Elettrotecnica: appunti dalle lezioni parte II Antonio Massarini Indice 1 2 Il campo elettromagnetico 3 1.1 Le leggi del campo elettromagnetico . . . . . . . . . . . . 3 1.1.1 Equazioni del campo in forma locale 3 1.1.2 Equazioni in forma integrale . . . . . . . . . . . . 1.2 Condizioni stazionarie 1.3 Condizioni quasi stazionarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 11 . . . . . . . . . . . . . . . . 11 1.3.1 Condizioni quasistazionarie elettriche . . . . . . . 11 1.3.2 Condizioni quasistazionarie magnetiche . . . . . . 12 1.4 Soluzione ai problemi di campo 1.5 Campo elettrico stazionario 1.6 Campo magnetico stazionario . . . . . . . . . . . . . . 12 . . . . . . . . . . . . . . . . 12 . . . . . . . . . . . . . . . 13 Applicazioni magnetiche 17 2.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 Comportamento magnetico dei materiali 2.2 . . . . . . . . . 18 Considerazioni energetiche . . . . . . . . . . . . . 22 Realizzazione pratica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 2.2.1 2.3 2.4 3 . . . . . . . 2.3.1 Regime magnetostatico . . . . . . . . . . . . . . . 35 2.3.2 Forze magnetomotrici variabili . . . . . . . . . . . 38 Calcolo di auto e mutue induzioni . . . . . . . . . . . . . 41 Macchine elettriche 47 3.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47 3.2 Il trasformatore monofase . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 . . . . . . . . . . . . . . . . 49 3.2.1 Trasformatore ideale 3.2.2 Trasformatore reale . . . . . . . . . . . . . . . . . 51 3.2.2.1 Funzionamento a vuoto . . . . . . . . . 53 3.2.2.2 Funzionamento nominale . . . . . . . . . 56 3.2.2.3 Funzionamento in corto-circuito . . . . . 59 iii iv INDICE 3.2.2.4 Circuiti equivalenti approssimati . . . . A Richiami di analisi vettoriale A.1 Concetti introduttivi A.2 Operatori dierenziali 63 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63 Operatori del primo ordine . . . . . . . . . . . . . 63 A.2.1.1 Gradiente . . . . . . . . . . . . . . . . . 63 A.2.2 Divergenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65 A.2.3 Rotazionale o rotore . . . . . . . . . . . . . . . . 65 A.2.4 Operatori dierenziali del secondo ordine . . . . . 66 A.2.1 A.3 59 Teoremi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68 Principi di conversione dell'energia elettrica 1 Capitolo 1 Il campo elettromagnetico 1.1 Le leggi del campo elettromagnetico In questo capitolo, vengono ripresi i risultati fondamentali dell'elettromagnetismo classico sui quali si basano gli argomenti trattati nei capitoli successivi. La nozione di campo si introduce per schematizzare gli eetti delle interazioni a distanza come quelle che sperimenta, ad esempio, una carica elettrica nell'attraversare, con velocità v, una regione di spazio in un intervallo di tempo in cui agiscono le sorgenti del campo stesso. Le sorgenti del campo essendo costituite da distribuzioni non nulle di carica elettrica e/o di densità di corrente elettrica nello spazio. 1.1.1 Equazioni del campo in forma locale Il campo elettromagnetico dipende dalle sue sorgenti in maniera complessa: le relazioni intercorrenti tra i campi (eetti) e le relative sorgenti (cause) sono esplicitate matematicamente dalle ben note equazioni di Maxwell che, nel vuoto (in aria) ed in forma locale, si possono scrivere ~ ·E ~ = 5 ρ ε0 ~ ×E ~ = − ∂ B~ 5 ∂t ~ ·B ~ =0 5 ~ ×B ~ = µ0 J~ + ε0 ∂ E~ . 5 ∂t 3 (1.1) 4 CAPITOLO 1. Nelle (1.1), vamente: grandezze: ~ E e ~ B IL CAMPO ELETTROMAGNETICO rappresentano due campi vettoriali, ossia rispetti- ~ campo elettrico E, e campo di ~. induzione magnetica B Le ρ, ossia la densità volumetrica di carica elettrica, e J~, vettore densità di corrente elettrica, rappresentano le sorgenti di tali campi. Dalla sica, è noto che le unità di misura sono V/m (Volt su metro) per il campo elettrico, T (Tesla) per il campo di induzione magnetica -3 (detto anche, più semplicemente, induzione magnetica), Cm -2 su metro cubo) per la densità volumetrica di carica e Am (Coulomb (Ampère su metro quadrato) per la densità di corrente elettrica. Le costanti ε0 e µ0 sono la costante dielettrica e la permeabilità mag- netica del vuoto che si misurano in F/m (Faraday su metro) ed H/m (Henry su metro) rispettivamente. L'interazione che sperimenta una carica esploratrice, q, di dimensioni v, è puntiformi, che si muova in un campo elettromagnetico con velocità quella cosiddetta di Lorentz ~ + ~v × B). ~ F~ = q(E (1.2) Si noti che a seconda del riferimento prescelto per rappresentare i fenomeni, la (1.2) può ridursi al solo termine relativo al campo elettrico se il riferimento è solidale alla carica q per cui ~v = 0. Si con- sideri, in proposito la gura 1.1 in cui viene mostrata l'interazione che una carica positiva puntiforme sperimenta muovendosi entro un campo elettromagnetico con velocità diversa da zero rispetto ad un riferimento inerziale. Se la distribuzione di carica elettrica netta è pari a zero ma esiste una distribuzione non nulla di densità di corrente ~ F~ = J~ × B. J~, la (1.2) diviene (1.3) All'interno dei mezzi materiali, si vericano gli ulteriori fenomeni della polarizzazione nei confronti del campo elettrico e della magnetizzazione nei confronti dell'induzione magnetica. In particolare, la polarizzazione, introducendo una distribuzione di cariche che riduce la carica complessiva, provoca un abbassamento del campo elettrico rispetto al vuoto. In un mezzo lineare, la polarizzazione è proporzionale al campo elettrico che l'ha prodotta, ossia ~ P~ = χe E, dove χe (1.4) rappresenta uno scalare adimensionale, per cui, nel dielettrico, il campo elettrico può essere decomposto nella somma di due contributi 1.1. 5 LE LEGGI DEL CAMPO ELETTROMAGNETICO E qE +q v qE xB B Figura 1.1: Componenti della forza di Lorenz agenti su una carica puntiforme in moto con velocità v rispetto ad un riferimento inerziale in una regione di spazio in cui è presente un campo elettromagnetico. 6 CAPITOLO 1. IL CAMPO ELETTROMAGNETICO dei quali l'uno pari a quello prodotto dalla densità delle cariche libere, l'altro dalla densità delle cariche di polarizzazione, ρp . La prima delle equazioni di Maxwell si può riscrivere ~ ·E ~ = ρ + ρp , ∇ ε0 da cui ~ ·E ~ = ρ + ρp , ε0 ∇ e, considerando le cariche vincolate quali sorgenti di un contributo di polarizzazione P~ del campo elettrico, si può scrivere ~ · P~ = ρp . ε0 ∇ Per sostituzione e per la linearità dell'operatore di divergenza, si ottiene quindi ~ P~ ) = ρ, ~ · (E− ε0 ∇ ed inne, se vale la (1.4) ~ 0 (1 − χe )E ~ = ρ. ∇ε Si denisce il vettore ~ = ε0 (1 − χe )E ~, spostamento elettrico D (1.5) che si misura in C/mq (Coulomb su metro quadrato), per cui si può, inne, scrivere ~ ·D ~ =ρ ∇ (1.6) nella quale compare a secondo membro solo la densità delle cariche libere mentre tiene conto indirettamente della densità di carica di polarizzazione tramite la costante dielettrica propria di ciascun materiale ε = ε0 (1 − χe ) = εr ε0 (1.7) ε la cosiddetta costante dielettrica relativa. ε0 Un ragionamento analogo sulla capacità dei materiali di presentare essendo εr = una densità di corrente di magnetizzazione sotto l'eetto di un campo di induzione magnetica, porta a considerare anche per il campo di induzione magnetica la dipendenza da due contributi distinti, ossia ~ ~ × B = J~ + J~m , ∇ µ0 1.1. 7 LE LEGGI DEL CAMPO ELETTROMAGNETICO dei quali il primo, J~, dovuto alle correnti libere, il secondo essendo relati- vo alle correnti di magnetizzazione. Se il mezzo è lineare, si può denire la magnetizzazione per unità di volume ~ M legata alla densità di corrente di magnetizzazione ~ ×M ~ = J~m , ∇ e, pertanto, combinando le ultime due relazioni ~ ~ ×M ~. ~ × B = J~ + ∇ ∇ µ0 Per le proprietà dell'operatore nabla, si perviene successivamente alla ~ ~ ×(B −M ~ ) = J, ~ ∇ µ0 che consente di denire il termine tra parentesi come un altro vettore detto campo magnetico ~ ~ = B −M ~, H µ0 con dimensioni pari ad A/m. Secondo questo approccio, in ogni mezzo lineare si può scrivere semplicemente ~ ×H ~ = J~ ∇ che sostituisce l'ultima delle (1.1) entro i mezzi materiali lineari (per semplicità si è considerato il caso stazionario). La relazione tra ~ H di legame materiale ) proporzionale ad ~, H e ~ B nel mezzo materiale (la cosiddetta si può ottenere assumendo ~, M equazione per la linearità, ossia ~ = χm H, ~ M mediante un coeciente adimensionale, (1.8) χm , detto suscettività magnetica, per cui ~ B ~ = (1 + χm )H, µ0 e, pertanto, ~ = B, ~ µ0 (1 + χm )H nella quale si può introdurre la permeabilità magnetica propria di ciascun materiale: µ = µ0 (1 + χm ) = µr µ0 . 8 CAPITOLO 1. IL CAMPO ELETTROMAGNETICO In conclusione, nei mezzi materiali le equazioni di Maxwell in forma locale si possono scrivere ~ ·D ~ =ρ 5 ~ ×E ~ = − ∂ B~ 5 ∂t (1.9) ~ ·B ~ =0 5 ~ ×H ~ = J~ + 5 ~ ∂D . ∂t A queste vanno aggiunte le equazioni di legame materiale ~ = E ~ D ~ = µH ~ B per ciascun mezzo materiale attraversato dal campo elettromagnetico. 1.1.2 Equazioni in forma integrale Integrando sul volume del dominio le equazioni di Maxwell in forma locale i cui termini di sorgente sono densità volumetriche e sulla supercie di contorno del dominio quelle i cui termini di sorgente sono densità superciali, si ottiene dalla prima delle (1.9) Z Z Z ~ · Ddτ ~ 5 = Z Z Z τ ρdτ, τ la quale, tramite il teorema della divergenza (o teorema di Gauss) (A.9) applicato al primo membro, e osservando che il secondo membro rappresenta la quantità netta di carica contenuta nello spazio considerato, diviene I I ~ · ~ndS = Q. D (1.10) S La (1.10) asserisce che il usso del vettore spostamento elettrico attraverso una qualsiasi supercie chiusa è pari alla carica totale racchiusa entro tale supercie. Questo risultato passa sotto il nome di Legge di Gauss. Analogamente, integrando su un volume la terza equazione in forma locale: Z Z Z τ ~ · Bdτ ~ = 0, 5 1.1. 