di soluzione concordata della crisi e,
quindi, anche negli accordi di ristrutturazione.
Essa costituisce una risorsa importante per assicurare una
migliore e più ampia soddisfazione del ceto creditorio; ed
è, peraltro, un apporto ancor più importante quando
proviene dai soci, perché esprime un atteggiamento
psicologico positivo e necessario per conferire alla
proposta o al piano quella credibilità imprescindibile per
ottenere anche il credito necessario dai terzi e,
soprattutto, dagli istituti di credito.
L’intervento del legislatore era, altresì, doveroso anche
sul piano interpretativo, atteso che già all’indomani della
riforma dell’art. 111, l. fall., intervenuta nel 2006,
residuavano ancora dubbi (a dir poco) sull’estensione
della definizione di crediti sorti in funzione e in occasione
di procedure concorsuali (di cui all’art. 111, comma 2,
cit.), ai fini della loro collocazione in prededuzione, anche
a quelli sorti in funzione e in occasione degli accordi di
ristrutturazione.
Ciò, in ragione del mai sopito contrasto interpretativo
sulla natura dell’istituto degli a.r.d., ritenuta da autorevole
dottrina, come visto, “contrattuale” anziché “concor-
Cfr., NARDECCHIA G.B., sub art. 182quater, cit., p. 2218,
secondo cui le sorti della domanda di omologa dell’accordo e
dell’autorizzazione a contrarre i finanziamenti prededucibili
sarebbero, punto, inscindibili; con la conseguenza che, anche
secondo FABIANI M., Prededuzione “speciale” ex art. 182quater l.
fall. e regime di impugnazione, in Foro it., 2011, p. 405, e
STANGHELLINI L., op. ult. cit., p. 1356, non sarebbe
necessario che il decreto di omologa contenga esplicito
riconoscimento della prededuzione - ma v., contra, VALENSISE
P., sub art. 182quater, cit., p. 2340 – la quale, peraltro, sarà
oggetto anche del vaglio di tutti i creditori legittimati, come
noto, all’opposizione (cfr., FERRO M. – FILOCAMO F.P., op.
cit., p. 2190).
95
suale”96– e come tale, quindi, suscettiva di porre gli a.r.d.
al di fuori dell’ambito di applicazione dell’art. 111, cit.
Con le novelle del 2010 e del 2012, quindi, non vi è
dubbio che i predetti crediti per finanziamenti, tanto
quelli effettuati in funzione e in esecuzione quanto quelli
contratti ed eseguiti nel corso del concordato preventivo
e, mutatis mutandis, degli a.r.d., godono del beneficio della
prededucibilità nell’eventuale e successiva sede
fallimentare, stante il richiamo all’art. 111, l. fall.
Rimangono, tuttavia, dubbi, anzitutto, circa il regime
degli altri crediti funzionali alla presentazione della
domanda di omologazione ovvero della proposta di
accordo di ristrutturazione e, in primis, dei crediti dei
professionisti che hanno collaborato alla relativa
predisposizione, stesura e attestazione.
Il limitato ambito di operatività degli artt. 182quater e
182quinquies, l. fall., riferito appunto ai crediti per
finanziamenti, infatti, lascia impregiudicata la questione
dell’applicabilità dell’art. 111, l. fall. anche agli accordi di
ristrutturazione e, quindi, della possibilità di sussumere
nella nozione di “crediti sorti in funzione o in occasione
di procedure concorsuali”, quelli (diversi dai crediti per
finanziamenti di cui alle due norme precitate) sorti in
funzione o nel corso di a.r.d., riproponendosi
nuovamente la questione circa la natura concorsuale
ovvero contrattuale dell’istituto97.
La stessa abrogazione dell’art. 182quater, comma 4, cit.,
ha comportato il venir meno dell’equiparazione, ai fini
della prededucibilità, ivi in precedenza codificata
(siccome introdotta dal legislatore nel 2010), tra quella
particolare categoria di crediti professionali per
prestazioni funzionali, qual è quello del professionista
attestatore ex art. 161, comma 3, l. fall. del piano
proposto con la domanda di concordato preventivo, e il
corrispondente credito del professionista chiamato ad
attestare l’accordo di ristrutturazione ex art. 182bis,
comma 1, l. fall.
Una siffatta abrogazione determina l’astratto rischio di
avvalorare l’idea – per vero già accreditata con la riforma
del 2010, che aveva introdotto l’originario art. 182quater,
cit. - che i crediti professionali funzionali agli a.r.d. (ed
ora persino quello dell’attestatore di cui all’art. 182bis, cit.)
fossero soggetti alla regola generale della non
prededucibilità nemmeno in sede fallimentare.
Una tale lettura circa la sorte dei crediti dei professionisti
intervenuti nella fase anteriore e propedeutica alla
presentazione della domanda di omologazione o della
proposta di accordo di ristrutturazione, tuttavia,
genererebbe una patente quanto incomprensibile
disparità di trattamento, rispetto ai crediti professionali
funzionali alla presentazione della domanda di
concordato preventivo, difficilmente conciliabile con il
principio di ragionevolezza e uguaglianza di cui all’art. 3
Cost.
Non è mancato, tuttavia, chi ha sostenuto che la
previsione dell’autorizzazione del tribunale - di cui all’art.
Cfr. INZITARI B., Gli accordi di ristrutturazione ex art. 182bis
legge fall.: natura, profili funzionali e limiti dell’opposizione degli estranei e
dei terzi, in Dir. Fall., 2012, pp. 13 e ss.
97 Sulle diverse tesi sostenute in dottrina e in giurisprudenza
circa la prededucibilità anche in sede di concordato preventivo
dei crediti di cui agli artt. 182quater e 182quinquies, l. fall., si
rinvia a quanto già detto in nota n. 48.
96
27
182quinquies, comma 5, l. fall.98 - per il pagamento di
debiti anteriori nell’ambito degli a.r.d., avrebbe una
funzione e una portata innovative, nel senso di conferma
della riconducibilità anche degli a.r.d. all’alveo delle
procedure concorsuali; ciò, proprio sul presupposto che
da tale previsione si dovrebbe inferire l’implicita
affermazione di un divieto di pagamento dei debiti
anteriori, nonché di una forma di spossessamento del
debitore, sia pur attenuata, nell’amministrazione del
proprio patrimonio99.
Verso questa prospettiva parrebbe muoversi la stessa
conclamata intercambiabilità tra i due istituti, concordato
preventivo e accordi di ristrutturazione, disposta
nell’ambito della nuova disciplina del concordato in
bianco, all’art. 161, comma 6, l. fall.100.
Ai sensi dell’art. 182quinquies, l. fall., il cui comma 5, in
particolare, recita che “il debitore che presenta una domanda di
omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai
sensi dell'articolo 182bis, primo comma, o una proposta di
accordo ai sensi dell'articolo 182bis, sesto comma, può chiedere
al Tribunale di essere autorizzato, in presenza dei presupposti di
cui al quarto comma, a pagare crediti anche anteriori per
prestazioni di beni o servizi. In tal caso i pagamenti effettuati
non sono soggetti all'azione revocatoria di cui all'articolo 67”.
Ai sensi dell’art. 182quinquies, comma 4, richiamato dal precitato
comma 5, infatti, dispone, “Il debitore che presenta domanda di
ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale,
anche ai sensi dell'articolo 161 sesto comma, può chiedere al
tribunale di essere autorizzato, assunte se del caso sommarie
informazioni, a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o
servizi, se un professionista in possesso dei requisiti di cui
all'articolo 67, terzo comma, lettera d), attesta che tali
prestazioni sono essenziali per la prosecuzione dell’attività di
impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei
creditori. L'attestazione del professionista non è necessaria per
pagamenti effettuati fino a concorrenza dell'ammontare di
nuove risorse finanziarie che vengano apportate al debitore
senza obbligo di restituzione o con obbligo di restituzione
postergato alla soddisfazione dei creditori”. Presupposto
necessario all’autorizzazione di siffatti pagamenti, quindi, è che
un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67,
terzo comma, lettera d), attesti che tali prestazioni sono
essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e
funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori.
Secondo NARDECCHIA G.B., sub art. 182quinquies, l. fall., in
LO CASCIO G.¸ Codice Commentato del Fallimento, cit., p. 2235, in
particolare, l’art. 182quinquies, comma 5, l. fall., potrebbe essere
considerato superfluo ove si ritenga che, specialmente nella
prospettiva dell’esclusione della natura concorsuale degli a.r.d.,
per essi non valga il divieto di pagamento dei crediti anteriori,
divieto punto finalizzato alla tutela della par condicio creditorum.
Osserva, tuttavia, lo stesso autore che tale divieto sussisterebbe
anche per gli a.r.d., quale conseguenza implicita della previsione
della protezione del patrimonio del debitore collegata al
deposito della proposta di accordo o alla pubblicazione
dell’accordo nel registro delle imprese, protezione addirittura
anticipata e amplificata nel caso di domanda ai sensi dell’art.
182bis, l. fall., scaturente dal deposito di un ricorso di
concordato preventivo in bianco, ai sensi dell’art. 161, comma
6, l. fall.
99 Cfr. FACEUGLIA G., sub art. 182bis, in LO CASCIO G.¸
Codice Commentato del Fallimento, cit., p. 2146.
100 Ai sensi dell’art. 161, comma 6, l. fall., aggiunto dalla legge 7
agosto 2012, n. 134, che ha convertito con modificazioni il d.l.
22 giugno 2012, n. 83, modifica in vigore dall’11 settembre 2012
(art. 33, comma 3, d.l. 83/2012 cit.), e successivamente
modificato dall'art. 82 del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito
con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, con effetto
98
Tale fungibilità, in effetti, parrebbe mal conciliarsi con la
possibilità di ammettere un diverso trattamento dei
crediti professionali funzionali, rispettivamente, alle due
predette procedure, specialmente nell’ipotesi in cui alla
presentazione di una domanda di concordato in bianco,
faccia seguito il deposito della domanda di omologazione
di un a.r.d. ex art. 182bis, l. fall., anziché della proposta e
del piano e dei documenti di cui all’art. 161, commi 2 e
ss., l. fall.
Siffatta disparità di trattamento si rivela ancor più
irragionevole e ingiustificata – oltre ad apparire
incompatibile
con
l’indipendenza
richiesta
ai
professionisti (avvocati e commercialisti) solitamente
chiamati ad assistere il debitore, nell’interesse di
quest’ultimo e del ceto creditorio – sol che si consideri
come essa si possa negativamente ripercuotere a danno
del debitore e del ceto creditorio, ove detti professionisti,
anche nello scegliere se consigliare l’una piuttosto che
l’altra procedura, fossero messi nella condizione di dover
valutare il diverso trattamento dei crediti che agli stessi
possa conseguire, anche solo in sede fallimentare.
La tendenziale equiparazione di regime tra concordato
preventivo e a.r.d.101, linea guida che emerge, in modo
particolare, negli interventi più recenti del legislatore,
parrebbe suggerire un approccio più prudente e, in
definitiva, maggiormente conforme a Costituzione.
Sicchè, a maggior ragione, accogliendo la prospettiva
della prededucibilità dei crediti professionali sorti in
funzione degli a.r.d. in applicazione estensiva dell’art.
