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QUADERNI dell’ ASPIRANTE
AVVOCATO
DIRITTO
PENALE
GENERALE e SPECIALE
Manuale di base
per la preparazione alla prova orale
• In appendice gli argomenti
oggetto di domanda d’esame
III Edizione
SIMONE
EDIZIONI GIURIDICHE
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Gruppo Editoriale Esselibri - Simone
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appartengono alla Esselibri S.p.A. (art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)
Manuali di approfondimento per la prova orale dell’esame di avvocato
n. 1
n. 2
n. 3
n. 4
n. 5
n. 6
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n. 32
n. 45/1
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n. 54/10
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Diritto del lavoro
Diritto costituzionale
Diritto penale
Diritto amministrativo
Diritto civile
Diritto commerciale
Diritto processuale penale
Diritto processuale civile
Diritto tributario
Diritto ecclesiastico
Diritto internazionale privato
Diritto dell’Unione europea
Ordinamento e deontologia forense
Revisione del testo a cura del dott. Rocco Pezzano
Finito di stampare nel mese di aprile 2010
dalla «MultiMedia» - V.le Ferrovie dello Stato Zona Asi - Giugliano - Napoli
per conto della ESSELIBRI S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - Napoli
Grafica di copertina di Giuseppe Ragno
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PREMESSA
Già da prima che fossero istituiti i nuovi esami per procuratore, poi avvocato, le Edizioni Simone hanno preso a cuore le esigenze degli aspiranti
avvocati pubblicando una serie di fortunati testi di preparazione agli esami.
Si è posta attenzione ai volumi indirizzati alle prove orali in quanto, il
candidato, all’atto della preparazione, già possiede le nozioni di base, e, quindi,
necessita più che di testi istituzionali, di lavori sistematici e riassuntivi che gli
consentano di «riorganizzare» le sue conoscenze in vista dell’esame.
Ciò soprattutto in considerazione dei tempi di studio, sempre più stretti,
e dei potenziali interlocutori che fondano le loro conoscenze sulla pratica
professionale più che su un sapere accademico, modificando così l’ottica di
inquadramento dei singoli istituti.
Sulla base di tali convinzioni, e monitorando il sito e il forum di www.
sarannoavvocati.it, i nostri autori hanno tenuto presente le indicazioni di
quanti hanno superato con esito positivo le prove e, richiamandosi a Giustiniano, hanno tagliato «il troppo e il vano».
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di avvocato» (giunto alla XV edizione), un’ultima generazione di testi: i Quaderni per l’esame di avvocato.
Il volume illustra gli istituti generali della materia e le fattispecie criminose
di maggior rilievo, alla luce dei più recenti correttivi di legge fra i quali si segnalano il formale inserimento della ‘ndrangheta nel novero delle associazioni
criminose assimilate a quella mafiosa (D.L. 4-2-2010, n. 4, conv. in L.31-3-2010,
n. 50), la parziale informatizzazione delle modalità di pubblicazione della
sentenza penale di condanna (L.23-12-2009, n. 191) e la revisione di talune
rilevanti figure criminose poste a tutela dei diritti di proprietà industriale
(L.23-7-2009, n. 99).
La novità dei Quaderni, rispetto ai manuali maggiori, è che la trattazione
non si limita alla sola parte istituzionale, ma, seguendo un recente orientamento didattico riporta una corposa appendice che elenca gli argomenti dei
quesiti potenzialmente oggetto di prova di esame.
Tali quesiti formulano l’argomento in termini di una risposta esaustiva e
centrata operando anche collegamenti, paralleli e differenze con istituti affini.
Anche i Quaderni, dunque, si giovano della esperienza Simone per offrire
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PARTE PRIMA
PARTE GENERALE
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Capitolo Primo
Concetti introduttivi
1. NOZIONE, FUNZIONE E CARATTERI DEL DIRITTO PENALE
Il diritto penale è il complesso delle norme di diritto pubblico che prevedono fatti illeciti per i quali sono comminate sanzioni penali, variabili anche in
rapporto alla personalità dell’autore (così MANTOVANI).
Esso si sostanzia in una Parte generale, comprensiva del complesso di principi generali e regole comuni, di matrice costituzionale e codicistica, validi
per la generalità dei reati, e caratterizzanti l’illecito penale rispetto alle altre
tipologie di illecito, cui si affianca la cd. Parte speciale, costituita dal complesso delle norme incriminatrici, relative cioè alle singole figure criminose, di
fonte codicistica e legislativa.
Nell’ambito delle fattispecie di reato, la summa divisio (già adottata dal Codice Zanardelli e
dal Codice Toscano del 1856) è fra delitti e contravvenzioni. In particolare, dispone l’art. 39 c.p.
che i reati si distinguono in delitti e contravvenzioni, secondo la diversa specie delle pene per essi
rispettivamente stabilite dal codice penale. L’art. 17 c.p., infatti, dispone che le pene principali
stabilite per i delitti sono l’ergastolo, la reclusione e la multa, mentre le pene principali stabilite
per le contravvenzioni sono l’arresto e l’ammenda.
