TACCUINO DI VIAGGIO | Namibia cercando qualcosa da mangiare nelle spazzature, Silvana non si fida e preferisce cambiare strada. Ceniamo e poi andiamo in fondo al camp dove si può comodamente vedere una pozza proprio al di là della recinzione ed ecco: un rinoceronte si sta abbeverando, un altro arriva camminando rumorosamente sui sassi, due giraffe si chinano a bere allargando faticosamente le zampe anteriori, alcuni piccoli sciacalli corrono furtivi, in lontananza risuona il ruggito di un leone al che tutti gli animali si fermano e tendono le orecchie, poi ricominciano a bere. Restiamo lì qualche ora, poi io decido di andare a dormire, Stefania e Luisella rimangono e assistono in diretta ad un assalto: alcuni sciacalli decidono di mangiare un’antilope molto più grande di loro e cominciano a saltarle addosso, la lotta è impari ma con le loro grida hanno chiamato rinforzi e arrivano una trentina di amici sciacalli, per la povera antilope non c’è più niente da fare. Aveva ragione Silvana a non fidarsi degli sciacalli!!! Lunedì mattina game drive all’alba, alle pozze tante giraffe, gnu, facoceri, kudu, antilopi ma, ad un tratto tutti gli animali drizzano le orecchie e c’è un fuggi fuggi generale, sentiamo il classico ruggito del leone ed eccoli arrivare, sono due giovani leoni che passano calmi e incuranti di tutto, scomparendo poi nella foresta. La 06 pozza resta deserta per un po’, poi cominciano ad arrivare delle zebre, allegre, al galoppo, dietro a loro una fila di elefanti, grosse femmine con i piccoli, un gruppo di facoceri torna a bere e così via via la pozza si ripopola, sempre attenti al minimo rumore ma la sete ha il sopravvento. La giornata passa velocemente tra una visita al pan, la distesa salata, e alle altre pozze, poi ci fermiamo al Mamutoni Lodge dove passeremo la notte e prenotiamo un game drive notturno. Questa notte è Luna piena per cui si vede bene intorno mentre la nostra jeep va in giro per il bush, incontriamo un gruppo di grosse iene in amore, si corteggiano e si rincorrono, i loro versi risuonano nel silenzio della notte, poi una ginetta catalizza la nostra attenzione, corre velocemente attraverso i rami spinosi di un albero scivolando insensibile alle grosse spine dondolando la sua lunga coda a righe bianche e nere. Giriamo, giriamo ma di felini neanche l’ombra, anche se siamo ben coperti fa freddo, su un grande albero vediamo una sagoma bianca, è un grande gufo color nocciola con la bella testa bianca che riesce a muovere con disinvoltura oltre i 180 gradi. Stiamo lì a guardarlo incantati, il driver lo illumina con il faro ma alla fine il gufo si stanca e decide di andarsene più lontano, in una zona nascosta, apre le poderose ali bianche e ci lascia. Gruppo Bondioni al Sesriem Canyon Ritorniamo volentieri nei nostri alloggi, infreddoliti e stanchi, domani si lascia il parco Ethosha. Martedì mattina ultimo game drive all’alba e poi si esce dal parco al gate Von Lindquist, torniamo a Windoek, lungo la strada ci fermiamo a Okahandia per uno spuntino e nel frattempo visitiamo un mercato artigianale: maschere di legno, tessuti, tappeti, oggetti per la casa; alcuni ragazzi incidono i nostri nomi sui noccioli dell’amarula, un frutto del luogo con cui si fa il famoso liquore “Amarula” e ce li vendono come portachiavi, un altro ragazzo allegro e simpatico ci porta nel suo negozio per mostrarci i suoi articoli, è una gara a chi riesce a venderci qualche cosa. Verso le 15,00 siamo a Windoek, Ashipala passa da casa sua e ci presenta la sua bella famiglia, poi andiamo alla sede dell’Avis a rendere le auto ma il sistema è in black out, in tutto il mondo, possibile? Sembra di sì. Ci