111, l. fall., appare difficile negare l’applicabilità, anche ai
crediti liquidi ed esigibili per prestazione di servizi
strumentali all’accesso agli a.r.d., della causa di esenzione
da revocatoria, a oggi espressamente prevista dall’art. 67,
comma 3, lett. g), l. fall., per i pagamenti di crediti per
servizi
strumentali
all’accesso
al
concordato
preventivo102, nonostante il tenore letterale sembri
deporre per la tesi più restrittiva103.
dal 22 giugno 2013: “L'imprenditore può depositare il ricorso
contenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci
relativi agli ultimi tre esercizi e all’elenco nominativo dei
creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti, riservandosi di
presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai
commi secondo e terzo entro un termine fissato dal giudice
compreso fra sessanta e centoventi giorni e prorogabile, in
presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni.
Nello stesso termine, in alternativa e con conservazione sino
all'omologazione degli effetti prodotti dal ricorso, il debitore
può depositare domanda ai sensi dell'articolo 182bis, primo
comma. In mancanza, si applica l'articolo 162, commi secondo
e terzo […]”.
101 Tendenziale uniformazione che il legislatore pare aver
perseguito persino in relazione al regime tributario dei due
istituti, v. MARENGO F., Accordi di ristrutturazione ex art.
182bis: superate anche le criticità fiscali, in Il Caso.it, II, 316/2012, p.
1.
102 Nel senso che tale lacuna andrebbe colmata in via
interpretativa, v. GUGLIELMUCCI L., Diritto Fallimentare,
Torino, 2011, p. 161; PAJARDI P.– PALUCHOWSKY A.,
Manuale di diritto fallimentare, cit., p. 441 e 932, secondo il quale,
in particolare, anche l’art. 67, comma 3, lett. g), favorisce il
pagamento dei servizi strumentali all’accesso alle procedure,
come nel caso di pagamento dei tecnici per uno studio di
fattibilità o un’analisi della situazione economica-patrimoniale,
od ancora di pagamento dei costi dell’advisor e dell’esperto;
sicchè, secondo FRASCAROLI SANTI E., sub art. 182bis, l.
fall. in MAFFEI ALBERTI A., Commentario, cit., p. 1256, gli
28
Appare, infatti, impensabile che il legislatore abbia inteso
mantenere un’ingiustificata disparità di trattamento dei
crediti professionali sorti per servizi similari e strumentali
all’accesso di due pur diverse procedure, specialmente
laddove, al chiaro scopo di incentivarle, ne ha persino
parificato la disciplina in punto di prededucibilità dei
finanziamenti.
8. Il trattamento dell’IVA nel concordato preventivo
e negli accordi di ristrutturazione
Anche il particolare trattamento dell’IVA, nell’ambito
delle due procedure minori, si inserisce, sia pur a diverso
titolo e modo, nella tematica delle deroghe all’ordine
effetti protettivi degli accordi di ristrutturazione si estendono
anche al caso dell’esenzione strumentale alla presentazione del
ricorso e dell’a.r.d. che, dunque, rientrerebbe, pure esso,
nell’ambito di applicazione dell’art. 67, comma 3, lett. g), l. fall.
Altri, invece, ritengono che ciò sia impedito dalla natura
eccezionale della norma, ai sensi dell’art. 14 delle Preleggi, cfr.,
NIGRO A., sub art. 67, l. fall., in NIGRO A. – SANDULLI M.
– SANTORO V., La legge fallimentare dopo la riforma, Torino,
2010, p. 379; RIZZARDO G.B., sub art. 182quater, l. fall., in
MAFFEI ALBERTI A., Commentario breve alla legge fallimentare,
VI ed., Padova, 2013, p. 1285. Nessun contributo chiarificatore,
invece, pare provenire dalla previsione di cui all’art.
182quinquies, comma 5, l. fall., con cui il legislatore della
novella ha ritenuto di specificare, solo per gli a.r.d., l’esenzione
da revocatoria del pagamento di quei crediti anteriori, eseguito
in forza di autorizzazione del tribunale, senza alcuna modifica
dell’art. 67, comma 3, lett. g), l. fall. e, soprattutto, senza
prevedere eguale statuizione per il pagamento autorizzato di
crediti anteriori alla presentazione della domanda di concordato
preventivo, di cui all’art. 182quinquies, comma 1, l. fall. Tale
esenzione, per vero, appare riferirsi solo ai crediti anteriori,
posto che le varie ipotesi configurabili alla luce della norma in
questione sembrano già ricadere, anche per gli accordi di
ristrutturazione, nell’ambito di applicazione dell’art. 67, comma
3, lett. a) ed e). Come acutamente osservato da MAFFEI
ALBERTI A., sub art. 182quinquies, cit., p. 1292 e s., infatti, tra
i pagamenti per prestazioni essenziali per la prosecuzione della
attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore
soddisfazione dei creditori, rientrano già fisiologicamente quelli
di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa
nei termini d’uso (art. 67, comma 3, lett. a), e quelli esecutivi di
accordi di ristrutturazione dei debiti omologati (art. 67, comma
3, lett. e), sicchè l’art. 182quinquies, comma 5, l. fall, potrebbe
essere letto come norma necessaria a chiarire il regime per il
pagamento di debiti anteriori rispetto all’omologazione ex art.
182bis, comma 1, l. fall., ovvero alla presentazione della
proposta ex art. 182bis, comma 6, l. fall., di a.r.d., ai fini della
esenzione da revocatoria ex art. 67, l. fall.; pagamento che deve
sempre e comunque essere autorizzato dal tribunale - il che,
naturalmente, non sposta minimamente il problema
dell’estensione dell’art. 67, comma 3, lett. g), l. fall., per la più
generale categoria di crediti per servizi strumentali all’accesso al
concordato preventivo, certamente diversi da quelli essenziali
per la prosecuzione dell’attività d’impresa e finalizzati al miglior
soddisfacimento dei creditori.
103 Cfr., BONFATTI S. e CENSONI P.F., Manuale di diritto
fallimentare, cit., p. 663, che proprio a motivo di tale esclusione,
conclude nel senso dell’incompletezza della protezione
apprestata per il credito del professionista attestatore nell’a.r.d.,
favorito dalla collocazione in prededuzione nell’eventuale
fallimento del cliente, ove non ancora pagato, ma scoperto
dall’esenzione da revocatoria ex art. 67, comma 3, lett. g), ove
già pagato.
legale delle cause legittime di prelazione nell’ambito del
concordato preventivo.
Con la riforma del 2008104, infatti, il legislatore aveva
introdotto, proprio nello specifico ambito della disciplina
del concordato preventivo e degli a.r.d. con transazione
fiscale, un’importante deroga al principio cardine
dell’ordine della cause legittime di prelazione in tema di
trattamento del credito dell’erario per l’imposta sul valore
aggiunto e per le ritenute, confermando il divieto di
falcidiazione di detti crediti che, quindi, rimarrebbero,
secondo il tenore letterale della norma, solo
dilazionabili105.
La Suprema Corte, tuttavia, con due recenti sentenze106,
eguali nel contenuto, ha avuto modo di affermare che i
crediti relativi all’imposta sul valore aggiunto, costituendo
risorse proprie dell’Unione Europea, non possono essere
soddisfatti in misura parziale nell’ambito del concordato,
anche se senza transazione fiscale, stante la (asserita)
natura sostanziale – e non processuale - della previsione
di cui al primo comma del menzionato art. 182ter in tema
di trattamento dei crediti erariali107.
104Cfr.,
art. 32, comma 5, lett. a) del D.L. 29 novembre 2008, n.
185, convertito, con modificazioni, dalla l. 28 gennaio 2009, n.
2, in Gazz. Uff. n. 22 del 28 gennaio 2009, suppl. ord. n. 14, con
effetto dal 29 novembre 2008.
105 L’art. 182ter, riformato nel 2008, e successivamente nel 2010,
infatti, testualmente dispone: “Con il piano di cui all'articolo 160 il
debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei
tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, nonché dei
contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e
assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, limitatamente alla quota di
debito avente natura chirografaria anche se non iscritti a ruolo, ad eccezione
dei tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea; con riguardo
all'imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, la
proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento”. Le
modifiche riguardavano, tra l’altro, proprio la specificazione
che, con riguardo all’imposta di valore aggiunto e alle ritenute
operate e non versate, la proposta di concordato con
transazione fiscale possa prevedere solo la dilazione del
pagamento. In verità, il problema della falcidiabilità dell’imposta
sul valore aggiunto si era posto già all’indomani
dell’introduzione di detta norma, ad opera dell’art. 146, d. Lgs. 9
gennaio 2006, n. 5, in vigore a partire dal 16 luglio 2006, dato
l’inciso (tuttora rimasto) che eccettua dalla facoltà di
falcidiazione “i tributi costituenti risorse proprie dell’Unione Europea”.
106 Cfr., Cass. civ., sez. I, 4 novembre 2011, n. 22931, in Giust.
civ. Mass., 2011, 11, 1560; Cass. civ., sez. I, 4 novembre 2011, n.
22932, in Riv. dir. trib., 2012, 1, II, 26, s.m., con nota di DEL
FEDERICO.
107In sede motiva, entrambe le citate sentenze, Cass. civ.,
22931/11, cit., e Cass. civ. 22932/11, cit., affermano: “La
disposizione ha troncato la discussione in corso circa la ricomprensione o no
dell'IVA tra "i tributi costituenti risorse proprie dell'Unione Europea"
esclusi dalla possibilità di falcidia fin dall'originaria formulazione della
norma e ritiene il Collegio che la stessa, in realtà, si ponga su di un piano
di continuità con il primitivo dettato legislativo (per l'analogo rapporto tra
riforma e decreto correttivo: Cass. civ. sent. n. 22150/10) chiarendone e
confermandone l'interpretazione e che quindi pure questo si riferisse anche
all'IVA, dovendosi intendere il richiamo al tributo come risorsa riferito
non già al gettito effettivo (venendo in realtà il contributo per IVA
calcolato prescindendo da questo) bensì alla specie di tributo individuata
quale parametro per il trasferimento di risorse all'Unione e la cui gestione,
sia normativa che esecutiva, è di interesse comunitario e come tale sottoposta
a vincoli. Da ciò consegue la non predicabilità della esclusione della falcidia
dell'IVA anche per i concordati cui non sia applicabile ratione temporis
la recente modifica legislativa sul punto.
Poichè tuttavia la proposta di concordato di cui si tratta non ha seguito la
via della transazione fiscale (in relazione alla quale la disposizione
29
Si tratta della norma che, come noto, in tema di
concordato preventivo (e di a.r.d.) con transazione
fiscale, vieta la falcidiazione dei crediti relativi a tributi
costituenti risorse proprie dell'Unione europea,
all'imposta sul valore aggiunto e alle ritenute operate e
non versate.
Tale orientamento è stato fortemente criticato dalla
dottrina e da una parte della giurisprudenza di merito con
numerosi e validi argomenti.
1) Non è, anzitutto, ragionevole ritenere che la
disposizione dettata per la transazione fiscale (procedura
meramente facoltativa nell’ambito del concordato
preventivo) possa avere una portata che va oltre lo
speciale ambito in cui è collocata, imponendo un diverso
ordine dei privilegi che, a sua volta, dovrebbe valere solo
per il concordato preventivo (e per gli a.r.d.), pur anche
senza transazione fiscale, ma non per le altre procedure
concorsuali.
2) Una simile interpretazione della norma porterebbe,
peraltro, ad anteporre, rispetto ai crediti privilegiati ex art.
2777 c.c. (primi fra tutti, quelli dei dipendenti), i crediti
del Fisco per l’imposta sul valore aggiunto, posti, come
noto, ai gradini più bassi della scala dei privilegi di cui
all’art. 2778 c.c. e, di conseguenza, renderebbe l’art.
