Dossier Scientifico sugli Integratori a base di erbe

Dossier Scientifico
sugli Integratori a base di erbe
a cura della dottoressa Vitalia Murgia,
pediatra e professore a contratto di pediatria ambulatoriale,
Master di II livello in Fitoterapia, Università di Siena
Milano, Giugno 2010
1
Dossier Scientifico sugli Integratori a base di erbe
A cura della dottoressa Vitalia Murgia
Indice
Premessa
a cura di Anna Paonessa, responsabile area Integratori Alimentari di AIIPA (Associazione
Italiana Industrie Prodotti Alimentari)
1 Introduzione
2 Gli integratori alimentari con ingredienti erboristici
2.1 Piante: alimento o farmaco?
2.2 Il modello dell’omeostasi
3 I phytochemicals: le sostanze funzionali delle piante, della frutta e
dei vegetali
3.1 I phytochemicals
3.2 Attività biologiche e funzionali dei phytochemicals delle piante
3.3 Attività biologiche dei phytochemicals della frutta e dei vegetali
4 Studi clinici a conferma delle attività biologiche delle piante
4.1 Echinacea (E.pallida, E. purpurea e E. angustifolia)
4.2 Iperico (Hypericum perforatum)
4.3 Cranberry, mirtillo rosso americano (Vaccinium macrocarpum Aiton)
4.4 Valeriana (Valeriana officinalis)
5 Promozione della salute: ruolo degli integratori alimentari a base di
piante
5.1 Quando usare gli integratori alimentari a base di piante
6 Conclusioni
2
PREMESSA
Abbiamo il piacere di presentare questo Dossier scientifico sugli Integratori a base di erbe,
realizzato per AIIPA dalla dottoressa Vitalia Murgia, medico pediatra ed esperto di
fitoterapia.
Obiettivo di questo approfondimento è presentare una panoramica aggiornata e rigorosa
degli studi più significativi relativi all’attività biologica di sostanze funzionali contenute in
piante, frutta e vegetali, a molti dei quali è riconosciuta una tradizione d’uso millenaria.
Il nostro intendimento è quello di fornire un contributo alla conoscenza e comprensione di
un settore complesso, quello degli integratori alimentari a base di ingredienti erboristici, e
delle sue peculiarità rispetto al comparto dei farmaci a base di erbe.
Come AIIPA siamo da sempre impegnati a rispondere agli accresciuti bisogni di
informazione da parte di consumatori e media, attraverso la realizzazione di numerosi
strumenti informativi realizzati grazie al contributo e all’esperienza dei più qualificati
esperti: nell’ultimo triennio abbiamo realizzato due Libri Bianchi sul comparto degli
Integratori Alimentari, il sito informativo www.integratoriebenessere.it, diverse ricerche
sociologiche e una continua attività di informazione/educazione al consumatore. Ci
auguriamo che tali sforzi abbiano generato una migliore comprensione dell’universo degli
integratori alimentari.
Alla dottoressa Vitalia Murgia va il nostro più caloroso ringraziamento per l’impegno
profuso e la preziosa collaborazione che hanno reso possibile questo progetto.
Anna Paonessa
Responsabile Area Integratori AIIPA
3
1.INTRODUZIONE
La consuetudine di assumere piante per integrare l’alimentazione ed aiutare l’organismo a
far fronte agli eventi stressanti per la salute, prevedibili e imprevedibili, ha solide radici
culturali e scientifiche. Le piante hanno accompagnato l’uomo dalle origini dei tempi sino
all’era attuale; l’utilizzo delle piante a scopo salutistico-terapeutico, infatti, precede la
comparsa dell’Homo sapiens. Frammenti di polline e di fiori di varie specie (efedra,
centaurea, senecio, altea e achillea) sono stati trovati a Shamidar, nel nord dell’Iraq, in
sepolture dell’epoca di Neanderthal (circa 60000 anni fa). L’uomo di Similaun, la cui
mummia fu ritrovata sulle Alpi, portava con sé frammenti di un fungo, il Pitoporus betulinus
(Bull.) Karst., che si ipotizza servisse per curare dai parassiti intestinali1.
A un certo punto della storia dell’evoluzione l’uomo ha appreso come trarre vantaggio
dell’arsenale di sostanze prodotte dal regno vegetale, usando le piante sia per curare vere
e proprie malattie sia per mantenere un migliore controllo dell’omeostasi di numerosi
processi fisiologici. In questo modo si difendeva non solo dalle aggressioni di batteri,
funghi, sostanze esogene, ecc. ma migliorava il suo stato di salute e le capacità
riproduttive. Le prime sperimentazioni sull’uso delle piante, come dei rudimentali trial, sono
state probabilmente solo frutto del caso. Si ipotizza che in un periodo di terribile scarsità di
cibo i primati, deboli ed affamati, abbiano avuto bisogno di alimentarsi con nuovi vegetali,
mai provati prima, ricavandone un percettibile miglioramento delle condizioni di salute, le
piante sono poi diventate parte delle abitudini alimentari e utilizzate come cibo o come
medicina.
Nei secoli gli uomini hanno sperimentato un vasto numero di piante tra quelle che
crescevano nel loro territorio, diverse da un’area all’altra della terra, anche se simili nelle
proprietà
salutistico-terapeutiche
(adattogene,
stimolanti,
antiparassitarie,
antinfiammatorie, ecc.). Lo hanno fatto sotto la spinta di comportamenti innati, appresi per
trasmissione di madre in figlio e da una tribù all’altra, e per feed back evoluzionistici
positivi che gli permettevano di difendersi meglio nell’interazione con patogeni e sostanze
esogene ambientali. In questo ultimo caso, solo le popolazioni che consumavano una
determinata pianta, ottenendone una maggiore resistenza ad una malattia, potevano
sopravvivere e trasmettere la conoscenza alle generazioni successive perpetuandone
l’uso (Hart, 20052; Johns, 19903).
Le Farmacopee tradizionali dei vari paesi rappresentano l’espressione scritta di questo
processo, in continua evoluzione, di scelta e conservazione delle piante da utilizzare. Esse
sono il frutto di millenni di osservazioni, a livello di popolazione, dell’ecologia delle piante e
dei loro effetti benefici sull’uomo ma anche dei possibili problemi legati ad effetti tossici
acuti e cronici.
Sfortunatamente l’avvento della medicina moderna, pur foriero di indubitabili enormi
vantaggi per la salute dell’uomo, ha fatto dimenticare molte di queste interessanti e magari
preziose conoscenze. È importante pertanto colmare sempre più il divario tra la
conoscenza tradizionale delle piante e le conoscenze biomediche moderne se si vuole
continuare a migliorare la salute dell’uomo ed incoraggiare la ricerca nel settore.
Capasso L. 5300 years ago, the Ice Man used natural laxatives and antibiotics.
Lancet 1998 Dec 5;352:1864.
2
Johns T. 1990. With Bitter Herbs They Shall Eat IT. Chemical ecology and the origins of human
diet and medicine. The University of Arizona Press.
