collegio dei periti agrari e dei periti agrari laureati della provincia di

COLLEGIO DEI PERITI AGRARI E DEI PERITI AGRARI LAUREATI
DELLA PROVINCIA DI SALERNO
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Prot. n° 1076
Salerno, lì 27 Novembre 2013
A tutti gli iscritti all’Albo e
nell’Elenco Speciale
LORO SEDI
OGGETTO: Circolare n° 193/2013. Libera Professione. Diritto Civile.
La Servitù Prediale. - Diritti Reali.
Colleghi,
con la presente si porta a conoscenza di tutti Voi, che di seguito viene affrontato e illustrato
un’altro aspetto molto importante ed attuale per la nostra professione, quale quello della
“Servitù Prediale”.
La Servitù Prediale è il diritto reale che ''consiste nel peso imposto sopra un fondo per
l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario" (art. 1027 cod.civ.).
1. NOZIONE
Le Servitù sono diritti reali (dal latino praedium = fondo) che presuppongono l'esistenza
di due fondi. Secondo l’art. 1027 c.c. la Servitù Prediale consiste nel peso imposto sopra un
fondo (servente) a vantaggio di un fondo limitrofo o vicino (dominante).
Due sono le condizioni poste dalla norma:
-
che i fondi anche se non confinanti siano almeno vicini, così da permettere l'esercizio
della servitù. Non costituiscono servitù prediali i diritti e le servitù di uso pubblico
(spettanti ad esempio a cittadini che hanno la facoltà di visitare una villa di interesse
artistico o passeggiare in un parco);
-
deve essere ravvisabile un'effettiva utilità pur se non perpetua, ma provvisoria (l'utilità non
è soggettiva ma è oggettiva, riferita all'oggetto cioè al fondo nella sua concreta
destinazione e conformazione).
La servitù come qualunque altro ius in re aliena, rappresenta una facoltà del proprietario
di un immobile che intanto rileva, in quanto è attribuita ad un soggetto diverso.
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Vige, infatti, il principio che il titolare del diritto di proprietà non può godere del suo
fondo a titolo di servitù, in quanto se ne serve già come proprietario, principio icasticamente
scolpito nell’espressione: nemini res sua servit.
La servitù, quindi, richiede una duplicità di soggetti, e tale intersoggettività sussiste
anche quando il proprietario di un fondo sia comproprietario dell’altro, nonché una duplicità di
beni.
La servitù è, pertanto, un diritto reale di godimento su fondo altrui, appartenente ad un
diverso soggetto.
2. COSTITUZIONE
Si distingue tra:
- Servitù Volontarie. Si può costituire una servitù a favore di un altro soggetto in modo
volontario con atto inter vivos cioè con contratto o con atto mortis causa cioè con testamento.
Il contratto può essere a titolo gratuito e dovrà rivestire la forma della donazione.
Non è possibile costituire una servitù con atto unilaterale che non sia mortis causa cioè
testamento.
- Servitù Coattive. Sono un numero limitato di servitù corrispondenti a quelle particolari
situazioni nelle quali il legislatore ha riscontrato la necessità di imporre un peso su di un
fondo a favore di un altro fondo, al fine di consentire al proprietario di questo fondo una
proficua utilizzazione.
Sono quelle particolari situazioni nelle quali, in mancanza di contratto e quindi di
accordo, la servitù viene costituita a seguito di una sentenza o con atto amministrativo da
parte della pubblica amministrazione. Anche in osservanza di un contratto, il titolare del
fondo dominante deve corrispondere una indennità in favore del titolare del fondo servente.
La sentenza o l'atto amministrativo stabilisce le modalità della servitù e determina l'indennità.
Il pagamento dell'indennità è indispensabile perché il titolare della servitù possa
esercitare il suo diritto altrimenti il titolare del fondo servente può opporsi. Sono servitù
coattive:
- servitù di acquedotto e scarico;
- servitù di somministrazione di acqua;
- servitù elettrodotto coattivo;
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- servitù di passaggio coattivo.
Quest’ultimo caso (sono esenti i cortili, le case, i cortili, i giardini, le aie ad esse attinenti)
presuppone che un fondo (dominante) sia intercluso da altri fondi e non abbia accesso alle
via pubblica. Di conseguenza può ottenersi il passaggio attraverso il fondo (servente) che
permette con minore danno l'accesso più breve alla via pubblica.
Le parti possono costituire la servitù con un contratto e quindi costituire una servitù
volontaria, stabilendo anche l'indennità.
Ma in mancanza di un accordo, il proprietario del fondo intercluso ha diritto (esperendo
un'azione giudiziale) ad ottenere la servitù che non sarà più volontaria ma coattiva.
