Il tramonto della religione precristiana nei territori slavi

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José Ignacio López Fernández
Il tramonto della religione
precristiana nei territori slavi
nordoccidentali1
La cristianizzazione degli Slavi fu un processo lento e irregolare durato
diversi secoli e strettamente relazionato con le pressioni e le pretese di
Bisanzio, del papato e soprattutto, per gli Slavi occidentali, dei loro
confinanti germanici. Sia l’impero bizantino che quello carolingio, e
successivamente l’ottoniano, mostrarono una duplice ambizione: convertire
1 J.I. López Fernández, Los territorios eslavos noroccidentales en el ocaso de su religión
precristiana, in “Eslavistica complutense”, Madrid, vol. 4, 2004, pp. 233-241. Traduzione
dallo spagnolo e note (N.d.T.): © associazione culturale Larici, 2012. Illustrazione: Carta
del Sacro Romano Impero intorno all’anno Mille di Gustav Droysen (1886).
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le vicine popolazioni barbare al cristianesimo ed esercitare un controllo
politico su di esse. Le operazioni militari furono spesso abbinate alle
missioni religiose, cosa che non escluse che, all’occasione, il papa e le
autorità germaniche mantenessero politiche differenti. Quando gli stati
emergenti slavi ebbero necessità di convertirsi al cristianesimo per
sopravvivere nel contesto europeo delle potenze cristiane, scomparvero le
loro antiche credenze religiose.
Durante il X secolo il resto dei territori slavi si era già ufficialmente
convertito al cristianesimo, ma il paganesimo slavo continuò a resistere tra
le tribù nordoccidentali fin oltre la metà del XII secolo. La conoscenza del
contesto storico risulta quindi imprescindibile per valutare i fenomeni
religiosi descritti dalle fonti.
Una delle fonti più importanti è il Chronicon (ca. 1012-1018) del vescovo
Thietmar di Merseburgo (975-1018), che contiene informazioni sulle guerre
polacco-tedesche, sulla strutturazione della Chiesa tedesca intorno al
vescovado di Merseburgo (in piena terra slava) e la religione dei Ljutiči. Nel
1071-1076 Adamo di Brema (morto prima del 1085) scrisse Gesta
Hammaburgensis Ecclesiae Pontificum dove dette notizie sulle credenze
degli Slavi nordoccidentali. In seguito, Helmold di Bosau (circa 1120-1177),
parroco di Wagria (Holstein), redasse la sua Chronica Slavorum
parzialmente basata sul lavoro di Adamo. Helmold presentò un’immagine
molto dettagliata della storia e della società slava nordoccidentale, inclusa la
religione pagana. Inoltre, abbiamo le opere dei tre biografi dell’apostolo
della Pomerania sant’Ottone: Ebbo (Vita Ottonis Episcopi Bambergensis),
Herbord (Dialogus de vita Ottonis episcopi Babenbergensis) e il monaco
anonimo di Priifening (Sancti Ottonis episcopi Babenbergensis Eta
Prieflingensis), i quali riferiscono sulle due missioni realizzate dal vescovo di
Pomerania (1124, 1128). Sebbene questi autori non avessero partecipato
alle missioni, si crede che conobbero testimoni oculari. Le tre agiografie
furono scritte dopo la morte del vescovo (1239) verso gli anni quaranta o
cinquanta.
Sono inoltre fondamentali due testi nordici: in primo luogo le Gesta
Danorum di Saxo Grammaticus (circa 1150-1220), dove sono narrate, nel
Libro XIV (scritto nel 1188), le lotte dei Danesi contro gli Slavi polabi e, tra
gli eventi del 1168 nel principato di Rugia, è descritto in modo
particolareggiato il culto pagano dei suoi abitanti. La seconda opera si
intitola Knýtlinga Saga2: fu scritta in Islanda verso il 1265 e aggiunge altri
dettagli, complementari a quelli di Saxo.
1. Veleti e Obodriti in Polabia: la caduta di Rethra (1068)
Dalla fine del VIII secolo disponiamo di informazioni sulle tribù settentrionali
2 In originale è “Knytlingasaga”, ma è un refuso. In norreno significa “Saga dei discendenti
di Canuto”. (N.d.T.)
