CRISTIANO CHIAMULERA*, GUIDO FUMAGALLI*, GIAMPAOLO VELO+* *Sezione di Farmacologia, Dipartimento di Sanità Pubblica e Medicina di Comunità, Università di Verona +Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, Verona TABACCO, FARMACI E INTERAZIONI INTRODUZIONE Fumare è l’atto comportamentale, complesso, dell’assumere nicotina. Il comportamento del fumare è regolato accuratamente – sia come frequenza che come intensità – in modo tale da mantenere stabili i livelli plasmatici della nicotina stessa (Benowitz, 2009). La nicotina raggiunge velocemente il cervello entro pochi secondi dall’inalazione. Nel sistema nervoso centrale la nicotina esercita così, rapidamente, i suoi effetti psicoattivi. L’azione recettoriale della nicotina viene esercitata tramite il legame ai recettori nicotinici, una sottoclasse di recettori colinergici i quali sono localizzati in diverse aree cerebrali (corteccia cerebrale, talamo, ipotalamo, ippocampo, gangli della base) e a livello periferico. La loro attivazione è in grado di influenzare parametri come la trasmissione di impulsi dal sistema nervoso centrale agli organi periferici, lo sviluppo o la degenerazione neurale e le funzioni cognitive (Broide & Leslie, 1999; Dani & De Biasi, 2001). I farmaci attualmente raccomandati per il trattamento del paziente tabagista agiscono sui meccanismi neurochimici che risultano alterati dalla esposizione cronica alla nicotina fumata con la sigaretta. Le linee guida internazionali e nazionali raccomandano, in base alle evidenze cliniche, alcuni trattamenti farmacologici efficaci per la prevenzione della ricaduta al fumo di tabacco (CPC, 2008; OSSFAD, 2008). Questi sono i sostitutivi della nicotina, detti anche NRT (nicotine replacement therapy), ed i farmaci bupropione e vareniclina. Gli NRT forniscono un supporto farmacologico alla terapia integrata, basandosi sul concetto di sostituzione della nicotina assunta tramite la sigaretta con quella introdotta terapeuticamente attraverso diverse vie di somministrazione come i cerotti, le gomme e gli inalatori. Questo approccio terapeutico pragmaticamente allontana il fumatore dalle sostanze tossiche inalate, ma non cura la dipendenza che diventa così il bersaglio dell’intervento psicologico e motivazionale. Il bupropione è invece un vero e proprio farmaco in quanto agisce modulando la trasmissione neurochimica mediata da dopamina e noradrenalina, con un conseguente effetto sul meccanismo della dipendenza da nicotina. Bupropione induce attenuazione del desiderio di fumare, della sindrome da astinenza, previene la ricaduta, ed inoltre permette il controllo del peso. NRT e bupropione presentano ormai una ricca letteratura scientifica di provata efficacia clinica, associata ad una buona tollerabilità, ma presentano anche delle controindicazioni e necessitano cautele nelle modalità d’uso che portano alla raccomandazione di un loro utilizzo sotto il controllo di personale professionalmente competente. Quaderni della SIF (2014) vol. 38-28 La terapia farmacologica della disassuefazione da fumo presenta oggi nuove prospettive. Vareniclina, un farmaco recentemente introdotto in terapia, possiede le caratteristiche di agonista parziale dei recettori colinergici del tipo nicotinico. La somministrazione di vareniclina permette in modo concomitante di stimolare debolmente il recettore nicotinico quando la nicotina non è più disponibile, ma anche di antagonizzarla nel caso venga occasionalmente riassunta durante la ricaduta. Questo meccanismo recettoriale si è dimostrato efficace in clinica nella prevenzione della ricaduta nei fumatori, con limitati eventi avversi. Alla dose di 1 mg 2 volte al giorno, associata al counselling breve settimanale, per un totale di 12 settimane di trattamento, vareniclina si è dimostrata efficace nel prevenire la ricaduta al fumo di sigaretta: a 3 mesi la percentuale d’astinenza è stata 44% vs. 18% nel gruppo trattato con placebo e 30% nel gruppo trattato con bupropione. Ad 1 anno, gli astinenti erano rispettivamente 23%, 10%, 15%, suggerendo così un significativo miglioramento del profilo di efficacia nei confronti dei trattamenti esistenti (Cahill et al., 2007). È fondamentale tuttavia ricordare che esistono diverse tipologie di fumatori, dove il fattore individuale è di estrema importanza per la scelta della terapia più efficace. L’aumento dell’efficacia è conseguibile mediante l’intervento integrato e in ottime condizioni di buona tollerabilità al farmaco. La tollerabilità è il fattore principale per l’aderenza alla terapia e per il conseguimento e mantenimento dell’efficacia stessa. Gli eventi avversi dei farmaci di prima scelta sono di lieve o moderata intensità, scompaiono con il tempo, sono risolvibili dal punto di vista medico, spesso si confondono con i sintomi d’astinenza. Tuttavia, non sono accettati dal fumatore sano il quale – non considerandosi un malato – non tollera la comparsa di sintomi assenti prima del trattamento di disassuefazione con il farmaco. Il tabagismo come anticamera ai problemi fumo-correlati Il problema è che nemmeno il medico – nonostante la conoscenza dei problemi fumo-correlati – percepisce il tabagismo come una priorità di intervento. Spesso la sua attenzione si focalizza legittimamente sulla gestione dell’urgenza e della gravità del sintomo, anche trascurando involontariamente le possibili interazioni con il fumo di tabacco. Il fumo contiene più di 9000 sostanze (Rodgman & Perfetti, 2013). Molte di queste