Relazione tra corrente di soglia, tensione
di soglia, efficienza e perdite della cavità
Una volta nota la soluzione della Rate Equation, che lega la emissione fotonica alla tensione applicata, si può estendere
il ragionamento fino ad includere la corrente, e descrivere i due parametri statici più importanti del diodo laser: la
corrente di soglia Ith e la efficienza differenziale η = dP , dove P indica la potenza ottica in uscita dalla superficie
dI
emittente (i bordi laterali per un laser “normale”, cosiddetto di tipo edge, oppure la superficie superiore per i laser tipo
VCSEL, Vertical Cavità Surface Emitting Lasers), ed è definita per I>Ith.
Come si vede, la lettera P assume qui un significato diverso da quello di densità fotonica che abbiamo usato
nella Rate Equation. Poiché, in Fotonica, questa è la interpretazione più diffusa di questa lettera, procediamo
a rinominare la nostra vecchia Pξ , approfittandone per ritornare alla dipendenza non dalle variabili a e ξ, ma
esplicitamente dalla frequenza fotonica ν e dalla tensione applicata V:
Pξ → φν (V )
In particolare, se richiamiamo la Rate Equation in regime stazionario, integriamo su tutte le frequenza e moltiplichiamo
tutti i termini per il volume LWd della regione attiva (L= lunghezza della cavità risonante, d spessore dello strato attivo,
W larghezza della striscia di regione attiva nella quale si ha guadagno)
∞
∞
0
0
[LWd ]∫ (Rsp + Rst − Rabs )dν = [LWd ]∫
φν
dν
Γaτ p
riconosciamo a primo membro il numero netto di ricombinazioni radiative.
Questo numero di eventi al secondo corrisponde ad una frazione del flusso totale di cariche, ossia, in termini di
corrente, ad una frazione Iph/q della I/q totale, che riterremo tutta e sola responsabile dell’emissione ottica.
∞
[LWd ]∫ (Rsp + Rst − Rabs )dν =
I ph
0
q
A secondo membro abbiamo anche qui un numero di eventi al secondo, collegato alla densità fotonica, che possiamo
interpretare come il numero totale NT di fotoni che ogni secondo sfuggono dalla regione attiva.
∞
[LWd ]∫
0
φν
dν = N T
Γaτ p
In conclusione:
NT =
I ph
q
D’altra parte, la luce che viene raccolta dagli apparati ottici (fibre, lenti) esterni al laser è solo quella che esce dagli
specchi, e che dà luogo alla Potenza Ottica Pout misurabile. Se dividiamo questa potenza per l’energia media hν del
singolo fotone (che sarà molto prossima a Eg, perché anche nella emissione spontanea sotto soglia i fotoni emessi hanno
tutti energie assai simili tra loro, centrate attorno ad un valore di pochissimo superiore a Eg), otteniamo il numero NLD
di fotoni che ogni secondo escono esclusivamente dagli specchi del diodo laser
N LD =
Pout
hν
Il rapporto NLD/NT tra questi numeri di eventi al secondo equivale al rapporto tra i meccanismi di perdita, che possiamo
ricondurre a quanto già visto in precedenza, identificando il contributo dei soli specchi come quello definito dalle
riflettività.
N LD
NT
 1 

ln
R1R2 
PLD

=
=
PT
 1 

α e + ln
 R1R2 
Combinando le ultime tre equazioni abbiamo:
Pout =
I ph
q
hν
PLD
PT
Dal punto di vista pratico, la corrente Iph è solo una parte della corrente I, che è l’unica corrente misurabile. Supponendo
che non vi siano percorsi ohmici (ossia corti circuiti) in parallelo al diodo laser, una corrente che attraversi una
2
giunzione pn senza ricombinarsi per far luce entro la regione di svuotamento può essere pensata come una normale
corrente di Shockley Ish(V) , espressa dalla consueta formula
 qV 
I sh (V ) = I s 0 exp