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della Polabia3. Quando Carlo Magno, re dei Franchi (768-814), soggiogò le
tribù sassoni (fino ad allora pagane), incontrò vicino al fiume Elba diverse
tribù slave. Fu da quel momento che gli storici occidentali vi prestarono una
speciale attenzione.
All’epoca le fonti storiche distinguevano tre gruppi tribali slavi nel
territorio della Polabia: i Sorabi, tra la Saale (affluente del fiume Elba) e
l’Oder, i Veleti, nei bacini della Havel e del Peene fino alla costa del Mar
Baltico e gli Obodriti, stabilitisi tra il corso inferiore dell’Elba e il golfo di
Lubecca.
Il primo gruppo a perdere l’indipendenza fu quello dei Sorabi. Nella prima
ondata di spinta verso est (Drang nach Osten) nel X secolo, cadde sotto il
potere degli imperatori tedeschi che, successivamente, concessero alcune
parti del territorio ai duchi cechi e polacchi come feudi.
A metà del X secolo il territorio della Polabia sembrava definitivamente
occupato dal dominio germanico. Ciò sembra confermato dalla fondazione
nel 948 dei vescovati di Havelberg, Brandeburgo e Oldenburg. E subito
dopo, nel 968, Ottone I istituì un arcivescovado nel Magdeburgo, con i
vescovi suffraganei a Meissen, Merseburgo e Zeitz, tutti finalizzati alla
conversione delle tribù della Polabia. Tuttavia, il progresso della Chiesa
germanica non durò a lungo. Il malcontento generale, causato dalla terribile
oppressione degli invasori germanici, provocò un gran sollevamento pagano
nel 983 che rovesciò, nel territorio dei Veleti, il governo straniero. Durante
la ribellione le missioni di Havelberg e Brandeburgo furono annientate. Da
allora la denominazione dei Veleti e la menzione del loro principe sparirono
dalle fonti. Al loro posto subentrò la Lega dei Ljutiči, che concentrava le
tribù dei Circipani, dei Tollensani, dei Chizzini e dei Redari4. Era governata
da sacerdoti e da un consiglio, e si riuniva intorno al santuario di Svarožyc5
a Rethra (chiamata anche Reda o Radogoszcz), città che diventerà poi la
base della resistenza contro la cristianizzazione6. Ciononostante, l’identità
3 In senso generale, la denominazione di Slavi polabi o Polabia viene utilizzata per riferirsi
all’insieme di gruppi tribali stabilitisi tra l’Elba (detta Łaba dagli Slavi) e l’Oder. I suoi vicini
germanici li chiamavano Vendi, cosicché in tempi più antichi Jordanes e altri autori
chiamarono gli Slavi Veneti o Venedi. Nelo specifico, si chiamano Polabi le tribù stanziate
a Ratzeburg.
4 In letteratura, questi nomi possono trovarsi scritti in vario modo: Ljutiči = Lutici, Lutichi,
Liutizi o Liutiziani; Circipani (sull’originale spagnolo: Transpeenianos) = Zirzipani (dal
nome del fiume Pane o Peene); Tollensani = Tolensani o Tholenzi (dalla città di Tollenser o
dal fiume Tollense; Chizzini (sull’originale spagnolo: Kisaros) = Kyzini, Kyssini o Kessiniani
(dalla città di Kessin); Redari = Redariani. (N.d.T.)
5 Svarožyc era lo spirito del fuoco della casa o del fuoco rituale ma non si sa altro. Alcuni
ritengono sia un altro nome di Svarog, dio del sole, del cielo, del fuoco e della metallurgia,
altri che sia un figlio di Svarog. Invece, più avanti, l’Autore afferma che si tratti di
Radostog, che in altri testi è protettore delle città, dei commercianti, dei viaggiatori, degli
stranieri e dell’ospitalità. Alcuni studiosi, però, ritengono che questo abbinamento derivi
da traduzioni di Thietmar che confondono un luogo con un nome: la versione esatta è che
il dio Svarožyc era il dio più importante della città di Radostog (chiamata anche, secondo
le lingue, Radigost, Redigast, Radagast). (N.d.T.)
