Febbraio - Marzo 2012 ospedaleniguarda.it Poste Italiane Spa Sped. abb.post. Dl n. 353/2003 art 1 (comma1) D&B Milano DISTRIBUZIONE GRATUITA Migliorano le cure e i comfort per i pazienti affetti da disturbi alimentari I familiari avranno la possibilità di stare accanto ai giovani ammalati iale r o t Una scelta i Ed strategica: non siamo distributori d’esami Qualche giorno fa la carta stampata in un articolo apparso dal titolo “Sanità, un anno per un’ecografia” redatto sulla base di una “graduatoria” pubblicata da Altro Consumo, ci ha additati come l’ospedale dalla maglia nera per i tempi di attesa, in particolare per un esame specifico, l’ecografia addominale. Noi riteniamo di avere la maglia rosa in tanti settori e di dover migliorare in molti altri ma comunque di non meritare l’ultimo posto in tema di ecografie come per altri accertamenti specialistici, siano visite che esami strumentali. Voglio anche su questo giornale motivare e precisare la strategia e l’attenzione al bisogno in base alla quale si organizza il servizio e l’offerta per i pazienti in quest’area, come in altre. Corrisponde al vero che in questo momento abbiamo un’attesa per l’esame di ecografia addominale, senza indicazione d’urgenza, che supera i tempi standard regionali, ma voglio dare una serie di dati su cui riflettere: - sono state eseguite nel 2011 solo per i pazienti esterni ambulatoriali 6.497 ecografie addominali, tra prime visite, bollini verdi e controlli; - a questi numeri vanno aggiunte 2.420 ecografie addominali effettuate per i pazienti ricoverati; - a fronte di questo dato, riferito solo alle Eco Addominali, il totale di tutte le tipologie di ecografie eseguite nel 2011 è pari a 55.661. CONTINUA A PAGINA due Pasquale Cannatelli Direttore Generale Niguarda Customer satisfaction 2011 Anoressia e bulimia - Il Centro si amplia Da 22 anni in prima linea contro i disturbi alimentari, dall’anoressia alla bulimia, dall’obesità morbigena ai binge eating disorders: Il Centro di Dietetica e Nutrizione Clinica si è ampliato e si è ammodernato. I letti della nuova struttura sono 12, 6 destinati ai pazienti e altrettanti ai genitori a cui è offerta la possibilità di stare al fianco dei loro figli in questa delicata Storie battaglia contro la malattia. “Quando questa patologia era poco nota e i malati erano spesso in balia di proposte terapeutiche frequentemente non basate su presupposti scientifici, noi abbiamo cominciato a parlare di anoressia come una malattia vera da curare - spiega Maria Gabriella Gentile, Direttore del reparto -”. CONTINUA A PAGINA due Nuove tecnologie Ecco le pagelle dei nostri pazienti La mia casa è alla Ca’ Granda Lokomat: il “robot” Dopo aver perso le gambe, un per la riabilitazione iù di 3.000 questionari. Due volte all’anno la rilevazione viene condotta dall’Ufficio Relazioni con il Pubblico, in collaborazione con l’Università IULM. Da 1 a 7: la scala di valutazione, dove il 5 significa “soddisfatto”. Questa è la Customer Satisfaction. Scopo dell’indagine è quello di valutare il servizio, sondando attese e percezioni dei pazienti, nell’ottica di un continuo miglioramento. Ecco i dati del 2011, freschi di elaborazione. a un lato c’è S.C., un uomo di 55 anni, rumeno, in Italia chissà da quanto e chissà perché, che aveva fatto della strada la sua casa. Dall’altro c’è un intero reparto, i medici e fisioterapisti della Medicina Riabilitativa e Neuroriabilitazione, supportati dal prezioso lavoro degli assistenti sociali, un mediatore culturale e i volontari della Commissione Visitatrice di Niguarda. Una strategia apprezzata P CONTINUA A PAGINA undici senzatetto ha vissuto 9 mesi a Niguarda D CONTINUA A PAGINA tre All’Unità Spinale di Niguarda anche il Progetto “Spazio Vita” A PAGINA due APPROFONDIMENTI SUI NUOVI MODELLI ORGANIZZATIVI L’INTENSITÀ DI CURE Medici e infermieri a convegno A PAGINA 9 Periodico di informazione dell’Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda Ca’ Granda Il giornale di Niguarda Anno 7 - Numero 1 due Migliorano le cure e i comfort per i disturbi alimentari SEGUE DALLA PRIMA I dati Attualmente vengono seguiti 1.000 pazienti all’anno affetti dalle varie forme di disturbo del comportamento alimentare e da obesità morbigena, con un 25% di pazienti che arrivano da altre regioni e sono più di 30.000 le prestazioni ambulatoriali. “Per quanto concerne l’anoressia e la bulimia, l’età prevalente, al 90% femmine, va dai 14 ai 18 anni -spiega Gentile- ma abbiamo un 15% di casi che riguardano ragazzine di 12 anni”. Dove si trova Il centro si trova al padiglione 11. Al primo piano c’è il reparto che accoglie i casi più gravi. Qualche piano più in su, al quarto, c’è il day hospital, dove ogni giorno le pazienti si ritrovano: una media di 40 al giorno seguite da un équipe composta da 30 persone. Medici, psicologi, psicoterapisti, dietisti e infermieri specializzati. Più una schiera di volontari messi a disposizione dall’associazione Erika, voluta dai genitori dei pazienti, e che dà sostegno alle famiglie che chiedono aiuto al Niguarda perché colpite dal dramma dell’anoressia. postazione multimediale è stata realizzata grazie ai fondi ricavati dalla vendita del libro “Caro papà Natale… ti scrivo” a cura dell’Associazione culturale Moretti. “Grazie all’aiuto di educatori messi a disposizione dall’associazione Erika -spiega Gentile- questo laboratorio funzionerà come possibile momento di svago e alleggerimento per i giovani pazienti che spesso si isolano a causa della loro malattia”. Una nuova aula informatica con 4 pc (più uno che si trova nell’area della degenza) è a disposizione dei pazienti del centro. La Email: [email protected] Telefono: 02 6444.3987 - 340 2575913 Orario: lun: 10.00-12.00/ 14.30-16.30 mart-ven: 14.30-16.30 I numeri • • Multimedialità Associazione ERIKA Associazione per la lotta ai disturbi del comportamento alimentare • • Il reparto si sviluppa su un’area di 600 mq, è dotato di 6 stanze a 2 letti per i pazienti e per i loro familiari. Ampio spazio è stato dedicato alle attività di relax e le terapie occupazionali. Ogni anno vengono ricoverati circa 1.000 pazienti affetti da anoressia, bulimia nervosa, binge eating disorders, obesità morbigena, ed altre patologie. L’attività ambulatoriale assicura oltre 30.000 prestazioni l’anno. Il 25% dei malati accolti in regime di ricovero proviene da fuori regione. Lokomat: il “robot” per la riabilitazione U na vera e propria innovazione tecnologica nell’ambito della riabilitazione motoria delle persone colpite da lesioni al midollo spinale. Merito di AUS Niguarda Onlus, Associazione di volontariato che ha contribuito alla realizzazione dell’Unità Spinale Unipolare di Niguarda (USU) e che dal 2002 è attiva al suo interno. L’ultima delle iniziative messe in campo e presentate nei giorni scorsi presso l’Unità Spinale è il “Lokomat”, l’esoscheletro robotizzato, controllato elettronicamente che consente di aumentare notevolmente le potenzialità del movimento nel recupero della deambulazione. Si tratta di un’apparecchiatura robotica diffusa nei più avanzati centri riabilitativi internazionali; l’Unità Spinale Unipolare di Niguarda è oggi uno dei pochi Centri in Italia che può avvalersi dell’utilizzo esclusivo di questo macchinario. Ad arricchire la cerimonia di inaugurazione, la presenza del Caporal Maggiore degli Alpini, Luca Barisonzi: rimasto gravemente ferito in Afghanistan in un attentato il 18 gennaio 2011 e riabilitato per diversi mesi presso l’Unità Spinale di Niguarda. Barisonzi si è impegnato in prima persona per promuovere la raccolta fondi a favore dell’apparecchiatura “Lokomat”, mobilitando le organizzazioni degli Alpini e sensibilizzando con la sua testimonianza numerosissime persone. “Quando mi sono arruolato – ha spiegato Barisonzi – avevo tra i miei obiettivi l’occasione di portare il mio aiuto anche in quei paesi martoriati dalla guerra. Dopo l’attentato ho trascorso le prime settimane a cercare di capire cosa avrei potuto ancora fare da quel momento in poi. Arrivato in Unità Spinale sono venuto a conoscenza dell’iniziativa per il “Lokomat” ed è nata l’idea di fare tutto il possibile per acquistarlo”. Così, in collaborazione con AUS Niguarda Onlus e sfruttando la grande risonanza mediatica del suo caso si è a raggiungere questo importante traguardo. “Grazie alla generosità di molti sostenitori di tutta Italia e all’impegno di Luca – ha sottolineato il Direttore dell’Unità Spinale Unipolare dell’Ospedale Niguarda, Tiziana Redaelli - oggi è disponibile presso l’USU un apparecchio robotizzato, strumento di grande valenza per facilitare il recupero neurologico nelle lesioni spinali incomplete”. Questo risultato è stato, infatti, raggiunto grazie ai donatori che hanno reso possibile l’acquisto del “Lokomat” e che in numerosi hanno voluto presenziare all’inaugurazione di questo strumento. Il Progetto “Spazio Vita” Da sinistra il Direttore Generale P. Cannatelli, T. Redaelli, Direttore USU, L. Barisonzi, l’Assessore L. Bresciani e il Colonnello M. Merola Durante la presentazione del “Lokomat”, è stato lanciato “Spazio Vita”, ambizioso Progetto che prevede la realizzazione di una nuova struttura, un Centro polifunzionale collegato all’Unità Spinale di Niguarda: 500 metri quadri in cui troveranno spazio tutte le attività socio integrative del percorso di riabilitazione per i pazienti dell’Unità Spinale. Il progetto è promosso da AUS Niguarda Onlus e ASBIN, Associazione Spina Bifida e Idrocefalo Niguarda, le due associazioni attive presso l’Unità Spinale Unipolare del nostro Ospedale. Editoriale SEGUE DALLA PRIMA La Direzione di un ospedale come il Niguarda, organizzazione dall’offerta sanitaria complessa non facilmente paragonabile ad altre strutture, già da alcuni anni ha deciso con i propri professionisti di fare delle scelte, di adottare delle strategie, individuare delle priorità sull’organizzazione e nell’erogazione delle cure e dei servizi proprio a partire dai pazienti e dallo stato di necessità con cui arrivano o sono nel nostro nosocomio; ecco di seguito i criteri: 1) i pazienti in urgenza che giungono al Pronto Soccorso, 2) i pazienti ricoverati: a) per un’attenzione al paziente, b) per mettere l’équipe medica nelle condizioni di poter valutare il caso in 24 h max 48h e giungere ad una conclusione diagnostica e quindi indirizzare la terapia, c) per un efficientamento del sistema: un giorno inutile di degenza costa al Servizio Sanitario come una giornata in un albergo a 5 stelle a Milano e nel contempo sottrae ad un altro paziente il posto letto, 3) i pazienti con bollino verde, perché portatori di una urgenza indicata dal medico curante o dallo specialista, 4) i pazienti complessi che provengono da altri ospedali o da altre Istituzioni con richiesta specifica di questo esame, 5) tutte le altre richieste prenotate come prime visite o controlli; in questi casi viene attivato anche il cosiddetto overbooking, una volta verificata la disdetta o l’assenza da parte di un paziente, questo per sfruttare al massimo la capacità operativa delle apparecchiature e dei professionisti (é questo il caso delle Ecografie addominali o delle TAC). Questa necessità di scelte e priorità è dettata anche dalla considerazione che gli stessi specialisti eseguono oltre alle Eco anche Tac, Risonanze Magnetiche ed altri esami di diagnostica per immagini per interni ed esterni. Le politiche e strategie organizzative evidenziate sono espressione di un impegno dell’organizzazione a far fronte ad una continua richiesta che, se non governata da tutti gli attori del sistema sanitario con una indicazione corretta e appropriata, rischia di trovare luoghi e momenti di collasso. Va comunque ricordato che il Sistema Sanitario lombardo consente, attraverso il call center regionale, di indirizzare verso la struttura che offre tempi di attesa adeguati alla propria richiesta e quindi una possibilità di scelta molto vasta, a volte e per alcune strutture, entro gli standard regionali. Come dicevo all’inizio non vogliamo difenderci, abbiamo margini di miglioramento, ma contestiamo una visione del Servizio ospedaliero considerato solo come erogatore di visite ed esami in una logica di consumo e non di appropriatezza. Giova comunque ricordare, per amore del vero, che l’A.O. Niguarda Ca’Granda per il 2011 è stata tra le poche strutture che ha superato abbondantemente gli obiettivi di attività per la specialistica ambulatoriale, offrendo ad ogni paziente una risposta al proprio bisogno di salute. Va inoltre precisato che il 90% dell’ampia gamma delle prestazioni ambulatoriali e diagnostiche per esterni, offerte dal Niguarda, rientra negli standard regionali, come risulta dai campionamenti effettuati dalla ASL Città di Milano. Concludendo non è facile interpretare i complessi numeri di un’azienda ospedaliera di rilievo nazionale, spiace però constatare che, a volte, non si guardi con attenzione alle strategie che vengono adottate, al lavoro che viene fatto, non si considera che non siamo distributori di prestazioni ma offriamo cura e assistenza attraverso percorsi appropriati e ragionati. Ritengo che oggi, nel contesto socio economico in cui ci troviamo, il richiamo al rigore e all’appropriatezza richiedano l’adozione di scelte di governo chiare e coraggiose, maggior efficienza da parte di chi gestisce le Aziende Sanitarie ma anche una responsabilità e attenzione nel porre una domanda o nel segnalare un disagio: un dialogo senza pretesa, senza assegnare maglie, in una comprensione e rispetto del lavoro reciproco, può aiutare. Proprio nei giorni scorsi abbiamo avuto un incontro chiarificatore e costruttivo con l’Associazione Altro Consumo, che avevo contattato, per precisare quanto vi ho appena comunicato; abbiamo lo stesso obiettivo: rispondere al bisogno della gente, non siamo controparte. Pasquale Cannatelli Direttore Generale Niguarda Cos’è Il Lokomat è un esoscheletro per la deambulazione robotizzata controllata elettronicamente e rappresenta una delle tecniche più avanzate nell’ambito della neuro-riabilitazione. Smaltimento rifiuti Una rete all’avanguardia Nei nuovi blocchi i percorsi dello sporco saranno automatizzati S e l’attività di un