DISCORSO TENUTO DAL PRESIDENTE FRANCESCO PIZZETTI IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE DEL VOLUME “SETTE ANNI DI PROTEZIONE DATI IN ITALIA” * 13 marzo 2012 Sala Capitolare del Senato Signor Presidente del Senato, On. Vicepresidente della Camera dei deputati, Signore e Signori, grazie innanzitutto della Vostra presenza e della Vostra partecipazione. Al Presidente del Senato un grazie particolare per averci voluto ospitare in una sede così prestigiosa per una cerimonia che non ha l’ufficialità della Relazione annuale, ma che per noi ha un valore ancora più importante, costituendo il momento finale e il punto di approdo del lavoro svolto durante il nostro lungo mandato. Il nostro Collegio concluderà infatti il prossimo mese il suo settennato. *** *** *** IL SIGNIFICATO DI QUESTO INCONTRO Abbiamo voluto che questo incontro non fosse solo l’occasione per prendere commiato dai tanti amici che in questi anni ci hanno seguito, ma anche per presentare il bilancio di questi anni. Il volume che oggi vi consegniamo non contiene soltanto tutti i discorsi di presentazione delle Relazioni annuali, ma anche l’elenco dei provvedimenti più significativi, delle audizioni fatte, dei pareri dati al Governo, delle Conferenze alle 1 quali abbiamo partecipato a livello europeo e internazionale, dell’attività svolta nei gruppi di lavoro europei. L’ultima parte contiene due schede informative: la prima relativa alla normativa europea e al ruolo che le Autorità svolgono nell’ambito dell’Unione; la seconda relativa, invece, alla normativa e all’attività dell’Autorità italiana, comprese le modalità di elezione e di funzionamento del Collegio e dell’Ufficio. L’intento di questa documentazione è duplice: il primo, aggiungere alle tradizionali Relazioni annuali rapporti e strumenti in grado di offrire il bilancio di un periodo poliennale di attività. Il secondo motivo, che tanto lo studioso, quanto il cittadino interessato abbiano, raccolti in un unico volume, gli strumenti informativi e di documentazione di base necessari per ricerche e approfondimenti. In questo quadro, abbiamo ritenuto di inserire anche un Rapporto e una specifica Relazione relativi all’anno appena terminato. Abbiamo, infatti, scelto di non presentare noi la Relazione formale dell’attività 2011, per lasciare al Collegio che verrà dopo la possibilità, se lo vorrà, di esporre, nell’ambito della tradizionale cerimonia annuale, i propri indirizzi programmatici. Allo stesso tempo, abbiamo pensato, però, che fosse nostro dovere esporre noi stessi gli aspetti più significativi dell’attività 2011, che ricade interamente sotto la nostra responsabilità. *** *** *** *** *** IL BILANCIO DELLA NOSTRA ESPERIENZA La fase dell’attuazione del Codice Quando il nostro Collegio si è insediato avevamo di fronte tre grandi compiti. 2 Il primo, continuare l’opera di consolidamento della cultura dei dati personali, proseguendo sulla scia segnata dai precedenti Collegi guidati da Stefano Rodotà. Il secondo, avviare l’attuazione del nuovo Codice italiano della privacy, entrato in vigore appena l’anno prima, e condurre a completamento l’organizzazione dell’Ufficio, anche attraverso l’acquisizione di nuove professionalità, specialmente nel settore informatico, e il consolidamento dei rapporti con il Nucleo privacy della Guardia di Finanza che ci ha sempre seguito con fattiva professionalità. Il terzo, affrontare le sfide dell’evoluzione tecnologica della Rete, che proprio in quegli anni, col passaggio al web 2.0, apriva nuovi orizzonti nel mondo della comunicazione globale (si pensi ai blog, ai social network, agli smartphone e a tutte le nuove applicazioni conseguenti). Specialmente nei primi tempi, l’attività di attuazione del Codice ci ha impegnati molto: si pensi all’attività dedicata a promuovere l’adozione da parte di tutte le articolazioni dell’Amministrazione pubblica dei Regolamenti in materia di dati sensibili e giudiziari. Uno sforzo notevole, data la complessità dell’Amministrazione e la sua resistenza ad adeguarsi ad aspetti all’epoca percepiti come inutilmente burocratici. Non minore, l’impegno profuso rispetto al settore privato per promuovere l’adozione delle misure di sicurezza per i trattamenti telematici dei dati, sia per trovare corretti punti di equilibrio tra il rispetto dei diritti dei lavoratori e le esigenze dell’impresa. Una stagione difficile, che ha richiesto fermezza e duttilità e che ci ha condotto a sviluppare anche nuove forme di provvedimenti, basati sul principio della soft law, come le Linee guida. Il delinearsi di nuove sfide Contestualmente alle prime misure di attuazione del Codice abbiamo però dovuto affrontare nuove sfide, in parte legate a fenomeni mondiali, in parte a specificità italiane. 