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I PAESAGGI DELL’ANIMA
Palazzo Soranzo Cappello, Venezia
Valeria Nicolai
Nuove tecnologie per le arti
A.a. 2011/2012
I Paesaggi dell’anima
“ ... poichè invece di dipingere esattamente ciò che ho
davanti agli occhi, io mi servo del colore nel modo più
arbitrario, per esprimermi fortemente.”
Con questa frase di Vincent Van Gogh, pittore olandese post impressionista, può essere riassunta l’essenza della mostra
I Paesaggi dell’Anima.
L’evento raccoglie opere pittoriche di artisti del periodo post impressionista ed espressionista, caratterizzate da un’ univoca visione: il paesaggio come proiezione del proprio stato d’animo,
dove l’arte si lega indissolubilmente alla vita interiore, in visioni
distorte e tormentate. La vita di ognuno di questi artisti non fu
facile, e l’eredità lasciataci si costituisce da opere di forte impatto,
visioni di tormento e impeto.
La mostra si apre con tre opere di Vincent Van Gogh, le quali
emanano luce e forza, ma allo stesso tempo disperazione; Van
Gogh ha fatto arte della sua vicenda esistenziale, segnata dalla
follia e dalla solitudine. Lui per primo ha saputo trasfigurare ciò
che vediamo secondo le emozioni provate. Edvard Munch, altro
artista postimpressionista dalla vita tormentata, ci proietta in un
mondo forse ancora più disperato, costellato da angoscia e morte,
senza la carica di luce e vitalità presente in Van Gogh.
Ernst Ludwig Kirchner ed Erich Heckel, appartenenti al movimento dell’Espressionismo tedesco, trovano la loro carica di tormento nell’inquieto contesto storico della Germania dell’epoca,
segnata da tensioni politiche e sociali.
Aderendo al gruppo die Brücke creano opere dai colori violenti e
dall’emotività esasperata, contraddistinte da un desiderio di provocazione e polemica sociale. In Austria l’Espressionismo non si
sviluppò ad opera di gruppi organizzati, ma da singoli artisti,
che portarono sulla scena i tormenti delle proprie vicende autobiografiche. Tra i pionieri si trova Egon Schiele, che si caratterizza
per una visione cruda e al tempo stesso piena di passione, da un
segno tagliente e nervoso.
Oskar Kokoschka, altro esponente dell’Espressionismo austriaco, ci conduce al termine del percorso della mostra. Anch’egli
non cerca verosimiglianza con il soggetto rappresentato, bensì
l’indagine del suo stato d’animo, la sua autorappresentazione.
In ogni paesaggio della mostra dunque, non vediamo l’ambiente
della realtà, ma l’autoritratto di ogni artista, con tutte le complicazioni e i tormenti.
Energia, tristezza e disperazione trasfigurano il paesaggio, urbano e rurale. Natura ed oggetti prendono vita e comunicano ad
ognuno di noi il sentimento in modo immediato e con grande
forza espressiva.
Linee curve e sinuose, aguzze e taglienti, colori accesi e di forte
impatto accompagnano il visitatore in questo viaggio di paesaggi
interiori, lasciandolo colpito, talvolta turbato, ma con una grande,
forte pienezza di sentimento.
Palazzo Soranzo Cappello
Palazzo Soranzo Cappello è un palazzo di Venezia che si trova nel
sestiere di Santa Croce e si affaccia su Rio Marin.
Il palazzo fu eretto nel XVI secolo per volontà della famiglia
Soranzo. Successivamente passò a numerose famiglie e per un periodo fu usato come caserma.
Attualmente il palazzo è sede della Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio. Attraverso il palazzo si accede al giardino, costellato da gruppi scultorei, alberi e bassa vegetazione.
Il palazzo ospita varie mostre d’arte; è stata scelta questa location in
quanto sede della tutela del paesaggioed è stata trovata adatta per
questa mostra, in particolare per la presenza del giardino, dove i visitatori, dopo essersi immersi nel sentimento delle opere pittoriche, si
ritroveranno immersi in una natura delicata e suggestiva. A diretto
contatto con l’ambiente aperto del giardino, infatti, si potrà vivere
in modo più totale ogni emozione trasmessa dalle opere all’interno
della sede.
Vincent Van Gogh
“Sogno di dipingere, poi dipingo i miei sogni.”