sono cancerogene, nocive in acuto e – in cronico – potenziali fattori di rischio per numerose patologie correlate. La nicotina, inducendo la dipendenza tabagica, pone il soggetto fumatore in una situazione di maggior probabilità di continuare a fumare per molti anni, esponendosi anche alle altre “8999” sostanze. È ormai dichiarato da molti anni dall’OMS che il fumo di tabacco è la principale causa di morte prevenibile. Nel 2011, il tabacco ha ucciso circa 6 millioni di persone al mondo, di cui 700.000 in Europa (Eriksen et al., 2012). Il problema dell’interazione tra farmaci Il fumatore deve essere consapevole che l’esposizione a questo miscuglio di sostanze non solo espone il soggetto sano al rischio di patologie, ma può inoltre alterare l’effetto terapeutico dei farmaci nel soggetto ammalato. Infatti, si è visto che il fumo di tabacco può modificare l’efficacia e la tollerabilità di numerosi farmaci agendo sulle loro caratteristiche farmacodinamiche e farmacocinetiche. Chiunque, sano o malato, ha un’alta probabilità di assumere un farmaco. L’impatto dell’interazione fumo e farmaci non è trascurabile considerando che in Italia circa un quinto della popolazione fuma, e nel mondo si contano circa 1.3 miliardi di fumatori. Inoltre, in alcune categorie di pazienti (per esempio coloro che assumono farmaci per disturbi neuropsichiatrici) l’alta comorbidità con il fumo di sigaretta rende maggiormente probabile una risposta imprevista al trattamento farmacologico, sia in termini di efficacia sia di potenziali eventi avversi. In generale l’interazione tra farmaci modifica nell’intensità e nella durata gli effetti farmacologici degli stessi. Si ricorda che l’interazione farmacocinetica tra farmaci è nota come il fattore più rilevante per l’insorgenza di eventi avversi. La principale interazione tra fumo di tabacco e farmaci si è vista essere a livello dell’interazione farmacocinetica. La modifica imprevista di assorbimento, distribuzione, metabolismo ed eliminazione di un farmaco può portare non solo a una modificata efficacia (per es. effetto terapeutico ridotto), ma anche a un’alterata tollerabilità, con aumentata incidenza di eventi avversi anche gravi. La segnalazione di eventi avversi e la ricerca di base e clinica hanno evidenziato numerose interazioni tra farmaci e fumo a causa degli effetti di quest’ultimo sull’attività degli isoenzimi metabolici del citocromo P450. La famiglia del citocromo P450 (CYP) consiste di numerosi isoenzimi (circa 30 identificati ad oggi) localizzati a livello epatico, ed in minor misura nell’apparato respiratorio, gastrointestinale, renale, cutaneo e nel sistema nervoso centrale. Circa 7 di questi isoenzimi metabolizzano la maggior parte dei farmaci. Le interazioni tra farmaci e sostanze sono riconducibili a due tipi di fenomeni enzimatici: inibizione e induzione. L’inibizione può avvenire quando c’è un comune legame allo stesso isoenzima, con conseguente competizione e riduzione del metabolismo per la sostanza/ farmaco meno affine. Dal punto di vista farmacologico questo si traduce in genere in aumentata biodisponibilità sistemica del farmaco meno affine, con rischio di sovradosaggio ed eventi avversi. L’induzione consiste invece in una risposta adattativa di maggiore attività dell’isoenzima, metabolismo, r cacia. A differe può richiedere g Il fumo: no Quale tra le 9 fumo di sigaret bili dell’interazi che – presi sep aromatici polic tracene, fenan carbonio, e m nichel e cromo bizione e/o indu nowitz 1999). N idrocarburi aro anche CYP1A1 e re aumentati d compensare l’a tico di primo p da fumo rispris richiedendo qui di farmaco nel sazione da fum livelli plasmatic fumatore a risc peutiche di mar possiedono far na, olanzapina e & Fuhr 2004). È interessante n non induca effe zione sull’isoen importanza, com te terapeutiche tabagismo. Que caratterizzato p l’effetto farmac sostanze conte ovvio che la pre rende impossib litica e sistema responsabili del tore è comunqu Livelli ema antipsicotic anticoagula cardiovasc Come detto sop dell’interazione nzima CYP1A2 c ne dell’attività e è marcatament nei non fumato dalla quantità d quantità delle s ne da fumo rap di CYP1A2, feno settimana. L’ind a un aumentato sono del tutto questo isoenzim pina, propossife A questo livello all’interazione p cotici clozapina Quader TABACCO, FARMACI E INTERAZIONI INTRODUZIONE Fumare è l’atto comportamentale, complesso, dell’assumere nicotina. Il comportamento del fumare è regolato accuratamente – sia come frequenza che come intensità – in modo tale da mantenere stabili i livelli plasmatici della nicotina stessa (Benowitz, 2009). La nicotina raggiunge velocemente il cervello entro pochi secondi dall’inalazione. Nel sistema nervoso centrale la nicotina esercita così, rapidamente, i suoi effetti psicoattivi. L’azione recettoriale della nicotina viene esercitata tramite il legame ai recettori nicotinici, una sottoclasse di recettori colinergici i quali sono localizzati in diverse aree cerebrali (corteccia cerebrale, talamo, ipotalamo, ippocampo, gangli della base) e a livello periferico. La loro attivazione è in grado di influenzare parametri come la trasmissione di impulsi dal sistema nervoso centrale agli organi periferici, lo sviluppo o la degenerazione neurale e le funzioni cognitive (Broide & Leslie, 1999; Dani & De Biasi, 2001). I farmaci attualmente raccomandati per il trattamento del paziente tabagista agiscono sui meccanismi neurochimici che risultano alterati dalla