Ciò che caratterizza tale branca del diritto è la natura delle conseguenze
scaturenti dalla violazione dei suoi precetti, ovvero l’inflizione di una sanzione penale, consistente nella privazione o nella limitazione di beni «individuali», quali la libertà personale ed il patrimonio. Avvalendosi, dunque, il diritto
penale delle sanzioni più drastiche, il ricorso ad esso quale strumento giuridico di tutela deve costituire l’extrema ratio e quindi essere limitato alle situazioni in cui le altre tipologie di sanzioni (civili, amministrative o di altra natura) appaiano del tutto inadeguate, cioè non conformi allo scopo. In ciò si
sostanzia il carattere sussidiario del diritto penale.
Il nostro sistema penale si incardina, altresì, sui principi di materialità (per
esservi reato la volontà criminosa deve materializzarsi in una condotta esteriore), di offensività (la condotta materiale deve tradursi nella lesione o messa in pericolo di beni giuridici) e di colpevolezza (un fatto materiale ed offensivo può essere attribuito al suo autore solo se gli si possa muovere un rimprovero per averlo commesso).
Il diritto penale è, altresì, contraddistinto dal suo carattere positivo, statuale, pubblico ed autonomo. Positivo, in quanto previsto da norme giuridiche; statuale, in quanto le norme penali
possono essere emanate solo dallo Stato; pubblico, poiché l’interesse alla prevenzione ed alla repressione dei reati costituisce sempre un interesse pubblico, anche allorquando il reato apparentemente leda un interesse strettamente individuale, come ad esempio la proprietà nel furto; autonomo, in quanto non si limita a predisporre un sistema di sanzioni a precetti di altre branche
del diritto, ma costituisce un sistema normativo dotato di autonome regole e principi.
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Parte Prima - Parte generale
2. LA NORMA PENALE: ELEMENTI STRUTTURALI
La norma penale, come le altre norme giuridiche, è un comando rivolto ai
consociati con cui si proibiscono determinati comportamenti, prescrivendone degli altri.
La struttura della norma penale è costituita da due elementi: il precetto (praeceptum legis) e la sanzione (sanctio legis).
Il precetto è costituito da un comando (nei reati omissivi) o da un divieto
(nei reati commissivi) di tenere una determinata condotta o di cagionare un
certo evento.
La sanzione rappresenta, invece, la conseguenza giuridica dell’infrazione
del precetto. La minaccia della pena è finalizzata a produrre un effetto psicologico sulla volontà dei consociati, per indurli al rispetto del precetto penale.
Se normalmente le fattispecie penali sono puntualmente delineate, sia nella loro parte precettiva che sanzionatoria, in talune ipotesi è solo la sanzione ad essere determinata, mentre il precetto ha carattere generico, dovendo essere specificato da atti normativi di grado inferiore: trattasi delle cd. norme penali in bianco.
3. LE FONTI DEL DIRITTO PENALE
In diritto penale, il numero delle fonti è assai più limitato che negli altri
rami del diritto: l’art. 25 Cost. pone al riguardo un’espressa riserva di legge. Il
nostro legislatore, quindi, non soltanto ha riservato allo Stato ogni competenza normativa in materia penale (principio della statualità), ma ha disposto che
fonti del diritto penale siano solo la legge ordinaria e gli atti ad essa equiparati (principio di legalità).
Il diritto penale è costituito da norme contenute nel codice penale e nelle
leggi penali speciali; tuttavia, numerose sono le norme contenute nel codice di
procedura penale (il quale disciplina lo svolgimento del «processo penale» che
può, eventualmente, portare alla irrogazione della pena) nonché nel codice civile.
Quanto alla consuetudine essa, nel diritto penale, ha efficacia limitata.
In particolare:
a) la consuetudine innovatrice non opera nel diritto penale, ostandovi il principio della riserva
di legge;
b) la consuetudine abrogatrice, del pari, non opera nel diritto penale, in quanto l’abrogazione di
una disposizione di legge può derivare solo da altra norma;
c) la consuetudine integratrice si ritiene, in dottrina, possa operare solo se in senso favorevole
all’imputato.
4. IL PRINCIPIO DI LEGALITÀ ED I SUOI COROLLARI
A) Il principio di legalità
Il diritto penale si caratterizza, come detto, per l’afflittività delle sue sanzioni, capaci di incidere sulla libertà personale. Se l’irrogazione delle pene fosse rimessa alla discrezionalità di un singolo soggetto, non solo risulterebbe
Capitolo Primo - Concetti introduttivi
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minacciata la libertà di tutti gli individui, ma si giungerebbe ad annullare completamente la funzione stessa del diritto penale, non potendo i singoli conoscere in anticipo quali siano i beni tutelati e, di conseguenza, le condotte aggressive suscettibili di pena.