diamo appuntamento alla mattina seguente per perfezionare i conti e torniamo al nostro alberghetto, depositiamo i bagagli e giretto per la città scortati dal marito di Selma. Per le vie del centro troviamo tante cose carine da comperare, ci sono bei negozi ma, alle 18,00 chiudono tutto e non c’è più nessuno in giro; decidiamo di andare a cena al solito posto: Nice Restaurant. Cenetta vicino ad un caminetto acceso, specialità della cucina locale (non pensavamo di trovare tante cose buone in Namibia), festeggiamo il bel viaggio fatto insieme. La mattina del mercoledì si parte per l’Italia, prima di andare all’aeroporto voglio vedere i famosi meteoriti posti nel centro di Windoek, pietre incastonate in una scultura moderna nella strada principale della città, poi andiamo alla sede dell’Avis a regolare i conti per il noleggio delle auto ( oggi i sistemi funzionano) e infine all’aeroporto. Purtroppo è ora di tornare a casa ma siamo felici, ripensiamo ai posti dove siamo stati: agli spazi sterminati nel silenzio assoluto, mentre il vento soffia incessante e intorno nessuna struttura e nessuna persona ,luoghi dove tutto è rimasto uguale da secoli, dove non ci sono stati cambiamenti, dove ti potresti trovare in uno qualsiasi dei momenti del passato e il paesaggio sarebbe così come lo stai vedendo ora; è questa la Namibia che porteremo per sempre con noi. ..................................................................................................... 06 01 TACCUINO DI VIAGGIO | Indonesia Indonesia: un Balicelebes con sosta reggae alle Gili Da un Balicelebes gruppo Tragaioli Testo e foto di Roberta Tragaioli Dalle risaie alle cerimonie funebri dei Toraya di Celebes, la musica gamelan e il profumo di frangipane di Bali, tra surfisti induisti e turisti una pausa alle Gili Islands per un tramonto con Bintag... S ulawesi: i funerali Toraya… è qui la festa? “Siete fortunati ci sarà un importante funerale quando sarete a Rantepao i primi giorni di luglio”, questo mi disse Benny Rantelili, il nostro corrispondente a Sulawesi in un caldo pomeriggio di giugno. Fortunati? Certo, perché qui la cerimonia funebre è una solennità a cui partecipano tutti, i festeggiamenti si protraggono anche per una settimana. In questo modo, tra maiali e bufali, carrettini, nastri colorati, tè e pasticcini, è difficile credere di essere a un funerale … 96 - Avventure nel mondo 1 | 2014 Sulawesi, un tempo chiamata Celebes, è la terra dei Toraja e noi siamo venti italiani giunti in questo posto proprio per visitare i loro villaggi e partecipare alle celebrazioni funebri di uno dei gruppi etnici più interessanti di tutta l’Indonesia. “Benny, tu insieme a tuo figlio Ryan, siete i primi Toraya ............................................................................... TACCUINO DI VIAGGIO | Indonesia 01 02 03 Sorgenti di Tirta Empul Funerale Toraya Bali, aquiloni che abbiamo avuto il piacere di conoscere. Aiutaci a capire meglio gli usi e costumi del tuo popolo, estremamente affascinanti e lontani da noi”. Così esordisco quando incontro Benny in carne ed ossa dopo i saluti iniziali. Ne avremo tutto il tempo perché quando arriviamo a Ujung Pandang, la capitale, ci attenderà ancora una lunga giornata in auto per raggiungere, a nord, la cittadina di Rantepao. Benny è minuto e pacato, non si riuscirebbe a dargli un’età precisa se già non sapessi che sono circa quaranta anni che accompagna le persone che vogliono conoscere la sua terra e, dai suoi racconti, si rivelano l’esperienza e la saggezza di tutti quegli anni. “Le origini della mia gente, i Toraja sono antichissime. I miei avi sono approdati via mare tra il 2500 e il 1500 