3 Innanzitutto il bisogno crescente di sicurezza. Dal costante dilatarsi dell’uso di videocamere e strumenti di controllo a distanza alla continua richiesta di dati legati agli spostamenti dei cittadini o alle transazioni finanziarie transnazionali, abbiamo dovuto affrontare, in Italia, in Europa e a livello globale problemi difficilissimi. Abbiamo sempre cercato di trovare un giusto punto di equilibrio, mirando non soltanto a contenere i fenomeni, ma anche a garantire che i dati acquisiti fossero usati sempre e soltanto per le finalità per cui erano raccolti. Alcune specificità nazionali, legate a nodi purtroppo spesso ancora irrisolti, ci hanno spinto a rivolgere l’attenzione alle grandi banche dati pubbliche e private, alla protezione dei dati, specialmente quelli raccolti per finalità di giustizia, di lotta all’evasione, di sicurezza pubblica e di prevenzione. Il nostro lavoro con riguardo alle banche dati, ai flussi di traffico telematico, agli accessi e agli alert da adottare come misure preventive di sicurezza, fino alle puntigliose regole organizzative da adottare per proteggere, anche sul piano della organizzazione amministrativa, l’uso corretto dei dati relativi ai cittadini costituiscono nel loro insieme un corpus di provvedimenti, ma soprattutto un accumulo di esperienze e di indicazioni utilissime per tutta la società italiana, del quale siamo orgogliosi. In questi campi l’Autorità ha svolto un ruolo molto più avanzato di quanto sia accaduto in altri Paesi, e in molti casi il nostro esempio è stato preso a modello. Spesso abbiamo svolto anche un ruolo di supplenza rispetto allo stesso regolatore italiano, come è accaduto, ad esempio, nell’uso della telematica in ambito sanitario. Abbiamo implementato l’adozione dei codici deontologici, fra i quali segnaliamo quello degli Avvocati e degli Investigatori. Con riferimento al settore privato, abbiamo accompagnato con un processo di semplificazione, a nostro giudizio incisivo, un lavoro orientato a trovare il giusto punto di equilibrio tra interessi della produzione e rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini, degli utenti e dei lavoratori. 4 Abbiamo contenuto il fenomeno delle centrali rischi e quello della raccolta di dati finalizzata a formare le liste dei buoni o dei cattivi pagatori. Abbiamo cercato di contenere le pratiche legate alla profilazione indebita dei clienti e dei consumatori. Abbiamo combattuto le forme di pubblicità non richieste e non volute, sia con modalità cartacee che telefoniche. Luci ed ombre del rapporto con le Amministrazioni e con i privati Guardando a questi temi potremmo dire che il nostro lavoro è stato apprezzato più dalle Amministrazioni pubbliche che dagli operatori privati. Mentre sono costantemente aumentate le richieste di cooperazione e di collaborazione da parte degli operatori pubblici, specialmente nel settore della sanità e della lotta all’evasione sugli operatori privati è rimasta invece alta la diffidenza nei nostri confronti. Dispiace che il mondo delle imprese e delle attività produttive non presti l’attenzione che noi vorremmo al fatto che il rispetto della riservatezza dei cittadini e l’adozione di misure di protezione adeguate si trasforma in un valore prezioso per le imprese, perché riduce il rischio di danni legati alla perdita o al furto di dati, e favorisce un rapporto più corretto e più positivo anche tra attività economiche e utenti. Pensiamo però che esse, se non accompagnate da un forte sforzo di autoconsapevolezza e di attenzione alla adozione delle necessarie misure di protezione, possono tradursi, specialmente nell’era del cloud e dell’Agenda digitale, in rischi gravissimi per gli operatori economici. Neppure con le Amministrazioni pubbliche però tutto si è svolto in maniera pienamente soddisfacente. Non ci riferiamo soltanto all’irrisolta questione delle intercettazioni telefoniche e dei dati di traffico spesso diffusi dai mezzi di informazione quando ancora non sono neppure state depositate in cancelleria. 