CREDITI PREDEDUCIBILI E DEROGHE ALL’ORDINE LEGALE DELLE CAUSE LEGITTIME DI PRELAZIONE TRA QUESTIONI INTERPRETATIVE E DUBBI DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE (Avv. Luigi D’Agosto e Avv. Sonia Criscuolo) SOMMARIO:1. Introduzione. 2. Crediti prededucibili nella legge fallimentare riformata. 3. Il nuovo art. 111, comma 2, l.f.: I crediti prededucibili qualificati da specifiche disposizioni di legge. 3.1. Segue: Alcune brevi considerazioni sulla prededucibilità dei crediti da finanziamenti.4. Il nuovo art. 111, l. fall.: i crediti sorti in occasione o in funzione di procedure concorsuali. 5.Il trattamento e la collocazione dei crediti dei professionisti incaricati di attività funzionali all’accesso alle procedure minori. 6. Il trattamento dei crediti prededucibili nelle procedure minori come deroga alla regola dell’ordine delle cause legittime di prelazione. 7. La prededucibilità dei crediti negli accordi di ristrutturazione dei debiti, in particolare. 8. Il trattamento dell’IVA nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione. 9. Conclusioni. 1.Introduzione La disciplina della legge fallimentare è stata oggetto di numerosi interventi1, susseguitisi a partire dal 2005 in poi, con frequenza almeno annuale. Una delle linee direttive sulle quali è apparso muoversi il legislatore riformista, fin da subito, è la conclamata volontà di agevolare il ricorso a soluzioni concordate delle crisi d’impresa – e tra esse, in particolare, quelle orientate nel segno della continuità aziendale2. Ciò in Tutta la disciplina delle procedure concorsuali è stata oggetto di un vero e proprio restyling a mezzo di numerosi interventi legislativi. In particolare, alla riforma organica del d.lgs. 09 gennaio 2006, n. 5 in Gazz. Uff. 16/01/2006, n.12, sono seguiti vari correttivi e miniriforme quali, in particolare, il d.lgs. 12 settembre 2007, in Gazz. Uff. n. 241 del 16 ottobre 2007, il d.lg. 29 novembre 2008 n. 185, Gazz. Uff., 29 novembre, n. 280, Suppl. ord., n. 263, convertito, con modificazioni, in legge 28 gennaio 2009, n. 2, in Gazz. Uff., 28 gennaio 2009, n.22, la l. 18 giugno 2009, n. 69, in Gazz. Uff., 19 giugno, n. 140, Suppl. ord. n. 95, il d.l., 31 maggio 2010, n. 78 , in Gazz. Uff., 31 maggio 2010, n. 125, Suppl. ord. n. 114, convertito, con modificazioni, in l. 30 luglio 2010, n. 122, in Gazz. Uff., 30 luglio, n. 176, Suppl. ordinario n. 174), il d.l. 6 luglio 2011, n. 98, in Gazz. Uff., 06/07/2011 , n.155. conv. con modificazioni in l. 15 luglio 2011, n. 111, in Gazz. Uff., 16 luglio, n. 164, il d.l. 22 giugno 2012, n. 83, in Gazz. Uff ., 26 giugno 2012, n. 147, Suppl. ord. n. 129, conv. con modificazioni in l. 7 agosto 2012, n. 134, in Gazz. Uff., 11 agosto 2012, n.187, il d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, in Gazz. Uff., 19 ottobre 2012, n. 245, suppl. ord. 194, conv., con modificazioni in l. 17 dicembre 2012, n. 121, in Gazz. Uff., 18 dicembre 2012, n. 294, suppl. ord. n. 208 e, da ultimo, il d.l., 21 giugno 2013, n. 69, in Gazz. Uff., 21 giugno 2013, n. 144, Suppl. ord., n. 50. È, peraltro, evidente come il legislatore abbia fatto frequente ricorso alla decretazione d’urgenza rispetto alla quale, in verità, i non infrequenti né brevi rinvii all’entrata in vigore delle nuove norme inserite, sono parsi a dir poco in contraddizione con i necessari presupposti richiesti dall’art. 77, comma 2, Cost. Così, per esempio, l’art. 33 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, le cui modifiche, si applicano a partire dall’11 settembre 2012; rinvio che, tuttavia, secondo FABIANI M., Riflessioni precoci sull'evoluzione della disciplina della regolazione concordata della crisi d'impresa, in Il Caso.it, II, 303/2012, p. 26, costituisce un vero e proprio “miracolo” per scongiurare il pandemonio del diritto transitorio, altrimenti inevitabile, data l’importanza delle modifiche apportate in sede di conversione. 2 Così, con più specifico riferimento al concordato preventivo, FABIANI M., Riflessioni precoci sull'evoluzione della disciplina della regolazione concordata della crisi d'impresa, cit., p. 1, che definisce tale 1 quanto in un’economia fortemente depressa come quella contemporanea, dove il preoccupante aumento della disoccupazione è il problema al centro di ogni programma politico, la continuità delle aziende rappresenta un valore fondamentale che deve essere necessariamente salvaguardato. 1) Da un punto di vista generale, in verità, molto numerose, per varietà e per quantità, sono le iniziative di incentivazione delle soluzioni concordate che, a oggi, a quasi un decennio dalla prima riforma organica delle procedure concorsuali, hanno solcato l’impianto, oramai vetusto, della legge fallimentare italiana. Si possono ricordare, tra le principali, e senza pretesa di esaustività: le novità introdotte nell’art. 67, l. fall., in tema di revocatoria fallimentare e relative esenzioni con anche la disciplina dei piani di risanamento attestati; la stessa introduzione degli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182bis, l. fall.; la modifica dell’art. 160, l. fall., con l’eliminazione del requisito della meritevolezza in senso ampio quale presupposto di ammissibilità alla procedura del concordato preventivo; l’introduzione, nell’ambito di tale procedura concorsuale minore, delle classi e della possibilità di falcidiare anche i crediti privilegiati, nonchè l’abolizione dei limiti percentuali nella formazione delle maggioranze di voto; e, ancora, l’introduzione, con l’art. 182ter, l. fall., del concordato preventivo e degli a.r.d. con transazione fiscale. Altresì, la riforma dell’art. 161, l. fall. che ora al comma 6 (da ultimo modificato anche con il d.l. 69/2013, cit.) conosce anche l’istituto della domanda di concordato prenotativa o “in bianco”, ovvero con riserva di deposito della proposta, del piano e degli altri documenti necessari entro un termine da fissarsi dal giudice (che può arrivare fino a 180 giorni, persino prorogabili), in cui particolarmente allettante appare la previsione della fungibilità, o meglio dell’intercambiabilità, tra piano concordatario e accordo di ristrutturazione. 2) Dalle ultime riforme, in particolare, emerge con chiarezza che le principali linee guida attraverso cui il legislatore ha perseguito l’incentivazione delle procedure di composizione negoziale della crisi, invero, sono sostanzialmente l’estensione, rispettivamente, dei benefici dell’esenzione da responsabilità penali, delle esenzioni da revocatoria, della protezione delle obbligazioni assunte in funzione o per l’esecuzione del piano di risanamento e, volontà del legislatore il vero e proprio leit-motiv delle riforme susseguitesi sulla legge fallimentare. 1 non ultima, della protezione del debitore da azioni cautelari ed esecutive3. 3) La stessa modifica dell’art. 111, l. fall., che, nella versione attualmente vigente, fornisce la nozione di crediti prededucibili - pur con tutte le correlate questioni interpretative che la sua formulazione, a dir poco, elastica reca con sé - appare informata anche all’esigenza di incentivare il ricorso alle procedure minori di composizione negoziale della crisi alternative al fallimento. 4) Con l’introduzione dei nuovi artt. 182quater(nel 2010) e 182quinquies, l. fall. (nel 2012), inoltre, il legislatore è intervenuto in tema di (crediti per) finanziamenti sempre nell’ambito del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione. Nell’originaria formulazione introdotta con la novella del 2010, in particolare, parevano doversi ritenere esclusi, dalle predette disposizioni, i finanziamenti-ponte dei soci e tutti i finanziamenti, in funzione e in esecuzione, da parte di terzi diversi da banche e intermediari. Con le modifiche apportate all’art. 182quater e con l’introduzione dell’art. 182quinquies, tuttavia, il legislatore ha significativamente innalzato ed esteso la soglia di tutela dei creditori finanziatori anche sotto il profilo soggettivo, riconoscendo la prededucibilità di tutti i crediti per finanziamenti funzionali alle predette procedure (nel senso più ampio del termine, comprensivo, quindi, dei finanziamenti-ponte, di quelli in esecuzione e di quelli contratti ed erogati nel corso delle stesse), in qualunque forma e da chiunque erogati, anche da soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti, e persino dai soci (sia pur nella minor ragione percentuale, pari all’ottanta percento), o comunque da coloro che ne acquistino la qualità per effetto del finanziamento dagli stessi concesso. Si è così portato a compimento, almeno su questo versante, il processo di un’auspicabile equiparazione tra crediti da finanziamenti funzionali (nel senso più lato sopra accennato), rispettivamente, al concordato preventivo e agli accordi di ristrutturazione. In ragione di ciò, le novelle del 2010 e del 2012, così come la riforma del 2005 (che ha previsto, all’art. 67, comma 3, lett. g., l. fall., l’esenzione da revocatoria per i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili contratti per prestazioni funzionali all’accesso di procedure concorsuali) e la riforma del 2006 (che ha introdotto, all’art. 111, l. fall., la molto dibattuta definizione di crediti 3Per un’analisi generale delle procedure di soluzione concordata della crisi, e delle tecniche di incentivazione attraverso i benefici dell’esenzione da responsabilità penali, esenzione da revocatoria, protezione delle obbligazioni assunte in funzione o per l’esecuzione del piano di risanamento e protezione del debitore da azioni cautelari ed esecutive, si veda BONFATTI S., Le misure di incentivazione delle procedure di composizione negoziale delle crisi d’impresa. Gli “accordi di ristrutturazione”, in Il Caso.it, II, 251/2011, pp. 3 e ss., il quale (a pagina 5), da un’analisi trasversale del modo di atteggiarsi di questi benefici nelle tre procedure concordate, per eccellenza, disciplinati nella legge fallimentare (piani attestati ex art. 67, a.r.d. ex art. 182ter, e concordato preventivo ex art. 160), afferma che “le eccezioni al diritto comune delle obbligazioni che possono essere consentite per favorire il superamento di una situazione di crisi da parte di uno degli obbligati sono tanto maggiori quanto più penetrante è il controllo che l’autorità giudiziaria può esercitare sulla effettiva sussistenza dei presupposti che le giustificano”. prededucibili), si collocano nell’ambito delle sopra ricordate categorie di incentivi volte alla protezione delle obbligazioni assunte in funzione o per l’esecuzione dei piani concordati di risanamento. Le riforme dell’ultimo triennio, inoltre, hanno anche esteso la protezione del debitore (recte: del suo patrimonio) da iniziative in grado di influire negativamente sulla realizzazione ed esecuzione dei piani concordatari o degli a.r.d.; si tratta, come visto, di un’altra categoria di misure molto importanti nel senso dell’incentivazione di siffatte procedure. I nuovi commi 6 e ss, dell’art. 182bis, l. fall. (aggiunti dalla novella del 2010 e modificati con la riforma del 2012), infatti, prevedono, con particolare riferimento agli a.r.d., la possibilità di anticipare il blocco di azioni esecutive o cautelari (da parte dei creditori) sul patrimonio dell’imprenditore in crisi, attraverso la presentazione (da parte di quest’ultimo) di un’istanza di sospensione che produce effetto dalla pubblicazione della stessa, senza dover attendere la formalizzazione e l’omologazione dell’accordo. Probabilmente, il ruolo ancillare della finanza esterna nelle procedure di soluzione concordata delle crisi giustificava un intervento specifico, qual è quello approntato con l’introduzione degli artt. 182quater e 182quinquies, cit., inteso a incentivare l’ingresso di liquidità attraverso l’elevazione del grado di protezione delle obbligazioni a tal fine contratte dall’imprenditore. Gli interventi in commento, nondimeno, tra modifiche e ripensamenti (si consideri, da ultimo, soltanto l’abrogazione dell’art. 182quater, comma 4, l. fall., che disciplinava la prededuzione dei professionisti chiamati ad attestare la fattibilità, rispettivamente, del piano concordatario o dell’accordo di ristrutturazione da omologare), si inseriscono in una trama che lo stesso stratificarsi della produzione normativa rende vieppiù fitta e che, d’altro canto, appare ulteriormente complicata dalle molteplici questioni interpretative che la dottrina più autorevole non ha mancato di portare alla luce già all’indomani dell’epocale ingresso nella legge fallimentare, con la riforma del 2006, della definizione di “crediti prededucibili”. Il problema di fondo è che questa serie di riforme in pillole ha finito per alimentare, invece che chiarire, i già problematici nodi interpretativi che l’art. 111, l. fall. aveva posto con riferimento a quella particolare categoria di crediti ivi definiti “prededucibili” per essere “sorti in occasione o in funzione di procedure concorsuali”. Sicché rimangono aperte, ancor oggi, questioni di impatto rilevante sulla stessa appetibilità e fruibilità delle procedure di composizione negoziale della crisi. Vi è incertezza, infatti, sul trattamento dei crediti sorti nell’ambito delle due procedure minori, pur dichiarati prededucibili ai sensi dell’art. 111, l fall. Ciò vale, in particolare, per gli stessi finanziatori di cui agli artt. 182quater e 182quinquies, l. fall., posto che il richiamo all’art. 111, l. fall., norma specificamente dettata per il riparto in sede fallimentare, rende abbastanza incontrovertibile la collocazione degli stessi in prededuzione nell’eventuale e successivo fallimento in cui le procedure minori dovessero sfociare in caso di insuccesso; ma quid iuris sulla loro collocazione nell’ambito della procedura minore in cui sono sorti ? Devono ritenersi prededucibili anche in quella sede o è 2 ammissibile una discriminazione nel trattamento degli stessi creditori, a seconda che la procedura minore abbia buon fine o che, per contro, sfoci nella dichiarazione di fallimento ? I medesimi interrogativi si pongono, per vero, anche con riferimento al trattamento dei crediti dei professionisti che assistono il debitore nella predisposizione e nella presentazione della domanda (di concordato o di omologazione dell’a.r.d.), della documentazione necessaria e delle relazioni di cui all’art. 160, 161 e 182bis, l. fall. I dubbi su questo versante, anzi, sono stati ulteriormente alimentati dal riconoscimento, all’art. 182quater, comma 4, l. fall. (anche se successivamente abrogato con l’intervento del 2012), della prededucibilità del solo credito del professionista incaricato dell’attestazione, rispettivamente, ex art. 161, comma 3, l. fall., ed ex art. 182bis, l. fall., condizionata all’espressa previsione in tal senso nel provvedimento del giudice di ammissione del c.p. ovvero di omologazione dell’a.r.d. Quid iuris, quindi, per gli altri professionisti ? Può ammettersi nei loro confronti un trattamento discriminato, in ragione del principio ubi lex voluit dixit, ubi noluit non dixit ? O si deve risolvere la questione attraverso la norma generale di cui all’art. 111, comma 2, l. fall. ? La sottesa questione del rapporto tra gli art. 182quater e 111, comma 2, l. fall., si complica ulteriormente in ragione del riconoscimento, contenuto in quest’ultima, della prededucibilità dei crediti sorti “in occasione” o “in funzione” di procedure concorsuali. Tale definizione, infatti, è sufficientemente ampia e precisa per poter essere applicata anche ai crediti professionali per prestazioni funzionali all’accesso dell’imprenditore al concordato preventivo. Ma quid iuris per i crediti professionali per prestazioni parimenti funzionali agli a.r.d. ? L’annoso dibattito sulla natura dell’accordo di ristrutturazione, ritenuto da autorevole dottrina quale istituto contrattuale non riconducibile al genus delle procedure concorsuali, infatti, porrebbe seri dubbi sull’applicabilità, a questa fattispecie, dell’art. 111, comma 2, l. fall. Vi sarebbe, dunque, il serio rischio, per questa via, che per risolvere il problema di un irragionevole affievolimento di tutela dei crediti professionali per prestazioni funzionali all’accesso dell’imprenditore alle procedure minori di composizione negoziale della crisi, si finisca nell’impasse di dover ammettere una discriminazione ancor più irrazionale ai danni dei creditori per prestazioni funzionali all’accesso all’a.r.d. 5) Anche all’introduzione del concordato preventivo e degli a.r.d. con transazione fiscale, istituti inseriti con la riforma del 2006 all’art. 182ter, l. fall. e ritoccati sempre con la novella del 2010, come noto, si erano accompagnate importanti misure di facilitazione verso composizioni negoziali delle situazioni di crisi. Si è introdotta, in particolare, la possibilità per il debitore (attraverso il nuovo istituto della transazione fiscale) di consolidare la propria esposizione verso il fisco e gli enti previdenziali nonchè di falcidiare i crediti contributivi e tributari (con l’eccezione dei tributi costituenti risorse comunitarie, dell’imposta sul valore aggiunto e delle ritenute operate ma non versate) aprendo, in questo modo, anche una vistosa breccia nell’ordine legale delle cause di prelazione. L’art. 182ter, cit., infatti, consente al debitore, non solo di falcidiare i crediti tributari e contributivi pur muniti di privilegio, ma persino di riservare agli stessi un trattamento deteriore rispetto agli altri crediti muniti di privilegio di eguale grado, trovando unico limite nell’obbligo di assicurare loro un trattamento non inferiore – per percentuale, tempi di pagamento ed eventuali garanzie – a quello offerto ai creditori con grado di privilegio inferiore o posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli del fisco e degli altri enti previdenziali. Con specifico riferimento al concordato preventivo, inoltre, la modifica dell’art. 160, comma 2, l. fall., introdotta con il correttivo del 2007, ha generalizzato la facoltà di falcidiare i crediti privilegiati così come quelli assistiti da pegno e ipoteca, purché, si legge, “il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, terzo comma, lettera d)”. La nuova norma ribadisce anche il principio per cui il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione. Non appare, tuttavia, ragionevolmente revocabile in dubbio che, attraverso il concordato preventivo (o l’a.r.d.) con transazione fiscale, l’imprenditore in crisi, ancor oggi, pur dopo la modifica dell’art. 160, comma 2, ultima parte, l. fall. (e in deroga allo stesso), possa continuare a riservare al fisco e agli enti previdenziali un trattamento deteriore rispetto agli altri creditori muniti di eguale privilegio, sempre nei limiti di cui all’art. 182ter, cit., stante il carattere speciale ed eccezionale dello stesso. Si discute, invece, se l’art. 160, comma 2, cit., che ora, come detto, consente la falcidiazione di tutti i crediti assistiti da pegno, ipoteca e qualsivoglia altro privilegio (quando i beni, sui quali dette cause di prelazione insistono, risultino incapienti), sia applicabile anche ai crediti tributari e contributivi pur quando il debitore che propone il concordato o l’a.r.d. decida di non avvalersi della transazione fiscale. Si discute, in altri termini, se l’imprenditore che presenta domanda di concordato preventivo o di omologazione di a.r.d., pur senza transazione fiscale, possa egualmente falcidiare i crediti del fisco e degli altri enti previdenziali, già solo in ragione dell’art. 160, comma 2, l. fall.; e, nell’affermativa, se il debitore possa, egualmente, derogare all’ordine legale delle cause prelazione e al principio di cui all’art, 160, comma 2, ultima parte, riservando ai crediti tributari e contributivi un trattamento comunque deteriore rispetto ai privilegi di pari grado, pur nel rispetto del principio di cui all’art. 182ter, comma 1, cit., appunto anche senza avvalersi dell’istituto della transazione fiscale. Si discute, altresì, se anche il principio di intangibilità dell’imposta sul valore aggiunto, sancito dall’art. 182ter, comma 1, per il concordato preventivo (e l’a.r.d.) con transazione fiscale, si applichi solo nell’ambito di tale specifico istituto o se, per contro, esso debba trovare generale estensione a ogni proposta concordataria (o di a.r.d.) 3 Dal punto di vista dogmatico, sullo sfondo di questi interrogativi, rimane l’amletica questione circa la natura e la portata dell’art. 182ter, comma 1, cit., e del rapporto tra questo e le norme generali sulle condizioni e i requisiti di accesso alla procedura concordataria. Ebbene, molte delle questioni su accennate hanno trovato, in tempi relativamente recenti, risposta in alcuni interventi chiarificatori della Suprema Corte, puntuali e ineccepibili in alcuni casi, meno comprensibili se non sorprendenti in altri. In ogni caso, il vivace dibattito sui problemi interpretativi, suscitati dalle tematiche sopra ricordate, continua a protrarsi e ad alimentarsi di opinioni diverse ma egualmente autorevoli. Pur consapevoli dei limiti imposti dall’economia di questo lavoro, pertanto, scopo del presente contributo è quello di ripercorrere i principali interrogativi e le risposte della giurisprudenza, anche di legittimità, nonché della dottrina più autorevole, onde verificarne la coerenza con la ratio delle riforme tanto discusse e la compatibilità con i principi della nostra carta costituzionale. 2. I Crediti prededucibili nella legge fallimentare riformata. La funzione del riparto in sede fallimentare è, come ben noto, l’essenza stessa dell’esecuzione concorsuale e consiste, in sostanza, nella distribuzione a favore dei creditori di quanto realizzato dalla liquidazione dei beni, dall’incasso dei crediti e dalla sopravvenienza di attività4. Sicchè il conflitto tra creditori, conseguente alla condizione di insufficienza dell’attivo fallimentare (connaturata alla procedura di cui, anzi, a ben vedere, né costituisce il presupposto), trova soluzione nell’art. 111, r.d. 16 marzo 1942, n. 2675, che pone le tre macro categorie dei crediti, rispettivamente, prededucibili, privilegiati e chirografari, secondo una gerarchia inscritta in uno schema ulteriore a latere degli artt. 2777 e ss. c.c. La graduazione del passivo fallimentare, naturalmente, non si esaurisce nella predetta articolazione, nel senso che, come noto, anche all’interno di ciascuna delle summenzionate categorie si assiste a una necessaria gerarchizzazione dei crediti. Così all’interno di quelli privilegiati, ove si dovrà distinguere secondo l’ordine e il grado di privilegio, e così anche all’interno di quelli prededucibili6, ove pure la precedenza deve senz’altro essere assegnata a quelli muniti di privilegio, secondo il relativo ordine e grado, come del resto appare confermato dal nuovo art. 111bis, ultimo comma, l. fall., cit., introdotto dall’art. 100 del D. Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e in vigore dal 16 luglio 2006. cfr., LO MUNDO E., sub art. 111 l.f. (aggiornato da DE MATTEIS S.), in (diretto da) LO CASCIO G., Codice Commentato del Fallimento. Disciplina UE e transforntaliera disciplina tributaria, Milano, 2013, p. 1421. 5 Cfr., R.d. 16 marzo 1942, in Gazz. Uff., Suppl. ord., 6 aprile, n. 81. 6 Anche con riferimento alla categoria dei creditori chirografari, vi può essere l’eventualità in cui alcuni tra essi vengano posposti al pagamento di altri, come accade, per esempio, per quelli originariamente privilegiati ma degradati per incapienza del bene o della massa loro destinati, ad esempio ex art. 2776 c.c. 4 L’art. 111bis, u.c., cit., infatti, letteralmente dispone “Se l’attivo è insufficiente, la distribuzione deve avvenire secondo i criteri della graduazione e della proporzionalità, conformemente all’ordine assegnato dalla legge”. La stessa disposizione, in particolare, al comma 3, come modificato dal correttivo di cui al d. lgs 169/2007, chiarisce che “I crediti prededucibili vanno soddisfatti per il capitale, le spese e gli interessi con il ricavato della liquidazione del patrimonio mobiliare e immobiliare, tenuto conto delle rispettive cause di prelazione, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti”. Da ciò è agevole inferire la centralità, nell’ambito del riparto, della disciplina dello stesso iter procedimentale che conduce all’esecutorietà del progetto di riparto, nonché dei rimedi di impugnazione a favore di coloro che da esso ritengano derivi una lesione dei propri diritti, tanto più considerati gli effetti preclusivi che ne possono conseguire7. La disciplina del riparto è stata, quindi, uno dei punti nevralgici delle riforme introdotte dal legislatore ispirate, da un lato, a esigenze di snellimento e celerità dello svolgimento della procedura fallimentare (le quali hanno portato a un arretramento del potere di controllo del giudice delegato sul progetto di riparto, e a un aumento dell’autonomia attribuita al curatore); e, dall’altro, anche dalla necessità di porre fine ad annose querelle nella stessa individuazione dei crediti prededucibili; esigenza cui, all’evidenza, il legislatore ha tentato di dare risposta attraverso l’elaborazione della definizione normativa di “crediti prededucibili” di cui all’art. 111, l.f., cit.8 Cfr. LO MUNDO E., sub art. 111, l.f., cit., p. 1422, che parla di doppia efficacia preclusiva con riferimento al disposto dell’art. 112, l.f., per i creditori insinuati tardivamente - i quali, appunto, partecipano solamente ai riparti posteriori alla loro ammissione in proporzione del rispettivo credito, salvo il diritto di prelevare le quote che sarebbero loro spettate anche nei precedenti riparti, se e nei limiti in cui assistiti da cause di prelazione o se il ritardo è dipeso da cause ad essi non imputabili; e al disposto di cui all’art. 114, comma 1, l.f., a tenor del quale “i pagamenti effettuati in esecuzione dei piani di riparto non possono essere ripetuti, salvo il caso dell’accoglimento di domande di revocazione”. 8 Con riferimento alle innovazioni introdotte con la riforma di cui al d. lgs. 5/2006, cit. e al d. lgs. 169/2007, cit., si rinvia, per una disamina articolata della nuova disciplina degli artt. 110, 111, e 111 bis, l.f., a RUGGERO A., Commento sub artt. 110, 111, 111bis, in Il nuovo diritto fallimentare – commentario, (diretto da) JORIO A. e (Coordinato da) FABIANI M., Bologna, 2007, pp. 1818 ss.; MIELE C., Commento sub artt. 110, 111, in La Legge fallimentare – commentario teorico-pratico, a cura di FERRO M., Padova, 2007, pp. 866 e ss.; LIMITONE G., Commento sub art. 111 bis, in La Legge Fallimentare – Commentario teorico pratico, a cura di FERRO M., cit., p. 879; BONFATTI S., La ripartizione dell’attivo, in BONFATTI S. – CENSONI P.F., Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2007, pp. 343 e ss.; ZOPPELLARI M., Commento sub artt. 110, 111, 111bis, in Il nuovo fallimento – commentario, a cura di SANTANGELI F., Milano, 2006, pp. 536 e ss.; SILVESTRINI A., Commento sub artt. 110 e 111, in La Riforma della legge fallimentare, a cura di NIGRO A. – SANDULLI M., Torino, 2006, p. 669; PACCHI S., Commento sub art. 111bis, in La riforma della legge fallimentare, a cura di NIGRO A. – SANDULLI M., cit., pp. 682 ss.; GUGLIELMUCCI L., Diritto 7 4 Nella sua formulazione ante riforma, invero, l’art. 111, l.f. non conteneva una definizione espressa di “crediti prededucibili”, giacché detta disposizione - che ai numeri 2 e 3 del comma 1, disciplinava, rispettivamente, i crediti privilegiati e i crediti chirografari - al numero 1, invece, si limitava a precisare che le somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo dovevano essere erogate per il pagamento (prima di tutto il resto) “delle spese, comprese le spese anticipate dall'erario, e dei debiti contratti per l'amministrazione del fallimento e per la continuazione dell'esercizio dell'impresa, se questo è stato autorizzato”. Sicchè, in dottrina si è a lungo dibattuto sull’individuazione dei crediti prededucibili9 spendendo fiumi d’inchiostro alla ricerca di un criterio utilizzabile a tal fine. Inizialmente i criteri prevalentemente adottati erano quello temporale e quello della riferibilità del debito ad organi del fallimento. Venivano, a tale stregua, ritenuti prededucibili i crediti sorti dopo l’apertura della procedura fallimentare, per effetto di obbligazioni assunte dai suoi organi. Si parlava, a tale proposito, di “debiti di massa” e, in quanto finalizzati alla gestione della procedura, venivano considerati debiti del fallimento10, come tali distinti da quelli del fallito11. Successivamente, tuttavia, prevalse l’orientamento secondo cui, a prescindere dalla derivazione genetica dagli organi fallimentari, il credito poteva considerarsi prededucibile se ricollegabile alla procedura concorsuale e, direttamente o indirettamente, ai suoi organi12. Anche la giurisprudenza, infatti, finì con il riconoscere il carattere della prededucibilità dei crediti sorti dopo la procedura concorsuale minore che fosse sfociata nel fallimento, allorquando le passività fossero state contratte nell’interesse della massa dei creditori - salvo poi Erano, ad esempio, considerati prededucibili, le spese di giustizia, i compensi per il curatore e per i professionisti che assistevano la procedura, le spese, comprese le imposte, derivanti da liquidazione dei beni ovvero gli oneri necessari per la conservazione e l’incremento delle attività acquisite all’attivo fallimentare o quelli per l’esercizio provvisorio dell’impresa. 11 In realtà la definizione “debiti della massa” venne poi aspramente criticata da autorevole dottrina, siccome ritenuta non appropriata e tecnicamente inesatta a motivo che essi sono e rimangono debiti del fallito, non potendosi ritenere la procedura un soggetto autonomo. Cfr., BONSIGNORI A., La liquidazione dell’attivo, cit., p. 226; CENSONI P. F., L’amministrazione straordinaria delle imprese armatoriali e i «debiti della massa», in Giurisprudenza commerciale, 1983, fascicolo 2/I, p. 185; RAGUSA MAGGIORE G., voce “Passivo (accertamento)”, in Enc. Dir., XXXII, Milano, 1982, pp. 183 e s. In tal senso, anche la Suprema Corte, con un orientamento in auge già dagli anni settanta, aveva avuto modo di chiarire che “La categoria dei debiti di massa - che anche se assunti dopo la dichiarazione di fallimento devono pur sempre considerarsi debiti del fallito al quale il curatore è subentrato nell'amministrazione” (cfr., per tutte, Cass. Civ., sez. I, 10 novembre 1997, n. 11044, in Giust. civ. Mass., 1997, 2119; e in Fallimento, 1998, 1133; Cass. civ., sez. lav. 12 novembre 1994, n. 9526, in Giust. civ. Mass. 1994, fasc. 11; Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 1979, n. 353, in Giur. Comm., 1980, II, 186). Cfr., ancora, RAGUSA MAGGIORE G., voce “Fallimento. (liquidazione e ripartizione dell’attivo)”, in Enc. Treccani, XIII, Roma, 1989, p. 17, per il quale di prededuzione vera e propria può parlarsi solo ex artt. 34, 73, 109, comma 2, e 110, l.f., nella versione ante riforma. 12 Cfr., APICE U., Prededucibilità dei crediti sorti in pendenza di amministrazione controllata nel fallimento consecutivo, in il Fall., 1986, p. 650; LO CASCIO G., il fallimento e le altre procedure concorsuali, Milano 1998, p. 723; cfr., LO MUNDO E., sub art. 111 l.f. (aggiornato da DE MATTEIS S.), in (diretto da) LO CASCIO G., Codice Commentato del Fallimento, cit, p. 1425, il quale ricorda che, in generale, si era ritenuto che i crediti assunti da un’impresa in amministrazione controllata, pur non qualificabili come crediti assunti dagli organi di procedura, non potevano essere considerati alla stessa stregua di crediti assunti da un’impresa in bonis, sia perché l’attività di vigilanza degli organi di procedura rendeva loro riferibili i debiti contratti dall’impresa sia perché le nuove obbligazioni trovavano giustificazione nella natura gestoria – risanatoria dell’amministrazione controllata, finalizzata alla tutela del ceto creditorio. Tale interpretazione, in particolare, trovava argomento testuale nell’art. 168, l.f., che enunciando il divieto, in pendenza di amministrazione controllata, di azioni esecutive individuali per i crediti sorti anteriormente all’apertura della procedura, fornisca punto argomentazione a contrario nel senso che quelli sorti posteriormente fossero da ritenere prededucibili. 10 fallimentare. La nuova disciplina delle procedure concorsuali giudiziali, Torino, 2006, pp. 243 ss.; FERRI C., La ripartizione dell’attivo nel fallimento, in Riv. dir. proc., 2006, pp. 1281 ss.; BOZZA G., La tutela dei diritti nella ripartizione dell’attivo, in (a cura di) FABIANI M. – PATTI A., La tutela dei diritti nella riforma fallimentare, Scritti in onore di Giovanni Lo Cascio, Milano, 2006, pp. 197 e ss. Tra le novità apportate alla disciplina del riparto, oltre a quelle sulla definizione dei crediti privilegiati, merita sommariamente ricordare la modifica dell’art. 110, comma 1, l.f., aumentando l’intervallo nella frequenza dei riparti parziali, portata invero a quattro mesi; il nuovo regime delle impugnazioni di cui all’art. 110, commi 2 e 4, l.f.; la modifica delle modalità di accertamento e di pagamento dei crediti prededucibili, di cui al nuovo art. 111bis, l.f.; la maggior specificazione della definizione di massa immobiliare di cui all’art. 111ter l.f.; la disciplina del trattamento delle spese e degli interessi per alcune categorie di creditori privilegiati di cui all’art. 111quater l.f. Il d. lgs. 169/2007, cit., invece, al di là di modifiche terminologiche (sostituzione dell’espressione di “debiti prededucibili” con “crediti prededucibili”, ha comunque apportato modifiche di minore incisività quali, ad esempio, l’abrogazione dell’art. 111 bis, comma 2, l. fall., la sostituzione del criterio di proporzionalità con il criterio delle cause di prelazione per il pagamento dei creditori prededucibili in caso di insufficienza dell’attivo; estensione della necessità della preventiva autorizzazione del comitato dei creditori e del giudice delegato per qualsiasi pagamento, qualunque sia l’importo, espungendo l’inciso che consentiva al Curatore di prescinderne per quelli fino a euro venticinquemila. 9 Cfr., BONSIGNORI A., Della liquidazione dell’attivo, in Commentario Scialoja e Branca, La Legge Fallimentare, Bologna – Roma, 1976, p. 223; COPPOLA A., sub art. 111, l. fall., in MAFFEI ALBERTI A., Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2009, pp. 666 e ss.; ID, sub art. 111, l. fall., in MAFFEI ALBERTI A., Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2013, pp. 773 e ss. L’individuazione era ritenuta rilevante sia ai fini dell’ordine di distribuzione, sia sotto il profilo sostanziale della loro estinzione nell’ambito del procedimento fallimentare, atteso che, ove non soddisfatti, si riteneva non potessero essere fatti valere contro il debitore tornato in bonis. Cfr., anche CAVALAGLIO A., I crediti prededucibili nelle procedure concorsuali (Parte prima: la disciplina previgente), in Il diritto fallimentare, 2010, I, p. 467, secondo cui, poiché non si tratta di crediti concorrenti, i crediti prededucibili, ove non risultino estinti o completamente estinti durante la procedura, devono essere soddisfatti prima dei creditori privilegiati e chirografari in occasione del riparto finale, ultimo momento utile in quanto precede immediatamente la chiusura del fallimento, utilizzando anche gli accantonamenti doverosamente effettuati in occasione dei precedenti riparti parziali. 5 discutersi su quali dovessero essere le caratteristiche della passività contratta nel corso della procedura minore al fine di essere qualificata punto “utile” alla massa dei creditori. Sicchè, a differenza di quanto pacificamente ritenuto per l’amministrazione controllata13, per il concordato preventivo, invece, i debiti contratti nel corso di detta procedura non vennero per lungo tempo considerati prededucibili nella successiva procedura concorsuale, appunto a motivo della ritenuta finalità liquidatoria e non conservativa del concordato preventivo14. 