6 Seri ostacoli impedivano ai Ljutiči di abbandonare la loro religione e abbracciare il
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degli Slavi e dei pagani non costituirà un ostacolo per stabilire alcune
alleanze temporanee con le potenze cristiane. Difatti, nel 1005 le truppe dei
Ljutiči rafforzeranno l’imperatore tedesco nella sua campagna contro la
Polonia.
A differenza dei limitrofi Veleti, gli Obodriti non riuscirono a fuggire dal
giogo sassone nel 983, di conseguenza, verso il 990, guidati da Mstivoj e
Mstidrog, cercarono aiuto a Rethra. Gli Slavi radunarono le truppe e
organizzarono una rivolta contro i cristiani, incendiarono le chiese e
assassinarono i sacerdoti. Rivolte simili tra gli Obodriti si verificarono negli
anni 1011-1013 e 1019-1020, tutti senza esito definitivo. Dal VIII al X
secolo, ogni tribù obodrita (Wagri, Polabi, Obodriti propriamente detti,
Gliniani, Warnabi7) aveva avuto un proprio principe. L’unificazione del
territorio fu realizzata dal principe obodrita cristiano Gotszalk. Egli era stato
educato nel monastero tedesco di San Michele a Luneburgo e risiedeva alla
corte del re danese, con la cui figlia si sposò. Ritornò nelle terre slave nel
1043 con l’intento di cristianizzarle con l’appoggio di Adalberto, arcivescovo
di Brema dal 1043 al 1072. La diocesi di Oldenburgo si divise e furono
fondati due vescovati, a Meclenburgo e a Ratzeburg, nel 1060.
Nel 1057 una guerra civile scoppiò nella Lega dei Ljutiči causata dalla
oppressione dei Redari e dei Tollensani (tribù stanziate intorno a Rethra).
L’intervento nel conflitto del duca sassone, del principe degli Obodriti e del
re di Danimarca, provocò la scissione della Lega. I Chizzini e i Circipani
caddero sotto l’influenza dello stato obodrita del principe Gotszalk e ciò
spiega perché Rethra contribuirà dopo la sconfitta di quel governante.
Il 7 giugno 1066 Gotszalk fu assassinato e avvenne una violenta reazione
pagana in tutto il paese, forse istigata da Rethra. Uno dei prigionieri era il
vescovo di Meclenburgo, Ian, di origine irlandese. Quando i rivoltosi vinsero,
il vescovo fu squartato e la sua testa offerta al dio Radogost (Svarožyc) a
Rethra l’11 novembre. Da quel momento le antiche credenze rivissero
completamente tra gli Obodriti, i quali elessero come principe il pagano
Krut.
Tale situazione non poteva essere tollerata a lungo dai loro preoccupati
vicini germanici, pertanto, nel 1068, Burchardt, vescovo di Halberstadt,
invase, distrusse e incendiò la provincia dei Ljutiči. Fu il fatidico giorno della
caduta di Rethra, bastione della religione slava in Polabia. L’anno seguente
(1069) Enrico IV intraprese una spedizione contro i Ljutiči per confermare il
cristianesimo. La diffidenza verso il “Dio tedesco” era profondamente radicata: egli era
potente ma appoggiato soltanto dai suoi seguaci, ossia dai tedeschi. Un ulteriore fattore
era rappresentato dalla tradizione portata avanti fin dalla fondazione dalla Lega dei Ljutiči:
nel nuovo sistema di governo, adottato dopo il 983, era necessaria l’approvazione di tutta
la comunità per prendere decisioni. Tale forma di governo garantiva l’adesione alla
religione tradizionale. Un governante dinastico che – come negli esempi di Polonia,
Boemia o altre tribù della regione – avrebbe potuto tradire il paganesimo era
semplicemente assente nel sistema dei Ljutiči.
7 Wagri = Wagari; Warnabi = Warnavi, Wranovi, Wrani, o Varni. (N.d.T.)
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successo di Burchardt8.
