magia e filosofia naturale - Campo de` Fiori Urbani "Piattaforma G

MAGIA E FILOSOFIA NATURALE
Natura e ordine del mondo. Nella Metafisica Aristotele afferma che «la
natura è la sostanza di quelle cose che hanno un principio di movimento
in se stesse», distinte dagli enti ingenerati ed eterni (oggetto della
metafisica e della matematica), da ciò che è «per caso» o «fortuna», e
infine da ciò che è «per arte», ossia è dovuto al fare umano. Già i sofisti
avevano distinto, in sede giuridico-morale, ciò che è «per natura» da ciò
che è «per convenzione» umana (nòmos). Ogni cosa naturale è dunque
caratterizzata, secondo Aristotele, da un principio immanente che la
spinge alla realizzazione della propria essenza (il seme è per es.
indirizzato a divenire albero), secondo una concezione finalistica che
stabilisce il senso del divenire e la meta (o «luogo naturale») del
movimento. Anche gli stoici ebbero della natura un concetto finalistico e
organicistico, in analogia con il modello del vivente; ma mentre
Aristotele privilegia il modello diacronico della crescita e riproduzione,
gli stoici si riferiscono al modello sincronico relativo al modo in cui gli
organi di un essere vivente funzionano concordemente al fine di
mantenerlo in vita. Questa funzione armonica e vitale è incarnata da un
«fuoco artefice» o «soffio vitale» (pnéuma) che penetra il gran corpo
dell’universo e dirige ogni suo membro secondo un ordine necessario e
razionale, ordine che si manifesta anche in sede etica: la legge morale è
una legge naturale e la libertà del saggio consiste nel seguire la natura
(naturam sequi). Opposta al vitalismo teleologico di Aristotele e degli
stoici è invece la concezione meccanicistica e materialistica che della
natura hanno gli atomisti e poi gli epicurei.
Con i neoplatonici la concezione della natura muta radicalmente.
Nella processione delle ipostasi che dall’Uno, attraverso l’Intelletto e
l’Anima, digrada verso la materia, intesa quale mero non essere, la
natura rappresenta l’Anima nella sua forma inferiore perché rivolta verso
il non essere stesso: «la natura — dice Plotino — è Anima fuori di sé».
La concezione neo-platonica della natura, filtrata attraverso il tardo
stoicismo, influenzò per secoli il pensiero cristiano a causa della
comune svalutazione della realtà sensibile e materiale rispetto a Dio.
Tutto il pensiero cristiano, dalla patristica alla scolastica, manifesta
peraltro la preoccupazione di distinguere il creatore dal creato (la
natura non emana dall’Uno, ma è creata da un Dio a essa trascendente),
donde la distinzione scolastica tra natura naturata e natura naturans, di
origine averroista, dove è il secondo termine a godere di maggiore
considerazione da parte del pensiero. Con la riscoperta di Aristotele nel
sec. XIII, tuttavia, anche la natura naturata diviene oggetto di particolare
attenzione. La natura di un ente, dice Tommaso ripetendo Aristotele, è
causa finale del suo movimento, ma è stato Dio che ha riposto tale
movimento nelle cose, donde la divina dignità del creato e, in esso,
dell’uomo, che, nonostante il peccato originale, conserva la sua
peculiare somiglianza con Dio. A questa conciliazione di aristotelismo e
cristianesimo si oppone la filosofia della natura del Rinascimento
(Telesio, Campanella, Bruno), la quale, con la ripresa di motivi stoici,
manifesta una ispirazione panteistico-vitalistica e ilozoistica (cfr.
ilozoismo) richiamantesi al platonismo e ai presocratici. Bruno
concepisce pertanto la natura naturans, e quindi Dio stesso, come «mens
insita omnibus» che, come lo pnéuma stoico, infonde vita all’universo
infinito. Di qui anche l’animismo e la magia che sono tanta parte del
naturalismo rinascimentale1.