3. Il nuovo art. 111, comma 2, l.f.: I crediti prededucibili qualificati da specifiche disposizioni di legge. Il nuovo art. 111, l.f. ha segnato, quindi, un superamento di alcuni dei pregressi ambiti di incertezza. cfr., per tutte, Cass. civ., SS. UU., 14 ottobre 1977, n. 4370; Cass. civ. 17 giugno 1995, n. 6852, in Giust. civ. mass., 1995., f. 6, e in Fall., 1996, 46, e in Giur. it. 1996, I,1, 358, e in Nuova giur. civ. commentata, 1996, I, 649, con nota di ZACCARIA G.; Cass. civ. 28 luglio 1999, n. 8164, in Fall., 2000, 8, p. 860, con nota di LAMANNA F., e in Giust. civ. Mass., 1999, 1735, e in Dir. e prat. soc., 1999, 23, 70). La Corte Costituzionale ha, peraltro, ritenuto “manifestamente infondata l'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 111 n. 1 r.d. 16 marzo 1942 n. 267 (l. fall.), sollevata in riferimento agli art. 3, 24 e 25 cost., nella parte in cui, secondo l'interpretazione giurisprudenziale prevalente, prevede che il pagamento dei crediti insorti durante l'amministrazione controllata deve avvenire in prededuzione nel successivo fallimento”, evidenziando, in sede motiva, che non vi è alcun trattamento lesivo dei creditori, ancorchè prelatizi, “antecedenti” l’apertura dell’amministrazione controllata, individuando nella prededuzione accordata ai creditori “susseguenti” un mezzo idoneo a riequilibrare il maggior rischio contrattuale cui questi erano esposti e ad incentivare il credito nell’interesse del buon esito della procedura e quindi nell’interesse di tutti i creditori. Cfr., C. Cost., 27 gennaio 1995, n. 32, in Giur. it., 1995, I, 241, e in Fall., 1995, 346, e in Giur. cost. 1995, 348, e in Dir. fall., 1995, II, 317, con nota di RAGUSA MAGGIORE G.. 14 cfr., peraltro, Cass. civ., 16.6.1994, n. 582, in Fall., 1995, 1, 51, nota di PATTI A., la quale, addirittura aveva escluso, non solo dalla prededuzione, bensì dal privilegio, anche le spese del difensore incaricato dal fallito, dopo la dichiarazione di fallimento, di impugnare la sentenza di fallimento conseguente al giudizio di non omologazione, quando l’incarico vien conferito dopo la dichiarazione del fallimento e senza autorizzazione del G.D.: “Gli oneri e le spese dovuti al difensore per l'opera prestata nel giudizio di impugnazione della sentenza dichiarativa di fallimento conseguente alla non omologazione del concordato preventivo non debbono essere pagati in prededuzione nè in via privilegiata, quando il difensore stesso sia stato officiato dopo la dichiarazione di fallimento e senza l'autorizzazione del giudice delegato. Infatti il pagamento in prededuzione, derogando alla "par condicio creditorum", non può essere effettuato per le obbligazioni assunte dall'imprenditore, o in suo favore, dopo l'ammissione alla procedura di concordato preventivo e dopo il fallimento. Non sono invero riferibili alla "massa" le obbligazioni contratte dopo il fallimento senza l'autorizzazione del giudice delegato. Nè le spese in questione possono costituire passività del patrimonio dell'imprenditore insinuabili al passivo con il competente privilegio, perché trattasi di debiti sorti dopo la dichiarazione di fallimento”. Cfr., tuttavia, Cass. civ., 3 ottobre 1983, n. 5753, in Giust. civ. Mass. 1983, fasc. 9, e in Fall., 1984, 691, secondo cui a detta regola della non prededucibilità dei debiti contratti in corso di procedura, tuttavia, farebbe eccezione per le spese dell’ufficio, ossia quelle del Commissario Giudiziale e del liquidatore; 13 La riforma del 2006, infatti, ha esplicitamente introdotto al n. 1, del comma 1, dell’art. 111, l.f., il riferimento ai “crediti prededucibili” specificando, al comma 2, che sono considerati tali quelli15 così qualificati da una specifica disposizione di legge – che, appunto, solitamente li definisce quali “crediti regolati dall’art. 111 l. fall.” - “e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali”16. I)Tra i crediti prededucibili in quanto qualificati tali da specifiche disposizioni di legge merita ricordare, anzitutto, nel caso di fallimento del conduttore, il credito del locatore dell’immobile ad un equo indennizzo per anticipato recesso del curatore ai sensi dell’art. 80, l. fall.17; il credito di cui all’art. 103 l.f. all’integrale pagamento del valore della cosa a favore del soggetto terzo che avrebbe avuto titolo alla restituzione, quando la cosa, già in possesso del fallito sino all’apposizione dei sigilli, sia stata successivamente dispersa; e, ancora, il credito all’equo indennizzo per lo scioglimento del contratto di affitto di azienda, ex art. 79, l.fall. Merita anche ricordare che, in materia di amministrazione straordinaria, sotto la vigenza della l. 3 aprile 1979, n. 95, la qualificazione dei debiti sorti anteriormente all’inizio della procedura quali debiti della massa da soddisfare in prededuzione era prevista dall’art. 4, d. l. 31 luglio 1981, n. 414, convertito con modificazioni in l. 2 ottobre 1981, n. 544, per l’anzianità dovuta ai dipendenti dell’impresa; dall’art. 1, d. lg. n. 28 aprile 1982, n. 185, convertito in l. 25 giugno 1982, n. 381, per i debiti derivanti dal rapporto di lavoro subordinato o nei confronti di soggetti stranieri le cui azioni cautelari o esecutive avessero ostacolato la continuazione dell’esercizio dell’impresa armatoriale; e, ancora, dall’art. 3, comma 3, lett. e), l. 11 ottobre 1983, n. 546, per debiti contratti per l’acquisto di bietole. Con riferimento alla nuova procedura di amministrazione straordinaria, l’art. 52, d. lgs. 8 luglio 1999, n. 270, prevede che i crediti sorti per la continuazione dell’esercizio dell’impresa e la gestione del patrimonio del debitore durante l’amministrazione straordinaria siano soddisfatti in prededuzione anche nel fallimento successivo18. II) Il d.l. 78/2010, cit., convertito in legge con modificazioni dalla l. 122/2010, cit., inoltre, ha inserito, 15L’art. 111, comma 2, l.f., come sostituito dall’art. 99 del D. Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, in vigore dal 16 luglio 2006, parlava di “debiti prededucibili” – anche se è chiaro che il riferimento è alle poste passive del fallimento – poi, opportunamente, sostituito dalla locuzione “crediti prededucibili”, a mezzo del correttivo (art. 8 del D. Lgs. 12 settembre 2007, n. 169). 16 Nell’ambito della liquidazione coatta amministrativa, la prededuzione è regolata dall’art. 212, l. fall., il quale dispone che le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo siano distribuite secondo l’ordine stabilito dall’art. 111, l. fall. 17 Vi era, altresì, il credito all’equo indennizzo nel caso di recesso dal contratto di affitto d’azienda, qualunque sia la parte fallita, di cui all’art. 80 bis l. fall., epperò abrogato dall’art. 4, comma 13, d. lgs. 169/07, cit. a decorrere dall’1 gennaio 2008. 18 Cfr., ZANICHELLI V., La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali dopo il d. lgs. 12 settembre 2007, n. 169, Torino, 2008, p. 321, secondo il quale la prededucibilità si estende anche alle spese contratte in occasione della procedura disciplinata dal d. l. n. 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, in legge 18 febbraio 2004, n. 39, c.d. “decreto Marzano”. 6 tra gli altri, l’art. 182quater, che ha introdotto nuove categorie di crediti prededucibili, quali: - i crediti per i finanziamenti erogati da banche o intermediari finanziari in esecuzione di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (art. 182quater, comma 1, l.f., nella versione introdotta dall’art. 48, comma 1, d.l. 78/2010, cit.); - i crediti derivanti da finanziamenti effettuati, sempre dai soggetti predetti, in funzione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o dell’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, quando tali finanziamenti siano previsti dal piano di cui all’art. 160, l.f. o dall’accordo di ristrutturazione (i c.d. finanziamenti-ponte), purchè la prededuzione sia espressamente disposta dal tribunale nel provvedimento con cui accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero omologa l’accordo (art. 182quater, comma 2, l.f., nella versione ex d. l. 78/2010, cit.)19; - i crediti per i finanziamenti effettuati dai soci, sempre ovviamente in esecuzione di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione, nella misura dell’80% (art. 182quater, comma 3, l.f., nella versione ex d. l. 78/2010, cit.)20; - i crediti per compensi del professionista incaricato di attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano di concordato preventivo o l’attuabilità dell’accordo di ristrutturazione dei debiti21, purchè la prededuzione sia espressamente disposta dal Tribunale che accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo o omologa l’accordo (art. 182quater, comma 4, l.f., nella versione ex d. l. 78/2010, cit.)22. Come giustamente messo in evidenza da LO MUNDO E., op. cit., p. 1428, e da FABIANI M., L’ennesima riforma della legge fallimentare. L’ulteriore upgrade degli accordi di ristrutturazione e l’incentivo ai finanziamenti nelle soluzioni concordate, in Fall., 2010, p. 895, è chiaro che la ratio di tal previsione è quella di agevolare l’accesso dell’impresa in crisi all’apporto di nuove risorse finanziarie, spesso imprescindibili in un processo di ristrutturazione delle passività delle passività; accesso, evidentemente, difficilmente ottenibile ove il credito dei finanziatori, nella possibile ipotesi di conseguente fallimento, fosse collocato in una posizione deteriore. 20 Si tratta, evidentemente, di una modifica, circoscritta allo specifico caso dei finanziamenti erogati dai soci in esecuzione di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione, e alla limitata misura dell’80%. È, quindi, una deroga speciale alla regola generale della postergazione prevista dall’art. 2467 e 2497-quinquies c.c. e che, dunque, anche secondo LO MUNDO E., op. cit., p. 1429, dovrebbe continuare a operare per il restante 20%. In tal senso, anche NARDECCHIA, sub art. 182quater, l.f., in (a cura di) LO CASCIO G.¸ Codice Commentato del Fallimento, cit, p. 2205;ID, Gli effetti del concordato preventivo sui creditori, Milano, 2011, p. 272;AMBROSINI S., Profili civili e penali delle soluzioni negoziate nella l. 122/2010, in fall., 2011, p. 647; FABIANI M., L’ennesima riforma, cit., p. 906; MORELLINI L., L’art. 182quater, L. Fall: novità e criticità, in Fall., 2011, p. 902; STANGHELLINI L., Finanziamenti-ponte e finanziamenti alla ristrutturazione, in Fall., 2010, p. 1364; 21 Non era prevista, invece, la prededucibilità del compenso spettante al professionista che attesta la ragionevolezza del piano di risanamento di cui all’art. 67, comma 3, lett. d, l. fall. 22 Parte della dottrina ha evidenziato, fin dall’introduzione di tale norma, che, in realtà si tratterebbe di controllo di legittimità 19 III)Il quadro così risultante dei casi di prededucibilità previsti da specifiche disposizioni di legge, però, è stato ulteriormente aggiornato dal d.l. 83/2012, cit., convertito con modificazioni, dalla l. 134/2012, il quale, come noto: 1) all’art. 33, comma 1, lett. b, n. 4, d.l. 83/12, cit., ha modificato il comma 7 dell’art. 161, l.f., prevedendo che i crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore durante il concordato preventivo sono prededucibili ai sensi dell’art. 111, l.f. Si tratta, all’evidenza, di un credito che diventa prededucibile quando l’atto compiuto dopo il deposito del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo23 sia di ordinaria amministrazione ovvero, ove di straordinaria amministrazione, sia stato posto in essere previa autorizzazione del Tribunale ex art. 161, comma 7, l.f., e artt. 167 e 168, l.f.24; 2) Il predetto intervento normativo ha, inoltre, modificato in più punti l’art. 182quater, l.f., e segnatamente: - ha modificato l’art. 182quater, comma 1, cit., a mezzo dell’art. 33, comma 1, lett. e-bis), n. 1, d.l. 83/2010, cit., estendendo la prededucibilità ai finanziamenti in esecuzione di un concordato preventivo ovvero di un accordo di ristrutturazione per debiti omologato ai sensi dell’art. 182bis, in qualunque forma e da chiunque erogati25; - ha sostituito l’art. 182quater, comma 2, cit., a mezzo dell’art. 33, comma 1, lett. e-bis), cit., n. 2, prevedendo analoga estensione per i finanziamenti da chiunque erogati, sempre in qualunque forma, in funzione della presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo o della domanda di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti; ferma la condizione che detti finanziamenti siano previsti dal piano di cui all’art. 160, l.f. o dall’accordo di ristrutturazione e purchè la prededuzione sia espressamente disposta dal tribunale nel provvedimento con cui accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero omologa l’accordo; - ha sostituito l’art. 182quater, comma 3, cit., a mezzo dell’art. 33, comma 1, lett. e-bis), cit., n. 3, prevedendo un’estensione della prededucibilità, in favore dei soci, non solo in relazione ai e non di merito, volto, cioè, ad accertare che l’attestazione del professionista sia stata effettivamente funzionale all’ammissione della procedura (cfr., FABIANI M., L’ennesima riforma della legge fallimentare, cit, p. 895). 23 La norma, facendo riferimento a crediti sorti in esecuzione di un concordato preventivo di cui agli artt. 160 e ss., è si applica a tutti i tipi di concordato, compreso il concordato per continuità aziendale di cui all’art. 186 bis l.f. (Cfr. NARDECCHIA, G.B., sub art. 182quater, l.f., in (a cura di) LO CASCIO G.¸ Codice Commentato del Fallimento, cit,, p. 2220). 24 Cfr., DIMUNDO F., sub art. 161, in (diretto da) LO CASCIO G., Codice Commentato del Fallimento, cit, p. 1907. 25 Sulle perplessità e sui dubbi di legittimità costituzionale che l’originaria formulazione, nel limitare la prededucibilità soltanto ai crediti per i finanziamenti effettuati da banche e intermediari, aveva suscitato, cfr. DIDONE A., Prededuzione dei crediti. La prededuzione dopo la L. n. 134 del 2012 (prededuzione ‘‘ai sensi’’ e prededuzione ‘‘ai sensi e per gli effetti’’?), in Fall., 2013, p. 913. 7 finanziamenti dagli stessi effettuati in esecuzione di concordato preventivo e di accordo di ristrutturazione, ma anche per quelli erogati in funzione della presentazione della relativa domanda, rispettivamente, di ammissione al c.p. e di omologazione dell’a.r.d. – per effetto del richiamo statuito nell’art. 182quater, comma 3, cit., non più solo ai finanziamenti di cui al primo comma, bensì anche a quelli di cui al secondo comma, pur quando effettuati da soci – sempre nei limiti dell’ottanta percento dell’intero credito e prevedendo, altresì, che tali disposizioni si applichino anche quando il finanziatore abbia acquisito la qualità di socio in esecuzione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti o del concordato preventivo; - ha abrogato l’art. 182quater, comma 4, l.f., a mezzo dell’art. 33, comma 1, lett. e-bis), cit., n. 4, eliminando, quindi, la norma che, con specifico riferimento ai crediti per i compensi del professionista incaricato di attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano di concordato preventivo o l’attuabilità dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, ne subordinava la prededucibilità all’espressa previsione in tal senso da disporsi nel decreto del giudice che accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo o che omologa l’accordo di ristrutturazione. 3) Ha introdotto, sempre a mezzo dell'art. 33, cit., l’art. 182quinquies, che: - ai commi 1 e ss., l.f., consente al debitore, sia pur dopo il deposito della domanda prenotativa di concordato preventivo (ovvero domanda di omologa o proposta di a.r.d., ai sensi dell’art. 182bis, commi 1 o 6, l. fall.), di contrarre finanziamenti prededucibili ai sensi dell’art. 111, l.f., c.d. “finanziamenti interinali”26, ma solo previa autorizzazione del Tribunale e previa verifica del complessivo fabbisogno finanziario dell’impresa sino all’omologazione, nonchè attestazione della relativa funzionalità al miglior soddisfacimento dei creditori, da parte di professionista designato dal debitore e in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, comma 3, lett. d), l.f.27; Tale definizione è usata da DIDONE A., Prededuzione dei crediti. La prededuzione dopo la L. n. 134 del 2012, cit., p. 915; definizione senz’altro preferibile a quella di “finanziamenti strumentali”, siccome generica e suscettiva di determinare confusione con gli altri finanziamenti funzionali, pur utilizzata da AMBROSINI S., I finanziamenti bancari alle imprese in crisi dopo la riforma del 2012, in Dir. Fall., 2012, I, 469 e ss. 27 Cfr., NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2209, che, a mente del combinato disposto degli artt. 182quater, l.f., e 182quinquies, l.f., distingue, opportunamente, nell’ambito dei crediti per finanziamenti prededucibili, tra quelli concessi per rendere possibile il deposito del ricorso ed eseguire, dopo l’omologa, il concordato; e quelli necessari per affrontare il lasso di tempo che va dal deposito della domanda all’omologazione, purchè funzionali alla miglior soddisfazione dei creditori. L’art. 182quinquies, cit., in particolare, si riferisce anche al concordato in bianco o prenotativo ex art. 161, comma 6, l.f., con riserva di depositare i documenti di cui all’art. 161, comma 2 e ss., l.f., nei termini assegnati dal giudice. Diversamente, infatti, il finanziamento non potrebbe che essere un finanziamento ponte in vista dell’ammissione e, allora, prededucibile nella misura in cui già previsto nel piano ed 26 - ai commi 4 e 5, ancora, prevede la possibilità per il debitore che presenti, rispettivamente, domanda, anche prenotativa, di concordato preventivo con continuità aziendale, ovvero domanda di omologazione o proposta di a.r.d. (ai sensi dell’art. 182bis, rispettivamente, commi 1 o 6, cit.), di chiedere al Tribunale autorizzazione a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, sempre alla condizione che un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), attesti che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori. Si prevede, altresì, che l'attestazione del professionista non è necessaria per pagamenti effettuati fino a concorrenza dell'ammontare di nuove risorse finanziarie che vengano apportate al debitore senza obbligo di restituzione o con obbligo di restituzione postergato alla soddisfazione dei creditori. Si prevede, infine, per i pagamenti di debiti anteriori per servizi e beni essenziali autorizzati dal Tribunale nell’ambito degli a.r.d., ai sensi dell’art. 182quinquies, comma 5, l’esenzione da revocatoria ex art. 67, l. fall. 3.1. Segue: Alcune brevi considerazioni sulla prededucibilità dei crediti da finanziamenti. I) crediti da finanziamenti in esecuzione Orbene, con precipuo riferimento alle novità introdotte dal vigente art. 182quater, l.f. e successive modifiche, si devono ritenere prededucibili, anzitutto, i crediti derivanti da finanziamenti finalizzati all’esecuzione del concordato o dell’a.r.d. Con riferimento a tale categoria28, numerose e interessanti sono le questioni affrontate dalla più espressamente dichiarato tale con il decreto di ammissione, ai sensi dell’art. 182quater, commi 2 e 3, l.f.; ovvero un finanziamento in vista dell’esecuzione da erogarsi dopo la omologazione del concordato, ai sensi dell’art. 182quater, cit., comma 1. Merita evidenziare, peraltro, la particolare debolezza della tutela dei finanziatori ex art. 182quater, commi 2 e 3, l. fall., per i finanziamenti-ponte, rispetto a quelli “interinali” di cui all’art. 182quinquies, in commento. Questi ultimi, infatti, vengono previamente autorizzati dal tribunale; sicchè il finanziatore avrebbe modo di assicurarsi preventivamente della pededucibilità del proprio credito, verificando l’esistenza dell’autorizzazione e dell’attestazione del professionista richieste dall’art. 182quinquies, comma 1, cit.; diversamente, per i finanziamenti-ponte, se questi vengono erogati prima del deposito della domanda, il debitore potrebbe solo assumere un impegno a prevedere la prededuzione del relativo credito restitutorio nel piano da presentare; impegno la cui violazione potrebbe comportare, al più, un mero obbligo risarcitorio. Cfr., NARDECCHIA, op. loc. ult. cit., che esclude, infatti, la possibilità di impugnare il decreto di ammissione al concordato ex art. 163, l.f., che non preveda la prededucibilità perché non richiesta dal debitore, sia con il reclamo sia con il ricorso per cassazione ex art. 111 cost. 28 Cfr., NARDECHIA G.B., op. cit., p. 2206, secondo il quale la prededucibilità opererebbe solo nell’ipotesi del successivo fallimento, atteso il riferimento testuale all’art. 111, l.f. che regola il riparto in sede fallimentare, laddove in sede concordataria dovrebbero valere le condizioni contrattualmente 8 autorevole dottrina all’indomani dall’introduzione della norma in questione. 1) Ci si è chiesto, anzitutto, se la prededucibilità sia limitata ai casi in cui il concordato sia stato già omologato o, per contro, si estenda anche ai finanziamenti erogati prima dell’omologa della proposta29. 2) Si discute, altresì, se la prededucibilità riconosciuta ai crediti da finanziamenti in esecuzione potesse precludere al finanziatore di opporre l’eccezione di insolvenza ex art. 1461 c.c., al fine di bloccare l’erogazione del finanziamento nel concordato preventivo approvato e/o omologato, nel caso in cui sorgano problematiche, pur indipendenti dalla volontà del debitore, tali da mettere in dubbio la fattibilità del piano30. pattuite tra le parti. In tal senso, l’autore sottolinea anche detti creditori non sono assoggettati agli effetti del concordato che, ai sensi dell’art. 184, l.f., si producono obbligatoriamente solo per i soli creditori anteriori alla pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese; e ciò a ulteriore conferma, ove ve ne fosse bisogno, che solo nella successiva sorte fallimentare vi era l’esigenza di regolamentare detti crediti, non invece in sede concordataria, ecco il perché del riferimento, nell’art. 182quater, comma 1, cit., all’art. 111, l.f. 29 Sul punto, a favore dell’estensibilità della prededuzione anche a crediti per finanziamenti erogati prima dell’omologa, cfr., FABIANI M., L’ennesima riforma della legge fallimentare, cit., p. 904; LO CASCIO G., Finanziamenti alle imprese in crisi: nuove garanzie alle banche, in Corr. Giur., 2010, p. 1270; contra, a favore della tesi limitativa, cfr., NARDECCHIA, G.B., sub art. 182quater, l.f., in (diretto da) LO CASCIO G., Codice Commentato del Fallimento, cit, p. 2203 e s., il quale evidenzia che condizione del riconoscimento del beneficio della prededuzione è l’emissione del decreto di omologazione ex art. 180 l.f. - sia pur senza la necessità del riconoscimento della prededuzione nel decreto di omologa; e, in questo senso, cfr., anche FERRO M. – FILOCAMO F.B., sub art. 182quater, in FERRO M. (a cura di), La Legge Fallimentare, Padova, 2011, p. 2194 - e adduce molteplici ragioni sostegno di tale lettura, tra le quali, in particolare, il fatto che, diversamente, la disposizione che si commenta si sovrapporrebbe all’art. 111, comma 2, l.f., che già prevede la prededucibilità dei crediti sorti in occasione e in funzione delle procedure concorsuali di cui alla legge fallimentare; nonché la diversità di presupposti dei crediti ante omologa e di quelli post omologa, giacchè i primi sono soggetti all’ulteriore presupposto dell’autorizzazione del giudice delegato. 30 Cfr., NARDECCHIA G.B., op. cit., pp. 2206 e s., che risolve la questione in senso positivo, affermando che la tutela mediante il riconoscimento della prededuzione non esclude il possibile inadempimento dell’obbligazione restitutoria, quanto meno nel concordato. Anche se, sul piano della fondatezza, ove si riconosca al Tribunale anche il potere di valutare la fattibilità del piano, non vi è dubbio che la definitività del decreto di omologa ex art. 180, l. fall. lascerebbe ben poche possibilità al contraente in bonis di sospendere l’adempimento della prestazione e salvo, evidentemente, il caso in cui lo stesso dimostri l’esistenza del pericolo attuale di perdere la controprestazione fondato su circostanze successive alla definitività del predetto decreto. In realtà, a essere controverso è lo stesso presupposto dell’inclusione, tra i poteri del Tribunale in sede di omologazione, della funzione di valutare anche la fattibilità del piano concordatario e, più in generale, il merito dello stesso. Così, con riferimento al concordato preventivo, a favore del riconoscimento di siffatta estensione del potere di controllo del Tribunale in sede di omologa, cfr. FERRO M., Il nuovo concordato preventivo, la privatizzazione delle procedure riorganizzative nelle prime esperienze, in Giur. Mer., 2006, pp. 664 e ss., e p. 690; CENSONI P. F., Il concordato preventivo, in BONFATTI S. – CENSONI F., La riforma della disciplina dell’azione revocatoria e del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, Padova, 2006, p. 246; VITIELLO M., Il nuovo concordato preventivo, disciplina e primi problemi applicativi, in AMBROSINI S., (a cura di), La riforma della legge fallimentare, Bologna, 2006, p. 312; MICCIO F., Appunti in tema di poteri del tribunale nelle fasi di ammissione e di omologazione del concordato preventivo, in DI MARZIO F., (a cura di), Il nuovo diritto delle crisi d’impresa e del fallimento, Torino, 2006, pp. 343 ss.; in giurisprudenza, nel senso del potere dovere del Tribunale di verificare l’effettiva fattibilità del piano, sempre e a prescindere dalla presenza di opposizioni all’omologazione, dovendosi ritenere privo di validità un accordo inattuabile in concreto, cfr. Trib. Pescara, 16 ottobre 2008, in Giur. mer. 2009, 1, p. 125; Trib. Piacenza, 1 luglio 2008, in Giur. mer. 2009, 1, p. 149; Trib. Roma, 224 aprile 2008, in Dir. fall. e delle soc. comm., 2008, II, p. 573; Trib. Palermo, 18 maggio 2007, in Fall., 2008, p. 75; nel senso che tale potere di valutazione della fattibilità rientrerebbe, comunque, in un controllo di legittimità e non nel controllo di merito, cfr. Trib. Prato, 5 dicembre 2005, in Fall. 2006, p. 945; Trib. Milano, 12 dicembre 2005, in Fall. 2006, p. 576; nel senso che il Tribunale, in sede di omologa, deve sempre compiere una nuova verifica dei requisiti di ammissibilità del concordato sia pur già sommariamente esaminati nel decreto di ammissione, cfr. Trib. Venezia, 30 ottobre 2008, in Fall. 2009, p. 742; Trib. Arezzo, 19 novembre 2008, in Fall., 2009, p. 742; contra, nel senso che in assenza di opposizioni, dei creditori dissenzienti o di altri interessati, che ineriscano il profilo della fattibilità del piano, il Tribunale, in sede di omologazione, debba ritenersi privato del potere di controllo sulla fattibilità del piano in omaggio alla potenziata natura negoziale e privatistica della procedura, in dottrina: cfr. BOZZA G., Il sindacato del tribunale sulla fattibilità del concordato preventivo, in Fall., 2011, p. 195; GUGLIELMUCCI L, Lezioni di diritto fallimentare, Torino, 2006, p. 107; JACHIA G., Rassegna di giurisprudenza sul concordato preventivo, in Fall. 2006, p. 837; in giurisprudenza: Trib. Modena, 21 novembre 2008, in Fall., 2009, p. 742; Trib. Milano, 28 marzo 2008, in www.ilcaso.it; nel senso, in particolare, che il Tribunale avrebbe solo un potere di indagine meramente ricognitiva della regolarità procedurale e del raggiungimento delle maggioranze dei crediti ammessi al voto, cfr., Trib. Milano, 29 dicembre 2005, in Fall., 2005, p. 575; Trib. Mantova, 15 dicembre 2005, in www.ilcaso.it; Trib. Milano, 8 novembre 2005, in Fall., 2006, p. 852: Trib. Como, 22 luglio 2005, in Fall., 2006, p. 287; in dottrina, per tale ultima affermazione, cfr., LO CASCIO G., Il nuovo concordato preventivo ed altri filoni giurisprudenziali, in il Fall., 2006, pp. 581 e ss.; D’AMBROSIO C. – DI CECCO G., sub artt. 180 e 181, in NIGRO A. – SANDULLI M. – SANTORO V., La legge fallimentare dopo la riforma, Torino, 2010, p. 2215; SCHIAVON G., La nuova disciplina del concordato preventivo in seguito al decreto legge n. 35 del 2005, in Dir. Fall. e delle soc. comm., 2005, I, p. 829. La Suprema Corte di Cassazione, invece, pare per lo più aver aderito, almeno in un primo tempo, alla tesi che esclude, dall’alveo dei poteri di controllo del Tribunale in sede di omologazione del concordato preventivo approvato dai creditori, il giudizio di fattibilità, salvo siano state proposte opposizioni con cui sia stato dedotto e sollevato questo specifico profilo (Cfr. Cass. civ., 25 ottobre 2010, n. 21860, in Fall., 2011, p. 167; Cass. civ., 23 giugno 2011, n. 13817, in Fall., 2011, p. 933; Cass. civ., 14 febbraio 2011, n. 3586, in Fall., 2011, p. 805; Cass. civ., sez. I, 16 settembre 2011, n. 18987, in Giust. civ. Mass., 2011, 9, 1306; contra, Cass. civ. 15 settembre 2011, n. 18864, in www.ilfallimentarista.it; più di recente, però, essa è giunta a distinguere tra fattibilità giuridica della proposta e sua idoneità a realizzare la causa in concreto della procedura di concordato, oggetto del controllo di legittimità del Tribunale in sede di omologa, e fattibilità del piano il cui sindacato di merito è riservato ai creditori (cfr., Cass. civ., SS. UU., 23 gennaio 2013, n. 1521, in Dir. & Giust., 24 gen. 2013; Cass. civ., sez. I, 23 9 maggio 2013, n. 13083, in Giust. civ. Mass., 2013; Red. Giust. civ. Mass. 2013, 1). La questione dell’ampiezza e dei limiti del sindacato del tribunale si è riproposta, naturalmente, anche con riferimento al giudizio di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti. Sul punto, cfr., FACEUGLIA G., sub art. 182bis, in LO CASCIO G.¸ Codice Commentato del Fallimento. Disciplina UE e transforntaliera disciplina tributaria, Milano, 2013, p. 2159 e s., secondo cui, ai fini dell’individuazione del contenuto di tale sindacato, occorrerebbe distinguere tra l’ipotesi in cui vi siano opposizioni e quello in cui non ve ne sia alcuna. Nel primo caso, il controllo del Tribunale dovrebbe ritenersi limitato al solo riscontro e verifica dell’avvenuta regolare approvazione della proposta con le maggioranze indicate dalla norma, nonché della sussistenza di idonea relazione del professionista incaricato corredata dai documenti di cui all’art. 161, l. fall. In tal senso, già prima delle modifiche apportate, v. anche PROTO C., Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Fall., 2006, p. 138; D’AMBROSIO C.C., Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in BONFATTI S. – FALCONE (a cura di), Le nuove procedure concorsuali per la prevenzione e la sistemazione della crisi d’impresa, Milano, 2006, p. 534; GUGLIELMUCCI L., La riforma in via d’urgenza della legge fallimentare, Torino, 2005, p. 132; DE CRESCIENZO U. – PANZANI L., Il nuovo diritto fallimentare. Dal maxiemendamento alla legge n. 80 del 2005, Milano, 2005, p. 74, secondo i quali, il Tribunale non dovrebbe entrare nel merito, ma limitarsi solo ai profili di legittimità (tra cui rientrerebbe anche il rilievo d’ufficio delle cause di nullità ex art. 1418 c.c.) delle pattuizioni raggiunte. In giurisprudenza, nel senso che, in assenza di opposizioni, il controllo del giudice in sede di omologa dell’a.r.d. deve essere limitato agli adempimenti di legge e a meri profili di legittimità, cfr. C. app. Roma, 1 giugno 2010, in Giur. It., 2010, con nota di FACEUGLIA G.; Trib. Milano, 18 luglio 2009, in Dir. fall. e delle soc. comm., 2011, II, p. 158; seppur detto controllo di legalità non dovrebbe essere inteso in senso meramente formale, cfr. Trib. Roma, 5 novembre 2009, in Banca borsa tit. cred., 2010, 6, II, 731, con nota di QUARTICELLI P.; in senso similare, Trib. Piacenza, 2 marzo 2011, in Red. Giuffrè, 2011; Cfr., altresì Trib. Roma, 20 maggio 2010, in Giur. Mer., 2011, 2, 412, con nota di D’ORAZIO L., secondo cui “in tema di accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l. fall., in assenza di opposizioni, al Tribunale spetta solo un giudizio di legalità sostanziale, nel senso che deve limitarsi a valutare che il giudizio dell'esperto sulla fattibilità dell'accordo sia completo, analitico, coerente e non contraddittorio, mentre il giudizio sul merito dell'accordo è di esclusiva competenza del professionista. In presenza di opposizioni, invece, l'indagine del Tribunale deve essere molto più approfondita dovendo indagare gli elementi posti a fondamento dei motivi di opposizione, che potranno concernere anche gli aspetti sostanziali attinenti alla fattibilità dell'accordo”; così, anche App. Roma, 1 giugno 2010, in www.ilcaso.it. Anche in dottrina, nel senso che, pur non attenendo al merito né alla convenienza del piano, il giudizio omologatorio inciderebbe sul controllo formale e sostanziale dei presupposti dell’accordo, cfr. VETTORI G., Il contratto nella crisi d’impresa, in Obbligazioni e Contratti, 2009, p. 489. Contra, nel senso che, invece, la valutazione dell’attuabilità del piano non può dipendere – e dunque essere lasciata al caso – dell’opposizione dei soggetti interessati, il cui termine per l’esercizio del relativo potere decorre dalla pubblicazione nel R.I., evento la cui conoscenza non è affatto agevole, v. PRESTI G., Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Banca Borsa Tit. cred., 2006, p. 36; AMBROSINI S., Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in COTTINO G. (diretto da), Trattato di diritto commerciale, XI, Padova, 2008, p. 179. V., anche Trib. Milano, 23 gennaio 2007, in Fall., 2007, p. 701, con nota di DIMUNDO A., secondo cui, comunque, il collegio deve anche valutare il merito del ricorso e la concreta attuabilità del piano. Nessuno dubita, invece, che, in caso di opposizioni, il controllo del tribunale in sede di omologazione degli a.r.d. si debba 3) Nonostante il silenzio della legge sul punto (a differenza che per i finanziamenti-ponte)31, appare condivisibile la tesi secondo cui (anche) per i finanziamenti finalizzati all’esecuzione sia necessaria la loro previsione nel piano32, oggetto della relazione del professionista ex art. 161, l.f.33 e, come tali, oggetto di approvazione – appunto insieme al piano – da parte dei creditori in sede di adunanza, naturalmente ove concessi prima dell’omologa, anche se erogati successivamente alla stessa34. In tale prospettiva, evidentemente, si superano le limitazioni “temporali” (in relazione al momento genetico) desumibili, giustappunto prima del nuovo correttivo di cui al d.l. 78/2010, cit. e ss. mm., dall’art. 111, l. fall. che, come noto, consentiva solo la prededuzione dei crediti sorti in occasione o in funzione di procedure concorsuali di cui alla legge fallimentare. La prededuzione, ora, risulta invece estesa, per effetto dell’art. 182quater, l. fall., anche ai crediti per finanziamenti sorti (perché erogati) successivamente alla chiusura del concordato preventivo35 - senza ovviamente rinunciaatteggiare come controllo di merito circa l’idoneità dell’accordo ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei, cfr. FACEUGLIA G., op. ult. cit., p. 2160; LO CASCIO G., Il concordato preventivo, Milano, 2011, p. 785; ed estendersi anche al contenuto delle doglianze degli opponenti, cfr., Trib. Milano, 25 marzo 2010, in Fall., 2011, p. 92, con nota di PALUCHOWSKI A. e ROLFI F.; cfr., anche Trib. Milano, 18 luglio 2009, cit., che, in particolare, circoscrive il controllo di merito entro il limite delle deduzioni formulate in sede di opposizione, individuando tra i legittimati a proporla i creditori non aderenti, i terzi interessati (tra cui anche il PM) e persino i creditori aderenti. In dottrina, per vero, sono state agitati vari dubbi sulla legittimazione dei creditori aderenti; cfr., per un quadro delle diverse opinioni e motivazioni in merito, FRASCAROLI SANTI E., sub art. 182bis, in MAFFEI ALBERTI A (a cura di), Commentario breve alla legge fallimentare, VI ed., Padova, 2013, p. 1251 e ss. La dottrina maggioritaria, comunque, è nel senso di ammettere la legittimazione anche dei creditori aderenti, quanto meno in presenza di idonea giustificazione (ad esempio, nuove passività o altri elementi che mettano in dubbio l’attuabilità o l’idoneità dell’accordo, mancato raggiungimento della maggioranza pari al sessanta per cento dei crediti), cfr. ZANICHELLI, La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali, cit., p. 450; cfr., altresì, BELLO A., Gli accordi di ristrutturazione dei debiti nella riforma della legge fallimentare, in Riv. not., 2006, 2, p. 338, secondo cui essi avrebbero titolo ad esperire anche gli ordinari mezzi civilistici, quali la risoluzione e l’annullamento. Secondo FACEUGLIA G., op. ult. cit., p. 2160, però, in caso di opposizione da parte dell’aderente senza idonea motivazione, il debitore potrà agire contro lo stesso ex contractu. 