182ter, comma 1, l fall., quanto meno sospetto di
illegittimità costituzionale, attesa la rilevanza che la
Costituzione stessa attribuisce ai crediti dei lavoratori
(artt. 1, 2, 3, 35 e 36 Cost.)108.
espressamente si applica) la questione che si pone è se l'intangibilità
dell'IVA sussista solo se viene attivato detto procedimento oppure se sia
indipendente dell'opzione del debitore e quindi si imponga anche nel caso in
cui la transazione speciale non venga perseguita ma la proposta tratti il
fisco come ogni altro creditore, come è avvenuto nella fattispecie.
La soluzione è ravvisabile nel secondo corno del dilemma.
Innanzitutto può osservarsi, in linea generale, che non avrebbe alcuna
giustificazione logica e che quindi non sia credibile che il legislatore abbia
inteso lasciare alla scelta discrezionale del debitore assoggettarsi all'onere
dell'integrale pagamento dell'IVA, imposta armonizzata a livello
comunitario sulla cui gestione, si ribadisce, gli Stati non sono esenti da
vincoli (si veda Corte giustizia CE, sez. 5^, 11/12/2008, n. 174),
optando per la transazione fiscale oppure avvalersi della possibilità di
proporne un pagamento parziale decidendo per il concordato senza
transazione e quindi rimanendo vincolato solo all'obbligo di pagare
integralmente il debito nei limiti del valore dei beni sui quali grava la
garanzia, peraltro spesso insussistenti come nel caso di imposta gravante sul
valore della prestazione di servizi.
A parte tale considerazione, ciò che convince dell'inderogabilità della
disposizione qualunque sia l'opzione del creditore è la natura della stessa in
quanto non si tratta di norma processuale come tale connessa allo specifico
procedimento di transazione fiscale, ma di norma sostanziale in quanto
attiene al trattamento dei crediti nell'ambito dell'esecuzione concorsuale
dettata da motivazioni che attengono alla peculiarità del credito e
prescindono dalle particolari modalità con cui si svolge la procedura di
crisi”.
108
Il Tribunale di Milano, chiamato a pronunciarsi
sull’argomento, infatti, ha sollevato, in tal senso, seri dubbi
“sulla “tenuta” costituzionale della lettura che la corte di legittimità ha
dato della norma citata, giacché affermare la prededucibilità del credito
IVA equivale in concreto ad incidere sull’ordine delle cause legittime di
prelazione”; cfr., Tribunale di Milano, Sez. II, decreto 5 gennaio
2012, in www.ilfallimentarista.it.; e, in tale provvedimento, in
particolare, la questione di legittimità costituzionale è stata
affrontata solo in via teorica, risultando irrilevante ai fini della
decisione, perché la domanda di concordato è stata ritenuta
inammissibile sotto altri profili; vedi, per un interessante
disamina della problematica sulla natura eccezionale dell’art.
182ter e sulla possibilità, nonché in quali limiti, di applicazione
3) Oltre che incostituzionale, tuttavia, la lettura proposta
dalla Suprema Corte risulta, a maggior ragione, non
condivisibile, ove si consideri che siffatta deroga
all’ordine dei privilegi non è prevista nemmeno
nell’ambito del concordato fallimentare (istituto senza
dubbio affine al concordato preventivo), né in sede
fallimentare.
Laddove, invero, proprio qualificando la norma sulla non
falcidiabilità dell’IVA e delle ritenute di cui all’art. 182ter,
L.F., come norma di natura sostanziale anziché
processuale, come ha invero opinato il giudice della
legittimità, a fortiori si dovrebbe concludere che, affermata
l’operatività del divieto di falcidiazione dei predetti crediti
fiscali (IVA e ritenute) anche al di fuori dall’ipotesi di
concordato con transazione fiscale, essa avrebbe dovuto
allora essere estesa anche a tutte le procedure
concorsuali, financo alle procedure esecutive individuali;
cosa che, ovviamente, anche il Supremo collegio si
guarda bene anche solo dall’adombrare.
Una tale limitazione operativa appare, del resto in
contrasto con gli stessi presupposti del ragionamento
svolto dalla Suprema Corte nelle motivazioni di cui alle
due sentenze sopra ricordate secondo le quali, come
visto, il divieto di falcidiare l’IVA, benché contenuto nella
norma sul concordato con transazione fiscale, è da
ritenersi norma sostanziale “in quanto attiene al trattamento
dei crediti nell'ambito dell'esecuzione concorsuale dettata da
motivazioni che attengono alla peculiarità del credito e prescindono
dalle particolari modalità con cui si svolge la procedura di crisi”109.
Più in generale, ove alla norma in questione il legislatore
avesse voluto attribuire natura sostanziale, lo stesso
avrebbe dovuto quanto meno modificare (anche) l’art.
2778 c.c., senza di che – sempre ragionando in via di
mero assurdo - una norma che vi deroghi, anche solo
parzialmente, non può ritenersi suscettiva di applicazione
al di fuori degli ambiti esattamente considerati (al di fuori,
cioè, nel caso di specie, del concordato o dell’a.r.d. con
transazione fiscale).
Proprio sulla base di queste oggettive premesse, invero,
parte della giurisprudenza di merito aveva già concluso
nel senso che la norma che impone il pagamento
integrale dell’IVA e delle ritenute previdenziali non si
dovrebbe applicare al concordato preventivo senza
transazione fiscale110, trattandosi di disposizione speciale
dello stesso – nella parte in cui consente di falcidiare i crediti
privilegiati tributari e previdenziali, ponendo però l’obbligo di
pagare per intero iva e ritenute – anche al concordato senza
transazione fiscale, BOZZA G., Il trattamento dei crediti privilegiati
nel concordato preventivo, in Fall., 2012, pp. 385 e ss., il quale
conclude che, in realtà, la falcidiazione dei crediti tributari e
previdenziali secondo le regole dell’art. 182ter, è possibile solo
con la transazione fiscale, optando, in ultima analisi, per una
interpretazione restrittiva della norma; mentre resterebbe ferma
la possibilità di falcidiare anche detti crediti, ove ricorrano i
presupposti di cui all’art. 160, comma 2, l. fall., nella
formulazione attualmente vigente.
109 V. nota n. 107.
110 Sulle differenze di procedura e di effetti conseguenti alla
scelta di presentare domanda di concordato preventivo,
rispettivamente, con o senza transazione fiscale, si è soffermata
anche la Suprema Corte nelle citate sentenze nn. 22931/11 e
22932/11, cit., ove in motivazione ha evidenziato: “Diversi sono
innanzitutto gli obblighi imposti alle parti direttamente interessate e cioè al
debitore e al fisco. Il primo deve provvedere nei confronti
dell'Amministrazione fiscale (inteso ricompreso in questa termine per
30
che opera esclusivamente nel caso di proposizione della
transazione fiscale e trova la sua giustificazione nello
«scambio tra “Erario” (o enti previdenziali) e debitore
proponente che si avvalga della transazione fiscale: da un lato il
“vantaggio” rappresentato dal c.d. consolidamento dei debiti e,
dall’altro, l’assoggettamento ai limiti di transigibilità dettati con
riguardo a IVA e ritenute»111.
Ancor più di recente, poi, è stato giustamente affermato
che “non si può sostenere l’intangibilità del credito IVA in
qualsiasi procedura di concordato preventivo perché ciò
semplicità espositiva anche il concessionario per la riscossione, ora agente per
la riscossione) ad una formalità alla quale non è tenuto nei confronti degli
altri creditori e cioè alla comunicazione, contestualmente al deposito del
ricorso per il concordato presso la cancelleria del tribunale, della copia della
domanda e della relativa documentazione. Tale adempimento è finalizzato
a sollecitare l'ufficio fiscale ad un'attività anch'essa peculiare che non è
invece richiesta agli altri creditori e cioè a certificare l'ammontare
complessivo del debito tributario mediante la comunicazione di quello già
accertato e di quello conseguente alla liquidazione delle dichiarazioni,
compresa la dichiarazione integrativa relativa al periodo sino alla data di
presentazione della domanda, "al fine di consentire il
consolidamento del debito fiscale". Ben diversi sono anche gli affetti
dell'omologazione del concordato contenente la raggiunta transazione fiscale.
In primo luogo si "consolida" il debito tributario. Tale formulazione, che
è evidentemente atecnica in quanto nel tessuto normativo con detta
espressione viene definita una modalità opzionale di calcolo della tassazione
dei redditi di un gruppo di imprese (art. 117 e segg. TUIR), ha di
conseguenza nella disposizione in esame un significato, che può essere anche
complesso, non ancora univocamente definito. Certamente e come è
unanimemente riconosciuto la prima accezione è quella di quadro di insieme
del debito tributario, tale da consentire di valutare la congruità della
proposta con riferimento alle risorse necessarie a far fronte al complesso dei
debiti ed è certamente utile a fronteggiare l'incognita fiscale che normalmente
grava sui concordati. Altro e concorrente possibile significato dell'espressione
sul quale si è interrogata la dottrina e che viene qui richiamato solo per
completezza espositiva, non essendo materia del contendere, è quello secondo
cui tale quadro del debito complessivo cristallizzerebbe la pretesa tributaria
alla data di presentazione della domanda cosi come quantificata dall'ufficio
con esclusione da una parte della facoltà del medesimo di procedere ad
ulteriori accertamenti anche se non sia ancora maturata la decadenza e
dall'altra del debitore di contestare pretese anche se non ancora definitive.
Positivamente fissata dalla norma, invece, quale conseguenza
dell'omologazione dell'accordo anche sul debito tributario, è l'estinzione dei
giudizi in corso aventi ad oggetto i tributi concordati, effetto, questo, che non
si verifica per gli altri creditori i quali quando votano sulla proposta
concordataria sostanzialmente formulano il loro consenso solo in relazione
alla percentuale o alle modalità di soddisfacimento prospettate ma possono
non solo proseguire l'eventuale contenzioso in corso ma iniziarlo anche ex
novo se in disaccordo con l'ammontare o la qualità dei crediti indicati nella
domanda.
In definitiva, dunque, ben diverse sono le conseguenze tra un concordato
senza transazione fiscale nel quale il fisco sia trattato come qualunque altro
creditore ed uno, invece, in cui la transazione venga perseguita con le
modalità indicate e quindi ben diversi sono vantaggi e svantaggi delle due
soluzioni.
Con la transazione fiscale il debitore ottiene il vantaggio della apprezzabile
o assoluta certezza sull'ammontare del debito (a seconda del significato che
si vuole attribuire al consolidamento) e quindi una maggiore trasparenza e
leggibilità della proposta con conseguente maggiore probabilità di ottenere,
oltre all'assenso del fisco, anche quello degli altri creditori. Tutto ciò ha però
un costo che è dato dalla sostanziale necessità di accogliere tutte le pretese
dell'Amministrazione, non essendo plausibile che la stessa, dopo aver
indicato il proprio credito, accetti in questa sede di discuterlo e ridurlo.
Escludendo il ricorso alfa transazione fiscale il debitore non ottiene i
richiamati benefici ma può optare per la contestazione della pretesa erariale
in vista di un minore esborso se gli importi in contestazione non incidono in
modo rilevante e se quindi il consenso del fisco non è decisivo ai fini del
raggiungimento della maggioranza.