Per quanto riguarda gli Obodriti, intorno al 1090, con l’appoggio dei
Danesi e dei Sassoni, Henryk (figlio di Gotszalk) uccise il principe pagano
Krut e assunse il potere. Cercò di condurre una politica di cristianizzazione,
ma non ottenne molti risultati. Quando fu assassinato nel 1127, Knut
Lavard, figlio del re danese9, si impossessò del trono. Scoppiò una rivolta e
lo stato obodrita fu diviso tra i pagani Pribislav (che governò i Wagri e i
Polabi) e Niklot (gli Obodriti). Pribislav, nel 1143, perse la propria
indipendenza e fu convertito al cristianesimo dal missionario tedesco
Vicelino. Il terribile giogo loro imposto da Sassoni e Danesi li costrinse a
darsi alla pirateria e a osteggiare la nuova religione e i suoi araldi.
Il colpo finale all’antica religione slava in Polabia e nella vicina Pomerania
ebbe luogo nel 1147. A quel tempo l’Europa era immersa nello spirito delle
crociate e i signori feudali tedeschi, affamati di nuovi possedimenti,
ottennero l’appoggio di Bernardo da Chiaravalle per marciare contro gli
Slavi. Così, nel 1147, nel giorno di inizio della seconda Crociata, gli eserciti
tedeschi comandati da Enrico il Leone e Alberto l’Orso10 devastarono la terra
degli Obodriti, i quali si convertirono nella marca di Meclenburgo dando così
inizio a un duro processo di cristianizzazione e di germanizzazione.
Le tribù della Lega dei Ljutiči che erano rimaste sotto il controllo degli
Obodriti (Chizzini e Circipani) rifiutarono di convertirsi al cristianesimo e di
pagare il tributo al duca sassone. Nel 1151, una spedizione congiunta sotto
il comando di Niklot, di Adolfo di Schauenburg e del duca11 li sconfisse. Il
loro tempio principale fu distrutto e gli Obodriti furono costretti a pagare il
tributo.
In un certo senso il ducato di Meclenburgo fu una continuazione dello
stato obodrita, in quanto la sottomissione di Pribislav (figlio di Niklot) a
Enrico il Leone nel 1167 non può essere considerata un brusco
cambiamento politico: un obodrita successe al trono, essendo il sovrano
ereditario, non impose un’amministrazione imperiale o sassone e lasciò alla
classe superiore obodrita i privilegi e la maggior parte dei possedimenti. Nel
corso dei secoli il ducato di Meclemburgo perse il suo carattere slavo e si
8 Anche se Rethra cadde nel 1068, la Lega dei Ljutiči sopravvisse oltre tale data, ma senza
mai riconquistare lo stato precedente. Prova di ciò è che nel 1073 Enrico IV chiese loro
aiuto. Va notato che Orderic Vitalis (1069) incluse i Ljutiči tra le tribù che rafforzavano il
re danese Svein nella sua spedizione contro l’Inghilterra e li descrive come «una grande
nazione, che è ancora confinata negli errori del paganesimo e non ha riconosciuto il vero
Dio, ma è vincolata all’ignoranza, adora Odino, Thor e Freya, e altri falsi dèi o spiriti
maligni». Non aggiunge altre informazioni sulla religione dei Ljutiči, ma conferma che la
Lega e il culto pagano sopravvivevano ancora.
9 Knut (in italiano, Canuto) Lavard era figlio del re di Danimarca Eric I ed è venerato come
santo dalla Chiesa cattolica, così come lo sono i missionari Vicelino di Olbenburgo e
Bernardo di Chiaravalle citati più avanti. (N.d.T.)
10 Enrico il Leone è Enrico XII di Baviera (1129-1195), duca di Sassonia e di Baviera. Alberto
l’Orso è Alberto I di Brandeburgo o di Ballenstedt (1100-1170). (N.d.T.)
11 Oltre a Niklot, Adolfo II di Schauenburg e il duca Enrico il Leone, alcuni testi citano anche
il conte Enrico di Badewide. (N.d.T.)
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convertì in una parte integrante della Germania moderna.