31 Ossia, i finanziamenti in funzione dell’accesso alla procedura concordataria ovvero agli accordi di ristrutturazione. 32 In tal senso NARDECCHIA G.B., op. cit., pag. 2204. 33 Cfr. VALENSISE P., sub art. 182quater, in NIGRO A. – SANDULLI M. – SANTORO V. (a cura di), La Legge fallimentare dopo la riforma, Torino, 2010, p. 2238. 34 Cfr., STANGHELLINI L., Finanziamenti-ponte e finanziamenti alla ristrutturazione, cit., p. 1362. 35 Cfr., NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2204, e PATTI A., L’accelerazione delle soluzioni concordate: esperienze applicative, in Fall., 2010, p. 1095, secondo i quali la prededucibilità si estenderebbe comunque ai finanziamenti pur non previsti nel piano e non valutati dai creditori, erogati dopo l’approvazione della proposta, a motivo che i due diversi momenti di collocazione della concessione della nuova finanza per la realizzazione del programma concordatario non sono sovrapponibili ai fini di un’esaustiva informazione dei creditori in funzione della loro valutazione. Solo i finanziamenti che, pur erogati dopo 10 re al criterio del rapporto funzionale che deve sussistere tra tali finanziamenti e il concordato, di qualsiasi tipo, “in continuità” o “liquidatorio” che sia. II) Estensione soggettiva della tutela dei finanziatori 1) L’eliminazione del riferimento alle banche e agli intermediari finanziari iscritti negli elenchi di cui agli artt. 106 e 107 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, ha fatto opportunamente venir meno, sia per i finanziamenti in esecuzione che, soprattutto, per quelli “in funzione”, un requisito soggettivo evidentemente troppo limitante, specialmente in un’ottica di incentivazione della soluzione concordata della crisi d’impresa36. 2) Risulta, altresì, coerente in questa direzione, anche la decisione del legislatore, sempre nell’intervento del 2012, di porre finalmente rimedio alla lacuna derivante dalla mancata previsione – nella formulazione introdotta dalla novella del 2010 (che, con riferimento ai soci, disciplinava solo i finanziamenti in esecuzione) - della prededucibilità dei crediti da finanziamenti-ponte, sia pur sempre nella misura dell’ottanta percento del relativo credito37, erogati dai soci. Anche il loro intervento, infatti, tanto più nella fase antecedente il deposito della domanda, può essere essenziale anche al fine di ottenere la finanza da parte degli stessi istituti di credito38 o, comunque, da parte di terzi39. Tale estensione, peraltro, vale anche nel caso in cui il finanziatore acquisti la qualità di socio in esecuzione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti o del concordato preventivo. 3) La prededucibilità dei crediti dei soci per Finanziamenti-ponte è, però, subordinata alla duplice condizione, rispettivamente, del loro inserimento come credito prededucibile nel piano di cui all'articolo 160 o nell'accordo di ristrutturazione, e dell’espresso riconoscimento della prededuzione nel provvedimento40 con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al l’emissione del decreto di cui all’art. 180, l.f., sono stati concessi nel periodo intercorrente tra l’ammissione e l’omologa del concordato preventivo, richiedono, ai fini del riconoscimento della loro prededucibilità ai sensi dell’art. 182quater, l.f., la relativa previsione nella proposta, approvata dai creditori e omologata dal Tribunale. In ogni caso, che i crediti in questione sorgano quantomeno dopo l’apertura della procedura o almeno dopo il deposito della domanda, sarebbe confermato, secondo NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2206, dal fatto che nell’ultimo comma dell’art. 182quater, cit., detti creditori non sono considerati tra quelli esclusi dal voto – esclusione, secondo lo stesso, superflua in ragione, punto, del momento genetico dei corrispondenti crediti. 36 Aveva espresso dubbi, in tal senso, prima del d.l. 83/2012, cit., anche AMBROSINI S., Profili civili e penali delle soluzioni negoziate nella l. 122/2010, cit., p. 644. 37 V., art. 182quater, comma 3, l.f. 38 Per tutti, v. ARMELI B., I finanziamenti dei soci in esecuzione di concordato preventivo tra prededucibilità e postergazione, in fall., 2011, p. 889; ma anche MORELLINI L., op. cit., p. 898 39 Cfr., FABIANI M., L’ennesima riforma, cit., p. 905, secondo il quale, infatti, la ragione del mutamento normativo a favore dei soci finanziatori starebbe proprio nell’esigenza di incentivare questi ultimi ad assumersi l’impegno finanziario, ove credano nel progetto di ristrutturazione regolativa della crisi, e dunque a fare la loro parte. 40 Non così, invece, per i finanziamenti in esecuzione, ossia quelli destinati alla “futura procedura”, cfr. Trib. Terni, 26 ottobre 2011, in Riv. Dott. comm., 2011, 4, 940. concordato preventivo ovvero l'accordo sia omologato41. Ciò che, per altro verso, anche a fronte del principio di non impugnabilità del decreto di ammissione affermato dall’art. 163, l. fall.42, rende di ancor maggiore pregnanza Cfr, NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2213, secondo cui, la soluzione della questione interpretativa sulla sussistenza o meno del potere del giudice di negare la prededuzione, o comunque di incidere sul quantum della stessa, non può che dipendere dalla risoluzione dell’altra questione, a monte, se la previsione della prededuzione dei crediti per finanziamenti possa spiegare effetti solo nel successivo fallimento o anche nel concordato preventivo. L’autore, infatti, ritiene che, mentre nel primo caso, non vi sarebbe alcun dubbio sulla possibilità di incidere sulla prededuzione di siffatti crediti, atteso che un provvedimento di diniego o di riduzione del quantum non avrebbe alcun impatto sulla proposta e sul piano concordatario, non così nella prospettiva del riconoscimento della prededuzione anche in sede di concordato preventivo. In tale ultimo caso, infatti, la decisione sulla prededuzione inciderebbe anche sul contenuto della proposta e, non potendo il Tribunale modificarne il contenuto, ma solo ammetterla o dichiararla inammissibile, ne deriverebbe che un giudizio negativo o comunque non totalmente a favore sulla prededucibilità dei crediti per finanziamenti ponte implicherebbe la necessità, per il giudice, di non ammettere l’impresa al concordato. Va, peraltro, segnalato, in senso contrario - sia pur con riferimento a una fattispecie rientrante, ratione temporis, nella vigenza dell’art. 182quater, comma 4, l.f., che subordinava la prededuzione del credito del professionista della relazione ex art. 161, l.f., a espressa previsione della stessa nel decreto di ammissione - che il Tribunale di Firenze (cfr. Trib. Firenze, 4 luglio 2011, in Foro it., 2011, p. 2526), con riferimento al compenso del professionista attestatore ex art. 161, l.f., ha opinato in senso contrario, affermando che “Nella fase dell'ammissione di una impresa al concordato preventivo il tribunale può non accogliere la domanda di attribuzione del compenso del professionista attestatore quando ritiene che per la complessità della fattispecie occorra la valutazione del commissario giudiziale”. L’Autore sopra citato, tuttavia, critica tale orientamento a motivo che, nel caso in cui la proposta preveda il pagamento integrale dei crediti per finanziamenti ponte, tale pagamento può aver luogo solo in caso di riconoscimento della prededuzione; sicchè in mancanza di questa (o in caso di suo riconoscimento solamente per una parte minore), di fatto, si verrebbe a modificare la proposta e il piano concordatario – modifica che, come detto, non è concessa al Tribunale che, dunque, non avrebbe altra scelta che dichiararla inammissibile in forza del principio di “inscindibile correlazione” tra le sorti della proposta e quelle dei crediti prededucibili. Secondo lo stesso autore, inoltre, la decisione sulla prededuzione dei finanziamenti-ponte determinerà una liberatoria nei confronti delle banche eroganti rispetto a un’eventuale responsabilità per concessione abusiva del credito. Conclusione, in linea di massima, corretta anche se, nella misura in cui si dovesse ritenere che nel successivo fallimento possa essere messa in discussione la prededuzione, difficilmente, sempre in quella sede (anche se in ipotesi che, in concreto, appaiono davvero casi limite), potrebbe ritenersi l’operato della banca immune da ogni valutazione. 42 Cfr., FABIANI M., Prededuzione speciale ex art. 182quater l. fall. e regime di impugnazione, in Foro It., 2011, p. 2530, secondo cui il problema assume rilevanza tanto nel caso di ammissione al concordato preventivo quanto nel diverso caso di rigetto della domanda atteso che, in tal caso, non sarebbe ipotizzabile una prededuzione dei finanziamenti ponte visto che non è normativamente prevista l’ipotesi di un provvedimento di rigetto con questo contenuto. Tale autore, invero, prima della novella del 2012, aveva autorevolmente sostenuto che la pronuncia sulla prededuzione assunta con il decreto di ammissione sarebbe ricorribile direttamente per cassazione ai sensi degli artt. 111, Cost., e 360, ultimo cpv., c.p.c., siccome 41 11 statuizione avente efficacia decisoria e destinata a incidere sui diritti (di credito) del singolo creditore, e in particolare sul relativo rango, e non più discutibile in sede di omologazione o, nel caso di successivo fallimento, nemmeno nel procedimento di accertamento dei crediti. Cfr., in tal senso, ID, op. cit., pp. 2530 ss. Sempre prima della riforma, ancora, la Suprema Corte, inizialmente, con una pronuncia a sezioni unite aveva ritenuto esperibile il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., avverso il decreto di ammissione al concordato preventivo (v. Cass. civ. SS. UU., 12 ottobre 1982, n. 5241, in Giust. civ. Mass., 1982, fasc. 9), a motivo che “Il decreto, con il quale il tribunale, ritenendo ammissibile la proposta di concordato preventivo, dichiara aperta la relativa procedura, integra una pronuncia di merito incidente su posizioni di diritto soggettivo (impugnabile con ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 cost.), e, pertanto, preclude la proponibilità del regolamento preventivo di giurisdizione, ai sensi dell'art. 41 c.p.c.”. Nondimeno, la giurisprudenza maggioritaria si è successivamente orientata nel senso di non ritenere esperibile, avverso il decreto di ammissione, il ricorso ex art. 111 Cost., quale provvedimento privo del carattere della definitività. In tal senso, cfr., Cass. civ., sez. I, 30 maggio 1995, n. 6067, in Fall., 1996, p. 40; Cass. civ., sez. I, 14 giugno 1999, n. 5870, in Fall., 2000, p. 748; Trib. Sulmona, 13 agosto 2003, in Fall., 2003, 1347; Cass. civ., sez. I, 28 aprile 1983, n. 2904, in Giur. it. 1984, I, 1, p. 528; Cass. civ., sez. I, 11 luglio 1985, in Fall., 1986, p. 386; Cass. civ., sez. I, 31 gennaio 1986, n. 618, in Giust. civ. Mass., 1986, fasc. 1; Cass. civ., sez. I, 12 febbraio 1987, n. 1528, in Giur. comm. 1988, II, 349; Cass. civ., sez. I, 20 marzo 1990, n. 2311, in Fall., 1990, 1088. Anche dopo l’entrata in vigore della riforma della legge fallimentare, peraltro, la dominante dottrina ha continuato a sostenere l’inammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. del decreto di ammissione, anche se non soggetto a reclamo, atteso che potendosi riesaminare in sede di omologazione la ricorrenza dei presupposti di ammissibilità del concordato preventivo, esso sarebbe privo dei caratteri di definitività e decisorietà, cfr. LICCARDO P., sub artt. 161, 162, 163, in (a cura di) NIGRO A. - SANDULLI M. – SANTORO V., La legge fallimentare dopo la riforma, III., Torino, 2010, pp. 2088 e s.; JACHIA G., Il concordato preventivo e la sua proposta, in (a cura di) FAUCEUGLIA G. – PANZANI L., Fallimento e altre procedure concorsuali, Torino, 2009, vol. 3, pp. 1621 e s,; PRINCIPE I., sub art. 163, l. fall., in NIGRO A. - SANDULLI M., La riforma della legge fallimentare, Torino, 2006, vol. II, p. 1003; PAJARDI P. e PALUCHOWSKI A., Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2008, p. 847; GUGLIELMUCCI L., La riforma in via d’urgenza della legge fallimentare, Milano, 2005, p. 334; ID, Diritto fallimentare, Torino, 2011, p. 333; ZANICHELLI V., I concordati giudiziali, Torino, 2010, p. 192; PACCHI S., Il concordato preventivo, in BERTACCHINI L. – GUALANDI S. – PACCHI S. – PACCHI G. – SCARSELLI G., Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2011, p. 442; FERRO M., sub artt. 160, 161, 162, 163, in FERRO M. (a cura di), La legge fallimentare, Padova, 2011, p. 1872. Contra, LO CASCIO G., Il concordato preventivo, Milano, 2011, p. 268. Nel senso che, oltretutto, l’ammissibilità del ricorso per cassazione straordinario porrebbe problemi di ordine sistematico in ordine al termine di decorrenza e correlativa conoscibilità degli interessati, posto che il termine di sessanta giorni per il ricorso dovrebbe decorrere dalla comunicazione che, però, non vede tra i destinatari proprio gli altri creditori, i finanziatori o il professionista attestatore i quali, a loro volta, come noto, non sono parti del procedimento di ammissione, cfr. NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2216. Nel senso, invece, della ricorribilità per cassazione del decreto di ammissione nel punto in cui esclude, ammette o limita la prededuzione, siccome lesivo dei diritti e incidente sul rango e misura del credito, cfr. FERRO M. – FILOCAMO F.P., op. cit., 2192 - ma, secondo FABIANI M., Prededuzione speciale, cit, p. 2531, oggetto della richiesta sarebbe direttamente il rango e non la misura. Tanto più in ragione del fatto che, in sede di omologa, non vi sarebbe più spazio alcuno per l’accertamento il problema della stabilità della decisione del giudice, anche nel successivo fallimento43. III) I finanziamenti-ponte 1) È stato acutamente osservato - a differenza di quanto visto più sopra per i finanziamenti in esecuzione - che, in ragione di una lettura coordinata dell’art. 182quater, l.f., e dell’art. 182quinquies, l.f., presupposto necessario della relativa prededucibilità con riferimento ai finanziamentiponte (e, segnatamente, ai crediti restitutori a essi del credito o del suo rango (così, FABIANI M., op. cit., pp. 2530 – 2532. Nondimeno, dopo la riforma del 2010, è stato osservato che è stato introdotto, in sede di ammissione un vero e proprio accertamento dei crediti prededucibili, diretto a determinarne il trattamento in sede concordataria e fallimentare, che però sarebbe rimeditabile dal giudice in sede di omologa, da cui, secondo NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2215, la mancanza di un effetto preclusivo e di un limite al riesame delle questioni decise nella fase introduttiva, perciò riesaminabili in sede di omologa, conformemente a quanto affermato dalla giurisprudenza ante riforma, e ribadito anche da C. Cost., 12 marzo 2010, n. 98, in Fall., 2010, p. 775. In questa prospettiva, pertanto, in sede di omologa, legittimati all’opposizione saranno sicuramente i finanziatori la cui prededuzione sia esclusa o, in caso di previsione della stessa, gli altri creditori, sicchè sarà la definitività del decreto di omologazione, preclusiva di ogni ulteriore contestazione, a fondare il diritto a ottenere l’integrale pagamento dei crediti nel concordato preventivo. 43 Sottesa al problema della stabilità della decisione sulla prededuzione dei crediti per finanziamenti in sede di ammissione del concordato preventivo è, invero, la questione del bilanciamento tra esigenza di assicurare certezza ai finanziatori in ordine alla prededuzione dei loro crediti oltre che della legittimità dell’erogazione finanziaria, da una parte, ed esigenza di tutela dei creditori concorsuali che, pur non partecipando alla fase di ammissione al concordato preventivo, potrebbero poi vedere lesi i loro diritti da quella decisione in sede di ammissione. È chiaro, allora, che la stabilità della decisione sulla prededucibilità dei crediti resa in sede di concordato preventivo, anche nella successiva procedura fallimentare, tutelerebbe i finanziatori a scapito dei creditori concorrenti nel fallimento ove a questi ultimi, che non sempre coincidono con i creditori concordatari, non fosse assicurato una qualche forma di tutela che consenta agli stessi di contestare an e quantum della pretesa creditoria ritenuta prededucibile in sede concordataria. In questo senso, dunque, può essere letta anche la recente affermazione in giurisprudenza, secondo cui “La circostanza che nella proposta di concordato preventivo una determinata passività sia stata prospettata come prededucibile non comporta che, in caso di fallimento, il relativo credito mantenga tale natura ove il giudice delegato, investito ex art. 111 bis, legge fallimentare, valuti l'insussistenza del requisito della «inerenza necessaria», requisito che costituisce il presupposto per il riconoscimento della prededuzione” (cfr., Tribunale Prato 14 giugno 2012, in www.ilcaso.it). Ma, v. NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2217, secondo cui, con la definitività del decreto di omologa del concordato preventivo che confermi la prededucibilità dei crediti ivi qualificati, non potrà più essere messa in discussione, da parte dei creditori anteriori alla pubblicazione del ricorso, la funzionalità dei finanziamenti rispetto all’esecuzione del piano, nemmeno nel successivo fallimento – diversamente potrà essere contestata, nel successivo fallimento, da quelli successivi alla pubblicazione del ricorso e, in ogni caso, sempre e comunque, anche dai primi, qualora l’opposizione alla prededuzione si fondi su fatti successivi al decreto di omologa che, a loro volta, non potranno, proprio perché successivi, far venir meno il giudizio positivo, divenuto irrevocabile siccome consacrato nel decreto di omologa passato in giudicato, circa l’esistenza di un collegamento causale e originario tra piano e finanziamento medesimo. 12 relativi), sarebbe che la loro erogazione avvenga prima della presentazione della domanda di concordato44. Con la conseguenza che, per esempio, l’apertura di credito da utilizzare dopo il deposito della domanda di concordato non sarebbe idonea a integrare la fattispecie richiesta dalla norma ai fini della prededuzione45. 2) Altra questione, non meno importante per i riflessi pratici che la stessa determina, pertiene al problema più generale se la prededuzione46 valga solo nell’eventuale successivo fallimento, ovvero se, per contro, essa si risolva nel diritto al pagamento integrale degli stessi crediti anche nell’ambito della procedura minore in cui sono sorti. Una parte della dottrina, invero, ritiene che la prededucibilità dei finanziamenti operi, tendenzialmente, soltanto nel successivo ed eventuale fallimento. Nondimeno, anche tra i sostenitori di questa tesi, non è mancato chi ha osservato che la prededuzione di cui all’art. 182quater, l.f. dovrebbe essere intesa, per i finanziamenti-ponte, quale deroga rispetto al divieto di alterare le cause legittime di prelazione, sancito anche dall’art. 180, l.f., comportando, in ultima analisi, il diritto al pagamento integrale degli stessi. Questa teoria, in particolare, sarebbe confermata, secondo uno dei suoi principali sostenitori, non solo dal tenore letterale della norma (che, invece di definire i crediti da finanziamenti-ponte prededucibili ai sensi dell’art. 111, l. fall., si limiterebbe a parificarli a quelli in esecuzione di cui all’art. 182quater, comma 1), ma anche dalle paradossali conseguenze, in termini di ricadute ed effetti pratici, che deriverebbero da una diversa soluzione interpretativa. Si dovrebbe, altrimenti, ammettere il paradosso che il credito da finanziamento-ponte, quale credito anteriore al deposito e alla pubblicazione della domanda, vada ritenuto chirografario, e come tale sottoposto agli effetti dell’omologa ai sensi dell’art. 184, l.f., con la conseguenza che, mentre il credito del professionista sarebbe assistito da privilegio ex art. 2751bis, n. 2, c.c., quello del finanziamento-ponte potrebbe essere soddisfatto solo nell’ipotesi di integrale pagamento di tutti i creditori – dovendo, in caso contrario, soggiacere alla falcidia47. Una tale conclusione, tuttavia, non sarebbe in sintonia con l’evidente ratio che anima l’introduzione dell’art. 182quater, l.f., e soprattutto con le modifiche allo stesso apportate dal d.l. 83/2012, affatto orientate a ulteriormente incentivare il ricorso a soluzioni concordate della crisi delle imprese attraverso il potenziamento degli strumenti che favoriscano l’accesso delle stesse al credito, spesso imprescindibile per formulare una proposta di soddisfacimento adeguato dei creditori. Tra queste modifiche, particolarmente significativa è, appunto, quella relativa all’art. 182quater, comma 3, l.f., che ha esteso il beneficio della prededuzione pure ai finanziamenti-ponte effettuati anche dai soci. FERROM M. – FILOCAMO F.P., op. cit., p. 2188; VALENSISE, op. cit., p. 2239. 45 STANGHELLINI L., op. cit., pp. 1349 – 1350. 46 Sui criteri che il Tribunale dovrebbe seguire ai fini del giudizio sul riconoscimento della prededuzione ai finanziamenti ponte, v. NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2210. 47 Cfr., NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2211. 44 In conclusione, se queste sono le finalità, vieppiù manifeste nella novella del 2012, una lettura che limiti la prededuzione dei corrispondenti crediti al successivo ed eventuale fallimento, assoggettandoli, invece, nell’ambito della procedura minore, alla sorte dei chirografari, sarebbe contraria all’interesse del finanziatore chiamato a sostenere il ricorso alla procedura vanificando, in ultima analisi, la finalità di incentivare, attraverso il riconoscimento stesso della prededuzione, il ricorso a una delle due predette procedure minori. Né si comprenderebbe, in quest’ottica, con particolare riferimento ai finanziamenti – ponte, la previsione nell’art. 182quater, comma 2, l.f. che subordina la prededuzione a un provvedimento del Tribunale espresso nell’ambito della procedura minore (in sede, cioè, di ammissione al concordato preventivo, ovvero di omologazione dell’accordo di ristrutturazione), e quindi in base a valutazioni che non possono che inerire alle stesse e alle relative finalità, se poi la prededuzione fosse destinata a operare solo nel caso di successivo fallimento48. IV) L’equiparazione di tutela dei finanziatori nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione. L’introduzione della disciplina dei finanziamenti “interinali”. 1) La novella del 2010 e quella del 2012, in conclusione, hanno il merito di aver allineato il trattamento dei crediti sorti nel corso e/o in funzione e/o in esecuzione degli accordi di ristrutturazione con quello dei crediti sorti nel Ma v. NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2212 e ss. che, quanto alla prededucibilità, conclude nel senso che mentre per i finanziamenti-ponte essa opererebbe anche nel concordato preventivo in deroga al divieto di alterazione delle cause legittime di prelazione, non così per i crediti di cui all’art. 182quinquies, cit., per i finanziamenti autorizzati e contratti nel periodo intercorrente dal momento della presentazione della domanda fino all’omologazione, soggetti al trattamento contrattualmente pattuito e oggetto di autorizzazione del giudice, nè per i crediti dei finanziamenti in esecuzione di cui all’art. 182quater, l.f., né, infine, per i crediti dei professionisti intervenuti in funzione del concordato preventivo (ad esempio per la redazione della domanda, per l’attestazione del piano, per l’attestamento dell’incapienza dei beni colpiti da privilegio ex art. 160, comma 2, etc.), i quali ultimi (crediti dei professionisti) soggiacerebbero agli effetti dell’omologa del concordato preventivo e all’ordine delle cause legittime di prelazione. Va anche evidenziato che, secondo un recente orientamento giurisprudenziale (cfr., Trib. Terni 26 aprile 2012, in www.ilcaso.it), sembrerebbe doversi ritenere che la prededuzione in sede concordataria valga non solo per i finanziamenti ponte, bensì per quelli in esecuzione, esclusi soltanto i finanziamenti erogati, previa autorizzazione ex art. 167, l. fall., nel corso della procedura di concordato preventivo, potendo questi ultimi eventualmente fruire della prededuzione ai sensi dell'articolo 111, l. fall., in un eventuale futuro fallimento. Infine, sempre nel senso che tutti i crediti dichiarati prededucibili dall’art. 182quater, l.f., sarebbero tali non solo nella procedura fallimentare ma anche in quella di concordato preventivo, cfr., anche Trib. Padova, 11 febbraio 2013, in www.ilcaso.it, secondo cui tale qualifica, nella procedura minore, non spetterebbe, invece, ai crediti dei professionisti che, in quanto soggetti all’art. 111, comma 2, l.f., diventerebbero prededucibili solo nell’eventuale e successiva procedura fallimentare. Cfr., altresì, Trib. Modena, 11 gennaio 2010, ibidem; Trib. Varese 11 aprile 2011, ibidem. 48 13 corso e/o in funzione e/o esecuzione del concordato preventivo. In mancanza di una specifica disposizione estensiva, infatti, rispetto ai primi sarebbe rimasta dubbia l’applicazione dell’art. 111, u.c., l. fall. (che, come noto, qualifica “prededucibili” i crediti sorti in occasione o in funzione di “procedure concorsuali disciplinate dalla presente legge”), giustappunto a motivo che l’orientamento assolutamente maggioritario attribuiva all’accordo di ristrutturazione ex art. 182bis, l. fall. natura contrattuale e non di procedura concorsuale49. Con la novella del 2010 e, in particolare, con l’art.182quater, l. fall., invero, il problema era solo parzialmente risolto, atteso che se detta disposizione sanciva l’equiparazione, ai fini della prededuzione, dei crediti sorti prima dell’apertura del procedimento e dopo l’omologa, tanto in sede concordataria quanto in sede di accordi di ristrutturazione ex art. 182bis, l. fall., rimaneva aperta la questione dei crediti sorti durante la procedura, ossia dopo il deposito del ricorso e prima dell’omologazione. Ciò in quanto, proprio in relazione a tale categoria di crediti, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 111, comma 2, l. fall., nel mentre non sussisteva alcun dubbio sulla loro prededucibilità ove sorti durante il concordato preventivo, in quanto procedura concorsuale a tutti gli effetti, non così, invece, per quelli sorti durante e nel corso di un accordo di ristrutturazione, atteso che, come detto, tale istituto avrebbe natura contrattuale e non concorsuale. 2) Con la novella del 2012, pertanto, detto riallineamento è stato portato a compimento, mediante l’introduzione dell’art. 182quinquies, l. fall., in forza del quale il debitore, tanto nel concordato preventivo quanto negli a.r.d., potrà contrarre finanziamenti “interinali” prededucibili e persino pagare i crediti anteriori dei fornitori essenziali per la continuazione dell’impresa. Più esattamente, l’art. 182bis, comma 1, cit., consente sia al debitore che ha presentato domanda prenotativa di concordato preventivo (ai sensi dell’art. 161, comma 6, l. fall.), sia a quello che ha fatto ricorso ad accordi di ristrutturazione (ai sensi dell’art. 182bis, commi 1 o 6, cit.), previa autorizzazione del Tribunale, e a eguali condizioni, di contrarre finanziamenti tutelati (e quindi incentivati) attraverso il riconoscimento della prededucibilità ex art. 111, l. fall. Ai sensi del combinato disposto dei commi 4 e 5 dell’art. 182quinquies, cit., inoltre, il debitore che ha presentato domanda (prenotativa o meno) di concordato con continuità aziendale, ovvero domanda di omologazione o proposta di a.r.d. (ai sensi dell’art. 182bis, rispettivamente, Favorevole, in generale, all’estensione della prededucibilità nel successivo fallimento dei crediti sorti in occasione o in funzione di accordi di ristrutturazione ex art. 182bis, l. fall., era già GUGLIELMUCCI L., Diritto fallimentare, cit., p. 254. Contra, LIMITONE G., Commento sub art. 182bis, in La Legge Fallimentare – Commentario teorico pratico, a cura di FERRO M., cit., p. 1331; FABIANI M., L'ulteriore upgrade degli accordi di ristrutturazione e l'incentivo ai finanziamenti nelle soluzioni concordate, in Fall. 2010, p. 902. In argomento, v. anche CAIAFA A., Il nuovo diritto delle procedure concorsuali: dalla legge 12 maggio 2005, n. 80 al d. lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, Padova, 2006, p. 462; COMERCI V. e CHINAGLIA S., sub art. 182bis, l. fall., in MAFFEI ALBERTI A., Commentario breve alla legge fallimentare, VI ed., Padova, 2013, p. 1231. 49 commi 1 e 6, cit.), può chiedere al Tribunale di essere autorizzato a pagare anticipatamente, nel corso della procedura, anche crediti anteriori (alla presentazione del ricorso) per prestazioni e servizi essenziali ai fini della prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori. In entrambe le due ipotesi, peraltro, è necessaria l’attestazione di un professionista con i requisiti di cui all’art. 67, comma 3, lett. d), l. fall., che, nel primo caso, dovrà verificare il fabbisogno complessivo dell’impresa fino all’omologazione e la funzionalità del finanziamento da contrarre alla miglior soddisfazione dei creditori; e, nell’ipotesi di cui all’art. 182quinquies, commi 4 e 5, naturalmente, oltre alla funzionalità del pagamento da autorizzare al miglior soddisfacimento dei creditori, dovrà attestare anche l’essenzialità delle prestazioni in vista della continuazione dell’impresa. Con riferimento ai pagamenti di crediti anteriori, in particolare, l’art. 182quinquies, comma 4, ultima parte, cit., precisa anche che la predetta attestazione non è necessaria per il pagamento di crediti (pur sempre) anteriori per beni e servizi essenziali e funzionali (nei termini di cui sopra), fino alla concorrenza dell'ammontare di eventuali nuove risorse finanziarie eventualmente apportate al debitore purchè senza obbligo di restituzione o con obbligo di restituzione postergato alla soddisfazione di tutti gli altri creditori. L’art. 182quinquies, comma 5, cit., infine, chiarisce che siffatti pagamenti autorizzati in pendenza degli accordi di ristrutturazione, sono esenti da revocatoria ex art. 67, l. fall. Con precipuo riferimento ai finanziamenti “interinali”, invece, il Tribunale non ha alcuna discrezionalità in merito al riconoscimento della prededucibilità50 dei crediti per i finanziamenti eventualmente autorizzati, la quale diventerà insindacabile con il passaggio in giudicato del decreto che omologherà l’accordo. Sicchè, ove il giudice dubiti dell’esistenza dei presupposti per la prededucibilità dei predetti crediti, potrà soltanto rifiutare l’omologa, non già separarne le sorti da quelle della prededuzione. V)Prededucibilità dei credi dei professionisti incaricati dell’attestazione del piano e degli altri Nel senso che non è necessario che il decreto di omologa contenga una prescrizione esplicita del riconoscimento della prededuzione, Cfr., altresì, NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2218; contra, VALENSISE P., op. cit., p. 2340. Cfr., anche FERRO M. - FILOCAMO F.P., op. cit., p. 2190, che osservano come la prededuzione sia soggetta alla valutazione di tutti i creditori legittimati all’opposizione. Nel senso che la prededuzione sia destinata a operare comunque nell’eventuale procedura fallimentare, cfr. MAFFEI ALBERTI A., sub art. 182quinquies, in (a cura di) MAFFEI ALBERTI A., Commentario breve alla legge fallimentare, VI ed., Padova, 2013, p. 1291. Cfr., altresì, NARDECCHIA G.B., op. cit., p. 2218; ID, sub art. 182quinquies, in (a cura di) LO CASCIO G., Codice commentato del fallimento, cit., pag. 2225, secondo cui la prededuzione non può che operare nel successivo fallimento, perché negli accordi di ristrutturazione dei debiti il trattamento dei creditori assume aspetti del tutto peculiari, perché l’accordo di ristrutturazione ha natura contrattuale e non concorsuale nel quale ultimo caso soltanto avrebbe potuto trovare applicazione il principio della par condicio - e perché l’art. 182bis, l. fall., prevede espressamente il pagamento integrale dei creditori estranei. 