5 Pensiamo anche alla grande quantità di dati personali che in larghissima misura riguardano persone assolutamente comuni, che il sistema giudiziario, civile, penale, amministrativo, contabile, tratta ogni giorno e pensiamo alla facilità con la quale spesso possono essere conosciuti anche da chi non ne ha nessun diritto. Non abbiamo risparmiato i nostri sforzi, ma i risultati non sono stati soddisfacenti. Lo sanno i Ministri della giustizia che si sono succeduti in questi anni; lo sanno i Vicepresidenti del CSM; lo sanno i Capi degli uffici giudiziari. Tutti condividono le nostre preoccupazioni. Spesso sono invocate, con ragione, ristrettezze finanziarie e difficoltà organizzative. Noi comprendiamo, ma consentiteci di dire che spesso molte trascuratezze potrebbero essere evitate. La stessa cosa vale anche, e a maggior ragione, per le banche dati di polizia e di sicurezza. Per queste il rischio della accessibilità da parte di estranei è minore, ma non si può dire però che siano protette adeguatamente da accessi illegittimi. Anche qui vi sono problemi economici e organizzativi ma è necessario uno sforzo deciso. Da ultimo, un cenno alle strutture sanitarie. I dati sanitari, specialmente quelli trattati con strumenti elettronici, sono oggi in generale protetti sufficientemente. Quello che invece manca, e certo non per colpa degli operatori sanitari, sono i trattamenti di cura svolti con il necessario rispetto della dignità dei pazienti. Già il primo anno del nostro mandato abbiamo adottato un provvedimento in questo ambito che mirava a garantire livelli di rispetto della dignità dei malati adeguati alla nostra tradizione civile e a quelli dei Paesi più avanzati. Episodi, anche recentissimi, hanno reso evidente quanto ancora siamo in ritardo. I problemi irrisolti e i nuovi temi legati alla società della trasparenza Un problema col quale abbiamo dovuto confrontarci continuamente è il rapporto tra diritto alla riservatezza e libertà di stampa e di manifestazione del pensiero. Questo tema, che in altri Paesi non riguarda direttamente le Autorità di protezione dei dati personali, ha assunto da noi una dimensione centrale, diventando spesso da 6 un lato, terreno diretto di scontro politico; da un altro lato di crescente tensione fra il diritto dell’opinione pubblica a tutto conoscere per tutto giudicare e rivendicazione, sempre più timida, di un diritto alla riservatezza da parte di chi ricopra un qualunque incarico retribuito con denaro pubblico, ovvero anche di persone comuni a qualunque titolo coinvolte. Per quanto riguarda i temi relativi al rapporto tra giustizia, diritto ad informare ed essere informati, e tutela della riservatezza, in questi anni siamo ritornati molte volte. Facciamo dunque riferimento alle nostre Relazioni annuali, e ai due volumi che nel corso del nostro settennato Mauro Paissan ha curato, per dare conto dei nostri provvedimenti in tema di libertà di stampa. Molto comunque è legato più al clima sociale e al costume che non alle regole e alla disciplina normativa. Vi è però un settore sul quale sarebbe invece assai utile che, dopo tanti anni di discussioni, il legislatore dicesse finalmente una parola chiara. Ci riferiamo al tema delle intercettazioni e in genere all’uso dei dati di traffico telefonico acquisiti per finalità di giustizia. Abbiamo sempre detto che si tratta di strumenti essenziali per le attività di indagine e per il lavoro della giustizia. Abbiamo anche sempre ripetuto che tocca ai giudici utilizzare questi strumenti nel rispetto delle leggi mentre spetta al legislatore definire per quali tipi di indagini essi siano utilizzabili. Infine, non ci siamo stancati di ribadire che la libertà di stampa è un diritto fondamentale nelle moderne democrazie e che la nostra Costituzione vieta ogni forma di censura o di autorizzazione. Non ci siamo però limitati a questo. Abbiamo anche detto in ogni occasione che i dati acquisiti a fini di giustizia devono essere adeguatamente protetti e che il legislatore, così come può e deve definire per quali finalità di giustizia possono essere raccolti e utilizzati, allo stesso modo può regolare quando e in che modo essi possono essere resi accessibili a tutti. Va peraltro ribadito che difficilmente sarebbe compatibile col quadro costituzionale una legislazione che pretendesse di definire in via generale e astratta quando sussiste e quando no l’interesse pubblico a conoscere. 