111 Cfr., Tribunale di Varese, 15-30 giugno 2012, in www.ilcaso.it.
significherebbe introdurre un ulteriore requisito di ammissibilità,
non previsto dalla legge. Se, infatti, il legislatore avesse voluto
sancire tale principio, lo avrebbe dovuto fare espressamente,
trattandosi di disposizione che deroga all’ordine dei privilegi e che
quindi è, a sua volta, eccezionale rispetto all’art. 160 l.f. Peraltro,
l’adesione ad una interpretazione “estensiva” di suddetta norma
equivarrebbe a precludere al debitore l’accesso alla procedura
concordataria ogni qual volta questi non avesse nel suo patrimonio
risorse sufficienti a pagare integralmente l’IVA, risultato questo che
contrasta con le intenzioni del legislatore, il quale ha invece inteso
sempre di più potenziare le forme alternative di risoluzione della
crisi di impresa”112.
Condivisibilmente, quindi, parte della giurisprudenza di
merito, tra cui anche il Tribunale di Como, in aperto e
dichiarato contrasto alle conclusioni cui è giunta la
Suprema Corte nelle precitate sentenze, ha affermato,
proprio sulla scorta delle motivazioni più sopra
richiamate, che “Nell'ambito del concordato
preventivo, deve ritenersi ammissibile la falcidia del
credito Iva e per ritenute previdenziali al pari di tutti
gli altri crediti muniti di privilegio generale, con
l'unico limite sancito dall'articolo 160, comma 2,
legge fallimentare, ivi compreso quello del rispetto
dell'ordine delle cause legittime di prelazione”113.
Un’interpretazione contraria, qual è quella propugnata
dalla Suprema Corte con le due sentenze sopra citate114,
in conclusione, appare in patente contrasto con il dettato
costituzionale, perché altera l’ordine delle cause di
prelazione fino a violare anche le norme della
Costituzione che impongono una tutela preferenziale ai
crediti dei lavoratori; ed è, altresì, irragionevole e
contraddittoria, giacchè la pretesa natura sostanziale –
anziché processuale – della norma che impone il
pagamento integrale dell’IVA nell’ambito del concordato
preventivo (o dell’a.r.d.) con transazione fiscale, al fine di
legittimarne l’estensione al concordato preventivo tout
court, si infrange, poi, a sua volta, con la constatazione
che, in una tale prospettiva, il divieto di falcidiazione
dell’IVA dovrebbe valere anche nel fallimento, nelle altre
procedure concorsuali e, anzitutto, nel concordato
fallimentare nonché nelle esecuzioni individuali115.
Laddove lo stesso giudice della legittimità confina
l’ambito di operatività di tale divieto al solo campo del
concordato preventivo con o senza transazione fiscale; e,
del resto, proprio con specifico riguardo al concordato
Cfr., Tribunale di Perugia, 16 luglio 2012, in www.unijuris.it.
Cfr., Tribunale Como, 29 gennaio 2013, in www.ilcaso.it. In tal
senso, vedi anche Trib. Cosenza, 29 maggio 2013, in
www.ilcaso.it; C. app. Genova, 27 luglio 2013, ibidem; Trib.
Campobasso, 31 luglio 2013, ibidem.
114 Cfr., Cass. civ., sez. I, 4 novembre 2011, n. 22931, cit.;
nonché, Cass. civ., sez. I, 4 novembre 2011, n. 22932, cit. Si
sono allineate ai principi enunciati dalla Suprema Corte, anche
numerose sentenze di merito, quali, Trib. Brescia, 11 giugno
2013, in www.ilcaso.it; Trib. Milano, 29 maggio 2013, ibidem; Trib.
Vicenza, 18 aprile 2013, ibidem; Trib. Vicenza, 27 dicembre
2012, ibidem; Trib. Rossano, 31 gennaio 2012, ibidem, che
estende al concordato preventivo senza transazione fiscale il
divieto di falcidiazione, enunciato dalla Suprema Corte di
Cassazione in tema di IVA, anche alle ritenute fiscali. Contra,
cfr. Trib. Como, 29 gennaio 2013, cit.; Trib. Cosenza, 29
maggio 2013, in www.ilcaso.it; C. app. Genova, 27 luglio 2013,
ibidem; Trib. Campobasso, 31 luglio 2013, ibidem.
115 Così, tra gli altri, anche BOZZA G., Il trattamento dei crediti
privilegiati nel concordato preventivo, cit., p. 392 e s.
112
113
31
preventivo (e quindi, deve ritenersi, all’a.r.d.) senza
transazione fiscale, ove la giustificazione dello “scambio
di vantaggi” con il fisco verrebbe meno, il permanere ex
adverso del divieto di falcidiazione dell’iva si risolverebbe
in un requisito di ammissibilità che, per l’ubicazione della
norma, e la mancanza di una previsione espressa in tal
senso nell’art. 160, comma 2, l. fall., norma che disciplina
le condizioni di ammissibilità del c.p., non appare
certamente ricavabile dall’art. 182ter, comma 1, l. fall.,
nemmeno in via interpretativa.
4) Da un punto di vista sistematico, inoltre, non si può
sottacere che la previsione di cui all’art. 182ter, comma 1,
l. fall., per cui l’IVA e le ritenute sono solamente
dilazionabili, è stata aggiunta con la riforma del 2008 e,
precisamente, con l’art. 32, comma 5, lett. a) del D.L.
185/2008, cit., convertito in legge, con modificazioni,
dalla l. n. 2/2009, cit., che inizialmente faceva riferimento
solo all’IVA cui, poi, l’art. 29, d.l. 78/2010, cit., ha
aggiunto anche il riferimento alle ritenute operate e non
versate, con effetto a partire dal 31 maggio 2010; laddove
era controverso, sotto la vigenza dell’originario art.
182ter, comma 1, introdotto nel 2006, se l’IVA rientrasse
o meno tra le risorse dell’Unione europea sottratte a
falcidia116.
Ora, come si diceva, l’argomento principale sostenuto
dalla Suprema Corte è, appunto, che la deroga avrebbe
natura sostanziale, e non processuale, a motivo che l’IVA
sarebbe tributo costituente risorsa propria della Unione
europea.
Senonchè, anzitutto, il rilievo della natura di risorsa
comunitaria con riferimento all’imposta sul valore
aggiunto appare, addirittura discutibile e, anzi, a ben
vedere, contraddetto dallo stesso intervento del
legislatore nel 2008, che ha ritenuto di dover specificare
che l’IVA è solo dilazionabile117.
Soccorre, poi, l’ulteriore rilievo che sia nell’intervento del
2008, sia in quello del 2010, il legislatore ha ritenuto di
operare la precisazione della mera dilazionabilità dell’IVA
sempre solo nell’ambito dell’art. 182ter, l. fall., che
disciplina appunto il concordato con transazione fiscale;
laddove è ragionevole pensare che se l’intenzione fosse
stata quella di rendere inammissibile ogni concordato –
anche senza transazione fiscale - che preveda la
falcidiazione dell’IVA o delle ritenute operate e non
versate, avrebbe dovuto quanto meno cogliere
l’occasione per affermarlo esplicitamente, se non
addirittura inserire la modifica all’art. 160, l. fall.
5) Sicchè, in definitiva, la deroga all’ordine legale delle
cause legittime di prelazione che deriverebbe
In senso contrario, v. Trib. Milano 6 aprile 2008, in
www.ilcaso.it; Trib. Pavia, 8 ottobre 2008, in www.ilcaso.it; cfr.,
altresì, Trib. Mantova, 26 febbraio 2009, ibidem, secondo cui “La
modifica dell’art. 182ter legge fallimentare di cui all’art. 32, comma 5, del
d.l. 29 novembre 2008, n. 185, che esclude dalla transazione fiscale il
credito iva, non è applicabile ai procedimenti per concordato preventivo
iniziati prima dell’entrata in vigore della suddetta modifica legislativa,
soprattutto ove abbia già avuto luogo l’adunanza dei creditori ed abbiano
avuto inizio le operazioni di voto, termine ultimo, questo, entro il quale
devono intervenire eventuali modifiche della proposta”; confermando,
quindi, che prima della riforma del 2008, l’IVA non poteva
ritenersi tra le risorse comunitarie sottratte a falcidiazione.
117 Come pur evidenziato dal Trib. Mantova, 25 febbraio 2009,
cit.
116
dall’interpretazione fatta propria dalla Suprema Corte118,
si scontra con l’obiettiva impossibilità di trovare una
ragionevole giustificazione della mancanza di un analogo
trattamento anche nelle altre procedure concorsuali, a
cominciare dal concordato fallimentare, istituto pur
molto affine (sotto diversi e importanti profili) al
concordato preventivo119, oltre che nelle esecuzioni
individuali; mancanza, invero, incompatibile con le stesse
argomentazioni spese dal giudice di legittimità sulla
presunta natura di norma sostanziale dallo stesso
attribuita al divieto di falcidia dell’IVA ex art. 182ter,
comma 1, l. fall., che, a suo dire, afferisce alle peculiarità
del credito tutelato e non alle modalità della procedura
cui inerisce.
L’estensione del divieto di falcidiazione dell’IVA anche al
concordato preventivo (ed eventualmente agli a.r.d.)
senza transazione fiscale, pertanto, pone diversi dubbi di
legittimità costituzionale sotto il profilo del principio di
uguaglianza nel suo nucleo forte, nel mentre appare
lettura irragionevole nell’ottica di una politica legislativa
che si assume orientata a incentivare – piuttosto che a
scoraggiare – il ricorso alle procedure concordate.
L’intangibilità dell’IVA, infatti, specie se per importi
elevati, comporterebbe per i creditori chirografari una
decisiva diminuzione della posta loro destinata, e dunque,
della percentuale di soddisfazione dei relativi crediti. Con
la conseguenza che difficilmente essi potrebbero essere
“tentati” a votare a favore del concordato piuttosto che
del fallimento.
6) A queste conclusioni, peraltro, è significativamente
giunto anche chi120, ancora oggi, continua a sostenere che
dall’art. 182ter – stanti la sua collocazione “toponomastica”, il relativo tenore letterale e la natura eccezionale debba inferirsi il divieto (per qualsiasi concordato o
a.r.d., senza transazione fiscale) di falcidiazione dei
privilegi del fisco e degli enti previdenziali, con la
conseguenza che una domanda di concordato preventivo
o una proposta di a.r.d. con falcidiazione (anche) dei
privilegi fiscali e previdenziali (e non solo dell’IVA),
senza transazione fiscale, sarebbe inammissibile.
È stato, infatti, sostenuto che la possibilità per il debitore
di falcidiare i crediti tributari e previdenziali, pur in
assenza della transazione fiscale, determinerebbe, a
favore del proponente, la facoltà di liberamente alterare
l’ordine legale di graduazione dei privilegi, accreditando
più di qualche dubbio sulla tenuta costituzionale di una
tale prospettiva121.
Ma v., già, in precedenza, nella giurisprudenza di merito,
Trib. Roma, 16 dicembre 2009, in www.ilcaso.it.
119 Cfr., in tal senso, anche STASI E., sub art. 182ter, l. fall., in
LO CASCIO G., Codice Commentato del Fallimento, cit., p. 2187.
120 Cfr. BOZZA G., Crediti privilegiati e transazione fiscale. Il
trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo, cit., pp. 386
e ss.