50 14 professionisti intervenuti nella fase anteriore al deposito della domanda di ammissione al c.p. e di omologazione dell’a.r.d. Di particolare interesse e rilievo risulta, infine, l’abrogazione del quarto comma dell’art. 182quater, cit., in punto di prededuzione dei crediti per i compensi del professionista incaricato di attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano di concordato preventivo o l’attuabilità dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. Con la novella del 2012, infatti, è stato espunto l’inciso per cui il credito di tale professionista sarebbe prededucibile ove il Tribunale, nel decreto di ammissione, lo qualifichi espressamente come tale. La modifica ripropone l’annosa questione se detto credito possa essere ritenuto prededucibile ai sensi dell’art. 111, comma 2, l. fall.; se, nell’affermativa, lo sia solo nella procedura fallimentare o, diversamente, possa ritenersi tale anche in quella minore di concordato o di a.r.d.; e, ancora, se, in ogni caso, i crediti degli altri professionisti (advisor, avvocato e/o commercialista che partecipino alla redazione della domanda e del piano, professionista incaricato della relazione sulla misura di capienza dei privilegi ex art. 160, comma 2, l.f.) debbano ritenersi, o meno, altrettanto prededucibili in quanto ricompresi nell’ambito di applicazione dell’art. 111, comma 2, l.f. 4. Il nuovo art. 111, l. fall.: i crediti sorti in occasione o in funzione di procedure concorsuali. Senza dilungarsi sulle numerose ipotesi che la dottrina e la giurisprudenza hanno analizzato e ricondotto alla categoria in esame51, ci si limita solamente a sottolineare come questa seconda categoria di crediti prededucibili risulta, all’evidenza, di portata certamente più ampia52 rispetto a quella testè sommariamente analizzata. Per una dettagliata rassegna di ipotesi di crediti prededucibili in occasione e in funzione di procedure concorsuali, ex art. 111, comma 2, l.f., si rinvia al contributo di COPPOLA A., sub art. 111, MAFFEI ALBERTI A., Commentario breve alla legge fallimentare, cit., pp. 773 e ss.; 52 Si possono quivi ricordare alcune tra le fattispecie più significative, quali le spese per la registrazione della sentenza (cfr., VASELLI M., I debiti della massa nel procedimento di fallimento, Padova, 1951, p. 38); le spese di apposizione dei sigilli (cfr., BONSIGNORI A., La liquidazione dell’attivo, cit., p. 231); le spese per la prosecuzione delle espropriazioni immobiliari in corso ex art. 107, comma 5, l. fall. (cfr., FERRARA F. BORGIOLI A., il fallimento, Milano 1995, p. 593); cfr., altresì, Cass. civ., sez. I, Giust. civ. Mass., 2009, 5, 738, secondo cui la prededuzione si estende ai danni subiti da un immobile acquistato all’incanto in sede di esecuzione individuale cui è subentrato il curatore e rimasto privo di custodia tra l’aggiudicazione e la consegna; prededuzione che, secondo Cass. civ., sez. I, 10 dicembre 2008, n. 28984, in Giust. civ. Mass., 2008, 12, 1758, si estende anche ai danni subiti da beni immobili custoditi dal curatore e oggetto della vendita, escludendo la configurabilità del c.d. “vizio redibitorio”; le spese per il recupero dei crediti (cfr., CAVALAGLIO A., I crediti prededucibili nelle procedure concorsuali, in Dir. fall., 2010, I, p. 456); le spese di individuazione, acquisizione, gestione, conservazione e custodia dei beni del compendio fallimentare, ivi compresi quelli pervenuti ex art. 42, comma 2, e per il riscatto del bene che il curatore deve versare al creditore 51 pignoratizio ex art. 53, comma 3, l. fall., nonché per il compenso del curatore e degli ausiliari, intendendosi per tali i coadiutori, con esclusione dei delegati in quanto remunerati con parte del compenso del curatore stesso (cfr., CAVALAGLIO A., op. cit., p. 452; quanto al compenso degli organi di procedura, v. anche Trib. Catania, 29 marzo 1984, in Fall., 1985, p. 574); per la prededucibilità delle spese e oneri condominiali maturati dopo la dichiarazione di fallimento del condominio, cfr. Trib. Palmi, 10 novembre 2005, in il Fall. 2006, p. 698, con nota di BRUSCHETTA; per la prededucibilità del compenso dei membri del comitato dei creditori, se deliberato ex art. 37 bis, comma 3, l. fall., cfr., COPPOLA A., sub art. 111, cit., in MAFFEI ALBERTI A., op. cit., p. 774; per il compenso dei professionisti incaricati dalla procedura, CAIAFA A., La Legge fallimentare riformata e corretta, Padova, 2008, p. 614; delle spese vive sostenute dal curatore per le comunicazioni, la pubblicità, le ricerche ipotecarie e catastali, cfr., MIELE C., sub art. 111, l. fall., in (a cura di) FERRO M., La legge fallimentare. Commentario teorico pratico, Padova, 2011, p. 1320, e in La legge Fallimentare. Commentario teorico pratico, a cura di FERRO M., Padova, 2007, p. 873; per quelle sostenute dal comitato dei creditori, cfr., BONSIGNORI A., op. cit., p. 233; le spese dei reclami ex artt. 26 e 36, l. fall., ove accolti, cfr. BONSIGNORI A., op. loc. ult. cit.; nonché PAJARDI P. e PALUCHOWSKI A., op. cit., p. 640; per le spese del giudizio di rendiconto, ove approvato, cfr., BONSIGNORI A., op. loc. ult. cit.; per le spese del vincitore nei processi di opposizione, risoluzione o annullamento del concordato fall., cfr., PROVINCIALI R., Trattato di diritto fallimentare, Milano, III, p. 1663; per le spese del creditore vittorioso nel giudizio di rivendicazione, restituzione o separazione di cose mobili ex art. 103 l. fall., cfr. Trib. Vigevano 4.4.1974, in Dir. fall., 1974, II, p. 736.; per il credito del Commissario che, su incarico del giudice dell’esecuzione, abbia eseguito la vendita dei beni pignorati anteriormente alla dichiarazione di Fallimento ed il cui ricavato è stati acquisito all’attivo fallimentare, cfr. Trib. Torino, 29 gennaio 1981, in Fall., 1982, p. 1244, secondo il quale, però, la quantificazione di tali oneri spetta agli organi della procedura fallimentare cui non è opponibile il provvedimento del giudice dell’esecuzione; addirittura, anche per le spese di accertamento dei crediti in prededuzione, cfr. ZANICHELLI V., La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali dopo il d.lg. 12.9.2007, n. 169, Torino, 2008, pp. 268 e 273. Sono ancora prededucibili le spese del creditore per la proposizione della domanda di fallimento, cfr. FERRARA, op. cit., p. 593; RAGUSA MAGGIORE G., op. cit., p. 17; così, anche il Trib. Terni, 22 marzo 2012, in www.osservatorio –oci.it 12, secondo cui la riforma fallimentare, abrogando l’iniziativa d’ufficio e procedimentalizzando la fase prefallimentare ex art. 15, inscrivendola tra i procedimenti in camera di consiglio, e istituzionalizzando, con l’art. 22, la pronuncia sulle spese e sulla responsabilità processuale, ha evidentemente reso necessaria la difesa tecnica, salvo il caso di domanda di fallimento in proprio; contra, nel senso che le spese per la difesa tecnica per la domanda di fallimento sarebbero credito privilegiato e non prededucibile, DEL VECCHIO F., Le spese e gli interessi nel fallimento, Milano, 1988, pp. 30 ss.; Trib. Trento, 13 luglio 2010, in www.osservatorio–oci.it 11, che riconosce il privilegio di cui all’art. 2755 c.c.; nel senso che sarebbe addirittura chirografo, v. Trib. Roma, 16 maggio 1968, in Dir. fall., 1969, II, p. 168; quando non ammissibile se non entro il limite delle spese vive sostenute, v., BOZZA G. - SCHIAVON G., L’accertamento dei crediti nel fallimento e le cause di prelazione, Milano, 1992, p. 517; per l’esclusione in toto dal concorso delle spese legali per l’insinuazione al passivo perché non necessaria la difesa tecnica nel procedimento di insinuazione, BOZZA G. e SCHIAVON G., ibidem; per la prededucibilità del credito restitutorio in caso di riforma in secondo grado della sentenza di primo grado che ha pronunciato la revocatoria, v. FABIANI M., L’esecutorietà della sentenza di condanna restitutoria ex art. 67 legge fallimentare, in 15 Fall., 2002, p. 207; Secondo Cass. civ., sez. 1, 16 marzo 2009, n. 6709, in Giust. civ. Mass., 2009, 3, 490, “allorché il curatore fallimentare abbia ricevuto un pagamento poi assoggettato ad azione revocatoria, ex art. 67 l. fall., esercitata con successo dal curatore del solvens, a sua volta dichiarato fallito, la circostanza non vale a trasformare il conseguente credito restitutorio, in capo alla parte vittoriosa, in obbligazione prededucibile; ai fini del riconoscimento di tale qualità, infatti, costituiscono debiti di massa, ex art. 111 l. fall., solo le spese di procedura e le obbligazioni contratte dall'amministrazione del fallimento e per la continuazione autorizzata dell'esercizio dell'impresa, mentre non rileva che il credito tragga origine da un versamento effettuato in favore dell'organo concorsuale, limitandosi questi a subentrare nella posizione sostanziale e processuale del fallito ed in tale veste conseguendo un pagamento lecito, reso inefficace con la predetta azione costitutiva”; contra, QUAGLIOTTI L., il fallimento convenuto in revocatoria e la prededucibilità del debito di restituzione di pagamento revocato, in Fall., 2010, p. 183, il quale ritiene la revoca di un pagamento subita da un curatore assimilabile, quoad effectum, alla obbligazione restitutoria che sorge in capo al curatore a seguito della riforma in secondo grado della sentenza favorevole di revocatoria di primo grado. Si discute se, tra i crediti prededucibili, rientrino le spese per il pignoramento o il sequestro conservativo di beni poi acquisiti dal curatore alla massa attiva (in senso positivo, cfr. BONSIGNORI A., op. cit., p. 231; in senso contrario, nel senso che sarebbero solo privilegiati, PROVINCIALI R., op. cit., p. 1684; Trib. Bari, 22 dicembre 1953, Dir. fall., 1954, II, p. 150), le spese dei giudizi promossi da o contro il curatore o dei giudizi in cui il curatore sia subentrato al fallito qualora questo sia rimasto soccombente (in senso positivo BONSIGNORI A., op. loc. ult. cit., BOZZA G. e SCHIAVON G., op. cit., p. 498; nel senso, invece, che detto credito debba essere soddisfatto dopo la chiusura del fallimento dal fallito tornato in bonis, VASELLI M., I debiti della massa nel procedimento di fallimento, cit., p. 19 e ss.); secondo CALAVAGLIO A., op. cit., p. 452, anche le spese per azioni revocatorie non sarebbero prededucibili perché iniziative aleatorie di recupero che non potrebbero gravare sull’Erario. Tale tesi pare tuttavia non condivisibile, soprattutto nelle estreme conseguenze per cui, in assenza di risorse, il curatore dovrebbe chiudere il fallimento per insufficienza dell’attivo ex art. 118, l. fall.; quanto alle spese per l’opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, ove rigettata, regna divisione in dottrina e giurisprudenza. Nel senso della prededucibilità, infatti, RAGUSA MAGGIORE G., op. cit., p. 17; FERRARA F., op. cit., p. 593. La Suprema Corte, dopo un primo orientamento in tal senso, v. Cass. civ., 567/1966, Id. 2502/1968, Id. 3659/1972 (ma vedi, anche nella giurisprudenza di merito, C. app. Catania, 19 aprile 1990, in Fall., 1991, p. 60 e Trib. Milano 19 maggio 2005, in Fall., 2005, p. 1322), ha infine mutato il proprio insegnamento nel senso che “Le spese del giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento non hanno natura concorsuale, in quanto sorgono in un momento successivo all'apertura della procedura, e non costituiscono, in nessun caso, credito di massa ex art. 111 n. 1 legge fallimentare, in quanto la legittimazione passiva del curatore e quella del creditore trovano titolo in situazioni giuridiche diverse”, così. S.C. Cass. civ., sez. I, 20 gennaio 2006, n. 1186, in Fall., 2006, 5, p. 519 (s.m.), con nota di FEDERICO. Nel senso che, invece, dette spese siano a tutti gli effetti “spese di giustizia” e quindi il relativo credito munito di privilegio ex artt. 2755 e 2770 c.c., v. DEL VECCHIO F., op. cit., pp. 51 ss. e, in giurisprudenza, Cass. civ. 1201/1959, Id. 3040/1959, Trib. Monza, 13 luglio 2005, in Fall., 2005, p. 1322; nel senso, invece, che, in caso di rigetto, le spese predette non sarebbero né prededucibili, né concorsuali e graverebbero, invece, sul fallito, v. Trib. Torino, 11 luglio 2000, in Fall., 2000, p. 1299; Trib. Monza, 11 marzo 1999, in Fall., 1999, p. 680; Trib. Milano, 5 marzo 1998, in Fall., 1998, p. 749, e da recuperare nei confronti dello stesso una volta tornato in bonis dopo la chiusura del fallimento, v. Cass. civ. 1186/2006, cit.; nel senso che il credito del professionista che assiste il fallito nel giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento non sia debito della massa perché non in funzione del procedimento fallimentare e nell’interesse dei creditori concorsuali, sicchè l’esclusione non sarebbe lesiva del diritto di difesa ex art. 24 Cost., v. C. app. Roma, 14 novembre 1989, in Giust. civ., 1990, I, p. 1115, con nota di PANZANI. La Suprema Corte, inoltre, ha escluso la prededucibilità dei crediti per il prezzo di bene trasferito in via coattiva ex art. 2932 c.c., con sentenza costitutiva, emessa in corso di procedura se in esecuzione di preliminare concluso prima del fallimento, ritenendo il credito, in tal caso, anteriore alla dichiarazione di fallimento (S.C. Cass. civ., sez. I, 25 luglio 2007, n. 16426, in Giust. civ. Mass. 2007, 78), e anche dei crediti restitutori del prezzo conseguente a risoluzione pronunciata in corso di fallimento ma per inadempimento anteriore all’apertura della procedura (cfr. Cass. civ., sez. I, 3 febbraio 2006, n. 2439, in Giust. civ. Mass. 2006, 2). Per la prededucibilità delle spese prenotate a debito ex art. 146, d.p.r. 115/2002, in caso di procedura incapiente, v. MIELE C., op. cit., p. 1320. È stato, ancora, esclusa la prededucibilità del credito di rivalsa IVA, stante l’unicità dell’origine del credito professionale e di quello di rivalsa IVA, risalenti alla medesima prestazione effettuata prima della dichiarazione di fallimento, cfr. Cass. civ., sez. I, 27 ottobre 1982, n. 5623, in Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 9; Cass. civ., sez. I, 26 marzo 1992, n. 3715, in Fall., 1992, 786; Cass. civ., sez. I, 6 agosto 1993, n. 8556, in Giust. civ. mass., 1993, 12667; Cass. civ., sez. I, 4 giugno 1994, n. 5429, in Fall., 1995, 38; Cass. civ., sez. I, 2 febbraio 1995, n. 1227, in Giust. civ., 1995, I,1192; Cass. civ., sez. I, 12 giugno 2008, n. 15690, in Giust. civ. Mass., 2008, 6, 931; Cass. civ., sez. I, 2011, n. 3582, Cass. civ., sez. I, 11 aprile 2011, n. 8222, in Diritto & Giustizia, 2011, 22 aprile (s.m.) – del resto le norme fiscali aventi a oggetto il sistema di contabilizzazione dell’imposta non incidono sulla natura giuridica e sull’origine del fenomeno della prededucibilità, v. DI AMATO S., Fallimento e credito di rivalsa IVA del professionista: un falso problema, in Dir. Fall., 2011, n. 5, II, pp. 441 e ss.; altra parte della giurisprudenza ha, tuttavia, evidenziato che il presupposto dell’imposta si perfezionerebbe con il pagamento del servizio ex art. 6, d.p.r. n. 633/1972 (istituzione e disciplina dell’IVA), sì che solo in tale momento sorgerebbe l’obbligo della fatturazione e nascerebbe il credito di rivalsa, tanto che la notula dovrà essere intestata appunto al fallimento (ex art. 74 bis, d.p.r. n. 633/1972), vedi la direttiva del Presidente del Tribunale di Genova, 7 novembre 2011, in Fall. 2002, p. 1135; Trib. Pisa, 12 febbraio 1999, in Fisco, 1999, p. 5314; Trib. Roma, 6 maggio 1999, in Dir. e prat. Soc., 1999, p. 81; sempre nel senso della prededucibilità del credito di rivalsa IVA, si segnala COPPOLA A., sub art. 111, cit., in MAFFEI ALBERTI A., op. cit., p. 776. Per l’esclusione della prededucibilità dei crediti per spese per la prosecuzione da parte del curatore di processi a contenuto patrimoniale, instaurati per far valere crediti nei confronti del fallito, e ciò perché trattasi di credito da accertarsi in sede concorsuale, CAVALAGLIO A., op. cit., p. 456; nel senso che, invece, ove riassunto dal creditore, le spese per la difesa in giudizio beneficerebbero della prededuzione, MAFFEI ALBERTI A.,ibidem. Si è poi molto discusso in dottrina in ordine al principio affermato anteriormente alla riforma, secondo cui la prededuzione dei crediti già maturati è espressione di un principio generale applicabile a tutti i contratti di durata, v. LORDI L., Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Napoli, 1946, p. 173; VASELLI M., i debiti della massa, cit., p. 48; RUISI G., Effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, in Riv. dir. civ., 1965, II, p. 509.; TEDESCHI G. U., Assicurazione e fallimento, Padova, 1969, p. 45; Secondo GUGLIELMUCCI L, Effetti del fallimento sui rapporti. giuridici preesistenti, Legge fallimentare, in (a cura di) BRICOLA F., GALGANO F, SANTINI G., Commentario Scialoja – Branca, sub art. 72-83, Bologna - Roma, 1979, p. 133, la prededucibilità era limitata ai soli crediti per i contratti rispetto ai quali il subentro del curatore era facoltativo; contra, BONSIGNORI A., op. cit., p. 234 e s.; VITALE A., I debiti della 16 massa nel fallimento, Milano, 1975, p. 15 e s. Secondo COPPOLA A., sub art. 111, cit., in MAFFEI ALBERTI A., op. cit., p. 776, ai sensi degli artt. 82 e 74, l. fall., sono prededucibili i premi assicurativi scaduti antecedentemente alla dichiarazione di fallimento, per effetto della quale il curatore subentra nel contratto assicurativo in posizione di assicurato, nonché i crediti per il prezzo delle consegne già eseguite o per i servizi già erogati quando il curatore subentri in un contratto a esecuzione continuata o periodica. Laddove, in caso di scioglimento del curatore dai contratti di durata, i crediti maturati anteriormente al fallimento parteciperebbero al concorso, mentre in caso di subentro in contratti non di durata, solo quelli per prestazioni successive al sub ingresso fruirebbero della prededuzione. In dottrina è stato affermato che sarebbe prededucibile pure il credito del factor per la restituzione delle somme corrisposte al fallito per crediti ceduti ma non ancora sorti alla data del fallimento, per il caso di recesso del curatore dal contratto di cessione dei crediti d’impresa. Senonchè la Suprema Corte ha qualificato tali crediti come chirografari non prededucibili, ove non sia intervenuta formale comunicazione di recesso, ma il curatore abbia sciolto i contratti con i terzi grazie ai quali sarebbero dovuti sorgere crediti futuri ceduti al factor, v. Cass. civ., sez. I, 18 aprile 2001, n. 5724, in Giust. civ. Mass. 2001, 823. Sono, invece, prededucibili, i crediti per le migliorie apportate dal promissario acquirente, in caso di scioglimento dal contratto preliminare, cfr. BOZZA G. e SCHIAVON G., op. cit., p. 552, fermo restando che detto credito va comunque accertato in sede fallimentare secondo le forme e le norme sull’insinuazione al passivo, cfr., per tutte, Cass. civ., sez. I, 27 marzo 2008, n. 7967, in Giust. civ. Mass. 2008, 3, 470; quelli per migliorie apportate dal conduttore, in caso di scioglimento del contratto di locazione opponibile al fallimento, cfr. C. app. Roma, 21 maggio 1953, in Dir. fall., 1953, II, p. 343; Trib. Roma, 19 luglio 1952, in Dir. fall., 1952, II, p. 433; nonché il credito da risarcimento danni per inadempimento contrattuale consistente in condotte illecite degli organi della procedura (VASELLI M., op. cit., p. 60 ss.; BONSIGNORI A., op. cit., p. 235; in giurisprudenza, Cass. civ., sez. I, 23 aprile 1998, n. 4190, in Fall., 1999, 184, con nota di PROTO); o comunque per colpa del curatore (GUGLIELMUCCI L., Diritto fallimentare, cit., p. 255; in giurisprudenza Cass. civ., sez. I, 11 novembre 1998, n. 11379, in Fall., 1999, 635, con nota di FABIANI M.; Trib. Roma, 16 luglio 2002, in Fall., 2003, p. 224). Secondo alcuni, sarebbe prededucibile anche il credito risarcitorio, per violazione dell’art. 2497 c.c., in capo ai soci di una società controllata nel caso in cui il curatore, esercitando attività di direzione e coordinamento di altre società, abbia agito nell’interesse della fallita ma in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale, ad esempio mediante l’incorporazione di una controllata in bonis nella società fallita, cfr. ESPOSITO C., Autonomia pianificatoria degli organi del fallimento, crediti prededucibili e interessi dei terzi estranei alla procedura, in Fall., 2008, p. 1030. Per la prededucibilità dei crediti per retribuzioni e indennità relative al rapporto di lavoro subordinato, v. Cass. civ., sez. I, 7 febbraio 2003, n. 1832, in Giust. civ. Mass. 2003, 281, la quale ha riconosciuto l’infrazionabilità del preavviso. Sono, ancora, prededucibili: i crediti nascenti da transazioni concluse dal curatore e da obbligazioni sorte per effetto dell’esercizio provvisorio dell’impresa, cfr., COPPOLA A., sub art. 111, cit., in MAFFEI ALBERTI A., op. cit., p. 777, anche quando trovano fonte in qualsiasi atto o fatto idoneo a produrle in conformità all’ordinamento giuridico, quali la gestione di affari, il pagamento dell’indebito e l’arricchimento senza causa cfr. BONSIGNORI A., op. cit., p. 234 e, addirittura, secondo PROVINCIALI R., Trattato di diritto fallimentare, Milano, 1974, vol. III, p. 1663, gli alimenti al fallito ex art. 47 l. fall.; v. anche Cass. civ., sez. I, 10 aprile 1999, n. 3518, in Fall., 2000, 403; Id., 14 marzo 2001, n. 3664, in Dir. fall., 2001, II, 678, con nota di RAGUSA MAGGIORE G. Prededucibili sono, inoltre, le obbligazioni tributarie fondate su un presupposto imponibile relativo alla fase successiva alla sentenza di fallimento, quali l’imposta di registro, l’IVA per operazioni compiute dal curatore, ma non la rivalsa IVA su crediti concorsuali (v. Cass. civ., sez. I, 6 agosto 1993, n. 8556, in Giust. civ. Mass., 1993, p. 1267; Id., 4 giugno 1994, n. 5429, in Giust. civ. Mass., 1994, fasc. 6; Id., 2 febbraio 1995, n. 1227, in Giust. civ., 1995, I, 1192; Id., 14 febbraio 2011, n. 3582, in Giust. civ. Mass., 2011, 2, 238; Id., 11 aprile 2011, n. 8222, in Giust. civ., 2012, 1, I, 217), l’INVIM decennale (Cass. civ., sez. I, 21 ottobre 2010, n. 21643, in Giust. civ. Mass., 2010, 10, 1350), l’ICI, l’IMU, la Tassa di possesso degli autoveicoli (Cass. civ., sez. I, 1994, n. 18194; ma, contra, BOZZA G. e SCHIAVON G., op. cit., p. 498, perché dopo la trascrizione al P.R.A. della sentenza di fallimento, non vi sarebbe dubbio sullo spossessamento del proprietario con il venir meno del presupposto della tassa); per la prededucibilità dei debiti anteriori al fallimento nel caso di c.d. condono tributario, a seguito di dichiarazione del curatore di avvalersi delle norme di agevolazione, ex art. 33 d. l. 429/1982, conv. in l. 516/1982, v. FALSITTA G., Ulteriori precisazioni e proposte sulla «questione fiscale» delle procedure concorsuali, in Giurisprudenza commerciale, 1983, fascicolo 2/II, p. 236; CENSONI P.F., L’amministrazione straordinaria delle imprese armatoriali e i «debiti della massa», in Giur. Comm., 1983, fasc. 2/I, p. 185; Cass. civ., sez. I, 26 ottobre 1998, n. 10614, in Fall., 1999, 1089, con nota di STESURI; Trib. Sulmona, 11 marzo 2003, in Fall., 2004, p. 434; Id, 6 aprile 2003, in Fall., 2003, p. 1232; contra, BOZZA G. e SCHIAVON G., op. cit., p. 497. Per la prededucibilità dell’imposta di registro sull’enunciazione di una società di fatto contenuta nella sentenza dichiarativa di fallimento, quale costo che la procedura deve sopportare per il suo svolgimento, anche quando il fallimento sia stato dichiarato su istanza dei soci (cfr., Cass. civ., SS. UU., 20 dicembre 1982, n. 7039, in Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 12). La Suprema Corte ha, inoltre, chiarito che la definizione funzionale dei crediti prededucibili consente di trasporre nel campo della prededucibilità anche crediti sorti antecedentemente alla dichiarazione di fallimento, purchè sorti in funzione della procedura (cfr., da ultimo, Cass. civ., sez. I, 5 marzo 2012, n. 3402, in Giust. civ. Mass., 2012, 3, p. 371) e ha quindi avvallato l’orientamento dottrinale, già seguito da una parte della giurisprudenza di merito, secondo cui della prededuzione partecipano anche i crediti maturati prima del decreto di ammissione alla procedura, ad esempio quelli maturati per l'espletamento di attività professionali utili e necessarie a consentire l'accesso del debitore alla procedura di concordato preventivo (BONFATTI S., I concordati preventivi di risanamento, in Le procedure concorsuali, a cura di CAIAFA A., II, Padova 2011, pp. 1379 ss.; DIDONE A., Il controllo giudiziale sulla nuova prededuzione del finanziamento dei soci postergabile, in Soc., 2011, p. 1093; AMBROSINI S., Appunti flash sull'art. 182 quater della legge fallimentare, in il Caso.it, II, 204/2010, pp. 2 e ss.; NARDECCHIA G.B., sub art. 182quater, in Commentario alla legge fallimentare, diretto da CAVALLINI C., vol. 3, Milano 2010, pp. 852 ss. Nella giurisprudenza di merito, cfr. Trib. Treviso 16 giugno 2008, in Fall., 2008, 1209; Trib. Milano 20 agosto 2009, ivi, 2009, 1413). È stata, quindi, ritenuta prededucibile la prestazione del professionista che supporti il debitore nella verifica ella situazione dell’impresa per valutare al meglio se la crisi risulti o no superabile e, conseguentemente, redica istanza di fallimento in proprio (Trib. Pistoia, 24 ottobre 2011, in www.ilcaso.it; Trib. Terni, 22 marzo 2012, in www.osservatorio–oci.it, che riconosce la prededuzione solo per le spese legali del creditore istante, cui è imposta la difesa tecnica ma non, invece, in caso di domanda di fallimento in proprio); la Suprema Corte, nella precitata sentenza n. 3402/12, cit., inoltre, ha ritenuto prededubilile il compenso del subappaltatore, il cui pagamento permetta all’appaltatore fallito di presentare all’ente pubblico appaltante quietanze necessarie a ricevere il prezzo dell’appalto, essendo il pagamento del corrispettivo in favore del subappaltatore condizione per la riscossione del credito 17 La lettera della norma, che parla di crediti sorti in occasione o in funzione del concordato preventivo e di dell’appaltatore ai sensi dell’art. 118, comma 3, d. lgs. 113/07. Stante l’inciso letterale che riconosce la prededubilità dei crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla legge fallimentare (cfr., artt. 111, comma 2, l. fall., cit.), è stata ritenuta la prededucibilità dei crediti venuti a esistenza durante il concordato preventivo (v. MIELE C., op. cit., p. 1321 s.), laddove, prima della riforma, la prededucibilità era stata riconosciuta solo per il compenso degli organi (per tutte, Cass. civ., sez. I, 19 agosto 1983, n. 5402, in Foro it., 1983, I, 2748; Cass. civ., sez. I, 3 ottobre 1983, n. 5753, in Fall., 1984, p. 691), ma non per le spese per la continuazione dell’impresa (Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 1979, n. 353, in Giust. civ. Mass., 1979, p. 164; Id., 9 marzo 1979, n. 1467, in Id Giust. civ. Mass. 1979, fasc. 3; Id., 4 giugno 1980, n. 3636, in Foro it. 1981, I, 815.; Id., 5 febbraio 1988, n. 1258, in Fall. 1988, 453, e in Dir. fall. 1988, II, 391.; Id., 5 maggio 1988, n. 3325, in Fall., 1988, 967; Id., 26 giugno 1992, n. 8013, in Fall., 1992, 1027; Id., 27 ottobre 1995, n. 11216, in Fall., 1996, 529, con Osservazioni di MARCHETTI), stante le finalità meramente liquidatorie del concordato preventivo, salvo il caso in cui la continuazione dell’attività d’impresa avesse costituito elemento essenziale e fondante della proposta di concordato (Cass. civ., sez. I, 5 agosto 1996, n. 7140, in Giust. civ. Mass., 1996, 1104; Id., 12 marzo 1999, n. 2192, in Fall., 2000, 370, con nota di RAGO); Id., 2 agosto 2002, n. 11580, in Fall., 2003, 603, con nota di MARELLI; Id., 14 febbraio 2011, n. 3581, in Giust. civ. Mass., 2011, 2, 238. Sono, dunque, prededucibili: i crediti per il compenso del commissario giudiziale e del liquidatore giudiziale, assistiti per giunta da duplice privilegio di cui agli artt. 2755 e 2770 c.c. (così, Trib. Terni, 13 giugno 2011, in Fall., 2011, p. 1007); i crediti per i compensi del legale e degli altri professionisti che hanno assistito il debitore nel giudizio di omologazione del concordato preventivo (in tal senso, già Cass. civ., sez. I, 1992, 8889; contra, Trib. Sulmona, 23 ottobre 2003, in Fall., 2004, p. 579; Trib. Pordenone, 8 ottobre 2009, in Fall., 2010, p. 624; Trib. Bari, 17 maggio 2010, in Giur. Mer., 2011, p. 1301; Trib. Pistoia, 24 ottobre 2011, in www.ilcaso.it, secondo cui la prededucibilità del credito deriva dall’essere sorto per atto degli organi fallimentari), o comunque nella fase successiva all’ammissione al concordato preventivo in quanto sorti in occasione o in funzione del concordato e nell’interesse della massa dei creditori che beneficerebbe, in tal caso, del miglior trattamento previsto dal concordato rispetto a quello che deriverebbe dal fallimento. Si è già ricordato sopra, al paragrafo precedente, come tra i crediti prededucibili vi siano anche gli atti legalmente compiuti ai sensi dell’art. 161, comma 7, l. fall., ossia, dopo il deposito della domanda, anche solo prenotativa, di concordato preventivo, se di ordinaria amministrazione ovvero, previa autorizzazione del Tribunale, se di straordinaria amministrazione. Tale disposizione era necessaria, quanto meno per ragioni di coerenza, per disciplinare il regime degli atti compiuti nel periodo intercorrente tra il deposito della domanda di concordato in bianco, con riserva, e il successivo deposito del piano, della proposta e degli altri documenti di cui all’art. 161, commi 2 e 3. l. fall. Sono esclusi dalla prededuzione, quindi, i crediti professionali anteriori al concordato preventivo, rectius, al deposito della relativa istanza, anche con riserva, ove non funzionali alla sua ammissione e godranno, invece, del privilegio ex art. 2751 bis, n. 2, c.c. L’art. 169 bis, comma 2, l. fall., introdotto dall’art. 33, d. l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, le cui disposizioni, a mente dell’art. 33, cit., comma 3, si applicano a partire dall’11 settembre 2012, ha precisato che il credito all’indennizzo - dovuto alla parte in bonis del contratto in corso di esecuzione che subisce la sospensione o lo scioglimento - è soddisfatto come credito anteriore al concordato, con ciò escludendo, quindi, siffatto credito dal beneficio della prededucibilità. altre procedure concorsuali, mediante l’uso della disgiuntiva, appare esprimere inequivocabilmente due concetti alternativi legittimanti sia il criterio cronologico sia quello teleologico, attribuendo, in sostanza, la prededuzione, rispettivamente, sia ai crediti sorti durante il concordato preventivo, sia a quelli antecedenti all’ammissione dell’imprenditore al concordato preventivo ma ad esso finalizzati, punto, in forza di un nesso di funzionalità53 - rimarrebbe irrilevante, invece, “il criterio dell’origine del credito per atto degli organi concordatari”54. Cfr., Cass. civ., sez. I, 6 agosto 2010, n. 18437, in Giur. comm. 2011, 4, II, 873, con nota di CIERVO, la quale, peraltro, ribadisce anche il principio di consecuzione delle procedure concorsuali; Trib. Udine, 15 ottobre 2008, in Fall., 2009, p. 1414; Trib. Udine, 6 marzo 2010, in Fall. 2010, p. 998; Trib. Terni, 13 giugno 2011, in Fall., 2011, p. 1339; Trib. Prato, 24 giugno 2011, in www.ilcaso.it. Nella precitata giurisprudenza, in particolare, si è chiarito che il nesso di funzionalità è rappresentato dalla diretta strumentalità ai fini dell’avvio della procedura concorsuale alternativa al fallimento e dalla utilità per la massa dei creditori (Trib. Udine, 6 marzo, 2010, cit.; Trib. Prato, 24 giugno 2011, cit.). Anche MIELE C., op. cit., p. 1318, è dell’idea che l’utilità per la massa sia criterio integrativo e non alternativo a quello, rispettivamente, cronologico e teleologico il quale ultimo, d’altra parte, andrebbe interpretato, secondo COPPOLA A., sub art. 111, l. fall., cit., in MAFFEI ALBERTI A., Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2013, p. 779, nel senso che vanno esclusi i crediti per attività che comunque sarebbero state svolte anche ove l’imprenditore non avesse inteso attivare procedure alternative al fallimento. Così, in forza del criterio funzionale sono stati ritenuti prededucibili, in quanto e nella misura in cui utili per la massa dei creditori: la prestazione del professionista che assiste l’imprenditore nella predisposizione e nel deposito della domanda di concordato preventivo, purchè sia intervenuto il relativo decreto di ammissione (Trib. Udine, 15 ottobre 2008, cit.; Trib. Udine, 6 marzo 2010, cit.) – mentre Trib. Pordenone, 8 ottobre 2009, escludeva la prededucibilità del compenso al professionista perché non sorto sotto il controllo del giudice dopo l’apertura della procedura; il patrocinio prestato dopo l’apertura del concordato preventivo, e nell’ambito di una fase della procedura medesima, qual è il giudizio di omologazione (Trib. Milano, 26 giugno 2009, in Riv. Dir. Comm., 2010, p. 190). Secondo il Trib. Varese, 11 aprile 2011, in www.ilcaso.it, non andrebbero ritenuti direttamente funzionali al concordato preventivo i crediti sorti in epoca anteriore al deposito del ricorso e nascenti da rapporti di cui si prevede la continuazione, pur essendo detti rapporti ritenuti essenziali perla continuazione dell’impresa, e dunque dovrebbero ritenersi concorsuali. Né, ancora, prededucibili dovrebbero ritenersi, secondo il Trib. Vicenza, 11 ottobre 2010, in www.ilcaso.it, il credito per il compenso a titolo di assistenza professionale nel giudizio di revoca dell’ammissione al concordato preventivo ex art. 173, l. fall., e conseguente dichiarazione di fallimento. Con riferimento all’abrogata amministrazione controllata, invece, si è detto che, avendo - la stessa - finalità cautelari rispetto al successivo fallimento, ed anche recuperatorie, i crediti derivanti dalla continuazione dell’attività d’impresa dovevano essere riconosciuti sempre come prededucibili, con il limite di non poter incidere negativamente sulla soddisfazione dei creditori muniti di privilegio speciale, cfr., solo ex pluribus, Cass. civ., sez. I, 16 maggio 1983, n. 3369, in Giust. civ. Mass., 1983, fasc. 5; Id., 16 novembre 1989, n. 4892, in Giust. civ. Mass., 1989, fasc. 11; Id., 15 luglio 1992, n. 8590, in Giust. civ. Mass., 1992, fasc. 7; Id., 17 giugno 1995, n. 6852, in Giust. civ. Mass., 1995, fasc. 6. 54 Così, COPPOLA A., sub art. 111, cit., in MAFFEI ALBERTI A., op. ult. cit., p. 779. Cfr., anche, Trib. Pordenone, 8 ottobre 2009, in Fall., 2010, p. 624; Trib. Pistoia, 24 ottobre 2011, in www.ilcaso.it. Del resto, come correttamente osservato 53 18 Vero è, tuttavia, che, se per i crediti sorti “in occasione” del concordato preventivo o di altra procedura concorsuale non appaiono sussistere dubbi sulla relativa prededucibilità, diversamente, secondo un diffuso orientamento giurisprudenziale, i crediti sorti antecedentemente ma “in funzione” di una di tali procedure, ove contestati, ben potrebbero essere oggetto di apposito vaglio giudiziale per mezzo dell’ordinario giudizio di accertamento in fase di esecuzione del concordato55, ovvero di verifica dello stato passivo, in caso di successivo fallimento56 - non così, però, dovrebbe ritenersi per i crediti qualificati prededucibili ex lege, quali quelli di cui all’art. 161, comma 7, l. fall., e quelli relativi ai finanziamenti di cui agli artt. 182 quater e 182 quinquies, inl. fall., ferma la questione della sopravvivenza o meno, ai fini dell’affermazione della prededucibilità, dei principi in materia di consecuzione tra procedure57. Volendo procedere per macro categorie, senza pretese di esaustività, si possono ricordare, tra i crediti sorti “in occasione”, a titolo di esempio, le spese strettamente inerenti le procedure, le spese derivanti dall’esistenza di beni al momento dell’apertura della procedura, le spese derivanti dall’acquisizione di beni che pervengano al fallito successivamente all’apertura della procedura, le spese giudiziali relative a procedimenti radicati in corso di procedura, le spese originate dall’attività negoziale del curatore e, ancora più in generale, le situazioni giuridiche soggettive consistenti nelle obbligazioni sorte nel corso della procedura, qualsiasi ne sia la fonte, compresi eventuali illeciti riferibili al curatore58. Nella locuzione “crediti in funzione”, invece, si dovrebbe ricomprendere, sempre in linea generale, quelli relativi ad oneri riconducibili ad attività o iniziative di terzi, da cui derivino comunque risultati utili per la massa dei creditori. da autorevole dottrina, il concordato preventivo non espropria l’imprenditore del suo potere di gestione per attribuirlo agli organi della procedura e, peraltro, anche in sede fallimentare, sono qualificati come prededucibili spese rispetto alla formazione delle quali l’ufficio fallimentare è del tutto estraneo, cfr. cfr., RUISI G. – CENSONI P. F., Il fallimento, in (diretto da) BIGIAVI W., Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, Torino, 1978, pp. 586 e s.; VITALE A., I debiti della massa nel fallimento, Milano, 1975, p. 15. Prededucibili, del resto, sempre in sede fallimentare, sono considerati anche quei debiti originariamente concorsuali, in quanto assunti dal fallito anteriormente alla dichiarazione di fallimento, ma trasformati in debiti di massa, v. COPPOLA A., sub art. 111, cit. in MAFFEI ALBERTI A., op. loc. ult. cit.,. 55 Cfr. Trib. Terni, 13 giugno 2011, in Fall. 2011, p. 1339. 56 Cfr., Cass. civ., 18 novembre 2010, n. 23353, in Resp. civ. e prev., 2011, 10, p. 2082, con nota di PETRUCCO e TOFFOLO; Id., 15 gennaio 2003, n. 515, in Fall., 2003, p. 1282; Id., 29 gennaio 2002, n. 1065, in Giust. civ. Mass., 2002, 151. 57 Nel senso della sopravvivenza di tale criterio, v. MIELE C., op. ult. cit., p. 1318; TRINCHI A., sub art. 111, l. fall., Ordine di distribuzione delle somme, in (a cura di) CAVALLINI C., Commentario alla legge Fallimentare, Milano, 2010, vol. 2, p. 1184, in particolare, evidenzia la necessità dell’identità delle cause di dissesto e della stretta consecutività temporale. Contra, CATALLOZZI P., Crediti sorti durante il concordato preventivo e loro tutela nel successivo fallimento: è ancora sostenibile la teoria della consecuzione ?, in Fall., 2008, p. 443. 