Le origini del campo magnetico terrestre

Le origini del campo magnetico terrestre
Gaetano Festa
Che la Terra avesse delle proprietà magnetiche e che un ago magnetico, libero di ruotare intorno ad un asse
si orientasse lungo una direzione fissa, era un fatto noto ai Cinesi fin dall' XI secolo. Più tardi i navigatori
utilizzarono la bussola magnetica per orientarsi in mare aperto, avvalendosi dell'informazione che la
direzione indicata dall'ago fosse prossima al nord geografico. Nacque così l'interesse nella misurazione della
declinazione magnetica, ossia dell'angolo che la proiezione del campo magnetico sulla superficie terrestre
forma rispetto al nord geografico. Nel XIX secolo, quando i campi elettrico e magnetico vennero messi sotto
la lente della fisica, si svilupparono strumenti per la misura sempre più accurata del campo magnetico
(magnetometri) che consentirono la misurazione del modulo del campo B = B e dell'inclinazione, ossia
dell'angolo che il vettore campo magnetico forma rispetto al piano orizzontale. Questa rappresentazione
storica, attraverso modulo, declinazione e inclinazione viene tuttora utilizzata per la descrizione del campo
magnetico misurato sulla superficie terrestre e per l'integrazione dei dati storici con quelli attuali.
L'intensità del campo magnetico terrestre (CMT) sulla superficie della Terra varia tra 30 µT e 60 µT,
muovendosi da regioni equatoriali a regioni polari, con una risoluzione associata alle misure dell'ordine dei
nT. A grandi lunghezze d'onda il CMT è un campo dipolare, con dipolo centrato nel centro della Terra,
inclinato di circa 11° rispetto all'asse terrestre e antiparallelo all'asse stesso, con le linee del campo uscenti
dal polo sud ed entranti nel polo nord. Le perturbazioni a più piccola lunghezza d'onda sono filtrate man
mano che ci si allontana dalla terra (tra 100 km e 10 raggi terrestri), con un campo che decresce in valore
assoluto ma presenta delle caratteristiche sempre più dipolari. Queste osservazioni inducono dunque a
pensare che la sorgente principale del CMT è profonda e genera un campo prevalentemente dipolare, che
esistono delle sorgenti molto prossime alla superficie, che forniscono dei contributi perturbativi e infine che
il contributo proveniente da sorgenti di origine esterna, come le correnti nella magnetosfera e nella
ionosfera, sia trascurabile.
Il CMT non solo varia spazialmente, ma anche temporalmente su delle scale che vanno dai minuti ai milioni
di anni. Le variazioni a corto periodo, come le variazioni diurne lunari e solari e le tempeste magnetiche
sono associate a fenomeni esterni alla terra, con sorgenti localizzate principalmente nella ionosfera e nella
magnetosfera. Il loro contributo può essere puntualmente rilevante, sebbene le loro medie temporali su
periodi maggiori dell'anno sono generalmente trascurabili. Le variazioni a periodo più lungo hanno invece la
loro origine probabilmente all'interno della Terra. Le più importanti tra queste sono la deriva occidentale,
osservata come deriva della declinazione magnetica su 400 anni di dati ad una velocità di 5 centesimi di
grado all'anno verso ovest, e le inversioni del campo magnetico, che non hanno un periodo proprio, ma
avvengono su delle finestre temporali che vanno da 103 a 106 yr. Le inversioni sono state osservate da dati
paleomagnetici, ossia su campioni di roccia che hanno conservato la magnetizzazione corrispondente al
momento del loro raffreddamento al di sotto della temperatura di Curie. Specificamente, i dati raccolti sui
fondali oceanici su campioni di lava basaltica evidenziano delle bande alternate con il nord magnetico una
volta parallelo e una volta antiparallelo al nord geografico. Riavvolgendo indietro la pellicola alla velocità di
allontanamento della crosta dalle dorsali oceaniche, è stato possibile datare in maniera piuttosto accurata,
tutte le recenti inversioni del campo magnetico, almeno fino all'età massima della crosta oceanica (~108 yr).