9 LE LEGGI DEL CAMPO ELETTROMAGNETICO si ottiene, applicando ancora il teorema della divergenza sopra ricordato, I I ~ · ~ndS = 0. B (1.11) S Quest'ultimo risultato attesta che l'induzione magnetica è un vettore le cui linee non possono avere inizio o ne in punti interni ad una porzione 1 nita dello spazio, ossia che si tratta di linee chiuse . In particolare, tagliando (lungo una linea chiusa qualsiasi) la supercie chiusa S in due Su ed Se tali che S = Su ∪ Se , si può scrivere I I Z Z Z Z ~ ~ ~ · ~ndSe = 0, B · ~ndS = B · ~ndSu + B metà aperte S Su Se da cui si ricava Z Z ~ · ~ndSu = − B Z Z Su ~ · ~ndSe B Se e, mutando l'orientazione originaria della normale alla supercie Z Z ~ · ~ndSu = − B Su Z Z ~ · (−~n)dSe = B Z Z Se Se , ~ · ~ndSe B Se che dimostra la costanza del usso del vettore ~ B per qualsiasi supercie che ammetta la stessa linea chiusa come contorno. vettori a divergenza nulla terminologia equivalente, solenoidali. è tipica dei Questa proprietà o, come si suol dire con altra Integrando la seconda equazione di Maxwell in forma locale su di una supercie aperta qualsiasi si può scrivere Z Z ~ × E) ~ · ~ndS = − (5 S Z Z S ~ ∂B · ~ndS, ∂t che, mediante il teorema di Stokes (A.10) applicato all'integrale a primo membro, diviene I γ 1 Unica ~ · ~tdl = − E Z Z S ~ ∂B · ~ndS. ∂t eccezione è rappresentata da una linea che, pur restando contenuta entro una porzione nita dello spazio, non si richiude su se stessa se non dopo inniti passaggi che la vedono attraversare tutti gli inniti punti del dominio spaziale (linea ergodica ). 10 CAPITOLO 1. Se la linea γ IL CAMPO ELETTROMAGNETICO non varia nel tempo, allora per la vericata solenoidalità di ~, B S ed è lecito anticipare la derivata l'integrale a secondo membro non varia nel tempo per il variare di I Z Z ~ · ~tdl = − ∂ E ∂t γ dove il simbolo φ (1.12) sta ad indicare il usso dell'induzione magnetica con- catenato alla linea il nome di ~ · ~ndS = − ∂φ , B ∂t S γ quale si evince dalla (1.12). legge di Faraday-Neumann-Lenz Questo risultato va sotto o dell' induzione elettrica. A primo membro si riconosce una forza elettromotrice (o tensione) che risulta prodotta, lungo la linea γ , dalle variazioni, cambiate di segno, del usso dell'induzione magnetica concatenato con la linea stessa. Ciò signica che diminuzioni del usso concatenato sono responsabili di f.e.m. di segno positivo e, viceversa, incrementi di usso concatenato provocano f.e.m. di segno negativo (segno valutato rispetto all'orientazione positiva γ ). stabilita per la tangente della linea Da ultimo, ripetiamo l'integrazione su una supercie aperta qualsiasi, della quarta delle (1.9): Z Z ~ × H) ~ · ~ndS = (5 Z Z (J~ + S S ~ ∂D ) · ~ndS. ∂t Applicando il teorema di Stokes al primo membro, si ottiene I ~ · ~tdl = H Z Z γ (J~ + S ~ ∂D ) · ~ndS, ∂t (1.13) S può essere una qualsiasi tra le innite che si linea γ. L'integrale a primo membro rappresenta la in cui la supercie ap- poggiano alla cir- cuitazione del campo magnetico che funge da forza magnetomotrice. Essa risulta proporzionale alla corrente totale concatenata con la linea chiusa. La corrente totale è data dalla cosiddetta corrente di conduzione Z Z J~ · ~ndS, S e dalla corrente di spostamento Z Z S ~ ∂D · ~ndS. ∂t Il risultato (1.13) va sotto il nome di magnetico o legge della circuitazione del campo legge di Ampère-Maxwell. 1.2. CONDIZIONI STAZIONARIE 11 1.2 Condizioni stazionarie In condizioni stazionarie, nei mezzi lineari le (1.9) si riducono al seguente sistema ~ ·D ~ =ρ 5 ~ ×E ~ =0 5 ~ ·B ~ =0 5 (1.14) ~ ×H ~ = J, ~ 5 dal quale si evince che, mancando i termini di sorgente legati alle derivate temporali, il campo elettrostatico risulta irrotazionale (cioè a rotazionale nullo) in tutto lo spazio e deriva soltanto dalla distribuzione delle cariche elettriche, mentre il campo magnetostatico viene a dipendere solo dalla distribuzione del vettore densità di corrente di conduzione. 1.3 Condizioni quasi stazionarie Nel caso di fenomeni lentamente variabili, si è soliti parlare di condizioni quasi-stazionarie che risultano un'approssimazione che fa comodo in molti casi. Per distinguere queste condizioni da quelle stazionarie propriamente dette, si distinguono condizioni quasi stazionarie elettriche, e quasi stazionarie magnetiche, condizioni che possono essere realizzate anche in particolari regioni spazio-temporali. 1.3.1 Condizioni quasistazionarie elettriche Si vericano nelle regioni e negli intervalli in cui si può trascurare la derivata del vettore spostamento elettrico, ossia le equazioni diventano ~ ·D ~ =ρ 5 ~ ×E ~ = − ∂ B~ 5 ∂t ~ ·B ~ =0 5 ~ ×H ~ = J. ~ 5 (1.15) 12 CAPITOLO 1. IL CAMPO ELETTROMAGNETICO 1.3.2 Condizioni quasistazionarie magnetiche In analogia alle precedenti, nelle regioni dello spazio-tempo in cui è trascurabile la sola derivata temporale dell'induzione magnetica, vale il seguente sistema approssimato ~ ·D ~ =ρ 5 ~ ×E ~ =0 5 (1.16) ~ ·B ~ =0 5 ~ ×H ~ = J~ + 5 ~ ∂D . ∂t 1.4 Soluzione ai problemi di campo Di notevole importanza è la determinazione dei campi elettrico e/o magnetico in condizioni stazionarie e/o quasi-stazionarie. Per semplicità assumiamo di trattare il caso stazionario in cui vi è netta separazione tra la determinazione del campo elettrico e quella del campo magnetico. 1.5 Campo elettrico stazionario Se il dominio in cui esiste il campo elettrico è a connessione lineare sem2 plice , il campo è derivabile come gradiente continua dello spazio detta chiamiamo V 3 di una funzione scalare potenziale scalare. Per consuetudine, se la funzione potenziale scalare, si denisce ~ ~ = −5V. E (1.17) Introducendo questa espressione nella prima delle (1.14) si ottiene ~ · 5V ~ = −ρ 5 ε in cui si è tenuto conto del fatto che ~ = εE ~. D (1.18) La divergenza del gradiente costituisce un operatore dierenziale del secondo ordine che prende il 2 Un dominio si può denire tale quando una linea semplice chiusa contenuta al suo interno può essere ridotta, per deformazione continua, ad un punto senza uscire dal dominio né perdere la propria continuità. 3 Si faccia riferimento all'appendice A per i richiami fondamentali sugli operatori che verrano introdotti da qui in avanti. 1.6. 13 CAMPO MAGNETICO STAZIONARIO ∆ nome di Laplaciano (simbolo ∇2 ) o più frequentemente mediante il quale la (1.18) si scrive nella forma ρ ∇2 V = − , ε detta equazione di Poisson scalare. (1.19) Essa consente la determinazione del potenziale incognito, nota la distribuzione delle sorgenti e le condizioni al contorno sulla supercie al nito del dominio e/o di regolarità all'innito se il dominio si estende all'intero spazio. In quest'ultimo caso la soluzione per il potenziale vale 1 V = 4πε0 in ogni punto ad una distanza r Z Z Z τ ρ dτ r (1.20) molto grande rispetto alla regione ρ. in cui è distribuita la carica con densità volumetrica τ Ricordando la (1.17), dal potenziale scalare si ottiene il vettore campo elettrostatico ~ 1 ~ = −5 E 4πε0 Z Z Z τ ρ 1 dτ = r 4πε0 Z Z Z τ ρdτ ~r r2 (1.21) avente direzione radiale in quanto le linee di livello del potenziale scalare sono superci sferiche centrate nel punto (baricentro della distribuzione delle cariche elettriche) in cui si può ritenere concentrata la carica distribuita nel volume τ. 1.6 Campo magnetico stazionario Il campo stazionario di induzione magnetica è governato dalle due equazioni ~ ·B ~ =0 5 (1.22) ~ ×H ~ = J, ~ 5 dalle quali si evince che ~ B è un vettore indivergente derivare come rotazionale da un potenziale vettore, e può essere fatto ~4 A ad un sol valore e continuo, ossia si può porre: ~ × A. ~ =5 ~ B 4 Ciò (1.23) vale a rigore nei domini a connessione superciale semplice per i quali ogni supercie chiusa può essere ricondotta ad un punto per deformazione continua senza uscire dal dominio e restando chiusa durante il processo di deformazione. 14 CAPITOLO 1. IL CAMPO ELETTROMAGNETICO Sostituendo nella seconda delle (1.22) si ottiene l'espressione ~ ×5 ~ ×A ~ = µ0 J, ~ 5 onde occorre ricordare che il doppio prodotto vettoriale si può scrivere ~ ×5 ~ ×A ~ 5 ~ · A) ~ = 5( ~ − 52 A, ~ 5 ed essendo il potenziale vettore denito a meno del gradiente di uno scalare arbitrario, si può denire il potenziale vettore mediante la scelta (gauge) di Coulomb ~ ·A ~ = 0, 5 ossia si può scegliere un potenziale vettore indivergente tramite il quale equazione di Poisson vettoriale si ottiene l' ~ = −µ0 J. ~ 52 A A primo membro della (1.24) compare il cosiddetto tore (1.24) Laplaciano vet- che, nelle coordinate cartesiane ortogonali, si decompone nei tre laplaciani scalari 52 Ax = −µ0 Jx 52 Ay = −µ0 Jy 52 Az = −µ0 Jz che ammettono la soluzione dell'equazione di Poisson scalare. Per analogia, quindi, con la soluzione del campo elettrostatico nell'intero spazio, anche la (1.24) ammette a suciente distanza dalla regione in cui sono poste le sorgenti, la soluzione ~ = µ0 A 4π Z Z Z ~ J dτ τ r (1.25) che consente di determinare il campo di induzione magnetica ~ × ~ ×A ~ =5 ~ = µ0 5 B 4π Z Z Z ~ Z Z Z ~ J µ0 J × ~r dτ. dτ = 4π r2 τ r τ (1.26) Un'osservazione di carattere puramente matematico, ma che risulta molto comoda per gli sviluppi successivi, è quella che, in base alla (1.26), consente di scrivere ~ = dB µ0 J~ × ~r dτ 4π r2 (1.27) 1.6. 15 CAMPO MAGNETICO STAZIONARIO I Figura 1.2: Campo di induzione magnetica (linee di usso in tratteggio) prodotto da una corrente liforme circolare (spira). detta prima legge di Laplace. La (1.27) consente di ricavare il campo di induzione magnetica quando la geometria delle sorgenti è relativamente semplice. E' ben noto, dai corsi di sica, come dalla (1.27) si ottenga, ad esempio, la legge di Biot-Savart che stabilisce la distribuzione nello spazio del campo magnetico prodotto da una corrente liforme rettilinea ed indenitamente estesa. Rimandando ai testi di sica elementare per la descrizione del procedimento, si ricorda sinteticamente il risultato che tale campo ha una simmetria cilindrica e, in ogni piano normale al supporto della corrente dalla distanza , r, I, ha, punto per punto, intensità che dipende solo dalla sorgente ed è diretto, secondo quanto previsto dal prodotto vettoriale, lungo la direzione ortogonale al piano passante per la retta supporto della corrente ed il generico raggio vettore la direzione, φ, tangente alla circonferenza di raggio ~ = I ~eφ . H 2πr r: r, ossia (1.28) Se si considera una corrente avente per supporto una circonferenza, il campo magnetico ammetterà come linea, tra le altre, la retta ortogonale al piano della circonferenza e passante per il centro della stessa come rappresentato in gura 1.2 nella quale vengono mostrate anche altre linee quali si potrebbero ricavare dalla (1.27). La distribuzione delle linee di usso di un campo denotano una diversa intensità del campo stesso. In particolare, il campo è più intenso nelle regioni dello spazio in cui le linee sono più dense. Dalla gura è 16 CAPITOLO 1. IL CAMPO ELETTROMAGNETICO I Figura 1.3: Campo di induzione magnetica (linee di usso in tratteggio) prodotto da un solenoide. facile convincersi che il campo è più intenso nella regione piana delimitata dalla spira giacché una linea del campo magnetico che tocchi un punto qualsiasi dello spazio deve necessariamente essere