7 Noi pensiamo in questi anni di aver fatto il nostro dovere. L’ATTIVITÀ DEL 2011 Le conferme dell’ accresciuto ruolo dell’Autorità Guardando ora all’attività del 2011, l’aspetto che colpisce è la diminuzione del numero dei ricorsi, dei reclami e delle segnalazioni, mentre il numero di provvedimenti e delle sanzioni comminate è rimasto alto (si pensi ai tre milioni di euro di sanzioni comminate nel corso dell’anno). È inoltre aumentato il numero dei pareri dati al Governo, quello dei quesiti ai quali ha risposto l’URP, ed è rimasto stabile quello delle segnalazioni fatte al Parlamento e delle audizioni alle quali abbiamo partecipato. Si tratta di dati significativi. In parte, essi confermano che la cultura della protezione dei dati personali si va radicando nel Paese, rendendo sempre meno frequenti i casi in cui occorre richiedere il nostro intervento. In parte, testimoniano l’efficacia della nostra riorganizzazione interna, che ha dato autonomia ai dirigenti nell’adozione di provvedimenti che si collocano nelle linee fissate dalle decisioni collegiali. In parte, infine, dimostrano che è aumentata la collaborazione del’Autorità con il Governo, con le Amministrazioni, col Parlamento. La maggior parte delle Istituzioni vede oggi in noi una struttura in grado di assicurare un più elevato rispetto dei diritti dei cittadini e della legalità senza diminuire in alcun modo, l’efficacia della loro attività istituzionale. Gli effetti negativi dei recenti provvedimenti legislativi 8 Rispetto al numero e alla tipologia dei provvedimenti e, soprattutto, di quelli relativi alle persone giuridiche, va segnalato però, un fenomeno che si è verificato specialmente nell’anno appena trascorso. Nel corso del 2011, prima col decreto Sviluppo del 13 maggio, poi con il “Salva Italia” del 6 dicembre, si è intervenuti nell’impalcatura del nostro Codice, nella prima fase limitando fortemente la sua applicabilità alle persone giuridiche, in quella successiva escludendola radicalmente. Degli effetti di questi provvedimenti abbiamo avuto immediato riscontro, e in molti casi abbiamo dovuto anche interrompere istruttorie in atto, archiviare segnalazioni delle quali si era avviato l’esame, dichiarare estinti ricorsi ancora non scaduti. Riteniamo che scegliere questa strada sia stato un errore. Nella realtà odierna, e ancora di più lo sarà nel futuro, i dati possono essere archiviati, trattati, incrociati con modalità sempre più sofisticate che possono consentirne l’uso per finalità impreviste e spesso illecite. Finora, noi potevamo assicurare alle imprese e alle persone giuridiche un alto livello di protezione. Oggi tutto questo non è più possibile. Anche i presunti giovamenti relativi alla presunta minore onerosità delle attività sono assai limitati, perché ogni volta che le imprese trattano dati di persone fisiche devono comunque rispettare la normativa di protezione dei dati. Dunque, è ragionevole chiedersi se davvero si è operato con sufficiente ponderazione. Lo stesso vale per l’abolizione del DPS (Documento programmatico sulla sicurezza), operata con il recente decreto “Semplifica Italia”. La disciplina di quel Documento richiedeva necessariamente di essere rivista, e noi stessi, più volte, lo avevamo proposto. Tuttavia, esso era utile a limitare in parte l’eventuale responsabilità per la perdita, la cancellazione o il furto dei dati, consentendo di provare che si era fatto almeno quanto richiesto come misura minima per evitare il verificarsi dell’evento. 9 Speriamo almeno che le imprese comprendano sempre di più la necessità di adottare di loro iniziativa le misure necessarie. Nel corso del 2011 nel nostro mondo economico si è manifestata anche una spinta a un telemarketing sempre più aggressivo. Si sono introdotte modifiche legislative che hanno consentito di passare dal consenso espresso, come condizione per poter inviare pubblicità telefonica, all’attuale sistema basato sul Registro delle opposizioni. A molti mesi dall’entrata in vigore del nuovo sistema possiamo dire che esso non funziona. Le segnalazioni dei cittadini hanno ormai raggiunto un ritmo giornaliero preoccupante. Una maggiore attenzione ai nostri avvertimenti sarebbe stata opportuna. Un’eccessiva aggressività commerciale danneggia anche le imprese. Il controllo dei cittadini come strumento di lotta all’illegalità. Il rischio