I dati raccolti su continente e corretti per la geodinamica hanno poi permesso di mappare in maniera
accurata le inversioni del campo fino alle sue origini (3 Gyr). Le misure paleomagnetiche indicano anche che
il CMT ha sempre avuto una componente dipolare dominante, con l'asse magnetico coincidente con l'asse
terrestre, se mediato su periodi superiori a 104 yr, e con un valore massimo di intensità non superiore a 3
volte il valore attuale del campo medio sulla superficie della Terra.
In superficie, il campo magnetico B ( x, t ) soddisfa con buona approssimazione le equazioni di Maxwell per
il vuoto, perché il contributo della polarizzazione e della magnetizzazione sono trascurabili:
∇⋅E =
ρ
ε0
∇ × E = −∂ t B
∇⋅B = 0
∇ × B = µ0 j +
1
∂t E
c2
Nelle equazioni scritte sopra ρ è la densità di carica, j la densità di corrente, E il campo elettrico, ε0 e µ0
sono la costante dielettrica e la permittività magnetica del vuoto, tali che la velocità della luce c =
1
ε 0 µ0
.
Il rapporto tra il contributo delle correnti di spostamento elettrico e il rotore del campo magnetico è, da
un'analisi dimensionale,
1 ∂t E
( L / T )2
≈
c2 ∇ × B
c2
dove L e T sono una lunghezza e un tempo caratteristici del sistema. Se L è dell'ordine del raggio del
nucleo, o della terra stessa, qualsiasi sia T>10-2 s, il contributo delle correnti di spostamento è trascurabile.
La terza eq. di Maxwell per il geomagnetismo può essere approssimata dall'eq. pre-Maxwell
∇ × B = µ0 j
invariante per trasformazioni galileiane ma non per quelle di Lorentz. Siccome anche j è trascurabile in una
corona sferica tra la superficie della terra e la ionosfera, all'interno di questa corona il campo magnetico è
sia irrotazionale che solenoidale. Possiamo definire dunque un potenziale scalare Ψ
B = ∇Ψ
che soddisfa l'equazione di Laplace
∇2Ψ = 0
All'interno del guscio sferico Ψ può essere espresso in serie di armoniche sferiche , Y lm (θ , ϕ ) dove θ è la
latitudine e ϕ l'azimuth:
l
  a l +1
 r   lm
Ψ = a ∑ ∑  glm   + hlm   Y (θ , ϕ )
 a  
l =1 m =− l 
 r
∞
l
dove a è il raggio della Terra e glm, hlm sono i coefficienti dello sviluppo per l'ordine l, grado m. Gli eventuali
contributi corrispondenti all'autovalore l=0 sono nulli. Infatti g00 =0, da ∇ ⋅ B = 0 , che vieta l'esistenza del
monopolo magnetico e h00 è una constante di integrazione arbitraria nella definizione di Ψ e che viene
scelta uguale a zero. La rappresentazione in armoniche sferiche separa naturalmente i contributi
provenienti da sorgenti interne, in potenze di 1/r, che si annullano all'infinito, dai contributi provenienti da
sorgenti esterne, in potenze crescenti di r. Derivando il potenziale, la stessa conclusione può essere fatta
a

r
l +2
per il campo magnetico, con contributi interni dell'ordine 
l −1
r
 . Siccome la serie
a
e esterni del tipo 
converge uniformemente al valore del campo su una qualsiasi superficie all'interno della corona sferica, le
misure fatte sulla superficie terrestre e nella parte dell’atmosfera al di sopra di questa consentono di
determinare in maniera univoca i coefficienti dello sviluppo glm e hlm. Le osservazioni indicano che il
contributo esterno al campo è trascurabile: mediato in un anno in cui non sono presenti tempeste
magnetiche, è dell'ordine dello 0.1% e può crescere, in media annuale, fino a qualche percento del campo
totale quando tali tempeste sono presenti. Il campo totale è dunque, di gran lunga di origine interna e
nell'interpretazione dei dati osservati in superficie possiamo porre hlm =0.