ospedale si giudica anche dalla mole dei rifiuti prodotti, la sfida di Niguarda è sicuramente impegnativa, ma superata a pieni voti. Alla Ca’ Granda, infatti, si è creata e resa operativa una rete di spostamenti asso­ lutamente all’avanguar­dia. Dalla movimentazione delle merci alla bian¬cheria, con percorsi separati, tutto è gestito da una centrale logistica che, attraverso carrelli e busso­ lotti garantisce ad ogni pa­diglione consegne e spedi­ zioni più rapide e sicure. Arterie vitali che collegano i vari padiglioni del nostro Ospedale e che giocano un ruolo decisivo anche per il corretto trasferimento dei rifiuti. “Nessuno ci tore Medico pensa - fa notare Gaetano Elli, Diret­ di Presidio- ­ma i percorsi dello sporco, così come del pulito, sono fondamentali, sono la seconda cosa a cui si pensa nella costruzione di un ospedale” . Al Niguarda, ogni anno ven­gono prodotti 800mila chilogrammi di rifiuti po­tenzialmente infetti per il cui smaltimento l’Ospedale segue alla lettera una procedura stabilita dalla legge. Al giorno, si parla di qualcosa come 2mila con­tenitori, all’interno dei quali gli scarti vengono confezionati e sigillati dal personale infermieristico. Se fino a qualche anno fa, i rifiuti, speciali e non, prima di partire alla volta dell’inceneritore, veniva­ no custoditi nei sotterra­ nei, “dal 2009 - spiega Salvatore Scaffidi, Responsabile zioni sono dei Servizi Alberghieri - tutte le opera­ state portate in superficie, in modo da ga­rantire più efficienza e maggiore controllo”. La gestione dei rifiuti è stata organizzata attraverso le cosiddette “iso-box”: piccoli punti di raccolta, rigorosamente chiusi a chiave, in dotazione a ogni padiglione. Qui gli addetti alle pulizie trasportano i contenitori sigillati dal personale medico; da questi punti i rifiuti “partono” alla volta dell’area di raccolta principale, ultima tappa prima di essere caricati sui camion e portati all’inceneritore. Nei due nuovi blocchi dell’Ospedale, il Blocco Sud (già operativo) e il Blocco Nord (in costruzione), questo sistema sarà ulteriormente migliorato grazie allo sviluppo di una rete completamente automatizzata. Il personale dell’Ospedale chiuderà i rifiuti speciali nei contenitori ad hoc, come già avviene, ma li consegnerà direttamente al nastro meccanico che li porterà a destinazione senza bisogno del trasporto a mano degli addetti alle pulizie. tre Chi visita la Ca’ Granda News dalla ricerca AVIS e Niguarda Due nefrologi su Nature C arolyne Mermon, responsabile sanitario per i consolati americani in Europa ha visitato nei giorni scorsi il nostro Ospedale. Il medico statunitense accompagnata da alcuni esponenti dell’Avis Milano, ha visitato, con particolare interesse, il nostro Servizio di Immunologia e Medicina Trasfusionale diretto da Luigi Mancini. Per diventare donatori di sangue Dottor Mancini donare il sangue è un gesto importante che ha tanti significati… Si, sicuramente ne ha tanti, la cosa più importante è che il sangue va donato perché non c’è modo di produrlo. Se non c’è un’altra persona che lo dona non c’è sangue, e questa è la cosa più importante. Su questo poi ci possiamo aggiungere tutti i discorsi che sono comunque importanti: un gesto di solidarietà, un dono, ma la donazione libera e gratuita del sangue è l’unico modo che si ha oggi per avere del sangue a disposizione dei nostri malati. stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica, Nature, uno studio che vede tra gli autori due medici della Nefrologia del Niguarda: Giacomo Colussi, Direttore del reparto e Maria Elisabetta De Ferrari. La ricerca ha consentito di scoprire due nuovi geni che contribuiscono ad una rara forma di ipertensione familiare denominata Sindrome di Gordon. L’ipertensione arteriosa è sotto la lente della ricerca da moltissimi anni. È stata individuata un’influenza familiare, ma i geni fin qui descritti che possano dimostrare l’effettiva trasmissione a livello genetico sono pochi. “In queste forme patologiche - spiega Colussi- il gene (o i geni) che subiscono le mutazioni descritte codificano delle proteine che regolano alcuni meccanismi di trasporto degli elettroliti (sodio, cloro, potassio) da parte di alcune cellule del tubulo renale”. È questo il caso dei pazienti descritti nell’articolo di Nature che oltre ad ipertensione arteriosa presentano potassio elevato nel sangue ed acidosi. “La sindrome - dice De Ferrari - pur essendo una malattia rara, può essere causata da mutazioni in ben 5 geni diversi finora identificati: gli ultimi 2 sono stati, appunto, descritti nell’articolo della rivista a cui abbiamo collaborato”. Spiega ancora Colussi: “I risultati di questo studio sono assolutamente innovativi, perché mentre erano noti da tempo i trasportatori renali deputati al riassorbimento di sodio e cloro, era assolutamente sconosciuto come la loro funzione venisse regolata”. È Finanziamento per una rara malattia del metabolismo lipidico Qui al Niguarda cosa dobbiamo fare se vogliamo diventare donatori? Rivolgerci al nostro centro trasfusionale che funziona tutti i giorni dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 11.30 e che è collocato al primo piano del padiglione 3, oppure ci si può rivolgere all’associazione AVIS comunale di Milano, che è in via Bassini Largo Volontari del Sangue, che ha disponibilità di orari più ampia. Il Centro per le Dislipidemie sta seguendo un importante progetto. Si tratta dello studio di una malattia genetica del metabolismo lipidico, il “deficit di LCAT”, una patologia caratterizzata da un’alterazione del quadro lipidico e da un’insufficienza renale che colpisce il portatore nella terza-quarta decade di vita, richiedendo dialisi e trapianto di rene. Per questo progetto c’è stato, tra l’altro, recentemente, un finanziamento importante della Fondazione Cariplo. “Per lo studio- precisano i ricercatori del Centro, diretto da Cesare Sirtori- abbiamo già identificato 26 famiglie italiane portatrici di questa patologia. Il nostro studio contribuirà a caratterizzare la patologia con lo scopo di identificare terapie per una malattia per la quale al momento non ne esistono”. La mia casa è alla Ca’ Granda SEGUE DALLA PRIMA In mezzo una storia densa di umanità, cartolina di una medicina che non solo sa curare ma anche prendersi cura. È il febbraio 2011, una notte gelida, fuori sembra di stare in un freezer. Per chi non ha una casa la morsa del gelo se non è fatale può segnare a vita. E così è per S.C.. Molto probabilmente sono dei volontari a trovarlo. Prima viene portato all’ospedale Sacco, da qui, poi, la corsa in ambulanza al Niguarda. Le sue condizioni non promettono bene, gli accertamenti lo confermano. La sindrome da congelamento ha colpito entrambe le sue gambe, per cui non rimane alternativa: bisogna amputare tutti e due gli arti inferiori all’altezza del ginocchio. La guarigione dei monconi e un altro intervento per correggere un problema insorto alla testa dell’anca, poi per S.C. inizia la riabilitazione. “È stato un percorso pensato per il recupero della propria autonomia- ci spiega Giovanna Beretta, Direttore della Medicina Riabilitativa e Neuroriabilitazione-. Abbiamo iniziato con un addestramento all’uso della carrozzina affiancato da un lavoro quotidiano di riabilitazione. Il paziente ha risposto bene e si è adattato presto alla nuova situazione”. Per il recupero clinico ci vogliono un paio di mesi, molto di più per fare fronte alla situazione complicata, per cui scendono in campo gli assistenti sociali di Niguarda. “Siamo in 6 in Ospedale e copriamo tutti i reparti tranne la Psichiatriadice Valentina Dal Moro, l’assistente sociale che ha seguito il caso-. A volte sono i medici o le caposala che ci forniscono le segnalazioni, in altre situazioni può capitare che siano i familiari dei pazienti a rivolgersi a noi”. È stato chiaro fin da subito che il caso di S.C. sarebbe stato impegnativo, ma nessuno s’immaginava quanto. Sul territorio, infatti, non si trovano strutture disposte ad ospitarlo, lui non ha una dimora così Niguarda diventa la sua casa. I giorni passano e si inizia a perseguire- di comune accordo con l’interessato- l’unica soluzione disponibile: il rimpatrio e l’accoglienza in una struttura dedicata in Romania. Ma anche su questa via non bisogna attendere molto prima dell’arrivo dei primi ostacoli. L’uomo, infatti, non dispone di alcun documento d’identità e senza di questo il ritorno alla terra d’origine è praticamente impossibile. Iniziano così i contatti con il consolato rumeno per ottenere quel prezioso pezzo di carta. Un mese, due mesi, tre mesi… la proverbiale lungaggine della burocrazia non si smentisce, ma l’assistente sociale Dal Moro non demorde e continua a bussare alla porta del consolato. Fortunatamente la chiave di volta è in quello che può apparire come una barriera: l’incompatibilità linguistica. S.C., infatti, non sa l’italiano. Per la riabilitazione basta il linguaggio universale dei gesti, ma per i colloqui con i medici e l’assistente sociale serve un mediatore culturale. “Ci siamo avvalsi di una mediatrice che faceva parte di una cooperativa che collabora con l’Ospedale- spiega Dal Moro-. I suoi contatti sono stati molto utili per segnalare il caso ai servizi sociali rumeni che si sono attivati e hanno rintracciato una casa di riposo, in Romania, disposta all’accoglienza”. L’attivazione oltreconfine sblocca anche la pratica del consolato. Di mesi, comunque, ne sono passati: è fine ottobre quando, finalmente, il timbro tanto atteso arriva sui documenti. S.C. l’uomo gentile, che in molti si ricordano di aver incontrato per le corsie e i viali dell’Ospedale, è pronto a partire. Ma c’è ancora un nodo da sciogliere: il biglietto aereo costa e qualcuno deve farsi carico della spesa. Si fanno avanti i volontari della Commissione Visitatrice di Niguarda, che insieme al loro cuore aprono il portafoglio per regalare a S.C. il ritorno- a novembre- in Romania, non senza aver salutato la Ca’ Granda che per oltre 9 mesi è stata la sua grande casa. La Commissione visitatrice 125 anni in aiuto dei malati ra il 1887 quando l’amministrazione della Ca’ Granda (l’antico ospedale di Milano che aveva sede nell’edificio che oggi ospita l’Università Statale in via Festa del Perdono) deliberò la creazione delle Commissione Visitatrice, formata da “caritatevoli nobildonne e signori”, con il compito di tenere alta la reputazione dell’ospedale, svolgendo controlli alle strutture e stabilendo un rapporto di amicizia e aiuto con i malati. Oggi la Commissione Visitatrice esiste ancora, l’ufficio centrale è al Policlinico, ci sono, poi, diversi “distaccamenti” in altri ospedali di Milano, tra cui il Niguarda. “La Commissione Visitatrice assiste i malati, provvedendo ai loro bisogni economici- ci spiega Rudi Lorenzina Piazza, Responsabile della Commissione del Niguarda-. Lavoriamo a stretto contatto E con i servizi sociali che ci segnalano i casi per cui è richiesto il nostro aiuto. Ad esempio quando un malato viene dimesso, può capitare che non abbia denaro sufficiente per tornare a casa. In quel caso provvediamo noi al suo rientro. Spesso abbiamo a che fare con extracomunitari senza documenti”. Il contributo può essere utile anche per l’acquisto di una carrozzina, di protesi o tutori ortopedici. “Una volta abbiamo finanziato un intervento per un malato che aveva bisogno di un innesto di pelleaggiunge Rudi-”. La Commissione opera all’interno dell’Ospedale ma non riceve alcun finanziamento pubblico. “Siamo un gruppo di volontari- spiega Rudi-, il denaro arriva dalla nostra auto-tassazione. Ci sono poi le donazioni e le raccolte fondi che organizziamo. Ma sarebbe necessario aumentare le entrate, soprattutto in questo periodo”. “Scienza e carità” di Pablo Picasso Sede Niguarda: Area Centro - Padiglione 12, 2° piano Email: [email protected] Recapito telefonico: 02 6444.2472 Orario: mar/gio: 10.00-12.00 La lista della spesa fatela da noi. 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Aumentano le prescrizioni ma non sono tutte per il “male oscuro” taliani e antidepressivi, un tema caldo, che si ripropone e su cui si ritorna periodicamente a volte con toni po’ troppo allarmistici. I mezzi d’informazione non perdono l’occasione di interrogarsi: “Quando questi farmaci devono essere utilizzati? Sono realmente efficaci?”. I E molto spesso sentenziano, magari con troppa facilità: “È boom di prescrizioni!”. L’ultimo rapporto proviene dall’Osservatorio nazionale Osmed (La relazione sull’uso dei farmaci in Italia nei primi 9 mesi del 2011) e ha fatto il giro dei media, giornali, internet e tv, che hanno messo in evidenza come il consumo di antidepressivi in Italia sia cresciuto vertiginosamente (si parla di dosi raddoppiate negli ultimi 10 anni). Abbiamo sottoposto i dati a Mariano Bassi, Direttore della Psichiatria 2 e Presidente della Società Italiana di Psichiatria. Intervista - Qualche domanda allo psichiatra Cosa emerge dall’analisi del rapporto? Sfogliando la relazione si evidenza come tra il 2010 e il 2011 ci sia stato un leggero incremento della spesa e dei consumi degli antidepressivi. In particolare per i farmaci di ultima generazione, la spesa è cresciuta dello 0,7% e il consumo dell’1,8%. Variazioni molto modeste, tanto è vero che nella “classifica” dei primi 30 principi attivi per spesa territoriale compare un solo farmaco antidepressivo, l’escitalopram, al 16° posto. Cosa dire dei consumi che sembrano essere raddoppiati negli ultimi 10 anni? Io non ho avuto modo di verificare questi dati, comunque che questi farmaci si usino di più non è una novità e non deve allarmare. Gli antidepressivi, infatti, negli ultimi anni hanno avuto un progressivo allargamento delle indicazioni terapeutiche. Cioè con questi farmaci non si cura più solo la depressione? Sì, vengono utilizzati anche per altre patologie diverse dalla depressione maggiore. Ad esempio oggi a chi soffre di un disturbo ossessivo compulsivo o di un disturbo d’ansia è più facile che venga prescritto un antidepressivo, perché più efficace, piuttosto che un ansiolitico. A ciò si deve aggiungere un altro fattore non trascurabile. Di cosa si tratta? Di una maggiore attenzione per questa patologia da parte dei medici di medicina generale che ha spinto sempre più pazienti a cercare la giusta cura e ad essere trattati sempre più precocemente. Oggi le tecniche di diagnosi sono migliorate e si colgono sul nascere patologie sfumate che un tempo sfuggivano. In sostanza nell’aumento delle prescrizioni si può leggere una cura più tempestiva ed efficace più che un abuso. Una chiave di lettura da non trascurare visto che continuamente si sottolinea come la depressione colpisca sempre più persone… I risultati delle ricerche confermano in tutto il mondo un aumento della depressione, soprattutto nei Paesi sviluppati e nelle grandi città. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il trend di diffusione dei disturbi depressivi nella popolazione generale purtroppo proseguirà, tanto che nel 2020 la depressione sarà la seconda malattia invalidante nel mondo e la prima per diffusione. Qual è la situazione in Italia e nel mondo? La probabilità di ammalarsi di depressione maggiore, nel nostro Paese resta bassa: la più bassa d’Europa. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in Italia, circa il 10 per cento degli adulti è vittima, almeno una volta nella vita, della depressione maggiore. In Francia e in Olanda, ad esempio, i valori sono doppi. Persino in Spagna, Paese latino, la depressione ha un’incidenza più alta che da noi. “Sulla soglia dell’eternità” di Vincent van Gogh “Il male di vivere” Più le donne che i maschi I sintomi Negli uomini la prevalenza della depressione maggiore è intorno al 3-4%, mentre nelle donne aumenta molto ed è collocabile in un range che va dal 5 al 9%. Umore depresso per la maggior parte del tempo, forte diminuzione di interesse o piacere per quasi tutte le attività, insonnia o ipersonnia, ma anche sentimenti di autosvalutazione e sensi di colpa. Genetica medica Intervenire prima della malattia Dagli alberi genealogici alla ricerca: la task force contro le malattie genetiche G uardare nei geni perché la risposta è nel DNA. No, non è il finale di una puntata di CSI, è quello che ogni giorno viene fatto dagli specialisti della Genetica Medica, il laboratorio, diretto da Giovanni Gesu, che ogni anno effettua oltre 3000 test diagnostici per più di 30 patologie. Macchinari per l’analisi del genoma, microscopi, provette, entrando nel laboratorio ci si aspetta di trovare tutto questo (ci sono e c’è stato modo di vederli), ma quello che colpisce di più è “sorprendere” alcuni di questi professionisti delle indagini molecolari chini su fogli di carta a disegnare ramificazioni che si intersecano, si fermano, si sdoppiano. “Ma cosa sono?”. Chiediamo incuriositi a Silvana Penco, che insieme alle altre due specialiste in genetica medica, Emanuela Manfredini e Paola Primignani, i tecnici, i borsiti e gli specializzandi, forma l’équipe del laboratorio. “Alberi genealogici- risponde la genetista-. È di fondamentale importanza per il nostro lavoro ricostruire insieme con la storia clinica del paziente quella familiare, per individuare parenti o antenati che possono essere dei precedenti casi di malattia e che ci aiutano a capire come questa si trasmette. Oltre ad essere uno snodo essenziale per la diagnosi del paziente, queste informazioni sono cruciali per comprendere se esiste ed è quantificabile un rischio per i figli. A ben pensarci questa è l’essenza più profonda della diagnosi genetica: permette, infatti, al medico di scoprire la malattia intervenendo con percorsi terapeutici specifici ancor prima che questa si manifesti”. Sordità, angioma cavernoso, spina bifida, poliposi del colon, neoplasie endocrine multiple, fibrosi cistica, febbre familiare mediterranea, oltre a forme sindromiche e alla farmacogenetica, sono solo alcune delle sfide per cui gli specialisti “scendono in campo”, muovendosi sui due fronti distinti ma congiunti: quello delle analisi e quello del colloquio informativo col paziente. “Quest’ultimoprosegue Penco- serve per spiegare che tipo di malattia si sospetta, che cosa comporterà l’eventuale diagnosi e la valutazione della possibile trasmissione della patologia ai figli già nati o il rischio riproduttivo per i nascituri. Come si può capire si tratta di colloqui dal contenuto molto delicato per cui lavoriamo in team multidisciplinari, avvalendoci, in alcuni casi, anche della presenza dello psicologo”. Sapere di avere una malattia che ha le radici nei tuoi geni e che, per quanto possa essere trattata non potrà mai essere curata completamente, è un macigno che pesa e può fare male. Ma è anche per questo che a Niguarda si lavora duramente per far avanzare la ricerca e per poter disegnare percorsi diagnostici a misura del paziente. Il laboratorio è, infatti, un centro di riferimento per 14 malattie rare e dal 2009 è l’unica struttura accreditata in Italia ad offrire un iter diagnostico completo per l’albinismo. L’oculista, il dermatologo, l’otorino e il genetista: in un solo giorno si incontrano tutti gli specialisti coinvolti nel trattamento di questa patologia per poter avere una diagnosi ed un follow up corretti. Un percorso attivo da due anni che ha reso Niguarda centro di riferimento nazionale per questa malattia rara; come dimostra la provenienza (da tutto il Paese) dei casi trattati. Sul versante della ricerca non mancano gli studi attivi sia con il Centro Dislipidemie sia con il Centro Clinico NEMO per lotta alla SLA (sclerosi laterale amiotrofica). “Insieme con quest’ultimo centro facciamo parte del consorzio ITALSGEN che ha contribuito alla recente scoperta del gene C9ORF72. Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Neuronconclude Penco-”. In primo piano il sequenziatore automatico del laboratorio Tecnologia Il laboratorio è dotato di completa automazione. La tecnologia in dotazione comprende un sequenziatore automatico a 48 capillari, software di analisi altamente specializzati, strumentazione automatizzata per l’identificazione di mutazioni note e l’estrazione di DNA. È attivo, inoltre, un sistema robotizzato che segue il percorso della provetta originaria di sangue “dall’ingresso in laboratorio” fino alla sequenza di DNA. Ricerca e Oncologia I più citati Lo studio pubblicato su Lancet Oncology del 2005, che ha visto la collaborazione dell’IRCC (Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro) Candiolo con l’Oncologia Falck di Niguarda, aprendo nuove frontiere nella terapia del tumore al colon-retto, ha superato in questi giorni il traguardo delle 600 citazioni. In materia di pubblicazioni scientifiche si può dire che più una scoperta è importante più verrà utilizzata, e quindi citata, da altri ricercatori sia per l’attività clinica sia come punto di partenza per lo sviluppo di nuovi studi. sei SPECIALE TRAPIANTI Donazioni La grande casa dei trapianti D ecidere di donare i propri organi e tessuti dopo la morte è un gesto di grande generosità. Così facendo si dona ad un paziente, in molti casi in fin di vita, la possibilità di guarire e riprendere una vita normale. La normalità che si riacquista da gesti straordinari a Niguarda è di casa. Il nostro Ospedale, infatti, ha raggiunto il traguardo dei 5.500 trapianti ed è uno dei pochi centri in Lombardia ad effettuarli per quasi tutti gli organi (cuore, polmone, pancreas, rene, fegato; gli unici interventi a non essere effettuati sono i trapianti d’intestino), senza dimenticare i trapianti di tessuti e cellule. In Ospedale hanno sede un Centro Trapianti Midollo, in possesso dei più altri accreditamenti del settore, e una Banca della Pelle, laboratorio specializzato nell’ingegnerizzazione di cute e cartilagine per interventi ricostruttivi. Una vera e propria “banca” dei tessuti in grado di sostenere il fabbisogno interno e rifornire altre strutture nazionali ed internazionali. Tecnologie di ultima generazione (tra cui la robotica applicata all’area trapianti) e i laboratori accreditati secondo standard internazionali, ma anche il lavoro quotidiano di équipe mediche e chirurgiche specialistiche muovono una cultura di vita, che cresce, si amplia, si espande. Come si può donare Organi Vengono normalmente trapiantati i reni, il cuore, il fegato, i polmoni, il pancreas e l’intestino. Di questi il trapianto di cuore, fegato e polmone costituiscono degli interventi salvavita, mentre il trapianto di rene rappresenta una alternativa terapeutica fondamentale per malati in emodialisi o in dialisi peritoneale: questi ultimi sono trattamenti efficaci ma capaci di interferire in modo rilevante con il quotidiano, richiedendo diverse sedute settimanali di 3-4 ore ciascuna. Tessuti I tessuti che possono essere prelevati a scopo di trapianto sono: • elementi ossei (es. testa di femore) o muscolo-scheletrici (cartilagini, tendini), • tessuti cardiovascolari (arterie, vasi, valvole cardiache), • tessuto oculare (cornea), • tessuto cutaneo, membrana amniotica. Cellule Per cellule “da donare” a scopo di trapianto si intendono le cellule staminali ematopoietiche o emopoietiche (sono sinonimi), le cui fonti sono il midollo osseo, il sangue del cordone ombelicale e il sangue periferico. Differentemente dalla donazione di organi e tessuti, che avviene dopo la morte, quella delle cellule staminali ematopoietiche avviene da vivi. Come donare organi e tessuti Decidere di donare gli organi dopo la propria morte è un gesto di grande generosità che può salvare la vita anche a più di una persona. Sia che si decida a favore o contro la donazione è importante formarsi un’idea ben precisa e comunicarla ai familiari e al tempo stesso mettere “nero su bianco” così da essere sicuri che la propria volontà a riguardo verrà rispettata. Un intervento, tanti professionisti I l trapianto di organi solidi costituisce uno degli esempi migliori di integrazione multidisciplinare in campo medico. Se il chirurgo è il “protagonista” del gesto operatorio, fondamentale è la collaborazione prima e dopo l’intervento con gli specialisti della patologia dell’organo malato (cardiologi, epatologi, nefrologi, pneumologi, diabetologi). Il contributo degli anestesisti rianimatori al trapianto è fondamentale sia per il mantenimento delle condizioni vitali durante l’intervento che per il trattamento intensivo nelle prime fasi (che Attualmente le modalità per esprimere la volontà sono le seguenti: • la compilazione del tesserino blu del Ministero della Salute che deve essere conservato insieme ai documenti personali. È possibile compilare on line la dichiarazione di volontà e stampare il proprio tesserino sul sito della Campagna di informazione “Dai valore alla vita”; • la registrazione della propria volontà presso la ASL di riferimento o il medico di famiglia; • una dichiarazione scritta che il cittadino porta con sé con i propri documenti. A questo proposito il Decreto legislativo 8 aprile 2000 ha stabilito che qualunque nota scritta che contenga nome, cognome, data di nascita, dichiarazione di volontà (positiva o negativa), data e firma, è considerata valida ai fini della dichiarazione; • l’atto olografo dell’AIDO (Associazione Italiana per la Donazione di Organi, tessuti e cellule) o di una delle altre associazioni di settore. Come donare le cellule Per donare il midollo bisogna iscriversi nei registri dei donatori di midollo osseo, si verrà poi successivamente ricontattati per ulteriori accertamenti e analisi approfondite che dovranno essere svolte prima del prelievo. Per ridurre il più possibile il rischio di rigetto, da parte del paziente trapiantato, l’ideale sarebbe poter disporre del midollo osseo di un consanguineo, fatto che si verifica troppo raramente rispetto al numero di pazienti affetti da gravi malattie ematologiche. Così, per aumentare la probabilità di reperire un donatore compatibile, sono sorti in tutto il mondo dei Registri Nazionali, veri e propri archivi collegati tra di loro nei quali figurano le caratteristiche dei potenziali donatori. Il Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo (internazionalmente noto come Italian Bone Marrow Donor Registry o IBMDR) è costituito dall’insieme dei Registri Regionali. possono durare anche giorni) del postoperatorio. La Radiologia Interventistica, la Microbiologia, il Laboratorio di Analisi, l’Anatomia Patologica insieme agli infettivologi garantiscono il fondamentale supporto diagnostico e terapeutico sia prima che durante e dopo il trapianto. Il personale infermieristico, di sala operatoria, di terapia intensiva, di unità di trapianto ed i fisioterapisti concorrono al completamento del risultato con una assistenza ai bisogni della persona trapiantata che richiede un’altissima specializzazione, specifica competenza e porta a grande coinvolgimento. I Centri di Niguarda - Organi Cuore Il trapianto cardiaco è la migliore terapia per i pazienti con cardiopatia molto avanzata, giudicata non trattabile adeguatamente con le altre terapie disponibili. Nella maggior parte dei casi il trapianto permette ai pazienti una buona qualità di vita, con possibilità di svolgere le normali attività della vita quotidiana. Dati: Niguarda è Centro di riferimento regionale e nazionale per il trapianto cardiaco. Dal 1985 sono stati eseguiti circa 1.000 trapianti cardiaci e dal 1988 sono stati impiantati circa 200 cuori artificiali a funzionamento pulsatile o a flusso continuo, un intervento-ponte in attesa del trapianto vero e proprio. Équipe: Cardiochirurgia, Cardiologia 2- Insufficienza Cardiaca e Trapianti, Anestesia e Rianimazione 3. Primato: questo ospedale è leader nazionale nell’impiego di sistemi di assistenza circolatoria (i cosiddetti “cuori artificiali”) come ponte o alternativa al trapianto. L’attività degli ultimi 6 anni (2006-2011) mostra una sopravvivenza a 1 anno dall’intervento simile a quella di pazienti sottoposti a trapianto o a impianto di un sistema di assistenza. Attualmente si segue il follow-up di più di 20 pazienti portatori di “cuore artificiale”. Polmone Le indicazioni al trapianto possono includere le malattie respiratorie in stadio terminale, non suscettibili di trattamento medico efficace in pazienti con aspettativa di vita inferiore ai 24 mesi. Attualmente la procedura più frequentemente eseguita è il trapianto di polmone singolo per le patologie