 kT 
dove Is0 è una costante nota come corrente di saturazione.
Ecco allora che, posto
I=Iph+Ish
abbiamo
Pout =
I − I sh
P
hν LD
q
PT
E’ infine consuetudine riconoscere che di tutta la corrente non-Shockley solo una frazione in realtà produce le emissioni
ottiche desiderate: altri meccanismi hanno luogo entro la stessa regione di svuotamento (che è assi più larga della
regione attiva) con ricombinazioni o non-radiative o radiative ma su altre frequenze (ad esempio negli strati di
confinamento. Di questo si tiene conto introducendo un fattore ηq, che varia tra 0 e 1, e che ha il nome di efficienza
quantica.
In conclusione
Pout =
I − I sh
P
ηq hν LD
q
PT
Questa è una espressione assai usata sia nei testi scientifici che nella progettazione di apparati fotonici, con un’unica
variante: al posto della corrente Ish(V) si trova la corrente di soglia Ith, che è una costante da definire o misurare
indipendentemente. In questo caso, si ipotizza che sotto-soglia la potenza ottica (che ovviamente non può essere
negativa) sia nulla. In questo modo, come si vede, si perde completamente la visione del rapporto tra le varie
componenti radiative (spontanea e stimolata), di assorbimento e non-radiative della corrente, si trascura il
comportamento tipo-LED che il diodo ha sottosoglia e che pure è quello che fornisce l’innesco per l’emissione
stimolata, e si perde la possibile relazione tra corrente di soglia ed efficienza.
Aver studiato la Rate Equation aiuta a superare questa difficoltà.
Riprendiamo infatti due delle equazioni che contengono NT, e d eliminiamo proprio questa grandezza. Si ottiene:
q[LWd ]
φν dν
Γaτ p ∫0
∞
I ph =
Il calcolo dell’integrale della densità fotonica non è impossibile, almeno per via numerica. Tuttavia, si riesce ad avere
una intuizione di quanto succede in generale considerando il caso particolare in cui il laser è forzato ad emettere su una
frequenza specifica, ad esempio tramite filtri esterni. Considerando dunque fissa la frequenza di emissione ν=ν0,
abbiamo che la densità spettrale monocromatica dipende dalla tensione V secondo la formula:
∞
∞
∫ φν (V )dν = ∫ φν (V )δ (ν − ν 0 )dν =
0
0
3
2

hν 0 − E g
 kT   hν 0  
2
  BN 0 Γaτ p
16π   
2kT
 hc   kT  

=
2
hν 0 − E g   hν 0 − qV  
  hν 0 − qV  
2
 − 1
exp 2kT  + 1 + BN 0 Γaτ p 2kT exp
kT
 
 
 
 
[
[
]
]
Ecco allora una espressione di Iph(V) , dove i termini costanti sono stati radunati assieme:
3
3
2

hν 0 − E g
 kT   hν 0  
2

  BN 0 Γaτ p
16π 
2kT
 hc   kT  

I ph (V ) =
2
hν 0 − E g   hν 0 − qV
  hν 0 − qV  
2
exp  2kT  + 1 + BN 0 Γaτ p 2kT exp
kT
 
 
 
qLWd
Γaτ p
[
[
]
]
3
2



 kT   hν 0  
2 hν 0 − E g 
π
16
qLWd


  BN 0



2kT 
 hc   kT  


=
2
  hν 0 − qV   
  hν 0 − qV
2 hν 0 − E g 
exp
+
1
Γaτ p exp
  2kT   +  BN 0
2
kT
kT
  
 
 

[
[
 
 − 1
 
=
]
]
 
 − 1
 
=
γ0
2
  hν 0 − qV   Q0   hν 0 − qV  
 − 1
exp  2kT  + 1 + P exp  kT
 

 
 
T 
dove nella formulazione standard della nostra Rate Equation (ossia per regioni attive NON sottilissime) e
 kT 

 hc 
γ 0 = qLWd 16π 
3
2
 hν 0 
2 hν 0 − E g
e si è ricordato come Γaτ p sia inversamente proporzionale alle

 BN 0
2kT
 kT 


Q0 , dove Q è una costante. Per altri tipi di diodi laser,
0
Γaτ p =
PT


ad esempio quelli a Quantum Well, cambierebbe solo la definizione di queste due costanti Q0 e γ0, e per il resto tutto
[
perdite totali PT , per cui si è posto  BN 02
] hν2kT− E
0
g
sarebbe uguale.
Ora, di questa Iph(V) è piuttosto semplice tracciare il grafico (anche se dal punto di vista numerico conviene disegnare
non Iph(V) ma V(Iph) )
E’ infatti semplice arrivare alla espressione:
2

2
 
 Q0 




qV hν 0
Q
Q
γ


=
+ 2 ln1 +  − ln   0  + 1 + 0  0 − 1 
 P
kT
kT
P
P
I
 
T 
T  ph

  T  
 
che sembra complicata, ma è del tipo:
2

 
qV
B
= C − ln  A +
− 1  dove A,B e C sono delle costanti.
 