3
Hart B. 2005. The evolution of herbal medicine: behavioural perspectives. Anim Behav. 70. 975989.
1
4
2. GLI INTEGRATORI ALIMENTARI CON INGREDIENTI ERBORISTICI
Nell’ambito dell’Unione Europea gli estratti di piante (botanicals) sono ammessi come
ingrediente sia in ambito alimentare (integratore alimentare, food supplement) sia in
ambito farmaceutico (farmaco, prodotto medicinale).
2.1 Piante: alimento o farmaco?
Che gli estratti di piante possano essere usati come cibo o come medicina non deve
stupire più di tanto dato che l’uomo le ha sempre utilizzate con questo duplice scopo. Nel
passato la distinzione tra cibo e medicina non era netta come lo è adesso e spesso la
differenza tra medicina e cibo e tra tossicità e non tossicità era solo una questione legata
alle intenzioni d’uso, alle dosi e/o alle modalità di assunzione. Assumiamo d'altronde
regolarmente bevande stimolanti che contengono estratti di piante, come il caffè, il tè, il
guaranà, ecc. anche se ne sono noti gli effetti negativi quando si esagera e/o in situazioni
particolari di salute. La caffeina ci aiuta a “funzionare” meglio ma causa effetti collaterali di
rilievo se ne abusiamo; d’altro canto le stesse vitamine, nutrienti essenziali, possono
essere tossiche se assunte in quantità eccessiva.
Nelle società tradizionali molte piante vengono usate nei cibi, in quantità limitate o dopo
operazioni di parziale eliminazione dei principi attivi, per ottenerne un effetto tonicoadattogeno, per limitare la carica parassitaria, per migliorare il transito intestinale, ecc. Le
stesse piante vengono assunte anche come vero e proprio intervento terapeutico in dosi e
modalità diverse. Insomma è concettualmente accettabile ed in linea con la tradizione
fitoterapica che la stessa pianta sia inserita in un integratore alimentare e possa anche
essere utilizzata come farmaco. Restano escluse da questo ragionamento, ovviamente, le
piante pericolose perché potenzialmente tossiche anche a dosaggi molto bassi, o di cui
non sono ancora sufficientemente note le azioni, e che pertanto non sono autorizzate
all’utilizzo come alimenti.
Dal punto di vista regolatorio l’uso delle piante è quindi ammesso sia sotto l’egida delle
leggi sugli alimenti sia sotto quella dei farmaci. Della pianta si usa la droga vegetale, cioè
la parte che contiene i principi attivi. Le droghe vegetale possono essere usate
integralmente, frantumate in parti più o meno comminute sino alla polvere, o sotto forma di
estratti, complessivi (fitocomplesso) o frazionati, ottenuti con varie tecniche. Il
fitocomplesso è l’insieme delle sostanze chimiche che compongono una droga vegetale, e
il suo effetto è il risultato dell’azione integrata della molteplicità di sostanze che lo
compongono.
Facendo riferimento esclusivamente alle due direttive principali (Direttiva 2002/46/EC4 e
Direttiva 2001/83/EC come ammendata dalla Direttiva 2004/27/EC5) possiamo delineare le
definizioni di integratore alimentare e di farmaco.
L’integratore alimentare (food supplement) che contiene “botanicals” (estratti di piante o di
Directive 2002/46/EC of the European Parliament and of the Council of 10 June 2002 on the
approximation of the laws of the Member States relating to food supplements. Official Journal of
the European Union: L136/85, 12 July 2002.
5
DIRECTIVE 2004/27/EC OF THE EUROPEAN PARLIAMENT AND OF THE COUNCIL of 31
March 2004 amending Directive 2001/83/EC on the Community code relating to medicinal
products for human use. Official Journal of the European Union. L 136/34. 30.4.2004.
4
5
altri vegetali) è un alimento, contenente quantità concentrate di nutrienti o altre sostanze
ad effetto fisiologico o nutritivo, da sole o in combinazione, che ha lo scopo di integrare la
normale alimentazione, “sostenendo, coadiuvando o ottimizzando una condizione
fisiologica” (“maintain, support, optimize”)6. La direttiva 2002/46/EC7 precisa che per
effetto fisiologico si intende l’ottimizzazione di una funzione fisiologica e non il suo
ripristino, correzione o modificazione che sono invece compiti del farmaco.
Si considera farmaco, invece, qualunque sostanza o combinazione di sostanze (anche
estratti di piante), che abbiano lo scopo di trattare o prevenire una malattia nell’uomo e
che vengano usate allo scopo di ripristinare, correggere o modificare le funzioni
fisiologiche esplicando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, o di
diagnosticare una malattia.
Nell’ambito dei farmaci a base di piante si distingue tra farmaco vegetale e farmaco
vegetale tradizionale, prevalentemente sulla base delle possibilità di uso (prescrizione da
parte del medico o auto-prescrizione) e delle differenti modalità di registrazione, più
complesse per il farmaco vegetale, semplificate e sulla base della tradizione per il farmaco
vegetale tradizionale (vedi Box 1).
La Corte Europea di Giustizia ha demandato alle autorità nazionali il compito di definire
per ogni prodotto (caso per caso), se si tratti di un integratore o di un farmaco. La
decisione va presa sulla base delle attività dei componenti, allo stato attuale delle
conoscenze scientifiche, delle modalità con cui ne viene suggerito l’uso, delle intenzioni
con cui il prodotto è stato formulato e ne viene richiesta l’autorizzazione al commercio
(intended use), del fatto che gli ingredienti siano di uso comune per il consumatore e che
non gli comportino rischi.
2.2 Il modello dell’omeostasi
Di fronte al problema di identificare quale sia il punto in cui una pianta medicinale non ha
più solamente un’azione di promozione della salute ma diventi un vero e proprio farmaco il
Consiglio di Europa fa riferimento al “modello dell’omeostasi”.
Secondo il CE si può definire omeostasi: “la condizione di un soggetto in cui i parametri
fisiologici dell’organismo rientrano nei limiti considerati normali.”
Una condizione di questo tipo è più teorica che reale. L’omeostasi è una condizione di
“ideale costanza” delle funzioni vitali (temperatura corporea, saturazione O2, pH, ecc.),
perché nella realtà l’organismo o singole parti di esso sono in uno stato di continuo
adattamento agli stimoli dell’ambiente interno ed esterno.
Per rispondere agli eventi prevedibili ed imprevedibili del ciclo vitale l’organismo mette in
moto una complessa rete di mediatori, influenzata anche da particolari condizioni
individuali quali età, genere, stato sociale, infezioni, sovraccarico di lavoro, alimentazione,
stili di vita, riposo, ecc., che nell’insieme contribuisce al mantenimento dell’omeostasi
(McEwen, 2009).
6
Council of Europe. Homeostasis, a model to distinguish between foods (including food
supplements) and medicinal products. Partial Agreement In The Social and Public Health Field.
07.02. 2008.
6
Quando i meccanismi di controllo non riescono a mantenere l’omeostasi si scivola verso
una condizione di malattia (area di intervento dei farmaci).