2. La Pomerania e le missioni di Ottone di Bamberga (1124/1125, 1128)
Con il nome di Pomerania12 si fa riferimento al territorio esteso lungo la
costa del Mar Baltico tra la foce dell’Oder e il fiume Vistola. Durante i secoli
IX e X era abitato da piccole organizzazioni tribali. Dalla metà del X secolo
la Pomerania si trovò nell’orbita degli interessi dell’emergente stato polacco,
che riuscì a imporsi in modo intermittente nella parte orientale. La conquista
definitiva della Pomerania e la sua cristianizzazione furono conseguite dal re
polacco Boleslao III Boccatorta (1085-1138). Tuttavia, a quell’epoca i
Tedeschi avevano raggiunto già le frontiere della Pomerania ed entrambi i
Paesi si confrontarono per il suo dominio.
I primi tentativi di cristianizzazione risalgono all’anno Mille, quando per
decisione del Congresso di Gniezno fu istituita in quella regione una sede
episcopale nella città di Kołobrzeg dal vescovo Reinberg. Fu attiva per un
breve periodo e i suoi risultati furono limitati.
Le vittorie (1119-1123) di Boleslao Boccatorta fecero sì che il principe
pomerano Vratislao13, che controllava le città alla foce dell’Oder, si
arrendesse alla Polonia. La prima missione, dopo che Boleslao Boccatorta
aveva costretto la conversione della Pomerania al cristianesimo, fu iniziata
nel 1123 a Wolin dal vescovo Bernardo, un asceta di alti ideali14. Gli abitanti
di Wolin non comprendevano la sua condotta: non sapevano conciliare il suo
aspetto da mendicante con la funzione di araldo del Dio supremo, per
definizione ricco e glorioso. Spinto alla disperazione, il missionario tentò di
distruggere un totem sacro che era l’idolo della città. A causa della sua
incoscienza rischiò la morte e alla fine fu espulso.
La sua esperienza fu presa in considerazione da Ottone di Bamberga
(1102-1139), che guadagnò maggiore influenza sui Pomerani apparendo
con gran sfarzo e magnificenza e riuscì a evangelizzarli alla fine di due
viaggi missionari.
Con la prima missione (1124-1125), per iniziativa e con il sostegno
materiale e politico di Boleslao Boccatorta, arrivò a introdurre il
cristianesimo nella Pomerania occidentale. Alla missione partecipò, tra gli
altri, Adalberto, futuro primo vescovo di Pomerania. Ottone riuscì a
battezzare la gente del luogo, la famiglia del principe Vratislao e quelle di
altri nobili. Poco dopo il suo ritorno a Bamberga, nel 1125, ci fu una
apostasia tra la gente di Stettino e Wolin. Gli autori della Vita di sant’Ottone
raccontano che l’assemblea di Stettino aveva accettato la conversione
unicamente per timore delle rappresaglie di Boleslao Boccatorta. Di
conseguenza, quando il missionario partì, i sacerdoti pagani ritornarono alla
12 La denominazione di Pomerania non si cominciò a usare fino al XI secolo.
13 L’Autore scrive «Vartislav«, ma è Vratislao (Vratislav o Warcislaw). (N.d.T.)
14 L’Autore scrive «asceta español de altos ideales», ma san Bernardo (vero nome Bernard
de Clairvaux) era francese. (N.d.T.)
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loro religione e crearono un culto sincretico comprendente la devozione sia
al nuovo Dio che ai loro antichi dèi.