Tale diritto è imprescrittibile e si ritiene sia anche irrinunciabile. L'azione può essere
esperita non solo dal proprietario ma anche dal titolare di un diritto reale di godimento sul
bene.
In dottrina c’è chi ritiene che la legge attribuisca al titolare del fondo dominante un diritto
di credito ad ottenere dal titolare del fondo servente la costituzione di una servitù e
quest'ultimo di conseguenza abbia il relativo obbligo; altri ritengono che il titolare della servitù
sia anche titolare di un diritto potestativo per la cui realizzazione non sarebbe sufficiente la
sola manifestazione di volontà, come di regola, ma occorrerebbe l'intermediazione di una
sentenza.
3. DISCIPLINA
La legge detta delle norme volte a regolare l'esercizio della servitù e i contrapposti
interessi dei proprietari di due fondi:
-
La servitù va esercitata in modo conforme al titolo e al possesso e in caso di dubbio, va
esercitata in modo da arrecare minor aggravio al fondo servente;
-
Il proprietario del fondo dominante non può fare innovazioni che rendono più gravosa la
condizione del fondo servente;
-
Il proprietario del fondo servente può trasferire l'esercizio della sua servitù in luogo
diverso da quello nel quale essa era stata stabilita originariamente, ma solo se tale
esercizio sia divenuto più gravoso o impedisca di fare lavori, riparazioni o miglioramenti;
-
Il proprietario del fondo dominante, nel fare le opere sul fondo servente, deve scegliere i
modi e i tempi che arrechino minore incomodo al proprietario del fondo servente;
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-
se il fondo dominante viene diviso, la servitù è a vantaggio di tutti i nuovi fondi, nei limiti in
cui non si renda più gravosa alla condizione del fondo servente.
4. TIPICITÀ
Il principio di tipicità in materia di diritti reali viene desunto dall’art. 832 c.c. secondo il
quale i limiti al diritto di proprietà possono essere stabiliti solo dalla legge.
Il principio ha ragioni storiche derivanti dalla concezione - ormai superata - della
proprietà come diritto pieno, ma ha anche un suo fondamento attuale derivante dall’esigenza
di garantire la libera circolazione della proprietà e la tutela dell’affidamento dei terzi: questi
ultimi possono conoscere e quindi essere chiamati a rispettare solo quei vincoli definiti dalla
legge e non quelli stabiliti dai contratti che hanno efficacia relativa.
In materia di tipicità si pone una specifica problematica relativamente alle servitù: invero
mentre le servitù coatte sono tipiche e nominate, nelle servitù volontarie solo lo schema è
tipizzato dal legislatore mentre il contenuto del diritto può essere definito dall’autonomia delle
parti.
È necessario quindi approfondire lo schema tipico di cui all’art. 1027 c.c. la cui
individuazione nelle fattispecie concrete previste dai soggetti interessati è essenziale per
comprendere se si rientri nella figura del diritto reale, ovvero se i privati nell'esercizio del loro
potere di autonomia abbiano inteso realizzare un rapporto obbligatorio.
Tre sono i caratteri indefettibili della servitù:
- l’utilità per il fondo dominante da valutarsi in termini oggettivi;
- l’esistenza di un peso che gravi sul fondo servente;
- l’appartenenza dei due fondi a proprietari diversi.
Quanto al primo elemento occorre affrontare le problematiche connesse al significato di
utilità.
Anzitutto questa deve essere valutata oggettivamente, in relazione alla funzione del
fondo e non agli interessi particolari della persona del proprietario (ad esempio la servitù di
costruire secondo un certo stile architettonico non realizza un’utilità oggettiva per il fondo e
non può integrare il contenuto del diritto reale di servitù).
In tale ottica non sono state ritenute ammissibili le servitù aziendali nelle quali il
collegamento funzionale è tra l'azienda ed il fondo e non tra i due fondi: si fa l'esempio della
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servitù di appoggio dell'insegna dell'azienda che per le ragioni esposte costituisce diritto di
credito.
Si può parlare di servitù solo quando il rapporto si instauri tra i due fondi: è questo il
caso di una servitù di acquedotto su fondo servente che sia funzionale all’industria esistente
sul fondo dominante.
L’utilità può essere anche futura (servitù di acqua in funzione di una futura determinata
destinazione agricola del fondo dominante).
Quanto al secondo elemento della servitù costituito dal peso gravante su un fondo va
specificato che questo non deve consistere in un asservimento totale: ad esempio non è
configurabile una servitù di prodotti del fondo servente in favore del fondo dominante.