Gli integratori alimentari hanno il compito, invece, di aiutare il network interno
all’organismo a mantenere lo stato di omeostasi, intervenendo per sostenere, coadiuvare
o ottimizzare uno o più processi fisiologici dell’organismo.
Il modello dell’omeostasi è descritto graficamente nel documento del Consiglio d’Europa
(Fig. 1). Nell’immagine i bordi del riquadro interno rappresentano i limiti di normalità dei
differenti processi fisiologici. All’interno del riquadro lo stato ottimale è rappresentato dal
piccolo cerchio bianco. Gli interventi di promozione della salute (in questo contesto, gli
integratori alimentari) agiscono sui parametri fisiologici per spingerli lontano dai confini e
mantenerli il più possibile all’interno del cerchio bianco. I farmaci agiscono invece sui
parametri che sono al di fuori dei confini allo scopo di riportarli nei limiti normali. La fascia
rossa separa le due aree di intervento. Starà al singolo individuo (auto-consumo), o ai
professionisti della salute, definire in quale delle due condizioni (area omeostatica, area
della patologia) si collocano le funzioni fisiologiche su cui si vuole intervenire. Questo non
sarà sempre facile e scontato dato che per molti dei problemi di salute, in cui si è
tradizionalmente intervenuto con le piante non è semplice tracciare un preciso confine tra
stato di salute e malattia.
Ci sono comunque ampie aree di intervento, sia in età adulta sia in quella pediatrica, in cui
il farmaco propriamente detto non solo non è utile ma può creare problemi. Tra le aree
privilegiate di intervento degli integratori alimentare a base di piante possiamo citare tra le
altre: la difficoltà ad iniziare e mantenere il sonno, il rallentato transito intestinale, i disturbi
dispeptici funzionali, la tosse dovuta alle infezioni delle vie aeree di origine virale, ecc.
Un aspetto da tenere in grande considerazione è quello della sicurezza. I processi
produttivi (dalla coltivazione in campo al prodotto finito) dovrebbero essere tali da garantire
l’accesso al mercato solo a prodotti efficaci e sicuri. Le piante utilizzate per integrare
l’alimentazione dovrebbero avere profili di tossicità minimi e comunque tali da garantire
un’assunzione per tempi prolungati senza particolari rischi per la salute.
Di ciascuna pianta, o estratto, andrebbe tracciato un profilo rischio-beneficio condiviso.
Per questo si può fare riferimento alle Farmacopee nazionali, alle raccolte di Monografie
(WHO8, ESCOP9, Commissione E tedesca10), analizzando quanto già pubblicato (studi in
vitro ed in vivo sull’animale, case report, casi controllo, informazioni sul profilo di tossicità
ricavate dall’uso tradizionale secolare) e utilizzando in maniera equilibrata e senza
pregiudizi gli stessi criteri di valutazione che si usano per i farmaci e le altre sostanze
esogene.
Coppens e colleghi (2006)11 sostengono che in ogni caso i requisiti richiesti in relazione
alla sicurezza ed efficacia degli integratori alimentari non dovrebbero essere più elevati di
quelli per i farmaci vegetali tradizionali.
8 WHO
selected monographs on medicinal plants. World Health Organization, 1999 (vol. I), 2002
(vol. II)
9
European Scientific Cooperative on Phytotherapy (ESCOP) Monographs. The scientific
foundation for herbal medicinal products. New York (NY): Thieme Medical Publishers, 2003
(edizione italiana Planta Medica, 2006).
10 German Commission E. Monographs. 1990
11 Coppens P. Delmulle L. Gulati O. Richardson D. Ruthsatz M. Siefers H. Sidani S. (2006) Use of
botanicals in food supplements. Regulatory scope, Scientific Risk assessment and Claim
substantiation. Ann Nutr Metab 2006;50:538-554.
7
Un aspetto fondamentale è rappresentato dalla necessità di adeguare le metodologie di
ricerca farmacologiche e cliniche con cui viene studiata l’efficacia delle piante.
Queste, infatti, esercitano un effetto composito sulle funzioni dell’organismo determinato
dalle sinergie delle varie sostanze che compongono il fitocomplesso. Le piante ammesse
come ingredienti negli integratori alimentari, ai dosaggi utilizzati, non causano, in genere,
variazioni funzionali di rilevo.
Se si studia separatamente l’azione dei vari principi attivi su ogni singolo recettore, e si
scompone in maniera artefatta l’armonia di effetti sinergici caratteristica dei vari
fitocomplessi, non si riesce a cogliere l’impatto benefico complessivo della pianta
sull’organismo. Dal punto di vista clinico si dovrebbero ricercare modalità adeguate a
misurare effetti che debbono tradursi in variazioni delle funzioni dell’organismo all’interno
dei parametri fisiologici.
Figura 1. Rappresentazione grafica del modello dell’omeostasi.
BOX 1. Definizioni di farmaco vegetale e farmaco vegetale tradizionale.
farmaco vegetale: qualunque farmaco che contenga come principi attivi una o più
sostanze vegetali o uno o più preparati vegetali, oppure una o più sostanze vegetali in
associazione ad uno o più preparati vegetali.
farmaco vegetale tradizionale: farmaco vegetale con registrazione fondata sull'impiego
tradizionale, destinato ad essere utilizzato senza l'intervento di un medico a fini
diagnostici, di prescrizione o controllo del trattamento (auto prescrizione), di cui è
trascorso il periodo di impiego tradizionale (il prodotto deve essere stato disponibile nella
Comunità da almeno 30 anni o da almeno 15 anni, se si forniscono le prove dell'impiego
medico di tale prodotto per un periodo di tempo che completa i 30 anni previsti, in una o
più aree specifiche al di fuori della Comunità).
8
3. I PHYTOCHEMICALS: LE SOSTANZE FUNZIONALI DELLE PIANTE, DELLA
FRUTTA E DEI VEGETALI
3.1 I phytochemicals
Il termine phytochemical (il prefisso phyto deriva dal greco e significa pianta) nella
letteratura scientifica viene usato per indicare le sostanze chimiche di origine vegetale che
hanno effetti benefici sulla salute, pur non avendo potere nutritivo. Le piante, i vegetali e la
frutta contengono migliaia di sostanze attive dotate di proprietà benefiche su molti dei
sistemi dell’organismo. Sono prodotti del metabolismo secondario delle piante che hanno
un ruolo fondamentale nella riproduzione e crescita degli organismi vegetali. In questi
svolgono prevalentemente un’azione di difesa nei confronti delle radiazioni ultraviolette,
dei patogeni, dei parassiti, dei predatori e contribuiscono alla pigmentazione della pianta e
delle sue varie parti. Le droghe vegetali (parti della pianta ricche dei principi attivi: foglie,
radici, corteccia, fiori, ecc.) contengono una grande varietà di phytochemicals quali
flavonoidi, terpenoidi, lignani, saponine, carotenoidi, steroli, cumarine, curcumine,
antrachinoni, ecc.). È grazie alla loro ricchezza in phytochemicals che le piante hanno
contribuito a mantenere e a migliorare la salute dell’uomo, aggiunte ai cibi (timo, la salvia,
il rosmarino, paprika, ecc.), assunte come tisane (valeriana per favorire il sonno, senna
per migliorare il transito intestinale, melissa per ridurre l’ansia, ecc.) o come veri e propri
farmaci (digitale per il cuore, oppio come sonnifero ecc.). Johns e il suo gruppo (1990, op
cit), tra i primi, hanno ipotizzato il ruolo importante svolto dai phytochemicals nel favorire il
benessere dell’organismo umano, contribuendo a dare impulso alla ricerca su questo
gruppo di sostanze.