a.C. sulle coste di Sulawesi dal lontano Yunnan, una regione meridionale della Cina. Successivamente, altre ondate migratorie hanno costretto la popolazione a spingersi internamente verso le montagne, un luogo sicuramente più ostile ma proprio per questo più sicuro. Vedete le case che struttura hanno?” “E’ vero Benny, sembrano delle barche sospese in terra, con tetti ad arco, proprio ispirati alla forma delle loro originali imbarcazioni”. “Visto da lontano qualsiasi villaggio Toraja assomiglia ad una flotta di barche che galleggiano su un mare di vegetazione tropicale e di risaie strappate alla foresta”. In effetti il primo villaggio che visitiamo è sorprendente. Le case (Tongkwon in lingua Toraya) in canne di bambù su vari strati, sono sistemate in file parallele da est verso ovest, per orientare le facciate sempre verso il nord, la direzione dalla quale arrivarono i Toraja all’alba della loro storia. Penso che forse loro sperano, un giorno, di tramutare queste arche con delle vele che si possano gonfiare in direzione del mare e di ritornare da dove erano partiti. “La casa per noi è più di un luogo, è una comunità, una sorta di famiglia allargata che si perpetua oltre le assi in legno che vedete e, che segue, per tutta la vita, l’individuo anche se esso vivrà da un’altra parte. Perché alla fine della propria esistenza l’uomo Toraya dovrà ritornare alla sua dimora per l’ultimo saluto e per ricevere l’estremo solenne accompagnamento. Nulla è lasciato al caso, anche le decorazioni con motivi geometrici rigorosamente in giallo, rosso e nero, le uniche cromie a cui è attribuito un significato religioso”. Già la morte e i funerali. L’elemento centrale della cultura Toraja. Ce ne rendiamo conto nel primo pomeriggio. Il defunto non è considerato tale fino al momento in cui la famiglia può permettersi il funerale. Il corpo viene imbalsamato, tenuto in casa in una stanza e oggetto delle visite dei parenti. Dopo vari mesi, quando sono stati raccolti i fondi per acquistare i bufali da sacrificare, vengono radunati i parenti e a quel punto si procede al funerale vero e proprio, generalmente tra il mese di luglio e quello di settembre, il periodo che coincide con la stagione secca. Ed eccoci quindi al fatidico giorno, c’è un gran via vai di gente e qualche sparuto turista, tra l’altro sempre ben accetto dai Toraja. Nel villaggio dove ci troviamo sono stati costruiti una serie di padiglioni attigui che si snodano attorno ad una piccola piazza nella quale, al centro, si trova la torre funebre dove è posizionata la salma. Il maestro di cerimonia grazie ad un altoparlante diffonde preghiere e ricorda a tutti le memorie del defunto. I familiari fanno sfilare i bufali davanti a lui orgogliosi della quantità dell’offerta. Ci sono anche decine di maialini grigi tutti legati a canne di bambù. Uno dietro l’altro, incedono prima le donne e poi gli uomini, una lunghissima fila. Ora l’altoparlante annuncia che anche un gruppo di turisti italiani parteciperà alla cerimonia e ci porge il benvenuto. Veniamo subito accolti in un padiglione, presentati ai parenti stretti -ai quali abbiamo portato in dono delle stecche di sigarette- e ci viene offerto tè scuro e dolci di riso. L’atmosfera è incredibilmente allegra. Un’orchestra di strumenti fatti con canne di bambù aumenta improvvisamente di intensità. Ahimè, dietro il catafalco ha inizio la mattanza. Alcuni maiali vengono accettati. Poi è la volta del povero bufalo… Si coglie un leggero e improvviso fermento, quasi non ce ne rendiamo conto. Al bufalo, che era stato legato ad un paletto, con un gesto fulmineo della lama, gli viene recisa la gola e l’animale crolla a terra