La rimanente serie di Gauss può essere interpretata come uno sviluppo in serie di multipoli del campo
magnetico: l'inesistenza del monopolo magnetico corrisponde all'assenza del contributo 1/r2 e il primo
termine della serie, quello di dipolo, decade in funzione della distanza come 1/r3. Se si definisce l'energia
associata ai singoli modi come El (a ) = Bl
2
= (l + 1)∑ glm , il contributo dipolare è circa il 90% del
2
m
campo magnetico attuale. In scala logaritmica, El (a ) decresce linearmente con l fino a l=12, poi attraversa
una zona di ginocchio tra l=12 e l=15 , per seguire di nuovo un andamento lineare, con pendenza quasi
orizzontale, per l>16 (Figura 1).
Figura 1 : El(a) in funzione di l
2l + 4
a
L'energia dei modi varia in funzione della distanza come El ( r ) = El ( a )  
. Se le sorgenti sono
r
contenute in una sfera di raggio r = b < a , lo sviluppo in serie converge per tutti i valori di r > b .
Nell'ipotesi che l'energia associata ai singoli modi sia indipendente da l nel caso della più piccola sfera
4
 b0 
 b0 
 El (b0 )  
a
a
2l
contenente le sorgenti, posto b0 il raggio di tale sfera, si può concludere che El ( a ) = 
e stimare b0 dalla pendenza delle due curve. Per il primo tratto, si ottiene b0=3310 km, un valore
comparabile con il raggio del nucleo esterno, per il secondo tratto b0~ a. Questo indica che la sorgente
profonda del campo magnetico deve essere interna al nucleo e che il nucleo esterno, fluido, deve giocare
un ruolo fondamentale nella produzione di tale campo. La sorgente superficiale, invece, è limitata alla
crosta terrestre e viene associata alla magnetizzazione permanente delle rocce, essendo la crosta l'unica
regione della Terra per la quale la temperatura delle rocce è inferiore alla temperatura di Curie per la
maggior parte dei materiali ferromagnetici. Tale contributo, che domina lo spettro di energia per l>15, pone
un limite alla conoscenza della sorgente profonda, che può essere investigata fino a delle scale spaziali
corrispondenti a l ~ 10. Le misure satellitari, che filtrano il contributo crostale al campo magnetico, stanno
aggiungendo dati sempre più interessanti sul campo interno a più corta lunghezza d'onda, anche se i costi
nella determinazione accurata delle orbite dei satelliti ne limitano l'impiego a misurazioni su maglia larga e
sporadiche nel tempo.
Il contributo dominante al CMT proviene dal nucleo terrestre, che è costituito principalmente da ferro e, in
misura molto minore, da qualche materiale leggero, presumibilmente silicio o zolfo. L'equazione di PreMaxwell per un conduttore ohmico diventa (eq. dell'induzione magnetica):
∂ t B = ∇ × ( v × B ) + η∇ 2 B
Dove η =
1
µ0σ
è la diffusività magnetica, σ la conducibilità e v la velocità delle particelle. Nell'ipotesi in cui
il campo magnetico non sia legato al moto delle particelle nel nucleo v=0, l'equazione dell'induzione si
riduce all'equazione del calore, con delle soluzioni per B che decadono nel tempo con una costante
caratteristica pari a τ η ≈ L2 / (ηπ 2 ) ≈ 104 yr (tempo di Cowling). Tale scala è piccola rispetto ai tempi
caratteristici del CMT, che non può essere interpretato come una reminiscenza della formazione della
Terra. Poiché inoltre esso varia nel tempo, con uno spettro molto ampio, le sue sorgenti non possono
essere statiche, ma devono essere associate ai moti attuali nel nucleo, che possono avvenire nella parte
esterna, fluida: la generazione di campi magnetici attraverso moti di conduttori rappresenta il principio di
funzionamento delle dinamo classiche e per questo motivo i modelli che spiegano l'evoluzione spaziotemporale del campo magnetico sono detti modelli di dinamo.