restrittive ed il trapianto bilaterale sequenziale per le patologie ostruttive, suppurative o vascolari polmonari. Solo in casi estremamente selezionati viene ancora eseguito il trapianto di cuore-polmoni in blocco. Équipe: Chirurgia Toracica, Pneumologia, Anestesia e Rianimazione 3. Dati: La Chirurgia Toracica di Niguarda è tra i primi posti in Italia per il numero di trapianti polmonari eseguiti. Sono 117 dal 1992 ad oggi. Primato: Il primo trapianto bilaterale in Italia è stato eseguito a Niguarda nel 1992. Fegato La maggior parte dei trapianti vengono effettuati in caso di malattie neoplastiche a carico del fegato (con indicazioni oggi ben codificate a livello internazionale), per patologia epatica cronica (cirrosi) da virus B e C, in caso di cirrosi di origine etiltossica, in caso di patologia autoimmune, per patologia colestatica (cirrosi biliare primitiva e colangite sclerosante). Si eseguono anche trapianti in caso di danno epatico acuto fulminante (da epatite virale B, da assunzione di sostanze tossiche quale ecstasi, oppure in caso di intossicazione per assunzione di dosi elevatissime di paracetamolo). Un organo per due: il fegato del donatore può essere diviso in due parti (“split liver”), utilizzando un solo organo per due riceventi diversi (nella maggior parte dei casi si tratta di un ricevente adulto e di un bambino). Équipe: Chirurgia Generale e dei Trapianti - Trapianti Addominali, Anestesia e Rianimazione 2. Dati: Dal 1985 sono circa 1.300 i trapianti di fegato effettuati. Primato: Nel 2001 è a Niguarda il primo trapianto in Italia da vivente, eseguito fra l’altro con un’équipe completamente italiana e tutta dell’Ospedale di Niguarda. Ad oggi sono 80 gli interventi di questo genere portati a termine. Rene Il trapianto di rene rappresenta il trattamento preferenziale per pazienti affetti da insufficienza renale cronica. Il trapianto può essere effettuato da donatore cadavere o da donatore vivente. Nel caso della donazione di rene da vivente (comune negli USA, ma ancora ridotta in Italia), come in pochi altri centri di eccellenza nel mondo, a Niguarda viene adottata la tecnica robotica per il prelievo. Questo tipo di intervento permette di avere molta più precisione nelle manovre chirurgiche e offre indiscussi vantaggi per il donatore, a cui viene offerta una rapida mobilizzazione, una riduzione della componente dolorosa postoperatoria ed una riduzione del periodo di ricovero ospedaliero. Équipe: Chirurgia Generale e dei Trapianti- Trapianti Addominali, Anestesia e Rianimazione 2. Dati: Sono stati eseguiti più di 2.000 trapianti di rene dal 1972, di cui circa 200 da vivente, dal 1980. Pancreas Il trapianto di pancreas è indicato solo per pazienti con diabete mellito tipo I o insulino dipendente. Anche se il trapianto di pancreas può migliorare la qualità di vita per molti pazienti, la sua indicazione deve seguire criteri molto precisi Rene e pancreas trapiantati simultaneamente, è la modalità più comune d’intervento e costituisce circa l’ 85% di tutti i trapianti di pancreas nel mondo. Équipe: Chirurgia Generale e dei Trapianti - Trapianti Addominali, Anestesia e Rianimazione 2. Dati: Dal 1992 sono stati eseguiti a Niguarda 95 trapianti combinati di rene e pancreas. SPECIALE TRAPIANTI I Centri di Niguarda - Tessuti Cornee Il trapianto di cornea è un innesto sulla superficie dell’occhio di tessuto corneale sano in sostituzione di quello danneggiato. A seconda del caso, il trapianto può essere “a tutto spessore” (cheratoplastica perforante), o “lamellare” (si trapianta solo la lamella più superficiale). Quest’ultima tecnica, di più recente introduzione, è utilizzata dall’équipe dell’Oculistica Adulti. Équipe: Oculistica Adulti. Dati: Dal 2000 sono più di 500 i trapianti di cornea effettuati. Banca della Pelle La Banca della Pelle, con i suoi mille metri quadrati di laboratori, è il più grande centro italiano ad alta sicurezza biologica in cui vengono svolte attività di ingegneria tissutale, cioè coltivazione di cute e cartilagine e crioconservazione dei tessuti. È in questo centro che, nel 1990, sono state prodotte in Italia le prime cellule staminali adulte della pelle. Queste tecniche hanno radicalmente cambiato la terapia delle ustioni, permettendo di salvare la vita a centinaia di pazienti con ustioni riguardanti anche il 90% del corpo. Riferimento regionale e nazionale, il centro è l’unico in Italia in grado di intervenire anche nelle grandi emergenze internazionali. Cartilagine Nel 1996 è stato eseguito il primo impianto italiano di cartilagine coltivata in vitro. Questa tecnica applicata alla chirurgia del ginocchio ha consentito di curare anche le lesioni più gravi, fino a poco tempo prima giudicate inguaribili. TRAPIANTI Fegato Rene Cuore Polmone Pancreas Rene-Pancreas Cornee Midollo Cute Totale Le isole pancreatiche nell’avambraccio Nel 2009 c’era stato il primo caso al mondo e già allora sembrava fantascienza: diverse équipe di Niguarda in collaborazione con l’Università di Miami avevano trapiantato le isole pancreatiche nell’avambraccio di una paziente per poter curare il diabete di tipo 1. Nel 2011 poi il caso è stato presentato a Miami al congresso della Cell Transplant Society. “Incassata” l’ammirazione degli esperti mondiali nei giorni scorsi si è replicato, protagonista ancora una volta una donna. L’intervento è perfettamente riuscito e oltre all’area Trapianti (il Dipartimento dedicato e la Chirurgia Generale e dei Trapianti) ha coinvolto anche la Diabetologia, la Terapia Tissutale e l’Anestesia e Rianimazione 3. Nord Italia Trasplant Program In Italia l’attività è articolata sui quattro livelli della Rete Nazionale Trapianti (RNT), rappresentati, rispettivamente, dal Centro Nazionale Trapianti (CNT), dai Centri Interregionali di Riferimento (CIR), dai Centri Regionali per i Trapianti (CRT) e dai Coordinamenti Locali. Inoltre su scala nazionale sono 3 le reti che organizzano a livello sopraregionale le attività di trapianto: 1. il Nord Italia Transplant program (NITp): serve un’area di poco più di 18 milioni di abitanti in 5 regioni: Lombardia, Veneto, FriuliVenezia Giulia, Liguria, Marche e nella provincia autonoma di Trento. 2. l’Associazione InterRegionale Trapianti (AIRT): è un programma collaborativo tra Piemonte, Valle d’Aosta, Emilia Romagna, Toscana, Puglia e provincia autonoma di Bolzano. Copre un’area di 16,5 milioni di abitanti. 3. l’Organizzazione Centro Sud Trapianti (OCST): è al servizio delle regioni centro-meridionali, della Sardegna e della Sicilia. Per un totale di quasi 23 milioni di abitanti. NITp Nato nel 1972, il Nord Italia Transplant program (NITp) è storicamente la prima organizzazione italiana nel campo dei trapianti. 5 regioni e una provincia autonoma fanno capo al programma che comprende: 129 Unità che procurano donatori; 43 Unità di Trapianto (15 di rene, 5 di rene-pancreas, 9 di fegato, 6 di cuore, 2 di cuore-polmoni, 5 di polmoni e 1 di intestino) in 16 ospedali; 5 Coordinamenti Regionali e uno della provincia autonoma di Trento (CRR); 1 Centro Interregionale di Riferimento (CIR), che si trova a Milano, presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico. L’intervista Abbiamo incontrato Giuseppe Piccolo Direttore del Centro Interregionale di Riferimento (CIR). Dottor Piccolo ci aiuti a capire qual è l’effettivo percorso che unisce il donatore al ricevente: si è appena reso disponibile il cuore, il fegato o il rene tanto atteso, come si attiva la rete che porta al trapianto? La “rete” si attiva quando la rianimazione di un ospedale segnala al CIR un potenziale donatore di organi, cioè un soggetto deceduto con lesioni cerebrali e sottoposto ad accertamento di morte con criteri neurologici. La donazione per realizzarsi richiede due condizioni: il consenso al prelievo dei familiari e la valutazione medica di idoneità. La segnalazione viene fatta al CIR telefonicamente ma la maggior parte dei dati del donatore viene propagata ai nodi della rete per via informatica, tramite un programma denominato “Donor Manager”. I centri trapianto vengono allertati direttamente dal CIR, previa stesura del piano di assegnazione degli organi. Contestualmente alla segnalazione di un donatore in Lombardia il CIR allerta il sistema dei trasporti delle équipe chirurgiche di prelievo. Come viene valutato il donatore per garantire la sicurezza del ricevente ? La valutazione del donatore viene eseguita applicando le linee-guida nazionali. L’anamnesi approfondita, l’esame obiettivo fisico e strumentale, gli esami del sangue costituiscono la fase “pre-operatoria”. Le procedure di controllo proseguono quindi in sala operatoria con una scrupolosa valutazione degli organi. Spesso sono necessarie valutazioni approfondite di laboratorio, per escludere specifici agenti infettivi o tumorali, o di anatomia patologica, che richiedono il coinvolgimento 24 ore su 24 di specialisti di più ospedali. Molto spesso quando si parla di trapianti si parla di una lotta contro il tempo, quando l’attesa si prolunga è possibile ottenere un trapianto all’estero? 2010 70 68 26 3 1 0 45 109 173 495 2011 78 59 23 1 0 2 47 88 112 410 Il legamento artificiale ha, inoltre, permesso di non sacrificare più parti sane per ricostruire, rendendo l’intervento meno traumatizzante e il recupero più rapido. Ricerca: Tra i vari studi condotti in laboratorio, vi è quello in collaborazione con il Diabetes Reserch Institute di Miami, la Stazione Sperimentale per la Seta di Milano, la Facoltà di Farmacia di Pavia, la Neurochirurgia dell’Istituto Clinico Humanitas e la Facoltà di Veterinaria di Milano, per la produzione di tessuto ingegnerizzato dalla seta. Dati: Dal 2001 sono stati effettuati oltre 430 trapianti di cute; ogni anno vengono prodotti oltre 100.000 cm2 di cute ingegnerizzata. Le ultime dall’area trapianti Così in Italia sette I Centri di Niguarda Cellule Centro Trapianti Midollo L’attività del Centro Trapianti Midollo è iniziata nel 1986 e ha ormai raggiunto gli 80/90 trapianti annui. La struttura è costituita da 6 camere di degenza dedicate ai trapianti; in particolare si tratta di camere ad aria filtrata a pressione positiva con elevati ricambi d’aria e gestite in regime di sterilità. Vengono eseguiti trapianti sia autologhi che allogenici, sia da donatore consanguineo che non consanguineo. Oltre alla degenza, la Struttura dispone anche di un settore out-patient (Ambulatorio e Day Hospital) dedicato alla valutazione pre-trapianto dei pazienti e dei donatori, e ai trattamenti dopo il trapianto. La struttura opera anche come Centro Prelievi Midollo in caso di donatori non consanguinei richiesti da Centri Italiani ed Esteri. Per i casi urgenti il trapianto si rende disponibile in Italia prima che all’estero, grazie ai programmi nazionali ed ad un livello di reperimento piuttosto efficiente (l’Italia è terza in Europa per numero di donazioni). L’accesso all’estero è offerto ai cittadini italiani dal SSN dopo un preciso periodo di attesa in lista in Italia, tramite l’ASL di competenza. Si tratta comunque di un’eventualità rara: poche decine di casi l’anno (non più di una decina in Lombardia su circa 600 trapianti annui). Accreditamenti: • Il Centro è accreditato secondo gli standard internazionali dei trapianti JACIE (Joint Accreditation Commitee ISCTEBMT). • Il Centro è membro del GITMO (Gruppo Italiano Trapianti Midollo Osseo) ed è accreditato EBMT (European Bone Marrow Transplantation Group) per tutti i tipi di trapianto. Quali sono i dati per la donazione nell’area NITp per il 2011? Il 2011 ha fatto registrare nel NITp una diminuzione del numero di donatori segnalati che è passato, rispetto all’anno precedente, da 772 a 717, mentre è aumentato il numero di donatori utilizzati che sono passati da 441 a 462. L’attività di prelievo ha visto, rispetto al 2010, un miglioramento in quasi tutte le Regioni NITp. Il dato negativo, come sempre, riguarda le liste d’attesa, che sono ancora lunghe, con tempi d’attesa che si avvicinano ai 2 anni per il trapianto di rene. Laboratorio di terapia cellulare: Si tratta di un laboratorio, con annessa Banca di Cellule Staminali Emopoietiche (CSE), dedicato alla manipolazione dei progenitori emopoietici in ambienti a contaminazione controllata, conservazione e distribuzione delle cellule staminali emopoietiche per trapianto di midollo osseo, anche per Centri esterni in regime di convenzione; possiede la Certificazione ISO9001, l’Accreditamento JACIE e la Certificazione del Centro Nazionale Trapianti. otto Nuovo niguarda Chi visita Niguarda Dal Brasile Blocco Nord: terra in vista P I lavori per il Blocco Nord, cuore della Fase 2, proseguono a pieno ritmo e sebbene leggermente rallentati dal maltempo (neve e ghiaccio) rispettano in pieno le scadenze previste. Il cantiere è un brulicare di tecnici all’opera e si caratterizza per il flusso continuo di camion-betoniera che portano il calcestruzzo necessario per i pilastri. Dall’alto dei padiglioni vicini si delineano già nettamente le strutture portanti dei diversi fabbricati che compongono il Blocco. Allo stato attuale è stato realizzato il 25% dei lavori; il piano -2 è interamente completato e il piano -1 si avvia anch’esso al completamento. Nell’area dell’ex padiglione Pizzamiglio sono già a buon punto i lavori impiantistici con la realizzazione dei bagni prefabbricati. Infine in questi giorni è stato collocato il quarto (e ultimo) generatore che va a completare la centrale di cogenerazione del Polo Tecnologico. Da questa centrale di ultima generazione il nostro Ospedale è in grado di produrre tutta l’energia necessaria al suo funzionamento. Facce da Niguarda Nuovi Direttori uovi arrivi nel nostro Ospedale. Roberto Fumagalli, Professore associato all’Università degli Studi Milano Bicocca, è il nuovo Direttore Anestesia e Rianimazione 1. Dal 16 gennaio sono con noi Cristina Giannattasio, Professore ordinario all’Università degli Studi Milano Bicocca e arrivata al Niguarda in qualità di nuovo Direttore della Cardiologia 4 - Diagnostica e Riabilitativa, e Alberto Giulio Dragonetti, nuovo Direttore dell’Otorinolaringoiatria. Dal 1° febbraio Elio Clemente Agostoni è il nuovo Direttore della Neurologia e