121 Cfr., BOZZA G., op. ult. cit., pp. 387 e s., il quale acutamente
osserva come alla diversa procedura (e, dunque, in concreto,
alla scelta di valersi o meno della transazione fiscale), invero,
siano anche connesse ben determinate conseguenze suscettive proprio nell’ipotesi patologica limite del debitore che altera la
rappresentazione dell’attivo o del passivo al fine di frodare il
fisco e conseguire una falcidiazione del relativo credito - di
ingenerare una grave disparità di trattamento tra l’imprenditore
che propone domanda di concordato preventivo o proposta di
a.r.d., con transazione fiscale, da una parte, e quello che decide
di adire le medesime procedure senza transazione fiscale,
118
32
Oltre alle varie motivazioni di ordine letterale, logico e
sistematico, è stato suggestivamente affermato che, se il
legislatore avesse avuto l’intento di generalizzare - anche
in mancanza di transazione fiscale - la possibilità di
decurtare o dilazionare i crediti tributari e previdenziali,
avrebbe collegato detti effetti al concordato e non alla
transazione fiscale.
Né il medesimo avrebbe dettato una minuziosa
regolamentazione di siffatta procedura, disponendo la
contestualità della presentazione della proposta
transattiva con quella concordataria ovvero l’inserimento
della prima nella fase delle trattative che precedono gli
accordi di ristrutturazione.
Tali elementi, in sostanza, andrebbero valorizzati al fine
di ritenere che l’unico mezzo per pervenire ad una
riduzione o dilazione dei crediti tributari (al di fuori delle
regole ordinarie), nelle due procedure minori, è il ricorso
alla transazione fiscale.
Va precisato, tuttavia, che ove il divieto di falcidiazione
dei crediti tributari e previdenziali, in assenza di
transazione fiscale, fosse inteso in maniera assoluta,
colliderebbe, oggi, con il principio di cui all’art. 160,
comma 2, l. fall. che, come noto, a seguito delle
modifiche introdotte con il correttivo del 2007, consente
ora al debitore di falcidiare i creditori privilegiati,
pignoratizi e ipotecari (e quindi, deve ritenersi, anche
quelli del fisco e degli enti previdenziali) qualora il valore
del bene122 – da accertarsi secondo criteri e modi
disciplinati dalla stessa norma - sul quale insiste la
prelazione non sia sufficiente per soddisfare i creditori
che ne sono titolari123.
dall’altra. Ai sensi dell’art. 11, d.l. 78/2010, conv. in l. 122/2010,
infatti, “chiunque, al fine di ottenere per sé o per altri un
pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella
documentazione presentata ai fini della procedura di
transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a
quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare
complessivo superiore ad euro cinquantamila”. Inoltre, “Se
l’ammontare di cui al periodo precedente è superiore ad euro
duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni”.
Laddove, il medesimo soggetto che agisce allo stesso modo e
con le stesse finalità, senza però fare ricorso alla procedura
transattiva, sarebbe punibile solo nei residui casi previsti dall’art.
236, l. fall.
122 Ai sensi dell’art. 160, comma 2, l. fall., nella versione
introdotta dall’art. 12 del D. Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, cit.
(applicabile alle procedure concorsuali aperte dopo l’1 gennaio
2008), infatti: “La proposta può prevedere che i creditori muniti
di diritto di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti
integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in
misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della
collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione,
avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti
sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione
giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'art.
67, terzo comma, lettera d). Il trattamento stabilito per ciascuna
classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause
legittime di prelazione”.
123 Prima di tale modifica, infatti, in assenza di una norma che
consentisse la falcidiazione dei crediti privilegiati, l’art. 182ter era
l’unica norma che consentiva un trattamento particolare dei
privilegi tributari e contributivi in sede di concordato
preventivo e di a.r.d., sicché era stato sostenuto che, in assenza
di transazione fiscale, la proposta di concordato che avesse
previsto la falcidiazione dei crediti tributari e previdenziali
doveva essere ritenuta inammissibile, non potendosi applicare
in via analogica l’art. 124, l. fall., dettato in tema di concordato
La tesi restrittiva sull’applicazione dell’art. 182ter,
pertanto, appare corretta e condivisibile solo se intesa nel
senso che la norma consente la falcidiazione dei crediti
privilegiati di natura tributaria e previdenziale, in modo
disancorato al parametro del valore dei beni enunciato
dall’art. 160, comma 2, cit. attualmente vigente124.
Sicché l’imprenditore che presenti domanda di
concordato o accordo di ristrutturazione con transazione
fiscale, avrebbe la possibilità di falcidiare, nei limiti di cui
all’art. 160, comma 2, l. fall., non solo gli altri crediti
assistiti da privilegio, pegno e ipoteca, ma anche quelli
tributari e previdenziali, ai sensi dell’art. 182 ter, comma 1,
l. fall., e con l’eccezione dell’IVA e delle ritenute (solo
dilazionabili ma non falcidiabili).
Di modo che la falcidiazione di questi ultimi potrebbe
essere effettuata in modo disancorato dai presupposti e
dai parametri di cui all’art. 160, comma 2, cit., purché nel
rispetto del principio per cui ai crediti privilegiati tributari
o contributivi deve essere riservato un trattamento
almeno pari agli altri crediti con grado di privilegio
inferiore o a quelli in posizione giuridica e con interessi
economici omogenei rispetto ai crediti “delle agenzie e
degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza
obbligatorie”125.
In altri termini, l’imprenditore che presenta domanda di
concordato preventivo o a.r.d., senza transazione fiscale,
potrà falcidiare i crediti privilegiati, anche del fisco e degli
enti previdenziali, ma solo nel rigoroso accertamento dei
presupposti di cui all’art. 160, comma 2, l. fall.; mentre il
debitore che si avvale anche della transazione fiscale
(inserita quale parte integrante del piano concordatario),
potrà falcidiare i crediti tributari e previdenziali
fallimentare, cfr. Cass. civ., sez. I, 22 marzo 2010, n. 6901, in
Giust. civ. Mass., 2010, 3, 418. Oggi, invece, dopo la modifica
dell’art. 160, comma 2, cit., pertanto, non appare condividibile
quanto affermato in senso assolutistico anche dall’Agenzia
dell’entrate nella circolare n. 40/E dell’8 aprile 2008, secondo
cui l’art. 182ter, in quanto derogatoria di regole generali, è di
stretta interpretazione e non è suscettibile di interpretazione
analogica o estensiva, sicché non è possibile pervenire ad una
soddisfazione parziale del credito tributario al di fuori della
specifica disciplina di cui all’articolo 182ter (seppur per effetto
del solo richiamo del principio di indisponibilità del credito
tributario). Appare addirittura tautologica, al punto da rasentare
la petizione di principio, l’affermazione dell’ufficio finanziario
secondo cui non sarebbe possibile la decurtazione dei crediti
tributari, neppure in applicazione delle disposizioni di cui all’art.
160, cit., a motivo che questa disposizione si riferisce ai crediti
di natura tributaria a condizione che siano rispettate le
disposizioni di cui al predetto articolo 182ter, per cui, in assenza
della proposta di transazione fiscale, i crediti tributari
dovrebbero essere soddisfatti in maniera integrale ed alle
scadenze prescritte dalla legge.
124 Questo sembra anche il pensiero di BOZZA G., Crediti
privilegiati e transazione fiscale. Il trattamento dei crediti privilegiati nel
concordato preventivo, cit., passim.
125 Cfr., Trib. Mantova, 30 ottobre 2008, in www.ilcaso.it,
secondo cui “In ipotesi di transazione fiscale, il criterio indicato nell'art.
182ter legge fall., per cui il credito tributario assistito da privilegio può
essere pagato in percentuale purché non siano offerte condizioni e garanzie
inferiori a quelle offerte ai creditori che hanno grado di privilegio inferiore o
posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle agenzie
fiscali, può dirsi rispettato anche nell'ipotesi in cui siano attribuite
percentuali differenti e maggiori ad altri creditori aventi uguale privilegio
generale sui mobili, a condizione che risulti rispettato l'ordine di
soddisfazione sancito dagli artt. 2777 e ss. cod. civ.”
33
prescindendo dal parametro dei beni colpiti dalla relativa
prelazione, pur nel rispetto del principio di cui sopra
(trattamento almeno pari agli altri crediti con grado di
privilegio inferiore o a quelli in posizione giuridica ed
economica omogenea) e ferma restando, per gli altri
creditori privilegiati, la rigorosa osservanza delle
condizioni e dei limiti di cui all’art. 160, comma 2, cit.
Se questo è vero126, allora, dall’inapplicabilità e
dall’inestensibilità dell’art. 182ter – cioè, della facoltà di
falcidiazione dei crediti fiscali e previdenziali, slegandola
dal parametro dei beni del debitore colpiti da prelazione
ex art. 160, comma 2, l. fall. – al di fuori del concordato
preventivo e degli a.r.d. con transazione fiscale, e quindi
anche senza transazione fiscale, non può che
ulteriormente discendere, quale logica conseguenza,
l’ennesima conferma che, a maggior ragione, anche
l’obbligo del pagamento integrale dell’imposta sul valore
aggiunto non può trovare giustificazione, funzione nè
ruolo al di fuori dell’istituto in cui è collocato e delle
norme che lo disciplinano.
9. Conclusioni
Nell’ambito delle strategie d’incentivazione delle
procedure di soluzione concordata della crisi, quanto
meno di quelle due a più rilevante tasso di
giurisdizionalizzazione127, un ruolo di primo piano hanno
assunto, in definitiva, le iniziative intese alla protezione
delle obbligazioni sorte in funzione di accesso alla
procedura di crisi ed in esecuzione del piano rivolto a
superarla o comunque a darvi adeguata sistemazione.
Lo strumento utilizzato dal legislatore, a tal fine, è
l’innalzamento della soglia di tutela dei crediti derivanti
da prestazioni funzionali essenziali all’accesso, al buon
esito e all’esecuzione delle due procedure concordate,
attraverso l’estensione anche a favore di tali posizioni
della prededucibilità.
Con i nuovi art. 182quater e 182quinquies, l. fall., come
introdotti e modificati, rispettivamente, a mezzo delle
riforme del 2010 e del 2012, in particolare, il legislatore
sembrava aver finalmente preso atto dell’importanza
Cfr., BOZZA G., op. cit., p. 391 e ss.; Cfr., anche Trib. La
Spezia, 2 luglio 2009, in www.ilcaso.it, che, più genericamente,
afferma come il debitore che versi nelle condizioni di cui all’art.
160, comma 2, l. fall., non è obbligato a proporre domanda di
concordato con transazione fiscale al fine di falcidiare i privilegi
del fisco (e degli enti previdenziali). Nel senso, invece, che la
transazione fiscale non sia necessaria al fine di falcidiare i crediti
tributari nei limiti previsti dall’art. 182ter, e quindi sottendendo
implicitamente a una interpretazione estensiva dello stesso, v.
Trib. Monza, 7 aprile 2009, in www.ilcaso.it, secondo cui “La
transazione fiscale non è obbligatoria al fine di ridurre la percentuale di
soddisfazione del credito del fisco ed è necessaria solo nel caso in cui il
debitore intenda avvalersi degli effetti tipici di tale istituto consistenti nella
cessazione dei contenziosi e nella cristallizzazione delle posizioni fiscali”.
Detto decreto, in motivazione, pur affrontando solo
incidentalmente e in poche righe la questione, sembra dare per
presupposto il principio che il debitore, anche senza ricorrere
alla transazione fiscale, può assicurare ai crediti privilegiati del
fisco un trattamento inferiore a quelli degli altri creditori muniti
di pari grado di privilegio, purché non deteriore agli altri crediti
privilegiati di grado inferiore.
127 Cfr., BONFATTI S., Le misure di incentivazione delle procedure di
composizione negoziale delle crisi d’impresa, cit., p. 8.