Da tutto ciò discende la necessità di un «fondamento legale» della normativa penale, inteso tanto come competenza di un unico potere a legiferare in
tale materia (il Parlamento in quanto espressione della volontà popolare),
quanto come impossibilità di assoggettare a pena quelle condotte non ancora considerate illecite al momento in cui furono poste in essere. Tale esigenza trova soddisfazione in uno dei principi-cardine di ogni sistema penale democratico, il cd. principio di legalità. Già accolto nello Statuto Albertino, il
principio ha trovato conferma nel Codice Rocco, e definitiva consacrazione
nella Costituzione repubblicana. Le norme in cui si incardina sono, nello specifico, gli artt. 1 e 199 c.p., nonché l’art. 25, commi 2 e 3 della Costituzione. In
particolare, ai sensi dell’art. 1 c.p. «Nessuno può essere punito per un fatto che
non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non
siano da essa stabilite». Quanto all’art. 199, sancisce che»Nessuno può essere
sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente stabilite dalla legge e fuori dei casi dalla legge stessa preveduti». Quanto, infine, ai commi secondo e terzo dell’art. 25 Cost. dispongono che «Nessuno può essere punito se non
in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso» e che
«Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti
dalla legge».
La dottrina prospetta due diverse concezioni del principio di legalità. La prima, detta formale, è quella che traduce la portata di questo principio in un divieto di punire qualsiasi fatto che,
al momento della commissione, non sia espressamente previsto come reato dalla legge e con pene
che non siano dalla legge stessa espressamente stabilite (MANTOVANI). La seconda, detta sostanziale, considera reato ogni fatto socialmente pericoloso, anche qualora non espressamente previsto dalla legge, a cui deve quindi applicarsi la pena adeguata allo scopo. Dalla lettura della Costituzione e del Codice Penale si evince come ad essere stata accolta nel nostro ordinamento sia la
concezione formale, la quale assolve una insostituibile funzione di garanzia delle libertà degli individui, evitando il rischio di arbìtri da parte del potere giudiziario e di quello esecutivo, ed assicurando la certezza e l’uguaglianza nell’applicazione del diritto.
B) I corollari della legalità formale: la riserva di legge
L’art. 25 della Costituzione, attribuendo alla sola legge emanata dal Parlamento, quale più alta espressione della volontà popolare, la forza di prevedere le fattispecie astratte di reato e le relative pene, sancisce il principio della
riserva di legge statale.
In base a tale principio, solo una legge dello Stato può prevedere un determinato fatto come reato, pertanto sia le fonti non scritte, che quelle scritte diverse dalla legge statale non possono essere fonti di diritto penale. Solo al legislatore ordinario, quindi, è attribuito il potere di emanare norme in tale materia.
Ciò detto, ci si è posti il problema della natura della riserva di legge contenuta nell’art. 25
Cost. Per alcuni, si tratterebbe di una riserva relativa, potendo anche fonti normative secondarie,
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Parte Prima - Parte generale
come i regolamenti, concorrere alla creazione di norme penali, sia pur nell’ambito delle linee direttive fondamentali della disciplina fissate dalla legge; per altri si tratterebbe di una riserva assoluta, potendo essere fonti del diritto penale solo gli atti legislativi dello Stato ovvero le leggi, i
decreti legge ed i decreti legislativi. La dottrina più moderna pur riconoscendo la natura «tendenzialmente assoluta» della riserva di legge sancita dall’art. 25, secondo comma Cost., tenta di fornirne un’interpretazione meno rigorosa, ammettendo la possibilità di intervento di fonti normative secondarie nell’ambito di settori tecnici ed in rapporto a precise esigenze di aggiornamento
dei parametri di configurabilità dell’illecito penale (cd. riserva assoluta temperata). Aperture rispetto al rigore della riserva di legge assoluta si registrano anche da parte della Corte costituzionale, la quale, in più occasioni, ha sostenuto che la riserva di legge avrebbe carattere assoluto in
relazione alla determinazione della pena, in quanto solo il legislatore dello Stato può fissarne i
confini, mentre avrebbe carattere relativo in relazione al precetto, potendo il medesimo essere integrato da atti del potere esecutivo, a condizione, tuttavia, che sia la legge dello Stato a fissarne
presupposti, caratteri, contenuto e limiti.
C) Segue: il principio di tassatività
Il principio di determinatezza o tassatività si pone come ulteriore corollario al principio di legalità. Affinché, infatti, possa dirsi rispettato tale principio-cardine del sistema penale, non basta che il legislatore delinei il fatto-reato, occorrendo anche che la formulazione della norma penale, e la conseguente individuazione del fatto-reato in essa contenuto, non sia generica ma
sufficientemente precisata, così da potersi desumere con facilità ciò che è punito e ciò che, viceversa, è penalmente lecito o irrilevante.