tra fiotti di sangue. Lo spettacolo è molto cruento e da questo momento in poi è un susseguirsi di altri sacrifici di maiali. Chi come me preferisce non assistere alla carneficina degli animali resta nel padiglione dei parenti tra torpore e incredulità; mentre la più giovane del nostro gruppo, va a fare una passeggiata lontano da queste scene raccapriccianti. Dopo, la madre, la va a cercare per dirle che è tutto terminato. Per i Toraya le anime possono andare in paradiso solo quando l’intero rituale funebre è stato compiuto. Mi sovviene qualche pensiero:“Sai Benny, in occidente alla morte ci pensiamo poco e malvolentieri, evitiamo in genere di ricordarne l’ineluttabilità, per noi è difficile riuscire a viverla con piena consapevolezza. Personalmente questa vostra dimestichezza con la morte mi affascina e mi turba. Ho l’impressione che custodiate gelosamente qualcosa che non abbiamo”. O forse, penso tra me, che in questo consueto e pio rituale si cerca di esorcizzare quei sentimenti che noi occidentali chiamiamo paura e dolore. Oppure entrambe le cose. Ma non dico più nulla e Benny mi guarda e sorride. Domani la cerimonia continuerà. Ci informano che siamo appena al terzo giorno… Dopo aver salutato i parenti del defunto decidiamo di andarcene. Ci attende un breve trek attraverso le risaie per raggiungere un villaggio Toraya che ci accoglierà per la cena e per la notte. Vediamo bufali trascinare aratri nel fango rilucente e donne che piantano i germogli del riso. Proviamo anche il falcetto di legno che usano per tagliare a mano ogni piantina quando sarà maturo. Ci troviamo in mezzo alle risaie, in un mondo verde e silente. Il percorso che ci attende si rivela molto più lungo del previsto a causa di un disguido tra le guide, la notte è calata improvvisamente e noi siamo ancora a zonzo tra gli acquitrini. La temperatura è più fresca e gli odori Indonesia 03 ............................................................................... Avventure nel mondo 1| 2014 - 97 02 04 05 TACCUINO DI VIAGGIO | Indonesia 02 dell’erba e della terra ci invadono le narici. “Dobbiamo prestare molta attenzione a camminare sugli stretti sentieri battuti per non cadere nel fango melmoso ai lati, con il buio è più difficile anche se per fortuna è luna piena” … “Oddio ho perso una scarpa e ora chi la ritrova nel pantano?”…. “Forza quasi ci siamo, cosa ci sarà per cena?”… “Certo che questa è proprio un’ avventura…” Dopo quasi tre ore per le risaie di Sulawesi siamo quasi arrivati al villaggio, ma prima dobbiamo passare per un piccolo ruscello, e poi percorrere ancora una parte di tragitto in salita sino alla strada che ci avrebbe condotto ai Toraya. “Ecco le prime case di legno! Certo che la forma è inequivocabile!” Bene, proseguiamo. Finalmente abbiamo raggiunto la nostra meta un po’ infangati e un po’ affaticati da questo fuori programma. Dopo esserci sistemati per la notte, gli uomini da una parte e le donne dall’altra, dopo tutti insieme, ceniamo seduti per terra su stuoini. I Toraya vivono in una famiglie allargate, molti giovani, alcune coppie, tanti bambini e altri più senior. Siamo disarmati di fronte a un’accoglienza così genuina ed affettuosa. La mattina siamo pronti per ripartire per celebrazioni funebri che si tengono in un altro villaggio vicino…. Anche in questo villaggio notiamo un anello di capanne di bambù su palafitte disposte ad anfiteatro attorno alla piazza centrale. Le capanne, aperte sul davanti come palchi di un teatro dell’opera tropicale, sono affollate all’inverosimile da una folla vestita di rosso e di nero di ogni età, vecchi un po’ assenti e incuriositi, adulti con i baffi, numerose donne