126
fondamentale che la finanza esterna assume nella
prospettiva concordata di risanamento di un’impresa in
crisi, al punto da aver previsto non solo la prededuzione
dei crediti per finanziamenti funzionali all’accesso o
all’esecuzione del concordato preventivo ma, addirittura,
l’equiparazione ai primi, ai suddetti fini, di quelli
funzionali all’accesso e all’esecuzione degli accordi di
ristrutturazione.
Di più, dette norme - che in un primo tempo si
preoccupavano (e quindi incentivavano) solo dei
finanziamenti effettuati da banche e intermediari e
limitavano, quanto ai soci, la prededucibilità (nelle misure
percentuali ancor oggi vigenti) solo ai crediti per
finanziamenti in esecuzione - hanno da ultimo esteso il
proprio ambito di applicazione fino a ricomprendere
anche i finanziamenti (in funzione e in esecuzione)
erogati, in qualsiasi forma, da chiunque, soci compresi
(sempre nei limiti percentuali già visti).
Il regime risultante sullo specifico versante della
prededucibilità in tema di finanziamenti, quindi, parrebbe
tendenzialmente uniforme nel concordato preventivo e
negli accordi di ristrutturazione.
La riforma, in definitiva, ha inserito nuove ipotesi di
crediti prededucibili, amplificando i dubbi e le questioni
già generati dall’elastica definizione introdotta nel 2006,
all’art. 111, l. fall.
Le nuove norme sulla prededucibilità dei crediti da
finanziamenti e di quelli derivanti da atti legalmente
compiuti durante il concordato, infatti, utilizzano a tal
fine il rinvio all’art. 111, cit. - norma che, come noto,
disciplina il riparto in sede fallimentare.
1) Una prima questione interpretativa scaturiva
dall’originario art. 182quater, comma 4, l. fall., che
prevedeva la prededucibilità del credito del professionista
attestatore dei piani, rispettivamente, di concordato
preventivo e degli a.r.d., subordinandola alla condizione
dell’espressa qualificazione in tal senso (id est: come
“prededucibile”) del relativo credito, da disporsi nello
stesso provvedimento del giudice di ammissione al c.p.
ovvero di omologazione dell’a.r.d.
Di qui, pertanto, il dubbio su quale fosse il trattamento
da riservare ai crediti degli altri professionisti intervenuti
nella fase propedeutica alla presentazione della domanda
di concordato preventivo ovvero di omologa della
proposta di a.r.d.; giacchè ove si fosse ritenuto che la ratio
di tale norma fosse stata quella di escludere la
prededucibilità di altri crediti sorti in occasione o in
funzione di procedure concorsuali, ex adverso sancita
dall’art. 111, l. fall., si sarebbe giunti a un’interpretazione
abrogans di tale disposizione, per nulla in linea con la
volontà palesata dal legislatore della riforma; ove, invece,
si fosse ricondotta l’apparente antinomia al diverso piano
in cui sarebbero chiamate a operare le due predette
norme, ossia (rispettivamente), gli artt. 182quater, comma
4, e 111, l. fall. (prededucibilità nel successivo fallimento,
condizionata al provvedimento del giudice nella
procedura concorsuale minore, la prima; e prededucibilità
nel successivo fallimento valutata dal giudice della
procedura d’insolvenza in sede di ammissione al passivo,
la seconda), sarebbe stato, poi, difficile giustificare la
grave disparità di trattamento che ne sarebbe derivata,
continuando ad aderire alla tesi dell’inapplicabilità dell’art.
111, l. fall. agli a.r.d. -a sua volta basata sul presupposto
34
della natura contrattuale e non concorsuale di questi
ultimi.
In altri termini, rinviare, quanto alla prededucibilità dei
crediti dei professionisti, all’art. 111, comma 2, l. fall.,
diventava ora ancor più imbarazzante, di fronte alle
nuove norme degli artt. 182quater e 182quinquies, che
disciplinavano in modo uniforme il trattamento dei
crediti dei finanziatori, nel momento in cui, per i primi, si
correva il forte rischio di dovere scriminare in ragione del
tipo di procedura di composizione negoziale in concreto
scelta dal debitore per far fronte alla crisi; tra chi tentava
di giustificare tale vulnus, in modo (soprattutto oggi) non
del tutto convincente, alla luce di principio secondo cui al
maggior
tasso
di
giurisdizionalizzazione
del
procedimento debba corrispondere una maggiore portata
della protezione–incentivazione128, e chi, invece, vedeva
nell’art. 182quinquies l. fall. l’elemento chiave da cui
inferire la natura concorsuale anche degli a.r.d., nel
tentativo di consacrarne la riconduzione all’ambito di
applicazione dell’art. 111, l. fall.129.
All’indomani della riformulazione dell’art. 111, l. fall.,
infatti, autorevole dottrina collocava in prededuzione i
crediti dei professionisti funzionali all’accesso al
concordato preventivo, mentre continuava a negare la (o
quanto meno a dubitare della) applicazione di detta
norma agli a.r.d. per la presunta natura non concorsuale
di questi ultimi.
In questo contesto alquanto problematico, dunque,
l’originaria previsione dell’art. 182quater, comma 4, circa
la prededucibilità del credito del professionista
attestatore, fomentava il dubbio che dovessero ritenersi
esclusi dalla prededuzione non solo i crediti dei
professionisti per le prestazioni funzionali agli a.r.d.,
bensì anche quelli per le prestazioni funzionali all’accesso
al concordato preventivo.
La successiva abrogazione dell’art. 182quater, comma 4, l.
fall., con la riforma del 2012, non eliminava il problema,
da una parte, perché con essa era venuta meno l’unica
norma che, in tema di professionista attestatore,
equiparava il regime degli a.r.d. a quello del concordato;
dall’altra, poi, non risolveva nemmeno il problema più
generale del rapporto tra l’art. 182quater e l’art. 111, l. fall.,
particolarmente delicato per il fatto che, comunque,
anche i crediti per i finanziamenti, quantomeno quelli
ponte, erano pur sempre ipotesi specifiche di prestazioni
funzionali all’accesso alle procedure concorsuali.
La Suprema Corte ha condivisibilmente evidenziato
come sia l’introduzione che la successiva abrogazione
dell’art. 182quater, comma 4, l. fall., non reagiscano in
alcun modo sulla piena applicabilità dell’art. 111, l. fall.
anche ai crediti dell’attestatore come di tutti gli altri
professionisti che sono intervenuti per assistere il
debitore alla predisposizione e presentazione della
domanda di concordato preventivo (procedura presa in
considerazione dalla fattispecie concreta che ha
occasionato il predetto giudizio di legittimità) e dei
documenti a ciò necessari.
Per ciò, evidentemente, la tesi che ora escludesse la
prededucibilità dei crediti dei professionisti che pur
abbiano analogamente lavorato in funzione dell’accesso
del debitore anche agli a.r.d., accrediterebbe più di
qualche dubbio circa la sua stessa tenuta sul piano
costituzionale, oltre a non convincere, nemmeno sul
piano più squisitamente ermeneutico, specialmente ove la
si collochi nel suo giusto contesto, affatto orientato verso
l’incentivazione del ricorso al concordato preventivo e
agli a.r.d., non meno che della tendenziale equiparazione
di regime e di effetti, a tali fini, delle due procedure
minori.
2) Rimane, più in generale, da chiedersi, se la
prededucibilità dei crediti per finanziamenti in funzione e
in esecuzione del concordato preventivo o degli accordi
di ristrutturazione operi solo nella successiva ed
eventuale sede fallimentare, ovvero anche nella fase di
esecuzione della procedura (concorsuale o meno che sia)
minore in cui si assumono sorti gli stessi crediti.
Il rinvio all’art. 111, l. f. (norma dettata per il riparto in
sede fallimentare) previsto negli artt. 161, comma 7,
182quater e 182quinquies, infatti, induce autorevole
dottrina a ritenere che solo in detta sede possa operare la
prededucibilità anche dei crediti per finanziamenti in
funzione o in esecuzione e, più in generale, di tutti quei
crediti che pur hanno origine in atti funzionali alla
procedura minore alternativa al fallimento.
Si tratta di questione interpretativa da risolvere sul piano
ermeneutico giacchè il nostro ordinamento non preclude,
in linea di principio, deroghe all’ordine legale delle cause
legittime di prelazione ex art. 2778 c.c.
Se, infatti, il credito dei professionisti è, notoriamente,
collocato tra i privilegi di cui all’art. 2751bis, c.c., secondo
l’ordine di cui agli artt. 2777 e ss., c.c., è certo che
trattandosi, quest’ultimo, di principio posto dalla stessa
legge ordinaria130, lo stesso rimane modificabile per
mezzo di un qualsiasi atto normativo di pari rango.
La trasposizione nelle procedure minori dell’art. 111, l.
fall. - al fine di assicurare ai crediti prededucibili sorti
nell’ambito delle stesse trattamento equivalente a quello
che ai medesimi crediti si assume debbano ricevere nel
successivo fallimento – risulta, in astratto ben possibile,
purché sorretta da un corretto bilanciamento di interessi
anche sul piano costituzionale, nonché da idonea
giustificazione.
Sicchè, non convince la tesi negazionista più integralista,
come non convince nemmeno la tesi di chi131,
valorizzando la diversa formulazione letterale dell’inciso
di cui all’art. 182quater, comma 2, l. fall. – che, invece di
richiamare l’art. 111, l. fall., si limita sibillinamente a
“parificare” i crediti per finanziamenti in funzione a quelli
per finanziamenti in esecuzione di cui all’art. 182quater,
comma 1, l. fall. - giunge poi a scriminare i crediti per
finanziamenti-ponte rispetto a tutti gli altri crediti cui il
legislatore ha inteso riconoscere la prededucibilità in
relazione alla loro genesi nell’ambito di una procedura
minore; per riconoscere solo ai primi, anche in fase
Per un’accurata indagine del tessuto normativo in cui si
articola la disciplina della categoria dei crediti assistiti da cause
di prelazione e del principio del concorso degli stessi in
un’unica graduazione sul patrimonio del debitore, Cfr., BOZZA
G., Crediti privilegiati e transazione fiscale. Il trattamento dei crediti
privilegiati nel concordato preventivo, cit., pp. 377 e ss.
131 NARDECCHIA G.B., sub art. 182quater, cit., p. 2211 e s.
130
BONFATTI S., Le misure di incentivazione delle procedure di
composizione negoziale delle crisi d’impresa, cit., p. 8.
129 Cfr. FACEUGLIA G., sub art. 182bis, in LO CASCIO G.¸
Codice Commentato del Fallimento, cit., p. 2146.
128
35
esecutiva del concordato preventivo, un trattamento
corrispondente a quello dei crediti prededucibili in sede
fallimentare.
Non convince, come si diceva, per l’assorbente rilievo,
invero, dell’inconciliabilità di una tale limitazione
operativa della prededucibilità (rinviata alla eventuale e
successiva fase fallimentare), in primis, con il principio di
uguaglianza di cui all’art. 3, Cost., sotto il duplice profilo
del diverso trattamento che, in questo modo, da un alto,
si riserverebbe ai crediti da finanziamento-ponte, rispetto,
tra gli altri, a quelli da finanziamento in esecuzione e da
finanziamento interinale, nonché rispetto ai crediti
professionali funzionali; e, dall’altro, sotto il profilo della
ingiustificata discriminazione in punto di trattamento di
uno stesso creditore, a seconda che la procedura minore
abbia buon esito ovvero sfoci in fallimento.