concatenata con la spira. Facendo circolare la corrente attraverso un elevato numero di spire dello stesso raggio e concentriche (solenoide) come rappresentato in gura 1.3, si accentua la dierenza di intensità tra il campo interno al solenoide rispetto a quello esterno con il risultato di poter spesso trascurare il campo esterno (solenoide indenitamente esteso o chiuso su se stesso a guisa di toro). Capitolo 2 Applicazioni magnetiche 2.1 Introduzione I fenomeni del campo magnetico quasi-stazionario sono sfruttati in importanti applicazioni che vanno dai triche. circuiti magnetici alle macchine elet- I circuiti magnetici, essendo funzionali alla realizzazione delle macchine elettriche, verranno illustrati per primi. La denizione di circuito magnetico coincide con quella di so dell'induzione magnetica. tubo di us- Nel capitolo precedente si è potuto vedere quanto risulti complessa la determinazione del campo di induzione magnetica se le sorgenti non presentano particolari simmetrie geometriche. Inoltre, il problema è reso più complicato dal fatto che l'induzione magnetica è in grado di invadere tutto lo spazio essendo anche il vuoto magneticamente permeabile. Si è visto come sorgenti del campo magnetico, dotate di un adatto supporto, consentano di concentrare il campo in determinate regioni dello spazio rispetto ad altre. Tuttavia se lo spazio è occupato da un mezzo omogeneo, dicilmente questo eetto soltanto permette la sicura determinazione di tutti i tubi di usso e quindi della rete magnetica corrispondente. E' quanto mai opportuno, quindi, esaminare le proprietà magnetiche dei materiali di più comune reperibilità, allo scopo di valutare la possibilità di facilitare la determinazione dei circuiti magnetici mediante la giustapposizione di opportuni materiali dotati di permeabilità magnetiche assai dierenti tra loro. 17 18 CAPITOLO 2. APPLICAZIONI MAGNETICHE 2.2 Comportamento magnetico dei materiali A seconda della struttura microscopica, ogni materiale reagisce ad un campo di induzione magnetica esterno esibendo una magnetizzazione, ossia un momento di dipolo magnetico netto per unità di volume. Se il materiale è lineare, si è visto che la magnetizzazione è proporzionale al campo magnetico ~ H attraverso un coeciente adimensionale, χm , detto suscettività magnetica. Inoltre si può denire una permeabilità relativa propria di ciascun materiale µr = 1 + χ m . In base ai valori della permeabilità relativa, i mezzi materiali si possono suddividere in: • diamagnetici; • paramagnetici; • ferromagnetici. Diamagnetici sono i mezzi materiali per i quali risulta µr . 1, ossia quando hanno suscettività magnetica modesta e di segno negativo. Il diamagnetismo è tipico dei materiali per i quali i momenti magnetici degli elettroni dovuti allo spin ed alla rotazione attorno al nucleo si compensano quasi totalmente. Ciò fa sì che il materiale sia poco sensibile ad un campo magnetico esterno. Sono diamagnetici diversi metalli d'uso comune in elettrotecnica (come il rame) e non metalli quali, ad esempio, il silicio ed il cloruro di sodio. Tuttavia la suscettività si mantiene in −5 tutti i casi molto piccola in valore assoluto e dell'ordine di −10 . Sono perfettamente diamagnetici (χm 1 I tipo = −1) i cosiddetti superconduttori del in grado di espellere completamente dal loro interno un campo 2 stazionario di induzione magnetica . Per i materiali paramagnetici risulta invece µr & 1, 1A questa categoria di superconduttori appartengono i metalli puri a temperature prossime allo zero assoluto. 2 Ciò è rigorosamente vero entro un valore massimo del campo che dipende oltre che dalla temperatura (purché al di sotto della soglia che determina superconduttività) anche dalla densità di corrente che attraversa il superconduttore. 2.2. 19 COMPORTAMENTO MAGNETICO DEI MATERIALI essendo dotati di un sia pur minimo grado di magnetizzazione per il fatto che i momenti magnetici legati alle orbite e allo spin degli elettroni non si compensano esattamente. A dierenza del diamagnetismo, il para- magnetismo dipende, in genere, anche dalla temperatura. I più comuni mezzi paramagnetici sono l'aria, il platino, il tungsteno, il potassio ed altri che presentano suscettività magnetiche dipendenti dalla temperatura −5 e variabili tra 10 ÷ 10−3 . Il ferromagnetismo, inne, si verica nei materiali che possiedono a livello atomico momenti magnetici permanenti di notevole entità relativa. La denominazione deriva dal fatto che il ferro è il primo materiale della categoria di cui si siano osservate le proprietà magnetiche. La categoria comprende, oltre al ferro, solo materiali metallici come, ad esempio, il cobalto, il nickel, nonché leghe contenenti ferro e/o cobalto e/o nickel. Questi materiali sono di estrema importanza tecnica tanto che si può aermare che è grazie all'esistenza dei materiali ferromagnetici che è possibile la realizzazione delle macchine elettriche che godono oggidì di così ampia e varia diusione. A dierenza di tutti gli altri, i materiali ferromagnetici presentano alcune caratteristiche peculiari: • raggiungono valori di magnetizzazione macroscopica assai elevati; • mantengono una elevata magnetizzazione residua anche dopo che il campo magnetico esterno è stato rimosso (magneti permanenti); • possono perdere la loro magnetizzazione solo se portati al di sopra di una temperatura limite (la cosiddetta temperatura di Curie ) solitamente piuttosto elevata (ad esempio, per il Fe vale circa 770 ◦ C); • hanno una relazione tra ~ B ed ~ H che non è lineare. Quanto sopra evidenziato si può visualizzare mediante la curva sul piano B - H , caratterizzata da un andamento ciclico particolare, detto di isteresi, un esempio della quale è mostrato in gura 2.1. si può notare che l'induzione ~ B aumenta notevolmente con ciclo Dalla gura ~ H a partire da una condizione iniziale in cui il materiale non è mai stato precedentemente sottoposto a campi magnetici. Con il progressivo aumentare del campo magnetico, l'induzione tende ad aumentare meno velocemente sino ad un valore (punto a in gura) oltre il quale aumenti successivi di ~ H comportano aumenti di ~ B di entità relativamente molto minore, 20 CAPITOLO 2. APPLICAZIONI MAGNETICHE B tratto lineare di saturazione a b prima magnetizzazione f H c e d Figura 2.1: Ciclo di isteresi. 2.2. COMPORTAMENTO MAGNETICO DEI MATERIALI 21 praticamente coincidente con gli aumenti che si registrano in aria. Questa è la condizione cosiddetta di co. saturazione del materiale ferromagneti- Sin qui, il tratto della caratteristica di magnetizzazione prende il nome di curva di prima magnetizzazione. Se da questa situazione si diminuisce progressivamente l'intensità del campo magnetico ~, H i valori di induzione non diminuiscono secondo l'andamento visto prima, ma individuano punti dierenti tracciando un tratto di curva che interseca il semiasse positivo delle ordinate in un punto b. In corrispondenza a tale intersezione, si denisce induzione residua il valore di ~ B che permane anche quando il campo magnetico viene eliminato. Soltanto applicando un campo magnetico inverso di intensità crescente, si ottiene una ulteriore diminuzione dell'induzione sino al suo annullamento che avviene in corrispondenza al cosiddetto campo magnetico coercitivo (punto c). Continuando ad aumentare l'intensità del campo magnetico, l'induzione si inverte e la caratteristica passa nel terzo quadrante. Anche in questa regione della caratteristica si assiste al fenomeno della saturazione che si raggiunge per un valore assoluto del campo magnetico pari a quello corrispondente alla saturazione nel primo quadrante della curva (punto d). Invertendo nuovamente il campo magnetico, si percorre un tratto (d-e-f-a, secondo le frecce in gura 2.1) che va a chiudere la curva di magnetizzazione ed è caratterizzato da simmetria di rotazione rispetto al tratto precedente (a-b-c-d). Continuando a variare in maniera ciclica il campo magnetico, l'induzione continua a ripercorrere i vari tratti della stessa curva chiusa che prende il nome di ciclo di isteresi del materiale. Dal punto di vista fenomenologico, il ciclo di isteresi si interpreta ammettendo che nel materiale ferromagnetico siano presenti regioni di dimensioni microscopiche (formate, tuttavia, da un enorme numero di atomi) i cui atomi hanno tutti magnetizzazione equiversa. Tali regioni sono denominate domini di Weiss. Nel caso in cui il materiale non sia stato in precedenza sottoposto ad un campo magnetico (o sia stato portato alla temperatura di Curie), i vettori magnetizzazione dei domini sono orientati casualmente in tutte le direzioni dello spazio, sicchè l'eetto macroscopico netto è, appunto, quello di un materiale non magnetizzato. L'azione di un campo magnetico esterno applicato al materiale comporta che i momenti magnetici dei domini tendono ad allinearsi a questo come l'ago di una bussola. Per piccoli valori del campo applicato, questo fenomeno risulta reversibile e l'annullamento del campo stesso riporta il materiale allo stato iniziale. Se, tuttavia, l'intensità del campo esterno viene aumentata, i domini tendono ad orientarsi in maniera permanente 22 CAPITOLO 2. APPLICAZIONI MAGNETICHE rimodellandosi e accorpandosi in parte tra loro modicando così la loro struttura e dimensioni (le superci di contorno dei domini dette di Bloch pareti si modicano permanentemente) e, soprattutto, mantenendo un'induzione magnetica netta allineata al campo inducente anche quando quest'ultimo viene soppresso (induzione residua). Il fenomeno della saturazione, che vede diminuire progressivamente la pendenza della curva (che rappresenta la permeabilità del materiale nei diversi punti della curva che tende, inne, al valore µ0 ), si spiega con il fatto che quando tutti i domini si sono allineati lungo la direzione del campo magnetico applicato, il materiale non è più in grado di fornire un contributo all'aumento di ~ B il quale, pertanto, da quel valore in poi può crescere solo con la velocità con la quale cresce nel vuoto. Tipicamente la saturazione nei materiali magnetici avviene fra 1 o 2 T che sono valori molto elevati se paragonati all'induzione magnetica terrestre (da circa 20 a circa 70 µT passando dall'equatore ai poli). 