Nel Rinascimento lo studio del mondo naturale non appare
più come una pericolosa e fuorviante distrazione per l’uomo
poiché si tratta di un uomo che ha acquisito la
consapevolezza che i suoi fini, la sua missione nel mondo, si
realizzeranno proprio nel mondo naturale: la natura è regnum
hominis e per questo l’uomo deve imparare a servirsene e a
conoscerla per trarne il maggior profitto. Nell’indagine
naturale si possono distinguere due aspetti o fasi: la Magia e
la Filosofia della Natura.
La magia rinascimentale2 è caratterizzata da due
presupposti:
a) l’universale animazione della natura, la quale è ritenuta
mossa da forze intrinseca-mente simili a quelle che
agiscono nell’uomo, coordinate e armonizzate da una simpatia universale;
b) la possibilità che si offre all’uomo di penetrare di colpo,
con mezzi ambigui o violenti, nei più riposti recessi della
natura e di riuscire a dominarne le forze con lusinghe e
incantesimi, cioè con gli stessi mezzi con cui si avvince
a sé un essere animato.
Per questi presupposti, la magia va in cerca di formule e di
procedimenti miracolosi, che servano da chiave per i più
oscuri misteri naturali e pongano l’uomo di colpo in
possesso di un potere illimitato sulla natura.
La filosofia naturale, che fa la sua comparsa già in alcuni
degli stessi seguaci della magia, ma si afferma per la prima
volta in Telesio, abbandona il secondo presupposto. La
natura è pur sempre vista come una totalità vivente, ma la si
considera retta da propri principi, e la scoperta di questi
principi diventa il compito della filosofia. Si rinuncia alla
chimerica pretesa di penetrare d’assalto nei misteri naturali,
anzi si negano tali misteri: le forze naturali sono potenti e si
rivelano all’esperienza, occorre solo riconoscerle e
assecondarle.
La filosofia della natura finisce dunque per rompere i
ponti sia con la magia, sia con l’aristotelismo3 e si propone
di interpretare la natura con la natura, prescindendo da
ipotesi e dottrine fittizie: in questo modo essa apre la via alla
vera e propria indagine scientifica. Anche la magia,
comunque, ha il merito di aver introdotto il metodo
sperimentale, anche se corrotto da frequenti influenze
animistiche. Il mondo rinascimentale delle scienze occulte,
dunque, è rappresentato da una fitta serie di maghi.
Cornelio Agrippa di Nettesheim: nacque a Colonia nel 1486 e morì a
Grenola nel 1535. Nella sua opera fondamentale, Filosofia occulta, egli
ammette l'esistenza di tre mondi: 1) il mondo degli elementi 2) il mondo
celeste 3) il mondo intelligibile. Questi tre mondi sono collegati tra loro in
modo tale che la virtù del mondo superiore fluisca sino agli ultimi gradi
del mondo inferiore, disperdendo via via i suoi raggi. Il tramite di questo
influsso è lo spirito attraverso il quale l'anima del mondo opera in tutte le
parti dell'universo visibile. L'uomo è situato nel punto centrale dei tre
mondi e raccoglie in se come microcosmo tutto ciò che è disseminato nelle
cose. Questa situazione gli consente di conoscere la forza spirituale che
tiene avvinto il mondo e di servirsene per operare azioni miracolose.
Nasce così la magia, che è la scienza più alta perchè è quella che
asservisce all'uomo tutte le potenze nascoste della natura. La scienza e
l'arte dei maghi si rivolgono a tutti e tre i mondi: c'è quindi una magia
naturale, una magia celeste e una magia religiosa o cerimoniale. La magia
naturale insegna a servirsi delle cose corporee per effettuare azioni
miracolose; la magia celeste si avvale delle formule dell'astronomia e
Introdotta dal testo di Cornelio Agrippa “De occulta philosophia” la magia del
Rinascimento ineriva tre ordini di riferimento, uno inferiore o naturale, uno mediano e
soprannaturale e uno superiore e angelico, che portava direttamente a Dio. Era basilare per
gli alchimisti e i maghi del Rinascimento mantenere una fede profonda e radicata,
essendo la natura espressione di Dio se non Dio stesso.