58 Cfr., per tutti, LO MUNDO E., sub art. 111, cit., pp. 1426 e s. Per questo genere di oneri, siccome non assunti direttamente dagli organi di procedura, l’opportunità degli stessi non potrà che essere valutata ex post; laddove per quelli contratti in “in occasione”, comunque riferibili direttamente agli organi di procedura, detta valutazione dovrà essere effettuata ex ante. Poiché la norma parla di funzionalità rispetto a procedure concorsuali, comprese, dunque, anche quelle “minori”, è gioco forza inferire che, in caso di consecuzione di procedure, ad esempio nel caso in cui il concordato preventivo sfoci per qualsiasi ragione in dichiarazione di fallimento, godranno della prededucibilità anche i debiti contratti dall’imprenditore nella procedura minore quando abbiano determinato un incremento delle attività o una diminuzione delle passività59. Parrebbe, invece, collocarsi a metà strada l’ipotesi ricordata da COPPOLA A., in MAFFEI ALBERTI A., op. cit., p. 773, ossia quella dei crediti originariamente concorsuali, perché originati anteriormente alla dichiarazione di fallimento e, dopo la stessa, trasformati in crediti prededucibili, come nel caso dell’art. 74, l.f. (per i contratti a esecuzione periodica o continuata, quando il curatore subentri nel rapporto), in generale; e, più in particolare, il caso di cui all’art. 82, comma 2, l. fall. per il pagamento dei premi assicurativi pregressi. Con riferimento a tale categoria, parte della dottrina utilizzava una definizione meramente “funzionale” di tali crediti, definiti come “costi assunti nell’interesse dei creditori concorsuali per il conseguimento degli scopi dell’esecuzione collettiva”, cfr., RUISI G. – CENSONI F., op. loc. ult. cit.; VASELLI M., I debiti della massa nel procedimento di fallimento, Padova, 1951, pp. 4 e 18; piuttosto che non processuale, siccome strettamente legata alla procedura concorsuale, come BOZZA G. – SCHIAVON G., L’accertamento dei crediti e le cause di prelazione, Milano, 1992, 467. Soprattutto, ove si assuma una definizione processuale di crediti prededucibili, secondo una parte della dottrina, dovrebbe ritenersi che la prededucibilità sia destinata a venir meno con la chiusura del fallimento e i crediti nei confronti della massa dovranno essere soddisfatti nei confronti del fallito tornato in bonis al pari di ogni altro credito, cfr. LIMITONE G., Prededuzione, in FERRO M. (a cura di), Le insinuazioni al passivo. Trattato teorico-pratico dei crediti e dei privilegi nelle procedure fallimentari, vol. I, Milano, 2005, p. 559; MIELE C., sub art. 111, in (a cura di) FERRO M., La legge fallimentare. Commentario teoricopratico, Padova, 2007, p. 872. Contra, cfr. FABIANI M., Decreto di esecutorietà dello stato passivo e accertamento negativo sul credito, in Fall., 1997, p. 1096 e ss., il quale sostiene l’efficacia extrafallimentare della prededucibilità. Sulla base di tale distinzione, altra parte della dottrina sostiene che le spese del procedimento fallimentare, costituendo un diritto di collocazione preferenziale sul ricavato che ha origine nel processo, si estinguono con esso, laddove i debiti per l’amministrazione del fallimento e per la continuazione dell’esercizio dell’impresa sono obbligazioni vere e proprie, destinate a sopravvivere alla chiusura del fallimento, ove anche solo parzialmente insoddisfatte, cfr. BONSIGNORI, La liquidazione dell’attivo, cit., p. 224 s.; contra, BOZZA G. – SCHIAVON G., op. cit., p. 477. Sul pagamento dei debiti della massa dopo la chiusura del fallimento e, in particolare, nel senso che dopo la chiusura del fallimento, il fallito deve adempiere le obbligazioni contratte dal curatore nell’ambito dei suoi poteri (così anche TEDESCHI G.U., Manuale del nuovo diritto fallimentare, Padova, 2006, p. 462), e deve anche pagare i debiti della massa che non sia stato possibile adempiere (TEDESCHI G.U., ibidem; DE FERRA G., Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1988, p. 268), con estinzione però della prededuzione e la conseguenza che anche i creditori della massa concorreranno sui beni residui dell’ex fallito al pari degli altri chirografari, e salvi i privilegi e i diritti di ritenzione disciplinati dal codice civile, cfr. LUNGHINI B., sub art. 120, in MAFFEI ALBERTI 59 19 5. Il trattamento e la collocazione dei crediti dei professionisti incaricati di attività funzionali all’accesso alle procedure minori 1) All’indomani dall’introduzione dell’art.182quater, l. fall.60 nell’articolato della legge fallimentare, dottrina e giurisprudenza si sono da subito divise in ordine al rapporto tra la predetta disposizione, che prevede specifiche ipotesi di crediti prededucibili (i.e.: quelli da finanziamento in funzione o esecuzione del concordato preventivo ovvero dell’accordo di ristrutturazione), e l’art. 111, comma 2, l. fall., come riformato nel 2005, che estendeva la prededucibilità alla generale categoria dei crediti sorti in occasione o in funzione del concordato preventivo o di altre procedure concorsuali. La questione assumeva preminente rilevanza, anche pratica, a motivo che l’originario art. 182quater, comma 4, collocava in prededuzione il credito del professionista incaricato di predisporre la relazione – rispettivamente di cui agli articoli 161, terzo comma, e 182bis, primo comma, purché tale collocazione fosse espressamente disposta nel provvedimento con cui il tribunale avesse accolto la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero l'accordo fosse omologato. La specificità delle ipotesi considerate nell’art. 182quater (crediti dei finanziatori e del professionista attestatore), pur sempre afferenti ad attività funzionali alle procedure minori ivi indicate, accreditava il dubbio che gli altri crediti per attività o prestazioni, pur funzionali, dovessero ritenersi non prededucibili, nonostante l’art. 111, comma 2, l. fall. Dubbio, in verità, ancor più forte – giusta l’art. 182quater, comma 4 - per i vari professionisti che a diverso titolo assistono il debitore nella predisposizione e nella presentazione della domanda, dei documenti e delle relazioni ex art. 160, comma 2, l. fall., evidentemente funzionali all’accesso al c.p. o agli a.r.d. Secondo un primo orientamento, che ha trovato largo seguito nella giurisprudenza di merito, infatti, l’effetto delle previsioni di cui ai primi quattro commi dell’art. 182quater, l. fall., sarebbe stato quello di restringere la portata del dettato dell’art. 111, comma 2, l. fall., sopra citato, nel senso di escludere la prededucibilità di ogni altro credito, diverso da quelli considerati dal predetto art. 182quater, l. fall., pur sorto in funzione del concordato preventivo61. Autorevole dottrina, nondimeno, sostiene, invece, che l’art. 182quater, l. fall., avrebbe la funzione di individuare in via preventiva specifiche ipotesi di crediti funzionali, la cui valutazione di prededucibilità è effettuata a priori dal legislatore, anziché nel successivo ed eventuale fallimento; senza escludere, però, il beneficio della A., Commentario breve, ult. cit., p. 822; DEL VECCHIO F., Le spese e gli interessi nel fallimento, cit., pp. 211 ss.; VITALE A., I debiti della massa nel fallimento, cit., pp. 88 ss. 60 A sua volta introdotto dall’art. 48 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, in vigore dal 31 maggio 201, e convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, entrata in vigore il 31 luglio 2010 (G.U. n. 176 del 30 luglio 2010 - Suppl. Ordinario n. 174). 61 Cfr., solo ex pluribus, Trib. Pistoia, 24 ottobre 2011, in www.ilcaso.it; Trib. Milano, 26 maggio 2011, in Fall., 2011, p. 1337; Trib. Terni, 13 giugno 2011, in Fall., 2011, p. 1007. prededuzione in favore di altri e diversi crediti nella misura in cui funzionali al concordato preventivo, da qualificare come tali a mente della generale disposizione di cui all’art. 111, comma 2, l. fall., secondo valutazione rimessa al giudice nella successiva ed eventuale sede fallimentare62. In altri termini, secondo tale prospettiva interpretativa, il rapporto tra il vigente art. 111, comma 2, cit. e l’originario art. 182quater, cit. andava risolto, non già nel senso di un coordinamento che implichi la delimitazione della categoria dei crediti prededucibili siccome funzionali al concordato preventivo, bensì nel senso che le due predette norme disciplinerebbero due diverse categorie di crediti funzionali e, appunto, come tali entrambe prededucibili, ma distinte in ragione del relativo modus operandi in sede fallimentare: in via automatica, ope legis, per quelli di cui all’art. 182 quater, cit.; in base a valutazione rimessa al giudice in sede di ammissione al passivo, per i restanti crediti funzionali pur rientranti nella generale categoria dell’art. 111, comma 2, l. fall. La prima delle sopra succintamente esposte tesi, in effetti, non convince perché porterebbe a una sostanziale abrogazione dell’art. 111, comma 2, l. fall., che è poi l’unica norma concorsuale che regola i crediti prededucibili in sede fallimentare; risultato che, come è stato bene osservato63, non appare nemmeno giustificato dalla sedes materiae dell’art. 182quater, cit., disposizione introdotta nel titolo III, della legge fallimentare, recante la disciplina del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione. In particolare, l’art. 182quater, cit., era stato introdotto dal d.l. 78/2010, cit., conv. in l. 122/2010, cit., cioè nell’ambito di un provvedimento contenente misure urgenti in materia di competitività economica, unitamente ad altre norme direttamente finalizzate a rendere più efficace sia il concordato preventivo che gli accordi di ristrutturazione, ai fini di agevolare il ricorso a soluzioni alternative rispetto al fallimento. In quest’ottica, dunque, la ratio di siffatta norma non poteva essere certamente quella di limitare l’applicazione dell’art. 111, comma 2, l. fall., bensì, se mai, quella di garantire a priori il trattamento preferenziale di alcuni creditori funzionali e assolutamente decisivi per l’ammissione al concordato preventivo64. Scelta quanto mai opportuna, anche allo scopo di riallineare in questo senso - eliminando in radice ogni dubbio anche in relazione a - il trattamento dei crediti per Cfr, BONFATTI S., Le procedure di composizione negoziale della crisi d'impresa: opportunità e responsabilità - Convegno Nazionale di Reggio Emilia, 8 ottobre 2010 - Il sostegno finanziario dell'impresa nelle procedure di composizione negoziale delle crisi, in Il Caso.it, II, 214/2010, pp. 22 e s.; STANGHELLINI L., Finanziamenti-ponte e finanziamenti alla ristrutturazione, cit., p. 1352; FERRO M. – FILOCAMO F.B., sub art. 182quater, in FERRO M. (a cura di), La Legge Fallimentare, cit., p. 2196; VALENSISE P., sub art. 182quater, in NIGRO A. – SANDULLI M. – SANTORO V. (a cura di), La Legge fallimentare dopo la riforma, cit., p. 2343; AMBROSINI S., Profili civili e penali delle soluzioni negoziate nella L. n. 122/2010, in Fall., 2011, p. 646; DIDONE A., Prededuzione, cit., p. 922. 63Cfr., COPPOLA A., sub art. 111, l. fall., cit., p. 781. 64 Cfr., PATTI A., L’esclusione della prededucibilità dei crediti di professionisti diversi dall'attestatore del piano ex art. 161, comma 3, l. fall. - La prededuzione dei crediti funzionali al concordato preventivo tra art. 111 ed art. 182quater, l. fall., in Fall., 2011, p. 1337. 62 20 finanziamenti funzionali agli accordi di ristrutturazione; atteso che la controversa natura di questo istituto rischiava di porli al di fuori della regola di prededucibilità sancita dall’art. 111, comma 2, l. fall., cit.65 Indipendentemente dalla soluzione al problema se detti crediti funzionali siano prededucibili in sede concordataria (o di esecuzione degli a.r.d.), pertanto, quel che appare assodato è che essi - ossia i crediti individuati dall’art. 182quater, così come quelli elencati dall’art.182quinquies66 e, non ultimi, i crediti scaturiti da atti di ordinaria amministrazione ovvero di straordinaria amministrazione in quanto autorizzati, ai sensi dell’art. 161, comma 7, l. fall.67 - devono essere tutti considerati crediti prededucibili almeno nel successivo fallimento in quanto espressamente qualificati tali da una specifica disposi zione di legge (art. 111, comma 2, l. fall., prima parte); senza che da ciò derivi alcuna efficacia limitativa della più generale categoria dei crediti prededucibili in quanto funzionali (o comunque “sorti in occasione del concordato preventivo”). L’opposta prospettiva, infatti, avrebbe portato all’estrema conseguenza di un (a dir poco) clamoroso vulnus di legittimità costituzionale sotto il profilo del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost., nel suo nucleo forte68; e ciò, in ragione dell’art. 182quater, comma 4, l. fall., che, limitando la prededucibilità al solo professionista attestatore, alimentava il dubbio sulla correlata esclusione dell’applicazione dell’art. 111, comma 2, l. fall. agli altri professionisti, che pur assistono il debitore nella predisposizione degli atti e dei documenti necessari per il deposito del ricorso e della domanda di concordato preventivo (o di omologazione degli a.r.d.) e che, in quanto non considerati dall’art. 182quater, avrebbero subito un trattamento deteriore. V., supra, note nn. 48 e 49; a sua volta, dall'art. 33 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge, con modificazioni, dalla l., 7 agosto 2012, n. 134, le cui disposizioni, ai sensi dell’art. 33, comma 3, d.l. 83/2012, cit., si applicano a partire dall’11 settembre 2012. 67 Comma introdotto dalla l., 7 agosto 2012, n. 134, che ha convertito con modificazioni il d.l., 22 giugno 2012, n. 83. La modifica si applica, ai sensi dell’art. 33, comma 3, d.l. 83/2012, cit., sempre a partire dall’11 settembre 2012. Merita, altresì, evidenziare che il comma in questione è stato, da ultimo, modificato anche dal d.l., 21 giugno 2013, n. 69, che, dopo le parole «sommarie informazioni» ha aggiunto, con effetto dal 22 giugno 2013, le parole «e deve acquisire il parere del commissario giudiziale, se nominato», introducendo un ulteriore presupposto per l’autorizzazione al compimento di atti di straordinaria amministrazione dopo il deposito della domanda di concordato preventivo. 68 Dubbi sulla ragionevolezza dell’esclusione dall’art. 182quater, degli altri professionisti, diversi dall’attestatore, quali i revisori, gli advisors finanziari, industriali e legali, quelli incaricati della relazione ex art. 160, comma 2, art. 161, comma 2, lett. a, nonchè art. 182bis, comma 6, l. fall., sono stati sollevati da diversi autori, cfr., per tutti, RIZZARDO G.B., sub art. 182quater, l. fall., in MAFFEI ALBERTI A., Commentario breve alla legge fallimentare, VI ed., Padova, 2013, p. 1285; cfr. DIDONA A., Prededuzione, cit., p. 913. Cfr., altresì, Trib. Pistoia, 24 ottobre 2011, cit., che, infatti, aveva esteso l’applicazione dell’art. 111, comma 2 anche al professionista incaricato dell’attestazione di cui all’art. 160, comma 2, l. fall., relativa al grado di capienza del privilegio ai fini della falcidia dei creditori privilegiati. 65 66Introdotto, Da tali dirimenti considerazioni, pertanto, discende, quale logico corollario, che l’abrogazione69 dell’art. 182quater, comma 4, cit. non può in alcun modo essere valorizzata nel senso dell’esclusione dalla prededucibilità, quantomeno nel successivo fallimento, dei crediti in essa prima individuati. Essa, piuttosto, ne impone la riconduzione all’alveo dei crediti prededucibili in quanto funzionali ex art. 111, comma 2, seconda parte, l. fall., cit., da accertarsi secondo le modalità di verifica dello stato passivo di cui agli artt. 93 e ss., l. fall.70; con la precisazione che, quanto ai limiti dell’ampiezza del sindacato del Giudice Delegato nell’accertamento di essi in sede di ammissione allo stato passivo fallimentare, il giudizio dovrebbe essere limitato ai profili di legittimità connessa alla verifica del nesso funzionale, senza però estendersi a qualsivoglia vaglio di merito e di ragionevolezza. Si tratterebbe di modifica, quest’ultima, potenzialmente intesa alla tutela degli interessi dei creditori di converso già ampiamente assicurata, come giustamente osservato da autorevole dottrina71, dagli strumenti di intervento diretto (impugnazione e revocazione ex art. 98, l.f.), agli stessi riconosciuti in sede di formazione dello stato passivo fallimentare, sufficienti a escludere la necessità e, comunque, la legittimità di un ruolo suppletivo del Giudice delegato. Coerentemente a questa impostazione, si deve anche inferire che l’introduzione, così come (ora, a maggior ragione) la soppressione dell’originario comma 4, dell’art. 182quater, l. fall., nulla toglie alla prededucibilità, con i limiti e gli interrogativi sopra ricordati, dei crediti degli altri professionisti che intervengono in funzione o in occasione (quantomeno) del concordato preventivo. Già prima della sua introduzione, infatti, pur a fronte di un orientamento di segno negativo, che escludeva la prededucibilità del credito, per esempio, del difensore del debitore per le spese del giudizio di omologazione72, non sono mancate decisioni orientate, invece, nel senso della prededucibilità di siffatti crediti73 seppur con molteplici sfumature con particolare riferimento, appunto, ai crediti dei professionisti intervenuti ai fini della presentazione Abrogazione, con effetto dall’11 settembre 2012, avvenuta in sede di conversione, con modificazioni, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, ad opera della l. 7 agosto 2012, n. 134. 70 Cfr., anche, BONFATTI S., Le procedure di composizione negoziale della crisi d'impresa, cit., p. 23 e s. 71 Cfr., COPPOLA A., sub art. 111, l. fall., cit., p. 782. 72 V. Trib. Pordenone, 8 ottobre 2009, in www.ilcaso.it; Trib. Milano, 26 giugno 2009, in Riv. Dir. Comm., 2010, p. 190. Per quanto riguarda le spese anche del giudizio di impugnazione del decreto di non omologazione, cfr., Cass. civ., 16.6.1994, n. 582, cit. 73 V., quanto meno con riferimento al concordato fallimentare, Cass. civ., sez. I, 1992, 8889; contra, con riferimento alle spese del giudizio di omologazione nel concordato preventivo, Trib. Sulmona, 23 ottobre 2003, in Fall., 2004, p. 579. Nel senso, invece, che “Il credito professionale per l’assistenza all’imprenditore nel procedimento di omologazione del concordato preventivo, sfociato in fallimento per mancata omologazione, deve ritenersi sorto “in occasione” della procedura concorsuale di concordato preventivo, e conseguentemente deve essere collocato in prededuzione nel fallimento consecutivo ai sensi dell’art. 111, co. 2, l. fall., a nulla rilevando la circostanza che l’attività professionale non fosse tra quelle previste nel ricorso per concordato preventivo”, cfr., Trib. Reggio Emilia, 14 giugno 2012, in www.ilcaso.it. 69 21 della domanda di concordato preventivo (e, dunque, in fase anteriore al deposito della stessa)74. Dopo l’abrogazione del comma 4, art. 182quater, cit., nondimeno, è stata ribadita, a più forte ragione, la prededucibilità, ai sensi dell’art. 111, comma 2, l. fall., anche se solo nel successivo fallimento, dei crediti dei professionisti intervenuti nella predisposizione, redazione e deposito della domanda e del piano concordatario75. Di recente, peraltro, è intervenuta sull’argomento anche la Suprema Corte che, con la sentenza 8 aprile 2013, n. 853376, ha chiarito che l’art. 111, comma 2, l. fall. contempla la prededucibilità anche per tutti i crediti sorti in funzione di procedure concorsuali, con la conseguenza che la valorizzazione dell’introduzione dell’art. 182quater, l. fall., a sostegno di un’interpretazione immotivatamente restrittiva della disposizione generale fissata nel citato art. 111 (tale, cioè, da annullarne sostanzialmente la portata), contrasterebbe con la lettera della legge e con l’intenzione del legislatore (manifestata già con la legge 122/2010, cit.), all’evidenza individuabile nell’esigenza di favorire il ricorso alle procedure concorsuali diverse da quella liquidatoria del fallimento. In ultima, si aggiunga che, sebbene ai fini del caso sottoposto al collegio, come lo stesso non ha mancato di osservare, la questione potesse ritenersi, in linea di principio, superata dall’abrogazione dell’inciso di cui al precitato comma 4, nondimeno, rimane di valore assorbente la superiore affermazione risoltasi nella negazione di un’efficacia restrittiva dell’art. 182 quater, l. fall., rispetto all’art. 111, comma 2, l. fall. Cfr., Trib. Pordenone, 8 ottobre 2009, in Fall., 2010, p. 624; Trib. Bari, 17 maggio 2010, in Giur. Mer., 2011, p. 1301; Trib. Pistoia, 24 ottobre 2011, in www.ilcaso.it, secondo cui la prededucibilità del credito deriva dall’essere sorto per atto degli organi fallimentari, tale non essendo, invece, quello relativo ad attività prestata – sia pur funzionalmente – ante deposito della domanda di concordato preventivo. Cfr., altresì, Trib. Udine, 15 ottobre 2008, cit.; Trib. Udine, 6 marzo 2010, cit., secondo cui il credito del professionista che ha assistito il debitore nella predisposizione e nel deposito della domanda di concordato preventivo, sarebbe prededucibile sempre che sia intervenuto il relativo decreto di ammissione; ma, secondo il Trib. Modena, 11 gennaio 2010, in www.ilcaso.it, anche se non sia intervenuto il decreto di omologazione da cui il successivo fallimento. Merita, inoltre, di essere segnalata la pronuncia del Tribunale di Terni, che pur dopo l’introduzione - con l. 122/2010 - dell’art. 182quater, l. fall., ha ritenuto che “Una ragionevole interpretazione del disposto di cui agli artt. 182quater e 111, 2 comma, l. fall., impone di concedere la prededuzione sia al credito del professionista attestatore, pur se non espressamente disposta nel provvedimento di ammissione al concordato preventivo, che al credito del professionista il quale abbia predisposto la domanda di concordato, o comunque assistito il debitore nel corso della procedura di ammissione, a prescindere da ogni previsione giudiziale e nonostante quest’ultimo non abbia il ruolo codificato e procedimentalizzato del primo”, cfr., Tribunale Terni 13 giugno 2011, in www.ilcaso.it. 75 Cfr., Trib. Padova, 11 febbraio 2013, in www.ilcaso.it.; ID., 26 marzo 2013, ibidem, ove, ancora più esplicitamente, ha concluso che “i crediti del legale e dei professionisti che hanno collaborato alla redazione del piano - ed in parte quello dell’attestatore - devono essere trattati quali crediti sorti anteriormente alla domanda di concordato e nell’ambito di questa procedura non sono prededucibili. Detti crediti possono, invece, essere considerati prededucibili ai sensi dell’articolo 111 L.F. nell’ambito dell’eventuale successivo fallimento qualora, in sede di accertamento del passivo, si ritenga che siano sorti in occasione o in funzione della procedura di concordato preventivo”. 76 Cfr., Cass. civ., sez. I, 8 aprile 2013, n. 8533, in Dir. & Giust., 2013, 10 aprile. 74 Ove si fosse diversamente opinato in ordine al rapporto tra le due succitate disposizioni, infatti, l’interprete avrebbe dovute coerentemente concludere che, al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 182quater, l. fall., nessun credito, pur funzionale alla procedura, avrebbe potuto beneficiare della prededucibilità. In ragione dei condivisibili principi affermati dalla Suprema Corte, conclusivamente, si può ritenere che, quanto ai crediti dei professionisti per le attività necessarie e propedeutiche alla presentazione della domanda e del piano di concordato preventivo, non può in alcun modo essere posta in dubbio la relativa prededucibilità quanto meno nella successiva ed eventuale sede fallimentare, stante il disposto dell’art. 111, comma 2, l. fall., e salvo l’unico caso limite in cui l’attività svolta dai suddetti professionisti si sia rivelata completamente inutile alla massa; in siffatta eventualità, infatti, il relativo credito diverrebbe a quest’ultima inopponibile con la conseguenza che, non solo non beneficerebbe della prededucibilità ma andrebbe radicalmente escluso dallo stato passivo77. Si tratterebbe di un vaglio da rapportare ex ante (ossia al momento del compimento dell’attività da cui il credito professionale)78 che, però, rischia di estendersi dal mero sindacato di “legittimità” a quello di merito vero e proprio, a meno di ritenere il giudizio sulla radicale assenza di utilità alla massa quale caso limite di esclusione del nesso funzionale tra l’attività che si assume “inutile” e la procedura adita (intesa sempre alla regolamentazione dei crediti della massa in sede concorsuale). Si potrebbe, cioè, riportare nell’alveo del giudizio di legittimità anche quello sulla totale assenza di utilità alla massa, considerandolo dal punto di vista meramente obiettivo e prescindendo da qualsivoglia considerazione sull’elemento soggettivo del professionista, per concentrarsi solo sul nesso funzionale. Il problema è, tuttavia, che non di rado, il professionista, anche il più esperto, è in grado di comprendere le reali possibilità di salvataggio dell’impresa solo dopo un lavoro capillare, tanto più a fronte di comportamenti non sempre trasparenti dei vertici aziendali. In ragione di tale ultima considerazione, peraltro, appare senz’altro condivisibile l’orientamento che riconosce l’utilità dell’attività del professionista che supporti il debitore nella complessa valutazione circa la prognosi di superabilità o meno della crisi e, in caso negativo, nella predisposizione di quanto necessario per avviare la procedura fallimentare79. 77Cfr., Cass. civ., sez. I, 10 maggio 2012, n. 7166, in Dir. & Giust., 2012, 11 maggio, con nota di NOCERA, secondo cui “Non deve essere ammesso al passivo del fallimento il credito per prestazioni professionali di assistenza al debitore nell'ambito della procedura di concordato preventivo qualora le prestazioni si siano rivelate di nessuna utilità per la massa dei creditori e che, sin dall'inizio, non consentivano di individuare alcun plausibile vantaggio per l’impresa destinata, invece, al fallimento”. 78 In sede di motivazione della citata sentenza, n. 7166/2012, cit., la Suprema Corte ha ritenuto immune da censura la motivazione della sentenza del giudice di merito, nella parte in cui ha escluso il credito del professionista, a motivo che la relativa attività era stata prestata in condizioni che, fin dall’inizio, non consentivano alcun plausibile salvataggio dell’impresa. 79 Cfr., Trib. Prato, 24 giugno 2011, secondo cui “il professionista, che supporti la parte debitrice nella verifica della situazione dell'impresa per 22 2) L’abrogazione dell’art. 182quater, comma 4, l. fall., in definitiva, conferma, una volta di più, le conclusioni cui la dottrina era giunta già all’indomani delle modifiche introdotte con le riforme del 2005 e del 2006, allorchè non si è mancato di sottolineare come, in realtà, l’art. 111, l. fall., nella versione di cui al d. lgs. 5/2006, cit., vada letto in correlazione con l’art. 67, comma 3, lett. g), l. fall., nella versione introdotta dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. in l. 14 maggio 2005, n. 80, cit., a tenor del quale sarebbero esentati da revocatoria i “i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali e di concordato preventivo”. Tra siffatti debiti rientrerebbero a pieno titolo, infatti, proprio gli onorari dei professionisti incaricati dall’imprenditore di ideare la proposta concordataria e di predisporre la documentazione richiesta dalla legge per accedervi80. È già stato, invero, osservato che sussiste, tra le due norme di cui sopra (artt. 111 e 67, cit.), un rapporto di complementarietà, la cui finalità sarebbe di accordare protezione agli accordi con i creditori volti al superamento della crisi e, nel contempo, assicurare la consecuzione tra le procedure (concordato e fallimento)81. Il riferimento di cui all’art. 111, l. fall. ai crediti sorti “in funzione” del concordato preventivo andrebbe, pertanto, inteso nel senso che anche i crediti sorti prima dell’apertura della procedura minore sarebbero appunto prededucibili, e non solo semplicemente privilegiati. Tra questi ultimi, più esattamente, andrebbero ricompresi anche quelli che traggono origine da negozi finalizzati all’ammissione al concordato preventivo quali, per esempio, i crediti dei professionisti che hanno assistito il debitore nella predisposizione della domanda di concordato preventivo o che hanno redatto la relazione ex art. 161, comma 3, l. fall.82. consentire al proprio cliente di valutare al meglio se la crisi risulti o meno superabile, supportandolo in caso negativo nella predisposizione di quanto necessario per dar inizio alla procedura concorsuale fallimentare, allorchè tale procedura venga decretata dal giudice svolge utilmente la propria attività in funzione della procedura medesima ed ha, quindi, diritto alla prededuzione ex art. 111, l. fall.”; in senso parzialmente diverso, invece, può richiamarsi il caso deciso da Trib. Vicenza, 11 gennaio 2011, inedito, che non ha ritenuto utile alla massa, anche se non prededucibile nello stato passivo del fallimento, bensì meramente privilegiato ex art. 2751bis, n. 2, c.c., il credito del professionista della relazione ex art. 161, comma 3, l. fall., conclusosi con esito negativo, da cui la mancata presentazione della domanda di concordato preventivo in favore del deposito di domanda di fallimento in cui è stato riutilizzato buona parte del lavoro svolta dallo stesso professionista in sede di verifica della veridicità dei dati aziendali e di fattibilità del piano. 80 cfr., per tutti, JORIO A., Il nuovo diritto Fallimentare, Commentario diretto da JORIO A., coordinato da FABIANI M., vol. I, Bologna, 2006, p. 448; v., sull’argomento, anche GUGLIELMUCCI L., Diritto fallimentare, Torino, 2008, p. 161; ZANICHELLI V., La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali dopo il d. lgs 12.9.2007, n. 169, Torino, 2008, p. 130. 81 Così, GUGLIELMUCCI L., Diritto Fallimentare, Torino, 2008, p. 333. 82 CATTALLOZZI P., Crediti sorti durante il concordato preventivo e loro tutela nel successivo fallimento: è ancora sostenibile la teoria della consecuzione ?, in Fall. 2008, pp. 441 e ss. In altre parole, secondo questa prospettiva interpretativa, la tutela del professionista che ha prestato la propria attività per l’assistenza dell’imprenditore nella procedura di concordato preventivo è stata dal legislatore approntata attraverso l’esenzione - ex art. 67, comma 3, lett. g) - del professionista da revocatorie per i pagamenti ricevuti prima dell’apertura della procedura, attraverso il privilegio ex art. 2751bis, comma 1, n. 2, c.c. e, altresì, la prededuzione in sede di successivo riparto fallimentare ex art. 111, l. fall., per i crediti (anche quelli) anteriori sempre funzionali, in quanto strumentali all’accesso a procedure concorsuali. L’art. 67, cit., in particolare, avrebbe riguardo ai crediti (già scaduti ed esigibili) sorti per attività funzionali e già pagati anteriormente al deposito della domanda di concordato preventivo; l’art. 111, comma 2, l. fall., concernerebbe i crediti (anche quelli) già scaduti ed esigibili ma non ancora soddisfatti, malgrado relativi a prestazioni egualmente funzionali e anteriori al deposito della domanda; residuerebbe l’art. 2751bis, comma 1, n. 2, c.c., per tutte le altre ipotesi oltre che, in ogni caso, ai fini della graduazione all’interno della stessa categoria dei crediti prededucibili. Sicchè, in definitiva, la stessa negazione tout court della prededucibilità - ex art. 111, comma 2, l. fall. - dei crediti dei professionisti che hanno assistito il debitore nella predisposizione degli atti e dei documenti necessari alla presentazione della domanda di concordato preventivo, pur sotto la vigenza dell’oramai abrogato comma 4, dell’art. 182quater, l. fall., si sarebbe tradotta non solo, e non tanto, in un interpretatio abrogans dell’art. 111, l. fall., cit., ma nella ben più grave e radicale violazione dell’art. 3 Cost., in ragione della patente discriminazione tra trattamento dei crediti dei professionisti per prestazioni funzionali a procedure concorsuali, sorti e pagati prima della instaurazione delle stesse, e crediti professionali egualmente funzionali e anteriori, ma non ancora pagati dal debitore che ha adito una delle procedure concorsuali indicate dall’art. 67, comma 3, lett. g), l. fall. In quest’ultimo caso, infatti, il professionista che pure ha svolto fedelmente il suo incarico, subirebbe un trattamento deteriore, in sede concorsuale, rispetto ad altro professionista che, invece, già liquidato anteriormente al deposito della domanda di concordato preventivo, beneficerebbe dell’esenzione dalla revocatoria ex art. 67, comma 3, lett. g); e ciò, a ben vedere, solo per non aver – il primo - preteso né ricevuto, prima del fallimento, il pagamento delle proprie prestazioni svolte. 6. Il trattamento dei crediti prededucibili nelle procedure minori come deroga alla regola dell’ordine delle cause legittime di prelazione Sotto un più generale ma non meno importante profilo, altra questione assai dibattuta è se il riconoscimento della prededucibilità dei crediti sorti in occasione o in funzione di un concordato preventivo (o di un a.r.d., per chi ritiene a questo estensibile l’art. 111, comma 2, l. fall.), produca effetti solo nel successivo ed eventuale fallimento o se, per contro, essa spieghi i suoi riflessi anzitutto e soprattutto nella procedura concorsuale minore. 23 L’interrogativo ripropone la questione della trasponibilità tout court della fattispecie disciplinata dall’art. 111 l. fall., al concordato preventivo e agli accordi di ristrutturazione. È stato osservato che tale trasposizione, in effetti, non appare ontologicamente né giuridicamente possibile nemmeno nel concordato preventivo giacchè, nell’ambito di esso, a tacer del resto, la distribuzione delle somme o delle attribuzioni patrimoniali non deve né può avvenire seguendo l’ordine dell’art. 111, l. fall., bensì in base i principi dettati dall’art. 160, l. fall., e quindi con l’unico limite del rispetto dell’ordine delle cause legittime di prelazione. Da ciò deriverebbe la conseguenza che, se nel fallimento i crediti prededucibili devono essere pagati integralmente e prima di tutti gli altri, diversamente, nel concordato preventivo, l’ordine di pagamento dei crediti dei finanziatori di cui all’art. 182quater, l. fall. dovrebbe dipendere, in buona sostanza, dalla volontà delle parti. Per i finanziamenti-ponte, per esempio, detta volontà sarebbe quella risultante dal piano, oggetto del vaglio di ammissibilità e del voto dei creditori; per i finanziamenti “in esecuzione”, invece, la volontà sarebbe quella consacrata nei contratti di finanziamento. Secondo una prima tesi, quindi, la prededucibilità dei crediti di cui all’art. 182quater, l. fall., non opererebbe nel concordato preventivo allo stesso modo in cui funziona nel fallimento, giacché il debitore potrebbe liberamente concordare con i creditori i termini di pagamento dei crediti prededucibili i quali, dunque, possono precedere o seguire quelli previsti per gli altri creditori concordatari. Ciò sarebbe tanto più vero, si è detto, per i crediti relativi a finanziamenti in esecuzione, vista la loro esclusione dall’ambito di applicazione dell’art. 182quater, ultimo comma, l. fall. (sul divieto di voto e di computo delle maggioranze necessarie). In altri termini, il fatto che l’art. 182quater, u. c., cit. faccia esclusivo riferimento ai finanziamenti-ponte (anche dei soci) e che, dunque, non si applichi ai finanziamenti in esecuzione (recte: ai crediti derivanti dalla loro erogazione), confermerebbe una volta di più la collocazione di questi ultimi al di fuori dal concorso, in quanto soggetti agli accordi tra i finanziatori e il debitore83. Senonchè, ove si ritenesse che anche per i crediti da finanziamento-ponte la prededuzione operi solo nel successivo fallimento, essi rimarrebbero – nel concordato preventivo - necessariamente chirografari in quanto creditori anteriori al deposito della domanda e, come tali, sottoposti agli effetti (falcidiatori) dell’omologa, ai sensi dell’art. 184, l. fall. In tale prospettiva, quindi, il credito da finanziamentoponte potrebbe essere soddisfatto integralmente solo nell’ipotesi di integrale pagamento di tutti i creditori ovvero nel caso di creazione di apposita classe di chirografari (ove collocarli) in quanto destinataria di un pagamento preferenziale rispetto agli altri, pur nel rispetto del divieto di alterare le cause legittime di prelazione84. 