della trasparenza amministrativa senza limiti Un altro fenomeno legato alla particolare situazione del Paese, ma che non può non preoccupare se fosse destinato a durare a lungo in futuro, riguarda la richiesta sempre più massiccia da parte delle strutture pubbliche che combattono la lotta all’evasione o le illiceità nei settori della previdenza e dell’assistenza sociale, di poter accedere ai dati personali dei cittadini. Recentemente la legge ha addirittura previsto che essi debbano ricevere alcune informazioni indipendentemente da ogni indagine, sia pure solo preliminare, nei confronti degli interessati. Comprendiamo le ragioni di tutto questo, legate a un’evasione fiscale e a forme di illegalità che richiedono interventi di straordinaria efficacia. Per questo ci siamo limitati a chiedere, ottenendolo, di essere sentiti con formale parere. Potremo così garantire almeno che i dati che su queste basi saranno raccolti siano adeguatamente protetti. 10 Dobbiamo però essere consapevoli che siamo in presenza di strappi forti allo Stato di diritto e al concetto di cittadino che ne è alla radice. È proprio dei sudditi essere considerati dei potenziali mariuoli. È proprio dello Stato non democratico pensare che i suoi cittadini siano tutti possibili violatori delle leggi. In uno Stato democratico, il cittadino ha il diritto di essere rispettato fino a che non violi le leggi, non di essere un sospettato a priori. Per questo è importante che si consideri questa una fase di emergenza dalla quale uscire al più presto. Se così non fosse, anche lo spread fra democrazia italiana e democrazie occidentali sarebbe destinato a crescere. Sentiamo il bisogno di lanciare questo monito anche perchè vediamo che è in atto, a ogni livello dell’amministrazione, e specialmente in ambito locale, una spinta al controllo e all’acquisizione di informazioni sui comportamenti dei cittadini che cresce di giorno in giorno. Un fenomeno che, unito all’amministrazione digitale, a una concezione potenzialmente illimitata dell’open data e all’invocazione della trasparenza declinata come diritto di ogni cittadino di conoscere tutto, può condurre a fenomeni di controllo sociale di dimensioni spaventose. Attenzione alle liste dei buoni e dei cattivi. Attenzione ai bollini di qualunque colore siano. Le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni. Il rapporto tra diritto alla riservatezza e i media nel 2011 Anche sul piano del rapporto fra diritto alla riservatezza e ruolo dei media l’anno 2011 ha registrato luci e ombre. Nella prima parte dell’anno è continuato il fenomeno di intercettazioni ed altre informazioni acquisite dai giudici a fini di giustizia pubblicate dai media, spesso senza adeguata attenzione a proteggere i terzi incolpevoli, le vittime del reato, i familiari. 11 Abbiamo già detto del nostro auspicio che possa essere presto adottata una normativa sull’uso delle intercettazioni e dei dati di traffico telefonico. La nostra esperienza ci dice però che questo non risolverà che una parte soltanto dei temi legati al rapporto tra media e riservatezza, anche con riguardo alle vicende giudiziarie. Non ci riferiamo tanto al caso delle persone che sono pubbliche ma di quelle che pubbliche lo diventano, perché coinvolte, magari come vittime, in fatti di sangue o comunque in fatti di cronaca che sollecitano l’interesse, o spesso, più propriamente, la curiosità del pubblico. Purtroppo in questi casi, prima del diritto e dello stesso Codice deontologico dei giornalisti, è il buon gusto e talvolta persino il senso di umana pietà che dovrebbe guidare i media. Non sempre avviene così, e non sempre soltanto per il comportamento dei professionisti dell’informazione. A questi fenomeni si affianca il diffondersi delle trasmissioni di denuncia, utilissime a individuare le devianze più gravi e sentite come più insopportabili dall’opinione pubblica, ma spesso inclini a forme di spettacolarizzazione e di esposizione dei protagonisti che colpiscono per la loro aggressività. Viviamo in una realtà nella quale il diritto a conoscere e ad essere informati è sentito, specialmente dai giovani, come un diritto assoluto, che non tollera né limiti, né freni. Per questo il nostro intervento da tempo punta assai più sui moniti, sulle raccomandazioni, sugli inviti a fornire chiarimenti. Molto spesso questo comportamento si dimostra efficace e ottiene uno