Nasce nel 1853 a Zundert, piccolo villaggio olandese. Intraprende
studi teologici, che abbandona per dedicarsi alla predicazione
ai poveri. La sua formazione artistica avviene da autodidatta,
e la sua prima fase significativa di attività artistica avviene grazie all’aiuto finanziario del fratello Theo, al quale fu legato per
tutta la vita, come testimonia la loro fitta corrispondenza. Trasferitosi per un periodo a Parigi dal fratello, entra in contatto con
l’ambiente impressionista e conosce il pittore Paul Gauguin, al
quale si lega molto. Lasciata Parigi si trasferisce ad Arles, dove
inizia una ricca produzione pittorica e viene presto raggiunto
dall’amico Gauguin. Tuttavia tra i due nascono delle incomprensioni, che porteranno alla partenza di Gauguin e al peggioramento delle condizioni psichiche di Van Gogh. Dopo diversi
ricoveri all’ospedale di Arles, nel 1889 decide volontariamente
di entrare all’ospedale psichiatrico di Saint Remy, dove continua
a dipingere, testimoniando la sua crescente agitazione interiore.
Dopo un breve soggiorno a Parigi dal fratello, nel 1890 si trasferisce ad Auvers-sur-Oise, dove si suicida con un colpo di pistola.
La sua arte nasce come necessità interiore, uno sfogo per esternare
il proprio disagio interiore. Egli si esprime con un’arte nuova,
senza “stile”, trasfigura la realtà secondo il prorio io,con un tratto
violento inconfondibile. L’eredità lasciataci da Van Gogh, precursore del movimento espressionista è una pittura al cui centro si
trova l’interiorità dell’artista, una pittura soggettiva che esprime
emozioni e stati d’animo.
Vincent Van Gogh
Montagne di Saint Remy
olio su tela, 1889
Vincent Van Gogh
L’uliveto
olio su tela, 1889
Vincent Van Gogh
Campo di frumento con cipressi
a Saint Remy
olio su tela, 1889
Edvard Munch
“Una sera passeggiavo per un sentiero,da una
parte stava la città e sotto di me il fiordo
-il sole stava tramontandole nuvole erano tinte di un rosso sangue. Sentii
un urlo attraversare la natura:mi sembrò quasi
di udirlo.Dipinsi le nuvole come sangue vero.
I colori stavano urlando. “
Nasce nel 1863 a Löten, in Norvegia. La sua vita è segnata da
fatti tragici; vede morire di tubercolosi la madre e la sorella maggiore, e il padre muore lasciandolo completamente solo all’età
di diciotto anni. Decide di non costruirsi una famiglia propria,
sostenendo di non voler trasmettere ai figli la tendenza familiare
alla malattia psichica e mentale.
Nei primi anni Ottanta la sua formazione avviene ad Oslo, ma
determinante per la sua pittura furono i soggiorni a Parigi.
Attraverso la lezione di Van Gogh impara ad usare il colore in
modo espressivo e soggettivo, inclinando verso una pittura fortemente visionaria. Nelle sue opere proietta il suo disagio, dovuto ai traumi e i lutti subiti durante l’infanzia. La sua visione è
infatti permeata dal senso angoscioso e incombente della morte,
che esprime attraverso colori violenti e irreali e figure deformate.
Edvard Munch
L’urlo
olio, tempera, pastello su cartone,
1893
Edvard Munch
Chiaro di luna
olio su tela, 1895
Edvard Munch
Notte bianca
olio su tela, 1901
Ernst Ludwig Kirchner
“I miei dipinti sono allegorie, non ritratti. “
Nasce nel 1880 ad Aschaffenburg. Nel 1905 fonda il gruppo
dell’Espressionismo tedesco chiamato “die Brücke”, in favore
della liberazione dell’arte e della vita, scioltosi successivamente
nel 1913. Kirchner rimane anche in seguito coerente alla linea espressionista, con uno stile drammatico e deformazioni violente.
Anche la sua vita è segnata dal tormento, a causa della tendenza
ad incorrere in gravi stati di depressione. Questi attacchi si fanno
particolarmente forti allo scoppio della Prima Guerra Mondiale:
partito come volontario militare viene subito congedato per insanità mentale. Nel 1917, gravemente malato, si trasferisce a Davos, in Svizzera. Un anno dopo la mostra Arte degenerata voluta
da Hitler, dove sono presenti molte sue opere, nel 1938 si toglie
la vita.
Ernst Ludwig Kirchner
Veduta di Davos
olio su tela, 1924
Ernst Ludwig Kirchner
Paesaggio di Fehmarn, sentiero nel
bosco
olio su tela, 1914
Ernst Ludwig Kirchner
Paesaggio con rupi blu
olio su tela, 1914
Erich Heckel
Nasce a Döbel, nel 1883. Anch’egli fu membro di “die Brücke”, e i
suoi lavori ne sono esemplificativi, attraverso l’uso di colori forti
e contrastanti, stesi direttamente dal tubetto. I suoi dipinti sono
ricchi di carica espressiva, sensazioni e ribellione verso la pittura
tradizionale.