Il principio di tassatività ha, dunque, la duplice funzione di far da guida al comportamento
del cittadino, che è posto in grado di discernere con esattezza il lecito dall’illecito, oltre a garantire il diritto di difesa dell’imputato, il quale risulterebbe menomato dalla mancanza di una puntuale descrizione legale del fatto contestato.
D) Segue: il principio di tipicità ed il divieto di analogia
Conseguenza logico-giuridica della riserva di legge e della necessaria determinatezza è il principio di tipicità. È, infatti, da ritenersi penalmente rilevante solo ciò che il legislatore ha esplicitamente delineato come tale nella
norma incriminatrice; da ciò deriva che i reati costituiscono un numerus clausus, essendo tutti tipici e nominati.
Altro corollario del principio di legalità formale è consacrato dall’art. 14
delle disposizioni sulla legge in generale, il quale dispone, fra l’altro, che le
leggi penali non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati, sancendo,
dunque, il divieto di applicazione analogica per le norme penali in senso stretto, cioè per quelle che prevedono i singoli reati e le relative sanzioni, e per
quelle altre disposizioni che, integrando tali norme, limitano i diritti dell’individuo (cd. analogia in malam partem). Parte della dottrina ritiene, invece,
ammissibile l’analogia in bonam partem, sempre che si tratti di norme non eccezionali (ad esempio, secondo tale dottrina, può ricorrersi all’analogia in materia di cause di giustificazione e di cause che escludono o diminuiscono l’imputabilità).
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Capitolo Primo - Concetti introduttivi
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Differenze
Dalla interpretazione o integrazione analogica, va tenuta distinta l’interpretazione estensiva:
— l’interpretazione analogica, pur implicando una attività interpretativa della legge, ha un accentuato carattere creativo: essa, infatti, si muove al di fuori di una qualsiasi previsione
normativa e consiste, appunto, nel dare una regolamentazione ad un caso non disciplinato,
né espressamente né implicitamente, dalla legge attraverso l’applicazione della disciplina
prevista in relazione ad un caso simile;
— l’interpretazione estensiva, per contro, opera sempre nell’ambito di una norma ma comporr
ta la riconduzione sotto la disciplina della stessa norma di una ipotesi apparentemente fuori della sua sfera.
Ciò significa che si è nell’ambito dell’interpretazione estensiva quando il contenuto effettivo delle singole disposizioni, accertato correttamente attraverso i mezzi consentiti dalla logica e dalla tecnica giuridica, è più ampio di quello che appare dalle espressioni letterali che compongono la disposizione stessa, per cui ipotesi che apparentemente ne restavano fuori debbono
invece ritenersi rientrare sotto la sua disciplina.
Tale interpretazione non incontra limitazioni nell’art. 14 delle preleggi, perché non amplia il
contenuto effettivo della norma, ma impedisce che fattispecie ad essa soggette si sottraggano
alla sua disciplina per l’ingiustificata mancanza di espressioni letterali; come tale, l’interpretazione estensiva è ammessa in relazione a tutte le disposizioni di legge, comprese quelle penali e quelle che fanno eccezioni a regole generali, in quanto anche di queste identifica i tempi e l’ambito di applicazione.
E) Segue: il principio di irretroattività e la successione di leggi nel tempo
Fra i corollari del principio di legalità rientra,altresì, il principio di irretroattività della legge penale. Per un esame della specifica disciplina concernente tale principio, si rinvia a quanto si dirà nel Capitolo successivo.
5. Segue: PRINCIPIO DI MATERIALITÀ
Il principio di materialità, sancito dall’art. 25 Cost., comporta che il reato
debba necessariamente consistere in un fatto umano materialmente estrinsecantesi nel mondo esteriore: cogitationis poenam nemo patitur.
6. Segue: PRINCIPIO DI OFFENSIVITÀ
Secondo detto principio, per la sussistenza del reato non è sufficiente che
il fatto concreto sia conforme a quello tipico previsto dalla norma incriminatrice, occorrendo altresì che esso sia realmente offensivo del bene protetto dalla stessa norma (v. art. 49, comma 2 c.p.).
In relazione al bene giuridico tutelato dalla norma penale si distinguono:
— reati monoffensivi per i quali è necessaria e sufficiente l’offesa di un solo
bene giuridico (ad esempio, omicidio e lesioni);
— reati plurioffensivi, cioè offensivi di più beni giuridici (ad esempio la rapina, lesiva del patrimonio e della libertà personale).