esposizione cronica alla nicotina fumata con la sigaretta. Le linee guida internazionali e nazionali raccomandano, in base alle evidenze cliniche, alcuni trattamenti farmacologici efficaci per la prevenzione della ricaduta al fumo di tabacco (CPC, 2008; OSSFAD, 2008). Questi sono i sostitutivi della nicotina, detti anche NRT (nicotine replacement therapy), ed i farmaci bupropione e vareniclina. Gli NRT forniscono un supporto farmacologico alla terapia integrata, basandosi sul concetto di sostituzione della nicotina assunta tramite la sigaretta con quella introdotta terapeuticamente attraverso diverse vie di somministrazione come i cerotti, le gomme e gli inalatori. Questo approccio terapeutico pragmaticamente allontana il fumatore dalle sostanze tossiche inalate, ma non cura la dipendenza che diventa così il bersaglio dell’intervento psicologico e motivazionale. Il bupropione è invece un vero e proprio farmaco in quanto agisce modulando la trasmissione neurochimica mediata da dopamina e noradrenalina, con un conseguente effetto sul meccanismo della dipendenza da nicotina. Bupropione induce attenuazione del desiderio di fumare, della sindrome da astinenza, previene la ricaduta, ed inoltre permette il controllo del peso. NRT e bupropione presentano ormai una ricca letteratura scientifica di provata efficacia clinica, associata ad una buona tollerabilità, ma presentano anche delle controindicazioni e necessitano cautele nelle modalità d’uso che portano alla raccomandazione di un loro utilizzo sotto il controllo di personale professionalmente competente. . 38-28 La terapia farmacologica della disassuefazione da fumo presenta oggi nuove prospettive. Vareniclina, un farmaco recentemente introdotto in terapia, possiede le caratteristiche di agonista parziale dei recettori colinergici del tipo nicotinico. La somministrazione di vareniclina permette in modo concomitante di stimolare debolmente il recettore nicotinico quando la nicotina non è più disponibile, ma anche di antagonizzarla nel caso venga occasionalmente riassunta durante la ricaduta. Questo meccanismo recettoriale si è dimostrato efficace in clinica nella prevenzione della ricaduta nei fumatori, con limitati eventi avversi. Alla dose di 1 mg 2 volte al giorno, associata al counselling breve settimanale, per un totale di 12 settimane di trattamento, vareniclina si è dimostrata efficace nel prevenire la ricaduta al fumo di sigaretta: a 3 mesi la percentuale d’astinenza è stata 44% vs. 18% nel gruppo trattato con placebo e 30% nel gruppo trattato con bupropione. Ad 1 anno, gli astinenti erano rispettivamente 23%, 10%, 15%, suggerendo così un significativo miglioramento del profilo di efficacia nei confronti dei trattamenti esistenti (Cahill et al., 2007). È fondamentale tuttavia ricordare che esistono diverse tipologie di fumatori, dove il fattore individuale è di estrema importanza per la scelta della terapia più efficace. L’aumento dell’efficacia è conseguibile mediante l’intervento integrato e in ottime condizioni di buona tollerabilità al farmaco. La tollerabilità è il fattore principale per l’aderenza alla terapia e per il conseguimento e mantenimento dell’efficacia stessa. Gli eventi avversi dei farmaci di prima scelta sono di lieve o moderata intensità, scompaiono con il tempo, sono risolvibili dal punto di vista medico, spesso si confondono con i sintomi d’astinenza. Tuttavia, non sono accettati dal fumatore sano il quale – non considerandosi un malato – non tollera la comparsa di sintomi assenti prima del trattamento di disassuefazione con il farmaco. Il tabagismo come anticamera ai problemi fumo-correlati Il problema è che nemmeno il medico – nonostante la conoscenza dei problemi fumo-correlati – percepisce il tabagismo come una priorità di intervento. Spesso la sua attenzione si focalizza legittimamente sulla gestione dell’urgenza e della gravità del sintomo, anche trascurando involontariamente le possibili interazioni con il fumo di tabacco. Il fumo contiene più di 9000 sostanze (Rodgman & Perfetti, 2013). Molte di queste sono cancerogene, nocive in acuto e – in cronico – potenziali fattori di rischio per numerose patologie correlate. La nicotina, inducendo la dipendenza tabagica, pone il soggetto fumatore in una situazione di maggior probabilità di continuare a fumare per molti anni, esponendosi anche alle altre “8999” sostanze. È ormai dichiarato da molti anni dall’OMS che il fumo di tabacco è la principale causa di morte prevenibile. Nel 2011, il tabacco ha ucciso circa 6 millioni di persone al mondo, di cui 700.000 in Europa (Eriksen et al., 2012). Il problema dell’interazione tra farmaci Il fumatore deve essere consapevole che l’esposizione a questo miscuglio di sostanze non solo espone il soggetto sano al rischio di patologie, ma può inoltre alterare l’effetto terapeutico dei farmaci nel soggetto ammalato. Infatti, si è visto che il fumo di tabacco può modificare l’efficacia e la tollerabilità di numerosi farmaci agendo sulle loro caratteristiche farmacodinamiche e farmacocinetiche. Chiunque, sano o malato, ha un’alta probabilità di assumere un farmaco. L’impatto dell’interazione fumo e farmaci non è trascurabile considerando che in Italia circa un quinto della popolazione fuma, e nel mondo si contano circa 1.3 miliardi di fumatori. Inoltre, in alcune categorie di pazienti (per esempio coloro che assumono farmaci per disturbi neuropsichiatrici) l’alta comorbidità con il fumo di sigaretta rende