L’architettura di marca Dopo anni in cui è stato sopravvalutato il ruolo delle strategie di estensione del portafoglio di marca, le imprese tendono ora a concentrare gli investimenti su un numero minore di marche per rendere più efficienti le risorse di marketing, eliminando quei rami della gerarchia del brand portfolio che si sovrappongono ad altri e/o sfruttano le risorse aziendali senza apportare significativi ritorni sugli investimenti. A tal fine trova oggi sempre maggiore utilizzo l’analisi della brand architecture, che riorganizza e razionalizza il sistema dei brand, stabilendone il numero, i ruoli e le relazioni reciproche in base alle specifiche esigenze competitive di medio e lungo termine dell’impresa. La stesura di una efficace brand architecture dà vantaggi: − economici, in quanto rende più efficienti le risorse di marketing, che vengono concentrate solo sui brand selezionati, elimina dannose o superflue sovrapposizioni interne e indica le potenziali sinergie fra le marche del portafoglio; − strategici, in quanto ottimizza il presidio del territorio complessivo della marca o di un gruppo di marche, creando nuove risorse a favore dei brand strategici; pone le premesse per la razionalizzazione delle singole gamme; consente di individuare le opportunità di brand stretching (ossia di derivazione di nuove marche, sub-brand o endorsed brand, da una marca esistente) e di lancio di nuovi brand e rende più chiara la collocazione dell’azienda e della sua offerta. Come ha sottolineato Roberto Cernuto, General Manager di FutureBrand Gio Rossi Associati – nel suo intervento al seminario ‘La parola alle imprese’, tenutosi presso l’Università Cattolica di Piacenza – nel progettare l’architettura di marca occorre prima di tutto individuare un posizionamento del corporate brand che definisca una serie di valori associabili alla marca in modo credibile, distintivo e sostenibile nel tempo. Questi valori devono essere comunicati al pubblico di riferimento dell’impresa in modo coerente in ogni occasione, a partire dai significati trasmessi dagli attributi del prodotto stesso agli elementi della brand identity, fino alla comunicazione istituzionale e di marketing. All’interno del portafoglio i brand devono possedere valori parzialmente diversi fra di loro, ma tutti coerenti con il posizionamento dell’impresa: il sistema complessivo delle singole marche deve, cioè, riprodurre e alimentare il patrimonio di significati del corporate name attraverso una somma di declinazioni articolate in modo da segmentare in modo ottimale l’offerta e mantenute, allo stesso tempo, assolutamente congruenti, negli specifici posizionamenti, ai valori portanti che accomunano tutte le marche. Le diverse marche possono presentare tipologie di relazione diverse con il corporate brand, a seconda della storia dell’azienda e dei singoli brand, nonché delle dinamiche correnti e prospettiche dei mercati di sbocco. Nonostante la realtà presenti numerosi adattamenti e varianti, possono essere individuati quattro modelli principali di brand architecture, riportati di seguito in ordine di crescente grado di differenziazione e di indipendenza delle singole marche dal corporate brand. 1. Il modello unitary brand, nel quale l’impresa, per scelta o per necessità organizzativa, si presenta con uno stesso nome di marca − e quindi con uno stesso insieme di valori − in tutti i mercati in cui opera, anche quando essi appartengono a settori merceologici molto eterogenei. Questo tipo di strategia risulta possibile in presenza di una elevata notorietà e credibilità del brand principale e di una forte coerenza dei suoi valori con tutte le attività di business e presso tutti i target-group. Tale strategia presenta il vantaggio di favorire le politiche di marketing sostenute da processi di diversificazione dell’attività, in quanto la notorietà della marca corporate limita notevolmente i costi di lancio di nuovi prodotti. Il principale svantaggio risiede nella limitazione delle possibilità di differenziazione e nel rischio di banalizzazione dei caratteri distintivi della marca: l’eccessiva estensione del concetto del corporate brand può infatti provocare l’indebolimento di quei connotati distintivi che per coerenza e credibilità ne avevano permesso l’affermazione. Hanno adottato questo tipo di strategia aziende come IBM, General Electric, Shell, Virgin, Sony, Nike, Kodak, Star, Clinique. 