Esse sono caratteristiche del regno vegetale e l’organismo non è in grado di sintetizzarle,
hanno azioni complementari e spesso sinergiche e se assunte a livelli significativi
favoriscono il mantenimento dell’omeostasi di molte funzioni dell’organismo.
Sono dotate di un’intensa azione antiossidante ed antiproliferativa legata più all’azione
sinergica dei vari phytochemicals che non all’effetto di una singola sostanza. Nell’insieme
questi effetti concorrono a limitare i fenomeni degenerativi cellulari alla base di molte
patologie croniche e lo sviluppo dei tumori.
Naturalmente, la vasta gamma di phytochemicals rende impossibile una trattazione
esaustiva dell’argomento, cosa che peraltro non rientra negli scopi di questo testo. Anche
ai fini di sintesi verranno citati, a titolo esemplificativo delle potenzialità salutistiche del
mondo vegetale, solo alcuni phytochemicals o piante.
3.2 Attività biologiche e funzionali dei phytochemicals delle piante
La ricerca farmacologica sperimentale ha permesso di identificare molti dei meccanismi
con cui i phyotochemicals delle piante intervengono nella modulazione di numerose
funzioni dell’organismo. Per esigenze di brevità si parlerà solo di alcune piante, anche a
titolo di esempio della complessità delle loro azioni e del livello di approfondimento degli
studi che le riguardano.
L’estratto di valeriana (Valeriana officinalis), pianta dotata di azione favorente un sonno
fisiologico e gli acidi valerenici (suoi composti principali), agirebbero sul sistema del GABA
(acido γ-aminobutirrico) ma anche su alcuni siti recettoriali della serotonina, adenosina e
9
melatonina (mediatori implicati in vari modi sulla modulazione del sonno)12. L’effetto della
valeriana è legato, molto probabilmente ad un’azione sinergica complessa dei suoi vari
phytochemicals, e non a quella di uno solo dei suoi componenti; si esplica su numerosi
mediatori determinando un effetto benefico, dimostrato anche da studi clinici, sul sonno,
sull’ansia e sul tono dell’umore.
Altra pianta interessante per la sinergia dei suoi phytochemicals è la senna (Senna
alexandrina Mill.) che contiene Sennosidi A e B (aumentano la propulsione intestinale) e C
e D (aumentano il contenuto di acqua nelle feci). L’azione combinata dei due differenti
componenti comporta una stimolazione dei movimenti di propulsione intestinale che
facilitano il transito di una massa fecale resa comunque più morbida e più facile da far
progredire. Il tutto si traduce, 8-10 ore dopo, in un'unica scarica morbida, senza che
questo comporti i fastidi a livello addominale tipici dei lassativi13.
Una delle piante più usate in tutto il mondo è l’echinacea (Echinacea pallida, purpurea,
angustifolia). La sua azione di modulazione del sistema immunitario è dovuta al
sinergismo di azione di echinacoside e polisaccaridi, componenti principali del suo
fitocomplesso. L’Echinacea modula l’attività di alcune cellule del sistema immunitario
(macrofagi, linfocitici, ecc.) e favorisce la produzione di alcune sostanze (citochine,
interferone, ecc.) che nell’insieme regolano i processi di difesa dell’organismo (Sun,
199914; Bauer, 200215; Burger,199716).
L’iperico (Hypericum perforatum) è noto per la sua azione antidepressiva e antiansia,
l’iperforina, sostanza in grado di inibire la ricaptazione di serotonina, noradrenalina e
dopamina, sembra essere il componente principalmente responsabile delle sua azione.
L’azione complessiva dell’iperico potrebbe risentire dell’influenza di numerosi altri
componenti, quali diversi flavonoidi presenti nel suo fitocomplesso (es. rutina), ipericina e
pseudo-ipericina. (ESCOP, 2003, op cit; Wurglics, 200617).
In un certo numero di studi sperimentali sull’animale, dopo somministrazione di iperico sia
per brevi sia per lunghi periodi, sono state riscontrate sia variazioni, a livello del sistema
nervoso centrale della concentrazione dei neurotrasmettitori (noradrenalina, serotonina e
dopamina), sia modificazioni positive nei test comportamentali tipicamente usati per
studiare l’effetto antidepressivo (Muller, 2003)18.
La Grindelia (Grindelia robusta), pianta con azione complessa mediata dai suoi vari
phytochemicals (composti fenolici, saponine, olio essenziale), interviene in maniera
12
Khom S, Baburin I, Timin E et al. (2007). Valerenic acid potentiates and inhibits
GABA(A) receptors: molecular mechanism and subunit specificity. Neuropharmacology, 2007;
53(1): 178–87.
13
Delmulle L, Demeyer K (editor). Anthraquinones Containing Plants Reconsidered. 2008.
Standaard Uitgeverij.
14
Sun LZ, Currier NL, Miller SC. 1999. The American coneflower: a prophylactic role involving
nonspecific immunity. J Altern Complement Med. 5(5):437-46
15
New knowledge regarding the effect and effectiveness of Echinacea purpurea extracts, Bauer R.
Wien Med Wochenschr. 2002;152(15-16):407-11
16
Burger RA, Torres AR, Warren RP, Caldwell VD, Hughes BG. 1997. Echinacea-induced
cytokine production by human macrophages, , Int J Immunopharmacol. 1997 Jul;19(7):371-9.
17
Wurglics M, Schubert-Zsilavecz M. (2006). Hypericum perforatum: a 'modern' herbal
antidepressant: pharmacokinetics of active ingredients. Clin Pharmacokinet. 2006;45(5):449-68.
18
Müller WE. (2003). Current St John's wort research from mode of action to clinical efficacy.
Pharmacol Res. 2003 Feb;47(2):101-9.
10
parafisiologica, sulla tosse che accompagna le infezioni virali delle vie respiratorie,
fenomeno su cui nessun farmaco di sintesi sembra poter essere realmente efficace.
La grindelia favorisce anche la produzione di muco più fluido, l’espettorazione e un effetto
protettivo sull’epitelio delle prime vie aeree, grazie rispettivamente alle saponine ed alle
resine.