maggiormente probabile una risposta imprevista al trattamento farmacologico, sia in termini di efficacia sia di potenziali eventi avversi. In generale l’interazione tra farmaci modifica nell’intensità e nella durata gli effetti farmacologici degli stessi. Si ricorda che l’interazione farmacocinetica tra farmaci è nota come il fattore più rilevante per l’insorgenza di eventi avversi. La principale interazione tra fumo di tabacco e farmaci si è vista essere a livello dell’interazione farmacocinetica. La modifica imprevista di assorbimento, distribuzione, metabolismo ed eliminazione di un farmaco può portare non solo a una modificata efficacia (per es. effetto terapeutico ridotto), ma anche a un’alterata tollerabilità, con aumentata incidenza di eventi avversi anche gravi. La segnalazione di eventi avversi e la ricerca di base e clinica hanno evidenziato numerose interazioni tra farmaci e fumo a causa degli effetti di quest’ultimo sull’attività degli isoenzimi metabolici del citocromo P450. La famiglia del citocromo P450 (CYP) consiste di numerosi isoenzimi (circa 30 identificati ad oggi) localizzati a livello epatico, ed in minor misura nell’apparato respiratorio, gastrointestinale, renale, cutaneo e nel sistema nervoso centrale. Circa 7 di questi isoenzimi metabolizzano la maggior parte dei farmaci. Le interazioni tra farmaci e sostanze sono riconducibili a due tipi di fenomeni enzimatici: inibizione e induzione. L’inibizione può avvenire quando c’è un comune legame allo stesso isoenzima, con conseguente competizione e riduzione del metabolismo per la sostanza/ farmaco meno affine. Dal punto di vista farmacologico questo si traduce in genere in aumentata biodisponibilità sistemica del farmaco meno affine, con rischio di sovradosaggio ed eventi avversi. L’induzione consiste invece in una risposta adattativa di maggiore attività dell’isoenzima, con conseguente aumento del metabolismo, ridotta biodisponibilità ed efficacia. A differenza dell’inibizione, l’induzione può richiedere giorni per manifestarsi. Il fumo: non solo nicotina Quale tra le 9000 sostanze contenute nel fumo di sigaretta possono essere responsabili dell’interazione con i farmaci? Si è visto che – presi separatamente – gli idrocarburi aromatici policiclici, come benzopirene, antracene, fenantrene, gas come l’ossido di carbonio, e metalli pesanti come cadmio, nichel e cromo sono in grado di indurre inibizione e/o induzione enzimatica (Zevin & Benowitz 1999). Nello specifico si è visto che gli idrocarburi aromatici inducono CYP1A2, ma anche CYP1A1 e CYP2E1, e ciò può richiedere aumentati dosaggi di diversi farmaci per compensare l’aumentato metabolismo epatico di primo passaggio. La disassuefazione da fumo rispristina il normale metabolismo, richiedendo quindi un monitoraggio dei livelli di farmaco nel paziente trattato per la cessazione da fumo di sigaretta. Gli aumentati livelli plasmatici possono mettere il paziente fumatore a rischio di superare finestre terapeutiche di margine ridotto, come quelle che possiedono farmaci come warfarin, clozapina, olanzapina e teofillina (Burns 1999, Faber & Fuhr 2004). È interessante notare come la nicotina invece non induca effetti rilevanti d’inibizione o induzione sull’isoenzima CYP. Questi dati hanno importanza, come vedremo dopo, sulle scelte terapeutiche relative al trattamento del tabagismo. Quello che invece è ampiamente caratterizzato per la sua rilevanza clinica è l’effetto farmacologico del complesso mix di sostanze contenuto nel fumo di sigaretta. È ovvio che la presenza di centinaia di composti rende impossibile una caratterizzazione analitica e sistematica di quali componenti siano responsabili delle interazioni rilevanti. Il fumatore è comunque e sempre esposto a tutte. Livelli ematici alterati per antipsicotici, antidepressivi, anticoagulanti e farmaci cardiovascolari Come detto sopra, l’effetto più caratterizzato dell’interazione con il fumo è quello sull’isoenzima CYP1A2 che si manifesta come induzione dell’attività enzimatica. L’attività di CYP1A2 è marcatamente più alta nei fumatori forti che nei non fumatori. Questa induzione dipende dalla quantità di fumo ispirato e quindi dalla quantità delle sostanze inalate. La cessazione da fumo rapidamente normalizza l’attività di CYP1A2, fenomeno che si raggiunge in una settimana. L’induzione di CYP1A2 corrisponde a un aumentato metabolismo dei farmaci che sono del tutto od in parte metabolizzati da questo isoenzima, come imipramina, clozapina, propossifene, propranololo, verapamil. A questo livello, i farmaci che vanno incontro all’interazione più importante sono gli antipsicotici clozapina e olanzapina (Meyer, 2001; Quaderni della SIF (2014) vol. 38-29 Zullino et al. 2002; Bondolfi et al. 2005; Derenne & Baldessarini 2005; Sandson et al. 2007; Brownlowe & Sola 2008). L’interazione con il fumo comporta un aumentato metabolismo e ridotta concentrazione plasmatica dei due farmaci. Bastano anche 7-12 sigarette al giorno per esercitare la massima induzione, e quindi la necessità di un aumento del 50% del dosaggio di clozapina per mantenerne concentrazioni plasmatiche terapeutiche. Ne consegue che la cessazione improvvisa e non controllata del fumare può portare a un rapido reversal dell’induzione e ridotta clearance dell’antipsicotico. Si è osservato come alla cessazione da fumo, possano aumentare del 72% i livelli plasmatici di clozapina. I dosaggi di clozapina e olanzapina devono essere monitorati e stabilizzati