Per correggere l’apostasia commessa, con l’autorizzazione di papa Onorio
II e in accordo con il sovrano tedesco Lotario, si predispose un’altra
spedizione, questa volta estranea a Boleslao Boccatorta. La seconda
missione del vescovo di Bamberga (1128) coprì tutto il territorio ad ovest di
Stettino sottomesso a Vratislao ed ebbe risultati duraturi. Durante la
Pentecoste del giugno 1128 l’assemblea dei nobili e degli anziani delle terre
di Vratislao, sulla riva sinistra dell’Oder, fu convocata a Uznam (Usedom)
dov’era una delle residenze principali del principe. Dopo il discorso di Ottone
l’assemblea decise di adottare la nuova fede, e i suoi partecipanti furono
battezzati. Insieme a Vratislao, ovviamente presente, le fonti nominano il
principe di Gützkow, Myslav. Soltanto i sacerdoti pagani presenti alla
riunione si opposero a Ottone e, quando la notizia si diffuse nei dintorni,
cercarono di minare le risoluzioni in modo astuto, cioè usando le minacce e
le visioni divine a favore dell’antica religione. Provarono anche, senza esito,
ad assassinare Ottone e i suoi compagni. Il missionario rimase a Wolgast
finché tutti gli abitanti furono battezzati, distrusse il loro tempio ed eresse
una chiesa. Da Wolgast, Ottone andò a Gützkow, sede del principe Myslav,
che era stato battezzato a Uznam. La cristianizzazione di Wolgast e Gützkow
fu decisa dall’assemblea di Uznam, costituita dai rappresentanti dei territori
della riva sinistra dell’Oder. Poco dopo Stettino e Wolin accettarono
anch’esse il cristianesimo.
Risultato dell’attività di Ottone (canonizzato nel 1189) fu l’erezione di
chiese nelle principali città della Pomerania Occidentale e la creazione della
struttura organizzativa della Chiesa.
3. Rugia, ultimo bastione del paganesimo slavo
A metà del secolo XI, l’isola di Rugia (oggi Rügen) era diventata l’ultimo
rifugio della religione degli Slavi. Dopo la caduta di Rethra nel 1068, Arkona,
città situata sull’estrema punta nord-orientale dell’isola, aveva assunto il
ruolo di centro del paganesimo. La tribù dei Rani (o Rugiani), che dominava
il tempio di Svetovit15 ad Arkona, era celebre per la sua potenza militare e il
suo fervore religioso.
Arkona svolgeva la funzione di capitale politico-religiosa ed era un
importante centro commerciale. I mercanti, almeno quelli stranieri,
dovevano pagare una tassa speciale al tesoro di Svetovit. Il tempio
raccoglieva le somme provenienti dai territori vicini come offerte e aveva un
ruolo chiave nella vita dei Rani, così come in quella di altre tribù slave della
costa continentale sottomessa a Rugia: non si iniziava alcuna grande
impresa senza consultare l’oracolo di Arkona.
15 Svetovit = Świętowit, Svątevit, Svantovit, Svetovid, Zvanthevith, Sventevith, Sutvid o
Vid. Era una divinità antropomorfa con quattro volti, che proteggeva la guerra e il
raccolto. (N.d.T.)
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L’isola di Rugia, situata al confine delle sfere di interesse dell’impero
germanico, di Danimarca e di Polonia, resistette per molto tempo a tutti i
nemici. Verso il 1111 i Rani attaccarono la città di Lubecca, governata dal
principe obodrita Henryk, e furono sconfitti. Negli anni 1123-1124 Henryk,
aiutato dall’imperatore Lotario, si diresse verso l’isola per vendicare
l’assassinio di suo figlio per mano dei Rani. Riconoscendo la superiorità del
nemico, il sommo sacerdote di Arkona negoziò la pace, che alla fine
conseguì in cambio di 4400 marchi presi dal tesoro del tempio. Tuttavia,
nonostante l’accordo, il principe Henryk tese una trappola: una volta
ricevuta la metà della somma pattuita, riprese la guerra e vinse i Rani.
Con i Danesi l’oggetto di disputa fu il mare. Intorno al 1134-1135, i Rani
realizzarono una spedizione pirata a Roskilde, poi saccheggiarono la città
norvegese di Konungahelę il 10 agosto 1136 e ciò provocò una vendetta.
Nello stesso anno il re Eric partì verso la terra slava, che devastò con una
grande guerra. Assediò Arkona e lasciò il territorio a condizione che i pagani
sopravvissuti si convertissero alla fede cristiana e fece battezzare tutta la
popolazione della città. Ma quando tornò in Danimarca, gli Slavi
abbandonarono il cristianesimo e tornarono alle loro usanze e ai sacrifici
pagani. Il sacerdote cristiano, che i Danesi avevano sistemato ad Arkona per
guidare i neofiti, fu espulso quando l’esercito di Eric si ritirò.