2. Il modello sub-brand, che consiste nell’associare a una marca esistente di livello corporate o family (detta master brand) una marca nuova di livello inferiore nella gerarchia, che ident ifica uno specifico prodotto o versione del prodotto sviluppata ad hoc. La sub-brand crea una marca significativamente diversa dalla master brand, aggiungendo nuovi elementi tangibili o intangibili alla marca di origine, la quale però deve avere tra le sue potenzialità i valori che la sub-brand esplicita. La strategia di sub-branding presenta due vantaggi fondamentali: attinge ad associazioni e atteggiamenti consolidati, creando un forte collegamento con l’impresa o la master brand e allo stesso tempo garantisce un sufficiente grado di libertà per creare un posizionamento distintivo del prodotto. Pertanto risulta particolarmente indicata in presenza di una rilevante differenziazione all’interno dell’offerta per contenuti, per target- group di riferimento, per canale distributivo, ecc. e di un’elevata coerenza della proposta dell’impresa in relazione alla tipologia merceologica e ai mercati. Costituiscono casi di applicazione della strategia di sub-branding le architetture di marca di Nivea e di Nestlé; in particolare, Nestlé per rafforzare il legame delle sub-brand con la master brand ha creato alcuni marchi come combinazione di una parte del corporate name con il nome del prodotto (Nestea, Nescafé, ecc.) 3. Il modello endorsed brand, che prevede la presenza di marche indipendenti, sostenute da una master brand, che svolge però un ruolo meno diretto di quello che riveste nel caso della strategia di sub-brand: il suo apporto rimane importante a sostegno della marca, soprattutto in fase di lancio, ma la funzione di rassicurazione appare decisamente più blanda. Nonostante esistano casi in cui il legame dell’endorsed brand con la master brand risulta piuttosto forte (come accade, per esempio, per Nutella Ferrero), generalmente la master brand ricopre un ruolo secondario: per esempio, nell’ambito del portafoglio di Henkel-divisione detersivi il marchio Henkel è presente nel packaging e in altre forme di comunicazione degli specifici brand, ma ogni marca (Dixan, Pril, Perlana, ecc.) gode di un’immagine forte e indipendente da quella di Henkel. La strategia di endorsed brand ha il vantaggio di essere funzionale all’acquisto successivo di nuove marche e di consentire l’impiego discrezionale del corporate brand in funzione del profilo e del ruolo strategico di ogni singolo mercato. Di contro, tale strategia richiede un’attenta supervisione dei singoli brand e maggiori investimenti a supporto di ogni marca. 4. Il modello corporate invisibile, che determina un insieme di marche, ciascuna delle quali è legata strettamente a un solo prodotto e comunica una specifica promessa. Nei mercati europei, tipici esempi di tale modello si riscontrano con riferimento ai detersivi domestici, alle acque minerali e ai prodotti per l'igiene orale. Per esempio, in Italia nel settore dell’home care perseguono tale strategia imprese come P&G, con marche quali Ariel, Dash, Ace, Mastro Lindo, Viakal, Swiffer, ecc.; Lever Fabergé, con marche quali Svelto, Coccolino, Biopresto, Lysoform, Cif e Vim; Reckitt Benckiser, con marche quali Ava, Lip Woolite, Napisan, Calfort, Sole, Finish, Glassex, ecc. I principali vantaggi di questa strategia riguardano la possibilità di: • dominare nicchie di mercato con un posizionamento basato su specifici benefici funzionali; • evitare l’associazione a una marca che potrebbe veicolare valori non compatibili con il prodotto in esame; • segnalare l’esistenza di vantaggi differenziali in nuove offerte; • evitare o minimizzare i conflitti di canale. Inoltre, tale strategia può essere utilmente utilizzata quando il mercato si trova nella fase di maturità e l’impresa, allo scopo di aumentare la propria copertura, intende rivolgersi allo stesso segmento di consumatori con diverse marche nel tentativo di soddisfare la ricerca di varietà dei consumatori, oppure quando l’ingresso in una nuo va categoria di prodotti avviene attraverso processi di acquisizione di marche o di fusione tra imprese che possiedono un capitale di immagine così rilevante da giustificare il loro inserimento nel portafoglio come marche. Paola Bensi