a circa il 10% di riduzione del dosaggio, e fino al quarto giorno dopo la cessazione. È importante operare una riduzione del 36% nella prima settimana di cessazione (Derenne & Baldessarini 2005; Skogh et al. 1999, Meyer 2001, de Leon et al. 2005). Precauzioni simili di monitoraggio sono raccomandate per antidepressivi (per esempio, fluvoxamina, dove dosaggi più alti potrebbero essere necessari nei fumatori), ansiolitici come diazepam (di cui si raccomanda il monitoraggio a causa della aumentata clearance di 3 volte presumibilmente a causa della induzione di CYP1A2) e warfarin. Quest’ultimo può presentare un maggiore metabolismo e minore attività a causa dell’interazione con il fumo, con aumenti dei livelli plasmatici e riduzione della clearance entrambi del 13% durante la cessazione (Bachmann et al., 1979). Recenti studi hanno infatti dimostrato come il dosaggio di warfarin dovrebbe essere ridotto del 14-23% nei fumatori in trattamento di disassuefazione (Evans & Lewis, 2005). Anche per propranololo, la cui clearance aumenta del 70% con il fumo, e naratriptan (aumento del 36%) è necessario porre attenzione agli aumentati livelli alla cessazione. Un’altra classe d’isoenzimi CYP su cui agisce il fumo di tabacco è CYP2B6. Farmaci cardiovascolari come clopidogrel e il nuovo antiaggregante della stessa classe prasugrel sono convertiti in metaboliti attivi da diversi CYP, ma in particolare da CYP1A2 e CYP2B6. Il potenziale aumento di attività di questi farmaci è stato dimostrato da dati che confermano una ridotta aggregazione piastrinica nei fumatori. Infine, l’ampiamente utilizzata teofillina, metabolizzata dal CYP1A2, presenta una clearance ridotta del 37% dopo cessazione del fumo, richiedendo quindi una riduzione del 25-30% del dosaggio (Lee et al.1987). La lista delle interazioni farmacologiche mediata dal fumo di sigaretta a livello di CYP è lunga e ancora in divenire: calcio antagonisti, furosemide, cortisonici inalatori, contraccettivi. Si pensi, l’interazione avviene anche con la caffeina: il fumatore può arrivare a necessitarne fino a quattro volte il dosaggio per avere la stessa concentrazione plasmatica dei non fumatori – quadruplicando il numero di caffè giornalieri! Quaderni della SIF (2014) vol. 38-30 Necessità di monitoraggio ne per esempio nei Servizi delle Dipendenze). Nonostante le linee guida internazionali e italiane sottolineino la natura neurofarmacologica della tossicodipendenza da nicotina e tabacco, e l’efficacia dei trattamenti farmacologici e della loro integrazione con interventi psico-sociali, le specializzazioni prevalenti nei CTT vedono pneumologi, piscologici, educatori sanitari. La diffusione del fumare tabacco, ed il fatto che chiunque ne sia potenzialmente esposto sin dalla nascita, contribuisce ad una “normale consuetudine” del fenomeno. Di conseguenza, oltre all’utilizzo di definizioni “giustificative”: il fumo è un vizio, oppure, una cattiva abitudine, è importante quindi procedere ad una migliore conoscenza e consapevolezza delle conseguenze anche non evidenti, indirette, del fumare. Dal punto di vista clinico farmacologico è fondamentale conoscere lo status del fumatore e l’entità giornaliera del fumare, in modo da adeguare il trattamento farmacologico alle possibili modifiche indotte da interazioni. Anche nella cessazione, la buona pratica impone una riconsiderazione dei dosaggi dei farmaci assunti. Comunque, la cessazione da fumo deve essere sempre considerata una priorità. Ed è importante segnalare come nessuno dei trattamenti raccomandati per la cessazione da fumo interagisca con il fumo di sigaretta. Il ruolo dei farmacologi nella ricerca, nell’intervento e nell’educazione sanitaria sul tabagismo Il ruolo dei farmacologi è duplice, ovvero sia come esperti di farmaci, sia come esperti di una dipendenza farmacologica come il tabagismo. La farmacologia italiana ha sviluppato nel nostro paese una rete di monitoraggio e sorveglianza degli eventi avversi da farmaci, in parte dovuti appunto all’interazione tra i farmaci stessi. I nostri colleghi farmacologi esperti di farmacovigilanza hanno evidenziato e messo in allerta riguardo alle interazioni tra farmaci e sostanze assunte per svariate ragioni non farmacologiche, come prodotti erboristici e alimenti. Il numero di possibilità di combinazioni tra sostanze è molto elevato, e sono solo limitatamente prevedibili con la ricerca preclinica. Allora immaginiamo le incognite delle possibili combinazioni avverse tra farmaci e le migliaia di sostanze contenute nel fumo di tabacco. La farmacologia italiana ha inoltre sviluppato un’expertise riconosciuta a livello internazionale nella ricerca sulle tossicodipendenze. La nostra esperienza è quotidianamente diffusa nelle aule universitarie e nell’educazione sanitaria, permettendo così la formazione e l’aggiornamento di clinici e operatori nel campo delle dipendenze, e non solo. Tuttavia, nonostante la ricerca sulla dipendenza nicotinica veda molti gruppi di ricerca farmacologica italiana attivi (come evidenziato dall’alto numero di abstract presentati al recente convegno monotematico SIF di Verona del Gruppo di Lavoro SIF sulle Dipendenze), bisogna purtroppo constatare una ridotta presenza dei farmacologi nell’assistenza sanitaria in questo campo. Nel Centri di Trattamento del Tabagismo (CTT) del Sistema Sanitario Nazionale censiti dall’ISS sono purtroppo pochi gli operatori con specializzazione farmaco-tossicologica (al contrario di quanto invece