Anche Rugia dovette affrontare le rivendicazioni polacche. I Rani non
poterono impedire la conversione della Pomerania e della costa della
Polabia. L’accettazione definitiva del cristianesimo a Stettino nel 1128 e la
riuscita presa della nuova fede alla foce dell’Oder provocarono un intervento
armato della flotta di Rugia, ma l’attacco fu respinto. Quando Boleslao
Boccatorta stava già governando sulla Pomerania da più di dieci anni, il re
polacco cercò di assicurarsi l’autorità su Rugia mediante un giuramento di
fedeltà al sovrano, effettuato sull’isola nel 1135, per rivendicare il diritto di
sovranità o di tributo su di essa e ciò rese manifeste le pretese polacche sul
territorio.
A differenza della fallita spedizione per liberare Stettino, durante la
crociata contro gli Slavi del 1147 i Rani riuscirono a salvare il principe
pagano obodrita Niklot da un improvviso attacco via mare.
Nel 1157 finì la sofferta guerra civile in Danimarca. Rugia fu fronteggiata
dal nuovo sovrano, Valdemaro I il Grande, appoggiato dall’eccezionale
consigliere e capo militare, Absalon, vescovo di Roskilde. Il principe di
Rugia, Tetislav, avviò un negoziato con i Danesi nel 1160. Nel trattato di
pace i Rani promisero di allontanarsi dalla pirateria e riconobbero la
supremazia tributaria della Danimarca; sostennero anche i Danesi a Wolgast
nel 1162. Il vescovo Absalon prese parte a una delle assemblee del consiglio
dei Rani e fu forse a quel tempo che emerse in Tetislav l’idea di abbracciare
la cristianizzazione della Danimarca. Con l’eliminazione dei sacerdoti di
Svetovit dal gioco politico si rafforzò la posizione del principe, che almeno
dalla fine del XI secolo era stato subordinata ai sacerdoti e al consiglio.
Inoltre, dalla rivalità tra Sassoni e Danesi nacque una speranza per
raggiungere la piena indipendenza. La supremazia danese fu rovesciata, ma
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non ci fu l’aiuto sassone. Nel 1166 i Danesi devastarono Rugia due volte. A
quel tempo i Rani erano l’ultima tribù slava che aderiva alla religione
pagana, giacché nel 1167 il principe obodrita Pribislav (figlio di Niklot), fu
battezzato e riconobbe la supremazia del principe sassone.
Il 19 maggio 1168 una spedizione danese guidata dal re Valdemaro e dal
vescovo Absalon sbarcò sull’isola e assediò Arkona. L’attacco era stato
preparato assieme al duca sassone Enrico il Leone, che era rappresentato
dai principi pomerani Casimiro e Boguslav, dal principe obodrita Pribislav
(battezzato l’anno precedente) e da Berno, vescovo di Meclenburgo. Il 12
giugno 1168 scoppiò un incendio nel torrione difensivo della città e gli
abitanti, incapaci di soffocarlo e sentendosi abbandonati dai loro dèi,
capitolarono. Le condizioni della resa furono estremamente dure: gli abitanti
furono costretti a battezzarsi; i Danesi distrussero il tempio e ne presero il
tesoro; i campi e le fattorie degli dèi passarono alla Chiesa; infine si pretese
l’appoggio militare al re danese nelle sue spedizioni.
Poco dopo tutta l’isola si arrese. Il principe Tetislav e suo fratello Jaromir
si rifugiarono a Garz, dove si accordarono con i Danesi subito dopo la
sconfitta di Arkona. Quella fu la fine del paganesimo slavo, ma non dello
stato rano. Dopo essersi battezzato, il principe diventò un vassallo del
sovrano danese e rafforzò la propria influenza negli affari interni. Come
stato dipendente di Danimarca esistette fino al XIV secolo.
La conquista di Rugia da parte del re Valdemaro fu confermata con una
bolla da papa Alessandro III, che nel 1169 incluse Rugia nel vescovado di
Roskilde. In questo modo si pose fine a un sistema religioso sopravvissuto
fino al XII secolo.
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