Il biancospino (Crataegus monogyna) è ricco di flavonoli e di proantocianidine
oligomeriche. La particolare combinazione dei principi attivi conferisce al biancospino una
spiccata selettività per l’apparato cardiovascolare e ne fa la pianta maggiormente indicata
in tutte quelle condizioni che, pur non configurandosi come patologiche, presentano già
una moderata riduzione dell’efficienza cardiaca. Il biancospino migliora la contrattilità del
miocardio ed ha anche un effetto antiaritmico e blandamente ipotensivo (ESCOP, 2003,
op cit).. Dopo la somministrazione di estratto di biancospino, in numerose sperimentazioni
è stato dimostrato un aumento del flusso delle arterie coronariche, con un conseguente
migliore apporto di sangue ai tessuti cardiaci.
Parecchi dei phytocemicals sinora citati appartengono alla vastissima famiglia dei
polifenoli, sostanze dalle numerose azioni biologiche che nell’insieme concorrono a
promuovere una migliore condizione di salute: oltre a svolgere un’azione antiossidante
generale, alcuni di essi proteggono il colesterolo LDL dall’ossidazione, inibiscono
l’aggregazione delle piastrine, hanno proprietà antiinfiammatorie e addirittura antitumorali.
I composti polifenolici sono pressoché ubiquitari in natura: sono presenti in quantità
significative in molte delle piante medicinali usate (es. camomilla, gingko, tè verde,
liquirizia, passiflora, biancospino, elicriso, cardo mariano, timo, salvia e molte altre ancora
(Craig, 1999)19), ma anche nella frutta, nella verdura e in altri alimenti comuni.
3.3 Attività biologiche dei phytochemicals della frutta e dei vegetali
3.3.1 Polifenoli
Come già anticipato, i polifenoli, e i flavonoidi in particolare, sono i più abbondanti tra i
phytochemicals ad azione antiossidante assunti con la dieta. Frutta e bevande (succo di
frutta, vino, caffé, tè, cioccolata e birra) ne costituiscono la fonte principale; vegetali,
legumi e cereali contribuiscono in quantità minore (Scalbert, 2000)20. Va sottolineato che
tali sostanze, inclusi i loro metaboliti, sono eliminati rapidamente dal plasma; pertanto, per
mantenere alte concentrazioni plasmatiche, la loro assunzione con la dieta deve avere
una frequenza giornaliera.
Halliwell e colleghi (2005)21 ipotizzano che gli effetti benefici di queste sostanze comincino
addirittura nell’apparato gastrointestinale, grazie alla limitazione del danno causato dai
radicali liberi, e/o alla stimolazione di enzimi che aiutano a eliminare tossine. Queste azioni
spiegherebbero anche perché i cibi ricchi in flavonoidi sembrano svolgere una azione
protettiva nei confronti dei tumori gastrici e del colon.
19
Craig WJ. (1999). Health-promoting properties of common herbs. Am J Clin Nutr. 1999 Sep;70(3
Suppl):491S-499S.
20
Scalbert A, Williamsom G. Dietary Intake and Bioavailability of Polyphenols. J Nutr. 2000
Aug;130(8S Suppl):2073S-85S. Review.
21
Halliwell B, Rafter J, Jenner A. (2005). Health promotion by flavonoids, tocopherols, tocotrienols,
and other phenols: direct or indirect effects? Antioxidant or not? Am J Clin Nutr. 2005 Jan;81(1
Suppl):268S-276S.
11
Gli studi di Hertog (1995)22 e Keli (1996)23 hanno dimostrato che l’apporto di flavonoidi con
frutta, vegetali e tè in soggetti anziani aveva un effetto protettivo nei confronti dell’ictus e
della mortalità per malattia cardiaca in un periodo di 5 anni. I soggetti che consumavano la
maggiore quantità di flavonoidi avevano una mortalità per malattia cardiaca ridotta del
60% e un rischio per ictus inferiore del 70% rispetto ai soggetti che consumavano bassi
livelli di flavonoidi (Hertog, 1993)24.
Una delle classi più interessanti di flavonoidi è costituita dai flavanoli, tra cui le catechine,
molto abbondanti nel tè; la più importante è la epigallocatechin-3-gallato (EGCG). Un litro
di infuso di tè verde contiene 1g/l di catechine, il tè nero ne contiene solo la metà perché
queste sostanze si ossidano durante i processi di fermentazione. Il consumo per lungo
tempo di tè verde sembra essere correlato a una migliore tolleranza di una dieta ad alto
tenore di grassi, riducendo il rischio di obesità e diabete di tipo II. Le catechine del tè
verde sembra possano migliorare, inoltre, la funzione dell’endotelio dei vasi sanguigni,
ridurre l’attività delle piastrine e modulare la pressione arteriosa. Altre fonti comuni di
flavanoli sono, il cacao, le mele, l’uva ed il vino rosso.
Il vino rosso, se assunto in limitate quantità, riduce il rischio di eventi cardiovascolari.
Responsabili dell’azione benefica sono diversi polifenoli ad azione antiossidante: flavanoli
(es. catechine, epicatechine), flavonoli (es. quercetina), proantocianidine oligomeriche e
resveratrolo, presenti soprattutto nella buccia degli acini d’uva. In particolare, il
resveratrolo avrebbe la proprietà di elevare i livelli di HDL, di aumentare il potenziale
antiossidante del plasma, di indurre vasodilatazione, di inibire l’aggregazione piastrinica e
l’adesione dei leucociti; sembra possedere anche interessanti attività antitumorali essendo
in grado di inibire la proliferazione di numerosi tipi di cellule tumorali (cancro della prostata,
dell’ovaio, stomaco, colon pancreas, ecc.). Negli studi in vivo sugli animali blocca il
processo di carcinogenesi a vari livelli, sopprimendo sia l’emergenza di nuovi tumori sia la
progressione e la crescita di quelli già sviluppati (Stewart, 2003)25, (Aggarwal, 204)26.
Altri costituenti interessanti sono le antocianine (glicosidi delle antocianidine), flavonoidi
responsabili della colorazione rosso-blu di frutti e foglie. Particolarmente abbondanti nel
mirtillo nero (Vaccinium myrtillus), le loro proprietà salutistiche, soprattutto in ambito
flebologico e oftalmologico, sono note da tempo. Alcuni studi dimostrano che le
antocianine hanno una attività potenziata se vengono assunte in combinazione tra loro più
che come singolo composto.
Hertog MGL, Kromhout D, Aravanis C, et al. (1995). Flavonoid intake and long-term risk of
coronary heart disease and cancer in the Seven Countries Country. Arch Intern Med
1995;155:381–6.
23 Keli SO, Hertog MG, Feskins EJ, Kromhout D. (1996). Dietary flavonoids, antioxidant vitamins,
and incidence of stroke: the Zutphen study. Arch Intern Med. 1996 Mar 25;156(6):637-42.
24 Hertog MG, Feskens EJ, Hollman PC, Katan MB, Kromhout D. (1993). Dietary antioxidant
flavonoids and risk of coronary heart disease: the Zutphen Elderly Study. Lancet. 1993 Oct
23;342(8878):1007-11.
25
Stewart JR, Artime MC, O'Brian CA. (2003). Resveratrol: a candidate nutritional substance for
prostate cancer prevention. J Nutr. 2003 Jul;133(7 Suppl):2440S-2443S.