avvie- Una possibile soluzione è agire in una fase precoce, ovvero nell’educazione dei futuri operatori a partire dalle aule universitarie. Un gruppo di ricerca coordinato dalla collega Prof. Maria Caterina Grassi (Università di Roma Sapienza) già a partire dal 2009 ha intrapreso un lungo percorso sperimentale basato sull’ipotesi che l’istruzione universitaria, durante le lezioni di farmacologia su tabagismo, fumo e problemi-correlati (incluse le interazioni farmacologiche), possa non solo cambiare percezioni e credenze dei nostri stu- denti di medicin se opportunam anche farmaco di conoscenze c et al., 2014). Rit mentali di quest ti anche i colleg Nencini, Patron siano di fondam porre l’inserime nei curricula f enfasi quindi c di portare il co petenza della f linea nella lotta fumo-correlati. Ringraziam Si desidera ring Fumagalli per l REFERENZE 1. Bachmann K, Shapiro R, Fulton R, Carroll FT & Sullivan TJ (1979) Smoking and warfarin disposition. Clinical 25, 309–315. 2. Benowitz NL (2009) Pharmacology of nicotine: addiction, smoking-induced disease, and therapeutics. Ann Toxicology. 2009; 49: 57-71. 3. Bondolfi G, Morel F, Cretto S, Rachid F, Baumann P & Rap CB (2005) Increased clozapine plasma concentra smoking cessation in 2 CYP1A2 genotyped patients. Therapeutic Drug Monitoring 27, 539–543. 4. Broide RS & Leslie FM. (1999) The alpha7 nicotinic acetylcholine receptor in neuronal plasticity. Molecular Ne 5. Brownlowe K & Sola C (2008) Clozapine toxicity in smoking cessation and with ciprofloxacin. Psychosomatic 6. Burns M (1999) Management of narrow therapeutic index drugs. Journal of Thrombosis and Thrombolysis 7 7. Cahill K, Stead LF, Lancaster T. (2007) Nicotine receptor partial agonists for smoking cessation. Cochrane CD006103. 8. Clinical Practice Guideline Treating Tobacco Use and Dependence 2008 Update Panel, A clinical practice guide dependence: 2008 update. A U.S. Public Health Service report. Liaisons, and Staff. Am J Prev Med. 2008 Aug 9. Dani JA & De Biasi M. (2001) Cellular mechanisms of nicotine addiction. Pharmacology Biochemistry and Beh 10. Dani JA, Ji D, Zhou FM. (2001)Synaptic plasticity and nicotine addiction. Neuron; 31: 349-352. 11. de Leon J, Armstrong SC & Cozza KL (2005) The dosing of atypical antipsychotics. Psychosomatics 46, 262– 12. Derenne JL & Baldessarini RJ (2005) Clozapine toxicity associated with smoking cessation: case report. Ame 469–471. 13. Eriksen M, Mackay J, Ross H, 2012. The Tobacco Atlas (Revised 4th Ed). [Online] http://www.tobaccoatlas.org 14. Evans M & Lewis GM (2005) Increase in international normalized ratio after smoking cessation in a patient r rapy 25, 1656–1659. 15. Faber MS & Fuhr U (2004) Time response of cytochrome P450 1A2 activity on cessation of heavy smoking rapeutics 76, 178–184. 16. Grassi MC, Chiamulera C, Baraldo M, Culasso F, Ferketich AK, Raupach T, Patrono C, Nencini P (2012) Cigarette tions among students in four Italian medical schools. Nicotine and Tobacco Research. 14: 1065-1072. 17. Grassi MC, Baraldo M, Chiamulera C, Culasso F, Raupach T, Ferketich AK, Patrono C, Nencini P (2014) Knowle rette Smoking and Quitting among Italian University Students: The Importance of Teaching Nicotine Depende Curriculum, BioMed Research International Article ID 321657 (in press). 18. International Agency for Research on Cancer. World Cancer report. Lyon, IARC Press; 2003. 19. Lee BL, Benowitz NL & Jacob P (1987) Cigarette abstinence, nicotine gum and theophylline disposition. Annals o 20. Meyer JM (2001) Individual changes in clozapine levels after smoking cessation: results and a predictive mode macology 21, 569–574. 21. Osservatorio Fumo Alcol Droga, Istituo Superiore di Sanità (2008) Linee guida per promuovere la cessazion http://www.iss.it/fumo/index.php?lang=1&id=146&tipo=19 (accessed April 2014). 22. Rodgman A, Perfetti TA, 2013. The chemical components of tobacco and tobacco smoke (2ed). Florida, USA: C 23. Sandson NB, Cozza KL, Armstrong SC, Eckermann G, Fischer BA & Phillips B (2007) Clozapine case series. Ps 24. Skogh E, Bengtsson F & Nordin C (1999) Could discontinuing smoking be hazardous for patients administer report. Therapeutic Drug Monitoring 21, 580-582. 25. Zevin S & Benowitz NL (1999) Drug interactions with tobacco smoking: an update. Clinical Pharmacokinetics 26. Zullino DF, Delessert D, Eap CB, Preisig M & Baumann P (2002) Tobacco and cannabis smoking cessation can or olanzapine. International Clinical Psychopharmacology 17, 141–143. Quader Zullino et al. 2002; Bondolfi et al. 2005; Derenne & Baldessarini 2005; Sandson et al. 2007; Brownlowe & Sola 2008). L’interazione con il fumo comporta un aumentato metabolismo e ridotta concentrazione plasmatica dei due farmaci. Bastano anche 7-12 sigarette al giorno per esercitare la massima induzione, e quindi la necessità di un aumento del 50% del dosaggio di clozapina per mantenerne concentrazioni plasmatiche terapeutiche. Ne consegue che la cessazione improvvisa e non controllata del fumare può portare a un rapido reversal dell’induzione e ridotta clearance dell’antipsicotico. Si è osservato come alla cessazione da fumo, possano aumentare del 72% i livelli plasmatici di clozapina. I dosaggi di clozapina e olanzapina devono essere monitorati e stabilizzati a circa il 10% di riduzione del dosaggio, e fino al quarto giorno dopo la cessazione. È importante operare una riduzione del 36% nella prima settimana di cessazione (Derenne & Baldessarini 2005; Skogh