Il cavallo-terapeuta Viliana Cancellieri Il binomio tra animale ed essere umano continua a dare notevoli risultati non solo in ambito ospedaliero, ma anche soprattutto grazie alla creazione di spazi dedicati ai diversamente abili. L’ippoterapia, in particolare, si è molto diffusa capillarmente e, di conseguenza, lo sport equestre è diventata una disciplina alla portata di tutti e non solo dell’élite. In molti circoli ippici le persone disabili possono prendere parte alle lezioni assieme a tutti gli altri cavalieri, mentre, in altri, sono stati creati spazi in cui lavorare su esercizi specifici assieme ad istruttori specializzati. Apportare benessere alla persona diversamente abile è l’obiettivo cardine della disciplina attraverso la quale si avverte serenità e gioia di vivere. Nel 1987 risultò, dagli atti del V Congresso Internazionale di Riabilitazione Equestre, che: “Il movimento indotto dal cavallo può attivare meccanismi di controllo posturale utili per il mantenimento e la stabilità dell’equilibrio nei vari piani ed in particolare nel piano sagittale. Il controllo posturale nel piano sagittale è indispensabile per mantenere la postura sull’animale e a tal fine il soggetto è stimolato ad utilizzare in maniera sincrona e coordinata la muscolatura paravertebrale (estensoria e flessoria)”. Ippocrate di Coo (460-370 a.C.) riteneva il nobile animale adatto come cura per l’ansia e per la depressione e consigliava lunghe cavalcate in sella per sconfiggere l’insonnia. Galeno vedeva nelle attività a cavallo un valido mezzo per riabilitare alcune patologie neurosensoriali C’è un vecchio detto inglese che afferma “Pago al mio terapeuta mangime e fieno e lui mi ascolta ogni giorno”. Fu nel 1960 e grazie al suo cane, che lo psicologo Boris Levinson scoprì fortuitamente che un suo giovanissimo paziente autistico interagiva con facilità con i cani, dando così origine alla pet therapy. Nata come terapia con i cani e successivamente con i delfini, la pet therapy include anche l’ippoterapia. Attualmente negli USA esiste addirittura un filone dell’ippoterapia che si occupa nello specifico della guarigione emotiva di donne che abbiano subito abusi di natura psicologica e sessuale. Disagi psicologici che possono trovare una valida cura nella relazione col cavallo sono situazioni come l’esaurimento nervoso, le già citate ansia e depressione, i disturbi del comportamento alimentare, la scarsa autostima, i problemi di relazione: situazioni che spesso vengono sottovalutate e non considerate malattie. Eppure, tali situazioni sono limitanti e compromettono profondamente la qualità della vita: insonnia, stress, tristezza profonda, incapacità di vivere le relazioni sociali. Il cavallo sembra fatto apposta per fronteggiare tutti questi aspetti. Il contatto con la natura e gli animali garantisce un’occasione in più per spostare l’attenzione del paziente dalle proprie ossessioni alle esigenze del cavallo, portandolo a concentrarsi su qualcosa di diverso dai propri ragionamenti stereotipati e consentendogli una tregua dai propri problemi. Il cavallo-terapeuta acquista la funzione di elemento di distrazione. Gli animali, inoltre, contribuiscono alla produzione di endorfine, dopamina, serotonina, noradrenalina… tutte sostanze che hanno effetti benefici sull’umore della persona. Secondo Freud, il cavallo esprime il desiderio di libertà. Per Jung rappresenta la figura materna e femminile. Inoltre il cavallo non è un essere aggressivo per indole e si presta a un rapporto di fiducia. Impazienza, nervosismo e ansia vengono disciplinati nella relazione col cavallo grazie al fatto che ci vuole tempo per acquisire le abilità necessarie ad essere autonomi nella sua gestione. Enormi sono anche i benefici fisici: il cavallo consente una stimolazione fisica e tattile. La ritmicità delle sue andature comporta movimenti prevedibili e rassicuranti, che richiamano ricordi ancestrali dell’essere cullati o accarezzati ritmicamente. L’attività fisica del montare a cavallo allena vari distretti muscolari generando una stimolazione fisica intensa e consentendo una presa di coscienza di sé e del proprio corpo. Altre qualità sono il calore, la morbidezza, l’odore particolare, gli occhi grandi. Avere a che fare con un cavallo provoca emozioni intense e un forte coinvolgimento emotivo. Le dimensioni del cavallo incutono spesso timore: il paziente è quindi sfidato, in un ambiente protetto, a sfidare la paura. Non bisogna dimenticare che il cavallo vive stati d’animo ed emozioni proprie: una delle rivelazioni per il cavaliere-paziente è verificare che il cavallo percepisce una varietà di stati d’animo in cui ci possiamo riconoscere. Molto spesso, anzi, questi sono lo specchio di quelli che prova l’umano che si relaziona con lui: si genera così un’identità e una comunione del sentire. Nello specifico, il passo del cavallo va ad agire efficacemente in tutte quelle patologie che riducono o inibiscono la motricità della persona disabile e conseguentemente favorisce la dissociazione dei movimenti, lo sviluppo della forza, implementa l’equilibrio, regolarizza il tono muscolare. Il montare a cavallo sotto la guida di personale tecnico specializzato permette di far lavorare tutta la muscolatura in modalità uniforme e sinergica, senza predominanze alcune. Il montare in sella agevola anche la regolarizzazione del tono muscolare: soggetti con una muscolatura flaccida (ipotonici) come chi è caratterizzato dalla Sindrome di Down, o eccessivamente rigida (spastici) vivono in prima persona i benefici dell’ippoterapia perché, grazie al movimento del cavallo vedono progressivamente alleviati questi scompensi rendendo un po’ più compatta la muscolatura del “flaccido” e rilassando quella dell’ipertonico. Ovviamente non è pensabile che si possa guarire da molte forme di disabilità ma è però certo che una stimolazione regolare e continuativa possa migliorare la qualità della vita di una persona con deficit più o meno gravi. Nel montare un cavallo, noi prendiamo in prestito la libertà (Helen Thomson)