83 Così, in particolare, NARDECCHIA G.B., sub art. 182quater, in LO CASCIO G., op. cit., p. 2206. 84 Cfr. FERRO M. e FILOCAMO F.P., op. cit., p. 2185; NARDECCHIA G.B., sub art. 182quater, cit., p. 2211. In altri termini, quindi, i crediti da finanziamento-ponte finirebbero per non essere mai integralmente soddisfatti, disincentivando, in ultima analisi, il ricorso a tale forma di intervento, in evidente controtendenza e, anzi, in grave contraddizione con la ratio e lo scopo della norma introdotta dal legislatore. Per scongiurare il pericolo delle gravi conseguenze di una tale lettura, invero, autorevole dottrina propone di risolvere l’aporia ammettendo che, per i finanziamenti ponte, l’art. 182 quater ponga una deroga al generale divieto di alterare le cause legittime di prelazione85. Senonchè, una tale interpretazione desta più di qualche sospetto di incostituzionalità, quanto meno per violazione dell’art. 3 Cost., ove raffrontata con il trattamento che la stessa dottrina ritiene, invece, riservabile in sede concordataria agli altri crediti comunque prededucibili nel successivo fallimento (professionisti, finanziamenti in corso di procedura minore, etc.)86. Né siffatta lettura sembra, in verità, trovare idoneo appiglio nella lettera dell’art. 182quater, comma 2, cit. che, come visto, parla di “parificazione” dei crediti da finanziamento-ponte ai crediti da finanziamenti di cui al comma 1 dell’art. 182quater, l. fall.; sicchè se questi ultimi, ossia i crediti da finanziamenti in esecuzione, non fossero ritenuti prededucibili in sede concordataria, il dettato letterale dell’art. 182quater, comma 2, cit., non sembra poter legittimare una conclusione diversa per quelli da finanziamenti-ponte. La discriminazione sarebbe ancor più eclatante, anzi, proprio con riferimento ai crediti dei professionisti che Cfr., NARDECCHIA, op. cit., p. 2212, secondo cui la locuzione “parificati ai crediti di cui al primo comma”, riferita ai crediti da finanziamento ponte, disciplinati dal comma 2 dell’art. 182quater, distinta da quella di cui al comma 1 (“prededucibili ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 111”), andrebbe intesa nel senso che, per i crediti da finanziamento ponte, la prededucibilità non sarebbe limitata al successivo ed eventuale fallimento, traducendosi nel diritto all’integrale pagamento degli stessi in deroga al divieto di alterare le cause legittime di prelazione; differenza di trattamento rispetto ai crediti da finanziamenti in corso di concordato, giustificata, anche sul piano procedurale, dal fatto che i crediti da finanziamento ponte sarebbero oggetto di un vero e proprio accertamento, nell’an e nel quantum, in sede di concordato, confermando il rapporto di specialità tra la norma dell’art. 182quater e quella più generale dell’art. 111 l. fall, in tema di prededuzione. 86 Nel senso che i crediti dei professionisti per prestazioni funzionali alla presentazione della domanda di concordato preventivo non sarebbero prededucibili in detta sede, ma solo nel successivo ed eventuale fallimento, cfr. Cfr., Trib. Padova, 11 febbraio 2013, cit., ID., 26 marzo 2013, cit.; Cfr. Trib. Terni 2 aprile 2013, in www.ilcaso.it, p. 4, secondo il quale: “A seguito della soppressione del quarto comma dell’art. 182quater l. fall. - che sanciva la prededucibilità dei compensi spettanti al professionista attestatore, purchè disposta nel decreto di ammissione al concordato – ed anche alla luce del nuovo art. 182quinquies , comma 3, l. fall. (che consente solo nel concordato con continuità, e a determinate condizioni, il pagamento in prededuzione ‘‘di fatto’’ dei crediti anteriori per prestazioni di servizi, come quelle professionali prodromiche alla presentazione della domanda di concordato), non appare più ammissibile la prededuzione endoconcordataria per i crediti di alcuno dei professionisti che assistono il debitore, i quali hanno invece natura privilegiata ex art. 275 bis n. 2 c.c. (ovvero, sussistendone gli specifici presupposti, ex artt. 2755 e 2770 c.c.), ferma restando la loro ammissibilità in prededuzione ex art. 111 l.f., previa verifica giudiziale nella successiva ed eventuale sede fallimentare”. 85 24 hanno reso prestazioni funzionali alla presentazione della domanda di concordato, nella misura in cui non si ritengano pure questi prededucibili anche nella procedura minore. Essi, infatti, rimarrebbero al più privilegiati ex art. 2751bis, comma 1, n. 2, c.c. e, quindi, almeno potenzialmente, falcidiabili sia pur nei limiti e secondo le modalità di cui al nuovo art. 160, comma 2, l. fall. È vero che l’art. 182quater, comma 2, cit. subordina la prededucibilità dei crediti da finanziamento-ponte anche a una valutazione, nell’an e nel quantum, da parte del Tribunale proprio in sede di ammissione al concordato preventivo (ovvero di omologazione dell’a.r.d.), dovendo il giudice stesso decidere della collocazione in prededuzione espressamente nel provvedimento di ammissione del ricorrente al beneficio concordatario o di omologazione dell’accordo di ristrutturazione; e non v’è dubbio che il compito di svolgere una siffatta valutazione, in tale sede, sembra confermare che la stessa dovrà essere effettuata per le finalità e le esigenze della procedura minore cui inerisce. Né avrebbe senso, del resto, aver previsto un tale vaglio in sede di ammissione al concordato preventivo (o di omologazione dell’a.r.d.), se poi la statuizione di prededucibilità di siffatti crediti fosse destinata a operare solo nella diversa e successiva procedura fallimentare. Ma se tale disposizione fosse valorizzata nel senso di riconoscere la prededuzione in sede concordataria solamente a favore del creditore da finanziamento – ponte, continuando a opinare che per gli altri crediti di cui agli artt. 182quater, 182quinquies e 111, l. fall. la prededucibilità operi solo nel successivo fallimento, ne deriverebbe una disparità di trattamento non facilmente giustificabile rispetto ai finanziamenti in esecuzione, ma ancor più rispetto ai crediti dei professionisti. Non sembrano nemmeno potersi ricavare argomenti utili, né in un senso né nell’altro, dall’ultimo comma dell’art. 182quater, l. fall. che, come noto, esclude dal computo delle maggioranze di cui all’art. 177, l. fall., per l’approvazione del concordato preventivo, e dal quorum necessario ex art. 182bis, l. fall., per gli a.r.d., i crediti per finanziamenti in funzione (rispettivamente, dell’ammissione e dell’omologazione delle predette procedure), ora da chiunque erogati, anche soggetti diversi da banche e intermediari, e persino se aventi qualità di socio87. È stato sostenuto che l’espresso riferimento ai finanziamenti-ponte (anche dei soci), sarebbe meramente pleonastico o, al più, inteso solo a evitare inquinamenti nella formazione delle maggioranze; mentre l’omessa menzione di quelli in esecuzione troverebbe ragione nella natura e nel momento genetico del relativo credito, fisiologicamente successivo all’apertura del concordato preventivo, ovvero all’omologazione o comunque alla pubblicazione degli a.r.d. e, pertanto, fuori dal concorso88. La norma, originariamente, prima della riforma del 2012, escludeva dalla votazione le banche e gli intermediari finanziari per i finanziamenti ponte, nonché i soci finanziatori e il professionista attestatore. 88 Cfr., NARDECCHIA G.B., sub art. 182quater, l. fall., cit., p. 2219; RIZZARDO G.B., sub art. 182quater, l. fall., in MAFFEI ALBERTI A., Commentario breve alla legge fallimentare, VI ed., Padova, 2013, cit., p. 1287. La dottrina maggioritaria ritiene che la ratio dell’esclusione per i creditori da finanziamenti-ponte 87 Conclusivamente, quindi, respingendosi qualsivoglia interpretazione basata su sofistiche distinzioni ancorate alla varia terminologia usata dal legislatore per richiamare l’applicazione dell’art. 111, l. fall., ai fini del riconoscimento della prededucibilità89, appare preferibile ritenere che la prededuzione dei crediti di cui agli artt. 182quater e 182quinquies, l. fall., non possa non operare anche nella fase esecutiva della procedura minore, con la conseguenza che il piano dovrebbe prevedere il pagamento integrale del credito prededucibile 90, vuoi che vada individuata nella necessità di evitare inquinamenti della volontà dei creditori, giacchè siffatti creditori non avrebbero alcun interesse all’approvazione del piano; laddove, secondo altra parte della dottrina, da tale divieto non sarebbe inferibile alcun principio generale (di perdita del voto quale conseguenza del pagamento tendenzialmente integrale del credito e quindi a favore della stessa prededucibilità del credito per finanziamentiponte in sede di esecuzione delle procedure minori, appunto perché detto pagamento integrale potrebbe anche non verificarsi); cfr., in tal senso, FABIANI M., L’ennesima riforma, cit., p. 907; cfr., D’AMORRA R., La nuova prededuzione, Atti del convegno di Bari dell’8-9 ottobre 2010, in www.osservatorio-oci.org, 10, pp. 9 e 13, secondo cui, invece, l’esclusione dal voto dei crediti per finanziamenti in funzione si giustifica proprio in ragione della prededucibilità degli stessi. Secondo PACCHI S., Il concordato preventivo, in BERTACCHINI L. – GUALANDI S. – PACCHI S. – PACCHI G. – SCARSELLI G. (a cura di), Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2011, p. 531, sono esclusi dal voto, più in generale, i creditori per cui sia stata concessa in sede di ammissione la prededuzione ex art. 111, comma 2, l. fall.; già sotto la pregressa formulazione, invece, l’esclusione dal voto dei soci sarebbe stata da ritenersi pleonastica in quanto, essendo (secondo l’originaria formulazione) prededucibili i relativi crediti solo se erogati dopo l’omologazione del c.p. o degli a.r.d., neppure in astratto essi avrebbero potuto essere ammessi al voto o computati nelle maggioranze e nelle percentuali indicate dall’articolo in commento, cfr. AMBROSINI S., Appunti flash, cit., p. 3. Secondo alcuni, ancora, sempre prima della riforma del 2012, l’esclusione della prededucibilità dei soci per finanziamenti in esecuzione, e quindi dopo l’omologa del c.p. o dell’a.r.d., sarebbe stata indice di applicazione dell’art. 182quater, comma 3, anche ai finanziamenti erogati dai soci in corso di procedura e prima dell’omologa, cfr. D’AMORA, R., op. cit., p. 9; salvo poi discutersi se l’esclusione fosse valsa per tutto il credito o solo per la sola parte prededucibile. Più coerente e chiaramente, oggi, invece, il legislatore ha esteso in modo generale l’esclusione dal voto e dai quorum predetti tutti i finanziatori, anche non intermediari o banche, e persino soci, per i loro crediti da finanziamenti-ponte. 89 Per un’interessante e accurata indagine terminologica al fine di confutare la teoria, sostenuta da D’AMORA R., La prededuzione nell’anno di grazia 2013, in www.oci.org, pp. 7 e ss., che pretende di distinguere tra crediti prededucibili in sede concordataria, quelli in sede fallimentare e quelli in entrambe le sedi, sulla base dei differenti enunciati (‘‘ai sensi e per gli effetti’’ anziché solo ‘‘ai sensi’’, piuttosto che non “a norma”, ovvero ‘‘secondo quanto è disposto dall’art. 111, l. fall.’’) contenuti nelle varie disposizioni che richiamo all’art. 111, l. fall., cfr. DIDONE A., La prededuzione, cit., pp. 920 e ss. 90 Cfr., STANGHELLINI L., Finanziamenti-ponte, cit., p. 1351 e 1363; S. AMBROSINI, I finanziamenti bancari alle imprese in crisi dopo la riforma del 2012, in Diritto fallimentare e delle società commerciali, Padova, 2012, p. 469; BONFATTI S., Le procedure di composizione negoziale della crisi d’impresa, cit., pp. 25 e 26, il quale, proprio in ordine al rapporto tra l’art. 182quater, l. fall., e l’art. 111, comma 2, l. fall. - e in particolare al problema di quale sia la funzione assolta dalla prima delle due citate disposizioni normative, calata in un contesto in cui tutte le obbligazioni 25 detto credito sia sorto in esecuzione o in funzione del concordato preventivo, vuoi che esso sia sorto in funzione o in esecuzione degli a.r.d.91. La necessaria autorizzazione del tribunale per la prededuzione dei crediti da finanziamento-ponte, allora, lungi dall’avere portata limitativa rispetto agli altri finanziamenti contratti in esecuzione delle procedure minori, potrebbe forse essere valorizzata, insieme all’art. 182quinquies, comma 5, l. fall., quale argomento a favore del riconoscimento della natura concorsuale anche degli a.r.d. Di più, la previsione di siffatta autorizzazione nell’ambito delle disposizioni che regolano il trattamento dei (crediti da) finanziamenti in funzione o in esecuzione del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione (con espressa equiparazione del regime di trattamento tra questi due istituti, pur limitatamente al versante in questione), costituisce un forte elemento a sostegno dell’idea che, in conclusione, anche i crediti per finanziamenti (erogati) in funzione e in esecuzione degli accordi di ristrutturazione debbano trovare collocazione in prededuzione nella fase anteriore all’apertura dell’eventuale fallimento92. sorte “in funzione ” del Concordato (e non solo quelle originate da rapporti bancari) dovrebbero trovare, come noto, collocazione in prededuzione sia nella stessa procedura sia nell’eventuale fallimento consecutivo per effetto del disposto dell’art. 111, co. 2, l. fall. (e senza condizioni che non siano rappresentate dal precisato rapporto di funzionalità rispetto alla successiva procedura) - conclude che la ratio della norma debba essere esclusivamente individuata nell’obiettivo di prevenire qualsiasi possibile dubbio interpretativo concernente l’effettiva appartenenza dei “finanziamenti effettuati in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura” all’ambito di applicazione della ricordata disposizione di cui all’art. 111, co. 2, l. fall. 91 Cfr., BASSI A, La illusione della prededuzione, in Giurisprudenza Commerciale, 2011, 1, pp. 536 e s.; RIZZARDO G.B., op. cit., pp. 1288 e s.; contra, BONFATTI S., Le procedure di composizione negoziale della crisid’impresa, cit., pp. 25 e 26; 92 In questo senso, pertanto, si può condividere quanto affermato da BONFATTI S., Le procedure di composizione negoziale della crisi d’impresa, cit., pp. 22 e ss., secondo cui tutte le obbligazioni funzionali all’accesso al concordato preventivo devono ritenersi prededucibili, in caso di apertura dello stesso, sia in sede concordataria che nell’eventuale e successivo fallimento consecutivo; laddove, in mancanza di un’effettiva apertura del concordato mancherebbe la sede nella quale fare valere la prededucibilità delle obbligazioni assunte in funzione della stessa, solo ove alla mancata presentazione o alla mancata ammissione della domanda di concordato segua la prosecuzione dell’attività dell’impresa (o anche la deliberazione della liquidazione volontaria), «per la semplice ragione della mancanza di un ‘‘concorso’’ legittimante il soddisfacimento dei creditori sulla base della natura della pretesa anziché della anteriorità della sua scadenza»; laddove, qualora all’insuccesso del tentativo di accesso al concordato facesse seguito «la dichiarazione di fallimento (sia pure non in modo automatico, ma per esempio a seguito della istruttoria condotta dal Tribunale fallimentare ai sensi dell’art. 162 l. fall.), come conseguenza di quella stessa situazione di ‘‘crisi’’ addotta dall’imprenditore come presupposto della domanda (naufragata) di accesso al concordato, non vi sarebbe ragione di escludere il carattere prededucibile (nel fallimento consecutivo) delle obbligazioni assunte in funzione del concordato evoluto in fallimento». Secondo DIDONE A., La prededuzione, cit., p. 922, invece, la prededuzione opererebbe solo nel fallimento successivo, dovendosi solo distinguere tra prededuzione ex art. 182quater, comma 2, dei finanziamenti-ponte, ora anche quelli dei soci, con esclusione di qualsiasi giudizio valutativo sulla 7. La prededucibilità dei crediti negli accordi di ristrutturazione dei debiti, in particolare La riforma intervenuta nel 2012, con la modifica dell’art. 182quater e l’introduzione dell’art. 182quinquies, l. fall., ha posto, come si è visto, una specifica ed apposita regolamentazione - quanto meno di una parte – dei crediti sorti in occasione, in esecuzione o in funzione degli a.r.d. L’art. 182quater, cit., ha sostanzialmente statuito la prededucibilità dei crediti per finanziamenti in funzione e in esecuzione degli a.r.d., negli stessi limiti, presupposti e modalità in cui, mutatis mutandis, l’ha disposta per gli stessi finanziamenti nell’ambito del concordato preventivo. L’art. 182quinquies, l. fall., infine, ha completato la disciplina di incentivazione delle procedure concordate di soluzione della crisi, attraverso l’estensione, da un lato, della prededucibilità anche ai crediti per i c.d. finanziamenti “interinali” da contrarre nell’ambito degli a.r.d. (oltre che del c.p.) e, dall’altro, dell’esenzione da revocatoria per i pagamenti di debiti anteriori per prestazioni essenziali e funzionali alla continuazione dell’impresa nonché al miglior soddisfacimento dei creditori, eseguiti previa attestazione di idoneo professionista e autorizzazione del tribunale. Più esattamente, ai sensi dell’art. 182quinquies, comma 1, cit., il debitore il quale presenti una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182bis, comma 1, l. fall., ovvero una proposta di accordo ai sensi dell’art. 182bis, comma 6, l. fall. (ovvero domanda di concordato in bianco), può chiedere al Tribunale (il quale dispone assunte, se del caso, sommarie informazioni)93 autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili ai sensi dell’art. 111, l. fall.94, se un professionista designato dal debitore e in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, comma 3, lett. d, l. fall., verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell’impresa sino all’omologazione, attesta che tali finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori. Ai sensi dell’art. 182 quinquies, commi 4 e 5, cit., infine, il debitore che presenta domanda di omologazione ovvero proposta di a.r.d. (negli stessi termini di cui sopra) (ovvero domanda di c.p. con continuità aziendale) può chiedere al tribunale autorizzazione a pagare debiti anteriori per prestazioni di beni o servizi, se un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo effettiva ‘‘funzionalità’’ nel fallimento successivo, laddove la prededucibilità sia prevista nella domanda di ammissione al c.p. o di omologazione dell’a.r.d., ed essa sia disposta dal provvedimento giudiziale di apertura della procedura; i finanziamenti in esecuzione, la cui prededucibilità nel successivo fallimento consecutivo è condizionata soltanto alla loro previsione nel piano concordatario o nell’a.r.d., e tutte le altre obbligazioni preconcordatizie, pur funzionali all’accesso al concordato, la cui prededucibilità sarà oggetto di valutazione del giudice delegato nel successivo e consecutivo fallimento. 93 Dal riferimento alle sommarie informazioni, invero, NARDECCHIA G.B., sub art. 182quinquies, cit., p. 2227, inferisce che il legislatore avrebbe preso a modello di riferimento gli artt. 737 ss. c.p.c., in tema di disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio. 94 Finanziamenti a garanzia dei quali il tribunale, ai sensi dell’art. 182quinquies, comma 3, l. fall., potrà autorizzare il debitore a concedere pegno e/o ipoteca. 26 67, terzo comma, lettera d), attesta che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori. In tal caso, come detto, i pagamenti effettuati non sono nemmeno soggetti all'azione revocatoria di cui all'articolo 67, l. fall. Sul punto, mette conto evidenziare che secondo autorevole dottrina tali disposizioni non lascerebbero alcuna discrezionalità al giudice investito della richiesta di autorizzazione di cui all’art. 182quinquies, comma 1, l. fall. (cioè a contrarre finanziamenti prededucibili), nel senso che, ove lo stesso non ritenesse di autorizzarli, non avrebbe altra scelta che rigettare la domanda di omologazione95. Con tale intervento, quindi, il legislatore ha dettato un regime parificato in tema di prededucibilità dei crediti da finanziamenti eseguiti in funzione, in esecuzione ovvero nel corso di entrambe le procedure predette. Si è, pertanto, attribuito espressamente il beneficio della prededuzione a tutti i finanziamenti concessi per rendere possibile il deposito del ricorso ed eseguire, dopo l’omologa, il concordato ovvero l’a.r.d., nonchè ai finanziamenti necessari per affrontare il lasso di tempo che va dal deposito all’omologazione, purché questi ultimi siano funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori. L’iniziativa del legislatore, invero, si spiega per il ruolo decisivo che il ricorso alla finanza può svolgere, come di fatto, negli istituti di soluzione concordata della crisi e, quindi, anche negli accordi di ristrutturazione. Essa costituisce una risorsa importante per assicurare una migliore e più ampia soddisfazione del ceto creditorio; ed è, peraltro, un apporto ancor più importante quando proviene dai soci, perché esprime un atteggiamento psicologico positivo e necessario per conferire alla proposta o al piano quella credibilità imprescindibile per ottenere anche il credito necessario dai terzi e, soprattutto, dagli istituti di credito. L’intervento del legislatore era, altresì, doveroso anche sul piano interpretativo, atteso che già all’indomani della riforma dell’art. 111, l. fall., intervenuta nel 2006, residuavano ancora dubbi (a dir poco) sull’estensione della definizione di crediti sorti in funzione e in occasione di procedure concorsuali (di cui all’art. 111, comma 2, cit.), ai fini della loro collocazione in prededuzione, anche a quelli sorti in funzione e in occasione degli accordi di ristrutturazione. Ciò, in ragione del mai sopito contrasto interpretativo sulla natura dell’istituto degli a.r.d., ritenuta da autorevole dottrina, come visto, “contrattuale” anziché “concor- Cfr., NARDECCHIA G.B., sub art. 182quater, cit., p. 2218, secondo cui le sorti della domanda di omologa dell’accordo e dell’autorizzazione a contrarre i finanziamenti prededucibili sarebbero, punto, inscindibili; con la conseguenza che, anche secondo FABIANI M., Prededuzione “speciale” ex art. 182quater l. fall. e regime di impugnazione, in Foro it., 2011, p. 405, e STANGHELLINI L., op. ult. cit., p. 1356, non sarebbe necessario che il decreto di omologa contenga esplicito riconoscimento della prededuzione - ma v., contra, VALENSISE P., sub art. 182quater, cit., p. 2340 – la quale, peraltro, sarà oggetto anche del vaglio di tutti i creditori legittimati, come noto, all’opposizione (cfr., FERRO M. – FILOCAMO F.P., op. cit., p. 2190). 95 suale”96– e come tale, quindi, suscettiva di porre gli a.r.d. al di fuori dell’ambito di applicazione dell’art. 111, cit. Con le novelle del 2010 e del 2012, quindi, non vi è dubbio che i predetti crediti per finanziamenti, tanto quelli effettuati in funzione e in esecuzione quanto quelli contratti ed eseguiti nel corso del concordato preventivo e, mutatis mutandis, degli a.r.d., godono del beneficio della prededucibilità nell’eventuale e successiva sede fallimentare, stante il richiamo all’art. 111, l. fall. Rimangono, tuttavia, dubbi, anzitutto, circa il regime degli altri crediti funzionali alla presentazione della domanda di omologazione ovvero della proposta di accordo di ristrutturazione e, in primis, dei crediti dei professionisti che hanno collaborato alla relativa predisposizione, stesura e attestazione. Il limitato ambito di operatività degli artt. 182quater e 182quinquies, l. fall., riferito appunto ai crediti per finanziamenti, infatti, lascia impregiudicata la questione dell’applicabilità dell’art. 111, l. fall. anche agli accordi di ristrutturazione e, quindi, della possibilità di sussumere nella nozione di “crediti sorti in funzione o in occasione di procedure concorsuali”, quelli (diversi dai crediti per finanziamenti di cui alle due norme precitate) sorti in funzione o nel corso di a.r.d., riproponendosi nuovamente la questione circa la natura concorsuale ovvero contrattuale dell’istituto97. La stessa abrogazione dell’art. 182quater, comma 4, cit., ha comportato il venir meno dell’equiparazione, ai fini della prededucibilità, ivi in precedenza codificata (siccome introdotta dal legislatore nel 2010), tra quella particolare categoria di crediti professionali per prestazioni funzionali, qual è quello del professionista attestatore ex art. 161, comma 3, l. fall. del piano proposto con la domanda di concordato preventivo, e il corrispondente credito del professionista chiamato ad attestare l’accordo di ristrutturazione ex art. 182bis, comma 1, l. fall. Una siffatta abrogazione determina l’astratto rischio di avvalorare l’idea – per vero già accreditata con la riforma del 2010, che aveva introdotto l’originario art. 182quater, cit. - che i crediti professionali funzionali agli a.r.d. (ed ora persino quello dell’attestatore di cui all’art. 182bis, cit.) fossero soggetti alla regola generale della non prededucibilità nemmeno in sede fallimentare. Una tale lettura circa la sorte dei crediti dei professionisti intervenuti nella fase anteriore e propedeutica alla presentazione della domanda di omologazione o della proposta di accordo di ristrutturazione, tuttavia, genererebbe una patente quanto incomprensibile disparità di trattamento, rispetto ai crediti professionali funzionali alla presentazione della domanda di concordato preventivo, difficilmente conciliabile con il principio di ragionevolezza e uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. Non è mancato, tuttavia, chi ha sostenuto che la previsione dell’autorizzazione del tribunale - di cui all’art. Cfr. INZITARI B., Gli accordi di ristrutturazione ex art. 182bis legge fall.: natura, profili funzionali e limiti dell’opposizione degli estranei e dei terzi, in Dir. Fall., 2012, pp. 13 e ss. 97 Sulle diverse tesi sostenute in dottrina e in giurisprudenza circa la prededucibilità anche in sede di concordato preventivo dei crediti di cui agli artt. 182quater e 182quinquies, l. fall., si rinvia a quanto già detto in nota n. 48. 96 27 182quinquies, comma 5, l. fall.98 - per il pagamento di debiti anteriori nell’ambito degli a.r.d., avrebbe una funzione e una portata innovative, nel senso di conferma della riconducibilità anche degli a.r.d. all’alveo delle procedure concorsuali; ciò, proprio sul presupposto che da tale previsione si dovrebbe inferire l’implicita affermazione di un divieto di pagamento dei debiti anteriori, nonché di una forma di spossessamento del debitore, sia pur attenuata, nell’amministrazione del proprio patrimonio99. Verso questa prospettiva parrebbe muoversi la stessa conclamata intercambiabilità tra i due istituti, concordato preventivo e accordi di ristrutturazione, disposta nell’ambito della nuova disciplina del concordato in bianco, all’art. 161, comma 6, l. fall.100. Ai sensi dell’art. 182quinquies, l. fall., il cui comma 5, in particolare, recita che “il debitore che presenta una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo 182bis, primo comma, o una proposta di accordo ai sensi dell'articolo 182bis, sesto comma, può chiedere al Tribunale di essere autorizzato, in presenza dei presupposti di cui al quarto comma, a pagare crediti anche anteriori per prestazioni di beni o servizi. In tal caso i pagamenti effettuati non sono soggetti all'azione revocatoria di cui all'articolo 67”. Ai sensi dell’art. 182quinquies, comma 4, richiamato dal precitato comma 5, infatti, dispone, “Il debitore che presenta domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, anche ai sensi dell'articolo 161 sesto comma, può chiedere al tribunale di essere autorizzato, assunte se del caso sommarie informazioni, a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, se un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), attesta che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori. L'attestazione del professionista non è necessaria per pagamenti effettuati fino a concorrenza dell'ammontare di nuove risorse finanziarie che vengano apportate al debitore senza obbligo di restituzione o con obbligo di restituzione postergato alla soddisfazione dei creditori”. Presupposto necessario all’autorizzazione di siffatti pagamenti, quindi, è che un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), attesti che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori. Secondo NARDECCHIA G.B., sub art. 182quinquies, l. fall., in LO CASCIO G.¸ Codice Commentato del Fallimento, cit., p. 2235, in particolare, l’art. 182quinquies, comma 5, l. fall., potrebbe essere considerato superfluo ove si ritenga che, specialmente nella prospettiva dell’esclusione della natura concorsuale degli a.r.d., per essi non valga il divieto di pagamento dei crediti anteriori, divieto punto finalizzato alla tutela della par condicio creditorum. Osserva, tuttavia, lo stesso autore che tale divieto sussisterebbe anche per gli a.r.d., quale conseguenza implicita della previsione della protezione del patrimonio del debitore collegata al deposito della proposta di accordo o alla pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese, protezione addirittura anticipata e amplificata nel caso di domanda ai sensi dell’art. 182bis, l. fall., scaturente dal deposito di un ricorso di concordato preventivo in bianco, ai sensi dell’art. 161, comma 6, l. fall. 99 Cfr. FACEUGLIA G., sub art. 182bis, in LO CASCIO G.¸ Codice Commentato del Fallimento, cit., p. 2146. 100 Ai sensi dell’art. 161, comma 6, l. fall., aggiunto dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, che ha convertito con modificazioni il d.l. 22 giugno 2012, n. 83, modifica in vigore dall’11 settembre 2012 (art. 33, comma 3, d.l. 83/2012 cit.), e successivamente modificato dall'art. 82 del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, con effetto 98 Tale fungibilità, in effetti, parrebbe mal conciliarsi con la possibilità di ammettere un diverso trattamento dei crediti professionali funzionali, rispettivamente, alle due predette procedure, specialmente nell’ipotesi in cui alla presentazione di una domanda di concordato in bianco, faccia seguito il deposito della domanda di omologazione di un a.r.d. ex art. 182bis, l. fall., anziché della proposta e del piano e dei documenti di cui all’art. 161, commi 2 e ss., l. fall. Siffatta disparità di trattamento si rivela ancor più irragionevole e ingiustificata – oltre ad apparire incompatibile con l’indipendenza richiesta ai professionisti (avvocati e commercialisti) solitamente chiamati ad assistere il debitore, nell’interesse di quest’ultimo e del ceto creditorio – sol che si consideri come essa si possa negativamente ripercuotere a danno del debitore e del ceto creditorio, ove detti professionisti, anche nello scegliere se consigliare l’una piuttosto che l’altra procedura, fossero messi nella condizione di dover valutare il diverso trattamento dei crediti che agli stessi possa conseguire, anche solo in sede fallimentare. La tendenziale equiparazione di regime tra concordato preventivo e a.r.d.101, linea guida che emerge, in modo particolare, negli interventi più recenti del legislatore, parrebbe suggerire un approccio più prudente e, in definitiva, maggiormente conforme a Costituzione. Sicchè, a maggior ragione, accogliendo la prospettiva della prededucibilità dei crediti professionali sorti in funzione degli a.r.d. in applicazione estensiva dell’art. 111, l. fall., appare difficile negare l’applicabilità, anche ai crediti liquidi ed esigibili per prestazione di servizi strumentali all’accesso agli a.r.d., della causa di esenzione da revocatoria, a oggi espressamente prevista dall’art. 67, comma 3, lett. g), l. fall., per i pagamenti di crediti per servizi strumentali all’accesso al concordato preventivo102, nonostante il tenore letterale sembri deporre per la tesi più restrittiva103. dal 22 giugno 2013: “L'imprenditore può depositare il ricorso contenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e all’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo entro un termine fissato dal giudice compreso fra sessanta e centoventi giorni e prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni. Nello stesso termine, in alternativa e con conservazione sino all'omologazione degli effetti prodotti dal ricorso, il debitore può depositare domanda ai sensi dell'articolo 182bis, primo comma. In mancanza, si applica l'articolo 162, commi secondo e terzo […]”. 101 Tendenziale uniformazione che il legislatore pare aver perseguito persino in relazione al regime tributario dei due istituti, v. MARENGO F., Accordi di ristrutturazione ex art. 182bis: superate anche le criticità fiscali, in Il Caso.it, II, 316/2012, p. 1. 102 Nel senso che tale lacuna andrebbe colmata in via interpretativa, v. GUGLIELMUCCI L., Diritto Fallimentare, Torino, 2011, p. 161; PAJARDI P.– PALUCHOWSKY A., Manuale di diritto fallimentare, cit., p. 441 e 932, secondo il quale, in particolare, anche l’art. 67, comma 3, lett. g), favorisce il pagamento dei servizi strumentali all’accesso alle procedure, come nel caso di pagamento dei tecnici per uno studio di fattibilità o un’analisi della situazione economica-patrimoniale, od ancora di pagamento dei costi dell’advisor e dell’esperto; sicchè, secondo FRASCAROLI SANTI E., sub art. 182bis, l. fall. in MAFFEI ALBERTI A., Commentario, cit., p. 1256, gli 28 Appare, infatti, impensabile che il legislatore abbia inteso mantenere un’ingiustificata disparità di trattamento dei crediti professionali sorti per servizi similari e strumentali all’accesso di due pur diverse procedure, specialmente laddove, al chiaro scopo di incentivarle, ne ha persino parificato la disciplina in punto di prededucibilità dei finanziamenti. 8. Il trattamento dell’IVA nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione Anche il particolare trattamento dell’IVA, nell’ambito delle due procedure minori, si inserisce, sia pur a diverso titolo e modo, nella tematica delle deroghe all’ordine effetti protettivi degli accordi di ristrutturazione si estendono anche al caso dell’esenzione strumentale alla presentazione del ricorso e dell’a.r.d. che, dunque, rientrerebbe, pure esso, nell’ambito di applicazione dell’art. 67, comma 3, lett. g), l. fall. Altri, invece, ritengono che ciò sia impedito dalla natura eccezionale della norma, ai sensi dell’art. 14 delle Preleggi, cfr., NIGRO A., sub art. 67, l. fall., in NIGRO A. – SANDULLI M. – SANTORO V., La legge fallimentare dopo la riforma, Torino, 2010, p. 379; RIZZARDO G.B., sub art. 182quater, l. fall., in MAFFEI ALBERTI A., Commentario breve alla legge fallimentare, VI ed., Padova, 2013, p. 1285. Nessun contributo chiarificatore, invece, pare provenire dalla previsione di cui all’art. 182quinquies, comma 5, l. fall., con cui il legislatore della novella ha ritenuto di specificare, solo per gli a.r.d., l’esenzione da revocatoria del pagamento di quei crediti anteriori, eseguito in forza di autorizzazione del tribunale, senza alcuna modifica dell’art. 67, comma 3, lett. g), l. fall. e, soprattutto, senza prevedere eguale statuizione per il pagamento autorizzato di crediti anteriori alla presentazione della domanda di concordato preventivo, di cui all’art. 182quinquies, comma 1, l. fall. Tale esenzione, per vero, appare riferirsi solo ai crediti anteriori, posto che le varie ipotesi configurabili alla luce della norma in questione sembrano già ricadere, anche per gli accordi di ristrutturazione, nell’ambito di applicazione dell’art. 67, comma 3, lett. a) ed e). Come acutamente osservato da MAFFEI ALBERTI A., sub art. 182quinquies, cit., p. 1292 e s., infatti, tra i pagamenti per prestazioni essenziali per la prosecuzione della attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori, rientrano già fisiologicamente quelli di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso (art. 67, comma 3, lett. a), e quelli esecutivi di accordi di ristrutturazione dei debiti omologati (art. 67, comma 3, lett. e), sicchè l’art. 182quinquies, comma 5, l. fall, potrebbe essere letto come norma necessaria a chiarire il regime per il pagamento di debiti anteriori rispetto all’omologazione ex art. 182bis, comma 1, l. fall., ovvero alla presentazione della proposta ex art. 182bis, comma 6, l. fall., di a.r.d., ai fini della esenzione da revocatoria ex art. 67, l. fall.; pagamento che deve sempre e comunque essere autorizzato dal tribunale - il che, naturalmente, non sposta minimamente il problema dell’estensione dell’art. 67, comma 3, lett. g), l. fall., per la più generale categoria di crediti per servizi strumentali all’accesso al concordato preventivo, certamente diversi da quelli essenziali per la prosecuzione dell’attività d’impresa e finalizzati al miglior soddisfacimento dei creditori. 