et al. 1999, Meyer 2001, de Leon et al. 2005). Precauzioni simili di monitoraggio sono raccomandate per antidepressivi (per esempio, fluvoxamina, dove dosaggi più alti potrebbero essere necessari nei fumatori), ansiolitici come diazepam (di cui si raccomanda il monitoraggio a causa della aumentata clearance di 3 volte presumibilmente a causa della induzione di CYP1A2) e warfarin. Quest’ultimo può presentare un maggiore metabolismo e minore attività a causa dell’interazione con il fumo, con aumenti dei livelli plasmatici e riduzione della clearance entrambi del 13% durante la cessazione (Bachmann et al., 1979). Recenti studi hanno infatti dimostrato come il dosaggio di warfarin dovrebbe essere ridotto del 14-23% nei fumatori in trattamento di disassuefazione (Evans & Lewis, 2005). Anche per propranololo, la cui clearance aumenta del 70% con il fumo, e naratriptan (aumento del 36%) è necessario porre attenzione agli aumentati livelli alla cessazione. Un’altra classe d’isoenzimi CYP su cui agisce il fumo di tabacco è CYP2B6. Farmaci cardiovascolari come clopidogrel e il nuovo antiaggregante della stessa classe prasugrel sono convertiti in metaboliti attivi da diversi CYP, ma in particolare da CYP1A2 e CYP2B6. Il potenziale aumento di attività di questi farmaci è stato dimostrato da dati che confermano una ridotta aggregazione piastrinica nei fumatori. Infine, l’ampiamente utilizzata teofillina, metabolizzata dal CYP1A2, presenta una clearance ridotta del 37% dopo cessazione del fumo, richiedendo quindi una riduzione del 25-30% del dosaggio (Lee et al.1987). La lista delle interazioni farmacologiche mediata dal fumo di sigaretta a livello di CYP è lunga e ancora in divenire: calcio antagonisti, furosemide, cortisonici inalatori, contraccettivi. Si pensi, l’interazione avviene anche con la caffeina: il fumatore può arrivare a necessitarne fino a quattro volte il dosaggio per avere la stessa concentrazione plasmatica dei non fumatori – quadruplicando il numero di caffè giornalieri! . 38-30 ne per esempio nei Servizi delle Dipendenze). Nonostante le linee guida internazionali e italiane sottolineino la natura neurofarmacologica della tossicodipendenza da nicotina e tabacco, e l’efficacia dei trattamenti farmacologici e della loro integrazione con interventi psico-sociali, le specializzazioni prevalenti nei CTT vedono pneumologi, piscologici, educatori sanitari. Necessità di monitoraggio La diffusione del fumare tabacco, ed il fatto che chiunque ne sia potenzialmente esposto sin dalla nascita, contribuisce ad una “normale consuetudine” del fenomeno. Di conseguenza, oltre all’utilizzo di definizioni “giustificative”: il fumo è un vizio, oppure, una cattiva abitudine, è importante quindi procedere ad una migliore conoscenza e consapevolezza delle conseguenze anche non evidenti, indirette, del fumare. Dal punto di vista clinico farmacologico è fondamentale conoscere lo status del fumatore e l’entità giornaliera del fumare, in modo da adeguare il trattamento farmacologico alle possibili modifiche indotte da interazioni. Anche nella cessazione, la buona pratica impone una riconsiderazione dei dosaggi dei farmaci assunti. Comunque, la cessazione da fumo deve essere sempre considerata una priorità. Ed è importante segnalare come nessuno dei trattamenti raccomandati per la cessazione da fumo interagisca con il fumo di sigaretta. Il ruolo dei farmacologi nella ricerca, nell’intervento e nell’educazione sanitaria sul tabagismo Il ruolo dei farmacologi è duplice, ovvero sia come esperti di farmaci, sia come esperti di una dipendenza farmacologica come il tabagismo. La farmacologia italiana ha sviluppato nel nostro paese una rete di monitoraggio e sorveglianza degli eventi avversi da farmaci, in parte dovuti appunto all’interazione tra i farmaci stessi. I nostri colleghi farmacologi esperti di farmacovigilanza hanno evidenziato e messo in allerta riguardo alle interazioni tra farmaci e sostanze assunte per svariate ragioni non farmacologiche, come prodotti erboristici e alimenti. Il numero di possibilità di combinazioni tra sostanze è molto elevato, e sono solo limitatamente prevedibili con la ricerca preclinica. Allora immaginiamo le incognite delle possibili combinazioni avverse tra farmaci e le migliaia di sostanze contenute nel fumo di tabacco. La farmacologia italiana ha inoltre sviluppato un’expertise riconosciuta a livello internazionale nella ricerca sulle tossicodipendenze. La nostra esperienza è quotidianamente diffusa nelle aule universitarie e nell’educazione sanitaria, permettendo così la formazione e l’aggiornamento di clinici e operatori nel campo delle dipendenze, e non solo. Tuttavia, nonostante la ricerca sulla dipendenza nicotinica veda molti gruppi di ricerca farmacologica italiana attivi (come evidenziato dall’alto numero di abstract presentati al recente convegno monotematico SIF di Verona del Gruppo di Lavoro SIF sulle Dipendenze), bisogna purtroppo constatare una ridotta presenza dei farmacologi nell’assistenza sanitaria in questo campo. Nel Centri di Trattamento del Tabagismo (CTT) del Sistema Sanitario Nazionale censiti dall’ISS sono purtroppo pochi gli operatori con specializzazione farmaco-tossicologica (al contrario di quanto invece avvie- Una possibile soluzione è agire in una fase precoce, ovvero nell’educazione dei futuri operatori a partire dalle aule universitarie. Un gruppo di ricerca coordinato dalla collega Prof. Maria Caterina Grassi (Università