26
Aggarwal BB, Bhardwaj A, Aggarwal RS, Seeram NP, Shishodia S, Takada Y. (2004)
Role of resveratrol in prevention and therapy of cancer: preclinical and clinical studies. Anticancer
Res. 2004 Sep-Oct;24(5A):2783-840.
22
12
3.3.2 Carotenoidi
Un’altra importante famiglia di phytochemicals, abbondanti in frutta e verdura, è quella dei
carotenoidi. Chimicamente si suddividono in caroteni (composti idrocarburici, come il
licopene) e xantofille (derivati ossigenati, come la luteina) e svolgono un’importante
funzione preventiva nei confronti del danno ossidativo.
Il licopene, il principale carotenoide contenuto nel pomodoro, è dotato di una intensa
azione antiossidativa e protegge i linfociti ematici dal danno da radicali liberi27.
Studi epidemiologici e clinici fanno ipotizzare che il consumo regolare di licopene ed un
suo livello elevato nel sangue si associano ad un rischio ridotto di sviluppare tumore
prostatico. È dimostrata anche con studi sperimentali la sua capacità di inibire la crescita
di cellule tumorali da cancro della prostata e di rallentare la progressione dei tumori
prostatici. Secondo un recente studio clinico28 il licopene assunto per 6 mesi alla dose di
15 mg al giorno, avrebbe rallentato l’evoluzione dell’iperplasia prostatica benigna (in
soggetti anziani senza segni istologici di cancro), una malattia comune negli uomini
anziani ed un fattore di rischio per lo sviluppo del cancro della prostata in età più
avanzata. Dati positivi sull’efficacia del licopene nel rallentare la progressione dei tumori
prostatici emergono anche da un recente trial clinico29. Uno studio epidemiologico
canadese30 ipotizza un’azione protettiva del licopene (apportato con la dieta) anche nei
confronti del cancro del pancreas.
La luteina è una xantofilla particolarmente abbondante in verdure come i cavoli, gli spinaci,
i broccoli, i peperoni e la zucca.
La luteina e il suo isomero strutturale zeaxantina sono gli unici carotenoidi presenti in
elevate quantità a livello della macula densa della retina, nei confronti della quale
svolgono un’importante azione protettiva: posizionati per lo più anteriormente ai
fotorecettori fungono da filtro per la luce blu, particolarmente dannosa per la retina.
4. STUDI CLINICI A CONFERMA DELLE ATTIVITÀ BIOLOGICHE DELLE PIANTE
La letteratura scientifica più autorevole, oltre alle sofisticate ricerche farmacologiche in
vitro ed in vivo citate in precedenza e ad abbondanti studi osservazionali, offre anche
numerosi studi clinici di crescente qualità metodologica. Questi studi concorrono a
confermare e consolidare le conoscenze, raccolte con innumerevoli osservazioni
empiriche, sulla efficacia e sicurezza di molte piante note e usate dall’uomo da millenni.
Di seguito, una sintetica descrizione di alcune delle pubblicazioni più interessanti su piante
molto note e diffusamente utilizzate in tutto il mondo.
27
Porrini M, Riso P. (2000). Lymphocyte lycopene concentration and DNA protection from
oxidative damage is increased in women after a short period of tomato consumption. J Nutr. 2000
Feb;130(2):189-92.
28
Schwarz S, Obermüller-Jevic UC, Hellmis E, Koch W, Jacobi G, Biesalski HK. (2008).
Lycopene inhibits disease progression in patients with benign prostate hyperplasia. J Nutr. 2008
Jan;138(1):49-53.
29
Vaishampayan U, Hussain M, Banerjee M, Seren S, Sarkar FH, Fontana J, Forman JD, Cher
ML, Powell I, Pontes JE, Kucuk O. (2007). Lycopene and soy isoflavones in the treatment of
prostate cancer. Nutr Cancer. 2007;59(1):1-7.
30
Nkondjock A, Ghadirian P, Johnson KC, Krewski D. (2005). Dietary intake of lycopene is
associated with reduced pancreatic cancer risk. J Nutr. 2005 Mar;135(3):592-7.
13
4.1 Echinacea (E.pallida, E. purpurea e E. angustifolia)
L’Echinacea è una delle piante più usate in tutto il mondo e probabilmente anche una delle
più studiate. Schoop e colleghi hanno analizzato cumulativamente i dati di alcuni trial
clinici ed hanno osservato che la probabilità di sviluppare una infezione virale delle alte vie
respiratorie (il così detto common cold) si è rivelata del 55% più elevata nel gruppo
placebo rispetto al gruppo trattato con Echinacea.31. Shah e coll. (2007)32 hanno
pubblicato su Lancet Infectious Diseases una metanalisi di trials clinici che valutavano
l’efficacia dell’echinacea sull’incidenza e sulla durata dei sintomi di common cold. L’analisi
dei dati di 14 studi di buona qualità metodologica, ha evidenziato che l’Echinacea ha
ridotto del 58% il rischio di sviluppare un common cold e di 1.4 giorni la durata dei sintomi.
L’efficacia dell’echinacea, in combinazione con la propoli, nel trattamento acuto e nella
prevenzione delle infezioni delle prime vie aeree, è stata confermata, anche in età
pediatrica, da un trial clinico in doppio cieco, controllato con placebo33. Nei 160 bambini in
trattamento rispetto ai 168 in placebo, si è osservata una riduzione altamente significativa
del numero di bambini che avevano avuto almeno un episodio di malattia, numero medio
di episodi di infezione per bambino, di giorni di malattia per bambino, di durata degli
episodi individuali. Dalla valutazione complessiva della letteratura emerge, pertanto, un
quadro molto positivo sull’efficacia dell’echinacea nella prevenzione delle infezioni delle
alte vie aeree e nella riduzione della durata degli episodi. La pianta sembra essere anche
molto sicura, non c’è stata evidenza di alcun danno nell’animale per dosaggi eccezionali
(8000 mg/kg) per molte settimane (Mengs, 1991)34. Questo è confermato anche da uno
studio prospettico di sorveglianza attiva (Jeschke, 2009)35, condotto in Germania, nel
quale non sono stati registrati eventi avversi seri in 18.830 pazienti a cui erano stati
prescritti 42.378 prodotti, contenenti Echinacea (Echinacea spp.) ed altre Asteraceae
(camomilla, calendula, arnica).
4. 2 Iperico (Hypericum perforatum)
L’ESCOP (the EUROPEAN SCIENTIFIC COOPERATIVE ON PHYTOTHERAPY) ne
suggerisce l’uso negli stati depressivi di lieve e media entità.
L’efficacia e la sicurezza dell’iperico sulla modulazione dell’umore e sugli stati depressivi di
lieve entità sono state confermate da numerosissimi trial clinici. Citiamo per tutti la recente
revisione Cochrane (la più autorevole banca dati di revisioni sistematiche della letteratura
medica scientifica) che, sulla base delle evidenze rintracciabili in letteratura, sostiene che
31
Schoop R, Klein P, Suter A, Johnston SL. (2006). Echinacea in the prevention of induced
rhinovirus colds: a meta-analysis. Clin Ther. 2006 Feb;28(2):174-83.