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Parte Prima - Parte generale
7. Segue: PRINCIPIO DI SOGGETTIVITÀ
Secondo il principio di soggettività, un comportamento umano costituisce
reato quando, oltre ad essere tipico e compiuto in assenza di cause di giustificazione, è anche riferibile alla volontà dell’agente: per aversi reato, quindi, occorre che sussista non solo un nesso causale, ma anche un nesso psichico tra
l’agente e il fatto criminoso (v. Cap. 3, §12).
A seguito della sentenza 364/88 della Corte Costituzionale, principio cardine del nostro sistema penale è quello della colpevolezza. Esso è il presupposto dello stesso principio costituzionale della personalità della responsabilità penale, sancito dall’art. 27 comma 1 della Costituzione; inoltre è fondamento e misura della pena.
Capitolo Secondo
L’efficacia della legge penale
1. L’EFFICACIA DELLA LEGGE PENALE NEL TEMPO
Fra i corollari del principio di legalità, come accennato nel precedente Capitolo, rientra il principio di irretroattività della legge penale. Questo è evincibile dalla lettera del comma 2 dell’art. 25 Cost. («Nessuno può essere punito
se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso»), ma anche dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale («La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo»). È, dunque, impossibile applicare una legge che considera reato un dato fatto a comportamenti posti in essere prima dell’entrata in vigore della legge stessa.
Se, peraltro, la dinamica della successione di leggi in materia penale è governata dal principio di irretroattività della norma incriminatrice, il medesimo
deve, tuttavia, coordinarsi con i precetti emergenti dall’art. 2 c.p. Nel suoi commi, in particolare, il citato articolo prevede tre diverse situazioni: la nuova incriminazione, l’abolizione di incriminazioni precedenti e la creazione di disposizioni soltanto modificative.
In relazione alla prima, sancisce l’art. 2, comma 1, che nessuno può essere
punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato (quando, dunque, la legge configura come reato un fatto che in
precedenza non era previsto come tale, si applica il principio della irretroattività della norma incriminatrice, la qual cosa ribadisce quanto affermato dalla
succitata previsione costituzionale).
Quanto alla seconda, dispone l’art. 2, comma 2, che nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato, e, se
vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali (quando, dunque,
la nuova norma non preveda più come reato un fatto che in precedenza era
considerato tale, si applica il principio della retroattività della legge nuova, favorevole alla libertà).
A disciplinare l’ultima delle situazioni delineate provvede, infine, il quarto comma dell’art. 2, ai sensi del quale se la legge del tempo in cui fu commesso il reato
e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile. Il limite dell’intangibilità del giudicato trova, tuttavia, un’eccezione nel disposto del comma
3 dell’art. 2, neointrodotto dalla cd. legge sui reati di opinione (L. 85/2006), a
norma del quale se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria, ai sensi dell’articolo 135
del codice penale.
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Parte Prima - Parte generale
Tali disposizioni non si applicano nel caso di leggi eccezionali o temporanee
(art. 2, comma 5 c.p.), per le quali si applica sempre la legge del tempo in cui
è stato commesso il reato. La ratio di una tale limitazione è palese: evitare che
gli autori dei reati previsti da tali leggi si sottraggano all’applicazione della
pena, commettendo il fatto in prossimità della scadenza del termine di efficacia della norma ovvero quando l’eccezionalità della situazione sta per cessare.
Il divieto di applicazione di tali disposizioni alle norme finanziarie, previsto
dall’art. 20, L. 4/1929, è stato abrogato dal D.Lgs. 507/1999.
Inoltre, esse non si applicano alle norme di carattere processuale, sicché queste ultime, anche se «sfavorevoli» per l’imputato (ad es. in tema di custodia
cautelare), possono avere efficacia retroattiva (cfr. Corte cost. 1-2-1982, n. 15).
Riguardo ai decreti legge non convertiti o convertiti con modifiche, le norme
da essi poste, non si applicano ai fatti commessi anteriormente alla loro entrata in vigore (v. Corte cost. 51/1985), anche se più favorevoli; parte della dottrina, però, ne sostiene l’applicabilità ai fatti commessi durante la vigenza del
decreto stesso.
Le leggi penali dichiarate incostituzionali, poi, secondo un recente indirizzo della Corte Costituzionale (sent. n. 148/1993), continuano ad applicarsi, se
più favorevoli, ai fatti commessi sotto il loro vigore, in omaggio al principio
di irretroattività delle norme penali incriminatrici.