di Roma Sapienza) già a partire dal 2009 ha intrapreso un lungo percorso sperimentale basato sull’ipotesi che l’istruzione universitaria, durante le lezioni di farmacologia su tabagismo, fumo e problemi-correlati (incluse le interazioni farmacologiche), possa non solo cambiare percezioni e credenze dei nostri stu- denti di medicina (Grassi et al., 2012), i quali, se opportunamente formati da un approccio anche farmacologico, acquisiscono un grado di conoscenze che permane negli anni (Grassi et al., 2014). Riteniamo che le evidenze sperimentali di questo studio (che ha visto coinvolti anche i colleghi Proff. Baraldo, Chiamulera, Nencini, Patrono, oltre ad esperti stranieri) siano di fondamentale importanza per proporre l’inserimento del tabagismo e del fumo nei curricula farmaco-tossicologici. È con enfasi quindi che rimarchiamo l’importanza di portare il contributo della specifica competenza della farmacologia italiana in prima linea nella lotta al tabagismo ed ai problemi fumo-correlati. Ringraziamenti Si desidera ringraziare il collega Prof. Guido Fumagalli per la revisione del manoscritto. REFERENZE 1. Bachmann K, Shapiro R, Fulton R, Carroll FT & Sullivan TJ (1979) Smoking and warfarin disposition. Clinical Pharmacology and Therapeutics 25, 309–315. 2. Benowitz NL (2009) Pharmacology of nicotine: addiction, smoking-induced disease, and therapeutics. Annual Review Pharmacology and Toxicology. 2009; 49: 57-71. 3. Bondolfi G, Morel F, Cretto S, Rachid F, Baumann P & Rap CB (2005) Increased clozapine plasma concentrations and side effects induced by smoking cessation in 2 CYP1A2 genotyped patients. Therapeutic Drug Monitoring 27, 539–543. 4. Broide RS & Leslie FM. (1999) The alpha7 nicotinic acetylcholine receptor in neuronal plasticity. Molecular Neurobiology; 20: 1-16. 5. Brownlowe K & Sola C (2008) Clozapine toxicity in smoking cessation and with ciprofloxacin. Psychosomatics 49, 176. 6. Burns M (1999) Management of narrow therapeutic index drugs. Journal of Thrombosis and Thrombolysis 7, 137–143. 7. Cahill K, Stead LF, Lancaster T. (2007) Nicotine receptor partial agonists for smoking cessation. Cochrane Database Syst Rev. Jan 24; (1): CD006103. 8. Clinical Practice Guideline Treating Tobacco Use and Dependence 2008 Update Panel, A clinical practice guideline for treating tobacco use and dependence: 2008 update. A U.S. Public Health Service report. Liaisons, and Staff. Am J Prev Med. 2008 Aug; 35(2): 158-76. 9. Dani JA & De Biasi M. (2001) Cellular mechanisms of nicotine addiction. Pharmacology Biochemistry and Behaviour; 70: 439-446. 10. Dani JA, Ji D, Zhou FM. (2001)Synaptic plasticity and nicotine addiction. Neuron; 31: 349-352. 11. de Leon J, Armstrong SC & Cozza KL (2005) The dosing of atypical antipsychotics. Psychosomatics 46, 262–273. 12. Derenne JL & Baldessarini RJ (2005) Clozapine toxicity associated with smoking cessation: case report. American Journal of Therapeutics 12, 469–471. 13. Eriksen M, Mackay J, Ross H, 2012. The Tobacco Atlas (Revised 4th Ed). [Online] http://www.tobaccoatlas.org (accessed April 2014). 14. Evans M & Lewis GM (2005) Increase in international normalized ratio after smoking cessation in a patient receiving warfarin. Pharmacotherapy 25, 1656–1659. 15. Faber MS & Fuhr U (2004) Time response of cytochrome P450 1A2 activity on cessation of heavy smoking. Clinical Pharmacology and Therapeutics 76, 178–184. 16. Grassi MC, Chiamulera C, Baraldo M, Culasso F, Ferketich AK, Raupach T, Patrono C, Nencini P (2012) Cigarette smoking knowledge and perceptions among students in four Italian medical schools. Nicotine and Tobacco Research. 14: 1065-1072. 17. Grassi MC, Baraldo M, Chiamulera C, Culasso F, Raupach T, Ferketich AK, Patrono C, Nencini P (2014) Knowledge about Health Effects of Cigarette Smoking and Quitting among Italian University Students: The Importance of Teaching Nicotine Dependence and Treatment in the Medical Curriculum, BioMed Research International Article ID 321657 (in press). 18. International Agency for Research on Cancer. World Cancer report. Lyon, IARC Press; 2003. 19. Lee BL, Benowitz NL & Jacob P (1987) Cigarette abstinence, nicotine gum and theophylline disposition. Annals of Internal Medicine 106, 553–555. 20. Meyer JM (2001) Individual changes in clozapine levels after smoking cessation: results and a predictive model. Journal of Clinical Psychopharmacology 21, 569–574. 21. Osservatorio Fumo Alcol Droga, Istituo Superiore di Sanità (2008) Linee guida per promuovere la cessazione dall’abitudine al fumo. [Online] http://www.iss.it/fumo/index.php?lang=1&id=146&tipo=19 (accessed April 2014). 22. Rodgman A, Perfetti TA, 2013. The chemical components of tobacco and tobacco smoke (2ed). Florida, USA: CRC Press, Taylor & Francis Group. 23. Sandson NB, Cozza KL, Armstrong SC, Eckermann G, Fischer BA & Phillips B (2007) Clozapine case series. Psychosomatics 48, 170–175. 24. Skogh E, Bengtsson F & Nordin C (1999) Could discontinuing smoking be hazardous for patients administered clozapine medication? A case report. Therapeutic Drug Monitoring 21, 580-582. 25. Zevin S & Benowitz NL (1999) Drug interactions with tobacco smoking: an update. Clinical Pharmacokinetics 36, 425–438. 26. Zullino DF, Delessert D, Eap CB, Preisig M & Baumann P (2002) Tobacco and cannabis smoking cessation can lead to intoxication with clozapine or olanzapine. International Clinical Psychopharmacology 17, 141–143. Quaderni della SIF (2014) vol. 38-31