103 Cfr., BONFATTI S. e CENSONI P.F., Manuale di diritto fallimentare, cit., p. 663, che proprio a motivo di tale esclusione, conclude nel senso dell’incompletezza della protezione apprestata per il credito del professionista attestatore nell’a.r.d., favorito dalla collocazione in prededuzione nell’eventuale fallimento del cliente, ove non ancora pagato, ma scoperto dall’esenzione da revocatoria ex art. 67, comma 3, lett. g), ove già pagato. legale delle cause legittime di prelazione nell’ambito del concordato preventivo. Con la riforma del 2008104, infatti, il legislatore aveva introdotto, proprio nello specifico ambito della disciplina del concordato preventivo e degli a.r.d. con transazione fiscale, un’importante deroga al principio cardine dell’ordine della cause legittime di prelazione in tema di trattamento del credito dell’erario per l’imposta sul valore aggiunto e per le ritenute, confermando il divieto di falcidiazione di detti crediti che, quindi, rimarrebbero, secondo il tenore letterale della norma, solo dilazionabili105. La Suprema Corte, tuttavia, con due recenti sentenze106, eguali nel contenuto, ha avuto modo di affermare che i crediti relativi all’imposta sul valore aggiunto, costituendo risorse proprie dell’Unione Europea, non possono essere soddisfatti in misura parziale nell’ambito del concordato, anche se senza transazione fiscale, stante la (asserita) natura sostanziale – e non processuale - della previsione di cui al primo comma del menzionato art. 182ter in tema di trattamento dei crediti erariali107. 104Cfr., art. 32, comma 5, lett. a) del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla l. 28 gennaio 2009, n. 2, in Gazz. Uff. n. 22 del 28 gennaio 2009, suppl. ord. n. 14, con effetto dal 29 novembre 2008. 105 L’art. 182ter, riformato nel 2008, e successivamente nel 2010, infatti, testualmente dispone: “Con il piano di cui all'articolo 160 il debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria anche se non iscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea; con riguardo all'imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento”. Le modifiche riguardavano, tra l’altro, proprio la specificazione che, con riguardo all’imposta di valore aggiunto e alle ritenute operate e non versate, la proposta di concordato con transazione fiscale possa prevedere solo la dilazione del pagamento. In verità, il problema della falcidiabilità dell’imposta sul valore aggiunto si era posto già all’indomani dell’introduzione di detta norma, ad opera dell’art. 146, d. Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, in vigore a partire dal 16 luglio 2006, dato l’inciso (tuttora rimasto) che eccettua dalla facoltà di falcidiazione “i tributi costituenti risorse proprie dell’Unione Europea”. 106 Cfr., Cass. civ., sez. I, 4 novembre 2011, n. 22931, in Giust. civ. Mass., 2011, 11, 1560; Cass. civ., sez. I, 4 novembre 2011, n. 22932, in Riv. dir. trib., 2012, 1, II, 26, s.m., con nota di DEL FEDERICO. 107In sede motiva, entrambe le citate sentenze, Cass. civ., 22931/11, cit., e Cass. civ. 22932/11, cit., affermano: “La disposizione ha troncato la discussione in corso circa la ricomprensione o no dell'IVA tra "i tributi costituenti risorse proprie dell'Unione Europea" esclusi dalla possibilità di falcidia fin dall'originaria formulazione della norma e ritiene il Collegio che la stessa, in realtà, si ponga su di un piano di continuità con il primitivo dettato legislativo (per l'analogo rapporto tra riforma e decreto correttivo: Cass. civ. sent. n. 22150/10) chiarendone e confermandone l'interpretazione e che quindi pure questo si riferisse anche all'IVA, dovendosi intendere il richiamo al tributo come risorsa riferito non già al gettito effettivo (venendo in realtà il contributo per IVA calcolato prescindendo da questo) bensì alla specie di tributo individuata quale parametro per il trasferimento di risorse all'Unione e la cui gestione, sia normativa che esecutiva, è di interesse comunitario e come tale sottoposta a vincoli. Da ciò consegue la non predicabilità della esclusione della falcidia dell'IVA anche per i concordati cui non sia applicabile ratione temporis la recente modifica legislativa sul punto. Poichè tuttavia la proposta di concordato di cui si tratta non ha seguito la via della transazione fiscale (in relazione alla quale la disposizione 29 Si tratta della norma che, come noto, in tema di concordato preventivo (e di a.r.d.) con transazione fiscale, vieta la falcidiazione dei crediti relativi a tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea, all'imposta sul valore aggiunto e alle ritenute operate e non versate. Tale orientamento è stato fortemente criticato dalla dottrina e da una parte della giurisprudenza di merito con numerosi e validi argomenti. 1) Non è, anzitutto, ragionevole ritenere che la disposizione dettata per la transazione fiscale (procedura meramente facoltativa nell’ambito del concordato preventivo) possa avere una portata che va oltre lo speciale ambito in cui è collocata, imponendo un diverso ordine dei privilegi che, a sua volta, dovrebbe valere solo per il concordato preventivo (e per gli a.r.d.), pur anche senza transazione fiscale, ma non per le altre procedure concorsuali. 2) Una simile interpretazione della norma porterebbe, peraltro, ad anteporre, rispetto ai crediti privilegiati ex art. 2777 c.c. (primi fra tutti, quelli dei dipendenti), i crediti del Fisco per l’imposta sul valore aggiunto, posti, come noto, ai gradini più bassi della scala dei privilegi di cui all’art. 2778 c.c. e, di conseguenza, renderebbe l’art. 182ter, comma 1, l fall., quanto meno sospetto di illegittimità costituzionale, attesa la rilevanza che la Costituzione stessa attribuisce ai crediti dei lavoratori (artt. 1, 2, 3, 35 e 36 Cost.)108. espressamente si applica) la questione che si pone è se l'intangibilità dell'IVA sussista solo se viene attivato detto procedimento oppure se sia indipendente dell'opzione del debitore e quindi si imponga anche nel caso in cui la transazione speciale non venga perseguita ma la proposta tratti il fisco come ogni altro creditore, come è avvenuto nella fattispecie. La soluzione è ravvisabile nel secondo corno del dilemma. Innanzitutto può osservarsi, in linea generale, che non avrebbe alcuna giustificazione logica e che quindi non sia credibile che il legislatore abbia inteso lasciare alla scelta discrezionale del debitore assoggettarsi all'onere dell'integrale pagamento dell'IVA, imposta armonizzata a livello comunitario sulla cui gestione, si ribadisce, gli Stati non sono esenti da vincoli (si veda Corte giustizia CE, sez. 5^, 11/12/2008, n. 174), optando per la transazione fiscale oppure avvalersi della possibilità di proporne un pagamento parziale decidendo per il concordato senza transazione e quindi rimanendo vincolato solo all'obbligo di pagare integralmente il debito nei limiti del valore dei beni sui quali grava la garanzia, peraltro spesso insussistenti come nel caso di imposta gravante sul valore della prestazione di servizi. A parte tale considerazione, ciò che convince dell'inderogabilità della disposizione qualunque sia l'opzione del creditore è la natura della stessa in quanto non si tratta di norma processuale come tale connessa allo specifico procedimento di transazione fiscale, ma di norma sostanziale in quanto attiene al trattamento dei crediti nell'ambito dell'esecuzione concorsuale dettata da motivazioni che attengono alla peculiarità del credito e prescindono dalle particolari modalità con cui si svolge la procedura di crisi”. 108 Il Tribunale di Milano, chiamato a pronunciarsi sull’argomento, infatti, ha sollevato, in tal senso, seri dubbi “sulla “tenuta” costituzionale della lettura che la corte di legittimità ha dato della norma citata, giacché affermare la prededucibilità del credito IVA equivale in concreto ad incidere sull’ordine delle cause legittime di prelazione”; cfr., Tribunale di Milano, Sez. II, decreto 5 gennaio 2012, in www.ilfallimentarista.it.; e, in tale provvedimento, in particolare, la questione di legittimità costituzionale è stata affrontata solo in via teorica, risultando irrilevante ai fini della decisione, perché la domanda di concordato è stata ritenuta inammissibile sotto altri profili; vedi, per un interessante disamina della problematica sulla natura eccezionale dell’art. 182ter e sulla possibilità, nonché in quali limiti, di applicazione 3) Oltre che incostituzionale, tuttavia, la lettura proposta dalla Suprema Corte risulta, a maggior ragione, non condivisibile, ove si consideri che siffatta deroga all’ordine dei privilegi non è prevista nemmeno nell’ambito del concordato fallimentare (istituto senza dubbio affine al concordato preventivo), né in sede fallimentare. Laddove, invero, proprio qualificando la norma sulla non falcidiabilità dell’IVA e delle ritenute di cui all’art. 182ter, L.F., come norma di natura sostanziale anziché processuale, come ha invero opinato il giudice della legittimità, a fortiori si dovrebbe concludere che, affermata l’operatività del divieto di falcidiazione dei predetti crediti fiscali (IVA e ritenute) anche al di fuori dall’ipotesi di concordato con transazione fiscale, essa avrebbe dovuto allora essere estesa anche a tutte le procedure concorsuali, financo alle procedure esecutive individuali; cosa che, ovviamente, anche il Supremo collegio si guarda bene anche solo dall’adombrare. Una tale limitazione operativa appare, del resto in contrasto con gli stessi presupposti del ragionamento svolto dalla Suprema Corte nelle motivazioni di cui alle due sentenze sopra ricordate secondo le quali, come visto, il divieto di falcidiare l’IVA, benché contenuto nella norma sul concordato con transazione fiscale, è da ritenersi norma sostanziale “in quanto attiene al trattamento dei crediti nell'ambito dell'esecuzione concorsuale dettata da motivazioni che attengono alla peculiarità del credito e prescindono dalle particolari modalità con cui si svolge la procedura di crisi”109. Più in generale, ove alla norma in questione il legislatore avesse voluto attribuire natura sostanziale, lo stesso avrebbe dovuto quanto meno modificare (anche) l’art. 2778 c.c., senza di che – sempre ragionando in via di mero assurdo - una norma che vi deroghi, anche solo parzialmente, non può ritenersi suscettiva di applicazione al di fuori degli ambiti esattamente considerati (al di fuori, cioè, nel caso di specie, del concordato o dell’a.r.d. con transazione fiscale). Proprio sulla base di queste oggettive premesse, invero, parte della giurisprudenza di merito aveva già concluso nel senso che la norma che impone il pagamento integrale dell’IVA e delle ritenute previdenziali non si dovrebbe applicare al concordato preventivo senza transazione fiscale110, trattandosi di disposizione speciale dello stesso – nella parte in cui consente di falcidiare i crediti privilegiati tributari e previdenziali, ponendo però l’obbligo di pagare per intero iva e ritenute – anche al concordato senza transazione fiscale, BOZZA G., Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo, in Fall., 2012, pp. 385 e ss., il quale conclude che, in realtà, la falcidiazione dei crediti tributari e previdenziali secondo le regole dell’art. 182ter, è possibile solo con la transazione fiscale, optando, in ultima analisi, per una interpretazione restrittiva della norma; mentre resterebbe ferma la possibilità di falcidiare anche detti crediti, ove ricorrano i presupposti di cui all’art. 160, comma 2, l. fall., nella formulazione attualmente vigente. 109 V. nota n. 107. 110 Sulle differenze di procedura e di effetti conseguenti alla scelta di presentare domanda di concordato preventivo, rispettivamente, con o senza transazione fiscale, si è soffermata anche la Suprema Corte nelle citate sentenze nn. 22931/11 e 22932/11, cit., ove in motivazione ha evidenziato: “Diversi sono innanzitutto gli obblighi imposti alle parti direttamente interessate e cioè al debitore e al fisco. Il primo deve provvedere nei confronti dell'Amministrazione fiscale (inteso ricompreso in questa termine per 30 che opera esclusivamente nel caso di proposizione della transazione fiscale e trova la sua giustificazione nello «scambio tra “Erario” (o enti previdenziali) e debitore proponente che si avvalga della transazione fiscale: da un lato il “vantaggio” rappresentato dal c.d. consolidamento dei debiti e, dall’altro, l’assoggettamento ai limiti di transigibilità dettati con riguardo a IVA e ritenute»111. Ancor più di recente, poi, è stato giustamente affermato che “non si può sostenere l’intangibilità del credito IVA in qualsiasi procedura di concordato preventivo perché ciò semplicità espositiva anche il concessionario per la riscossione, ora agente per la riscossione) ad una formalità alla quale non è tenuto nei confronti degli altri creditori e cioè alla comunicazione, contestualmente al deposito del ricorso per il concordato presso la cancelleria del tribunale, della copia della domanda e della relativa documentazione. Tale adempimento è finalizzato a sollecitare l'ufficio fiscale ad un'attività anch'essa peculiare che non è invece richiesta agli altri creditori e cioè a certificare l'ammontare complessivo del debito tributario mediante la comunicazione di quello già accertato e di quello conseguente alla liquidazione delle dichiarazioni, compresa la dichiarazione integrativa relativa al periodo sino alla data di presentazione della domanda, "al fine di consentire il consolidamento del debito fiscale". Ben diversi sono anche gli affetti dell'omologazione del concordato contenente la raggiunta transazione fiscale. In primo luogo si "consolida" il debito tributario. Tale formulazione, che è evidentemente atecnica in quanto nel tessuto normativo con detta espressione viene definita una modalità opzionale di calcolo della tassazione dei redditi di un gruppo di imprese (art. 117 e segg. TUIR), ha di conseguenza nella disposizione in esame un significato, che può essere anche complesso, non ancora univocamente definito. Certamente e come è unanimemente riconosciuto la prima accezione è quella di quadro di insieme del debito tributario, tale da consentire di valutare la congruità della proposta con riferimento alle risorse necessarie a far fronte al complesso dei debiti ed è certamente utile a fronteggiare l'incognita fiscale che normalmente grava sui concordati. Altro e concorrente possibile significato dell'espressione sul quale si è interrogata la dottrina e che viene qui richiamato solo per completezza espositiva, non essendo materia del contendere, è quello secondo cui tale quadro del debito complessivo cristallizzerebbe la pretesa tributaria alla data di presentazione della domanda cosi come quantificata dall'ufficio con esclusione da una parte della facoltà del medesimo di procedere ad ulteriori accertamenti anche se non sia ancora maturata la decadenza e dall'altra del debitore di contestare pretese anche se non ancora definitive. Positivamente fissata dalla norma, invece, quale conseguenza dell'omologazione dell'accordo anche sul debito tributario, è l'estinzione dei giudizi in corso aventi ad oggetto i tributi concordati, effetto, questo, che non si verifica per gli altri creditori i quali quando votano sulla proposta concordataria sostanzialmente formulano il loro consenso solo in relazione alla percentuale o alle modalità di soddisfacimento prospettate ma possono non solo proseguire l'eventuale contenzioso in corso ma iniziarlo anche ex novo se in disaccordo con l'ammontare o la qualità dei crediti indicati nella domanda. In definitiva, dunque, ben diverse sono le conseguenze tra un concordato senza transazione fiscale nel quale il fisco sia trattato come qualunque altro creditore ed uno, invece, in cui la transazione venga perseguita con le modalità indicate e quindi ben diversi sono vantaggi e svantaggi delle due soluzioni. Con la transazione fiscale il debitore ottiene il vantaggio della apprezzabile o assoluta certezza sull'ammontare del debito (a seconda del significato che si vuole attribuire al consolidamento) e quindi una maggiore trasparenza e leggibilità della proposta con conseguente maggiore probabilità di ottenere, oltre all'assenso del fisco, anche quello degli altri creditori. Tutto ciò ha però un costo che è dato dalla sostanziale necessità di accogliere tutte le pretese dell'Amministrazione, non essendo plausibile che la stessa, dopo aver indicato il proprio credito, accetti in questa sede di discuterlo e ridurlo. Escludendo il ricorso alfa transazione fiscale il debitore non ottiene i richiamati benefici ma può optare per la contestazione della pretesa erariale in vista di un minore esborso se gli importi in contestazione non incidono in modo rilevante e se quindi il consenso del fisco non è decisivo ai fini del raggiungimento della maggioranza. 111 Cfr., Tribunale di Varese, 15-30 giugno 2012, in www.ilcaso.it. significherebbe introdurre un ulteriore requisito di ammissibilità, non previsto dalla legge. Se, infatti, il legislatore avesse voluto sancire tale principio, lo avrebbe dovuto fare espressamente, trattandosi di disposizione che deroga all’ordine dei privilegi e che quindi è, a sua volta, eccezionale rispetto all’art. 160 l.f. Peraltro, l’adesione ad una interpretazione “estensiva” di suddetta norma equivarrebbe a precludere al debitore l’accesso alla procedura concordataria ogni qual volta questi non avesse nel suo patrimonio risorse sufficienti a pagare integralmente l’IVA, risultato questo che contrasta con le intenzioni del legislatore, il quale ha invece inteso sempre di più potenziare le forme alternative di risoluzione della crisi di impresa”112. Condivisibilmente, quindi, parte della giurisprudenza di merito, tra cui anche il Tribunale di Como, in aperto e dichiarato contrasto alle conclusioni cui è giunta la Suprema Corte nelle precitate sentenze, ha affermato, proprio sulla scorta delle motivazioni più sopra richiamate, che “Nell'ambito del concordato preventivo, deve ritenersi ammissibile la falcidia del credito Iva e per ritenute previdenziali al pari di tutti gli altri crediti muniti di privilegio generale, con l'unico limite sancito dall'articolo 160, comma 2, legge fallimentare, ivi compreso quello del rispetto dell'ordine delle cause legittime di prelazione”113. Un’interpretazione contraria, qual è quella propugnata dalla Suprema Corte con le due sentenze sopra citate114, in conclusione, appare in patente contrasto con il dettato costituzionale, perché altera l’ordine delle cause di prelazione fino a violare anche le norme della Costituzione che impongono una tutela preferenziale ai crediti dei lavoratori; ed è, altresì, irragionevole e contraddittoria, giacchè la pretesa natura sostanziale – anziché processuale – della norma che impone il pagamento integrale dell’IVA nell’ambito del concordato preventivo (o dell’a.r.d.) con transazione fiscale, al fine di legittimarne l’estensione al concordato preventivo tout court, si infrange, poi, a sua volta, con la constatazione che, in una tale prospettiva, il divieto di falcidiazione dell’IVA dovrebbe valere anche nel fallimento, nelle altre procedure concorsuali e, anzitutto, nel concordato fallimentare nonché nelle esecuzioni individuali115. Laddove lo stesso giudice della legittimità confina l’ambito di operatività di tale divieto al solo campo del concordato preventivo con o senza transazione fiscale; e, del resto, proprio con specifico riguardo al concordato Cfr., Tribunale di Perugia, 16 luglio 2012, in www.unijuris.it. Cfr., Tribunale Como, 29 gennaio 2013, in www.ilcaso.it. In tal senso, vedi anche Trib. Cosenza, 29 maggio 2013, in www.ilcaso.it; C. app. Genova, 27 luglio 2013, ibidem; Trib. Campobasso, 31 luglio 2013, ibidem. 114 Cfr., Cass. civ., sez. I, 4 novembre 2011, n. 22931, cit.; nonché, Cass. civ., sez. I, 4 novembre 2011, n. 22932, cit. Si sono allineate ai principi enunciati dalla Suprema Corte, anche numerose sentenze di merito, quali, Trib. Brescia, 11 giugno 2013, in www.ilcaso.it; Trib. Milano, 29 maggio 2013, ibidem; Trib. Vicenza, 18 aprile 2013, ibidem; Trib. Vicenza, 27 dicembre 2012, ibidem; Trib. Rossano, 31 gennaio 2012, ibidem, che estende al concordato preventivo senza transazione fiscale il divieto di falcidiazione, enunciato dalla Suprema Corte di Cassazione in tema di IVA, anche alle ritenute fiscali. Contra, cfr. Trib. Como, 29 gennaio 2013, cit.; Trib. Cosenza, 29 maggio 2013, in www.ilcaso.it; C. app. Genova, 27 luglio 2013, ibidem; Trib. Campobasso, 31 luglio 2013, ibidem. 115 Così, tra gli altri, anche BOZZA G., Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo, cit., p. 392 e s. 112 113 31 preventivo (e quindi, deve ritenersi, all’a.r.d.) senza transazione fiscale, ove la giustificazione dello “scambio di vantaggi” con il fisco verrebbe meno, il permanere ex adverso del divieto di falcidiazione dell’iva si risolverebbe in un requisito di ammissibilità che, per l’ubicazione della norma, e la mancanza di una previsione espressa in tal senso nell’art. 160, comma 2, l. fall., norma che disciplina le condizioni di ammissibilità del c.p., non appare certamente ricavabile dall’art. 182ter, comma 1, l. fall., nemmeno in via interpretativa. 4) Da un punto di vista sistematico, inoltre, non si può sottacere che la previsione di cui all’art. 182ter, comma 1, l. fall., per cui l’IVA e le ritenute sono solamente dilazionabili, è stata aggiunta con la riforma del 2008 e, precisamente, con l’art. 32, comma 5, lett. a) del D.L. 185/2008, cit., convertito in legge, con modificazioni, dalla l. n. 2/2009, cit., che inizialmente faceva riferimento solo all’IVA cui, poi, l’art. 29, d.l. 78/2010, cit., ha aggiunto anche il riferimento alle ritenute operate e non versate, con effetto a partire dal 31 maggio 2010; laddove era controverso, sotto la vigenza dell’originario art. 182ter, comma 1, introdotto nel 2006, se l’IVA rientrasse o meno tra le risorse dell’Unione europea sottratte a falcidia116. Ora, come si diceva, l’argomento principale sostenuto dalla Suprema Corte è, appunto, che la deroga avrebbe natura sostanziale, e non processuale, a motivo che l’IVA sarebbe tributo costituente risorsa propria della Unione europea. Senonchè, anzitutto, il rilievo della natura di risorsa comunitaria con riferimento all’imposta sul valore aggiunto appare, addirittura discutibile e, anzi, a ben vedere, contraddetto dallo stesso intervento del legislatore nel 2008, che ha ritenuto di dover specificare che l’IVA è solo dilazionabile117. Soccorre, poi, l’ulteriore rilievo che sia nell’intervento del 2008, sia in quello del 2010, il legislatore ha ritenuto di operare la precisazione della mera dilazionabilità dell’IVA sempre solo nell’ambito dell’art. 182ter, l. fall., che disciplina appunto il concordato con transazione fiscale; laddove è ragionevole pensare che se l’intenzione fosse stata quella di rendere inammissibile ogni concordato – anche senza transazione fiscale - che preveda la falcidiazione dell’IVA o delle ritenute operate e non versate, avrebbe dovuto quanto meno cogliere l’occasione per affermarlo esplicitamente, se non addirittura inserire la modifica all’art. 160, l. fall. 5) Sicchè, in definitiva, la deroga all’ordine legale delle cause legittime di prelazione che deriverebbe In senso contrario, v. Trib. Milano 6 aprile 2008, in www.ilcaso.it; Trib. Pavia, 8 ottobre 2008, in www.ilcaso.it; cfr., altresì, Trib. Mantova, 26 febbraio 2009, ibidem, secondo cui “La modifica dell’art. 182ter legge fallimentare di cui all’art. 32, comma 5, del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, che esclude dalla transazione fiscale il credito iva, non è applicabile ai procedimenti per concordato preventivo iniziati prima dell’entrata in vigore della suddetta modifica legislativa, soprattutto ove abbia già avuto luogo l’adunanza dei creditori ed abbiano avuto inizio le operazioni di voto, termine ultimo, questo, entro il quale devono intervenire eventuali modifiche della proposta”; confermando, quindi, che prima della riforma del 2008, l’IVA non poteva ritenersi tra le risorse comunitarie sottratte a falcidiazione. 117 Come pur evidenziato dal Trib. Mantova, 25 febbraio 2009, cit. 116 dall’interpretazione fatta propria dalla Suprema Corte118, si scontra con l’obiettiva impossibilità di trovare una ragionevole giustificazione della mancanza di un analogo trattamento anche nelle altre procedure concorsuali, a cominciare dal concordato fallimentare, istituto pur molto affine (sotto diversi e importanti profili) al concordato preventivo119, oltre che nelle esecuzioni individuali; mancanza, invero, incompatibile con le stesse argomentazioni spese dal giudice di legittimità sulla presunta natura di norma sostanziale dallo stesso attribuita al divieto di falcidia dell’IVA ex art. 182ter, comma 1, l. fall., che, a suo dire, afferisce alle peculiarità del credito tutelato e non alle modalità della procedura cui inerisce. L’estensione del divieto di falcidiazione dell’IVA anche al concordato preventivo (ed eventualmente agli a.r.d.) senza transazione fiscale, pertanto, pone diversi dubbi di legittimità costituzionale sotto il profilo del principio di uguaglianza nel suo nucleo forte, nel mentre appare lettura irragionevole nell’ottica di una politica legislativa che si assume orientata a incentivare – piuttosto che a scoraggiare – il ricorso alle procedure concordate. L’intangibilità dell’IVA, infatti, specie se per importi elevati, comporterebbe per i creditori chirografari una decisiva diminuzione della posta loro destinata, e dunque, della percentuale di soddisfazione dei relativi crediti. Con la conseguenza che difficilmente essi potrebbero essere “tentati” a votare a favore del concordato piuttosto che del fallimento. 6) A queste conclusioni, peraltro, è significativamente giunto anche chi120, ancora oggi, continua a sostenere che dall’art. 182ter – stanti la sua collocazione “toponomastica”, il relativo tenore letterale e la natura eccezionale debba inferirsi il divieto (per qualsiasi concordato o a.r.d., senza transazione fiscale) di falcidiazione dei privilegi del fisco e degli enti previdenziali, con la conseguenza che una domanda di concordato preventivo o una proposta di a.r.d. con falcidiazione (anche) dei privilegi fiscali e previdenziali (e non solo dell’IVA), senza transazione fiscale, sarebbe inammissibile. È stato, infatti, sostenuto che la possibilità per il debitore di falcidiare i crediti tributari e previdenziali, pur in assenza della transazione fiscale, determinerebbe, a favore del proponente, la facoltà di liberamente alterare l’ordine legale di graduazione dei privilegi, accreditando più di qualche dubbio sulla tenuta costituzionale di una tale prospettiva121. Ma v., già, in precedenza, nella giurisprudenza di merito, Trib. Roma, 16 dicembre 2009, in www.ilcaso.it. 119 Cfr., in tal senso, anche STASI E., sub art. 182ter, l. fall., in LO CASCIO G., Codice Commentato del Fallimento, cit., p. 2187. 120 Cfr. BOZZA G., Crediti privilegiati e transazione fiscale. Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo, cit., pp. 386 e ss. 121 Cfr., BOZZA G., op. ult. cit., pp. 387 e s., il quale acutamente osserva come alla diversa procedura (e, dunque, in concreto, alla scelta di valersi o meno della transazione fiscale), invero, siano anche connesse ben determinate conseguenze suscettive proprio nell’ipotesi patologica limite del debitore che altera la rappresentazione dell’attivo o del passivo al fine di frodare il fisco e conseguire una falcidiazione del relativo credito - di ingenerare una grave disparità di trattamento tra l’imprenditore che propone domanda di concordato preventivo o proposta di a.r.d., con transazione fiscale, da una parte, e quello che decide di adire le medesime procedure senza transazione fiscale, 118 32 Oltre alle varie motivazioni di ordine letterale, logico e sistematico, è stato suggestivamente affermato che, se il legislatore avesse avuto l’intento di generalizzare - anche in mancanza di transazione fiscale - la possibilità di decurtare o dilazionare i crediti tributari e previdenziali, avrebbe collegato detti effetti al concordato e non alla transazione fiscale. Né il medesimo avrebbe dettato una minuziosa regolamentazione di siffatta procedura, disponendo la contestualità della presentazione della proposta transattiva con quella concordataria ovvero l’inserimento della prima nella fase delle trattative che precedono gli accordi di ristrutturazione. Tali elementi, in sostanza, andrebbero valorizzati al fine di ritenere che l’unico mezzo per pervenire ad una riduzione o dilazione dei crediti tributari (al di fuori delle regole ordinarie), nelle due procedure minori, è il ricorso alla transazione fiscale. Va precisato, tuttavia, che ove il divieto di falcidiazione dei crediti tributari e previdenziali, in assenza di transazione fiscale, fosse inteso in maniera assoluta, colliderebbe, oggi, con il principio di cui all’art. 160, comma 2, l. fall. che, come noto, a seguito delle modifiche introdotte con il correttivo del 2007, consente ora al debitore di falcidiare i creditori privilegiati, pignoratizi e ipotecari (e quindi, deve ritenersi, anche quelli del fisco e degli enti previdenziali) qualora il valore del bene122 – da accertarsi secondo criteri e modi disciplinati dalla stessa norma - sul quale insiste la prelazione non sia sufficiente per soddisfare i creditori che ne sono titolari123. dall’altra. Ai sensi dell’art. 11, d.l. 78/2010, conv. in l. 122/2010, infatti, “chiunque, al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila”. Inoltre, “Se l’ammontare di cui al periodo precedente è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni”. Laddove, il medesimo soggetto che agisce allo stesso modo e con le stesse finalità, senza però fare ricorso alla procedura transattiva, sarebbe punibile solo nei residui casi previsti dall’art. 236, l. fall. 122 Ai sensi dell’art. 160, comma 2, l. fall., nella versione introdotta dall’art. 12 del D. Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, cit. (applicabile alle procedure concorsuali aperte dopo l’1 gennaio 2008), infatti: “La proposta può prevedere che i creditori muniti di diritto di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, terzo comma, lettera d). Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione”. 123 Prima di tale modifica, infatti, in assenza di una norma che consentisse la falcidiazione dei crediti privilegiati, l’art. 182ter era l’unica norma che consentiva un trattamento particolare dei privilegi tributari e contributivi in sede di concordato preventivo e di a.r.d., sicché era stato sostenuto che, in assenza di transazione fiscale, la proposta di concordato che avesse previsto la falcidiazione dei crediti tributari e previdenziali doveva essere ritenuta inammissibile, non potendosi applicare in via analogica l’art. 124, l. fall., dettato in tema di concordato La tesi restrittiva sull’applicazione dell’art. 182ter, pertanto, appare corretta e condivisibile solo se intesa nel senso che la norma consente la falcidiazione dei crediti privilegiati di natura tributaria e previdenziale, in modo disancorato al parametro del valore dei beni enunciato dall’art. 160, comma 2, cit. attualmente vigente124. Sicché l’imprenditore che presenti domanda di concordato o accordo di ristrutturazione con transazione fiscale, avrebbe la possibilità di falcidiare, nei limiti di cui all’art. 160, comma 2, l. fall., non solo gli altri crediti assistiti da privilegio, pegno e ipoteca, ma anche quelli tributari e previdenziali, ai sensi dell’art. 182 ter, comma 1, l. fall., e con l’eccezione dell’IVA e delle ritenute (solo dilazionabili ma non falcidiabili). Di modo che la falcidiazione di questi ultimi potrebbe essere effettuata in modo disancorato dai presupposti e dai parametri di cui all’art. 160, comma 2, cit., purché nel rispetto del principio per cui ai crediti privilegiati tributari o contributivi deve essere riservato un trattamento almeno pari agli altri crediti con grado di privilegio inferiore o a quelli in posizione giuridica e con interessi economici omogenei rispetto ai crediti “delle agenzie e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie”125. In altri termini, l’imprenditore che presenta domanda di concordato preventivo o a.r.d., senza transazione fiscale, potrà falcidiare i crediti privilegiati, anche del fisco e degli enti previdenziali, ma solo nel rigoroso accertamento dei presupposti di cui all’art. 160, comma 2, l. fall.; mentre il debitore che si avvale anche della transazione fiscale (inserita quale parte integrante del piano concordatario), potrà falcidiare i crediti tributari e previdenziali fallimentare, cfr. Cass. civ., sez. I, 22 marzo 2010, n. 6901, in Giust. civ. Mass., 2010, 3, 418. Oggi, invece, dopo la modifica dell’art. 160, comma 2, cit., pertanto, non appare condividibile quanto affermato in senso assolutistico anche dall’Agenzia dell’entrate nella circolare n. 40/E dell’8 aprile 2008, secondo cui l’art. 182ter, in quanto derogatoria di regole generali, è di stretta interpretazione e non è suscettibile di interpretazione analogica o estensiva, sicché non è possibile pervenire ad una soddisfazione parziale del credito tributario al di fuori della specifica disciplina di cui all’articolo 182ter (seppur per effetto del solo richiamo del principio di indisponibilità del credito tributario). Appare addirittura tautologica, al punto da rasentare la petizione di principio, l’affermazione dell’ufficio finanziario secondo cui non sarebbe possibile la decurtazione dei crediti tributari, neppure in applicazione delle disposizioni di cui all’art. 160, cit., a motivo che questa disposizione si riferisce ai crediti di natura tributaria a condizione che siano rispettate le disposizioni di cui al predetto articolo 182ter, per cui, in assenza della proposta di transazione fiscale, i crediti tributari dovrebbero essere soddisfatti in maniera integrale ed alle scadenze prescritte dalla legge. 124 Questo sembra anche il pensiero di BOZZA G., Crediti privilegiati e transazione fiscale. Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo, cit., passim. 