32
Shah SA, Sander S, White CM, Rinaldi M, Coleman CI. (2007). Evaluation of echinacea for the
prevention and treatment of the common cold: a meta-analysis. Lancet Infect Dis. 2007
Jul;7(7):473-80.
33
Cohen HA et al, Effectiveness of an herbal preparation containing echinacea, propolis, and
vitamin C in preventing respiratory tract infections in children: A randomised, double-blind,
placebo-controlled, multicenter study. Arch Pediatr Adolesc Med. 2004; 158:217-22.
34
Mengs U, Clare CB, Poiley JA. 1991. Toxicity of Echinacea purpurea. Acute, subacute and
genotoxicity studies. Arzneimittelforschung. 41(10):1076-81.
35
Jeschke E, Ostermann T, Lüke C, Tabali M, Kröz M, Bockelbrink A, Witt CM, Willich SN,
Matthes. (2009). Herbal Remedies containing Asteraceae extracts: a prospective observational
study of prescribing patterns and adverse drug reactions in German primary care. Drug Saf.
2009;32(8):691-706.
14
l’iperico è più efficace del placebo nei pazienti con depressione ed ha effetti simili a quelli
degli antidepressivi di sintesi pur avendo minori effetti collaterali36.
Le conclusioni sulla sicurezza d’uso di questa pianta non si basano solo sui pur numerosi
studi clinici ma anche su studi di sorveglianza post-marketing e sui dati dei sistemi di
farmacovigilanza che riguardano molti milioni di giornate di assunzione di prodotti
contenenti iperico (Muller, 2003)37. Si pensi che tra il 1991 ed il 1999, in Germania, a
fronte di oltre 8 milioni di soggetti che hanno assunto prodotti a base di iperico, il sistema
di rilevazione degli eventi avversi ha ricevuto solo 95 segnalazioni riguardanti questa
pianta medicinale (Blumenthal, 2003)38. È importante tenere in considerazione comunque
la possibilità che l’iperico interagisca con alcuni farmaci di sintesi. Secondo un recente
studio (Canning, 2010) sembrerebbe anche che l’iperico, assunto quotidianamente, possa
essere più efficace del placebo nell’alleviare i più comuni sintomi fisici e comportamentali
associati alla sindrome premestruale39.
4.3 Cranberry, mirtillo rosso americano (Vaccinium macrocarpum Aiton)
Numerosi studi sperimentali e clinici hanno confermato le proprietà antisettiche sulle vie
urinarie del cranberry. L’effetto sarebbe legato alla inibizione dell’adesione dell’Escherichia
coli fimbriato di tipo 1 alle cellule dell’epitelio urinario. Il mirtillo rosso è ricco di composti
fenolici (proantocianidine di tipo A) che proteggono le cellule nei confronti del danno
ossidativo da radicali liberi. Alla luce dei numerosi studi clinici pubblicati è possibile
affermare che il mirtillo rosso è efficace per la prevenzione delle infezioni batteriche delle
vie urinarie nelle donne che presentano infezioni ricorrenti. La revisione Cochrane di
Jepson del 200840, pur auspicando ulteriori studi eseguiti con un buon rigore
metodologico, conferma che ci sono evidenze che il succo di cranberry può ridurre il
numero di infezioni sintomatiche delle vie urinarie in un periodo di 12 mesi.
4.4 Valeriana (Valeriana officinalis)
Dal 1977 numerosi studi clinici hanno valutato l’attività della valeriana sul sonno (Poyares,
2002), dai loro dati risulterebbe che la valeriana sia in grado di migliorare i parametri di
misurazione soggettiva della qualità del sonno e del tempo di addormentamento se usata
per periodi di 4-8 settimane. I soggetti che lamentano un sonno di scarsa qualità e che
dormono meno sembrano giovarsi di più dell’assunzione di valeriana. I migliori effetti
sembrano ottenersi con l’uso prolungato, infatti l’effetto migliora progressivamente con il
tempo (Ulbricht, 2005)41. Sia le revisioni sia i trial clinici concordano nell’affermare la
36
Linde K, Berner MM, Kriston L. St John's wort for major depression. Cochrane Database of
Systematic Reviews 2008, Issue 4. Art. No.: CD000448. DOI: 10.1002/14651858.CD000448.pub3.
37
Müller WE. (2003). Current St John's wort research from mode of action to clinical efficacy.
Pharmacol Res. 2003 Feb;47(2):101-9.
38
Blumenthal M. (2003). The ABC Clinical Guide To Herbs. American Botanical Council. Austin,
Texas. Pag. 326.
39
Canning S, Waterman M, Orsi N, Ayres J, Simpson N, Dye L. (2010). The efficacy of Hypericum
perforatum (St John's wort) for the treatment of premenstrual syndrome: a randomized, doubleblind, placebo-controlled trial. CNS Drugs. 2010 Mar 1;24(3):207-25.
40
Jepson RG, Craig JC. Cranberries for preventing urinary tract infections. (2008). Cochrane
Database of Systematic Reviews 2008, Issue 1. Art. No.: CD001321. DOI:
10.1002/14651858.CD001321.pub4. This version first published online: October 26. 1998.
41 Ulbricht CE, Basch EM. NATURAL STANDARD. Herb & Supplement Reference. EvidenceBased Clinical Reviews. Elsevier Mosby. 2005.
15
sicurezza d’uso della valeriana in considerazione degli scarsi effetti collaterali rilevati
nell’uso sull’uomo e della plurimillenaria esperienza di uso di questa pianta medicinale
(Upton, 2001)42.
Due recenti revisioni (Bent, 200643; Taibi 200744) prendono in visione una buona parte dei
trial clinici condotti sino al 2007 e confermano che la valeriana ha un effetto benefico sulla
qualità soggettiva del sonno (ci si sente soggettivamente più risposati, si dorme più tempo,
si è meno stanchi e confusi al mattino, ecc.) e non determina effetti collaterali di rilievo,
anche se auspicano ulteriori studi di migliore qualità metodologica per giungere a
conclusioni certe sulle attività complessive di questa pianta.
42
Upton R. (2001) Valeriana officinalis. J Altern Complement Med. 2001 Feb;7(1):15-7.
Bent S, Padula A, Moore D, Patterson M, Mehling W. 2006. Valerian for sleep: a systematic
review and meta-analysis. The American Journal of Medicine; 119(12), 1005-1012.
44
Taibi DM, Landis CA, Petry H, Vitiello MV. (2007). A systematic review of valerian as a sleep aid:
safe but not effective. Sleep Med Rev. 2007 Jun;11(3):209-30. Review.