La legge di Lenz, nell'equazione di Lorentz, indica che la forza elettromotrice associata alle correnti
prodotte dal conduttore in moto tende ad opporsi al moto stesso e dunque agisce per riportare il sistema
nella condizione di riposo. E' importante dunque che tale dinamo sia in grado di trasferire energia cinetica
in energia magnetica più rapidamente di quando disperda per effetto ohmico: un sistema di questo tipo
viene chiamata dinamo ad autoeccitazione. Il numero di Raynolds magnetico è una misura di questo
rapporto: definito Rm =
VL
η
dove V e L sono rispettivamente una velocità e una lunghezza caratteristiche
del sistema, se Rm<1 la dinamo cessa di autoalimentarsi. Nel caso della terra, se si sceglie V la velocità di
deriva occidentale stimata al nucleo esterno a circa 5 10-4 m/s e L=500 km, il numero di Raynolds è 125,
indicando che il trasferimento dell'energia da cinetica in magnetica è molto efficace nel nucleo esterno.
I geochimici sostengono che non vi sono sorgenti radiogeniche nel nucleo: l'ipotesi più accreditata è che il
motore della dinamo è interconnesso con i meccanismi di raffreddamento del nucleo esterno. La specificità
di questa regione della Terra è che questa si raffredda dall'alto (il flusso di calore è uscente dal nucleo e
entrante nel mantello), ma solidifica in basso, alla discontinuità nucleo interno-nucleo esterno (ICB) perché
la temperatura di fusione cresce più rapidamente con la pressione idrostatica di quanto faccia la
temperatura effettiva. Nel processo di fusione, l'interfaccia rilascia energia sotto forma di calore latente di
fusione, che costituisce una sorgente dell'ordine dei TW, per la dinamo terrestre (“thermal buoyancy”).
Inoltre, durante il processo di solidificazione, parte della componente leggera viene rilasciata, con
l'addensamento di materiali più pesanti verso centro della Terra. Una seconda sorgente di energia è
associata dunque alla diminuzione del potenziale gravitazionale, che può essere altrettanto energetica
quanto il calore latente di fusione (“compositional buoyancy”). Il mantello, dal canto suo, agisce come una
valvola rispetto al nucleo esterno, regolando il flusso di calore uscente dal nucleo. Oggi si ritiene che il
comportamento del mantello inferiore gioca un ruolo fondamentale nei meccanismi di equilibrio della
dinamo terrestre e che i tempi caratteristici di cambiamento di questa valvola, che sono dell'ordine della
convezione nel mantello 108) sono correlati alle frequenze di occorrenza dei supercroni (lunghi periodi in
cui il campo magnetico non si inverte).
Individuate le sorgenti per la dinamo, il comportamento del campo magnetico e del fluido che lo genera è
determinato dalle equazioni dell'induzione e del momento. Le dinamo cinematiche, che determinano il
campo magnetico una volta prescritto il moto v, sono delle soluzioni semplificate, che permettono di
individuare classi di soluzioni ammissibili e non per la dinamo. Poiché l'equazione dell'induzione è lineare, B
ha soltanto due possibilità: o cresce indefinitamente, oppure muore inesorabilmente. I modelli cinematici
servono dunque a comprendere la crescita di “campi deboli” prodotti da moti caotici e possono fornire
delle soluzioni analitiche o semianalitiche per problemi specifici: una volta che il campo sarà divenuto
sufficientemente intenso, allora la forza di Lorentz regolerà la velocità così da produrre una dinamo stabile,
se mediata su lunghi periodi di tempo.