spontaneo adeguamento alle regole da parte dei media stessi. Ci sia consentito ricordare che la gogna, in qualunque forma, materiale o mediatica che sia, è sempre uno strumento pericoloso, anzi pericolosissimo. Nessuna democrazia rispettosa del pluralismo e della libertà individuale ha mai usato la gogna. È vero che Hawthorne intitolò “La Lettera Scarlatta” il suo immortale romanzo sulla comunità del New England; è vero anche, però, che la 12 democrazia americana trovò in sé stessa gli anticorpi necessari per battere in breccia l’intolleranza e la violenza del pensiero unico, pur quando fondato sulla fede religiosa. Nessuno, in una società democratica, potrà mai chiedere e ottenere di porre limiti al diritto dei giornalisti di sapere, conoscere e informare. Ma il loro stesso Codice deontologico contiene regole chiare sulla necessità di rispettare i principi di essenzialità delle informazioni, di tutelare i minori, di rispettare la dignità delle persone, specialmente nell’ambito sanitario e sessuale. E’dovere di tutti chiedere che i media siano anche gelosi custodi delle regole che essi stessi si sono dati. Il diritto all’oblio nel 2011 Una riflessione particolare merita, anche con riguardo all’anno appena trascorso, il tema del diritto all’oblio, anche in seguito alla sua disciplina nel nuovo Regolamento proposto dalla Commissione europea. Il diritto all’oblio ha assunto un significato tanto maggiore quanto più la rete è diventata uno strumento di diffusione incontrollata e incontrollabile delle informazioni. Questo è importante, perché chiarisce che il diritto all’oblio non riguarda, e non potrebbe essere altrimenti, la conservazione della memoria storica di un Paese o l’uso dei dati per finalità specifiche, quali ad esempio la ricerca statistica o scientifica in genere, o le attività di giustizia e di sicurezza. Attività, queste, che sono tutte disciplinate da legislazioni specifiche, che definiscono anche l’ambito di diffusione legittima dei dati trattati. Non si può parlare di diritto all’oblio neppure con riferimento ai media e all’esercizio del diritto ad informare ed essere informati, rispetto ai quali il diritto alla riservatezza, anche declinato nella forma del diritto all’oblio, cede sempre di fronte all’interesse pubblico a conoscere l’informazione che si diffonde. 13 Del resto, e non a caso, anche lo schema di Regolamento europeo appena presentato dalla Commissione, quando regola il c.d. diritto all’oblio, esclude chiaramente che esso si applichi a questi settori, per i quali rinvia, invece, alle legislazioni nazionali. Con ancora maggiore nettezza il nuovo Regolamento europeo è chiarissimo, laddove puntualizza che le attività legate all’informazione restano disciplinate dalle leggi nazionali. Dove si collocano allora i problemi veri che sottostanno a ciò che oggi si intende per diritto all’oblio? Si collocano essenzialmente nell’ambito di Internet, dei social network e nell’informazione fai-da-te da un lato, dei motori di ricerca generalisti come quello di Google dall’altro. Per quanto riguarda social network e informazione fai-da-te il tema è tuttora inesplorato. Esso pone, infatti, la questione delicatissima se opinioni espresse, foto e immagini comprese, sui social network debbano essere considerate attività di diffusione o di comunicazione. Per i motori di ricerca generalisti, invece, la situazione è diversa. È chiaro che alle informazioni da essi diffuse si possono e si devono applicare tutte le regole che tutelano la protezione dei dati personali in generale e dunque che esiste il diritto a chiedere come il dato sia stato conosciuto, e ottenerne la rettifica e la cancellazione quando ne ricorrano le condizioni. Si potrà dunque esercitare il diritto all’oblio nei confronti dei motori di ricerca generalisti quando l’informazione, anche se tratta da archivi on line dei giornali o dei media, non ha più alcun interesse pubblico. In questi casi, si potrà chiedere al giornale o al sito, o comunque alla fonte che ha messo on line il dato, di oscurarlo o almeno di renderlo inaccessibile al motore generalista. Il Garante italiano, aprendo una via poi seguita anche da altre Autorità, ha da tempo chiesto e ottenuto che, quando un cittadino chiede che un’informazione che lo riguarda e che non ha più interesse pubblico ad essere diffusa sia cancellata dai motori di ricerca, coloro che l’hanno