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(cb), Guillaume Dommartin (bt)
The Wooden Cover / Pour
Thomas / Dernier Trône /
Steve l’Enclume, Tu M’As
Laissé Mourir / Remember I /
Belak / Chachas / Célèbre Inconnu / Steve l’Enclume, Ordure / A Plump Indian /
Fur Ray / Réveil / Vaudoo
oltre 11 minuti dell’inesauribile Pour Thomas.
Non mancano le sorprese: Steve l’Enclume, Tu
M’As Laissé Mourir, malgrado la cadenza insistente, gioca sui colori, con il piano preparato, i
giochi d’ancia, i silenzi. E gioca sui timbri anche
Chesnel, alla celesta in Chachas. Quasi convulsa
appare Remember I, dove si distingue la ritmica
serrata fra le piccanti bacchette di Dommartin
ed il walking bass di Antoine Simoni, asse portante anche in Steve l’Enclume, Ordure. L’atmosfera è modale in Fur Ray, unico pezzo scritto dal
TRY TRIO
Nicola Fazzini (sa), Gabriele
Evangelista (cb), Francesco
Cusa (bt)
Almanacco del Giorno Dopo
Epistrophy
Storie di Rumori e Groove
B. S. Suck my Balls!
Monk’s Mood
Bye-ya
Usque ad Sidera, Usque
ad Inferos
Amore e Cilindri
In Walked Bud
I Mean You
SPHERE
L’infaticabile Francesco Cusa pare qui dominare
la musica del Trio che invece, correttamente, si
propone a nome collettivo. Compagni di viaggio
sono Gabriele Evangelista, contrabbassista dal
suono scuro e granitico, e Nicola Fazzini, contralto dalla voce efebica e smagrita, cui è affidato il ruolo, qui pressoché paradossale, di
cantore. Il Trio ha nell’improvvisazione estesa,
ma controllatissima, la sua più evidente ed immediata ragion d’essere: questa, insieme ad una
congrua resa fonica da concerto nel locale dietro l’angolo, è il cuore pulsante di ogni brano. I
temi monkiani, alternati a proprie riflessioni sul
fare musica, sono gli ineludibili “approdi di riferimento (…) isole quali tappe del nostro errare” e così intesi acquistano nuovo valore e
significato: non catene, ma terre ferme, in un
dialogo paritario con la volontà, qui espressa con
tenacia e vigore, di produrre musiche improvvisate lontane da stereotipi e da un accademismo
diffuso. Epistrophy è sorretto magistralmente da
una delle ritmiche più solide e fantasiose ascoltate da tempo in Italia. Ancora il percussionismo, dai riferimenti amplissimi, di Cusa e
l’archetto di Evangelista sono al centro di Storie
RIOT JAZZ BRASS BAND
JazzColours | aprile ’14
(Improvvisatore Involontario - 2013)
di Rumori e Groove, e in Bye-ya Cusa-Blakey
quasi ruba il brano, senza sovrastare, con un
batterismo fantasioso, vigoroso quanto dinamicamente ricco. Fazzini, come i compagni di viaggio, ha uno sguardo aggiornato e personale su
cosa possa significare oggi fare musica improvvisata. Il suo procedere obliquo e apparentemente stentoreo, ben si coniuga con l’universo
monkiano, la sua voce di contralto sovente è
così sfibrata e sgraziata da diventare sommamente lirica, ai limiti del sopportabile. Lirismo
di geometrie angolari, di sgarbati salti di registro, con improvvise cadute di dinamica, tanto
che la direzione musicale pare perdersi, in
Usque ad Sidera, Usque ad Inferos, ma è solo
una berniana riflessione, amara e desolata, sulla
propria condizione umana. Quando, dopo Amore
e Cilindri, affiorano i frammenti sparsi e ritmicamente svuotati di In Walked Bud, per pochi
istanti si torna a respirare, a “veder la luce”, poi
il brano cresce lentamente di tensione e intensità, sorretto da un vortice sonoro di spazzole e
grancassa, infine la musica rallenta e pare incagliarsi per perdersi in un lungo sospiro ai limiti
dell’udibile._An.Ga.
SOUSAMAPHONE
In Italia ci sono i Funk-Off, ma che vengano identificate con il nome di marching brass bands, balkan brass bands o ancora jazz funk brass bands,
la caratteristica che le accomuna è una ed una
soltanto: hanno la capacità di trasmettere una
carica di energia senza pari, da sfidare chiunque
a restare immobile senza neppure un accenno di
accompagnamento con la testa o col piedino. Un
fenomeno che, per riprendere quanto detto da
Nick Walters, Lucian Amos,
Sam Warner (tr), Pete Robinson Marcus Rojas, sta conoscendo una vera e propria
mania negli ultimi anni, ma che è profondamente
(sous), Ed Horsey, Rich
McVeigh, Tim Cox (tbn), Steve radicato nel jazz, nelle marching band di New
Pycroft (bt)
Orleans, e che si trova in molte tradizioni popolari musicali. E che adesso investe anche l’InSlinky
ghilterra, con questa Riot Jazz Brass Band
Corn on the Cob
capeggiata dal trombettista mancuniano Nick
Wey Oh!
Walters. Nella loro musica — i brani non solo sono
Suspicious Bulge
scritti singolarmente dai vari componenti, ma
Paradox
nelle note figurano come autori anche musicisti
Girls from Petrcane
non impegnati a suonare — i temi sono articolati,
I’ve Got a Sousamaphone
Necropolis
spunto per gli interventi di questo o quel solista,
gli inserimenti delle sezioni (Wey Oh!), o riff di
basso (tuba e tromboni). E dato che la vera “scoperta” di queste formazioni sono proprio gli strumenti bassi, il titolo del disco trae spunto dal
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tenorista Letort, il cui sax ondulato e molto radicato nella tradizione arricchisce di intensità
l’intero Cd. Millet non manca di imprimere al
disco il suo marchio di fabbrica: stacchi sofferti
al flicorno, fraseggio nitido e brillante alla
tromba, tono personale alla cornetta. Ciò che più
di ogni altra cosa mantiene una certa costanza è
infatti l’energia che i singoli musicisti apportano
al progetto, un’energia che va oltre le dinamiche dei brani e permette di godere appieno della
musica di questo lavoro e di Renza Bô._Ma.Je.
(First Word Rec. - 2013)
sousaphone, ottone basso reso popolare dal direttore bandistico John Philip Sousa, da cui
prende nome. Inutile sottolineare quanto siano
importanti per questo genere sia la composizione
che l’arrangiamento, parte essenziale della
prima. Quasi in stile disco-soul-Motown è Slinky,
da apprezzare tromboni ed il fraseggio molto lucido della tromba solista. Corn on the Cob ha
tratti balcanici e messicani, omaggio alla tradizione che in queste zone esiste da sempre per
questo tipo di organici, puntuale il break della
batteria. Molto particolare il groove di Suspicious
Bulge, con splendide linee dei tromboni fra cui
spicca l’autore dell’assolo. Non mancano brani
più soft, ma sempre con una lieve cadenza funky,
come Paradox (di cui al momento c’è una versione “vocale” scaricabile online), dove le linee
dei fiati si intrecciano e scambiano, con un appagante assolo di tromba e trombone. In Girls
from Petrcane il sousaphone adotta perfino il linguaggio del basso elettrico, con i suoi glissandi
tipici. Pezzo centrale I’ve Got a Sousamaphone,
comprensivo di coro che scandisce il titolo nel
refrain, mentre Necropolis chiude con un brano
dai toni epici. Un ascolto energizzante._An.Rig.