2.2.1 Considerazioni energetiche A partire dall'energia prodotta dalla sorgente, che si può assumere quale bipolo di tipo induttivo, esprimiamo l'energia immagazzinata dai vettori del campo magnetico svincolandoci dalle variabili tensione e corrente del bipolo induttivo. Ossia: Z t Z t dφ idt = Wa (t) = vidt = N dt −∞ −∞ Z φ N idφ, (2.1) 0 in cui si è tenuto conto della relazione tra usso magnetico concatenato e tensione già vista nella parte I di questi appunti e che qui si riporta per comodità: v(t) = N dφ , dt dove si è tenuto distinto il valore del usso magnetico, netico concatenato attraverso il numero di spire N φ, dal usso mag- costante nel tempo. Ricordando la legge della circuitazione di Ampere, secondo la quale N i = Hl, dove l è una qualsiasi linea chiusa ed, in particolare, qui si considera una linea di usso del campo magnetico, e la relazione dφ = SdB 2.2. COMPORTAMENTO MAGNETICO DEI MATERIALI 23 B H Figura 2.2: Energia specica del campo magnetico. tra usso magnetico ed induzione magnetica, in cui S rappresenta la sezione normale del tubo di usso, possiamo riscrivere la (2.1) per un generico tubo di usso Z B lSHdB. W (t) = 0 Notando, inne, che lS rappresenta il volume del generico tubo di usso, è più interessante riferirsi all'energia per unità di volume W (t) = Ws (t) = Sl Z B HdB. (2.2) 0 Si noti dalla gura 2.2, che l'integrale che compare nella (2.2) può essere interpretato come l'area in grigio. Da ciò si evince che l'area racchiusa dal ciclo di isteresi rappresenta l'energia dissipata ad ogni ciclo per unità di volume del materiale ferromagnetico. Tale energia è convertita in calore. Ogni volta che un conduttore liforme avvolto attorno ad un nucleo ferromagnetico (che costituisce un induttore non lineare) viene alimentato con corrente alternata, l'energia assorbita ad ogni semiperiodo è maggiore di quella restituita nel semiperiodo successivo in quanto una parte dell'energia è dissipata per isteresi dal nucleo venendo da esso convertita in calore. Una formula semiempirica che lega la potenza dissipata per unità di volume nel nucleo ferromagnetico alla frequenza, al valore 24 CAPITOLO 2. APPLICAZIONI MAGNETICHE B B H H (b) (a) Figura 2.3: Cicli di isteresi di materiale dolce (a) e duro (b). massimo dell'induzione e alle caratteristiche del materiale (formula di Steinmetz) è la seguente: Ps,ist = ηf B α Nella (2.3), f W/m3 . (2.3) indica la frequenza di variazione dell'induzione sinusoidale il cui valore massimo è B, α è un esponente compreso nell'intervallo [1.6, 2] che dipende del materiale; η è un coeciente che pure dipende dal materiale. I materiali ferromagnetici si dividono in due categorie a seconda che il ciclo di isteresi sia sottile o largo come mostrato in gura 2.3. I materiali con ciclo di isteresi sottile sono detti dolci e si preferiscono per tutte le applicazioni in corrente alternata o in tutti i casi in cui occorre minimizzare le perdite energetiche dovute a variazioni cicliche dell'induzione magnetica, quelli invece che presentano un ciclo di isteresi ampio, e caratterizzato da un'elevata induzione magnetica residua ed un elecato campo coercitivo, sono detti duri e trovano la loro principale applicazione per la realizzazione di magneti permanenti. Nel caso dei materiali ferromagnetici duri, α ed η assumono valori relativamente più elevati. Alcune caratteristiche di materiali ferromagnetici dolci sono riportate in tabella 2.1. In tabella 2.2, sono riportate le caratteristiche salienti di alcuni esempi di materiali ferromagnetici duri. 2.2. 25 COMPORTAMENTO MAGNETICO DEI MATERIALI Tabella 2.1: Materiali ferromagnetici dolci Materiale Composizione µr,max Br Ferro puro Fe 250000 1.4 4 Lamiera dinamo 96% Fe, 4% Si 7000 0.8 40 permalloy 78.5% Ni, 21.5% Fe 50000 0.6 4 (T) Hc (A/m) Tabella 2.2: Materiali ferromagnetici duri Materiale Composizione Acciaio Ferrite di B |H|max 3 (J/m ) Br (T) Hc (A/m) 1600 0.7 5000 BaO·6Fe2 O3 24000 0.8 140000 7% Al, 14.5% 32000 0.8 110000 95000 0.72 400000 143000 0.85 630000 bario Alnico 8 Ni, 35% Co, 5% Cu, 5% Ti, resto Fe Composto di Co e terre rare CobaltoSamario Sm-Co5 26 CAPITOLO 2. APPLICAZIONI MAGNETICHE B H Figura 2.4: Curva di magnetizzazione normale. I valori della permeabilità magnetica relativa dei materiali ferromagnetici variano lungo la curva di isteresi anche se, lontano dalla saturazione, si mantengono molto elevati. zazione normale Si denisce curva di magnetiz- la curva ottenuta a partire da diversi cicli di isteresi del materiale ferromagnetico stabilizzati per diversi valori di ampiezza dei campi B ed H. Per chiarire questa denizione si consideri quanto rappre- sentato in gura 2.4. In particolare, la curva in trateggio, che rappresenta l'interpolazione tra i punti angolosi dei diversi cicli di isteresi, costituisce, appunto, la summenzionata curva di magnetizzazione normale. La sua forma è molto simile a quella della curva di prima magnetizzazione anche se, a dierenza di questa, si estende anche nel terzo quadrante. Analizzando più in dettaglio la curva di magnetizzazione normale, si può evincere che non si dà un solo valore per la permeabilità magnetica del materiale ferromagnetico, trattandosi di una curva non lineare. Si può costruire un graco che fornisce il valore della permeabilità del materiale in funzione di H, calcolato come tangente alla curva di mag- netizzazione normale in ogni punto. Si ottengono curve di permeabilità del tipo disegnato in gura 2.5 che evidenziano un valore massimo. 2.3. 27 REALIZZAZIONE PRATICA µ H Figura 2.5: Curva di permeabilità magnetica. 2.3 Realizzazione pratica Si è detto che un circuito magnetico è costituito da uno o più tubi di usso del vettore induzione magnetica (tubi chiusi per la solenoidalità di − → B statuita dalla terza equazione di Maxwell valida in tutte le condizioni e per tutti i mezzi materiali). Se il vettore induzione magnetica incontra mezzi a permeabilità diversa, le sue linee vanno incontro alla rifrazione in corrispondenza alla supercie di separazione tra i mezzi. Dagli studi di sica, è noto che (escludendo il caso particolare in cui si dia una densità superciale di corrente diversa da zero all'interfaccia) la rifrazione delle linee di − → B segue la legge µr,1 tan γ1 = tan γ2 µr,2 in cui γ1 e γ2 (2.4) sono gli angoli di incidenza, riferiti alla normale alla super- cie di separazione, di una linea di − → B all'interfaccia visti rispettivamente dal mezzo 1 e dal mezzo 2. Si veda, in proposito la gura 2.6. Dalla (2.4) si può constatare che all'interfaccia tra un materiale ferromagnetico ad elevata permeabilità (ad esempio ferro per il mezzo 1) e l'aria (mezzo 2), le linee di usso dal lato dell'aria, essendo più piccolo di tan γ1 , e quindi γ2 ≈ 0, tan γ2 relativamente molto sono praticamente normali alla γ1 ≈ 90◦ (ossia linee nel supercie in tutti i casi eccetto quello in cui sia mezzo 1 praticamente parallele alla supercie stessa). In questo caso, infatti, la (2.4) prevede linee ad elevati angoli di incidenza anche dal lato dell'aria. Da queste considerazioni, si evince che se le linee di usso corrono parallelamente alla supercie del ferro, tali linee si possono considerare 28 CAPITOLO 2. 1 APPLICAZIONI MAGNETICHE 2 µ1 µ2 γ 2 γ1 Figura 2.6: Rifrazione ad una supercie di interfaccia tra mezzi con dierenti permeabilità magnetiche. 2.3. 29 REALIZZAZIONE PRATICA S I n B µ0 N l µ µ 0 (a) Circuito magnetico toroidale. Figura 2.7: Circuito magnetico toroidale. praticamente connate all'interno del ferro stesso. Infatti, se una linea fuoriuscisse, per completare il suo percorso chiuso dovrebbe rientrare successivamente nel ferro. Ma per fare ciò dovrebbe incontrare l'interfaccia in direzione normale compiendo quindi un percorso non plausibile se la supercie di interfaccia è regolare ed indenitamente estesa. Invece è plausibile per una linea in aria entrare all'interno del ferro in direzione normale, rimanervi per un certo tratto e fuoriscirne successivamente in direzione normale per richiudere il proprio percorso. Si può pensare allora di realizzare una rete magnetica creando dei percorsi chiusi con il ferro. Ovviamente tali percorsi non coincideranno rigorosamente con gli eettivi tubi di usso dell'induzione magnetica, ma, per quanto detto sopra circa gli eetti delle permeabiità relative del ferro e dell'aria, ne rappresentano un ottima approssimazione. Il caso più semplice di circuito magnetico su cui ragionare è quello mostrato in gura 2.7. Il circuito in questione è costituito da un materiale ferromagnetico, di permeabilità µ, di forma geometrica toroidale. Si suppone che l'avvolgimento, composto di N spire, sia distribuito uni- formemente lungo il toroide. In questa situazione, è possibile ritenere, con ottima aprossimazione, che tutte le linee dell'induzione magnetica 30 CAPITOLO 2. APPLICAZIONI MAGNETICHE risultino connate all'interno del toroide il quale funge quindi da circuito 3 magnetico. In particolare, il usso dell'induzione magnetica , denito in generale dall'espressione Z φ= − → B · ~ndS, S nel caso proposto, si può scrivere semplicemente φ = Bmed S essendo l'induzione magnetica un vettore con direzione coincidente con quella della normale alla supercie Bmed si è indicato il valor medio di S B e, pertanto, − → B · ~n = B . sulla supercie circuitazione (1.13) applicata alla linea d'asse l S. Con La legge della nelle speciche condizioni prese a riferimento si scrive − ~ → H · tdl = N i, I (2.5) l interpretando il secondo membro della (1.13) come la corrente totale l concatenata con una generica supercie che si appoggia alla linea . La densità di corrente è, infatti, non nulla solo all'interno delle spire dell'avvolgimento liforme dove vale, tra la densità di corrente, intensità di corrente, i, − → J, e la la semplice relazione − → J · ~ndS = i, che, integrata sulla generica supercie S l appoggiata alla linea , ove l'area interessata è complessivamente attraversata N i volte dalla corrente , for- nisce proprio il secondo membro della (2.5). Non è dicile, tramite la (2.5) evincere che per ogni altra linea interna al toroide, diversa dalla lin- l ea d'asse , il secondo membro, coinvolgendo grandezze esterne al toroide medesimo, non varia e, pertanto il campo magnetico − → H ha intensità de- crescente all'aumentare del raggio maggiore del toroide (ossia, a raggio maggiore della linea corrisponde intensità minore del campo e viceversa in misura inversamente proporzionale). Il valore sulla linea d'asse deve 3 Il usso di induzione magnetica ha una propria unità di misura nel S.I. il Weber (Wb). Talora l'induzione viene espressa in Wb/mq anzichè in Tesla (T). 2.3. 