messa in rete e che l’hanno resa accessibile a 14 questi motori provvedano a proteggerla o ad oscurarla. Resta consentito invece l’uso di motori di ricerca specificamente collegati a singoli siti o ai singoli archivi on line. Sono questi gli aspetti complicati di una tematica che interessa un numero sempre crescente di cittadini. I più importanti provvedimenti del 2011 Venendo ora ai provvedimenti più importanti del 2011, possiamo segnalare una intensa attività nell’ambito della sanità e della tutela della salute, che si è concretizzata nei provvedimenti e nelle linee guida relativi alle prenotazioni e alle analisi ottenute attraverso le farmacie; prescrizioni relative all’acquisto di autovetture da parte di disabili; linee guida per la customer satisfaction in ambito sanitario; linee guida per i blog finalizzati allo scambio di informazioni relative alla salute. La collaborazione con la amministrazione della giustizia ha prodotto provvedimenti importanti sui trattamenti dati nell’ambito delle attività di mediazione. Rispetto alle banche abbiamo dettato regole relative alla circolazione di informazioni e al tracciamento delle operazioni. Nell’ambito della Pubblica Amministrazione abbiamo dettato linee guida per la pubblicazione e diffusione on line di atti e documenti amministrativi. Rispetto al marketing abbiamo adottato numerosi provvedimenti finalizzati a disciplinare il nuovo regime di opt out, cercando di limitarne gli effetti negativi per gli utenti e cercando di porre freni alle attività spesso aggressive dei call center e all’invio massivo di fax indesiderati. Abbiamo collaborato col Ministero dell’Economia sulle linee di indirizzo in materia di misure regionali di compartecipazione alla spesa sanitaria e con quello della Salute su specifici tipi di censimento relativi a protesi di particolare pericolosità. Numerosi i provvedimenti in materia di lavoro e di trattamento dei dati dei lavoratori, anche nel campo dell’uso delle impronte biometriche e dei relativi limiti, nonché nell’ambito del corretto uso di sistemi di geolocalizzazione. 15 Nel settore delle telecomunicazioni e delle evoluzioni in atto in questo campo abbiamo continuato una costante attività di informazione sui sistemi cloud, specialmente rispetto alle imprese, e abbiamo incrementato la nostra attività di informazione presso i giovani, dando vita, insieme alla Guida Monaci, a un concorso aperto alle scuole che ha incentivato, con ottimi risultati, la partecipazione dei giovani alla produzione di filmati sui moderni social network. Insomma un’attività che anche quest’anno è stata estremamente variegata e ricca di stimoli per noi e per tutti. Il quadro europeo e internazionale e il futuro dell’Autorità. Ci avviamo alla conclusione. Una conclusione che non può che guardare al quadro nazionale ed europeo e al futuro che ci sta davanti. Gli anni che abbiamo vissuto noi, e in particolare questo ultimo 2011, sono stati segnati da una attività intensa sia in sede europea che internazionale, della quale abbiamo parlato diffusamente nelle Relazioni e vi è ampia documentazione nel volume sul settennato. La recentissima Conferenza internazionale di Città del Messico ha dato vita in modo definitivamente compiuto alla organizzazione di un board permanente delle Autorità di protezione dati di tutti i continenti, incaricato di incrementare e sviluppare nuove prassi e scambiare costantemente nuove esperienze a livello internazionale. Un salto in avanti importante, che ha concluso un cammino avviato negli anni scorsi, e ha aperto una nuova fase della protezione dati vista a livello globale. Più importante ancora il lavoro della Commissione e la presentazione del nuovo Regolamento e della nuova Direttiva. Si è concluso così un lungo lavoro, finalizzato a dare attuazione alla nuova disciplina della protezione dati alla luce del Trattato di Lisbona. 