Conferenza Ecumenica
(16 aprile 2013)
Oggetto: Discorso introduttivo del Moderatore, fr. Antonino Rocca o.p.
Il Concilio Vaticano II, che per la Chiesa Cattolica Romana è considerato il 21° Concilio
Ecumenico, indetto da Papa Giovanni XXIII il 25 dicembre 1961, per rispondere, come Lui
stesso afferma, al grave stato di indigenza spirituale della umanità post bellica, è convocato per
rilanciare l’apostolato della Chiesa nel mondo contemporaneo, ripartendo da Cristo, dal suo
vangelo, riscoprendo l’identità e missione della Chiesa delle origini , prima di ogni divisione
storica. Il Concilio, dunque, tratterà della Chiesa alla luce della sua origine Riforma e Ritorno
alle origini, divengono due binari seguiti per comprendere l’impegno dei Padri Conciliari del
Vaticano II.
Ma Papa Giovanni XXIII, pone anche alla Chiesa la lettura profetica della storia degli
uomini, parlando dei “i segni dei tempi”, che , come Lui affermava, non rivelano solo sciagure
e negatività, che pur ci sono, ma rivelano anzitutto la vitalità della Chiesa Cattolica e un nuovo
anelito nell’umanità, un anelito di Pace e di Unità: La Chiesa è convocata a raccolta per
contribuire più efficacemente alla soluzione dei problemi dell’età moderna.
Il tema della ricomposizione dell’unità visibile del corpo ecclesiale emerge nelle
finalità che Papa Giovanni XXIII indica con queste parole: il desiderio di fortificare la sua fede e
di rimirarsi nella propria unità; come pure sente più urgente il dovere di dare maggiore
efficienza alla sua sana vitalità, e di promuovere la santificazione dei suoi membri, la diffusione
della verità rivelata, il consolidamento delle sue strutture; in un momento, poi, di generosi e
crescenti sforzi che da varie parti si fanno allo scopo di ricostruire quell’unità visibile di tutti i
cristiani, che risponda ai voti del divin redentore, è ben naturale che il prossimo Concilio
comporti le premesse di chiarezza dottrinale e di carità vicendevole, che renderanno ancor più
vivo nei fratelli separati il desiderio dell’auspicato ritorno all’unità e ne spianeremo la via.
È nel discorso di apertura tenuto da papa Giovanni XXIII nella Basilica Vaticana scelta
come aula conciliare che, l’11 ottobre 1962, che emerge la visione di una doppia unità
ricercata dal Concilio: la prima è quella di una chiamata della Chiesa a realizzare l’unità del
genere umano, la famiglia degli uomini, riprendendo (1Tm 2,4), « Dio vuole che tutti gli
uomini siano salvi e giungano alla cognizione della verità»; e la seconda è quella dell’amara
costatazione che la famiglia cristiana non ha raggiunto la visibile unità anzi, si è frantumata.
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Quindi nelle parole di Giovanni XXIII troviamo un’idea di una unità a cerchi concentrici:
rafforzare l’unità interna al mondo cattolico, porre le basi per raggiungere l’unità dei credenti
in Cristo. Stima, rispetto e dialogo verso tutti anche con le religioni non cristiane, divengono
quel linguaggio, allora nuovo ed inedito per la Chiesa Romana, e che per noi ormai è
patrimonio comune.
Papa Paolo VI nel discorso di apertura della seconda sessione del Concilio, il 29
settembre 1963, la sua prima presieduta da lui, ricordo per chi conosce poco la Chiesa
Cattolica, che per il diritto canonico cattolico, il Concilio Vaticano II poteva essere sospeso o
non continuato, invece, Paolo VI recepisce il lavoro iniziato e, facendolo suo, lo porterà alla
sua conclusione naturale l’8 dicembre 1965.
Papa Paolo VI, sin da subito da la sua impronta al Concilio: sottolinea la necessità di
una definizione più esatta e completa della Chiesa che dica la verità circa la Chiesa di Cristo:
esplorandola, riordinandola ed esprimendola per quello che essa è;
e ne sottolinea
il
programma spirituale: il Concilio cercherà la via della ricomposizione dell’unità fra tutti i
cristiani.
Un altro elemento fondamentale che mi permetto di richiamare alla nostra mente è il
fatto che Papa Giovanni XXIII volle la presenza dei fratelli separati ai lavori del Concilio. Per
potere averli dovette molto faticare e per sbloccare la situazione dei veti incrociati dovette
per prima costituire il Segretariato per la riunificazione dei cristiani, aprendo così la Chiesa
Cattolica al movimento ecumenico e al Consiglio delle Chiese, e solo dopo questo primo passo
poté invitare, almeno come osservatori i fratelli separati che, con Paolo VI presero più
coraggio, anche se non poterono far sentire la loro voce direttamente come membri di diritto.
La presenza dei fratelli separati ai lavori del Concilio costituisce un passo decisivo per
comprendere come, dopo secoli di reciproca non conoscenza e relazioni non dirette, nonché
di pregiudizi, ora ci si rincontrava a livello Universale e non più solo a livello Locale dove già
si dialogava, anche se a chiazze di leopardo. Esattamente come questa sera stiamo
sperimentando anche noi. Un livello locale che richiama il condividere e il coabitare la comune
terra nella quale viviamo, accanto ad uomini e donne che non si pongono più il problema di
Dio o della vita eterna; fatto , questo, che sollecita il nostro impegno e la nostra testimonianza.