che siedono vicino ai bambini. Anche in quest’occasione ci fanno sedere al posto degli ospiti nel padiglione destinato ai parenti, ma solo dopo che ci siamo tolti le scarpe. Nell’aria, agli odori caldi e appiccicosi della foresta pluviale di altopiano si mescolano al fumo e all’aroma sgradevole delle carni degli animali già sacrificati. C’è una mescolanza mal assortita di odori unita al dolore dei parenti dei morti. La pesante e incerta marcia dei bufali nello spiazzo è solo l’ultima tappa di un defunto che ha soggiornato nella casa, insieme ai congiunti, fino a pochi giorni fa; ed in tutto questo tempo ha continuato a vivere insieme a loro. Le donne della famiglia hanno continuato a cucinare anche per lui, le conversazioni serali, al termine del lavoro nelle risaie, lo hanno coinvolto come sempre, ed ha spesso ricevuto visite affettuose da parte dei vicini e dei parenti di altri villaggi. Può persino darsi che, durante tutto questo tempo, qualche turista capitato per caso da quelle parti sia stato invitato a scattargli qualche fotografia. I cruenti sacrifici cui finora abbiamo assistito sono quasi cancellati dalla poesia e dall’alone di mistero che avvolge le tombe che dopo ci accingiamo ad andare a visitare. Scavate nella roccia a qualsiasi altezza su ripide pareti di montagna o in oscure caverne hanno la particolare presenza dei cosìdetti Tau Tau, manichini dalle sembianze del defunto, posti a guardia. Visitando questi luoghi, si prova la sensazione di entrare in un’altra dimensione, una vita ultraterrena a sé stante, quasi che questi Tau Tau appena liberi dalla nostra presenza, ricomincino a prender vita continuando le faccende in una loro vita parallela. Racconta Ryan, il figlio di Benny “Che i Toraja siano molto legati agli elementi quali l’acqua e alla terra lo testimonia il fatto singolare che i bimbi morti in età neonatale vengono tumulati in nicchie ricavate nei tronchi degli alberi come se fosse celebrata una restituzione alla natura stessa”. Una stradina immersa in un campo di erba verde smeraldo, in lontananza dalle pareti a strapiombo di alcune rocce gruppi di Tau Tau sembrano osservarci curiosi, mentre da un gruppo di case poco lontano ci giunge il canto di alcuni bambini… siamo lontani dalle spiagge soleggiate ma non per molto ancora perché stiamo ritornando verso Bali con destinzione Gili islands. Tempio di Pura Besanih Spiaggia Gili Trawangan e trainati da un cavallo, che - in fila ordinata- attendono ospiti e bagagli e tante, tantissime biciclette. Spiagge candide e stradine sterrate. La prima impressione? Quella di un Islam moderato e tollerante. L’arrivo sulla terraferma dopo un paio di ore in motoscafo su un mare non proprio tranquillo, ben vale la scoperta di una delle più belle barriere coralline dell’Indonesia. Un’esperienza che ci introduce a un universo verde e incontaminato, fatto di un’ospitalità puntuale e discreta. Un mondo di oceano e di isole. Isole così ne sono rimaste ancora poche. Noi ci fermeremo in quella più grande delle tre Gili, a Trawangan dove lo sguardo resta colpito dalle palme da cocco e dai profumati frangipani, dove ville e bungalows fronte mare o completamente immerse nella natura sono incastonate in un santuario di fascino tropicale. Surfisti australiani, ex hippy nostalgici europei, novelli Robinson Crusoe dei tempi globali, qui ci sono proprio tutti: tutti coloro che desiderano staccare la spina col mondo, restando però attaccati al wi-fi degli internet café… Una escursione in barca sino a Gili Meno è quasi obbligatoria, l’isola di fronte a Trawangan, per godersi il mare in assoluta tranquillità in acque trasparentissime, per un’immersione