16 Un lavoro al quale la nostra Autorità ha intensamente partecipato in questi anni insieme alle Autorità degli altri Paesi, e che la vedrà ancora più impegnata nel corso dell’esame di questi strumenti normativi nell’ambito delle Istituzioni europee. Infine è bene che fin da ora la nostra e le altre Autorità nazionali si preparino al lavoro che dovrà essere svolto negli anni successivi, quando si tratterà di dare attuazione a questa nuova normativa. Sarebbe però miope limitarsi a guardare a questi aspetti. Tanto a livello internazionale quanto a quello europeo, la vera nuova dimensione della protezione dati è strettamente legata all’evoluzione del sistema delle telecomunicazioni e al continuo svilupparsi di nuovi sistemi di comunicazione, di nuovi tipi di applicazioni, di nuovi sistemi di trattamento, archiviazione, conservazione dei dati a livello mondiale. La stessa Vicepresidente Kroes, del resto, ha detto con chiarezza che senza un efficace sistema di protezione dei dati, anche lo sviluppo dell’Agenda digitale corre pericoli seri e rischia di andare incontro a resistenze, diffidenze e limitazioni che ne metterebbero seriamente a rischio l’efficacia innovativa e la capacità di incrementare lo sviluppo delle nostre economie. Questo è dunque l’orizzonte più importante nel quale si colloca oggi l’attività legata alla protezione dei dati. Protezione dei dati personali, innanzitutto, ma anche protezione dei dati tout court, giacché sempre di più sarà difficile distinguere nell’ambito delle nuove tecnologie fra i dati trattati che contengono informazioni personali e quelli che invece non rientrano in questa categoria. Allo stesso tempo nella nuova dimensione del mondo delle telecomunicazioni e della rete sarà sempre più difficile pensare di applicare le norme giuridiche a tutela dei diritti e dei rapporti economici pensati nel mondo di ieri e adatti a una realtà che è ormai sempre più lontana dalla nostra. Si colloca qui il tema del diritto di autore e dei molti diritti tradizionali, che in questo nuovo mondo non possono più trovare tutela nelle regole esistenti. E’ tempo di concludere. 17 Pensiamo di aver fatto il nostro dovere e siamo certi che chi verrà dopo di noi saprà continuare il nostro lavoro. Concludiamo ringraziando. Ringraziamo tutti voi, che siete qui a dimostrarci la vostra attenzione e, per molti di voi, anche il vostro affetto. Consideriamo questa attenzione e questo affetto come rivolti a tutto il Collegio, perché siamo orgogliosi di poter dire che in sette anni mai una decisione è stata presa col voto contrario di uno di noi. Tutto è stato deciso sempre all’unanimità e comunque con la comprensione e l’attenzione per le tesi di tutti. Ringraziamo l’Ufficio che ci ha sempre supportato con dedizione e i tre Segretari generali che si sono succeduti in questi anni, ai quali va il nostro apprezzamento anche per le alte professionalità dimostrate. Ringraziamo le Istituzioni. Un grazie a tutti e quattro i Governi che si sono susseguiti nel corso del nostro mandato e con i quali tutti abbiamo sempre collaborato nel rispetto e nella piena autonomia reciproca. Un grazie alle Amministrazioni centrali, regionali e territoriali che hanno accolto con attenzione i nostri suggerimenti. Un grazie alle organizzazioni di categoria, e specialmente a quelle a tutela dei consumatori, che spesso ci hanno contrastato, ma ancora più spesso ci hanno stimolato e sempre hanno prestato attenzione al nostro lavoro. Un grazie ai media e alla stampa tutta, in particolare a quella specializzata, che ci hanno spesso criticato, ma anche sempre seguito con attenzione e che ci sono stati in ogni occasione di stimolo e di aiuto per meglio valutare e talvolta anche per correggere errori compiuti. Un grazie caloroso al Parlamento, fonte della nostra elezione e della nostra legittimazione, e ai suoi Presidenti che ci hanno ospitato nelle loro sedi e non ci hanno mai fatto mancare il conforto del dialogo e del sostegno. 18 Un grazie al Presidente Schifani e alla Presidente Bindi per le parole calorose e gentili che oggi ci hanno rivolto. Un grazie infine, con particolare calore e deferenza, al Signor Presidente della Repubblica che ha sempre seguito, con attenzione e grande rispetto per la nostra autonomia istituzionale, il lavoro svolto in questi anni. Sempre, anche nei momenti più delicati, abbiamo saputo, come tutti gli italiani e come tutte le nostre Istituzioni democratiche e di garanzia, di poter contare sulla saggezza e l’autorevolezza del Presidente della Repubblica. Non sono stati anni semplici, e la memoria di noi ne reca traccia indelebile. Ci è stato consentito però di vivere una esperienza bella e interessante, al servizio degli italiani. Di questo siamo grati a tutti. *Si è ritenuto opportuno sottolineare il punto del discorso che, nei primi commenti, ha più richiamato l’attenzione del mondo dell’informazione 19