31 REALIZZAZIONE PRATICA risultare, pertanto, intermedio tra tutti quelli possibili. Inoltre, la di- rezione del campo è, per la regola della mano destra, coincidente con la tangente alla linea, pertanto − ~ → H · tdl = Hmed l. I l Sostituendo nella (2.5) H mediante la legge di legame materiale con Hmed l = B: Bmed l, µ moltiplicando e dividendo per la supercie normale del circuito magnetico toroidale, otteniamo SBmed l l=φ = <φ Sµ µS ed, in denitiva N i = <φ. La relazione (2.6) prende il nome di la cosiddetta riluttanza (2.6) legge di Hopkinson. Essa denisce del circuito magnetico: <= l . µS (2.7) Si noti la stretta rassomiglianza della (2.7) con l'espressione della resistenza elettrica relativa ad un tratto liforme di conduttore di lunghezza l e sezione normale S di conducibilità elettrica σ4 che si riporta qui per comodità R= l . σS L'analogia formale tra la resistenza elettrica e la resistenza magnetica (ossia la riluttanza) consente di rarontare la legge di Hopkinson (2.6) alla ben nota legge di Ohm ponendo in evidenza le analogie tra grandezze elettriche e magnetiche come riassunto in tabella 2.3. La corrispondenza è valida nella condizione in cui la legge di Ohm è riferita ad un circuito elettrico semplice costituito da una resistenza alimentata da una f.e.m. di valore e come mostrato in gura 2.8. In tal caso, come descritto in tabella, oltre alla corrispondenza tra resistenza e riluttanza, si possono 4 Si ricorda che σ = 1 ρ essendo ρ la resistività elettrica. 32 CAPITOLO 2. APPLICAZIONI MAGNETICHE Tabella 2.3: Corrispondenza tra grandezze elettriche e magnetiche. Legge di Ohm Legge di Hopkinson e = Ri N i = <φ R < i φ e Ni i + e _ R Figura 2.8: Circuito elettrico analogo a quello magnetico di gura 2.7. 2.3. 33 REALIZZAZIONE PRATICA φ N Ni S Figura 2.9: Schema circuitale del circuito magnetico di gura 2.7. e, e f.m.m. (forza magnetomotrice ), Ni, come pure corrente elettrica, i, e usso di induzione mag- far valere anche le corrispondenze f.e.m., netica, φ. Si può allora schematizzare gracamente il circuito di gura 2.9 con la sua rappresentazione analoga di gura 2.7. Si ponga l'at- tenzione sul fatto che il verso della f.m.m. deve essere ssato di volta in volta utilizzando la regola della vite destrogira tenendo conto del verso di entrata della corrente all'interno dell'avvolgimento e di come si avvolge il lo conduttore attorno al toroide ferromagnetico. Si può usare anche indice della mano de- la regola della mano destra secondo la quale se l' stra punta il verso positivo della corrente con il palmo che abbraccia il circuito magnetico, allora il pollice punta il verso positivo della f.m.m.. La legge di Hopkinson, derivata in un caso estremamente semplicato, viene estesa a strutture ferromagnetiche di forma geometrica più complessa che possono anche presentare regioni in cui il materiale ferromagnetico è interrotto da traferri d'aria più o meno sottili. Naturalmente questo comporterà l'assunzione di ipotesi semplicative che inuiranno sull'accuratezza dell'analisi. In gura 2.10 è rappresentato un circuito magnetico con traferro. La struttura del circuito, fatto di materiale ad elevata permeabilità, è rettangolare o quadrata come pure la sua sezione normale. Inoltre l'avvolgimento percorso da corrente non è distribuito uniformemente su tutto il circuito, ma solo su uno dei suoi lati. Ne deriva che l'andamento delle linee dell'induzione magnetica può essere solamente ipotizzato sulla base di alcune approssimazioni, in particolare: 34 CAPITOLO 2. APPLICAZIONI MAGNETICHE µ>> µ 0 B l I traferro µ N 0 S Figura 2.10: Circuito magnetico con traferro. 1. grazie all'elevata permeabilità della struttura ferromagnetica rispetto all'aria, si assume che tutte le linee di usso di ~ B risultino co- munque interamente connate all'interno del ferro (tranne, ovviamente, al traferro); 2. si assume che l'induzione magnetica abbia valore costante in ogni punto della generica sezione normale, con valore pari al valor medio, e direzione secondo la tangente alla linea d'asse della struttura nel punto di intersezione con la sezione (come illustrato in gura 2.10). Nelle due ipotesi sopracitate, ci si riconduce al caso ideale di gura 2.7 e restano validi i risultati ricavati in quelle condizioni con particolare riguardo alla legge di Hopkinson (2.6). Occorre qui ulteriormente precisare che, a dierenza della resistenza elettrica, la riluttanza non ha un valore costante in tutte le condizioni a causa del comportamento magnetico dei materiali ferromagnetici, ossia φ < = < (µ) = < [µ (B)] = < µ S il che signica che la riluttanza dipende dalla permeabilità magnetica che, a sua volta, dipende dall'intensità dell'induzione magnetica ossia, per le due assunzione poste sopra, dal usso. 2.3. 35 REALIZZAZIONE PRATICA B H a) B β Bs µ0=tan β µ= tan α α H b) Figura 2.11: Curva di magnetizzazione normale a) e sua linearizzazione b). 2.3.1 Regime magnetostatico Nel caso magnetostatico, in cui non si manifesta il fenomeno dell'isteresi, si può avanzare un'ulteriore assunzione sul valore della permeabilità, ovvero sulla relazione di legame materiale fra si assume la ~ B ed ~. H A tale proposito curva di magnetizzazione normale, costruita come mostrato in gura 2.4, che può essere, come ulteriore approssimazione, opportunamente linearizzata. Si veda in proposito la gura 2.11. Se l'intensità dell'induzione magnetica si mantiene al di sotto del valore di saturazione, Bs del materiale, si può assegnare un solo valore alla permeabilità magnetica e la riluttanza assume un valore indipendente dal usso. Vale la pena sottolineare che, scrivendo la (2.5) per ogni percorso 36 CAPITOLO 2. APPLICAZIONI MAGNETICHE chiuso di circuito magnetico formato da n X n tratti Hk lk = N I k=1 se il percorso è concatenato con una f.m.m. n X N I, altrimenti Hk lk = 0. k=1 Si osservi come queste relazioni siano le corrispondenti della legge delle tensioni nelle reti elettriche per la quale si può scrivere n X Vk = E, k=1 se nella maglia è presente una f.e.m. n X E, oppure Vk = 0 k=1 in assenza di f.e.m. lungo la maglia. Inoltre, per la solenoidalità del vettore induzione magnetica, stabilita dalla terza delle (1.16) possiamo aermare che nei punti in cui la struttura magnetica si biforca, ossia nei nodi del circuito magnetico, per i tubi di usso dell'induzione deve valere r X Bk Sk = 0, k=1 in cui la sommatoria è estesa a tutti i tratti che aeriscono al generico nodo, ossia, ricordando la denizione di usso r X φk = 0, k=1 che può essere fatta corrispondere alla legge delle correnti ai nodi di una rete elettrica n X k=1 Ik = 0. 2.3. 37 REALIZZAZIONE PRATICA δ Figura 2.12: Linee di usso dell'induzione magnetica al traferro. I termini della somma dei ussi prendono segno positivo o negativo a seconda che si tratti di ussi uscenti o entranti rispettivamente nel nodo allo stesso modo con cui si applica la LC ai nodi delle reti elettriche. Risulta, pertanto, chiarito il fatto che ogni circuito magnetico può essere trattato con gli stessi metodi già appresi a proposito delle reti elettriche stazionarie. Un approfondimento del discorso merita il traferro. Al traferro, la (2.6) è sempre lineare poichè la permeabilià al traferro non dipende dal usso ma è costante di valore µ0 . La riluttanza del traferro, tuttavia, è di qualche ordine di grandezza più elevata delle riluttanze del materiale ferromagnetico insaturo. A motivo di ciò, e per gli eetti di bordo dovuti alla limitata estensione della struttura, le linee di usso di ~ B tendono a deettere rispetto all'andamento seguito nel materiale ad elevata permeabilità come mostrato in gura 2.12. Dalla gura si può osservare un allargamento della sezione utile del circuito magnetico in corrispondenza al traferro. Si può tenere conto di questo fenomeno mediante un opportuno coeciente α>1 tale che α= in cui i pedici aef Sa , Sf stanno ad indicare l'aria ed il ferro rispettivamente. 38 CAPITOLO 2. B APPLICAZIONI MAGNETICHE corrente parassita Figura 2.13: Correnti parassite nel nucleo ferromagnetico. Un valore empirico di del ferro, Sf , del traferro. α lo si può ottenere aggiungendo alla supercie una cornice di spessore pari alla metà della lunghezza δ Ciò equivale a sommare a ciascun lato della sezione (se rettangolare) o al raggio (se circolare) la lunghezza δ. 2.3.2 Forze magnetomotrici variabili Se le f.m.m. variano nel tempo con andamento periodico, si manifesta il fenomeno dell'isteresi che produce dissipazione di energia e, a questo, si va ad aggiungere anche un ulteriore dissipazione di energia dovuta alle cosiddette correnti di Faucoult (dette anche correnti parassite ) indotte nel materiale ferromagnetico che, in quanto ferroso, è dotato di una conducibilità elettrica non nulla. In pratica, ciò che avviene nel nucleo ferromagnetico è ben rappresentato in gura B lamierino di Fe Figura 2.14: Nucleo laminato. 2.13. Nella gura il verso delle linee di corrente è relativo ad un aumento del valore dell'induzione secondo la ben nota lege di Faraday- 2.3. 39 REALIZZAZIONE PRATICA Neumann-Lenz e=− in cui il usso rente, e φ dφ dt (2.8) è quello concatenato con il percorso chiuso della cor- è la f.e.m. indotta nel percorso chiuso in grado di muovere la relativa corrente nel suo stesso verso per la legge di Ohm. Se il usso diminuisce per un decremento del valore dell'induzione, la f.e.m. e la corrente indotte hanno verso opposto a quello mostrato in gura 2.13. Per ovviare a questo inconveniente, che comporta una signicativa dissipazione di energia, si ricorre alla laminazione del nucleo, il quale non viene realizzato con materiale massiccio, ma con tanti sottili lamierini sovrapposti, intervallati da sottilissimi strati di isolante tra uno e l'altro. In questo modo le proprietà magnetiche del nucleo non vengono modicate, mentre le correnti parassite possono circolare in percorsi molto ridotti, concatenare quote di usso inferiori e, per decrementare vieppiù il fenomeno, il ferro del nucleo può venire drogato con silicio per aumentarne la resistività. In gura 2.14, è mostrato un nucleo ferromagnetico laminato. Tanto più sottile risulta lo spessore dei lamierini, e tanto maggiore è la resistività, tanto minore è la potenza dissipata dalle correnti parassite. In pratica si realizzano lamierini con spessori che possono variare tra i 0.2 e i 0.5 mm. Vediamo come si può calcolare l'energia dissipata per correnti parassite nell'unità di volume di un nucleo laminato. Si faccia riferimento alla gura 2.15. Lo spessore, t , del lamierino risulta molto più piccolo dalla sua larghezza a . Assumiamo, inoltre, per convenienza una lunghezza in direzione z pari ad una unità. Consideriamo i percorsi delle correnti parassite contenuti nell'area in grigio avente spessore elementare dy e che interseca l'asse y in corrispondenza ai valori ±y . La lunghezza di questi percorsi si può approssimare con il valore 2a. La loro area con 2ya . Il usso intercettato da questi percorsi vale allora ϕc = 2yaBM cos ωt. (2.9) In corrispondenza a questo usso, si produce una f.e.m. entro l'area in grigio pari a e (y) = − dϕc = 2yaωBM sin ωt, dt il cui valore ecace è E (y) = 2yaωBM √ . 