Giurisprudenza
È stata oggetto di interesse da parte della Cassazione la questione della rilevanza dei mutamenti
concernenti le norme extrapenali richiamate dalle norme penali, finalizzata a determinare la disciplina concretamente applicabile, alla luce delle previsioni sulla successione di leggi penali
nel tempo. In un autorevole pronunciamento a Sezioni Unite, la Corte ha affermato che in tema
di successione di leggi penali, la modificazione della norma extrapenale richiamata dalla disposizione incriminatrice esclude la punibilità del fatto precedentemente commesso se tale norma
è integratrice di quella penale oppure ha essa stessa efficacia retroattiva. In particolare, nel caso
sottoposto alla sua attenzione la Corte ha ritenuto che l’adesione della Romania all’Unione europea, con il conseguente acquisto da parte dei rumeni della condizione di cittadini europei,
non ha determinato la non punibilità del reato di ingiustificata inosservanza dell’ordine del questore di allontanamento dal territorio dello Stato commesso dagli stessi prima del 1° gennaio
2007, data di entrata in vigore del Trattato di adesione, in quanto quest’ultimo e la relativa legge di ratifica si sono limitati a modificare la situazione di fatto, facendo solo perdere ai rumeni la condizione di stranieri, senza che tuttavia tale circostanza sia stata in grado di operare retroattivamente sul reato già commesso (Cass. Sez. Un. 16-1-2008, n. 2451). Sempre in tema di
successione di leggi ha, più di recente, precisato la Cassazione che, in caso di abrogazione di
una norma incriminatrice, per accertare se le tipologie di fatti in essa comprese siano riconducibili ad altra disposizione generale preesistente, è necessario procedere al confronto strutturale tra le due fattispecie astratte, integrando all’occorrenza tale criterio attraverso una valutazione dei beni giuridici rispettivamente tutelati, al fine di verificare l’eventuale intenzione
dell’intervento abrogativo di non attribuire più rilievo al disvalore insito nella fattispecie incriminatrice soppressa (Cass. Sez.Un. 2-6-2009, n. 24468).
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Capitolo Secondo - L’efficacia della legge penale
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2. L’EFFICACIA DELLA LEGGE PENALE NELLO SPAZIO: PRINCIPIO
DI TERRITORIALITÀ E LOCUS COMMISSI DELICTI
La norma penale incontra limiti di efficacia nello spazio, nel senso che la
sua forza obbligatoria si esplica in ambiti territoriali delimitati. Il nostro ordinamento, come la maggior parte degli Stati democratici moderni, si incardina (pur se con parziali deroghe) sul principio di territorialità, in virtù del quale la sfera di efficacia di una norma penale è limitata al territorio dello Stato,
e pertanto ha efficacia imperativa nei riguardi di tutti i soggetti che vi si trovino, siano essi cittadini, stranieri o apolidi.
Ai sensi dell’art. 4 c.p. agli effetti della legge penale, è territorio dello Stato il territorio della Repubblica e ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato. Le navi e gli aeromobili italiani sono considerati come territorio dello Stato, ovunque si trovino, salvo che siano soggetti, secondo il diritto internazionale, a una legge territoriale straniera. Oltre, quindi, alla terraferma, delimitata dai confini politici, si considera territorio dello Stato anche il mare
territoriale (o costiero), i cui limiti variano in base alle norme interne dei singoli Stati e dei trattati internazionali, lo spazio aereo sovrastante il territorio
ed il sottosuolo, fin dove è possibile ricavarne una utilità.
Dopo aver fornito la nozione di territorio dello Stato rilevante, il codice
precisa, quanto al locus commissi delicti, che «chiunque commette un reato
nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana», specificando, ad
un tempo, che «il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l’azione o l’omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte,
ovvero si è ivi verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione od omissione». È controverso se anche i cd. atti preparatori rilevino, ai fini dell’applicabilità della legge penale italiana.
La dottrina maggioritaria è per la soluzione positiva, evidenziando però
come tra questi non possa rientrare la mera risoluzione criminosa, per cui non
sarà punibile un reato solo ordito in Italia, ma i cui atti di esecuzione siano
posti in essere all’estero.
Gli artt. 7, 8, 9 e 10 c.p. prevedono talune deroghe al principio di territorialità disponendo la punibilità secondo la legge italiana, di reati commessi
all’estero.
3. LE IMMUNITÀ
L’art. 3 c.p. stabilisce che la legge penale obbliga tutti coloro che, cittadini o
stranieri, si trovano nel territorio dello Stato.
Costituiscono eccezione a tale principio le cd. «immunità»:
a) derivanti dal diritto pubblico interno
— il Capo dello Stato non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio
delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento e attentato alla Costituzione (art. 90 Cost.);
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Parte Prima - Parte generale
— i Membri del Parlamento e dei Consigli Regionali non sono perseguibili
per le opinioni e i voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni (art. 68
Cost.);
b) derivanti dal diritto internazionale
riguarda i Capi di Stati esteri, i Ministri degli Esteri, gli agenti diplomatici e consolari, etc., e sono dettate da necessità di ordine politico.
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Capitolo Terzo
Il reato in generale
1. CONCETTO DI REATO
La dottrina penalistica distingue due diverse nozioni di reato:
— formale, secondo cui è reato ogni fatto umano al quale l’ordinamento giuridico ricollega una sanzione penale, vale a dire una pena inflitta dalla Autorità giudiziaria a seguito di un procedimento giurisdizionale (cd. pena
criminale);
— sostanziale, secondo cui è reato ogni fatto socialmente pericoloso.