125 Cfr., Trib. Mantova, 30 ottobre 2008, in www.ilcaso.it, secondo cui “In ipotesi di transazione fiscale, il criterio indicato nell'art. 182ter legge fall., per cui il credito tributario assistito da privilegio può essere pagato in percentuale purché non siano offerte condizioni e garanzie inferiori a quelle offerte ai creditori che hanno grado di privilegio inferiore o posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle agenzie fiscali, può dirsi rispettato anche nell'ipotesi in cui siano attribuite percentuali differenti e maggiori ad altri creditori aventi uguale privilegio generale sui mobili, a condizione che risulti rispettato l'ordine di soddisfazione sancito dagli artt. 2777 e ss. cod. civ.” 33 prescindendo dal parametro dei beni colpiti dalla relativa prelazione, pur nel rispetto del principio di cui sopra (trattamento almeno pari agli altri crediti con grado di privilegio inferiore o a quelli in posizione giuridica ed economica omogenea) e ferma restando, per gli altri creditori privilegiati, la rigorosa osservanza delle condizioni e dei limiti di cui all’art. 160, comma 2, cit. Se questo è vero126, allora, dall’inapplicabilità e dall’inestensibilità dell’art. 182ter – cioè, della facoltà di falcidiazione dei crediti fiscali e previdenziali, slegandola dal parametro dei beni del debitore colpiti da prelazione ex art. 160, comma 2, l. fall. – al di fuori del concordato preventivo e degli a.r.d. con transazione fiscale, e quindi anche senza transazione fiscale, non può che ulteriormente discendere, quale logica conseguenza, l’ennesima conferma che, a maggior ragione, anche l’obbligo del pagamento integrale dell’imposta sul valore aggiunto non può trovare giustificazione, funzione nè ruolo al di fuori dell’istituto in cui è collocato e delle norme che lo disciplinano. 9. Conclusioni Nell’ambito delle strategie d’incentivazione delle procedure di soluzione concordata della crisi, quanto meno di quelle due a più rilevante tasso di giurisdizionalizzazione127, un ruolo di primo piano hanno assunto, in definitiva, le iniziative intese alla protezione delle obbligazioni sorte in funzione di accesso alla procedura di crisi ed in esecuzione del piano rivolto a superarla o comunque a darvi adeguata sistemazione. Lo strumento utilizzato dal legislatore, a tal fine, è l’innalzamento della soglia di tutela dei crediti derivanti da prestazioni funzionali essenziali all’accesso, al buon esito e all’esecuzione delle due procedure concordate, attraverso l’estensione anche a favore di tali posizioni della prededucibilità. Con i nuovi art. 182quater e 182quinquies, l. fall., come introdotti e modificati, rispettivamente, a mezzo delle riforme del 2010 e del 2012, in particolare, il legislatore sembrava aver finalmente preso atto dell’importanza Cfr., BOZZA G., op. cit., p. 391 e ss.; Cfr., anche Trib. La Spezia, 2 luglio 2009, in www.ilcaso.it, che, più genericamente, afferma come il debitore che versi nelle condizioni di cui all’art. 160, comma 2, l. fall., non è obbligato a proporre domanda di concordato con transazione fiscale al fine di falcidiare i privilegi del fisco (e degli enti previdenziali). Nel senso, invece, che la transazione fiscale non sia necessaria al fine di falcidiare i crediti tributari nei limiti previsti dall’art. 182ter, e quindi sottendendo implicitamente a una interpretazione estensiva dello stesso, v. Trib. Monza, 7 aprile 2009, in www.ilcaso.it, secondo cui “La transazione fiscale non è obbligatoria al fine di ridurre la percentuale di soddisfazione del credito del fisco ed è necessaria solo nel caso in cui il debitore intenda avvalersi degli effetti tipici di tale istituto consistenti nella cessazione dei contenziosi e nella cristallizzazione delle posizioni fiscali”. Detto decreto, in motivazione, pur affrontando solo incidentalmente e in poche righe la questione, sembra dare per presupposto il principio che il debitore, anche senza ricorrere alla transazione fiscale, può assicurare ai crediti privilegiati del fisco un trattamento inferiore a quelli degli altri creditori muniti di pari grado di privilegio, purché non deteriore agli altri crediti privilegiati di grado inferiore. 127 Cfr., BONFATTI S., Le misure di incentivazione delle procedure di composizione negoziale delle crisi d’impresa, cit., p. 8. 126 fondamentale che la finanza esterna assume nella prospettiva concordata di risanamento di un’impresa in crisi, al punto da aver previsto non solo la prededuzione dei crediti per finanziamenti funzionali all’accesso o all’esecuzione del concordato preventivo ma, addirittura, l’equiparazione ai primi, ai suddetti fini, di quelli funzionali all’accesso e all’esecuzione degli accordi di ristrutturazione. Di più, dette norme - che in un primo tempo si preoccupavano (e quindi incentivavano) solo dei finanziamenti effettuati da banche e intermediari e limitavano, quanto ai soci, la prededucibilità (nelle misure percentuali ancor oggi vigenti) solo ai crediti per finanziamenti in esecuzione - hanno da ultimo esteso il proprio ambito di applicazione fino a ricomprendere anche i finanziamenti (in funzione e in esecuzione) erogati, in qualsiasi forma, da chiunque, soci compresi (sempre nei limiti percentuali già visti). Il regime risultante sullo specifico versante della prededucibilità in tema di finanziamenti, quindi, parrebbe tendenzialmente uniforme nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione. La riforma, in definitiva, ha inserito nuove ipotesi di crediti prededucibili, amplificando i dubbi e le questioni già generati dall’elastica definizione introdotta nel 2006, all’art. 111, l. fall. Le nuove norme sulla prededucibilità dei crediti da finanziamenti e di quelli derivanti da atti legalmente compiuti durante il concordato, infatti, utilizzano a tal fine il rinvio all’art. 111, cit. - norma che, come noto, disciplina il riparto in sede fallimentare. 1) Una prima questione interpretativa scaturiva dall’originario art. 182quater, comma 4, l. fall., che prevedeva la prededucibilità del credito del professionista attestatore dei piani, rispettivamente, di concordato preventivo e degli a.r.d., subordinandola alla condizione dell’espressa qualificazione in tal senso (id est: come “prededucibile”) del relativo credito, da disporsi nello stesso provvedimento del giudice di ammissione al c.p. ovvero di omologazione dell’a.r.d. Di qui, pertanto, il dubbio su quale fosse il trattamento da riservare ai crediti degli altri professionisti intervenuti nella fase propedeutica alla presentazione della domanda di concordato preventivo ovvero di omologa della proposta di a.r.d.; giacchè ove si fosse ritenuto che la ratio di tale norma fosse stata quella di escludere la prededucibilità di altri crediti sorti in occasione o in funzione di procedure concorsuali, ex adverso sancita dall’art. 111, l. fall., si sarebbe giunti a un’interpretazione abrogans di tale disposizione, per nulla in linea con la volontà palesata dal legislatore della riforma; ove, invece, si fosse ricondotta l’apparente antinomia al diverso piano in cui sarebbero chiamate a operare le due predette norme, ossia (rispettivamente), gli artt. 182quater, comma 4, e 111, l. fall. (prededucibilità nel successivo fallimento, condizionata al provvedimento del giudice nella procedura concorsuale minore, la prima; e prededucibilità nel successivo fallimento valutata dal giudice della procedura d’insolvenza in sede di ammissione al passivo, la seconda), sarebbe stato, poi, difficile giustificare la grave disparità di trattamento che ne sarebbe derivata, continuando ad aderire alla tesi dell’inapplicabilità dell’art. 111, l. fall. agli a.r.d. -a sua volta basata sul presupposto 34 della natura contrattuale e non concorsuale di questi ultimi. In altri termini, rinviare, quanto alla prededucibilità dei crediti dei professionisti, all’art. 111, comma 2, l. fall., diventava ora ancor più imbarazzante, di fronte alle nuove norme degli artt. 182quater e 182quinquies, che disciplinavano in modo uniforme il trattamento dei crediti dei finanziatori, nel momento in cui, per i primi, si correva il forte rischio di dovere scriminare in ragione del tipo di procedura di composizione negoziale in concreto scelta dal debitore per far fronte alla crisi; tra chi tentava di giustificare tale vulnus, in modo (soprattutto oggi) non del tutto convincente, alla luce di principio secondo cui al maggior tasso di giurisdizionalizzazione del procedimento debba corrispondere una maggiore portata della protezione–incentivazione128, e chi, invece, vedeva nell’art. 182quinquies l. fall. l’elemento chiave da cui inferire la natura concorsuale anche degli a.r.d., nel tentativo di consacrarne la riconduzione all’ambito di applicazione dell’art. 111, l. fall.129. All’indomani della riformulazione dell’art. 111, l. fall., infatti, autorevole dottrina collocava in prededuzione i crediti dei professionisti funzionali all’accesso al concordato preventivo, mentre continuava a negare la (o quanto meno a dubitare della) applicazione di detta norma agli a.r.d. per la presunta natura non concorsuale di questi ultimi. In questo contesto alquanto problematico, dunque, l’originaria previsione dell’art. 182quater, comma 4, circa la prededucibilità del credito del professionista attestatore, fomentava il dubbio che dovessero ritenersi esclusi dalla prededuzione non solo i crediti dei professionisti per le prestazioni funzionali agli a.r.d., bensì anche quelli per le prestazioni funzionali all’accesso al concordato preventivo. La successiva abrogazione dell’art. 182quater, comma 4, l. fall., con la riforma del 2012, non eliminava il problema, da una parte, perché con essa era venuta meno l’unica norma che, in tema di professionista attestatore, equiparava il regime degli a.r.d. a quello del concordato; dall’altra, poi, non risolveva nemmeno il problema più generale del rapporto tra l’art. 182quater e l’art. 111, l. fall., particolarmente delicato per il fatto che, comunque, anche i crediti per i finanziamenti, quantomeno quelli ponte, erano pur sempre ipotesi specifiche di prestazioni funzionali all’accesso alle procedure concorsuali. La Suprema Corte ha condivisibilmente evidenziato come sia l’introduzione che la successiva abrogazione dell’art. 182quater, comma 4, l. fall., non reagiscano in alcun modo sulla piena applicabilità dell’art. 111, l. fall. anche ai crediti dell’attestatore come di tutti gli altri professionisti che sono intervenuti per assistere il debitore alla predisposizione e presentazione della domanda di concordato preventivo (procedura presa in considerazione dalla fattispecie concreta che ha occasionato il predetto giudizio di legittimità) e dei documenti a ciò necessari. Per ciò, evidentemente, la tesi che ora escludesse la prededucibilità dei crediti dei professionisti che pur abbiano analogamente lavorato in funzione dell’accesso del debitore anche agli a.r.d., accrediterebbe più di qualche dubbio circa la sua stessa tenuta sul piano costituzionale, oltre a non convincere, nemmeno sul piano più squisitamente ermeneutico, specialmente ove la si collochi nel suo giusto contesto, affatto orientato verso l’incentivazione del ricorso al concordato preventivo e agli a.r.d., non meno che della tendenziale equiparazione di regime e di effetti, a tali fini, delle due procedure minori. 2) Rimane, più in generale, da chiedersi, se la prededucibilità dei crediti per finanziamenti in funzione e in esecuzione del concordato preventivo o degli accordi di ristrutturazione operi solo nella successiva ed eventuale sede fallimentare, ovvero anche nella fase di esecuzione della procedura (concorsuale o meno che sia) minore in cui si assumono sorti gli stessi crediti. Il rinvio all’art. 111, l. f. (norma dettata per il riparto in sede fallimentare) previsto negli artt. 161, comma 7, 182quater e 182quinquies, infatti, induce autorevole dottrina a ritenere che solo in detta sede possa operare la prededucibilità anche dei crediti per finanziamenti in funzione o in esecuzione e, più in generale, di tutti quei crediti che pur hanno origine in atti funzionali alla procedura minore alternativa al fallimento. Si tratta di questione interpretativa da risolvere sul piano ermeneutico giacchè il nostro ordinamento non preclude, in linea di principio, deroghe all’ordine legale delle cause legittime di prelazione ex art. 2778 c.c. Se, infatti, il credito dei professionisti è, notoriamente, collocato tra i privilegi di cui all’art. 2751bis, c.c., secondo l’ordine di cui agli artt. 2777 e ss., c.c., è certo che trattandosi, quest’ultimo, di principio posto dalla stessa legge ordinaria130, lo stesso rimane modificabile per mezzo di un qualsiasi atto normativo di pari rango. La trasposizione nelle procedure minori dell’art. 111, l. fall. - al fine di assicurare ai crediti prededucibili sorti nell’ambito delle stesse trattamento equivalente a quello che ai medesimi crediti si assume debbano ricevere nel successivo fallimento – risulta, in astratto ben possibile, purché sorretta da un corretto bilanciamento di interessi anche sul piano costituzionale, nonché da idonea giustificazione. Sicchè, non convince la tesi negazionista più integralista, come non convince nemmeno la tesi di chi131, valorizzando la diversa formulazione letterale dell’inciso di cui all’art. 182quater, comma 2, l. fall. – che, invece di richiamare l’art. 111, l. fall., si limita sibillinamente a “parificare” i crediti per finanziamenti in funzione a quelli per finanziamenti in esecuzione di cui all’art. 182quater, comma 1, l. fall. - giunge poi a scriminare i crediti per finanziamenti-ponte rispetto a tutti gli altri crediti cui il legislatore ha inteso riconoscere la prededucibilità in relazione alla loro genesi nell’ambito di una procedura minore; per riconoscere solo ai primi, anche in fase Per un’accurata indagine del tessuto normativo in cui si articola la disciplina della categoria dei crediti assistiti da cause di prelazione e del principio del concorso degli stessi in un’unica graduazione sul patrimonio del debitore, Cfr., BOZZA G., Crediti privilegiati e transazione fiscale. Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo, cit., pp. 377 e ss. 131 NARDECCHIA G.B., sub art. 182quater, cit., p. 2211 e s. 130 BONFATTI S., Le misure di incentivazione delle procedure di composizione negoziale delle crisi d’impresa, cit., p. 8. 129 Cfr. FACEUGLIA G., sub art. 182bis, in LO CASCIO G.¸ Codice Commentato del Fallimento, cit., p. 2146. 128 35 esecutiva del concordato preventivo, un trattamento corrispondente a quello dei crediti prededucibili in sede fallimentare. Non convince, come si diceva, per l’assorbente rilievo, invero, dell’inconciliabilità di una tale limitazione operativa della prededucibilità (rinviata alla eventuale e successiva fase fallimentare), in primis, con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3, Cost., sotto il duplice profilo del diverso trattamento che, in questo modo, da un alto, si riserverebbe ai crediti da finanziamento-ponte, rispetto, tra gli altri, a quelli da finanziamento in esecuzione e da finanziamento interinale, nonché rispetto ai crediti professionali funzionali; e, dall’altro, sotto il profilo della ingiustificata discriminazione in punto di trattamento di uno stesso creditore, a seconda che la procedura minore abbia buon esito ovvero sfoci in fallimento. Diversamente, infatti, si dovrebbe ammettere il paradosso per cui tutti questi soggetti sarebbero chiamati a compiere una prestazione finalizzata al buon esito della procedura alternativa al fallimento, quando, proprio e solo nell’eventuale fallimento, il credito che dalla predetta prestazione sia destinato a sorgere troverebbe compiuta tutela; e, ancora, in modo ancor più paradossale, si dovrebbe ammettere per i professionisti (specie per gli avvocati e i commercialisti), lo svolgimento di un incarico (di natura fiduciaria) di assistenza del debitore in una procedura concordata, in conflitto con un proprio interesse economico contrario al suo buon esito – situazione che mal si concilia, anche sul piano deontologico, con i valori e i principi di indipendenza e decoro cui sono informate dette professioni intellettuali. Appare, quindi, arbitraria e irragionevole, perché priva di giustificazione e, al limite, persino irrazionale, qualsivoglia disparità di trattamento dei creditori funzionali (nel senso più lato e ampio del termine), come si diceva, nel caso di successivo fallimento, rispetto al caso di buon esito del concordato preventivo132; e ciò, invero, dovrebbe valere anche per i crediti (compresi quelli professionali) funzionali all’accesso agli a.r.d., come da ultimo acclarato dallo stesso principio di intercambiabilità tra questi e il concordato preventivo nell’ambito della procedura prenotativa di cui all’art. 161, comma 6, l. fall. Del resto, stesso ruolo dei professionisti che assistono il debitore, anche nel guidarlo nella scelta della procedura più adatta per il soddisfacimento dei creditori e nell’interesse del debitore, non potrebbe non risultare condizionato, se non asservito, alla valutazione del trattamento più favorevole che gli stessi professionisti riceverebbero, rispettivamente nelle due diverse procedure, relativamente al credito destinato a sorgere dalla loro prestazione professionale. 3) Anche l’obbligo di pagamento integrale dell’IVA (e delle ritenute operate ma non versate), previsto esplicitamente dall’art. 182ter, l. fall. nell’ambito del concordato preventivo (e degli a.r.d.) con transazione fiscale, infine, interseca, sotto plurimi profili, il versante delle deroghe all’ordine legale delle cause legittime di prelazione. PATTI A., La prededuzione dei crediti funzionali, in Fall., 2011, p. 1340; STANGHELLINI L., Finanziamenti-ponte e finanziamenti alla ristrutturazione, cit., p. 1352 ss.; COPPOLA A., sub art. 111, l. fall., cit., p. 782. 132 Ai sensi dell’art. 2778 c.c., infatti, il credito dello Stato per l’imposta sul valore aggiunto è collocato al diciannovesimo grado della graduatoria, con la conseguenza che esso dovrebbe essere soddisfatto dopo tutti i privilegi di grado anteriore, tra i quali, per esempio, quelli dei lavoratori e dei professionisti. Sicchè la previsione dell’obbligo del pagamento integrale di detto credito, anche nel mutato contesto normativo che ora ammette – sia pur con i modi, le forme e i presupposti di cui all’art. 160, l. fall. - la falcidiazione di tutti gli altri crediti privilegiati, finisce per legittimare, di fatto, la posposizione di qualsivoglia altro credito privilegiato pur di grado poziore, nella misura in cui il piano concordatario ne preveda la falcidiazione per incapienza dei privilegi, rispetto all’imposta sul valore aggiunto che, sicuramente, quanto meno in caso di concordato preventivo con transazione fiscale, deve essere pagata integralmente. Anche nelle due sentenze della Suprema Corte che si sono occupate del problema, infatti, è stato chiarito che l’obbligo di pagamento integrale dell’IVA, opererebbe comunque in deroga alla regola generale secondo cui tutti i crediti privilegiati di grado anteriore devono essere egualmente soddisfatti integralmente133 a pena, In tal senso, Cass. civ., nn. 22931/11 e 22932/11, cit., che in motivazione hanno affermato “In proposito, ed in ciò deve correggersi la motivazione dell'impugnata decisione, deve escludersi che la necessità dell'integrale pagamento dell'IVA comporti quella dell'integrale pagamento di tutti i crediti privilegiati con grado anteriore in ossequio al principio secondo cui "il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione" (L. Fall., art. 160, comma 2, u.p.). Prescindendo dalla considerazione che dando decisiva rilevanza a tale disposizione la questione non si porrebbe nel concordato senza classi in quanto la falcidia dei crediti privilegiati non comporta necessariamente la suddivisione dei creditori in classi se per la parte in chirografo il trattamento è identico per tutti ed uguale a quello dei crediti originariamente chirografari per il solo fatto che vi sono crediti da pagarsi integralmente (perché in prededuzione o privilegiati capienti), ciò che rileva è l'erroneo richiamo alla disciplina della graduazione dei crediti. La disposizione che sostanzialmente esclude il credito IVA da quelli che possono formare oggetto di transazione, quanto meno in ordine all'ammontare del pagamento, è una disposizione eccezionale che, come si è osservato, attribuisce al credito in questione un trattamento peculiare e inderogabile. La norma invocata dalla Corte d'appello (art. 160 comma 2) attiene, per contro unicamente al trattamento aggiuntivo rispetto a quello imposto ex lege (ancorato al valore dei beni oggetto della garanzia) che viene deciso discrezionalmente dal debitore ma che trova appunto un limite nel rispetto del grado di rilevanza attribuito dal legislatore ai diversi crediti in ragione del valore sociale della loro causa. Il vincolo per contro non astringe il legislatore che può, come nella fattispecie e per cause discrezionalmente individuate, attribuire un trattamento particolare a determinati crediti come avviene per la prededuzione, senza che ciò incida automaticamente sul trattamento degli altri. Diversamente opinando, tra l'altro, si dovrebbe attribuire al legislatore se non l'intento quantomeno l'accettazione del rischio di rendere in molti casi sostanzialmente inattuabile il percorso concordatario in quanto, tenuto conto del basso grado di privilegio dell'IVA, la necessità di proporne l'integrale pagamento comporterebbe l'analoga necessità per tutti i crediti privilegiati, anche non tributari, rendendo oltretutto priva di contenuto la stessa transazione fiscale”. Con riferimento all’intangibilità dell’IVA, nel senso dell’inapplicabilità del principio dell’obbligo di pagamento dei crediti con privilegio di grado poziore, già il Trib. Roma, 16 dicembre 2009, in www.ilcaso.it. 133 36 evidentemente, della sostanziale inaccessibilità e inattuabilità della procedura concordataria134. In altri termini, l’obbligo di pagare integralmente il credito per IVA, stante la natura eccezionale dell’art. 182ter, non determinerebbe eguale dovere nei confronti dei creditori muniti di privilegio di grado poziore che, appunto, potrebbero continuare ad essere falcidiati nonostante l’imposta sul valore aggiunto venga ad essere integralmente assolta. Nondimeno, se tale deroga, in caso di concordato preventivo con transazione fiscale, trova giustificazione – come correttamente evidenziato in alcuni passaggi della più recente giurisprudenza - nello scambio dell’assoggettamento ai limiti di transigibilità (dettati in relazione a IVA e ritenute) con il “vantaggio” rappresentato dal c.d. consolidamento dei debiti, diverse conclusioni si impongono, invece, circa l’estensione di detti limiti di transigibilità anche al concordato preventivo (e negli a.r.d.) senza transazione fiscale; laddove, infatti, ragioni di ordine letterale, logico, sistematico e di bilanciamento dei superiori principi della nostra Carta costituzionale, ci portano a non condividere l’orientamento seguito dalla Suprema Corte. Secondo quest’ultima, come visto, l’applicabilità del divieto di falcidiazione dell’IVA al concordato preventivo tout court deriverebbe proprio dalla natura di risorsa comunitaria dell’imposta sul valore aggiunto e dalla presunta natura sostanziale della norma che statuisce il divieto. Se, tuttavia, la volontà del legislatore fosse stata nel senso di rendere l’IVA non falcidiabile anche nel concordato preventivo senza transazione fiscale, è ragionevole ritenere che siffatta deroga sarebbe stata inserita quantomeno nelle norme che disciplinano il concordato in generale e, in particolare, tra quelle che ne dettano le condizioni di ammissibilità (tale, di fatto, diverrebbe questa norma ove si riconoscesse al divieto di falcidia dell’IVA e delle ritenute portata estesa a qualsiasi ipotesi concordataria), invece che nella specifica sede destinata al concordato preventivo e agli a.r.d. con transazione fiscale (art. 182 ter, l. fall.). Tanto più che il riferimento all’IVA e alle ritenute operate ma non pagate è, addirittura, successivo all’introduzione dell’art. 182ter, l. fall. che, infatti, è stato introdotto nel 2006 e, solo successivamente, modificato in punto con le riforme del 2008 e del 2010. Tale circostanza conferma all’evidenza, una volta di più, la volontà del legislatore di intervenire solo nell’ambito del concordato con transazione fiscale. Se detto divieto, inoltre, avesse natura sostanziale che prescinde dalle modalità di svolgimento della procedura, esso avrebbe dovuto applicarsi, quanto meno, anche al concordato fallimentare (viste anche le forti e numerose analogie che esso presenta con il concordato preventivo), se non a ogni altra procedura concorsuale e al limite Proprio sulla base di questa considerazione, il Trib. La Spezia, 2 luglio 2009, cit., invece, dando per presupposto il principio per cui l’obbligo del pagamento integrale dell’IVA nel concordato con transazione fiscale imporrebbe, a sua volta, l’obbligo del pagamento integrale dei crediti muniti di privilegio di grado poziore, esclude l’obbligatorietà - ai fini della falcidiazione dei crediti privilegiati del fisco - della presentazione dell’istanza di transazione fiscale. 134 anche di esecuzione individuale (richiedendo, in tal caso, una diretta modifica dell’art. 2778 c.c.). Sicché l’interpretazione adottata dalla Suprema Corte renderebbe la norma stessa quantomeno in apparente contrasto con il generale principio di uguaglianza e ragionevolezza, alterando l’ordine legale delle cause di prelazione, nella parte in cui estende il divieto di falcidiare l’IVA (e le ritenute) al concordato (e agli a.r.d.) senza transazione fiscale, sulla base della presunta natura sostanziale di esso, per poi escluderne l’applicazione alle altre procedure concorsuali. L’anteposizione del credito IVA (a oggi collocato, dall’art. 2778 c.c., al diciannovesimo posto della graduatoria dei privilegi) rispetto a crediti di rango superiore, tra i quali, per esempio, lo stesso credito dei lavoratori, si infrangerebbe, a tacer d’altro, anche con le norme della Costituzione (artt. 1, 2, 3, 35 e 36, Cost.) che riconoscono a questi ultimi una rilevanza sovraordinata imponendone, quindi, una tutela rafforzata: e ciò, per giunta, senza alcuna giustificazione adeguata, anche solo sul piano della mera opportunità, atteso che il divieto di falcidiazione dell’IVA, concorrendo a diminuire la posta destinata ai chirografi, si risolverebbe per i creditori votanti in un incentivo a votare contro l’approvazione del concordato, in evidente distonia con la generale ratio di tutte le riforme introdotte dal legislatore a partire dal 2005, intese al potenziamento delle forme alternative di risoluzione della crisi di impresa. La falcidiazione dei crediti tributari e previdenziali – quale possibilità ora autorizzata anche dalla più generale norma introdotta nel concordato preventivo, all’art. 160, comma 2, l. fall. - non necessita in alcun modo, pertanto, di un’applicazione estensiva né tanto meno analogica dell’art. 182ter. Il diritto di falcidiare anche i crediti tributari e previdenziali appare, piuttosto, il corollario di una doverosa interpretazione conforme a Costituzione: a fronte del generale principio di falcidiabilità dei crediti privilegiati in caso di incapienza dei beni colpiti da prelazione, ora codificato anche per il concordato preventivo senza transazione fiscale. L’esclusione della falcidia dei crediti del fisco nell’ambito delle stesse procedure minori, solo perché avviate senza transazione fiscale, infatti, costituirebbe una sorta di “deroga alla deroga”, difficilmente giustificabile alla luce del principio di ragionevolezza, proporzionalità e uguaglianza ex art. 3 Cost. - soprattutto ove si consideri il ben più elevato grado di privilegio dei crediti, come quello dei lavoratori, per esempio, pur assoggettati all’applicazione del nuovo art. 160, comma 2, l. fall. In conclusione, lo stesso percorso argomentativo seguito dalla Suprema Corte - nella parte in cui pretende di desumere un principio di intangibilità dell’imposta di valore aggiunto, da applicare a qualsiasi concordato preventivo o a.r.d. (anche senza transazione fiscale), argomentando da una norma dettata espressamente e specificamente nell’ambito dell’istituto della transazione fiscale - appare contraddittorio al punto tale da evidenziarne la forzatura. Ciò, non tanto per le conseguenze che il Supremo collegio pretende di inferire da una norma che lo stesso assume di natura sostanziale ma pur sempre 37 eccezionale135; quanto, invece, per quello che, effettivamente, emerge dal raffronto con ciò che la stessa Corte ha affermato in una sentenza di poco anteriore136 in cui si è occupata del problema se, nella vigenza del diritto intermedio (dopo le riforma del 2005 e del 2006 e prima del correttivo del 2007), fosse possibile soddisfare in percentuale i creditori privilegiati, tra cui i crediti tributari e contributivi ai quali, nella fattispecie concreta, era stata offerta la percentuale del 25%. Con riferimento a tale fattispecie, infatti, il giudice della nomofilachia diede responso negativo a motivo che, all’epoca, non vi era alcuna norma che consentisse nel concordato preventivo di soddisfare in modo non integrale i creditori privilegiati. Dopo aver escluso l’applicabilità al concordato preventivo dell’art. 124 (che, già dal 2006, prevedeva espressamente, nel concordato fallimentare, la possibilità del pagamento parziale dei privilegiati, purchè in misura non inferiore al valore dei beni sui quali grava il privilegio); e dopo aver rilevato l’assenza (illo tempore) di una norma del tenore pari a quello del nuovo art. 160, comma 2, attualmente vigente, infatti, la Suprema Corte giungeva ad escludere anche l’applicabilità nell’art. 182 ter, argomentando che “tale disposizione non attiene direttamente alla disciplina del concordato preventivo ma, essendo necessariamente a questo (o agli accordi di ristrutturazione dei debiti) connesso l’accordo col fisco, inevitabilmente presuppone la possibilità che nel concordato sia possibile il pagamento in percentuale dei crediti privilegiati (...)”, di modo che “sarebbe ben arduo considerare come consono ad un apprezzabile tecnica legislativa affidare una così rilevante modifica dell’istituto del concordato preventivo (ossia la possibilità di soddisfare i creditori preferenziali non integralmente), la cui disciplina tace sulla sorte dei crediti privilegiati, ad un richiamo desumibile indirettamente da una norma assolutamente specifica e settoriale quale è quella in esame”137. Appare, allora, a maggior ragione incomprensibile come la stessa Corte (con lo stesso estensore, peraltro) abbia, invece, potuto inferire, con le sentenze 22931 e 22932 del 2011, cit., una così rilevante modifica del concordato preventivo, al punto da incidere in modo decisivo sui requisiti di ammissibilità e sulla concreta accessibilità dello stesso istituto, attraverso un’estensione generalizzata del principio di intangibilità dell’IVA anche al concordato preventivo senza transazione fiscale. Stupisce, ancor più, come la Corte abbia potuto fare ciò, argomentando proprio da quella stessa norma (art. 182ter) che, appunto in una sentenza di qualche mese prima, lo stesso giudice non ha esitato a definire assolutamente specifica e settoriale, seppure al fine di escludere che da essa soltanto potesse ricavarsi un generale principio di falcidiabilità dei privilegi quand’anche incapienti. Infine, sebbene la Suprema Corte non appaia aver esplicitamente sviluppato tale ragionamento, va evidenziato che dando per presupposta la natura comunitaria della risorsa dell’IVA, ci si potrebbe chiedere se le conclusioni della Suprema Corte possano trovare sostegno nel principio di prevalenza del diritto comunitario su quello interno, da cui inferire la legittimità Così, invece, BOZZA G., Crediti privilegiati e transazione fiscale. Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo, cit., p. 392. 136 Il riferimento è alla già citata sentenza n. 6901/2010, cit., della Suprema Corte. 137 Cfr. Cass. civ., sez. I, 22 marzo 2010, n. 6901, cit. 135 di una scelta del legislatore nel senso di dare prevalenza alla tutela del credito IVA rispetto a ogni altro pur avente rilievo costituzionale. Come noto, invero, il diritto comunitario è fonte del diritto interno avente rango sovraordinato rispetto alla stessa legge, in forza degli artt. 10 (e, soprattutto) 11 Cost. Tale conclusione, con riguardo ai rapporti tra fonti comunitarie e legge ordinaria, è oramai pacifica anche alla luce dell’art. 117 Cost., come riformato dalla l. Cost., 18 ottobre 2001, n. 3, che ha espressamente riconosciuto l’obbligo del legislatore, statale come regionale, di rispettare i vincoli derivanti dall’ordinamento Comunitario e dagli obblighi internazionali. Ora, già prima della predetta riforma, secondo l’orientamento oramai costante della nostra giurisprudenza costituzionale, il sindacato del giudice delle leggi doveva ritenersi esteso anche alle norme comunitarie (recte: la legge interna di esecuzione o comunque di adeguamento) in relazione ad eventuali violazioni dei principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale e ai diritti inalienabili della persona umana138 (la così detta teoria dei “contro-limiti”). Non è mancato persino chi ritiene che la funzione del nuovo art. 117 Cost., tra le altre, sia proprio quella di estendere il principio - già affermato dalla Consulta con riferimento alle altre norme internazionali convenzionali139 – dell’estensione del sindacato della Corte Costituzionale sulle norme comunitarie, non solo sul rispetto dei principi strutturali della Costituzione, ma di tutte le norme conferenti della Costituzione140. In ogni caso, l’anteposizione del credito IVA, quantomeno con riferimento ai crediti dei lavoratori subordinati (ma – si deve ritenere - anche dei lavoratori autonomi, compresi i professionisti), appare infrangersi proprio con il rilievo strutturale e fondamentale che la Costituzione assegna al lavoro quale diritto e garanzia: si quest’ultimo, infatti, l’art. 1, Cost., proclama esser fondata la Repubblica democratica italiana. Sicchè, a maggior ragione, le conclusioni della Suprema Corte sul trattamento dell’IVA nel concordato preventivo non sembrano poter essere condivise, nemmeno laddove si voglia far discendere l’anteposizione dell’IVA rispetto ai crediti dei lavoratori e dei professionisti, dalla natura di risorsa comunitaria riconosciuta alla prima e dalla prevalenza che il diritto comunitario assume nei rapporti con il diritto interno degli stati membri. Del resto, anche a voler ritenere che questi poc’anzi ricordati siano presupposti idonei a sorreggere le conclusioni cui è giunta la Suprema Corte, mette conto evidenziare che l’avere circoscritto la previsione dell’obbligo del pagamento integrale dell’IVA all’ambito del concordato preventivo (sia pur anche senza Cfr, per tutte, C. Cost., 16 marzo 1990, n. 132, in Giur. cost., 1990, p. 746; C. Cos., 8 giugno 1984, n. 170, in Giur. cost., 1984, I,1098 139 C. Cost., 24 ottobre 2007, nn. 348 e 349, in 140 Cfr., sia pur dubitativamente, TESAURO G., Diritto dell’Unione Europea, VI ed., Padova, 2010, p. 223. Anche se la Corte Costituzionale ha ribadito che la prevalenza delle norme del diritto comunitario trova limite solo nei principi fondamentali e nei diritti inalienabili della persona umana, cfr., C. Cost., 24 giugno 2010, n. 227, in Riv. dir. internaz., 2010, 3, p. 900 138 38 transazione fiscale) e agli a.r.d., con esclusione quindi del concordato fallimentare e del fallimento, da un lato, appare scelta certamente incoerente rispetto alla presunta necessità di garantire il rispetto degli obblighi comunitari e, dall’altro, mal si concilia con il principio di ragionevolezza e di uguaglianza nel suo nucleo forte, di cui all’art. 3 Cost. 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) 17) 18) 19) 20) INDICE BIBLIOGRAFICO AMBROSINI S., Appunti flash sull'art. 182- quater della legge fallimentare, in il Caso.it, II, 204/2010, pp. 2 e ss.; AMBROSINI S., Profili civili e penali delle soluzioni negoziate nella L. n. 122/2010, in Il fallimento, 2011, pp. 644, 646 e ss.; AMBROSINI S. e AIELLO M.M., La Transazione Fiscale ex art. 182-ter l. Fall. in una recente pronuncia della cassazione: contribuenti allegri … ma non troppo, in http://www.ilfallimentarista.it/. 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