SAGGIO BREVE: LA CONDIZIONE FEMMINILE TRA EMANCIPAZIONE E VIOLENZA. L'articolo 3 della nostra Costituzione recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.» Sessismo, dalle laiche società occidentali, al terrorismo islamico. La matrice comune Scioccanti, non si possono definire altrimenti le notizie degli ultimi giorni che giungono dai luoghi più caldi del pianeta. In Nigeria, un salto di qualità del terrorismo di cui avremmo volentieri fatto a meno, con tre bambine fatte esplodere, mentre in un video ad un ragazzino ceceno – non ancora adolescente – viene fatta eseguire la condanna a morte dei prigionieri. In diversi modi, sia le bambine che il bambino sono vittime di una violenza perpetuata da persone più grandi di loro, a loro volta probabilmente vittime di una cultura violenta a cui sono stati socializzati fin dalla nascita. “In modo diverso” però! Se infatti il bimbo ceceno avrà l’infanzia e la vita segnata da una inumana brutalità, gli hanno insegnato che uccidere un uomo, per di più inerme davanti a lui, è cosa gradita a Dio, poco più di un gioco in cui si elimina la vita; alle tre bimbe nigeriane la vita è stata negata su semplice indicazione. La donna, specie se in età prepuberale, è solo un oggetto, uno strumento su cui trasportare l’ordigno, un’arma, non in quanto soldatessa, ma in quanto inconsapevole bomba umana. La donna ha forma parassitaria rispetto all’uomo, al massimo completamento di un essere che ha si per sé comunque completa autonomia, una proprietà. Questa frase, che troveremmo ordinaria in un discorso da capojihãd, è in realtà recuperata da interventi di uomini politici importanti della storia italiana dell’800 come Rosmini o Gioberti. Con i dovuti distinguo, ovviamente, perché la nostra società non ha mai raggiunto livelli di violenza pari a quella inflitta dai soldati di Boko Haram oggi nei confronti della donna, ma abbiamo condiviso con loro la subcultura maschilista fino a non molti anni fa e in parte, magari inconsapevoli, la condividiamo ancora. Abbiamo bisogno di un cambio di passo in Occidente per poterci presentare, agli occhi dell’Islam integralista e dei tanti paesi al mondo in cui la donna è ancora anche formalmente sottomessa, con una cultura che ha superato la gerarchizzazione tra sessi e si pone come giusto bilanciamento tra le cosiddette “due metà del cielo”. Anche e soprattutto su questo piano culturale si basano le future scelte che il nostro paese dovrà fare sia all’interno, con la prossima elezioni di una Presidente per esempio dopo 70 anni di esclusività maschile, che all’esterno, contribuendo a garantire che la vita umana è inviolabile e non “oggettizzabile”, qualunque sia il genere. Una sfida ulteriore e un impegno che non darei affatto per scontati, visti i silenzi e le sordità colpevoli sul tema. Il fatto quotidiano, 19 gennaio 2015, Laura Puppato (Senatrice Pd) Pubblicità sessista: sono una vecchia racchia nazi veterofemminista Botta e risposta tra consumatori e alcune ditte di prodotti (storia vera) Consumatrice: – Buongiorno. Vi scrivo per dire che il vostro cartellone con la donna sexy e la battuta a doppio senso è squallido e sessista e dovreste ritirarlo. Ditta: – Ah ecco, lei è una vecchia racchia invidiosa veterofemminista, vero? C: – No, sono giovane. D: – Beh allora è solo invidiosa. Lo sa che la donna ormai ha raggiunto l’indipendenza e la dimostrazione è che vestirsi sexy non è più un tabù? Vuole che le donne portino il burka? Mettiamo le calze alle gambe dei tavoli già che ci siamo? C: – La nudità è diventata il nostro burka, in pubblicità le donne sono seminude anche in pieno inverno. Esaltare solo il nostro aspetto fisico ci sminuisce. D: – Ma si rilassi! Non vede l’ironia dell’immagine? C: – No. D: – Noi sì, ahaha. Avere fortuna…un bel sedere…ahaha Il fatto quotidiano,5 dicembre 2014, Annamaria Arlotta Giornata mondiale contro la violenza sulle donne: nessuno può arrendersi Un altro errore è pensare che l’uomo violento sia un mostro. Non si nasce aggressivi. Lo si diventa. Così la donna: non esce dalla pancia di sua madre debole, ma arriva a esserlo. Le cause sono