Ciò viene desunto dal 1° comma dell’art. 1064 c.c. che nel prevedere l’estensione del
diritto di servitù specifica che esso comprende “tutto ciò che è necessario per usarne”,
mentre l’art. 1065 c.c. stabilisce quale regola interpretativa circa il contenuto della servitù che
questa deve ritenersi costituita in modo tale da soddisfare il bisogno del fondo dominante con
il minor aggravio per il fondo servente.
In altri termini il legislatore nel dettare la disciplina relativa al contenuto delle servitù si
preoccupa di tutelare il titolare del fondo servente il quale non può essere privato di tutte le
sue facoltà.
L'elemento in esame comunque evidenzia ulteriormente che il rapporto deve sussistere
tra i beni e non tra i soggetti, in quanto la maggiore utilità del fondo dominante deve derivare
direttamente dalle caratteristiche del fondo servente che consentano l'imposizione del peso.
Quanto al terzo elemento relativo all’appartenenza a diverso proprietario va specificato
che il principio non trova applicazione nell’ipotesi in cui il proprietario esclusivo di un fondo
sia comproprietario dell’altro fondo, né quando il proprietario dei due fondo ne abbia
concesso uno in usufrutto o in enfiteusi conservando per sé solo la nuda proprietà.
Sono ammesse inoltre le servitù reciproche che si realizzano quando i proprietari di due
fondi vicini concordino di imporre un peso sopra ciascun fondo; in tal caso si è in presenza
comunque di due distinti diritti reali per cui non è possibile invocare l’eccezione di
inadempimento nel caso di mancato rispetto della servitù da parte di uno dei contraenti.
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Le servitù reciproche vanno in ogni caso distinte dai limiti legali alla proprietà i quali
nascono automaticamente e non rappresentano un autonomo diritto ma costituiscono il
contenuto del medesimo diritto di proprietà.
È affermazione pacifica in dottrina che la servitù in quanto diritto reale non può
consistere in un obbligo di fare per il titolare del fondo servente, giacché l'utilità del fondo
dominante, come già osservato, deve essere tratta direttamente dall’altrui bene.
In altri termini ciò significa che il peso imposto sul fondo servente deve avere natura
reale e quindi è inammissibile in linea di principio porre attività a carico del titolare del fondo
servente.
Tuttavia l’art. 1030 c.c. ammette la possibilità di costituire obblighi esterni, accessori alla
servitù, in capo al titolare del fondo servente.
Tali obblighi possono essere stabiliti dall’accordo delle parti ovvero dalla legge.
La natura giuridica degli obblighi in esame è quella delle obbligazioni reali, data la loro
funzione strumentale rispetto all’esercizio della servitù.
Dalla natura di obbligazione propter rem deriva il carattere ambulatoriale per cui il
soggetto attivo o passivo dell’obbligazione muta con il mutare dei titolari dei fondi, sempre
che il rapporto obbligatorio risulti da atto scritto e debitamente trascritto ex art. 2645 c.c..
Dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che siano applicabili le norme sui
contratti in tema di inadempimento.
È quindi possibile che il titolare del fondo dominante richieda il risarcimento dei danni
per inadempimento contrattuale (azione che prescrive in dieci anni) ovvero eccepisca
l'inadempimento qualora da parte del titolare del fondo servente inadempiente gli venga
richiesto il corrispettivo pattuito.
Discussa è invece l’applicazione delle norme sulla eccessiva onerosità sopravvenuta.
Invero la dottrina la ammette in base alla considerazione che essa è compatibile con la ratio
della disciplina della servitù che prevede il minor aggravio del fondo servente secondo le
esigenze esistenti al momento della costituzione del diritto e con la natura contrattuale degli
obblighi imposti che consente il richiamo alle norme generali sulla risoluzione.
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La Suprema Corte, invece, sottolineando il carattere meramente accessorio degli
obblighi rispetto al contenuto essenziale della servitù - che deve conservare il suo carattere
prediale - esclude l'azione di risoluzione.
Il dibattito sulla disciplina relativa agli obblighi accessori della servitù deriva dalla
sempre maggiore difficoltà nel distinguere tra diritti reali di godimento e diritti personali di
godimento.
Invero in alcune servitù (ad esempio le servitù di non edificare) il soddisfacimento del
titolare dipende dal comportamento di colui che ha la disponibilità del fondo servente.
Tuttavia la distinzione tra diritto reale e diritto personale non è priva di rilievo in quanto
se il diritto è personale dovranno ritenersi ammissibili i rimedi previsti in materia obbligatoria,
quale ad esempio l’azione di inadempimento, mentre se il diritto è reale sarà ammissibile
l’azione possessoria.
Proprio in tale ottica e per maggior coerenza, una parte della giurisprudenza ha escluso
l'esperibilità in materia di inadempimento degli obblighi accessori delle azioni previste per i
rapporti obbligatori e ha sostenuto debbano, anche in tal caso, esperirsi le azioni
possessorie.