43
16
5. PROMOZIONE DELLA SALUTE: RUOLO DEGLI INTEGRATORI ALIMENTARI A
BASE DI PIANTE
Nella società odierna vi è l’ambizione a mantenere uno stato di salute ottimale e un livello
qualitativo di vita elevato, allo scopo di ottenere una migliore percezione generale di
benessere e di aumentare, magari, le proprie aspettative di sopravvivenza (cosa che viene
giustamente evidenziata anche nel già citato documento del Consiglio d’Europa).
È ormai certo che gli eventi stressanti che si verificano nel contesto sociale, professionale
e familiare di un essere umano e le aggressioni da parte di sostanze esogene nocive di
varia natura contenute nei cibi, nell’aria, nell’acqua che beviamo, e negli stessi farmaci che
assumiamo per curarci dalle malattie, mettono alla prova continuamente l’equilibrio
fisiologico dell’organismo.
I mediatori dello stress (adrenalina, noradrenalina, cortisolo, ecc.), ed i prodotti dei
processi ossidativi (radicali liberi) che si producono in conseguenza delle situazioni sopra
descritte, espongono l’organismo ad un aumentato rischio di malattie degenerative.
Stili di vita ed alimentari corretti ed un esercizio fisico regolare, oltre che l’astensione da
sostanze di abuso (fumo, alcool, ecc.) potrebbero forse essere sufficienti a controllare
questo rischio. Ma non è certo facile mantenere costantemente stili di vita e alimentari e
livelli di esercizio fisico adeguati, e nemmeno è facile conciliare queste abitudini virtuose
con la vita frenetica che gran parte delle persone conducono nei paesi più sviluppati
industrialmente.
In questi luoghi non si è, tra l’altro, nemmeno così certi che l’alimentazione sia in grado di
garantire una quantità e qualità adeguate di sostanze funzionali (phytochemicals), visto
che nel tempo sono state selezionate e coltivate ad uso alimentare varietà con contenuti
ridotti ed i processi di stoccaggio e conservazione ne distruggono gran parte.
Dato che i nostri antenati integravano abitualmente e abbondantemente la loro dieta con
piante medicinali sotto forma di tisane o bevande di altra natura, condimenti, o ingredienti
dei cibi, allo scopo di mantenersi in buona salute, si potrebbe concordare con Johns (1990,
op cit) che il loro ridotto livello nella dieta moderna potrebbe configurarsi in situazioni di
vera e propria “carenza”. In questo senso integrare l’alimentazione con estratti di piante
potrebbe essere considerata l’estensione moderna dell’uso tradizionale e millenario delle
piante in ambito alimentare, che permette l’assunzione degli estratti vegetali in forme più
sicure e più consone alle modalità di alimentarsi dell’uomo moderno.
La tradizione, numerosi studi di popolazione e trial clinici e studi in vitro ed in vivo
confermano, almeno per un certo numero di piante, che questa pratica comporta un reale
e misurabile giovamento. Per molte altre piante ci si deve ancora accontentare delle
conoscenze tradizionali millenarie.
5.1 Quando usare gli integratori alimentari a base di piante
Occorre tenere in considerazione innanzitutto che alcuni fitocomplessi utili a supportare
l’organismo non sono contenuti negli alimenti che attualmente consumiamo e altri non
vengono apportati a sufficienza nemmeno con una dieta equilibrata (ne sono rimaste
quantità insufficienti nei cibi, non si è capaci di modificare abitudini alimentari scorrette, le
17
richieste dell’organismo sono aumentate, le quantità da assumere sono troppo
abbondanti). Ci sono pertanto delle condizioni in cui può essere indicato un intervento di
integrazione alimentare con phytochemicals:
a) quando un soggetto presenta un’alterazione del suo stato complessivo di salute che
non si configura in una vera e propria patologia ma che gli determina uno stato di
malessere (omeostasi alterata: sonno disturbato che non rientra nei canoni della
diagnosi medica di vera e propria insonnia, disturbo del transito intestinale che non
può essere classificato come stipsi funzionale, spasmi intestinali, stati dispeptici
lievi, ecc.), ed esistono piante medicinali sicure ed efficaci per il problema.
b) quando si voglia aiutare l’organismo a sopportare meglio situazioni che potrebbero
comportare aumentato rischio di malattie degenerative.
In entrambi i casi (intervento salutistico in area omeostatica o riduzione dell’azione di un
fattore di rischio), prima di decidere per una integrazione della dieta, in autoconsumo o su
consiglio di un medico o di un operatore sanitario, è sempre corretto valutare se sia
necessario prima modificare gli stili alimentari, di vita ed i livelli di esercizio fisico.
Per esempio, volendo aiutare un soggetto che non dorme bene, (il cui disturbo è ancora
inquadrabile all’interno della così detta “area omeostatica” ed in cui il ricorso alle
benzodiazepine potrebbe essere non solo inutile ma anche dannoso), si può certamente
ricorrere alla valeriana. Se il soggetto però ha un sonno irregolare per cattive abitudini
inveterate, contemporaneamente all’assunzione della valeriana dovrà assolutamente
impegnarsi per tentare di acquisire delle buone “regole” del sonno.
18
6. CONCLUSIONI
Le piante usate come componente degli integratori alimentari sono moltissime. Per quelle
di più lunga tradizione esiste una vasta e autorevole letteratura che raccoglie sia le
conoscenze derivanti dall’uso tradizionale sia quelle degli studi farmacologici e clinici.
Secondo Cravotto e colleghi (2009)45, che hanno analizzato la letteratura riguardante circa
1 migliaio di piante, 156 di queste avrebbero studi clinici che ne supportano specifiche
attività farmacologiche e applicazioni cliniche e 500 avrebbero studi in vitro ed in vivo che
ne supportano un possibile impiego a scopo terapeutico.
Ovviamente prima di assumere, prescrivere o consigliare un integratore alimentare con
piante è necessario valutare se il ruolo funzionale di quel fitocomplesso di pianta
sull’organismo è supportato da una valida letteratura scientifica (Farmacopee europea,
Monografie ESCOP, OMS e della Commissione E tedesca, studi farmacologici, trial clinici,
dati epidemiologici, ecc.). Va valutata accuratamente anche la qualità del prodotto che si
decide di utilizzare, privilegiando i prodotti che riportano in etichetta i contenuti esatti in
principi attivi, le posologie e precise modalità di assunzione.
Una persona che decida di assumere un integratore alimentare dovrebbe farsi supportare
da un professionista della salute se sta già assumendo altri farmaci, se è affetto da una
malattia cronica e/o è in trattamento polifarmacologico.
Occorre infine ricordare che l’integrazione alimentare rappresenta oggi più che mai un
valido aiuto per coadiuvare uno stato di benessere dell’organismo ma non può da sola
sopperire a carenze legate a una dieta e uno stile di vita non corretti: è pertanto
fondamentale curare una sana alimentazione, variata, ricca in frutta e vegetali e
mantenere regolarmente nel tempo uno stile di vita adeguato.
45
Cravotto G, Boffa L, Genzini L, Garella D. (2020).Phytotherapeutics: an evaluation of the
potential of 1000 plants. J Clin Pharm Ther. 2010 Feb;35(1):11-48.
19