tante, complesse, ognuno ha la sua storia, il suo bagaglio di disagi. Il Fatto Quotidiano si è occupato a più riprese della violenza contro le donne. Le psicoterapeute intervistate ricordano che la donna è reduce da situazioni simili vissute in famiglia e tende a riprodurre lo stesso schema oppure è cresciuta con le svalutazioni di uno dei due genitori. Ma ci sono tanti altri motivi. In ballo, per entrambi, di sicuro c’è un buco di affetto da colmare. La violenza non è solo un problema femminile, anche maschile. Sono due destini molto fragili che si incastrano. Gli sportelli antiviolenza per curare gli uomini, per fortuna, si stanno diffondendo in tutto il Paese, da nord a sud. L’educazione ai sentimenti è importante. A scuola non si fa. Bisognerebbe renderla obbligatoria. “La violenza non si risolve con la prigione. Bisogna partire dai giovani, bisogna insegnare loro ad amare se stessi” ha detto Paola Lettis, vice presidente di Telefono Rosa, intervistata ieri sera da Rainews. Giusto qualche numero per non trascurare i danni che provoca l’ignoranza emotiva. Secondo i dati Istat, sono più di 6 milioni le donne vittime di violenza: una donna su tre ha subito maltrattamenti da un uomo. 179 le donne uccise da un uomo nel 2013 in Italia. 88 quelle ammazzate da gennaio di quest’anno. 1392 le chiamate fatte al Telefono rosa da gennaio al 14 novembre. Nella ricerca nazionale “Quanto costa il silenzio?”, di Intervita onlus, si stima che la violenza sulle donne costa ogni anno quasi 17 miliardi di euro, pari a tre manovre finanziarie. Si tratta di spese sanitarie, di ordine pubblico, giudiziarie, per consulenze psicologiche e farmaci. Il fatto quotidiano, 25 novembre 2014, di Chiara Daina (giornalista) La storia dell'emancipazione femminile Fino a poco più di un secolo fa in Italia e in molti altri regimi liberali, ai cittadini di sesso femminile non era consentito votare, le donne sposate non erano libere di disporre del denaro che guadagnavano con il proprio lavoro e non potevano promuovere un'azione legale. Il primo paese al mondo a riconoscere alle donne il diritto al voto fu la lontanissima Australia: era il 1902. E il femminismo quando è nato? Addirittura ai tempi della Rivoluzione francese quando per la prima volta le donne ebbero la possibilità di organizzarsi, istituendo club femminili, e di rivendicare l’universalità dei diritti. Ma solo nella seconda metà dell'Ottocento acquistò le caratteristiche di un movimento organizzato per la conquista dei diritti politici e civili. Dalla grande rivendicazione femminile inglese ai movimenti del ’68, si arriva alle attuali 'azioni positive', misure concrete adottate per accelerare l'instaurazione dell'eguaglianza di fatto tra i generi. Enciclopedia Treccani Violenza sulle donne. I silenzi che rendono complici Quale scatto culturale è necessario oggi nel nostro Paese per contrastare la violenza sulle donne? Che ruolo hanno gli uomini in questo percorso? Il ruolo degli uomini è indispensabile. Se non si comincia un percorso di riflessione e di autoanalisi su questo fenomeno da parte degli uomini non si va da nessuna parte. È da quando ho pubblicato "Ancora dalla parte delle bambine", nel 2007, che ripeto che ci vorrebbe un uomo che scrivesse un libro "Dalla parte dei bambini" per ragionare su quali sono gli stereotipi di genere maschile che arrivano ai più piccoli. Ma in cinque anni nessuno ha raccolto l'appello. Gli anni dell'infanzia sono molto importanti per una corretta formazione su questo tema, e invece siamo gli unici in Europa a non avere una legge sull'educazione sessuale e al genere obbligatoria nelle scuole. Al momento qualche istituto scolastico propone in modo volontaristico dei corsi per i ragazzi su questo tema, ma io credo che una legge serva. E subito, perché è rimasta bloccata in Parlamento dal 1975. In merito a questo, anche la parte cattolica della politica e della società dovrebbe fare una riflessione, perché è ancora diffusa la convinzione che l'educazione sessuale e al genere siano inconciliabili con la fede. E questo credo sia un messaggio profondamente sbagliato. Gruppo Abele, Manuela Battista