2 La resistenza del materiale compreso nell'area in grigio per unità di lunghezza vale R (y) = ρ 2a dy 40 CAPITOLO 2. APPLICAZIONI MAGNETICHE e la potenza dissipata nell'area in grigio per unità di lunghezza P (y) = 2 2 2 2 E2 2a2 ω 2 BM y aω 2 BM y = dy = dy. R 2ρa ρ Per ottenere la potenza complessivamente dissipata eseguiamo l'integrazione su nell'intervallo [0, t/2] : Z Pcp = 0 t/2 2 aω 2 BM P (y) dy = ρ Z 0 t/2 2 aω 2 BM y dy = 3ρ 2 y 3 t , 2 e, possiamo avere la potenza dissipata nel lamierino per unità di volume pcp = 2 2 Pcp ω 2 BM t = . at 24ρ Un dierente approccio può essere quello che fa ricorso direttamente all'equazione lamierino di Fe y ~ ~ ×E ~ = − ∂B , 5 ∂t che, proiettata nelle coordinate cartesiane e osservando che il termine di sorgente è diverso da zero solo lungo la direzione z , fornisce l'unica equazione scalare x za BMcos ωt ∂Ex ∂Ey − = ωBM sin (ωt) . ∂y ∂x Trascurando gli eetti di bordo, occorre notare che, dato il sottile spessore dela y lamina, ∂E ∂x è trascurabile rispetto al x termine ∂E ∂y , per cui t Lamierino immerso in campo di induzione variabile. Figura 2.15: ∂Ex = ωBM sin (ωt) ∂y che è di immediata integrazione: Ex (y, t) = ωBM sin (ωt) y. Si ottiene poi la densità di corrente Jx (y, t) = σEx = ωBM sin (ωt) y che consente di ottenere la densità di potenza dissipata per eetto Joule 2 p(y, t) = σJx2 = σ [ωBM sin (ωt) y] , 2.4. 41 CALCOLO DI AUTO E MUTUE INDUZIONI che consente di ottenere il valor medio in un periodo ed entro lo spessore del lamierino della densità di potenza dissipata per correnti parassite pcp 11 = T t Z 11 2 2 = σω BM T t t/2 −t/2 Z T Z 0 11 p(y, t)dydt = T t t/2 2 Z y dy −t/2 = 0 T Z t/2 Z T 2 σ [ωBM sin (ωt) y] dydt −t/2 0 1 1 2 2 t3 sin (ωt) dt = σω BM T t 12 2 1 2 2 t2 T 1 2 2 σω BM = σω 2 BM t T 12 2 24 Z T 0 1 − cos 2ωt dt 2 Wm−3 , che coincide on quella calcolata precedentemente. Per comodità, le perdite per unità di volume di un materiale ferromagnetico laminato, soggetto ad induzione variabile nel tempo, comprensive sia dell'isteresi sia delle correnti parassite si riassumono nella formula p = αB 1.6 f + βB 2 f 2 , in cui il primo termine è rappresentativo delle perdite per isteresi, di quelle per correnti parassite (Foucault) il secondo. L'esponente del primo termine tende a 2 con l'aumentare dell'induzione (normalmente intorno al valore di 1 T) e, quindi, le perdite hanno andamento parabolico con f. Normalcifra di perdita, Cp , onnicomprensiva che fornisce l'induzione e dipendono, inoltre, dal valore della frequenza mente viene fornita una la potenza dissipata per chilogrammo di materiale ferromagnetico quando sottoposto ad una induzione massima di 1 T (ossia 1 Wb/mq come talora si usa indicare l'unità di misura dell'induzione magnetica) ed una frequenza di 50 Hz. 2.4 Calcolo di auto e mutue induzioni Nell'ambito del regime quasi-stazionario magnetico, è di un certo rilievo il calcolo dell'autoinduzione relativa ad un avvolgimento che fornisce la f.m.m. ad un circuito magnetico e/o della mutua induzione tra diversi avvolgimenti che producono f.m.m. in uno stesso circuito magnetico. Per esaminare meglio di che si tratta, si consideri la gura 2.16. Le f.m.m. del caso proposto sono prodotte dalle correnti avvolgimenti di gura aventi N1 ed N2 I1 ed I2 circolanti negli rispettivamente, secondo i versi indicati. Dalla sica, sappiamo che il coeciente di autoinduzione, L, è 42 CAPITOLO 2. APPLICAZIONI MAGNETICHE I2 I1 N1 N2 Figura 2.16: Circuito magnetico a due avvolgimenti. denito da L= dove φc φc , I I e concatenato corrente I. Nel caso dei è il usso totale prodotto dalla corrente l'avvolgimento percorso dalla medesima con due avvolgimenti di gura 2.16, vale quindi L1 = φ1c I1 L2 = φ2c . I2 Per poter calcolare i ussi, occorre risovere il circuito magnetico facendo agire una corrente alla volta. A questo scopo è conveniente utilizzare il circuito elettrico equivalente nei due casi rispettivamente indicati con a) e b) in gura 2.17. Per calcolare il coeciente L1 , si utilizza lo schema di gura 2.17 a). Le dimensioni geometriche del circuito magnetico si suppongono note come pure il valore della sua permeabilità e sono, quindi, facilmente ricavabili le riluttanze dei tre diversi rami del circuito nell'ipotesi che la 5 sezione di ciascun ramo sia costante per tutta la sua lunghezza . Il usso 5 Se ciò non fosse, ossia se ci fossero variazioni di sezione o traferri d'aria, occorre suddividere il ramo in elementi omogenei di cui sia possibile ricavare la riluttanza con la (2.7) e poi ricavare la riluttanza equivalente serie sommando tutte le riluttanze lungo il ramo percorso dallo stesso usso. 2.4. 43 CALCOLO DI AUTO E MUTUE INDUZIONI φ 2 2 1 3 φ φ 1 N 3 N1I 1 S a) φ 2 2 1 3 φ φ 1 S N 3 N2I 2 b) Figura 2.17: Analoghi elettrici del circuito magnetico di gura 2.16 per il calcolo dei coecienti di auto e mutua induzione 44 CAPITOLO 2. APPLICAZIONI MAGNETICHE totale concatenato con l'avvolgimento in cui circola la corrente I1 vale φ1c = N1 φ1 . Il usso φ1 , prodotto dalla sola corrente I1 va calcolato utilizando lo schema a) di gura. Applicando la legge di Hopkinson, si può ricavare φ1 = N1 I1 , <eq in cui <eq = <1 + <2 <3 <2 + <3 è la riluttanza equivalente vista dal generatore di f.m.m.. Le relazioni ricavate sopra, ci consentono di ricavare per l'autoinduttanza L1 = N2 φ1c = 1. I1 <eq Con analogo procedimentosi ottiene per l'autoinduttanza L2 = L1 L2 N2 φ2c = 2, I2 <eq dove questa volta <eq = <2 + <1 <3 <1 + <3 è la riluttanza equivalente vista dal generatore di f.m.m. nello schema b) di gura 2.17. Per il calcolo della mutua induzione si può usare indierentemente lo schema a) o lo schema b) di gura 2.17. Utilizzando lo schema a), il coeciente di mutua induzione tra i due avvolgimenti M= vale M= φ2c I1 N2 φ2 N2 N1 I1 <3 = , I1 I1 <eq <2 + <3 (2.10) dove l'ultima frazione rappresenta un partitore di usso (analogo al partitore di corrente delle reti elettriche) ed inoltre <eq = <1 + < 2 <3 <2 + <3 2.4. CALCOLO DI AUTO E MUTUE INDUZIONI 45 che, inserita nella (2.10) consente di ottenere M= N1 N2 <1 + < 2 + <1 <2 <3 . (2.11) Procedendo, invece, mediante lo schema b), si denisce M= φ1c I2 che si calcola nel modo seguente: M= N1 N2 I2 <3 N1 φ1 = I2 I2 <eq <1 + <3 con <eq = <2 + < 1 <3 < 1 + <3 che, sostituita nell'espressione precedente, fornisce come risultato la (2.11). Si osservi che i risultati ottenuti sono indipendenti dal fatto che le f.m.m. siano costanti o variabili nel tempo, tuttavia se le f.m.m. sono costanti i coecienti di auto e mutua induzione non trovano signicative possibilità di applicazione. Capitolo 3 Macchine elettriche 3.1 Introduzione Per macchina si intende un sistema sico in grado di eettuare una conversione di energia. Tipicamente l'energia prodotta è di tipo meccanico, ossia lavoro, a partire da energia di altra natura, ad esempio termica o elettrica. Una macchina che utilizzi energia elettrica per produrre lavoro meccanico o viceversa produca energia elettrica a partire da lavoro meccanico, si dice macchina elettrica. Tuttavia, occorre precisare che anche qualora entrambe le energie in entrata ed in uscita dalla macchina sono elettriche, ovviamente con proprietà dierenti l'una dall'altra, siamo di fronte ad una macchina elettrica. Occorre comunque richiamare l'at- tenzione sul fatto che la termodinamica ci insegna che la conversione di energia operata da qualsasi macchina non ha un rendimento del 100%, ma una certa quota di energia viene dissipata dalla macchina stessa sotto forma di calore. Lo schema di usso di una macchina è rappresentato in gura 3.1 in cui le frecce rappresentano le energie in ingresso, in uscita dalla macchina e dissipata sottoforma di calore. Per quanto detto se Ein e/o Eu sono di natura elettrica, la macchina è detta macchina elettrica. Più precisamente in tabella 3.1 sono riassunti i casi che si possono presentare nella pratica . Motori e generatori sono macchine elettriche con parti in movimento, i trasformatori sono, invece, macchine statiche. 47 48 CAPITOLO 3. Macchina Ein MACCHINE ELETTRICHE Eu Ed Figura 3.1: Flussi energetici attraverso una macchina. Tabella 3.1: Tipologia delle macchine elettriche Natura di Ein Natura di Eu Tipo di macchina elettrica Elettrica Elettrica Trasformatore Elettrica Meccanica Motore Meccanica Elettrica Generatore 3.2. 49 IL TRASFORMATORE MONOFASE Nucleo ferromagnetico laminato µ>> µ 0 B l i2 i1 v1 + µ N − + 0 1 v2 N 2 R − S Avvolgimento primario Avvolgimento secondario Figura 3.2: Trasformatore monofase. 3.2 Il trasformatore monofase Il trasformatore è una macchina che trasforma energia elettrica in energia elettrica con caratteristiche diverse in uscita e in ingresso. Esso può funzionare solo se le grandezze elettriche sono variabili nel tempo. Esso è costituito da due avvolgimenti di lo conduttore accoppiati tra loro mediante un circuito magnetico costituito da un nucleo ferromagnetico laminato. Una rappresentazione semplicata del trasformatore è riportata in gura 3.2. 