2. DIFFERENZE TRA IL REATO E GLI ALTRI ILLECITI
L’ordinamento giuridico può configurare un comportamento umano contrario ad una norma come illecito penale, illecito civile o illecito amministrativo. La distinzione del reato dall’illecito amministrativo si fonda esclusivamente su elementi formali (essendo, secondo la dottrina prevalente, impossibile individuare una differenza sostanziale) ossia sul tipo di sanzione prescelta dal
legislatore e sull’organo — giurisdizionale o amministrativo — competente ad
infliggerla.
Analogamente, si ritiene che il reato possa essere distinto dall’illecito civile
esclusivamente in base al criterio estrinseco e legale del «nomen iuris» della
sanzione: pena per il reato e risarcimento del danno per l’illecito civile.
Inoltre, si osserva che in campo civile non dominano i principi della riserva di legge e di tassatività mentre sono ammesse forme di responsabilità indiretta (cd. responsabilità per rischio) o di responsabilità oggettiva; in campo amministrativo, invece, la riserva di legge è solo relativa (laddove in diritto penale si discute se sia assoluta o relativa).
3. DELITTI E CONTRAVVENZIONI
I reati si distinguono in due grandi categorie: delitti e contravvenzioni.
Quanto al criterio di distinzione, l’art. 39 c.p. stabilisce che:
— i delitti sono puniti con le pene della reclusione e della multa;
— le contravvenzioni sono punite con le pene dell’arresto e dell’ammenda.
4. IL SOGGETTO ATTIVO DEL REATO
Il soggetto attivo del reato è colui (o coloro, nel caso di concorso) che pone
in essere il comportamento vietato dalla norma incriminatrice.
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Parte Prima - Parte generale
In relazione al soggetto, distinguiamo:
— reati comuni: quelli che chiunque può commettere, indipendentemente
da particolari caratteristiche soggettive. In tali ipotesi la norma, di regola,
fa riferimento all’espressione «chiunque» (ad es.: l’omicidio);
— reati propri: quelli che solo soggetti che rivestono una determinata qualità, ovvero si trovano in una determinata situazione possono porre in essere (così, solo un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio possono commettere il delitto di peculato, art. 314; solo chi è testimone in un
processo può commettere il reato di falsa testimonianza, art. 372 etc.).
5. IL SOGGETTO PASSIVO DEL REATO
Il soggetto passivo del reato (nel codice si parla di «persona offesa dal reato») è il titolare del bene o dell’interesse che la norma giuridica tutela e che
è leso dal comportamento umano costituente reato (es.: soggetto passivo del
delitto di furto è il proprietario della cosa rubata).
Soggetto passivo può essere un singolo individuo ovvero una persona giuridica, ivi compreso lo Stato (ad esempio nei reati contro la personalità dello
Stato, nei reati contro l’amministrazione della giustizia etc.).
Quando un reato lede o pone in pericolo più beni-interessi, appartenenti a
soggetti distinti, si dice plurioffensivo (es.: la calunnia: offende nello stesso
tempo lo Stato, nel suo interesse alla regolare amministrazione della giustizia, e la persona falsamente incolpata).
Se offende un numero indeterminato di persone si parla di reati vaghi (o
vaganti) (es. art. 422 c.p., strage).
Il soggetto passivo va distinto dall’oggetto materiale del reato (la persona o
la cosa su cui cade l’attività del reo).
Quando l’oggetto materiale è una persona, esso può coincidere (come nel
caso del delitto di percosse) o meno con il soggetto passivo.
Differenze
Il soggetto passivo del reato va tenuto distinto dal danneggiato dal reato, per tale intendendosi colui che dal reato ha subito un danno civilmente risarcibile, anche senza essere titolare
del bene giuridico protetto. La figura del titolare del bene giuridico protetto, cioè, appunto,
del soggetto passivo del reato, è rilevante perché a lui spetta, nei casi in cui sia ammissibile,
di prestare il proprio consenso, con efficacia scriminante ex art. 50 c.p., nonché il diritto di
presentare querela, nei casi di reati punibili a querela della persona offesa. Il semplice danneggiato non ha alcun potere di querela, ma può solo esercitare l’azione civile per ottenere il
risarcimento dei danni. Si tenga presente che soggetto passivo e persona danneggiata dal reato possono coincidere (così nel delitto di lesioni), o risultar distinte (ad esempio nel delitto
di omicidio). Taluni distinguono, altresì, il soggetto passivo del reato dal soggetto passivo
della condotta, cioè da colui su cui la condotta criminosa viene a incidere immediatamente,
e pertanto viene considerato, più propriamente, oggetto della condotta. Spesso,peraltro, i due
concetti coincidono (ad esempio, nell’omicidio il soggetto passivo è l’ucciso, che è anche soggetto passivo della condotta).