3 L’aristotelismo ha il merito di aver contribuito rafforzare una mentalità naturalisticorazionalistica, portata a vedere nella natura il campo privilegiato della filosofia e nella
ragione l’unico metodo di ricerca filosofica e scientifica; tuttavia, troppo fedeli al maestro,
rimasero prigionieri di una considerazione qualitativa del mondo e a nozioni metafisiche
come essenza e causa finale: soprattutto, l’appello alla ragione e all’osservazione scientifica
dei fatti dell’esperienza risultò vanificato dal simultaneo appello all’ ipse dixit di Aristotele. Pur
così avversi all’autorità religiosa finirono per sottomettere l’autonomia della ricerca all’autorità
culturale di Aristotele. Ciò spiega perché pur con i suoi meriti, l’aristelismo assunse una
funzione conservatrice nell’ambito delle ricerche naturalistiche, costringendo la nascente
fisica a entrare in urto con esso.
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• La natura come macchina. Rispetto a queste tendenze la scienza moderna, da Galileo
a Newton, opera un mutamento radicale. Unendo il meccanicismo degli atomisti alla
concezione matematico-geometrica del reale di origine pitagorico-platonica (e intendendo
poi tale matematizzazione in senso tecnico-applicativo o archimedeo), la nuova scienza
concepisce la natura come una grande macchina creata da un Dio ingegnere secondo
leggi matematiche. Il libro della natura, dice Galileo, è scritto in lingua matematica e i suoi
caratteri sono triangoli, cerchi e altre figure geometriche. Attraverso l’osservazione dei
fenomeni naturali, guidata dal metodo sperimentale, l’uomo può imparare a leggere tale
lingua matematica, riscoprendo i calcoli del creatore. Per questa via l’uomo può sperare di
conseguire quel dominio pratico-tecnico sulla natura che — in opposizione al mondo
antico, chiuso in un sapere verbalistico e astratto — già F. Bacone aveva auspicato («alla
natura si comanda solo obbedendole»).
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degli influssi degli astri per operare miracoli; infine la magia religiosa o
cerimoniale per lo stesso fine mette a partito le sostanze celesti e i
demoni. Negli ultimi anni della sua vita Agrippa accentuò il carattere
mistico della sua speculazione e condannò la scienza ritenendola una
vera e propria peste dell'anima additando nella fede la sola via di
salvezza. Ma in realtà rimase sempre fedele alla magia difendendone
l'utilizzo per la sapienza.
Teofrasto Paracelso: fu una delle più famose figure di maghi. Egli
nacque il 10 novembre 1493 ad Einsiedeln in Svizzera, fu medico,
chirurgo e riformatore della medicina in senso magico. Morì a
Salisvurgo nel 1541. Secondo Teofrasto l'uomo è stato creato per
conoscere le azioni miracolose di Dio. Il suo compito è quello è perciò la
ricerca. Ma la ricerca deve connettere insieme l'esperienza e la scienza
per giungere ad una conoscenza vera e sicura. La ricerca intesa come
unità di teoria ed esperimento costituirà la nuova scienza. Questa ricerca
ha in Teofrasto un carattere magico. Il principio che deve guidarla è la
corrispondenza tra il macrocosmo e il microcosmo. Se vogliamo
conoscere l'uomo, cioè il microcosmo, dobbiamo rivolgerci al
macrocosmo, cioè al mondo. La medicina che ha lo scopo di conoscere
l'uomo per conservargli la salute e liberarlo dalle malattie deve fondarsi
su tutte le scienze che studiano sulla natura dell'universo. Questa è la
riforma della medicina che Teofrasto tentò e che gli procurò l'odio dei
colleghi medici ma anche di operare miracolose guarigioni. La medicina
si fonda su quattro colonne che sono: 1) la teologia 2) la filosofia 3)
l'astronomia 4) l’alchimia
Tutte queste scienze hanno carattere magico. La teologia serve al medico
per utilizzare l’influsso divino da cui tutto dipende; l’astrologia gli serve
per utilizzare gli influssi celesti dai quali dipendono le malattie e le
rispettive cure; l’alchimia gli serve per conoscere la quintessenza delle
cose ed applicarla alla guarigione. Il mago con la forza della sua fede e
della sua immaginazione esercita sullo spirito degli uomini o della natura
un influsso che suscita potenze sconosciute e nascoste e giunge così a
fare cose ritenute impossibili. Dal fiat divino è nata la materia originaria
costituita da tre principi materiali, il solfo, il sale e il mercurio. Questi
principi sono le specie primigenie della materia e da essi sono costituiti i
quattro elementi del mondo e in generale ogni corpo della natura. La
forza che muove gli elementi è l’Archeus, lo spirito animatore. La
quintessenza è uno dei quattro elementi che domina la costituzione delle
cose e ne esprime la natura fondamentale. In essa sono riposti gli arcani,
cioè la forza operante di un minerale, di una pietra preziosa o di una
pianta; e di essa pertanto la medicina deve servirsi per operare le
guarigioni.