Un risultato fondamentale per le dinamo cinematiche è il teorema di Cowling, che vieta soluzioni del campo
magnetico a simmetria assiale per una dinamo ad autoeccitazione (questa è forse la ragione per la quale il
campo magnetico è sempre inclinato rispetto a quello terrestre). Se dividiamo il campo magnetico nella sua
componente azimutale (toroidale) e meridionale+radiale (poloidale), una dinamo sarà dunque efficace se è
capace di trasferire energia associata al campo toroidale in energia associata al campo poloidale e
viceversa. Una classe di dinamo che soddisfa questa condizione è costituita dalle α dinamo ed è basata sui
moti elicoidali. Il principio chiave è che i vortici a piccola scala, la cui esistenza è molto limitata nello spazio
e nel tempo, hanno la stessa componente verticale di vorticità (∇ × v) z a causa della rotazione terrestre,
indipendentemente dal fatto che salgano verso il mantello o che scendano verso la ICB. Tali vortici se
immersi in un campo magnetico toroidale, deformano le linee di campo localmente in delle curve a forma
di Ω e le ruotano nel piano ortogonale. A causa delle correnti turbolente, tali linee si separano da quelle
originali e danno luogo ad un campo poloidale, corrispondente ad una forza elettromotrice ad una scala
spaziale più grande, proporzionale al campo magnetico medio iniziale ε = α B . Il trasferimento
dell'energia da moti turbolenti a piccola scala nel campo medio a lunghezze d'onda più grandi è
l'ingrediente fondamentale della teoria del campo medio in elettrodinamica: se kT è il numero d'onda
dominante nella microscala allora α ≈
V2
e il nuovo numero di Raynolds magnetico, che definisce la
η kT
condizione necessaria all'autosostentamento della dinamo diviene
Rm2 =
α
η kT
Il trasferimento dell'energia nel senso contrario può ancora avvenire attraverso meccanismi elicoidali, si
parlerà in tal caso di α2 dinamo, o per torsione delle linee di campo poloidali in prossimità della CMB, si
parlerà di effetto ω e αω dinamo.
Soluzioni complete per B e v richiedono che l'equazione dell'induzione sia risolta contemporaneamente
all'equazione del bilancio del momento per sistemi continui. In un riferimento solidale al mantello, la
conservazione del momento è espressa attraverso la relazione:
ρ∂ t v + ρ v ⋅∇v = −∇P + ρ g − ρω × ω × r − 2 ρω × v + j × B + ρν∇ 2 v
dove, essendo il sistema non inerziale, compaiono i contributi di accelerazione centripeta ρω × ω × r (con
la densità e ω la velocità angolare della Terra) e quello di Coriolis 2 ρω × v . Inoltre P è la pressione, g la
gravità e ν la viscosità. Il sistema di equazioni che descrivono la dinamo terrestre si completa con l'eq. di
conservazione della massa:
∂t ρ + ∇ ( ρ v ) = 0
e delle equazioni termodinamiche che descrivono l'evoluzione dell'entropia e della concentrazione del
materiale leggero.
La dinamica introduce nuove grandezze adimensionali attraverso la viscosità cinematica ν, la diffusività
termica kt e la diffusività composizionale Dm. Queste sono il numero di Reynolds, numero di Péclet e
numero di massa di Péclet:
Rν =
VL
ν
≈ 108 ; Pe =
VL
VL
≈ 107 ; Mp =
≈ 1011
kt
Dm
Dati i valori elevati di queste quantità, il moto all'interno del conduttore è fortemente turbolento. Una
soluzione completa per la dinamo terrestre richiede dunque la risoluzione di diverse scale spaziali, dalle
grandi lunghezze d'onda, comparabili con il raggio del nucleo stesso, alle lunghezze d'onda dei vortici, che
possono essere dell'ordine di qualche km. Anche i calcolatori attuali non sono in grado, in termini di
memoria e tempo calcolo, di investigare uno spettro così ampio. Per questo motivo, le piccole scale
vengono omogeneizzate su grandi lunghezze d'onda e l'effetto di combinazione delle diverse scale, appare
nel campo medio attraverso un contributo di diffusività dei vortici, con una forza elettromotrice apparente
proporzionale al campo stesso.