a Bounty Wreck, sui cui fondali giace un vecchio relitto o per uno snorkeling a Eden Reef, regno dei cavallucci marini e dei barracuda… Trawangan è un’isola da esplorare anche via terra, a piedi o in bicicletta, è molto semplice: è lunga tre chilometri e larga due. L’unico consiglio da seguire è che occorre fare attenzione a non sprofondare nelle dune di sabbia. Soprattutto la parte a nord, che serpeggia lungo una profonda lingua di sabbia corallina bianca. Così facciamo il periplo dell’isola in bici, con varie soste, per poi fermarci nella parte sud est, al sunset point per goderci un tramonto indimenticabile, con vista sul Monte Rinjani, il vulcano di Lombok, mentre sorseggiamo la nota birra indonesiana, la Bintag… Sul far della sera, in pochi minuti, ritorneremo nella downtown isolana, in tempo per la movida serale… al ritmo lento e sincopato di sama sama… reggae reggae… suonato da live band locali… 04 Indonesia Alle Gili islands: sama sama… reggae reggae… Tre isole, tre gili (gili significa piccola isola). Minuscoli granelli di sabbia nel mar di Celebes a nord est di Bali e a nord ovest di Lombok. Sbarchiamo sulla prima, Gili Trawangan. Qui non circolano auto e motorini, nessun rumore di clacson. Ci sono solo carrettini dai colori vivaci (i cidomo) 98 - Avventure nel mondo 1 | 2014 Bali: templi & surf La parte sud dell’isola di Bali è sottoposta alle conseguenze di uno sviluppo turistico di massa. Ragione per cui appena atterrati a Denpasar accompagnati da sciami rumorosi di auto e motorini, ci allontaniamo dalle località più famose di Kuta, Legian e Sanur e partiamo alla scoperta dal cuore dell’isola, Ubud, anche conosciuta come la città degli artisti. Sulla strada per raggiungerla si alternano negozi-laboratori degli artisti che eccellono nell’arte della lavorazione del legno, dell’oreficeria, della pittura e della scultura. Qui il mare è lontano tuttavia le terrazze di risaie e le foreste dell’entroterra non lo fanno rimpiangere. Il nostro resort è immerso nella natura tra fiori di loto e muschi e il locale cucina è sotto un tetto di paglia e giunchi. In mezzo, si trova una piscina con mostri e dragoni raffiguranti divinità scolpiti nella roccia. Discreti e cordiali, Guntur il cuoco e Setiawan, il giardiniere 05 ............................................................................... TACCUINO DI VIAGGIO | Indonesia 06 07 Abitazioni Toraya Tramonto con Bintag Gili Trawangan fanno parte della formula: preparano la colazione all’ora concordata e non fanno mai mancare le offerte quotidiane alle divinità nel parco. A Ubud si cura l’anima e il corpo con ritiri di meditazione e yoga, massaggi ayurvedici e vapori alle erbe. La natura circostante è la manifestazione tangibile del divino. Del resto, viene da pensare che la spiritualità a Bali, unica isola induista in un Paese a maggioranza musulmana, sia un affare quotidiano. I santuari e gli altari votivi sono ovunque, nelle case, tra gli alberi, sulle macchine, nelle risaie. Ci racconta Setiawan:”Tutti i villaggi balinesi hanno almeno tre templi: il Pura Puseh, l’antico tempio della comunità da cui trae origine il villaggio, il Pura Desa dove si svolgono le cerimonie collettive e il Pura Dalam, consacrato alle divinità della morte e della cremazione. Vi sono poi molti altri tipi di templi, tanto che si calcola che a Bali in ogni chilometro quadrato ve ne siano almeno quattro”. Prosegue il nostro giardiniere: “Forse quello non tutti sanno è che si può capire a quale divinità è dedicato il tempio contandone il numero dei tetti che è sempre dispari. Shiva, che a Bali è particolarmente venerato, ha undici tetti, il massimo. Nove tetti