Astrologia, alchimia e arti magiche
Anche il pensiero scientifico fu caratterizzato dall'influsso del
Neoplatonismo, che fu determinante nell'anticipare quella visione
di armonia dell'universo che ritroviamo nella rivoluzione
scientifica attuata da Copernico, Keplero e Galilei. Secondo la
concezione neoplatonica, infatti, l'universo è retto da un ordine
armonico che si irradia in ogni sua parte ed è strutturato perciò in
maniera concentrica. Non si tratta di un universo statico, ma in
movimento: in esso prevale un equilibrio dinamico,
simboleggiato dal cerchio e dalla sfera, viste come le figure più
perfette in quanto espressione di massima sintesi tra forze
centrifughe e centripete. A fondamento dell'ordine geometrico del
cosmo è posto Dio, il quale lo governa attraverso un atto d'amore.
Non è dunque una visione meccanica del mondo, bensì una
concezione organica e unitaria in cui le leggi che regolano
l'universo ricevono anima e vita dall'amore divino.
Secondo l'astrologia rinascimentale esiste di conseguenza una
corrispondenza tra le strutture della mente umana e le
strutture reali dell'universo, ovvero tra la nostra ragione
soggettiva e la ragione oggettivata nella natura, in quanto
generate dalla stessa intelligenza creatrice. Questo sarà il
presupposto fondamentale di tutti i successivi sviluppi scientifici
e tecnologici, espressamente formulato da Galilei con la celebre
affermazione che il libro della natura è scritto in linguaggio
matematico.
La fiducia nell'astrologia, scaturita da una tale idea di
corrispondenza tra fenomeni celesti e fenomeni terreni, si inserì
tra l'altro nella tipica ottica rinascimentale volta ai fini pratici di
azione nel mondo. Gli oroscopi infatti avevano il fine di leggere
le circostanze in cui un'azione aveva la probabilità maggiore di
riuscire: essi erano dunque al servizio di un uomo che guarda al
futuro e intende intervenire attivamente nel corso degli eventi per
mutarli.
Nell'ambito dell'astrologia riprese vigore anche una disciplina
emblematica di questo periodo, cioè l'alchimia, favorita dal fatto
che una delle tante opere riscoperte durante il Rinascimento fu il
Corpus Hermeticum di Ermete Trismegisto che Cosimo de'
Medici fece tradurre da Marsilio Ficino intorno al 1460. Forte era
comunque l'influenza di scritti e autori arabi, i quali, facendo da
mediatori, avevano consentito la ripresa di contatto con la
tradizione alchemica greca già dal basso Medioevo.
A differenza della prassi demonologica collegata con la credenza
cristiana in spiriti buoni e cattivi, l'alchimia si proponeva di
intervenire sulle sole forze naturali, facendo così da apripista
alla chimica moderna. Essa si basava infatti sulla magia bianca
che, diversamente dalla magia nera, consisteva nello studio
empirico delle sostanze elementari e in esperimenti scientifici su di
esse. L'alchimista ne cercava le proprietà lavorando all'incirca
come un chimico, catalogandole, operando miscugli, servendosi di
fornelli ed alambicchi che saranno poi gli strumenti principali
utilizzati dalla chimica come la intendiamo oggi. Operando in
quest'ambito Paracelso (1493-1541) diede ad esempio un notevole
impulso alla farmacologia.