3.2.1 Trasformatore ideale Nel caso ideale si considera che ci sia accoppiamento perfetto tra gli avvolgimenti, ossia che tutte le linee di usso concatenate con l'avvolgimento primario sono concatenate anche con il secondario, che la riluttanza del materiale ferromagnetico e la resistenza degli avvolgimenti conduttori siano trascurabili. Per la tensione ai terminali del primario, la legge di Faraday-NeumannLenz fornisce v 1 = N1 dφ , dt in cui il segno negativo è assorbito dalla convenzione degli utilizzatori 50 CAPITOLO 3. MACCHINE ELETTRICHE poichè un aumento della f.m.m., cioè della corrente, provoca un aumento del usso e, quindi, della tensione che ostacola l'ulteriore aumento della corrente. Al secondario, se l'avvolgimento, come s'usa, è collegato ad un carico, la mutua direzione di corrente e tensione (che non rispetta la c.d.u. alla porta del secondario), e considerando il segno negativo del usso concatento determinato dai terminali marcati con il cerchietto nero, si determina che dφ v2 = − −N2 dt = N2 dφ dt cioè, le tensioni degli avvolgimenti risultano avere sempre contemporaneamente i versi indicati in gura. Si osservi che se le correnti sono stazionarie, per la (??) anche i ussi lo sono e, di conseguenza, le tensioni ai capi degli avvolgimenti sono entrambe nulle. Il funzionamento del trasformatore è quindi presente soltanto quando le grandezze elettriche variano nel tempo. In questo caso, le equazioni di macchina si possono scrivere: =0 v1 − N1 dφ dt v2 − N2 dφ = 0, dt (3.1) relativamente ai due avvolgimenti, mentre per il nucleo magnetico, la legge di Hopkinson, considerando nulla la riluttanza del nucleo fornisce, con i versi delle correnti indicati in gura N1 i1 − N2 i2 = 0. Applicando al primario una tensione sinusidale v1 (t) = √ 2V1 cos ωt, dalla prima delle (3.1) si ottiene √ φ(t) = 2V1 sin ωt N1 2πf che, introdotta nella seconda, fornisce √ v2 (t) = N2 2V1 N2 cos ωt = v1 (t). N1 N1 (3.2) 3.2. IL TRASFORMATORE MONOFASE 51 Da quest'ultima espressione si ricava la prima relazione fondamentale del trasformatore ideale v1 N1 = , v2 N2 (3.3) ossia il rapporto tra le tensione coincide con il rapporto spire. Si ricordi che, nella prima parte di questi appunti, trattando del trasformatore ideale, si è attribuita a questo doppio bipolo una relazione di denizione che comprendeva l'espressione v1 = nv2 nella quale n è stata chiamata rapporto di trasformazione. Dalla (3.3) si vede, dunque, che il rapporto di trasformazione del trasformatore ideale monofase, coincide con il suo rapporto spire. Dalla (3.2) si ricava per le correnti: N2 i1 = , i2 N1 (3.4) che si accorda con quanto stabilito circa la seconda equazione della relazione di denizione del trasformatore ideale. Le relazioni ricavate in questo paragrafo riguardano i valori istantanei delle variabili, pertanto sono valide anche per i valori ecaci di grandezze sinusoidali e, quindi, sono riscrivibili anche in termini fasoriali: V̂1 V̂2 = N1 N2 N2 Iˆ1 = . N1 Iˆ2 (3.5) (3.6) Per il usso magnetico ha importanza il valore massimo (anzichè il valore ecace) perchè da questo dipende il raggiungimento della saturazione del materiale ferromagnetico. 3.2.2 Trasformatore reale Si noti che la (3.4) prevede che, nel caso in cui il secondario sia mantenuto a vuoto, la corrente primaria sia nulla. Ciò in realtà non si verica, in quanto esistono sempre dei fenomeni di perdita nel circuito magnetico per i quali una, sia pure modesta, percentuale della corrente primaria 52 CAPITOLO 3. MACCHINE ELETTRICHE B i1 t tensione primaria corrente primaria Figura 3.3: Eetto dell'isteresi sulle forme d'onda di tensione e corrente. nominale viene assorbita dal trasformatore anche con il secondario a vuoto. Nella realtà cioè N2 ˆ I2 Iˆ1 = Iˆ10 + N1 (3.7) in cui la relazione si è scritta in termini fasoriali in quanto l'utilizzo del trasformatore avviene essenzialmente in regime sinusoidale. Per ottenere delle relazioni che meglio rispecchino il trasformatore reale, occorre rimuovere le ipotesi di idealità avanzate al precedente paragrafo. Innanzitutto, la permeabilità non innita del nucleo ferro- magnetico determina che l'accoppiamento tra gli avvolgimenti non sia perfetto ed, inoltre, occorre precisare che la caratteristica di magnetizzazione dinamica del materiale ferromagnetico prevede l'isteresi e, pertanto, alimentando il primario con una tensione sinusoidale, esso assorbe una corrente solo in prima approssimazione sinusoidale a causa della forma del ciclo di isteresi tale che, se la proiezione dei suoi punti lungo uno degli assi varia sinusoidalmente, la proiezione degli stessi punti lungo l'altro asse ha un andamento distorto rispetto a quello sinusoidale. Si veda quanto mostrato in gura 3.3 in cui, per convenienza, si è scelto di rappresentare le grandezze dell'avvolgimento primario a parità di valor massimo per facilitare il confronto tra le diverse forme d'onda. Se l'accoppiamento non è perfetto, signica che non tutte le linee di usso prodotte dalla corrente primaria (vista come f.m.m.) si concatenano anche con la corrente secondaria e viceversa. Quindi una parte delle 3.2. 53 IL TRASFORMATORE MONOFASE linee di usso prodotte da ciascuna corrente si richiuderanno, attraverso l'aria, concatenandosi solo con quella corrente. A motivo di ciò, i ussi concatenati con ciascun avvolgimento possono non coincidere e si può allora scrivere φc1 = −N1 φ + Ld1 i1 per il usso concatenato con il primario e φc2 = −N2 φ + Ld2 i2 per quello concatenato con il secondario, dove con usso comune ai due avvolgimenti e con Ld autoinduzione di dispersione con un pedice all'avvolgimento corrispondente. φ viene indicato il si indica un coeciente di aggiuntivo che lo riferisce Le equazioni di macchina si possono allora scrivere v 1 − N1 di1 dφ − Ld1 − R1 i1 = 0, dt dt di2 dφ + Ld2 + R 2 i2 = 0 dt dt dove R1 ed R2 rappresentano (3.8) v 2 − N2 per i due avvolgimenti, (3.9) le resistenze del- l'avvolgimento primario e del secondario rispettivamente, e N1 i1 − N2 i2 = <φ (3.10) per il nucleo ferromagnetico. In regime sinusoidale, le precedenti si scrivono in termini fasoriali 3.2.2.1 ω V̂1 = (R1 + jXd1 ) Iˆ1 − jN1 √ φ, 2 (3.11) ω V̂2 + (R2 + jXd2 ) Iˆ2 = jN2 √ φ, 2 (3.12) < N1 Iˆ1 − N2 Iˆ2 = √ φ. 2 (3.13) Funzionamento a vuoto Il funzionamento più semplice da considerare è quello a vuoto per il quale Iˆ2 = 0. In questo caso la corrente primaria si riduce a qualche percento 54 CAPITOLO 3. MACCHINE ELETTRICHE del suo valore nominale per cui le cadute da essa provocate nell'avvolgimento primario, già piccole nel funzionamento nominale, divengono del tutto trascurabili, ossia ω ω V̂1 = (R1 + jXd1 ) Iˆ10 + jN1 √ φ ∼ = jN1 √ φ 2 2 ed essendo (3.14) ω V̂20 = jN2 √ φ 2 si ottiene che il rapporto delle tensioni a vuoto con ottima aprossimazione coincide con la (3.5). Le perdite nel ferro, dovute ad isteresi e a correnti parassite nei lamierini, dissipano potenza anche a vuoto dal momento che il usso principale dipende dalla tensione primaria che può assumere il suo valore nominale. La potenza complessa assorbita a vuoto dal primario nell'ipotesi che esso si trovi alla tensione nominale vale: ω ∗ ∗ ∗ = V̂1 Iˆ10 = (R1 + jXd1 ) Iˆ10 Iˆ10 + jN1 √ φIˆ10 2 ω 2 ∗ 2 = R1 I10 + jXd1 I10 + jN1 √ φIˆ10 2 da cui possiamo dire che il termine 2 R1 I10 rappresenta la potenza dissi- pata per eetto joule sull'avvolgimento. Essa è trascurabile in quanto la corrente primaria a vuoto è molto piccola. Altrettanto dicasi per il ter2 mine reattivo Xd1 I10 . Per quanto riguarda l'ultimo termine, si può dire che se Iˆ10 , o una sua componente, è in fase con il usso esso rappresenta una potenza reattiva (si osservi che il termine è preceduto dall'unità immaginaria) e può essere interpretata come una Iˆµ corrente magnetizzante ossia come quella corrente che serve per stabilire il usso (f.m.m.), mentre per rendere conto delle perdite nel ferro, occorre supporre una componente in quadratura anticipo di Iˆa , Iˆ10 , che chiamiamo corrente attiva, il cui fasore coniugato moltiplicato per l'unità immaginaria fornisce un valore reale e, quindi, una potenza attiva assorbita dall'avvolgimento e dissipata nel nucleo ωN1 φIa . Si può adottare una utile rappresen- tazione circuitale del trasformatore quale quella mostrata in gura 3.4. Con l'ausilio del circuito equivalente risulta immediato scrivere Iˆ10 = Iˆa + Iˆµ 3.2. 55 IL TRASFORMATORE MONOFASE I1 R1+jXd 1 I’1 N1/N2 R2+jXd 2 I2 I10 V1 R0 E1 X0 Ia E2 V2 Iµ Figura 3.4: Circuito equivalente del trasformatore reale. che, introdotta nell'equazione per il nucleo ferromagnetico, scritta in termini di fasori e con il secondario a vuoto, porge < N1 Iˆ10 = N1 Iˆµ + N1 Iˆa = √ φ + jK 0 φ. 2 Nell'espressione che precede si sono distinte: la f.m.m. (3.15) che produce il usso, secondo la legge di Hopkinson, < N1 Iˆµ = √ φ 2 e la corrente assorbita per le perdite nel nucleo N1 Iˆa = jK 0 φ, dalla quale si può porre Ia = K 0φ . N1 Ricordando che la potenza assorbita per le perdite nel ferro vale PF e = ωN1 φIa sostituendo l'espressione della corrente attiva ricavata sopra PF e = ωK 0 φ2 = Kω 2 φ2 dove si è fatta la posizione K = K 0 /ω . In pratica la corrente attiva è assai più piccola della corrente magnetizzante. La (3.15) si può anche scrivere in forma più compatta nella quale si è fatta la ˙ N1 Iˆ10 = <φ ˙ = < + jK 0 . posizione < (3.16) 56 CAPITOLO 3. 3.2.2.2 MACCHINE ELETTRICHE Funzionamento nominale Quanto ottenuto sin qui per le perdite nel ferro resta valido anche nel funzionamento nominale del trasformatore. Si può osservare, innanzitutto, che la (3.13) si può utilmente riscrivere N1 Iˆ1 − N2 Iˆ2 = N1 Iˆ10 (3.17) e, quindi, essendo la corrente a vuoto trascurabile nel funzionamento nominale, ne discende che la relazione (3.6) è ben approssimata in questa situazione. Il funzionamento nominale si ottiene collegando al secondario un'opportuna impedenza Ż , per cui si può aggiungere alle (3.11)-(3.12) anche la relazione V̂2 = Ż Iˆ2 , (3.18) e si possono determinare, a partire dal secondario e andando a ritroso verso il primario, tutte le grandezze fasoriali del trasformatore utilizzando o le equazioni di macchina o il circuito equivalente che le visualizza. Queste grandezze possono essere tracciate sul piano complesso tramite il cosiddetto diagramma polare del trasformatore quale quello mostrato in gura 3.5. In gura sono indicati i fasori delle varie grandezze, in cui gli angoli tra i fasori non corrispondono ad uno caso reale, ma sono stati esagerati per chiarezza della gura. Partendo del usso, la cui fase si è assunta nulla per comodità, si possono ottenere le f.e.m. primaria e secondaria √ Ê1 = jωN1 ϕ/ 2 e Ê2 = √ jωN2 ϕ/ 2 mentre, √ per maggior chiarezza, nella gura si è riportato −Ê2 = −jωN2 ϕ/ 2. Dalla (3.12) combinata con la (3.18), si ottiene Iˆ2 = Ê2 Ż + (R2 + jXd2 ) che può essere riportata sul diagramma nel terzo quadrante e ribaltata, come si deve, nel primo quadrante (si ricordi che il segno della f.e.m. secondaria è stato cambiato per chiarezza di rappresentazione). In seguito, dalla conoscenza di Iˆ2 fasore della corrente primaria e di Iˆ1 . Iˆ10 1 e mediante la (3.17) si ottiene il Da questa, conoscendo i parametri del primario si giunge alla determinazione della tensione primaria. Nel caso del funzionamento a vuoto, la corrente secondaria è nulla e il diagramma del funzionamento si riduce all'esempio rappresentato in gura 3.6. 1 Grazie alla (3.16). 3.2. 57 IL TRASFORMATORE MONOFASE Im V1 Xd1I1 Re R 1I 1 E1 N2 I N1 2 I1 I 10 φ −R I2 −I2 V2 −X2 I2 −R2 2I −Xd 2 I2 −E2 Figura 3.5: Diagramma fasoriale del trasformatore. 58 CAPITOLO 3. MACCHINE ELETTRICHE Im V1 E1 Xd1I10 Re R 1I 10 I 10 φ −E2 = V2 Figura 3.6: Diagramma fasoriale del trasformatore a vuoto. 