Stroke Unit. Dal 1° marzo Massimiliano Mutignani è il nuovo Direttore dell’Endoscopia Digestiva e Interventistica. A tutti il benvenuto a Niguarda e auguri di buon lavoro. N Roberto Fumagalli Nuovo anno, nuovi incarichi Ester Maria Pungolino è la Responsabile Ematologica Ambulatoriale e Day Hospital. Silvana Penco è il nuovo Responsabile della Genetica Medica. Antonio Maria Agrati è il nuovo Responsabile della Medicina 2C. Buon lavoro ai neo-incaricati; un saluto e un ringraziamento ad Alfredo Rossi che è andato in pensione e che per tanti anni ha diretto l’Endoscopia Digestiva e Interventistica. Cristina Giannattasio Silvana Penco Alberto Dragonetti Sì, avete capito bene...una principessa in carne e ossa! Recentemente Nada Al Sanfari, la principessa del Sultanato dell’Oman, in questo periodo in Europa, ha visitato il nostro Ospedale mostrando particolare interesse per il Blocco Sud. La principessa Nada ha effettuato anche una visita di controllo con Elena Piozzi, Direttore dell’Oculistica Peditrica. Elio Agostoni Massimiliano Mutignani Per un ospedale senza barriere D ai primi giorni del nuovo anno è in funzione un ulteriore accesso per il Blocco Sud. L’ingresso, realizzato soprattutto in funzione delle persone disabili, si trova sul lato del Blocco in corrispondenza del Parcheggio Sud (dove sono stati realizzati 25 posti auto in più per disabili) ed è facilmente visibile grazie ad una adeguata segnaletica orizzontale. Il nuovo ingresso è dotato di doppie porte di accesso e di un sistema ad aria calda che impedisce l’entrata dell’aria fredda dall’esterno. Il giornale di Niguarda Una principessa alla Ca’ Granda! Giordania News Periodico d’informazione dell’Azienda Ospedaliera - Ospedale Niguarda Ca’ Granda Direttore Responsabile: Pasquale Cannatelli Coordinatore Editoriale: Monica Cremonesi In redazione: Giovanni Mauri, Andrea Vicentini, Maria Grazia Parrillo Marketing: Matteo Stocco Direzione e redazione: Piazza Ospedale Maggiore 3 20162 - Milano - tel. 02 6444.2562 [email protected] Foto: Archivio Niguarda copyright Progetto grafico: REASON WHY www.reason-why.it roveniva dalla patria della samba, del carnevale e del calcio la numerosa delegazione di medici e tecnici che di recente ha visitato il nostro Ospedale. La delegazione “capitanata” da Claudio Lottenberg (Presidente dell’Hospital Israelita Albert Einstein di San Paolo) ha mostrato particolare interesse per la chirurgia mini-invasiva e per le moderne tecnologie presenti al Blocco Sud. Accolti da Raffaele Pugliese, Direttore del Dipartimento Chirurgico Polispecialistico, hanno, inoltre, visitato l’AIMS Academy, la scuola di Niguarda dove si insegna la chirurgia del futuro. Stampa: Roto 2000 S.p.A. via L. Da Vinci 18/20 20080 Cesarile (MI) Tel. 02-900133.1 Tiratura: 30.000 copie Reg. Tribunale Milano: n. 326 del 17 maggio 2006 Pubblicità: Eurocompany s.r.l. via Canova 19 20145 Milano tel. 02.315532 - Fax 02.33609213 www.eurocompany.mi.it [email protected] Pubblicato online sul sito: www.ospedaleniguarda.it In questi giorni un folto gruppo di medici e infermieri giordani è nel nostro Ospedale: per un intero mese conosceranno il Niguarda, la nostra organizzazione e avranno un fitto scambio di esperienze con i nostri professionisti. È il quarto gruppo di medici e infermieri giordani, provenienti dall’ospedale Al Bashir di Amman, che raggiunge la Ca’ Granda per intraprendere uno specifico programma di formazione on the job sulla chirurgia epatobiliare. Slovenia Era composta da 17 operatori sanitari la delegazione slovena dell’ospedale di Brezice, guidata da Drazen Levojevic, che nei giorni scorsi ha visitato il nostro Ospedale. La visita al Niguarda è stata preceduta dall’incontro della delegazione con l’Assessore regionale alla Sanità Luciano Bresciani. nove Approfondimenti sui nuovi modelli organizzativi L’intensità di cure Medici e infermieri a convegno I l 18 gennaio si è tenuto, nella nuova sede regionale, Palazzo Lombardia, il convegno “Intensità assistenziale e complessità assistenziale: un progetto di ricerca della Regione Lombardia”. Si è trattato dell’ultima fase di un progetto in cui si sono presentati e discussi i risultati di uno studio multicentrico, condotto con altre sette Aziende Ospedaliere lombarde di cui l’Azienda Niguarda è stata capofila, con la guida di Giovanna Bollini, Direttore Direzione Infermieristica, e Fabrizio Colombo, Direttore del Dipartimento Medico Polispecialistico, in qualità di responsabili scientifici. Abbiamo fatto qualche domanda a Giovanna Bollini per capire quali sono i dati più importanti emersi dal convegno che ha radunato oltre 360 partecipanti provenienti da diverse regioni italiane. Nell’ambito del nuovo modello per intensità di cure come si colloca lo studio svolto? Gli obiettivi dello studio hanno riguardato la definizione del livello di autonomia e dipendenza dall’assistenza infermieristica unitamente alla criticità e gravità clinica in un importante campione di pazienti ricoverati in area medica. Una modalità intrapresa per approfondire e disporre di appropriati indicatori e validi strumenti di valutazione delle condizioni clinico-assistenziali dei pazienti in Aziende Ospedaliere che, come Niguarda, stanno evolvendo verso un’organizzazione per livelli a diversa intensità assistenziale e complessità di cura. Quali sono le motivazioni che hanno portato allo sviluppo del progetto? All’azienda ospedaliera moderna, attraverso questa innovazione, si chiede di mettere al centro la persona e le sue necessità, di aprirsi al territorio e di integrarsi con la comunità sociale. Si tratta di un’esigenza di cambiamento che nasce dalla complessità delle domande di cura e di assistenza che richiedono metodi di valutazione multiprofessionale incentivando l’orientamento ad agire in modo unitario. Con quali modalità si è portato avanti lo studio? Il paziente, al momento del ricovero e a distanza di tre giorni, è stato valutato contemporaneamente, sia dal medico sia dall’infermiere per definire, con modalità codificate, il suo stato di complessità clinica e di intensità assistenziale, all’ingresso in ospedale e dopo l’inizio delle cure. Due approcci che, condotti in modo integrato, possono assicurare la continuità assistenziale in ambito ospedaliero e nel passaggio tra ospedale e servizi territoriali individuando qual è il livello di intensità di cure e di assistenza adeguato ai bisogni espressi dai pazienti. A quali pazienti in particolare il vostro studio si rivolge? E’ un esempio concreto della visione multidisciplinare che riesce a dare concretezza all’indirizzo “dalla cura al prendersi cura” dei crescenti bisogni sociosanitari, in particolare, delle persone anziane, delle persone con disabilità o non autosufficienti considerando le esigenze delle loro famiglie. Quali sono le possibili ripercussioni organizzative e le ricadute pratiche ? Si tratta di un’innovazione che ha alla base l’utilizzo di indicatori e parametri riguardanti la condizioni del paziente Giovanna Bollini, Direttore Direzione Infermieristica, e Fabrizio Colombo, Direttore del Dipartimento Medico Polispecialistico che dovranno vincolarne l’ingresso nei diversi settori dell’assistenza, come quelli dedicati all’alta assistenza, alla media assistenza, alle attività sub-acute recentemente avviate con nuovi sistemi di inserimento. Quali altri spunti sono emersi dal convegno? Lo studio condotto ha consentito di predisporre dati e proposte riguardanti questo ulteriore aspetto, cogliendo così in modo puntuale le attese della Regione Lombardia. Infatti lo strumento di valutazione infermieristica, adottato per l’inserimento dei pazienti nelle strutture sub-acute, è per l’appunto la scheda infermieristica utilizzata nello studio presentato nel Convegno. Il Convegno regionale è stato inoltre l’occasione per mettere a confronto le strategie e lo stato di avanzamento delle Aziende Ospedaliere di Como, Legnano e Niguarda che stanno realizzando, in base alla sperimentazione regionale, l’organizzazione per intensità di cure. Il buon livello di partecipazione ha confermato l’attualità della tematica affrontata e l’interesse suscitato dal progetto di ricerca multicentrico realizzato dalla Direzione Infermieristica e dal Dipartimento Medico Polispecialistico, grazie all’importante contributo di tutto personale medico ed infermieristico della Struttura Complessa di Medicina 1, delle Coordinatrici P. Zampieri e O. Brino. Dalla parte del paziente Prenotazioni esami e visite in farmacia Ticket: adesso si pagano anche negli uffici postali È scattato il via libera al servizio di prenotazione visite specialistiche ed esami ospedalieri in farmacia. Tra le strutture ospedaliere che hanno aderito al servizio c’è anche il Niguarda. La prenotazione avviene presentando la carta regionale dei servizi e la prescrizione del medico al farmacista. Da venerdì 30 dicembre 2011 è possibile pagare il ticket delle prestazioni ambulatoriali presso gli sportelli delle Poste Italiane. In Posta si deve semplicemente consegnare la tessera sanitaria ed indicare la data dell’appuntamento che si vuole pagare, qualora ve ne sia attivo più di uno. Validità della ricetta: quanto e dove Di recente la normativa regionale ha esteso la validità della ricetta per prescrizioni diagnostiche (analisi mediche, radiografie…) da 6 mesi ad 1 anno; rimane invariata la validità di 30 giorni per le prescrizioni dei medicinali. Da ricordare che la ricetta ha validità sull’intero ambito regionale. Ciò significa che sono valide in farmacia per ottenere un farmaco rimborsato dal Servizio sanitario nazionale solo le ricette rilasciate da medici operanti nella regione in cui ha sede la farmacia, indipendentemente dalla residenza del paziente. Se usate in un’altra regione, le ricette servono ad acquistare il farmaco, ma il paziente lo deve pagare di tasca propria. Ortopedia SUBEMA Nei nostri Laboratori ricerchiamo e realizziamo soluzioni su misura • • • • • calzature su misura per adulti e bambini esami computerizzati per plantari di tutti i generi calzature e plantari per diabetici e reumatoidi busti, corsetti, fasce addominali e sternali protesi per arto superiore ed inferiore in carbonio e titanio o Ortopedia Subema Via G. Pergolesi, 8 - 20124 Milano Tel. 02 667 152 07 - Fax 02 667 151 16 [email protected] • • • • tutori elastocompressivi per linfedema guaine compressive per ustioni protesi mammarie post-intervento tutti i tipi di calze elastiche Nuov Centro Ospedale Niguarda IRCCS Multimedica Sesto S.G. Ortopedia Subema - RHO P.zza dell’Ospedale Maggiore, 3 20162 Milano Tel. 02 661 119 09 Via Milanese, 300 20099 Sesto San Giovanni (Milano) Tel. 02 242 090 84 Via Stoppani, 9 20017 Rho (Milano) Tel. 02 931 821 80 www.subema.com Forniamo anche: letti ortopedici elettrici e manuali, materassi e cuscini antidecubito, comode, carrozzine, stampelle e girelli dieci La Città dell’Arte Le 12 grandi vetrate nel tamburo della cupola della chiesa dell’Annunciata Un’altra tappa in questa grande Città dell’arte che è Niguarda. Ritorniamo nella chiesa dell’Annunciata. In questo numero prenderemo in esame la vetrata che raffigura il Beato Giuseppe Cottolengo, realizzata da Raffaele De Grada. La presentazione, come sempre, è affidata al Primario Emerito Enrico Magliano. BEATO GIUSEPPE COTTOLENGO Verosimilmente Raffaele De Grada, che aveva da poco preso parte ad una Mostra al Museo della Permanente di Milano, acclamato come uno dei grandi paesaggisti lombardi, accettò con difficoltà la proposta di partecipare alle decorazioni della “Fabbrica del Niguarda”, “solamente” con una vetrata nel tamburo della Chiesa dell’Annunciata ma non volle mancare a questa eccezionale “collettiva” di artisti famosi. Gli fu affidato il ritratto del Beato Giuseppe Cottolengo (nominato Santo in quegli anni) che rappresentava “un’icona” dell’assistenza Sanitaria ante litteram. Infatti l’idea di costruire la “Piccola Casa della Divina Provvidenza (il futuro “Cottolengo”) venne al fondatore dopo aver assistito una giovane donna gravida morente che era stata rifiutata dagli ospedali ostetrici dell’epoca perché affetta da una gravissima forma di tubercolosi. De Grada captò il pathos del prelato e lo ritrasse in preghiera con un sorriso di speranza, sullo sfondo di un paesaggio con accesi colori, culminante in un grande edificio ecclesiastico, verosimilmente rappresentante la trasfigurazione della “Parvae Domus Divinae Providentiae” come sta scritto alla base della vetrata. Enrico Magliano “Beato Giuseppe Cottolengo” di Raffaele De Grada Raffaele De Grada - Una famiglia di pittori, critici d’arte e partigiani Nacque a Milano nel marzo del 1885; il padre Antonio rinomato decoratore milanese lo tenne “a bottega” per i primi anni. Dopo aver vissuto in Svizzera si trasferisce in Toscana riscuotendo l’attenzione della critica dell’ambiente fiorentino. Agli inizi degli anni trenta si reca definitivamente a Milano dove entra in contatto con gli artisti di Novecento e Corrente ed inizia ad esporre alla Permanente e in numerose Biennali di Venezia. La famiglia De Grada é conosciuta a Milano anche per il figlio del Maestro (Raffaelino De Grada per distinguerlo dall’omonimo padre) che è stato un famoso partigiano combattente, esponente del Partito Comunista e che, per decenni, è stato il più autorevole critico d’arte del Corriere della Sera. Immunologia Allergia alla polvere? La colpa è degli acari Piccoli organismi diffusi in tutto il mondo. Esiste un vaccino per “conviverci” P aese che vai allergia che trovi. Non sembra essere così per quella all’acaro della polvere, diffusa molto “democraticamente” in ogni angolo del globo. Da Oslo a Città del Capo, da New York a Timbuctu, dietro a quel “Etciù… salute!” ci potrebbe essere proprio lui. Se della latitudine l’acaro se ne fa un baffo, l’altitudine, al contrario, gli è poco amica: sembra infatti che sopra i 1500 m di altezza questo piccolo “esserino” non riesca a riprodursi. Ma se le vette non sono la vostra meta preferita e la valigie per la montagna le fate raramente, ecco che cosa si può fare per migliorare la convivenza con questo piccolo artropode, per molti un ospite assai poco gradito. Come si manifesta - Le vie respiratorie sono il bersaglio preferito dell’allergia agli acari, che si può presentare con asma e rinite, meno frequentemente, con congiuntivite o eczema. I sintomi si presentano soprattutto nel periodo invernale, quando, per effetto dell’alta temperatura e dell’alto tasso di umidità, si creano le condizioni ideali per la crescita degli acari. Per scoprirla… - Il primo passo per la giusta terapia è saperla riconoscere. “Per questo- spiega Elide Pastorello, Direttore dell’Allergologia e Immunologia- non bisogna trascurare sintomi come rinite o asma che perdurano per una buona parte dell’anno e portali all’attenzione del medico allergologo che avrà la possibilità di effettuare alcuni test per la diagnosi. Tra questi le prove cutanee (“prick test”) che in molti casi permettono di scoprire la causa delle manifestazioni allergiche. In caso di impossibilità ad eseguire i ‘prick test’si può procedere con un prelievo di sangue che determina la presenza degli anticorpi specifici per l’allergene sospetto”. Un vaccino - Il primo approccio è quello di una terapia sintomatica, diretta cioè a ridurre i sintomi dell’allergia utilizzando farmaci antistaminici, cortisonici o broncodilatatori. Quindi si può prendere in considerazione la terapia iposensibilizzante, il cosiddetto “vaccino”. “Fino a qualche anno fa- prosegue l’allergologa- questo tipo di terapia era somministrata per via sottocutanea e veniva fatta esclusivamente in ospedale. Negli ultimi tempi si è diffusa sempre più la modalità sottolinguale, per cui il vaccino può essere preso dal paziente comodamente a casa sua. Si tratta di gocce da prendere a digiuno, al mattino, e che vanno somministrate per almeno 3 anni consecutivi”. La storia di Mario Melazzini News “Io sono qui”, al via la 2a edizione Anche i tappi fanno grandi cose D iciclare i tappi di bottiglie, detersivi, bagnoschiuma per raccogliere fondi a favore dell’AMS, Associazione Malattie del Sangue. Tutto è iniziato 3 anni fa e da allora Eliana Guasconi, la trentaduenne guarita da una particolare forma di linfoma, grazie alle cure dell’Ematologia del nostro Ospedale, raccoglie tappi con instancabile tenacia e senza farsene scappare neanche uno. Grazie al tam tam di parenti e conoscenti ha fondato il gruppo “Gli Amici dei Tappi”; la raccolta va a gonfie vele e nel 2011 ha fatto registrare il record di 20 mila chili di tappi consegnati alla ditta che ricicla plastica e accredita ASM. L’associazione, guidata da Enrica Morra, Direttore dell’Ematologia, ha deciso di ringraziarla donandole un furgone per il trasporto di quei tappi che fanno grandi cose e che con il mezzo giusto saranno ancora di più. www.ams-onlus.org opo il successo della prima edizione, con oltre 3.000 copie vendute libro+dvd, tutto è pronto per la ristampa. “Io sono qui- Sette giorni di appunti dalla vita di Mario Melazzini, un medico, un malato, un uomo” è un docu-film diretto dal regista Emmanuel Exitu e dedicato al Centro Clinico Nemo (NEuro Muscular Omnicentre) di Niguarda e all’attività dei suoi operatori e del suo fondatore il dottor Mario Melazzini. Nel documentario (da cui è stato tratto anche un libro) Melazzini, nella sua duplice veste di medico e di malato di Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), testimonia come sia possibile, attraverso la cura, non perdere mai la speranza e racconta l’attività quotidiana di un centro che ha l’obiettivo di realizzare un servizio all’uomo che si ammala, facendosi carico globalmente della sua condizione fisica e spirituale. In libreria: edizioni San Paolo, libro + dvd R I “cugini” di zecche e ragni Imparentati con ragni e zecche, gli acari sono piccoli organismi visibili solo al microscopio che vivono nelle nostre case, dove trovano l’ambiente ideale (proliferano meglio a temperature superiori a 25 gradi e a umidità maggiore del 60 per cento) in particolare si annidano in tappeti, imbottiture d’arredamento e materassi. Si attaccano, inoltre, ai vestiti e si nutrono di tutto ciò di organico che trovano nelle case come forfora, peli e squame della pelle. I disturbi sono causati da una reazione allergica dopo l’inalazione delle particelle fecali dell’acaro (grandi non più di pochi milionesimi di millimetro). Da mettere in pratica La prevenzione gioca un ruolo altrettanto importante nella “battaglia” contro gli acari della polvere. Ecco le principali indicazioni di bonifica ambientale consigliate: - Nell’ambiente domestico tenere una temperatura inferiore ai 22 gradi e umidità inferiore al 50 per cento, quindi aerare frequentemente gli ambienti chiusi o usare impianti di condizionamento d’aria, in modo da ridurre l’umidità. - Avvolgere materassi e cuscini in una custodia di plastica con cerniera o in un’apposita fodera antiallergica (coprimaterasso e copricuscino “antiacari”). Lavare la biancheria del letto a temperature superiori ai 60 gradi. Esporre frequentemente all’aria e al sole materassi, cuscini, federe e lenzuola. Sostituire i materassi e i cuscini di lana o di piume con altri, per esempio in derivati sintetici della gomma. Ancora più affidabili sono i materassi ortopedici in poliuretano denso che rappresentano un habitat sfavorevole alla riproduzione e allo sviluppo degli acari. - Sostituire le coperte di lana (soprattutto di lana Merinos che contengono alte concentrazioni di acari) con coperte sintetiche, più facilmente lavabili ad alte temperature. - Rimuovere accuratamente la polvere dai pavimenti e dai mobili con aspirapolvere dotato di un particolare filtro, chiamato HEPA (High Efficiency Particulate Air filter), o con un panno umido, in modo da non sollevare la polvere. Eliminare moquette e tappeti. Rimuovere tendaggi pesanti e sostituirli con tende lavabili o di materiale sintetico. undici Sanità Lombarda Prevenzione La vaccinazione è in 8 lingue Screening del carcinoma colon rettale CLICCA www.sanita.regione.lombardia.it Cos’è il vaccino, per quali patologie è indicato e come si somministra. Ancora: quando va fatto e come fronteggiare le eventuali controindicazioni. Un gruppo di lavoro regionale - costituito da risk manager e rappresentanti del Dipartimento di Prevenzione Medico delle ASL - ha individuato una serie di testipresentazione del percorso vaccinale in età pediatrica. Il materiale è stato tradotto in 8 lingue straniere- inglese, francese, spagnolo, romeno, arabo, urdu, cinese e singaleseed è on line sulla home page di Sanità Regione Lombardia. I l programma offre ogni due anni un test per la rilevazione del sangue occulto nelle feci a donne e uomini di età compresa fra i 50 ed i 69 anni. Una lettera personale, inviata dall’ASL di riferimento, invita a ritirare il kit in farmacia. Il test viene fatto a domicilio e in caso di positività si procederà con una colonscopia. Niguarda e tra i centri accreditati per questa valutazione di secondo livello. Se viene individuata la lesione che ha prodotto il sanguinamento (ad es. polipi) spesso è possibile asportarla già nel corso della colonscopia. Tutti gli esami sono gratuiti e non richiedono una prescrizione medica. PER INFORMAZIONI Per maggiori informazioni è possibile telefonare al numero 800.255.155 dal lunedì al venerdì dalle ore 8.30 alle ore 17.00. La battaglia dimenticata Hiv: contagiati nel silenzio Migliorano le cure, ma la guardia è bassa tra gli italiani “AIDS: se la conosci, la eviti”. Fine anni ottanta, inizio novanta, in molti si ricordano bene le parole protagoniste di campagne d’informazione contro quella malattia che mieteva vittime a ripetizione. Da allora passi in avanti ne sono stati fatti, progressi che ci hanno portato ad avere una terapia con cui controllare l’infezione rendendo la malattia sempre più cronica. I successi sul fronte sanitario sembrano, però, avere portato con sé un inevitabile abbassamento della guardia: di AIDS si muore meno e della malattia se ne parla a stento. Nonostante questo, il numero dei sieropositivi in Italia (ma anche nel mondo) rimane alto. Così nel nostro Paese Secondo le cifre dell’Istituto Superiore di Sanità, il numero delle persone viventi con infezione da Hiv (compresi i casi con Aids e le persone che ignorano di essere infette) è aumentato passando dai 135.000 casi nel 2000 ai 157.000 del 2010. I cambiamenti principali dell’ultimo decennio, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, sono l’aumento delle infezioni acquisite attraverso contatti sessuali, il calo netto delle infezioni trasmesse attraverso il consumo di sostanze per via iniettiva, l’aumento dei casi fra i residenti di origine straniera e l’aumento dei casi in persone con oltre 50 anni di età. Un contagio ogni 180 minuti - In Italia ci sono 3mila nuove infezioni da Hiv in un anno: un nuovo infetto ogni 3 ore. C’è, inoltre, una forte variabilità regionale e il centro nord appare più colpito di sud e isole. Cambia anche il profilo delle persone che scoprono di essere Hiv positive: nel 2010 l’uomo ha in media 39 anni, la donna 35. Nuovi casi: uno su 3 di origine straniera - Analizzando l’incidenza dei nuovi casi di Hiv positività (di 4,0 nuovi casi tra italiani residenti e di 20,0 nuovi casi tra stranieri residenti), emerge che quasi una diagnosi su 3 riguarda persone di nazionalità straniera. Proprio gli stranieri e le persone con età elevata hanno maggiori probabilità di arrivare in ritardo alla diagnosi. Sieropositivi e non saperlo - In Italia, come in altri paesi europei, un sieropositivo su quattro non sa di esserlo. Il fenomeno dei cosiddetti “late presenter” (persone che giungono tardivamente alla diagnosi) è in crescita ed è particolarmente preoccupante. 40.000 vittime italiane - Dall’inizio dell’epidemia nel 1982, in Italia sono stati segnalati circa 64.000 casi di Aids con quasi 40.000 decessi. I nuovi casi di Aids e il numero di decessi per anno continuano a diminuire, principalmente per effetto delle terapie antiretrovirali combinate (introdotte nel nostro paese nel 1996). Customer satisfaction 2011. Una strategia apprezzata SEGUE DALLA PRIMA I pazienti sono soddisfatti dei servizi all’interno dell’ospedale: l’indice di soddisfazione, infatti, si attesta sul 5,81. Proprio per questo raccomandano, sulla base della buona permanenza, e segnalano la Ca’ Granda a famigliari, amici e conoscenti mediante il famoso passaparola, con un indice di raccomandabilità pari a 6,12. Lo stesso score è totalizzato anche per la risposta alla domanda “ritornerebbe in quest’ ospedale?”. Sia per brevi o lunghi ricoveri, la degenza conferma ancora il trend positivo dell’anno precedente. I punteggi sono alti, come sottolineato dagli aspetti di cura/assistenza e dall’area relazionale/informazione, che registrano voti abbondantemente sopra il 6 (rispettivamente 6,40 e 6,38). Si attesta a 5,97 invece il giudizio su tutti gli aspetti della struttura e dell’organizzazione. Le visite ambulatoriali sono apprezzate, come confermano le medie al di sopra del valore 5. I pazienti sono contenti delle informazioni ricevute (5,80), chiare e complete, ma ancora di più delle attenzioni da parte di professionisti, medici ed infermieri (5,83). Questi dati sono incoraggianti anche perché registrano un sensibile aumento del gradimento rispetto ai dati del 2010 e motivano tutti gli operatori a perseguire il miglioramento dell’offerta di salute. La casistica del nostro Ospedale. Sì ai trapianti di fegato per i sieropositivi A Niguarda nel 2010 sono stati seguiti 1.100 pazienti con infezione da Hiv; per 962 di questi “è scattata” la terapia antiretovirale. “La maggior parte dei pazienti in trattamento sono maschi, 690spiega Maria Cristina Moioli delle Malattie Infettive-. Nella rimanente quota femminile (272 casi) sono 44 le donne di origine straniera. Una categoria quest’ultima sempre più coinvolta nei contagi: per 3 di loro, nel 2011, la malattia è stata diagnosticata al momento del parto. Un dato che fa riflettere sul bisogno di sensibilizzare queste pazienti aprendole alla cultura dei controlli in gravidanza, necessari per la loro salute e per quella del nascituro”. In Italia nel 2010 sono stati notificati 718 casi di AIDS (ovvero quando l’immunodeficienza irrompe clinicamente), di questi 25 sono stati diagnosticati a Niguarda. “Un numero non trascurabile- ci dice Massimo Puoti, Direttore delle Malattie Infettive- che ribadisce il triste primato di Milano come provincia con più casi e della Lombardia come regione più colpita dall’Hiv”. Dallo scorso novembre Niguarda ha aderito al programma nazionale per i trapianti di fegato nei pazienti Hiv-positivi. “Poter dare loro un fegato- continua Puoti-, nonostante la sieropositività, è un fatto importante e testimonia come la malattia sia sempre curata meglio ”. dodici Sclerosi multipla Per un mondo libero da SM In Italia 60.000 persone colpite. La speranza dei nuovi farmaci U n attacco inesorabile e continuo che a poco a poco danneggia la guaina isolante dei “cavi” sui cui viaggia l’impulso nervoso. Una lenta erosione che crea malfunzionamenti sempre più gravi del sistema nervoso centrale. Si chiama sclerosi multipla, sui meccanismi che la determinano ci sono tante ipotesi e teorie, ma nessuno conosce ancora la causa effettiva. Quello che si sa per certo è che colpisce in giovane età, la finestra tipica d’esordio è tra i 20 e i 40 anni, e ad essere interessate sono molto più le donne, il rapporto femmine/ Alessandra Protti maschi è, infatti, di 3 a 1; la malattia può essere di lunga durata, anche oltre 40 anni, ed è la seconda causa di disabilità tra i giovani adulti, subito dopo gli incidenti stradali. La SM, in passato incurabile, oggi può essere contrastata da numerosi farmaci che offrono un’aspettativa di vita (sia in termini di anni che di qualità) sempre maggiore. “A Niguarda seguiamo oltre 500 pazienti, di questi 1 su 4 proviene da fuori regione- spiega la neurologa Alessandra Protti-”. L’organizzazione nell’ambito della Neurologia è articolata in attività ambulatoriali, di ricovero e day hospital “possiamo inoltre contare su un approccio interdisciplinare- continua Protti- che offre, ad esempio, la collaborazione dell’ostetricia per la gravidanza, o degli specialisti di endocrinologia, immunologia, reumatologia e neuro-urologia”. I