kT
I ph
 

Per piccoli valori della corrente Iph il secondo addendo sotto radice è molto grande, per cui
 qV 
qV
 (Iph piccolo, dove Iph0 è una costante)
= Cost ⋅ ln I ph , ossia I ph = I ph 0 exp
kT
 kT 
Questa non è altro che una corrente di tipo Shockley, anche se è responsabile di emissione fotonica: è la spiegazione del
perché le caratteristiche elettriche di un LED non differiscano da quelle di un diodo normale, nonostante il meccanismo
di ricombinazione sia totalmente differente.
Per grandi valori di Iph invece quello stesso secondo addendo diviene trascurabile, e la tensione rimane fissa ad un
valore costante
qV
(Iph grande)
= Cost
kT
Questo fatto, a sua volta è il testimone dell’avvenuto clamp (blocco) del potenziale (ossia della separazione dei quasilivelli di Fermi) in regime di emissione stimolata.
E’ solo la introduzione dei valori numerici nelle costanti, ottenuti dalle misure di dispositivi sperimentali, che dimostra
due cose in più:
4
ln(Iph)
1) che la transizione tra il comportamento tipo-Shockley ed il blocco di V
avviene in un range assai ristretto di valori di corrente, tanto da manifestare, nel
grafico di ln(Iph (V)) una caratteristica fatta da due segmenti di retta, raccordati in
un punto di ginocchio assai ben determinato.
V
2) che in tutti i casi reali, Iph0 << Is0, per cui la corrente totale è data, sotto soglia
essenzialmente dalla componente non-radiativa Ish (con una piccola percentuale
di corrente radiativi che dà l’emissione LED), e sopra soglia dalla sola corrente
radiativi che cresce a dismisura appena si innesca l’effetto-laser.
ln(Iph)
I(V)
Ith
Ish
Iph
Vth
V
Ne consegue un ulteriore risultato pratico di una certa rilevanza: la corrente di soglia è essenzialmente data dal valore
della corrente NON RADIATIVA Ish calcolato al valore di soglia della tensione Vth.
La tensione di soglia è quel valore di V per cui il denominatore del secondo membro della equazione per la densità
fotonica (e quindi della corrente radiativi) va a zero, e questo, con le nostre ultime notazioni, equivale a:
2
 Q0

+ 1

qVth hν o
P
 = hν o + ln Q0 + PT
=
+ ln T
Q − P
 Q0

kT
kT
kT
T
 0
 P − 1
 T




2
e quindi:
 Q + PT
I th = I s 0  0
 Q0 − PT
2

 hν 
 exp 0 
 kT 

La cosa interessante è che queste espressioni possono avere una convincente verifica, nel caso dei cosiddetti laser a
cavità esterna (si veda dispensa ing. Morelli, su materiale Pirelli Labs). In questi laser, una delle facce del laser è resa
invece che riflettente totalmente trasmittente, ed uno specchio è posto esternamente al chip, ad una certa distanza
regolabile. Altri elementi in gioco da un lato forzano effettivamente il dispositivo ad emettere (risuonare) ad una ben
determinata frequenza tra quelle ad esso possibili, e dall’altro consentono di misurare accuratamente la frazione di luce
che, dopo aver viaggiato esternamente, rientra nel laser ossia, per complemento, è possibile avere una misura assai
accurata di PT.
In questo caso, nota ν0 e misurata la Ith per due diversi valori noti di PT, si ha la possibilità di ricavare il valore delle due
costanti Is0 e Q0.
D’altro canto, note queste due costanti, basta una misura di Pout e di I(V) sopra soglia nelle stesse curve usate per
ricavare la corrente di soglia, e si ha la stima delle altre costanti in gioco nella relazione potenza-corrente.
Con questo metodo si sono tracciate le curve della figura seguente dove le linee spesse sono il risultato della
simulazione e quelle sottili sono evidentemente curve sperimentali.
Da due di queste curve si sono calibrate le costanti del modello, e le altre curve sono state tracciate modificando i valori
delle perdite secondo quanto indicato dai dati sperimentali. Nonostante una evidente non-idealità dei comportamenti
nella reggione ampiamente sopra-soglia (spiegabili in gran parte con problemi di misura), la regione attorno alla soglia
(prima e dopo) è perfettamente riprodotta, collegando alla sola variazione delle perdite totali lo spostamento della soglia
e la variazione della efficienza ottica.
5
PT(dB)
16.5
17.5
20
23
Se poniamo
ν=196 THz
⇒
Q0 = 12.203
e
PT=dBx0.23
3.8
4
4.6
5.3
Valori sperimentali
 hν 
13
exp
 = 3.92x10
kT


Is0 = 5.96x10-13 ⇒
Ith
76
82
100
128
(a T=300°K)
 hν 
I s 0 exp
 = 23.352
 kT 
otteniamo:
PT(dB)
Ith
16.5
76
17.5
82
20
100
23
128
Valori dal modello
Osserviamo come l’unità di misura di Is0, e quindi delle correnti in genere, sia il mA, e come questo comporti nelle
misure di potenza l’uso dei mW. In altre parole, Is0 = 5.96x10-13 mA = 5.96x10-16 A.
16
Pout(mW)
16.5 dB
14
17.5 dB
12
10
20 dB
8
23 dB
6
4
2
0
0
50
100
6
150
I(mA)
200