3.2. 59 IL TRASFORMATORE MONOFASE 3.2.2.3 Funzionamento in corto-circuito Il funzionamento in corto-circuito non è fra quelli normalmente previsti ma riveste un notevole interesse teorico per la determinazione del rendimento della macchina. Se il primario viene alimentato con la sua tensione nominale, il cortocircuito nell'avvolgimento secondario richiama delle intensità di corrente al secondario e, attraverso la (3.6), al primario pericolose per la macchina. Per evitare ciò, occorre alimentare il primario con una tensione opportunamente ridotta rispetto al suo valore nominale. Il funzionamento in corto-circuito che ha interesse pratico è quello in cui la tensione primaria viene scelta in modo da fare circolare entro gli avvolgimenti le correnti nominali del trasformatore. Il valore di tensione che realizza questo funzionamento è detto tensione di corto-circuito ed indicato con la notazione V1cc . In queste condizioni le perdite nel ferro, in quanto pro- porzionali al usso e, quindi, alla tensione primaria secondo la (3.14), risultano molto piccole, mentre le perdite nel rame, calcolabili con la relazione PCu = R1 I12 + R2 I22 = R1 I12 + R2 N12 2 I = R1cc I12 N22 1 dove si è posto R1cc N12 = R1 + R2 2 , N2 corrispondono alle perdite che caratterizzano il funzionamento nominale in quanto le correnti sono quelle nominali. La tensione di corto-circuito risulta, di norma, a seconda della potenza del trasformatore, da qualche percento della tensione nominale per le macchine di potenza più elevata, sino a poco più del 10% nelle macchine di minore potenza. 3.2.2.4 Circuiti equivalenti approssimati Il circuito equivalente del trasformatore mostrato in gura 3.4 è per taluni funzionamenti inutilmente complesso per il grado di accuratezza richiesto. Si suole, pertanto, far ricorso a circuiti equivalenti via via più semplici a seconda del grado di accuratezza richiesto nei diversi casi pratici. Innanzitutto occorre rilevare che le impedenze X0 ed R0 , dette impe- denze trasversali, sono molto più elevate (di alcuni ordini di grandezza) 60 CAPITOLO 3. MACCHINE ELETTRICHE delle impedenze cosiddette longitudinali quali le resistenze e le reattanze di dispersione degli avvolgimenti. Infatti, mentre queste ultime sono solitamente molto piccole, per quelle citate per prime si ha: √ Ê1 jωN1 φ/ 2 , jX0 = = <φ Iˆµ N1 da cui si ottiene ωN 2 X0 = √ 1 . 2< 2 Essendo la riluttanza del nucleo magnetico sempre molto piccola , ne deriva che la reattanza magnetizzante è molto elevata. Analogamente per la resistenza a vuoto, che tiene in conto le perdite nel ferro, PF e , si ha R0 = PF e PF e = , E12 Ia2 2 R0 dalla quale si ricava facilmente R0 = E12 ∼ V12 = PF e PF e che, essendo anche le perdite nel ferro molto piccole, rendono la resistenza a vuoto relativamente assai elevata. Il parallelo delle due impedenze trasverse resta comunque elevato e, pertanto, non si commette un errore molto elevato anticipando tali impedenze nella rete equivalente come mostrato in gura 3.7. Tale rete equivalente prende il nome di rete a gamma, dal collegamento tra impedenze trasversali e longitudinali che ricorda una lettera gamma maiuscola, Γ. Il vantaggio di questa rete è che riportando al primario le impedenze dell'avvolgimento secondario (ricordando che in questa operazione occorre moltiplicare per il quadrato del rapporto spire) come in gura 3.8, è possibile sommare tra loro le impedenze longitudinali, che risultano in serie tra di loro, permettendo una notevole semplicazione. Particolarmente adatta al funzionamento di corto-circuito, ma spesso utilizzata anche nel campo nominale di funzionamento, è la rete equivalente di Kapp, caratterizzata dal considerare trascurabile l'impedenza trasversale rispetto alla longitudinale. in gura 3.9. Questa rete è rappresentata Da questa rete si può ricavare il diagramma polare di 3.2. 61 IL TRASFORMATORE MONOFASE R1+jXd 1 I1 N1/N2 I’1 R2+jXd 2 I2 I10 R0 V1 X0 E1 E2 Iµ Ia Figura 3.7: Rete equivalente a I10 R0 V1 E1 V2 Iµ Ia Figura 3.8: Rete a I1 I2 N1/N2 I’1 X0 Γ. (R2+jXd 2)(N1/N2)2 R1+jXd 1 I1 V2 Γ con impedenze del secondario riportate al primario. R1+jXd 1 (R2+jXd 2)(N1/N2)2 I2 N1/N2 V1 E1 V2 Figura 3.9: Rete equivalente di Kapp del trasformatore. 62 CAPITOLO 3. MACCHINE ELETTRICHE Im Xd1t I1 V1cc N2 I N1 2 Re R N2 I 1t N 2 1 Figura 3.10: Diagramma di corto-circuito del trasformatore. corto-circuito del trasformatore. Esso si può tracciare come in gura 3.10. Si voglia determinare la rete equivalente di un trasformatore reale di cui si conosca il rapporto spire, 2 Si richiama il fatto che nel caso ideale è supposta nulla. Appendice A Richiami di analisi vettoriale A.1 Concetti introduttivi Nell'operare con le equazioni dell'elettromagnetismo, è importante conoscere e saper utilizzare alcuni risultati fondamentali dell'analisi vettoriale. In questa appendice vengono riassunti i risultati fondamentali relativi agli operatori più comunemente usati per le equazioni del campo elettromagnetico. A.2 Operatori dierenziali A.2.1 Operatori del primo ordine Tra gli operatori dierenziali del primo ordine meritano particolare attenzione i seguenti • gradiente • divergenza • rotazionale (o rotore) A.2.1.1 Gradiente Il gradiente è un operatore dierenziale che applicato ad un campo scalare ne produce, punto per punto, uno vettoriale. 63 Chiamando con 64 ϕ APPENDICE A. RICHIAMI DI ANALISI VETTORIALE una funzione scalare della posizione, detta potenziale, si denisce gradiente di ϕ il vettore ~ ~u = 5ϕ, (A.1) che può scriversi nelle sue componenti, rispetto ad una terna di assi cartesiani ortogonali, ∂ϕ~ ∂ϕ~ ∂ϕ ~ k. ux~i + uy~j + uz~k = i+ j+ ∂x ∂y ∂z ϕ, ossia le superci in cui Dal momento che su ogni supercie di livello di ϕ (A.2) assume un valore costante, il gradiente risulta nullo per denizione, per una direzione qualsiasi un~n = = ∂ϕ ~n ∂n ∂ϕ ∂n ~n si avrà = ∂ϕ dn~ i ∂n dx cos α~i + + ∂ϕ ∂y ∂ϕ dn~ j ∂y dx + cos β~j + ∂ϕ dn ~ k ∂z dx ∂ϕ ∂z = cos γ~k in cui si sono introdotti i coseni direttori della direzione ~n rispetto ad una terna di assi cartesiani. Da quanto sopra risulta l'espressione ~ · ~n = ∂ϕ ~n 5ϕ ∂n per il prodotto scalare, da cui si evince che il gradiente è massimo nella direzione ~n che risulta ortogonale in ogni punto alla tangente alla 1 supercie di livello passante per quel punto . Può risultare utile esprimere il gradiente rispetto ad altri sistemi di coordinate: Gradiente in coordinate non cartesiane utilizzando le coordinate polari ρ, φ: In casi bidimensionali ~ = ∂ϕ ~eρ + 1 ∂ϕ ~eφ 5ϕ ∂ρ ρ ∂φ Nei casi tridimensionali in coordinate cilindriche ~ = ∂ϕ ~eρ + 1 ∂ϕ ~eφ + ∂ϕ ~ez 5ϕ ∂ρ ρ ∂φ ∂z (A.3) ρ, φ, z : (A.4) 1 Infatti dovendo il prodotto scalare 5ϕ·~ ~ n essere nullo nella direzione della tangente ad ogni supercie di livello, si rammenti che il prodotto scalare si annulla per vettori ortogonali mentre e massimo per vettori paralleli. A.2. 65 OPERATORI DIFFERENZIALI ed in coordinate sferiche ρ, ϑ, φ: ~ = ∂ϕ ~eρ + 1 ∂ϕ ~eϑ + 1 ∂ϕ ~eφ . 5ϕ ∂ρ ρ ∂ϑ ρ sin ϑ ∂φ (A.5) A.2.2 Divergenza Operatore che si applica ad un vettore ottenendo come risultato uno scalare: ~ · u~. ϕ=5 (A.6) In coordinate cartesiane l'operatore divergenza si scrive ~ · ~u = ∂ux + ∂uy + ∂uz , 5 ∂x ∂y ∂z (A.7) mentre in coordinate polari ~ · ~u = 1 ∂(rur ) + 1 ∂uφ . 5 r ∂r r ∂φ In coordinate cilindriche ~ · ~u = 1 ∂(rur ) + 1 ∂uφ + ∂uz , 5 r ∂r r ∂φ ∂z ed, inne, in coordinate sferiche 2 ~ · ~u = 1 ∂(r ur ) + 1 ∂(sin ϑuϑ + 1 ∂uφ . 5 r2 ∂r r sin ϑ ∂ϑ r sin ϑ ∂φ A.2.3 Rotazionale o rotore E' un operatore dierenziale del primo ordine che, applicato ad un vettore restituisce un vettore: ~ × ~v . ~u = 5 In coordinate cartesiane ux = ∂vz ∂y − ∂vy ∂z uy = ∂vx ∂z ∂vy ∂x − ∂vz ∂x − ∂vx . ∂y uz = (A.8) 66 APPENDICE A. RICHIAMI DI ANALISI VETTORIALE In coordinate polari vi è solo la componente ortogonale al piano 1 uz = r ∂(rvφ ) ∂vr − ∂r ∂φ in coordinate cilindriche ur = uφ = uz = 1 ∂vz r ∂φ − ∂vφ ∂z ∂vr z − ∂v ∂z ∂r 1 ∂(rvφ ) ∂vr − ∂φ r ∂r e in coordinate sferiche 1 r sin ϑ ∂ (v ∂ϑ φ ∂vϑ ∂φ sin ϑ) − ∂ r uϑ = 1r sin1 ϑ ∂v − (rv ) φ ∂φ ∂r ϑ) r − ∂v . uφ = 1r ∂(rv ∂r ∂ϑ ur = A.2.4 Operatori dierenziali del secondo ordine Tra gli operatori del secondo ordine che risultano ammissibili si ricordino le seguenti notevoli relazioni: ~ × (5ϕ) ~ 5 =0 essendo il gradiente un vettore irrotazionale. Inoltre ~ · (5 ~ × ~u) = 0 5 essendo il rotore un vettore indivergente. Molto importante è l' operatore di Laplace ottenuto applicando con- secutivamente ad una funzione scalare prima il gradiente e successivamente la divergenza: ~ · (5ϕ) ~ 5 = 52 ϕ. In coordinate cartesiane vale 52 ϕ = ∂2ϕ ∂2ϕ ∂2ϕ + 2 + 2. ∂x2 ∂y ∂z A.2. 67 OPERATORI DIFFERENZIALI In coordinate polari r, φ (problemi bidimensionali): 1 ∂ 5 ϕ= r ∂r 2 ∂ϕ r ∂r + 1 ∂2ϕ . r2 ∂φ2 r, ϑ, z : ∂ϕ 1 ∂2ϕ ∂2ϕ 1 ∂ 2 r + 2 2 + 2. 5 ϕ= r ∂r ∂r r ∂ϑ ∂z In coordinate cilindriche In coordinate sferiche r, ϑ, φ: ∂ 1 ∂2 1 5 ϕ= (rϕ) + 2 2 r ∂r r sin ϑ ∂ϑ 2 ∂ϕ sin ϑ ∂ϑ + 1 ∂2ϕ . r2 sin ϑ ∂φ2 Inoltre vale: ~ × (5 ~ × ~u) = 5( ~ 5 ~ · ~u) − 5 ~ 2~u 5 nella quale compare il laplaciano vettoriale che risulta denito da quest'ultima espressione. Valgono in particolare le seguenti espressioni del laplaciano vettoriale: in coordinate cartesiane 2 ~ ~u)x = 52 ux (5 2 ~ ~u)y = 52 uy (5 2 ~ ~u)z = 52 uz , (5 in coordinate cilindriche 2 ∂u ur − r22 ∂φφ r2 u r 52 uφ − r2φ + r22 ∂u ∂φ ~ ~u)r = 52 ur − (5 2 ~ ~u)φ = (5 2 ~ ~u)z = 52 uz , (5 mentre in coordinate sferiche 2 2ur r2 2 uϑ r2 sin2 ϑ uφ r 2 sin2 ϑ ~ ~u)r = 52 ur − (5 ~ ~u)ϑ = 52 uϑ − (5 2 ~ ~u)φ = 52 uφ − (5 − 2uϑ r2 cot ϑ − 2 ∂uϑ r2 ∂ϑ ∂uφ 2 r 2 sin ϑ ∂φ 2 cot ϑ ∂uφ r 2 sin ϑ ∂φ + 2 ∂ur r 2 ∂ϑ + 2 ∂ur r2 sin2 ϑ ∂φ − − − 2 cot ϑ ∂uϑ . r 2 sin ϑ ∂φ 68 APPENDICE A. RICHIAMI DI ANALISI VETTORIALE A.3 Teoremi Per un vettore, ~u, denito in una regione τ , dello spazio ordinario, delimS , vale il seguente teorema della divergenza itata da una supercie chiusa (o di Gauss) I I Z Z Z ~u · ~ndS = S in cui limite ~n S, ~ · ~udτ, ∇ (A.9) τ rappresenta il versore normale in ogni punto della supercie orientato nella direzione uscente. Vale inoltre anche il seguente teorema (di Stokes) in riferimento ad una qualsiasi supercie aperta linea chiusa, γ, S che si appoggi tuttavia ad una stessa come contorno I γ ~u · ~tdl = Z Z ~ × ~u) · ~ndS. (5 (A.10) S ~t, in ogni punto alla linea chiusa normale, ~ n, alla supercie stessa in ogni La tangente, che contorna la supercie e la suo punto, devono essere correlate mediante la regola della vite destrogira.