neurologi del centro spesso si trovano a lavorare a stretto contatto anche con lo psicologo e lo psichiatra, un aiuto fondamentale contro la depressione, che purtroppo spesso si accompagna alla diagnosi della sclerosi multipla. La patologia è cronica-degenerativa, ma il suo decorso molto lungo può essere rallentato grazie alle terapie. Tra queste c’è la riabilitazione, necessaria quando la malattia intacca il movimento, ci sono poi i farmaci, quelli “tradizionali”(come l’interferone e il copolimero) e quelli di nuova generazione (come il natalizumab e il fingolimod) su cui si ripongono le speranze della ricerca. “Nell’ambito LA MALATTIA: la sclerosi multipla è una malattia neurologica infiammatoria cronica in cui il sistema immunitario svolge un ruolo patologico determinante. I SINTOMI: la SM è caratterizzata da sintomi variabili da paziente a paziente a seconda della parte di sistema nervoso centrale colpita. I più comuni sono la diminuzione della forza muscolare ad uno o entrambi gli arti, specie quelli inferiori; alterazione della sensibilità come intorpidimento e formicolii; diminuzione della vista a uno o entrambi gli occhi; disturbi dell’equilibrio e/o della coordinazione. LA FORMA PIU’ COMUNE, che riguarda l’85% dei casi è quella recidivante-remittente, in cui segni e sintomi compaiono e scompaiono, soprattutto nei primi anni. I NUMERI: la SM colpisce nel nostro Paese circa 60.000 persone. La regione con più pazienti è la Lombardia, in cui si stima ve ne siano 10 mila. Colpiti 3 milioni di persone nel mondo, 450.000 in Europa. della sclerosi multipla- aggiunge Protti- è in corso una vera e propria rivoluzione terapeutica e il nostro centro partecipa ai trial clinici internazionali più promettenti”. Farmaci, molecole, terapie, ma una mano arriva anche dall’AISM (l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla) che ha una sede nel centro del Niguarda. Un aiuto per pazienti e familiari, una porta a cui bussare e su cui campeggia il motto dell’associazione: un mondo libero dalla SM. Speriamo presto. Niguarda Centro di Riferimento per le Malattie Rare Il cheratocono L’occhio cambia forma. Tra le terapie: lenti, trapianto e cross-linking astidio alla luce, modifica della visione, difficoltà a percepire il contorno degli oggetti: spesso si presenta così il cheratocono, una patologia corneale distrofica/ degenerativa, che di norma esordisce durante il periodo dell’adolescenza. Tutto inizia con un lieve astigmatismo, irregolare e progressivo, o con una miopia; il cheratocono è caratterizzato dalla deformazione e l’assottigliamento della porzione centrale della cornea, (la lente trasparente, che costituisce la parte anteriore dell’occhio) che sotto la spinta della pressione oculare interna si modifica, passando da una forma sferica ad una conica, con la punta situata in prossimità della zona visiva centrale. “Non si sa molto sulla causa che porta l’occhio a questo progressivo cambiamento di formaspiega Alessandra Del Longo dell’Oculistica Pediatrica-. Sicuramente si sa che si tratta di una malattia familiare e recenti studi F INTERVISTA Enea Diciannove anni, oggi è a Niguarda per la visita oculistica. Sorvegliato speciale il cheratocono che ha colpito i suoi occhi, in particolare più il destro del sinistro. Ciao Enea, com’è andato il controllo? Abbastanza bene i medici mi hanno detto che la situazione è migliorata, il cheratocono si è stabilizzato. Che sintomi dà il cheratocono, cos’hanno i tuoi occhi, senti dolore? Per adesso non sento dolore. Vedo male sia da vicino che da lontano. Quali sono stati i primi segnali? Incominciavo a vedere sfuocato. Gradualmente la cosa si è intensificata sempre di più. Quando questi primi sintomi e c’è stato un episodio che ti ha fatto prendere coscienza della patologia? I primi sintomi sono insorti circa 7 anni fa. No, non c’è stato nessun episodio di genetica ipotizzano che alla base possa esserci l’alterazione di un gene non ancora identificato”. Spesso sono gli occhiali da vista ad “essere inforcati” come primo rimedio, ma purtroppo vengono presto messi da parte perché resi inefficaci dal rapido peggioramento della patologia; al malato non resta dunque che passare alle lenti a contatto di tipo rigido, (RGP) o gemellate in grado di ricostruire un profilo corneale regolare. Per la diagnosi precoce del cheratocono è usato il topografo corneale computerizzato, uno speciale apparecchio di recente introduzione, che permette la mappatura della superficie dell’occhio, consentendo inoltre la costruzione della lente su misura modellata in modo da aderire meglio, favorendo comfort, protezione e buona visione. Fra le novità in questo campo ci sono anche le nuove lenti ibride o composite, costituite “spartiacque”, perché non è una cosa che succede da un giorno all’altro. Si peggiora piano piano, non te ne accorgi neanche. Così sono iniziate le visite oculistiche… hai dovuto mettere degli occhiali? No, gli occhiali non mi sarebbero serviti, ho usato fin da subito le lenti a contatto. Che tipo di lenti usi? Quelle rigide. Si sono accorti subito che si trattava di cheratocono? Inizialmente no, ma poi la mia vista andava peggiorando sempre più. Così mi hanno consigliato di andare in un centro specializzato. Mi sono rivolto al Niguarda e qui mi è stato diagnosticato il cheratocono. Alla diagnosi che cosa ti hanno detto i medici? Che purtroppo si tratta di una malattia che va peggiorando e che c’era la necessità di fare dei controlli periodici per monitorarla. Mi hanno prescritto l’uso delle lenti a contatto per rallentare il cambiamento di forma a cui andavano incontro i miei occhi. Ogni quanto cambi le lenti? Durano circa 5-6 anni e poi in seguito cioè, da una parte morbida ed un nucleo rigido centrale, che promettono ottime performance, anche se mostrano molti limiti nella costruzione su misura. Tuttavia, nonostante la tecnologia avanzi, in una percentuale intorno al 20/25% dei malati, nel corso degli anni si può sviluppare un’intolleranza alle lenti a contatto: queste possono non essere più in grado di correggere la visione, oppure la cornea può diventare così sottile da far temere una perforazione spontanea. A questo punto diventa indispensabile sottoporsi ad un trapianto di cornea (o più propriamente detto innesto corneale), dato che la capacità visiva del malato è quasi sempre ridotta a pochi decimi e gravemente distorta. Il trapianto ha successo in un’elevatissima percentuale di casi, ma il recupero visivo può essere molto lungo e articolato, in media sono necessari da 1 a 3 anni prima che sia possibile rimuovere la sutura. alle visite e a come procede l’occhio si decide se cambiarle o mantenerle. Io le ho cambiate già 2-3 volte da quando la malattia è insorta. Quindi con i controlli si tiene sotto osservazione la forma degli occhi e se le lenti si adattano ancora? Sì, esattamente. Sai che c’è una tecnica relativamente nuova per rallentare il cheratocono, il cross-linking? Sì e mi sono sottoposto ad un trattamento con questa tecnica, o meglio a due trattamenti: uno per l’occhio destro e uno per il sinistro. E com’è andata? Mi hanno messo prima un collirio speciale che mi hanno spiegato contenere delle vitamine che fanno bene all’occhio. Poi hanno usato un laser. La seduta è durata circa 40-45 minuti. I risultati sono stati buoni: secondo i medici, infatti, è servito per stabilizzare le condizioni dei miei occhi. Grazie per averci portato la tua testimonianza. Sul fronte delle terapie, la conquista più grande sembra essere un trattamento che ha superato da non molto la fase di sperimentazione: si basa sull’uso combinato di una vitamina del gruppo “B”, la riboflavina, e i raggi UVA. Insieme, questi due elementi, agiscono sinergicamente rinforzando la struttura corneale. “Questo trattamento- spiega Elena Piozzi, Direttore dell’Oculistica Pediatrica- si chiama cross-linking e anche se non permette la guarigione è sicuramente in grado di bloccare l’evoluzione avversa della patologia. Si tratta di un’opzione terapeutica nuova e importante nell’approccio a questa malattia”. La patologia Il cheratocono è una patologia oculare caratterizzata da uno sfiancamento centrale della cornea (ectasia) che colpisce entrambi gli occhi, anche se con diverso grado evolutivo, la cui incidenza si attesta intorno ad 1 caso per 2.000 abitanti. Il cheratocono: • non è presente alla nascita • comincia a manifestarsi verso la pubertà • progredisce fino circa a 40 anni. Il Cross-Linking Il CCL (corneal collagen cross-linking riboflavin) è un trattamento non-invasivo che ha dimostrato di poter rinforzare la struttura corneale debole in pazienti con cheratocono. Viene eseguito come un normale intervento di routine, e consiste in una seduta di 30 minuti. Durante il trattamento un collirio di riboflavina, viene applicato ripetutamente sulla cornea. La vitamina viene, poi, attivata da una luce speciale che consiste in una dose di raggi ultravioletti A (UVA). tredici Neuropsicologia Metti in moto la memoria L’attività fisica migliora la nostra capacità di ricordare M ente sana in corpo sano. L’adagio degli antichi sembra trovare conferma in un recente studio secondo cui subito dopo aver fatto esercizio fisico la nostra memoria “mette il turbo”. Il beneficio è da attribuire alla produzione di una proteina che migliora la salute delle cellule nervose. La ricerca All’indagine, coordinata da un team di ricercatori irlandesi, ripresa e diffusa dal New York Times, ha preso parte un gruppo di studenti universitari sedentari, che prima hanno dovuto guardare una rapida sequenza di foto con facce e nomi di estranei. Dopo una pausa, dovevano cercare di ricordare i nomi delle persone appena viste quando le foto gli apparivano nuovamente sullo schermo del pc. Successivamente metà degli studenti è salita su una cyclette, pedalando a un ritmo crescente finché non erano esausti, mentre gli altri sono rimasti seduti per 30 minuti. Entrambi i gruppi hanno rifatto il test di memoria, e quelli che si erano mossi hanno ottenuto risultati nettamente migliori rispetto alla prima volta che avevano fatto il test a riposo, mentre chi era rimasto in poltrona non è migliorato. La proteina che aiuta a ricordare La spiegazione è venuta dalle analisi del sangue: nei “ciclisti” c’erano in effetti livelli significativamente più elevati di una proteina nota come fattore neurotrofico derivato, o BDNF, che è noto per promuovere la salute delle cellule nervose. I volontari rimasti seduti tranquillamente non hanno mostrato alcun cambiamento nei livelli di questo fattore. Da qualche tempo, gli scienziati sospettano che il BDNF possa aiutare a spiegare perché il funzionamento mentale sembra migliorare con l’esercizio. Tuttavia, non hanno pienamente compreso quali parti del cervello siano coinvolte o come sia influenzato il pensiero. Lo studio irlandese suggerisce che l’aumento di BDNF indotto dall’esercizio fisico può avere un ruolo centrale nel migliorare la memoria e il ricordo. INTERVISTA CON LA NEUROPSICOLOGA Smemorati di tutto il mondo unitevi e iniziate a pedalare… abbiamo incontrato Gabriella Bottini, Direttore del Centro di Neuropsicologia Cognitiva, per avere un parere sui risultati dello studio e qualche consiglio per mantenere la nostra mente allenata. Come vanno intesi i risultati dello studio? Lo studio è ben condotto, interessante e va nella direzione di una vasta area di ricerca – dato il preoccupante aumento della frequenza della malattia di Alzheimer - focalizzata sull’identificazione di fattori protettivi nei confronti del declino della memoria. La demenza, infatti, è un problema non solo clinico ma anche familiare e sociale. L’impatto di questa patologia è molto rilevante per cui diventa necessario cercare di identificare potenziali interventi preventivi. Tra gli ambiti più esplorati vi è senz’altro quello delle “abitudini di vita” tra cui l’alimentazione e l’attività fisica. Una speranza per tutti gli smemorati… perché anche la memoria si può allenare? Sicuramente. L’esercizio cognitivo deve essere considerato positivamente sia per coloro che hanno la fortuna di possedere una memoria del tutto funzionante sia per coloro nei quali è stato riscontrato un deficit. L’intervento riabilitativo mirato può rallentare il declino e fornire ai soggetti colpiti dei validi strumenti per sopperire alla mancanza. Attività fisica e ginnastica mentale: cosa fare per prevenire l’invecchiamento del nostro cervello? In generale, quali consigli seguire? Anche se non vi sono molti studi che dimostrino una protezione diretta dell’attività fisica sulle funzioni cerebrali quali la memoria e l’attenzione, tuttavia è invece ormai noto che abitudini di vita “sane” che prevedano un’alimentazione equilibrata, evitando il fumo e l’eccesso di alcol, indubbiamente favoriscono quello che viene comunemente definito graceful aging (N.d.R. invecchiare bene). Queste abitudini, infatti, limitano i fattori di rischio quali l’ipercolesterolemia, l’ipertensione, ed il diabete che predispongono al precoce declino cognitivo. Fotonotizia Infezioni ospedaliere Se il batterio è super Attenzione alla profilassi chirurgica. In arrivo un vademecum sull’uso dell’antibiotico E ntrare in ospedale per curare una malattia e prendere un’infezione. Ogni anno succede a circa 10 Italiani su 100 ricoverati. É l’istantanea scattata (per il 2011) dal “Progetto Nazionale per la sorveglianza delle infezioni batteriche gravi in ambito comunitario e ospedaliero”, uno studio condotto in 50 centri ospedalieri italiani e coordinato dall´Istituto Superiore di Sanità, con la supervisione di un Comitato Scientifico, che rappresenta la Federazione delle Società Italiane di Microbiologia. In ospedale, di queste infezioni non solo ci si ammala soltanto, ma si può anche morirne. In Italia circa 500 mila pazienti su 9 milioni e mezzo di ricoverati l’anno sono colpiti da un’infezione presa in ospedale. Stiamo parlando di una percentuale compresa tra il 5 e il 17% dei pazienti ricoverati. E di questi il 3% muore. Le cifre che arrivano dall’Europa fanno eco a quelle italiane- il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) parla di 25.000 decessi- dimostrando come