Diversamente, infatti, si dovrebbe ammettere il
paradosso per cui tutti questi soggetti sarebbero chiamati
a compiere una prestazione finalizzata al buon esito della
procedura alternativa al fallimento, quando, proprio e
solo nell’eventuale fallimento, il credito che dalla predetta
prestazione sia destinato a sorgere troverebbe compiuta
tutela; e, ancora, in modo ancor più paradossale, si
dovrebbe ammettere per i professionisti (specie per gli
avvocati e i commercialisti), lo svolgimento di un incarico
(di natura fiduciaria) di assistenza del debitore in una
procedura concordata, in conflitto con un proprio
interesse economico contrario al suo buon esito –
situazione che mal si concilia, anche sul piano
deontologico, con i valori e i principi di indipendenza e
decoro cui sono informate dette professioni intellettuali.
Appare, quindi, arbitraria e irragionevole, perché priva di
giustificazione e, al limite, persino irrazionale, qualsivoglia
disparità di trattamento dei creditori funzionali (nel senso
più lato e ampio del termine), come si diceva, nel caso di
successivo fallimento, rispetto al caso di buon esito del
concordato preventivo132; e ciò, invero, dovrebbe valere
anche per i crediti (compresi quelli professionali)
funzionali all’accesso agli a.r.d., come da ultimo acclarato
dallo stesso principio di intercambiabilità tra questi e il
concordato preventivo nell’ambito della procedura
prenotativa di cui all’art. 161, comma 6, l. fall.
Del resto, stesso ruolo dei professionisti che assistono il
debitore, anche nel guidarlo nella scelta della procedura
più adatta per il soddisfacimento dei creditori e
nell’interesse del debitore, non potrebbe non risultare
condizionato, se non asservito, alla valutazione del
trattamento più favorevole che gli stessi professionisti
riceverebbero, rispettivamente nelle due diverse
procedure, relativamente al credito destinato a sorgere
dalla loro prestazione professionale.
3) Anche l’obbligo di pagamento integrale dell’IVA (e
delle ritenute operate ma non versate), previsto
esplicitamente dall’art. 182ter, l. fall. nell’ambito del
concordato preventivo (e degli a.r.d.) con transazione
fiscale, infine, interseca, sotto plurimi profili, il versante
delle deroghe all’ordine legale delle cause legittime di
prelazione.
PATTI A., La prededuzione dei crediti funzionali, in Fall., 2011,
p. 1340; STANGHELLINI L., Finanziamenti-ponte e finanziamenti
alla ristrutturazione, cit., p. 1352 ss.; COPPOLA A., sub art. 111,
l. fall., cit., p. 782.
132
Ai sensi dell’art. 2778 c.c., infatti, il credito dello Stato per
l’imposta sul valore aggiunto è collocato al
diciannovesimo grado della graduatoria, con la
conseguenza che esso dovrebbe essere soddisfatto dopo
tutti i privilegi di grado anteriore, tra i quali, per esempio,
quelli dei lavoratori e dei professionisti.
Sicchè la previsione dell’obbligo del pagamento integrale
di detto credito, anche nel mutato contesto normativo
che ora ammette – sia pur con i modi, le forme e i
presupposti di cui all’art. 160, l. fall. - la falcidiazione di
tutti gli altri crediti privilegiati, finisce per legittimare, di
fatto, la posposizione di qualsivoglia altro credito
privilegiato pur di grado poziore, nella misura in cui il
piano concordatario ne preveda la falcidiazione per
incapienza dei privilegi, rispetto all’imposta sul valore
aggiunto che, sicuramente, quanto meno in caso di
concordato preventivo con transazione fiscale, deve
essere pagata integralmente.
Anche nelle due sentenze della Suprema Corte che si
sono occupate del problema, infatti, è stato chiarito che
l’obbligo di pagamento integrale dell’IVA, opererebbe
comunque in deroga alla regola generale secondo cui tutti
i crediti privilegiati di grado anteriore devono essere
egualmente soddisfatti integralmente133 a pena,
In tal senso, Cass. civ., nn. 22931/11 e 22932/11, cit., che in
motivazione hanno affermato “In proposito, ed in ciò deve correggersi
la motivazione dell'impugnata decisione, deve escludersi che la necessità
dell'integrale pagamento dell'IVA comporti quella dell'integrale pagamento
di tutti i crediti privilegiati con grado anteriore in ossequio al principio
secondo cui "il trattamento stabilito per ciascuna classe non può
avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di
prelazione" (L. Fall., art. 160, comma 2, u.p.).
Prescindendo dalla considerazione che dando decisiva rilevanza a tale
disposizione la questione non si porrebbe nel concordato senza classi in
quanto la falcidia dei crediti privilegiati non comporta necessariamente la
suddivisione dei creditori in classi se per la parte in chirografo il
trattamento è identico per tutti ed uguale a quello dei crediti
originariamente chirografari per il solo fatto che vi sono crediti da pagarsi
integralmente (perché in prededuzione o privilegiati capienti), ciò che rileva è
l'erroneo richiamo alla disciplina della graduazione dei crediti. La
disposizione che sostanzialmente esclude il credito IVA da quelli che
possono formare oggetto di transazione, quanto meno in ordine
all'ammontare del pagamento, è una disposizione eccezionale che, come si è
osservato, attribuisce al credito in questione un trattamento peculiare e
inderogabile. La norma invocata dalla Corte d'appello (art. 160 comma 2)
attiene, per contro unicamente al trattamento aggiuntivo rispetto a quello
imposto ex lege (ancorato al valore dei beni oggetto della garanzia) che viene
deciso discrezionalmente dal debitore ma che trova appunto un limite nel
rispetto del grado di rilevanza attribuito dal legislatore ai diversi crediti in
ragione del valore sociale della loro causa. Il vincolo per contro non astringe
il legislatore che può, come nella fattispecie e per cause discrezionalmente
individuate, attribuire un trattamento particolare a determinati crediti come
avviene per la prededuzione, senza che ciò incida automaticamente sul
trattamento degli altri.
Diversamente opinando, tra l'altro, si dovrebbe attribuire al legislatore se
non l'intento quantomeno l'accettazione del rischio di rendere in molti casi
sostanzialmente inattuabile il percorso concordatario in quanto, tenuto
conto del basso grado di privilegio dell'IVA, la necessità di proporne
l'integrale pagamento comporterebbe l'analoga necessità per tutti i crediti
privilegiati, anche non tributari, rendendo oltretutto priva di contenuto la
stessa transazione fiscale”. Con riferimento all’intangibilità
dell’IVA, nel senso dell’inapplicabilità del principio dell’obbligo
di pagamento dei crediti con privilegio di grado poziore, già il
Trib. Roma, 16 dicembre 2009, in www.ilcaso.it.
133
36
evidentemente, della sostanziale inaccessibilità e
inattuabilità della procedura concordataria134.
In altri termini, l’obbligo di pagare integralmente il
credito per IVA, stante la natura eccezionale dell’art.
182ter, non determinerebbe eguale dovere nei confronti
dei creditori muniti di privilegio di grado poziore che,
appunto, potrebbero continuare ad essere falcidiati
nonostante l’imposta sul valore aggiunto venga ad essere
integralmente assolta.
Nondimeno, se tale deroga, in caso di concordato
preventivo con transazione fiscale, trova giustificazione –
come correttamente evidenziato in alcuni passaggi della
più recente giurisprudenza - nello scambio
dell’assoggettamento ai limiti di transigibilità (dettati in
relazione a IVA e ritenute) con il “vantaggio”
rappresentato dal c.d. consolidamento dei debiti, diverse
conclusioni si impongono, invece, circa l’estensione di
detti limiti di transigibilità anche al concordato
preventivo (e negli a.r.d.) senza transazione fiscale;
laddove, infatti, ragioni di ordine letterale, logico,
sistematico e di bilanciamento dei superiori principi della
nostra Carta costituzionale, ci portano a non condividere
l’orientamento seguito dalla Suprema Corte.
Secondo quest’ultima, come visto, l’applicabilità del
divieto di falcidiazione dell’IVA al concordato preventivo
tout court deriverebbe proprio dalla natura di risorsa
comunitaria dell’imposta sul valore aggiunto e dalla
presunta natura sostanziale della norma che statuisce il
divieto.
Se, tuttavia, la volontà del legislatore fosse stata nel senso
di rendere l’IVA non falcidiabile anche nel concordato
preventivo senza transazione fiscale, è ragionevole
ritenere che siffatta deroga sarebbe stata inserita
quantomeno nelle norme che disciplinano il concordato
in generale e, in particolare, tra quelle che ne dettano le
condizioni di ammissibilità (tale, di fatto, diverrebbe
questa norma ove si riconoscesse al divieto di falcidia
dell’IVA e delle ritenute portata estesa a qualsiasi ipotesi
concordataria), invece che nella specifica sede destinata al
concordato preventivo e agli a.r.d. con transazione fiscale
(art. 182 ter, l. fall.).
Tanto più che il riferimento all’IVA e alle ritenute
operate ma non pagate è, addirittura, successivo
all’introduzione dell’art. 182ter, l. fall. che, infatti, è stato
introdotto nel 2006 e, solo successivamente, modificato
in punto con le riforme del 2008 e del 2010.
Tale circostanza conferma all’evidenza, una volta di più,
la volontà del legislatore di intervenire solo nell’ambito
del concordato con transazione fiscale.
Se detto divieto, inoltre, avesse natura sostanziale che
prescinde dalle modalità di svolgimento della procedura,
esso avrebbe dovuto applicarsi, quanto meno, anche al
concordato fallimentare (viste anche le forti e numerose
analogie che esso presenta con il concordato preventivo),
se non a ogni altra procedura concorsuale e al limite
Proprio sulla base di questa considerazione, il Trib. La
Spezia, 2 luglio 2009, cit., invece, dando per presupposto il
principio per cui l’obbligo del pagamento integrale dell’IVA nel
concordato con transazione fiscale imporrebbe, a sua volta,
l’obbligo del pagamento integrale dei crediti muniti di privilegio
di grado poziore, esclude l’obbligatorietà - ai fini della
falcidiazione dei crediti privilegiati del fisco - della
presentazione dell’istanza di transazione fiscale.
134
anche di esecuzione individuale (richiedendo, in tal caso,
una diretta modifica dell’art. 2778 c.c.).
Sicché l’interpretazione adottata dalla Suprema Corte
renderebbe la norma stessa quantomeno in apparente
contrasto con il generale principio di uguaglianza e
ragionevolezza, alterando l’ordine legale delle cause di
prelazione, nella parte in cui estende il divieto di falcidiare
l’IVA (e le ritenute) al concordato (e agli a.r.d.) senza
transazione fiscale, sulla base della presunta natura
sostanziale di esso, per poi escluderne l’applicazione alle
altre procedure concorsuali.
L’anteposizione del credito IVA (a oggi collocato,
dall’art. 2778 c.c., al diciannovesimo posto della
graduatoria dei privilegi) rispetto a crediti di rango
superiore, tra i quali, per esempio, lo stesso credito dei
lavoratori, si infrangerebbe, a tacer d’altro, anche con le
norme della Costituzione (artt. 1, 2, 3, 35 e 36, Cost.) che
riconoscono a questi ultimi una rilevanza sovraordinata
imponendone, quindi, una tutela rafforzata: e ciò, per
giunta, senza alcuna giustificazione adeguata, anche solo
sul piano della mera opportunità, atteso che il divieto di
falcidiazione dell’IVA, concorrendo a diminuire la posta
destinata ai chirografi, si risolverebbe per i creditori
votanti in un incentivo a votare contro l’approvazione del
concordato, in evidente distonia con la generale ratio di
tutte le riforme introdotte dal legislatore a partire dal
2005, intese al potenziamento delle forme alternative di
risoluzione della crisi di impresa.