La rotazione terrestre introduce un'ulteriore complicazione. Se consideriamo le ulteriori grandezze
adimensionali
ν ∇2 v
ν
Ec = ≈ 2 ≈ 10−14
ω×v Lω
v ⋅∇v
V
Ro = ≈
≈ 10−8
ω × v Lω
(numero di Eckman e di Rossby), possiamo concludere che la forza di Coriolis è di gran lunga dominante sul
contributo viscoso e inerziale. Se questi termini sono trascurati nell'equazione della dinamica, le sole
variazioni temporali sono quelle del campo magnetico nell'equazione dell'induzione. Sotto tale
approssimazione delle onde lente si propagano all'interno del fluido: tali onde, vengono indicate come
MAC, ossia onde Magnetiche-Archimedeiche-Coriolis, sono dispersive e hanno un periodo caratteristico
molto superiore a ω dell'ordine di
τ MAC = 2ωµ0 ρ L2 / B 2 ≈ 4000 yr
con B dell'ordine dei mT. Si ritiene che la deriva occidentale sia una manifestazione delle onde MAC (anche
se le osservazioni sono limitate a 400 yr). Nell'ultimo decennio grandi passi sono stati fatti per la ricerca di
soluzioni numeriche al problema della dinamica, attraverso tecniche di rappresentazione spettrale su basi
di Chebyshev o Legendre, oppure sviluppi in modi normali, in armoniche sferiche. Le soluzioni si accordano
sul fatto che la forza dominante è la forza di Coriolis, che viene bilanciata dal contributo di Lorentz. La
presenza del nucleo interno facilita la convezione e introduce una separazione attraverso un cilindro
tangente (tangente al nucleo interno e con asse parallelo all'asse di rotazione). Come in fluidodinamica,
all'esterno del cilindro si creano celle di fluido rotante (dette celle di Taylor, o “cartridge belts”) con
vorticità parallela o antiparallela all'asse terrestre. Il moto elicoidale dei fluidi produce campo magnetico
poloidale a partire da campo magnetico toroidale e viceversa con meccanismi simili alle α2e αω dinamo.
All'interno del cilindro tangente invece i moti sono più turbolenti con le particelle di fluido che hanno spin
invertito, verso ovest alla CMB e verso est all'ICB. Il campo magnetico radiale introduce un momento
torcente sull'ICB, per bilanciare il quale il nucleo interno deve ruotare rispetto al mantello di almeno 2
centesimi di grado all'anno verso est e solidale con il moto del fluido sovrastante (super-rotation), ipotesi
confermata da osservazioni sismologiche su 30 anni di dati. Le inversioni del campo magnetico, per la prima
volta ottenute in maniera convincente nelle simulazioni di Glatzmeier e Roberts sono prodotte da
oscillazioni nei moti meridionali (poloidali). Talvolta iniziano all'interno del cilindro tangente e soltanto
dopo un migliaio di anni l'inversione si completa all'esterno del cilindro. Talvolta accade anche il contrario.
Alla superficie della Terra, dunque l'inversione potrebbe apparire conclusa circa 1000 anni prima che lo sia
realmente. Le simulazioni numeriche inoltre, ben descrivono lo spettro delle inversioni, così come i tempi
caratteristici necessari a compiere un'inversione. Inoltre confermano l'osservazione che durante
un'inversione il contributo dipolare diminuisce sostanzialmente rispetto a quello non dipolare. Che le
fluttuazioni sia prodotte da sovraccarichi di energia all'ICB o piuttosto il contrario non appare chiaro dalle
simulazioni ed è un problema largamente discusso: l'unica evidenza è che la convezione turbolenta tende
costantemente a fare invertire il campo magnetico, mentre il nucleo solido frena tali inversioni, essendo le
variazioni quivi possibili solo alla scala temporale della diffusione magnetica.
Lo sviluppo costante delle risorse computazionali distribuite potrebbe consentire nei prossimi anni la
realizzazione di simulazioni sempre più complesse, con nuovi ingredienti fisici e a scale spaziali più corte,
nonché di testare l'attendibilità delle parametrizzazioni utilizzate e l'effetto di diverse condizioni al
contorno sulle soluzioni. Un problema largamente discusso è la differenza tra l'età del campo magnetico (
circa 3 Gyr) e l'età del nucleo interno (circa 1.5 Gyr). Dei motori diversi dal calore latente dovevano
permettere alla dinamo di funzionare prima della formazione del nucleo interno. Il contributo radioattivo è
effettivamente nullo o esistono delle nuovi meccanismi non ancora scoperti? Specificamente l'introduzione
della precessione luni-solare e che richiede il termine non inerziale di Poincaré ∂ t ω × r , andrebbe
investigata a fondo per capire quanto tali contribuzione essere determinanti all'autosostentamento della
dinamo.