il problema sia trasversale ai sistemi sanitari più avanzati per cui un uso indiscriminato dell’alleato più fedele, l’antibiotico, ha finito per rinforzare le “schiere nemiche” attraverso l’ormai noto fenomeno delle resistenze. Più se ne prende, senza un reale bisogno, più i batteri diventano “super”. Dall’uso all’abuso il passo è breve e può capitare anche nelle corsie d’ospedale. “È un fenomeno che non va sottovalutato- spiega Giuseppe Vighi, Direttore della Qualità e Sicurezza Clinica- che è rilevante non solo per l’uso dell’antibiotico a scopo terapeutico, ma anche quando questo è impiegato per la profilassi preparatoria all’intervento chirurgico”. Antibiotico: assumerlo solo se veramente è necessario, il più appropriato e solo per il tempo utile a debellare l’infezione, le linee guida delle più importanti organizzazioni sanitarie mondiali e nazionali lo ribadiscono da anni e non mancano le campagne di informazione e sensibilizzazione ad hoc. A Niguarda tra le tante iniziative c’è anche quella di un vademecum per il corretto uso di questi farmaci. “Il progetto- continua Vighi-, coordinato dalle Malattie Infettive, ha visto la collaborazione trasversale della Direzione Infermieristica, della Farmacovigilanza, della Farmacia, degli anestesisti, dei chirurghi plastici e dalle Medicina Interna. Lo scopo è quello di realizzare delle schede informative che raccolgano in maniera sintetica tutto quello che c’è da sapere su un determinato antibiotico: dal dosaggio agli usi clinici, dal meccanismo d’azione fino alle possibili interazioni con altri farmaci”. Le prime schede sono già pronte, si intende entro la fine del 2012 produrne una per ciascun antibiotico tra quelli maggiormente impiegati in Ospedale. “Un aiuto in più da portare con sé per un uso più consapevole di questi farmaci- conclude Vighi-”. In Pediatria la carica del sorriso Come è cambiata l’équipe medica della Pediatria! Ma poi, dopo un rapido colpo d’occhio, ci accorgiamo che i medici in questione non sono i bravi collaboratori di De Giacomo ma lo staff del Dottor Sorriso. Da sinistra il dottor “Falispa” (Guido Faglia), la dott.ssa Puà (Giovanna Guariniello), la dott.ssa Toffetta (Silvia Larghi) e la dott.ssa Ciupa (Lia Gallo) Niguart “Al di là del muro” “Al di là dal muro” è il progetto che, in primavera 2012, vedrà la realizzazione di un murales sulla costruzione in cemento, creata nel giardino dell’Hospice, per alloggiare le bombole di ossigeno. L’iniziativa vedrà la collaborazione del vicino MAPP (Museo d’Arte Paolo Pini) e gli studenti dell’Accademia di Brera di Milano per la realizzazione di un soggetto da trasformare in murales. Per maggiori informazioni sul Progetto: Hospice “Il Tulipano” tel. 02 6444.5122 lun-ven 8.45-16.30 quattordici News Regione Referti a portata di click con la tua CRS razie alla Carta Regionale dei Servizi (CRS) i referti medici di visite ed esami si possono consultare anche on line, 24 ore su 24, e 7 giorni su 7, collegandosi al sito crs.regione.lombardia.it. G Per accedere ai servizi on line è necessario: 1) richiedere il codice PIN della CRS (chi ha ricevuto una carta in sostituzione di quella scaduta deve richiedere un nuovo PIN) 2) dotarsi di un lettore di smart card da collegare al computer 3) installare il software CRS scaricabile dal sito crs.regione. lombardia.it 4) esprimere il consenso al trattamento dei dati personali Quali sono i referti che puoi consultare on line: • Referto Visita Specialistica • Referto Laboratorio (escluso Anatomia Patologica, come per esempio pap test, istologici e citologici) • Referto di Radiologia • Verbale di Pronto Soccorso • Lettera di Dimissione Ospedaliera È possibile richiedere il PIN ed esprimere il consenso informato recandosi: - agli Uffici Scelta e Revoca della ASL - nelle farmacie del territorio - nel nostro Ospedale presso il Punto Info del Blocco Sud, o presso gli Sportelli Accettazione di Villa Marelli (viale Zara 81) dal lunedi al venerdi: 8.30-15.30. Ortopedia pediatrica Diventare grandi “con i piedi per terra”? Si, ma senza zoppicare P er alcuni bimbi crescere sicuri camminando senza incertezze a volte può essere doloroso. Sono molte, infatti, le problematiche che colpiscono i piedi e le gambe dei bambini. E diagnosticarle non è sempre facile. Un esempio è quanto accade per i cosiddetti dolori della crescita. Si tratta di dolori solitamente notturni, che al mattino svaniscono e possono essere localizzati in diverse aree degli arti inferiori: il ginocchio, i muscoli del polpaccio, i muscoli della coscia e l’inguine. Come ci spiega Marco Moscati, chirurgo ortopedico pediatrico del Niguarda “Alla visita ortopedica pediatrica non vi è alcuna limitazione dei movimenti, il dolore non è evocabile con la pressione e non vi sono segni di gonfiore o arrossamento. Persino gli esami di laboratorio e le radiografie non danno chiarimenti”. La causa è ancora ignota e la cura si basa su farmaci analgesici, se prescritti, per controllare il dolore nel momento della sua insorgenza. Fondamentale, per giungere a una corretta diagnosi, è il monitoraggio costante dell’intensità e della frequenza del dolore da parte dei genitori. Una vera e propria emergenza ortopedica è quella dell’artrosinovite settica, che per fortuna è invece facilmente individuabile attraverso esami radiografici e di laboratorio. Si tratta di un’infezione batterica delle articolazioni, trasmessa attraverso il sangue o in seguito ad un intervento chirurgico. Questo disturbo è spesso associato a febbre, l’arto colpito è dolorante e il bambino fatica a muoverlo. Fortunatamente l’artrosinovite settica si può curare: antibiotici e antinfiammatori sono la terapia principale. A questi si può associare drenaggio chirurgico se il piccolo paziente non risponde alla cura con antibiotici. Altri disturbi piuttosto diffusi che possono causare zoppicamento nei bimbi sono ad esempio fratture, artrite infantile o il menisco discoide – una malformazione per cui il menisco ha una forma “a disco” che ostacola il fisiologico movimento del ginocchio. Un’andatura leggermente claudicante può essere inoltre conseguenza di una spiccata dismetria – differente lunghezza - degli arti inferiori. “Una certa differenza nella lunghezza degli arti superiori e inferiori è assolutamente normale nella popolazione – spiega Moscati - e non deve essere trattata; il trattamento riguarda, infatti, solo i casi in cui vi sia una differenza significativa che può condizionare negativamente la qualità di vita del bambino”. La zoppia costante, se associata con dolore a un’articolazione è un disturbo piuttosto frequente negli adolescenti: si tratta di osteocondrite disseccante. Questa patologia colpisce soprattutto ginocchio, caviglia e anca. Tanto riposo e poco sport mettono fine al problema, che nei casi più complessi può essere risolto con intervento chirurgico. Molto più raro è l’osteoma osteoide, piccolo tumore benigno responsabile di dolori che si manifestano soprattutto durante la notte. Il dolore scompare dopo la somministrazione di acido acetilsalicilico. Insomma, sono molti i problemi che si possono nascondere dietro un sintomo apparentemente innocuo. Attenzioni e cure sono l’arma vincente per accompagnare i nostri bimbi a diventare adulti che stanno in piedi “con le proprie gambe”. www.ospedaleniguarda.it Esami di Laboratorio: esamilaboratorio.ospedaleniguarda.it Corso di Laurea Infermieristica: laureainfermieristica.ospedaleniguarda.it NAG Niguarda Art Gallery: pagina stampa area medica feb12 def.pdf 1 21/02/2012 9.54.00 artgallery.ospedaleniguarda.it NUMERO GRATUITO www.amplifon.it 800 91 08 08 quindici Parola allo Specialista Che cos’è l’epistassi? Lo spiega l’otorinolaringoiatra Gabriella Mantini A volte basta poco o addirittura niente e il sangue inizia a colare dal naso: si chiama epistassi ed è un disturbo abbastanza comune, trasversale a tutte l’età, e che, pertanto, non deve essere vissuto con allarmismo. Le cause La cattiva abitudine di molti bambini di infilarsi ripetutamente le dita nel naso è la causa più frequente nell’infanzia mentre i valori elevati di pressione sanguigna o l’utilizzo di farmaci antiaggreganti (aspirina) o anticoagulanti (Coumadin) sono responsabili delle epistassi negli anziani. Anche una banale rinite virale e la rinite allergica, nonché l’esposizione prolungata ai raggi solari, che provoca secchezza e vasodilatazione della mucosa nasale, sono in grado di causare una rinorragia (fuoriuscita di sangue dal naso). Più raramente l’epistassi è il sintomo di una malattia vera e propria che può essere conseguenza di un trauma facciale o essere legata ad una poliposi nasale, ad una patologia della coagulazione del sangue o, in casi molto rari, ad un corpo estraneo nasale. In queste situazioni l’epistassi però si accompagna sempre ad altri sintomi. Come intervenire In caso di epistassi è opportuno mantenere la posizione eretta o seduta reclinando la testa in avanti, così da evitare che il sangue venga deglutito. É utile comprimere con delicatezza le narici tenendo la punta del naso tra pollice e indice per circa 10-15 minuti. Può essere d’aiuto l’utilizzo della borsa del ghiaccio, posizionata sulla radice del naso, in virtù di un possibile effetto emostatico per la vasocostrizione prodotta dal freddo. É controindicato inserire garze e cotone emostatico nelle narici in quanto aderirebbero ai coaguli, che pertanto verrebbero rimossi insieme al tamponamento con conseguente ripresa dell’emorragia. Se il sanguinamento non accenna a fermarsi entro 20 minuti è opportuno ricorrere alla consulenza del medico. Quando indagare Se gli episodi, benché frequenti, si risolvono semplicemente tamponando non è necessario procedere ad ulteriori accertamenti diagnostici. Negli adulti è però sempre opportuno monitorare i valori della pressione e ridurre l’utilizzo di farmaci a potenziale azione antiaggregante (come ad esempio i FANS). Solo nei casi più ostinati si esegue un esame del sangue per controllare la buona funzionalità della coagulazione. Una visita dall’otorino, inoltre, servirà ad escludere la presenza di lesioni che possono dare sanguinamento a livello delle fosse nasali. Come curarla La terapia nei bambini e negli adulti consiste nell’uso di creme emollienti e solo nei casi più ostinati nella cauterizzazione dei capillari con agenti chimici o con una corrente elettrica in anestesia locale. Solo nei casi più complessi si dovrà ricorrere alla chirurgia con la legatura dei vasi per via endoscopica o alla loro embolizzazione. Formazione PER INFO www.ospedaleniguarda.it Corsi e convegni di marzo e aprile 9 marzo PSICOLOGIA OSPEDALIERA E PATOLOGIE COMPLESSE Il convegno nasce dall’esperienza di confronto e di riflessione comune sul percorso psicologico di adattamento che il paziente e i suoi familiari devono affrontare in presenza di patologie complesse. Il corso è aperto ai medici, psicologi, infermieri, fisioterapisti, educatori professionali e TERP. Sede: Aula DEA 1, Area Nord- Blocco DEA 20 marzo STABILIZZAZIONE DEL NEONATO CRITICO Obiettivo del corso è acquisire le conoscenze e competenze teorico-pratiche per la corretta stabilizzazione del neonato critico nelle prime 48 ore di vita. Sede: Area Nord, Blocco DEA, Aula DEA 1-2 20 e 29 marzo JOB ADVISOR IN DATA MANAGEMENT La figura del data manager sta assumendo sempre più importanza nell’ambito delle sperimentazioni cliniche. Il corso intende formare e aggiornare neolaureati in discipline scientifiche che sono data manager o study coordinator di trial clinici in ospedali o istituti di ricerca. Sede: Aula B, Area Sud- Blocco Sud 6 aprile CHIRURGIA DELL’EPILESSIA: PERCORSO DIAGNOSTICO TERAPEUTICO DALLA SELEZIONE DEL PAZIENTE ALL’INTERVENTO CHIRURGICO La chirurgia delle epilessie focali sintomatiche si è andata affermando negli ultimi decenni come il trattamento più efficace nei casi farmaco resistenti. Figure centrali nel percorso diagnostico-terapeutico sono il neurologo e il neurochirurgo ed è necessario che queste figure possano acquisire le competenze indispensabili per la corretta definizione della strategia chirurgica. Sede: Area Nord- Blocco DEA Laurea Infermieristica Cosa aspetti a scattare? C’è il concorso fotografico per studenti e docenti rende il via il concorso di fotografia aperto a tutti gli studenti iscritti al Corso di Laurea Infermieristica e a tutti i docenti che vi insegnano. Il tema del concorso è: “Nurse in training”. La data ultima di consegna delle foto è il 5 aprile; la partecipazione è gratuita. La premiazione del concorso fotografico si terrà il 7 maggio in occasione dell’inizio del tirocinio del primo anno. 16 aprile EPATITE B CRONICA: COLLABORAZIONE OSPEDALE TERRITORIO Nonostante la disponibilità di un efficace vaccino, l’infezione cronica da virus dell’epatite B (HBV) rimane un problema sanitario rilevante che affligge centinaia di milioni di persone al mondo. Per garantire una buona gestione del portatore di HBV (anche quando non è presente una malattia del fegato) è indispensabile integrare le conoscenze, oggi molto sviluppate, della biologia del virus e della fisiopatologia della malattia. Sede: Aula 1, Area Ingresso- Padiglione 1 16 e 20 aprile TRAINING ON THE JOB- FORMAZIONE SUL CAMPO IN ECOCARDIOGRAFIA 2012 L’ecocardiografia ha assunto un ruolo sempre più rilevante nella diagnostica cardiologica ed è diventata uno strumento indispensabile nella pratica clinica. Sempre maggiore è il numero di cardiologi, internisti ed anestesisti che si avvicinano a questa metodica con lo scopo di acquisire le conoscenze necessarie alla corretta esecuzione ed interpretazione dell’esame ecocardiografico. Sede: Area Sud, Blocco Sud Fotonotizia I nostri temerari P PER PARTECIPARE Le foto vanno inviate a: [email protected] Domenica 29 gennaio tra i 120 arditi che si sono tuffati nelle acque gelide del Naviglio Grande a Milano c’erano anche: Andrea De Gasperi (Direttore Dipartimento Trapianti e Anestesia e Rianimazione 2); Antonio Rampoldi (Direttore Radiologia Interventistica); Ruggero Vercelli (Medico Radiologia Interventistica); Iacopo Mangoni (Medico Chirurgia Generale e dei Trapianti); Plamen Mihaylov (Medico Chirurgia Generale e dei Trapianti).