Dall’Assise Conciliare e con lo stile di Giovanni XXIII, di guardare, cioè, prima a ciò che
di positivo Dio ha messo nel cuore dei suoi figli e a ciò che unisce, anziché di saltare subito
alle conclusioni e a ciò che divide, che dobbiamo quattro documenti fondamentali per
comprendere l’aspetto ecumenico della Chiesa Cattolica Romana: la Libertà di Coscienza e di
Religione, nella Dignitatis Humane (7 dicembre 1965) ; Uno sguardo sereno e dialogante con
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le religioni non cristiane, Nostra aetate (28 ottobre 1965); La ricerca dell’unità
del corpo
visibile della Chiesa, Unitatis Redintegratio (21 novembre 1964). E il prezioso documento che
dimostra l’unità nella diversità rituale e canonica vissuta nella Chiesa Cattolica Romana, Le
Chiese Orientali Cattoliche, Orientalium Ecclesiarum (21 novembre 1964) che fa comprendere
come Roma non intende “massificare” o “uniformare” la legittima diversità nella Chiesa, che
rispetta, accoglie, tutela! Queste Chiese, come voi ben sapete, nel 1990 hanno ricevuto un
proprio Codice di Diritto Canonico da Papa Giovanni Paolo II.
Chiese locali e rituali, che
danno alla Chiesa Romana il volto e la spiritualità dell’oriente cristiano, ancora oggi pagano un
altissimo prezzo per la fedeltà alla fede comune. La “Libertà di religione” , definita da
Giovanni Paolo II, il cuore dei diritti dell’uomo, rivela la profondità e il livello della capacità di
dialogo con l’altro, che va rispettato nelle sue scelte di coscienza, anche quando ci si rende
conto che bisogna arrendersi ad una verità che stenta ad essere riconosciuta con la sua sola
forza intrinseca!
Ma andiamo al nostro documento, La ricerca dell’unità del corpo visibile della Chiesa,
Unitatis Redintegratio (21 novembre 1964).
Per comprenderne l’impostazione occorre rifarci a quanto diceva Paolo VI all’inizio del
suo cammino Conciliare: al Concilio Vaticano II è stato chiesto di rispondere alla necessità di
una definizione più esatta e completa della Chiesa, capace di dire tutta la verità circa la Chiesa
di Cristo esplorandola, riordinandola ed esprimendola per quello che essa è ; ciò lo ritroviamo
nei primi 8 numeri della Costituzione Dogmatica sulla Chiesa, Lumen Gentium ( approvata il
21 novembre 1964), una esplorazione sull’intenzione di Cristo e sulla Chiesa degli Apostoli
consegnata ai loro successori ed incarnatasi nei luoghi e nei popoli, con forme e sensibilità
proprie. Sintesi di questo percorso esplorativo è l’espressione sintetica “subsistit in “ di L.G. 8,
che, come voi ben sapete non è una definizione esclusiva ma inclusiva.
L’ Unitatis Redintegratio, è diviso in due parti poiché affronta con realismo la divisione
del corpo ecclesiale in chi si autodefinisce o é definibile Chiesa, e in chi si autodefinisce o é
definibile in Comunità Cristiana.
Il Decreto Conciliare propone due percorsi diversi per una possibile riunificazione
canonica dei cristiani separati; un percorso differenziato per chi è già Chiesa, secondo il
modello evidenziato da Lumen Gentium, e per chi, deve assumerne l’identità essendone solo
Comunità Cristiana. Gioca tantissimo in questo, come nostra più immediata comprensione,
tutta la riflessione sviluppatasi nel dialogo ecumenico attorno al BEM per una comune
comprensione delle strutture fondamentali dell’identità e missione della chiesa.
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Mi accingo, come concordato, a dare la parola ai due relatori della nostra Città di
Palermo, Papàs Gianni Festa della Chiesa Ortodossa
Costantinopolitana
e al Pastore
Giuseppe Ficara della Chiesa Valdese, che ci mostreranno due modi di leggere i due percorsi
diversi che il Concilio Vaticano II, nel suo complesso ed, in particolare, nell’ Unitatis
Redintegratio propone alle Chiese Ortodosse e a quelle della Riforma.
Un ultima considerazione personale, tutto ciò non si sarebbe potuto realizzare senza il
Movimento Ecumenico e senza Sua Santità Atenagoras I, Patriarca Ecumenico di
Costantinopoli, che hanno posto l’accento alla condivisione della
comune fede e della
evangelica carità, come risposta interecclesiale al comandamento del perdono reciproco e
dell’amore impostoci da Nostro Signore Gesù Cristo; che ha trovato in Papa Giovanni XXIII e
Paolo VI due attenti e corrispondenti interlocutori. Che stupenda sinergia interecclesiale!
Tendendo conto che prima di tutto occorre essere disposti a riconoscere la preziosità
dell’altro, come ci insegna il Prof. Giovanni Cereti, le sue scelte e la sua libera appartenenza e
forma ecclesiale, come dono del comune Dio, e , sullo stile di quei piccoli e preziosissimi 15
numeri che compongono la Dichiarazione sulla Libertà Religiosa, Dignitatis Humanae
(approvata il 7 dicembre 1965), nel rispetto reciproco della libertà di coscienza e di religione,
senza alcun desiderio di offenderci reciprocamente, ma di imparare umilmente gli uni dagli
altri, do la parola ai due preziosi relatori.
Infine, metodologicamente, mi pare opportuno che alla fine del primo intervento si
pongano le domande al relatore, alle quali risponderà dopo aver ascoltato l’altra relazione.
In questo modo sia i chiarimenti sulla relazione interessata sia quelli complessivi su
tutto l’incontro di questa sera avranno una armonica composizione prima della chiusura della
nostra serata. Ringraziando preventivamente gli amabili Confratelli Relatori auguro a tutti
noi un proficuo: Buon Ascolto!
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