sono per il dio del lago, sette per gli dei della prosperità e del riso, cinque per il dio del mare, tre per la Trimurti ossia Brama, Shiva e Vishnu, uno per quello degli antenati”. L’ indomani partiamo alla volta della visita dei templi. Ne vedremo con le pietre rivestite di muschio, con scalinate che si perdono nella foresta, con palme e ruscelli… Vederemo il tempio considerato il più sacro, il Pura Besakih, quello più famoso il Tanah Lot, che sembra la prua di una nave arenata sul bagnasciuga… Bali induista ha conservato, nei secoli, questa sua unicità culturale. Monumenti, spesso scavati nella pietra, e adagiati sui pendii dei vulcani, ci accolgono. Lungo le numerosissime colline l’uomo ha realizzato, nei secoli, terrazzamenti sui quali ha ricavato, con appositi argini, delle piccole vasche; che, a migliaia, digradano da questi pendii e sono la sede di colture di riso. La luce del cielo si rispecchia in questi stagni artificiali, fornendo all’osservatore estasiato uno spettacolo unico di verde, di luce, di simmetria. Ritorniamo nel sud dell’isola. Quest’isola che indubbiamente attrae. E’ uno scrigno di una civiltà antica, di una religione che resiste in mezzo al resto del mondo islamico della nazione indonesiana e mostra questa sua unicità ogni giorno, fiera 06 dei suoi riti antichi e fantasiosi, delle sue danze barong... Tutto ciò in uno scenario di templi, di terrazzamenti brillanti, di costumi multicolori, di processioni, dove le donne portano in bilico sulla testa, cesti pieni di frutta. Questa è Bali, colpita al cuore dal massacro di Kuta, il 12 ottobre 2002 quando l’esplosione di una bomba causò 202 morti.Risorta dalle sue ceneri, a distanza di dieci anni, in Legian Street leggiamo i nomi di quelle vittime, divisi per nazionalità, nel monumento alla memoria… Il commiato dal lo facciamo a Kuta Beach, a nord di Jimbaran, dove, negli anni ‘60, surfer e globetrotter squattrinati si davano appuntamento per cavalcare onde più o meno perfette e, anche oggi, l’atmosfera è un po’ spartana e hippie e metà del nostro gruppo si cimenta coraggiosamente in acqua sulle tavole… In un batter d’occhio ci siamo abituati ai ritmi balinesi tra un’uscita in surf e una passeggiata lungo la riva, o a uno spuntino nei warung, i chioschi che servono specialità locali e già dobbiamo rientrare a Denpasar, l’aeroporto internazionale dove la cantilena ipnotica e avvolgente della musica Gamelan in sottofondo ci accompagnerà al volo… Sampai Ketemu … 07 TACCUINO DI VIAGGIO | Thailandia Thaisole Discovery Gruppo Alessandro Forni 13-14 Novembre 2013 Milano-Bangkok Ci siamo finalmente ha inizio la mia vacanza verso una destinazione per me nuova (Thailandia) e in un modo nuovo (dopo tanto guardare, prendere in considerazione e poi abbandonare questo giro, finalmente, è marchiata Avventure nel Mondo). Come sempre parte integrante della vacanza è il viaggio, e questo si preannuncia da subito un lungo viaggio, sarò finalmente a destino (Isole Similan) solo nella mattinata Testo e foto di Lucia Zuanon del 15! Si inizia con un primo tratto in treno (Desenzano-Milano) già in compagnia di Elena (ho viaggiato anche da sola, ma partire in buona compagnia è sempre meglio!) In stazione a Milano troviamo Lorella, bella e solare come sempre, un pochino pallida per il suo standard, ma non per il nostro (lei sembra già stata in vacanza e noi appena uscite dalla prima medicina!) Con il Malpensa Shuttle arriviamo in aeroporto, qui troviamo da prima Monica di Padova (il suo live-motive “sto in centrifuga”…da qualche anno ............................................................................... 01 02 Avventure nel mondo 1| 2014 - 99