La falcidiazione dei crediti tributari e previdenziali –
quale possibilità ora autorizzata anche dalla più generale
norma introdotta nel concordato preventivo, all’art. 160,
comma 2, l. fall. - non necessita in alcun modo, pertanto,
di un’applicazione estensiva né tanto meno analogica
dell’art. 182ter.
Il diritto di falcidiare anche i crediti tributari e
previdenziali appare, piuttosto, il corollario di una
doverosa interpretazione conforme a Costituzione: a
fronte del generale principio di falcidiabilità dei crediti
privilegiati in caso di incapienza dei beni colpiti da
prelazione, ora codificato anche per il concordato
preventivo senza transazione fiscale.
L’esclusione della falcidia dei crediti del fisco nell’ambito
delle stesse procedure minori, solo perché avviate senza
transazione fiscale, infatti, costituirebbe una sorta di
“deroga alla deroga”, difficilmente giustificabile alla luce
del principio di ragionevolezza, proporzionalità e
uguaglianza ex art. 3 Cost. - soprattutto ove si consideri il
ben più elevato grado di privilegio dei crediti, come
quello dei lavoratori, per esempio, pur assoggettati
all’applicazione del nuovo art. 160, comma 2, l. fall.
In conclusione, lo stesso percorso argomentativo seguito
dalla Suprema Corte - nella parte in cui pretende di
desumere un principio di intangibilità dell’imposta di
valore aggiunto, da applicare a qualsiasi concordato
preventivo o a.r.d. (anche senza transazione fiscale),
argomentando da una norma dettata espressamente e
specificamente nell’ambito dell’istituto della transazione
fiscale - appare contraddittorio al punto tale da
evidenziarne la forzatura.
Ciò, non tanto per le conseguenze che il Supremo
collegio pretende di inferire da una norma che lo stesso
assume di natura sostanziale ma pur sempre
37
eccezionale135; quanto, invece, per quello che, effettivamente, emerge dal raffronto con ciò che la stessa Corte
ha affermato in una sentenza di poco anteriore136 in cui si
è occupata del problema se, nella vigenza del diritto
intermedio (dopo le riforma del 2005 e del 2006 e prima
del correttivo del 2007), fosse possibile soddisfare in
percentuale i creditori privilegiati, tra cui i crediti tributari
e contributivi ai quali, nella fattispecie concreta, era stata
offerta la percentuale del 25%.
Con riferimento a tale fattispecie, infatti, il giudice della
nomofilachia diede responso negativo a motivo che,
all’epoca, non vi era alcuna norma che consentisse nel
concordato preventivo di soddisfare in modo non
integrale i creditori privilegiati.
Dopo aver escluso l’applicabilità al concordato
preventivo dell’art. 124 (che, già dal 2006, prevedeva
espressamente, nel concordato fallimentare, la possibilità
del pagamento parziale dei privilegiati, purchè in misura
non inferiore al valore dei beni sui quali grava il
privilegio); e dopo aver rilevato l’assenza (illo tempore) di
una norma del tenore pari a quello del nuovo art. 160,
comma 2, attualmente vigente, infatti, la Suprema Corte
giungeva ad escludere anche l’applicabilità nell’art. 182
ter, argomentando che “tale disposizione non attiene
direttamente alla disciplina del concordato preventivo ma, essendo
necessariamente a questo (o agli accordi di ristrutturazione dei
debiti) connesso l’accordo col fisco, inevitabilmente presuppone la
possibilità che nel concordato sia possibile il pagamento in
percentuale dei crediti privilegiati (...)”, di modo che “sarebbe
ben arduo considerare come consono ad un apprezzabile tecnica
legislativa affidare una così rilevante modifica dell’istituto del
concordato preventivo (ossia la possibilità di soddisfare i creditori
preferenziali non integralmente), la cui disciplina tace sulla sorte dei
crediti privilegiati, ad un richiamo desumibile indirettamente da
una norma assolutamente specifica e settoriale quale è quella in
esame”137.
Appare, allora, a maggior ragione incomprensibile come
la stessa Corte (con lo stesso estensore, peraltro) abbia,
invece, potuto inferire, con le sentenze 22931 e 22932 del
2011, cit., una così rilevante modifica del concordato
preventivo, al punto da incidere in modo decisivo sui
requisiti di ammissibilità e sulla concreta accessibilità
dello
stesso
istituto,
attraverso
un’estensione
generalizzata del principio di intangibilità dell’IVA anche
al concordato preventivo senza transazione fiscale.
Stupisce, ancor più, come la Corte abbia potuto fare ciò,
argomentando proprio da quella stessa norma (art. 182ter)
che, appunto in una sentenza di qualche mese prima, lo
stesso giudice non ha esitato a definire assolutamente
specifica e settoriale, seppure al fine di escludere che da
essa soltanto potesse ricavarsi un generale principio di
falcidiabilità dei privilegi quand’anche incapienti.
Infine, sebbene la Suprema Corte non appaia aver
esplicitamente sviluppato tale ragionamento, va
evidenziato che dando per presupposta la natura
comunitaria della risorsa dell’IVA, ci si potrebbe chiedere
se le conclusioni della Suprema Corte possano trovare
sostegno nel principio di prevalenza del diritto
comunitario su quello interno, da cui inferire la legittimità
Così, invece, BOZZA G., Crediti privilegiati e transazione fiscale.
Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo, cit., p. 392.
136 Il riferimento è alla già citata sentenza n. 6901/2010, cit.,
della Suprema Corte.
137 Cfr. Cass. civ., sez. I, 22 marzo 2010, n. 6901, cit.
135
di una scelta del legislatore nel senso di dare prevalenza
alla tutela del credito IVA rispetto a ogni altro pur avente
rilievo costituzionale.
Come noto, invero, il diritto comunitario è fonte del
diritto interno avente rango sovraordinato rispetto alla
stessa legge, in forza degli artt. 10 (e, soprattutto) 11
Cost.
Tale conclusione, con riguardo ai rapporti tra fonti
comunitarie e legge ordinaria, è oramai pacifica anche alla
luce dell’art. 117 Cost., come riformato dalla l. Cost., 18
ottobre 2001, n. 3, che ha espressamente riconosciuto
l’obbligo del legislatore, statale come regionale, di
rispettare i vincoli derivanti dall’ordinamento
Comunitario e dagli obblighi internazionali.
Ora, già prima della predetta riforma, secondo
l’orientamento
oramai
costante
della
nostra
giurisprudenza costituzionale, il sindacato del giudice
delle leggi doveva ritenersi esteso anche alle norme
comunitarie (recte: la legge interna di esecuzione o
comunque di adeguamento) in relazione ad eventuali
violazioni dei principi fondamentali dell'ordinamento
costituzionale e ai diritti inalienabili della persona
umana138 (la così detta teoria dei “contro-limiti”).
Non è mancato persino chi ritiene che la funzione del
nuovo art. 117 Cost., tra le altre, sia proprio quella di
estendere il principio - già affermato dalla Consulta con
riferimento
alle
altre
norme
internazionali
convenzionali139 – dell’estensione del sindacato della
Corte Costituzionale sulle norme comunitarie, non solo
sul rispetto dei principi strutturali della Costituzione, ma
di tutte le norme conferenti della Costituzione140.
In ogni caso, l’anteposizione del credito IVA,
quantomeno con riferimento ai crediti dei lavoratori
subordinati (ma – si deve ritenere - anche dei lavoratori
autonomi, compresi i professionisti), appare infrangersi
proprio con il rilievo strutturale e fondamentale che la
Costituzione assegna al lavoro quale diritto e garanzia: si
quest’ultimo, infatti, l’art. 1, Cost., proclama esser fondata
la Repubblica democratica italiana.
Sicchè, a maggior ragione, le conclusioni della Suprema
Corte sul trattamento dell’IVA nel concordato preventivo
non sembrano poter essere condivise, nemmeno laddove
si voglia far discendere l’anteposizione dell’IVA rispetto
ai crediti dei lavoratori e dei professionisti, dalla natura di
risorsa comunitaria riconosciuta alla prima e dalla
prevalenza che il diritto comunitario assume nei rapporti
con il diritto interno degli stati membri.
Del resto, anche a voler ritenere che questi poc’anzi
ricordati siano presupposti idonei a sorreggere le
conclusioni cui è giunta la Suprema Corte, mette conto
evidenziare che l’avere circoscritto la previsione
dell’obbligo del pagamento integrale dell’IVA all’ambito
del concordato preventivo (sia pur anche senza
Cfr, per tutte, C. Cost., 16 marzo 1990, n. 132, in Giur.
cost., 1990, p. 746; C. Cos., 8 giugno 1984, n. 170, in Giur.
cost., 1984, I,1098
139 C. Cost., 24 ottobre 2007, nn. 348 e 349, in
140 Cfr., sia pur dubitativamente, TESAURO G., Diritto
dell’Unione Europea, VI ed., Padova, 2010, p. 223. Anche se la
Corte Costituzionale ha ribadito che la prevalenza delle norme
del diritto comunitario trova limite solo nei principi
fondamentali e nei diritti inalienabili della persona umana, cfr.,
C. Cost., 24 giugno 2010, n. 227, in Riv. dir. internaz., 2010, 3, p.
900
138
38
transazione fiscale) e agli a.r.d., con esclusione quindi del
concordato fallimentare e del fallimento, da un lato,
appare scelta certamente incoerente rispetto alla presunta
necessità di garantire il rispetto degli obblighi comunitari
e, dall’altro, mal si concilia con il principio di
ragionevolezza e di uguaglianza nel suo nucleo forte, di
cui all’art. 3 Cost.
1)
2)
3)
4)
5)
6)
7)
8)
9)
10)
11)
12)
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21) CAIAFA A., Nuovo diritto delle procedure concorsuali: dalla legge
22)
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39
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111) VALENSISE P., sub art. 182quater, in NIGRO A. –
SANDULLI M. – SANTORO V. (a cura di), La Legge
fallimentare dopo la riforma, Torino, 2010, pp. 2238, 2339,
2340, 2343;
112) VASELLI M., I debiti della massa nel procedimento di fallimento,
Padova, 1951, pp. 4, 18 e ss., 38, 48, 60;
113) VETTORI G., Il contratto nella crisi d’impresa, in Obbligazioni
e Contratti, 2009, p. 489;
114) VITALE A., I debiti della massa nel fallimento, Milano, 1975,
p. 15 e s., 88 e ss.,
115) VITIELLO M., Il nuovo concordato preventivo, disciplina e primi
problemi applicativi, in AMBROSINI S. (a cura di), La riforma
della legge fallimentare, Bologna, 2006, p. 312;
116) ZANICHELLI V., La nuova disciplina del fallimento e delle
altre procedure concorsuali dopo il d. lgs. 12 settembre 2007, n. 169,
Torino, 2008, p. 321
117) ZANICHELLI V., I concordati giudiziali, Torino, 2010, p.
192;
118) ZANICHELLI V., La nuova disciplina del fallimento e delle
altre procedure concorsuali dopo il d.lg. 12.9.2007, n. 169,
Torino, 2008, pp. 130, 268, 273, 450;
SANTANGELI F. (a cura di), Il nuovo fallimento –
commentario, Milano, 2006, pp. 536 e ss.;
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