Scopo principale degli alchimisti era la ricerca della pietra
filosofale, dalla quale si sarebbero potute trarre tre proprietà
fondamentali: un elisir in grado di conferire l'Immortalità e di
dare la panacea universale per qualsiasi malattia; l'"onniscienza"
ovvero la consapevolezza del passato e del futuro, del bene e del
male (simile alle qualità del frutto biblico dell'albero della
Conoscenza); la possibilità infine di trasmutare i metalli in oro, la
meno importante delle tre ma quella più ricercata dagli avidi e che
ha colpito maggiormente l'immaginario popolare. Da questa deriva
l'enorme potere di arricchimento detenuto dall'alchimista, che egli
tuttavia era tenuto a usare per scopi strettamente umanitari,
dovendo egli sviluppare un senso morale parallelo
all'elaborazione della pietra e che costituiva anzi una conditio
sine qua non per la riuscita finale del suo operare. La pietra
filosofale non era tuttavia l'oggetto di semplici leggende o di
visioni utopiche: l'oro infatti veniva utilizzato come catalizzatore
nelle reazioni chimiche, ed era da sempre apprezzato essendo
l'unico metallo conosciuto che restasse inalterabile nel tempo. La
scienza contemporanea poi riuscirà effettivamente a trasformare in
oro alcuni metalli, agendo a livello delle forze nucleari.
La trasmutazione dei metalli in oro si inserisce nell'ottica
evoluzionista tipica dei filosofi neoplatonici: essi pensavano
infatti che tutta la creazione, corrottasi a causa del biblico peccato
originale, tendesse a ritornare verso la perfezione originaria. Come
l'uomo tende verso la divinizzazione, così i metalli mutavano verso
l'oro, la forma più nobile della loro specie. Si cercava in un certo
senso di risolvere la materia nello spirito; e contemporaneamente si
operava anche all'inverso, facendo compiere a ritroso il cammino
della natura, fino a poter ricostruire, ad esempio, una pianta dalle
sue ceneri, o fabbricare sinteticamente l'uomo (l'homunculus), al di
fuori delle vie naturali.
Insieme all'alchimia ricevettero grande impulso numerosi altri
mestieri e discipline, come la chiromanzia, la numerologia, la
matematica, la medicina, l'anatomia. Una caratteristica dei
ricercatori rinascimentali era infatti la loro poliedricità: essi cioè
erano soliti svolgere più attività diverse contemporaneamente,
secondo l'ideale dell'uomo universale, incarnato ad esempio da
Leonardo da Vinci (1452-1519), da molti considerato il primo
scienziato in senso moderno.
Nell'ambito della matematica e della geometria ricordiamo in
particolare il tentativo di quadratura del cerchio da parte di
Cusano, o la soluzione delle equazioni cubiche da parte di
Tartaglia e il suo celebre Triangolo. La matematica era allora una
materia affine alla numerologia, la quale si proponeva di
interpretare la realtà in chiave simbolica ed ermetica ricollegandosi
a dottrine neopitagoriche, esoteriche e cabbalistiche, ma anche la
teologia, la filosofia e tutte le scienze venivano collegate tra loro,
nel tentativo di coniugarle e di renderle parte di un unicum.
L'ideale dei filosofi rinascimentali consisteva in definitiva nella
ricerca di un sapere unitario, organico, coerente, che fungesse
da raccordo di tutte le discipline e le conoscenze dello scibile
umano, e soddisfacesse il bisogno di ricondurre e ritrovare la
molteplicità nell'unità, la diversità nell'identità, la varietà nella
totalità.
Sarà il sogno anche degli idealisti romantici.
Fonti: Natura da Dizionario della Filosofia, Garzanti // Magia da La filosofia
di N. Abbagnano // Astrologia, alchimia… da Wikipedia