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Capitolo Terzo - Il reato in generale
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6. LA STRUTTURA DEL REATO
La dottrina, analizzando le singole figure criminose, ha elaborato una teoria generale del reato, che individua nella struttura dell’illecito penale una serie di elementi costitutivi comuni a tutte le fattispecie criminose.
L’analisi della struttura del reato ha condotto alla formazione di due diverse concezioni: la teoria della tripartizione e la teoria della bipartizione.
Secondo la prima teoria, il reato si compone di tre elementi ossia il fatto tipico, l’antigiuridicità obiettiva e la colpevolezza. Ad essa si contrappone
quella della bipartizione, che distingue l’elemento oggettivo da quello soggettivo.
7. ELEMENTO OGGETTIVO
In esso vanno ricompresi:
— elementi positivi rappresentati dalla:
— condotta (unico elemento sempre necessario) (v. infra §8);
— evento (v. infra §9);
— nesso di causalità (v. infra § 10);
— elementi negativi: ossia gli elementi che devono mancare perché si abbia la
fattispecie criminosa. Si tratta dell’assenza di cause di giustificazione.
8. Segue: LA CONDOTTA UMANA
Con il termine condotta si indica ogni comportamento umano in contrasto
con la legge penale. È sempre necessario che tale comportamento si traduca in
manifestazioni esterne, dal momento che il semplice atto psichico non è rilevante per il diritto penale (cogitationis poenam nemo patitur).
La condotta può essere positiva, e quindi consistere in un facere-azione che
si traduce in un reato commissivo, oppure negativa, dando luogo ad un reato
omissivo.
Ogni azione può, poi, essere costituita da più atti, teleologicamente coordinati e contestuali, ovvero che si susseguono immediatamente.
Quanto, invece, ai reati omissivi, si distinguono in reati omissivi propri, per
la cui sussistenza è necessaria e sufficiente la semplice condotta negativa del
reo, non essendo richiesto alcun ulteriore effetto di tale condotta (si pensi
all’omissione di soccorso) e reati omissivi impropri, o altrimenti detti commissivi mediante omissione, per i quali è richiesto il verificarsi di un evento collegato alla condotta omissiva, come risultato della medesima.
L’art. 40, 2° comma, c.p. disciplina il reato omissivo improprio, sancendo
l’equivalenza normativa tra il non impedire ed il cagionare un evento. Perché
tale equivalenza si realizzi è, però, necessario che sull’agente gravi un obbligo giuridico di impedire quel particolare evento, in ragione della posizione di
garanzia che occupa (posizione di controllo o posizione di protezione). Tale
fattispecie si realizza, dunque, allorquando l’agente, con la sua omissione, non
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Indice
Capitolo Settimo: I reati contro la fede pubblica
1. L’oggetto giuridico dei reati di falso............................................................................ Pag. 156
2. I singoli delitti .............................................................................................................. » 157
Capitolo Ottavo: I delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio
1. Generalità .....................................................................................................................
2. Principali figure delittuose ..........................................................................................
3. Altre ipotesi delittuose .................................................................................................
»
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160
160
162
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164
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166
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168
168
170
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171
171
192
1. Generalità .....................................................................................................................
2. Principali figure delittuose ..........................................................................................
3. Altre ipotesi delittuose .................................................................................................
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»
»
193
194
207
Elenco alfabetico degli argomenti oggetto delle principali domande d’esame ....
»
209
Capitolo Nono: I delitti contro la moralità pubblica e il buon costume
1. Generalità .....................................................................................................................
2. Principali figure delittuose ..........................................................................................
Capitolo Decimo: I delitti contro il sentimento per gli animali
1. Generalità .....................................................................................................................
2. Le singole figure delittuose ..........................................................................................
Capitolo Undicesimo: I delitti contro la famiglia
1. Generalità .....................................................................................................................
2. Principali figure delittuose ..........................................................................................
3. Altre ipotesi delittuose .................................................................................................
Capitolo Dodicesimo: I delitti contro la persona
1. Generalità .....................................................................................................................
2. Principali figure criminose ..........................................................................................
3. Altre ipotesi delittuose .................................................................................................
Capitolo Tredicesimo: I delitti contro il patrimonio
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i
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PENALE
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orale, organizzato in maniera originale al fine di fornire al candidato,
che già possiede una conoscenza di base della materia, ulteriori
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esperienza delle Edizioni Simone, presentano in maniera piana e
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A tal fine, in appendice è proposto un elenco alfabetico dei quesiti
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Questo Quaderno di Diritto Processuale Penale, pertanto, da solo
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il fine di aggiornare l’aspirante Avvocato e condurlo brillantemente
al superamento della prova orale.
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