5. TIPOLOGIA
Si distinguono nel nostro ordinamento diverse tipologie di servitù:
- Apparenti e non apparenti. La differenza tra le due servitù è relativa alla esistenza o meno
di opere visibili e permanenti necessarie per l'esercizio delle servitù stesse.
In particolare la servitù può considerarsi apparente quando esistano opere permanenti
(artificiali o naturali) obiettivamente destinate al suo esercizio e tali da rivelare per la loro
struttura e funzionalità l'esistenza del peso gravante sul fondo servente.
In assenza di opere visibili la servitù si definisce non apparente (è questo il caso
scolastico della servitù di passaggio per la quale non esista nessuna opera stabile, ma solo
un sentiero naturalmente formatosi per il calpestio nel tempo).
Si discute invece se siano apparenti oppure no le servitù di luce e d'aria in quanto
benché esse si concretino in opere stabili non si potrebbe da esse argomentare in modo
obiettivo e non equivoco l'esistenza di un peso sulla proprietà contigua (il proprietario del
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fondo servente potrebbe limitarsi a tollerare la presenza delle luci: in tal senso Cassazione,
SS.UU., sentenza 21 novembre 1996, n. 10285).
Il legislatore nel distinguere all'art. 1061 c.c. tra le due figure di servitù esclude che le
servitù non apparenti possano essere acquisite per usucapione.
Se la ratio del divieto fosse da ravvisare nella impossibilità di configurare il possesso per
assenza di materialità dell'oggetto del diritto dovrebbe desumersi dalla norma anche la
esclusione di ogni forma di tutela possessoria.
Tuttavia il fondamento dell'art. 1061 c.c. è da ravvisare nei particolari requisiti che il
possesso ad usucapionem deve presentare ed in particolare nel carattere non clandestino
dovendo consentirsi al proprietario la possibilità di conoscere dell'altrui potere sulla cosa.
Ne deriva che la presenza di opere visibili e permanenti indicative di un transito
configura requisito solo ai fini dell'acquisto della servitù per usucapione o per destinazione
del padre di famiglia, mentre non è richiesta per la tutela possessoria essendo all'uopo
sufficiente la prova dell'esercizio della servitù di transito.
Esempio: non è opera visibile e permanente un sentiero formatosi sul fondo servente
per effetto del calpestio. Mentre, sarebbe un'opera visibile e permanente, un ponte.
-
Affermative e negative. Le prime consistono in un atteggiamento attivo da parte del
titolare (ovvero, l'esercizio del diritto) e il titolare del fondo servente deve solo subire la
altrui iniziativa. Le seconde, consentono al titolare di vietare al proprietario del fondo
servente, di svolgere una determinata attività (esempio: servitù di non edificare).
-
Continue e discontinue. La servitù di acquedotto è continua. La servitù di passaggio è
discontinua.
6. ESTINZIONE
L’estinzione delle Servitù Prediale avviene:
-
Per confusione: cioè quando si riunisce in una sola persona il diritto di proprietà del
fondo dominante e di quello servente;
-
per non uso: il diritto si prescrive quando la servitù non sia esercitata per 20 anni dal
momento in cui, con sufficiente certezza, sia dimostrabile che è cessato l'esercizio, o è
successo un fatto che ha reso l'uso impossibile;
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-
per inutilizzabilità e inutilità sopravvenute: il diritto non si estingue anche se vi è
l'impossibilità ad utilizzare la servitù o viene meno l'utilità della stessa, a meno che non
siano trascorsi 20 anni oppure a meno che il fondo perisca totalmente perché ad esempio
sommerso dalle acque in modo permanente. Invece, la servitù esercitata in modo atto a
trarne una minore utilità qualitativa o quantitativa non è motivo di estinzione della servitù;
-
estinzione enfiteusi: le servitù che sono state costituite a carico del fondo enfiteutico, si
estinguono quando si estingue il diritto di enfiteusi. Le servitù costituite dall'enfiteuta o
dall'usufruttario in favore del fondo sopravvivono all'estinzione dell'enfiteusi o
dell'usufrutto;
-
scadenza del termine: alle servitù volontarie potrebbe essere opposto un termine
(iniziale o finale) o una condizione (sospensiva o risolutiva). L'avverarsi della condizione
risolutiva o la scadenza del termine finale, determinerebbero l'estinzione.
Ma vi sono anche casi di soppressione della servitù quando viene meno il presupposto
di legge (esempio: l'interclusione del fondo) oppure quando il fondo muta destinazione.
L’occasione è gradita per porgere a tutti Voi i più cordiali saluti.
F.to IL PRESIDENTE
Per. Agr. Antonio LANDI
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