Nonostante aver sempre nutrito passione per la pittura, decide
di iscriversi alla facoltà di architettura di Dresda. Conseguita la
laurea lavora per un periodo come architetto, dopodichè decide
di dedicarsi interamente alla pittura.Nel 1907 si trasferisce a Dangast per dipingere.Nel 1915 viene arruolato nella Prima Guerra
Mondiale e fa ritorno a Berlino nel 1918. Dopo questa data Heckel
continua a dipingere, ma non più con lo stile energico di prima.
Nel 1937 alcune sue opere sono confiscate dai musei tedeschi e
presentate dai nazionalsocialisti alla mostra Arte degenerata, voluta da Hitler. Nel 1944 il suo studio viene distrutto da un bombardamento aereo. Decide dunque di trasferirsi sul Lago di Costanza, dove intraprende la carriera di insegnante all’Accademia
di Belle Arti fino al 1955. Muore nel 1970 a Radolfzell.
Erich Heckel
Dangast
olio su tela, 1907
Erich Heckel
Mattonificio
olio su tela, 1914
Erich Heckel
Mittag in der Marsch
olio su tela, 1907
Egon Schiele
“Si può presentire intimamente,
nel profondo del cuore, un albero
autunnale in piena estate ; io vorrei dipingere questa malinconia.”
Nasce a Tulln, in Austria, nel 1890. All’Accademia di Belle Arti
di Vienna conosce Gustav Klimt, che lo stimola a migliorare la
tecnica del segno e lo introduce alla Wienere Werkstätte. Presto
sviluppa uno stile personale, diventando uno dei maggiori
esponenti dell’Espressionismo austriaco. I suoi lavori si contraddistinguono per la crudezza e l’incisività del segno.
Nel 1909 lascia l’Accademia di Vienna e fonda, con altri artisti, il
Neukunstgruppe.
Nel 1915 sposa Edith Harms e, quattro giorni dopo il matrimonio, è costretto ad arruolarsi, dopo aver tentato inutilmente di
farsi assegnare il compito di artista ufficiale di guerra; inviato a
Praga, viene assegnato al controllo dei prigionieri di guerra russi.
Torna a Vienna nel luglio dello stesso anno.
Nell’autunno del 1918 la moglie, in stato di gravidanza, muore
di febbre spagnola; tre giorni dopo, il 31 ottobre 1918, contagiato
dalla stessa malattia, Egon Schiele si spegne, a Vienna, a soli 28
anni.
Egon Schiele
Bohemian Landscape
olio su tela, 1913
Egon Schiele
Four trees
olio su tela, 1917
Egon Schiele
Paesaggio a Krumau
olio su tela, 1910
Oskar Kokoschka
Nasce nel 1886 a Pöchlarn, sul Danubio. La sua famiglia si trasferisce a Vienna e la sua formazione avviene nell’ambito della
Secessione Viennese. Successivamente si avvicina all’ambiente
Espressionista, con opere che si caratterizzano per il segno tragico
e nervoso. Dotato di intelligenza multiforme si dedica anche alla
scrittura; quando ha poco più di vent’anni vengono inscenati due
atti unici che suscitano molto scandalo e successivamente continua a pubblicare lavori letterari sulla rivista berlinese der Sturm.
La decisione di rivolgersi definitivamente alla pittura viene condizionata dall’appoggio dell’architetto Adolf Loos, che lo prende
sotto la sua protezione. Durante la Prima Guerra Mondiale si arruola volontario.
Nel 1916 si trasferisce a Dresda, dove intraprende l’insegnamento
all’Accademia di Belle Arti.
Abbandonato l’insegnamento intraprende una serie di viaggi
in Nord Africa, Europa e Asia, dove continua a dipingere le sue
emozioni. Nel 1953 si trasferisce definitivamente in Svizzera,
dove muore nel 1980.
Oskar Kokoschka
Istanbul
olio su tela
Oskar Kokoschka
Praga
olio su tela
Oskar Kokoschka
Venezia, veduta di punta della
dogana
olio su tela
Tuona il cielo prima della tempesta
colori bruni terra si intervallano
al verde fradicio al rosso sangue
nel nudo bosco piange l’anima
radice tra terra e cielo
lacrime di luce attraversano sottili nuvole
nel cielo il tramonto diventa corpus.
Alberi irti, isolati, pur vicini, esili, alcuni storti e gracili
imperfetti e spogli pur in tensione verso l’alto.
Alberi che divorano il cielo,
lo perforano o ne sono impacchettati, inglobati.
Uomini sperduti in un bosco che diventa deserto,
fra ruoli che li smarriscono come azzzurri indefiniti e
rossi che si sfumano
s’intravede sotto al quadro, un volto.
La natura che parla e chiama l’uomo a specchiarsi in lei.
Egon Schiele
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