I climi della Terra - L`angolo della Prof

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Test e mappe interattivi,
file audio mp3, glossario
multimediale su disco e
sul companion website
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Unità
8
I climi
della Terra
I contenuti
Lezione 1 Il clima
Lezione 2 La classificazione dei climi
e i climi italiani
Lezione 3 Le cause dei cambiamenti
climatici
I risultati attesi
Conoscenze
●
●
●
●
●
●
conoscere la molteplicità dei fattori
che influenzano il clima
conoscere i differenti climi secondo
la classificazione di Köppen
conoscere la distribuzione geografica
dei climi prevalenti
conoscere i climi dell’Italia
riconoscere i cambiamenti climatici
distinguere tra cause naturali e antropiche
del riscaldamento globale
Abilità
●
●
●
●
●
saper correlare a ogni fattore l’azione
che questo esercita sul clima
saper correlare a ogni clima
le caratteristiche principali
saper correlare sul planisfero le varie aree
geografiche ai diversi tipi di clima
saper individuare sulla mappa dell’Italia
i climi che vi si trovano
saper correlare il meccanismo
del riscaldamento globale alle relative
cause
© Pearson Italia S.p.A., E.J. Tarbuck F.K. Lutgens - Scienze della Terra - Voi siete qui
Un grande acero in un’antica
foresta nel Parco Nazionale
d’Abruzzo. La distribuzione
della vegetazione naturale
è fortemente influenzata
dal clima.
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UNITÀ 8 I CLIMI DELLA TERRA 137
Lezione
1
Il clima
In questa lezione
Le domande guida
Le parole chiave
■
Che cosa si intende per clima?
■
In che modo la latitudine influenza il clima?
■
■
clima climate
elementi climatici elements of climate
fattori climatici factors affecting climate
fascia tropicale tropical zone
fascia temperata temperate zone
fascia polare polar zone
Quali altri fattori, oltre alla latitudine,
determinano il clima di una regione?
In che modo il clima è legato alla copertura
vegetale di un’area?
Le condizioni dell’atmosfera in un preciso luogo e in un
dato momento sono note come tempo meteorologico.
Il clima, invece, si basa sulle osservazioni del tempo
meteorologico raccolte lungo un periodo di numerosi anni (di solito una trentina) e si riferisce sia a singoli luoghi sia a intere regioni. Per comprendere meglio
la differenza che esiste tra clima e tempo meteorologico, può essere utile considerare il clima come l’insieme delle condizioni meteorologiche medie che si verificano in una località e in un determinato intervallo
di tempo. Il clima non è influenzato solo dall’atmosfera, ma è un sistema complesso nel quale, grazie all’energia solare, si ha un continuo scambio di calore e
umidità tra atmosfera, idrosfera, geosfera, biosfera.
■ I fattori che influenzano il clima
Le variazioni di temperatura e di pressione, i venti,
l’umidità dell’aria e le precipitazioni costituiscono
gli elementi climatici, cioè quelli più importanti nella determinazione di un clima. La temperatura e le
Roma
140
130
120
100
90
40
35
30
25
20
15
10
5
0
80
70
60
50
40
30
20
precipitazioni (mm)
temperatura (°C)
110
10
G F M A M G L A S O N D
0
o Figura 1.1 Climatogramma della città di Roma.
Come sono correlate le precipitazioni e la temperatura?
precipitazioni, in particolare, hanno un grande impatto sulla distribuzione della vegetazione e, di conseguenza, sugli esseri umani e sulle loro attività. È
proprio sulla base di questi due elementi che vengono costruiti i diagrammi climatici, o climatogrammi, grafici che, registrando i valori medi della temperatura e delle precipitazioni, permettono di
visualizzarne l’andamento in un determinato periodo di tempo (figura 1.1).
Gli elementi climatici sono strettamente dipendenti dai fattori climatici. I principali fattori che determinano il clima in una data regione sono: la latitudine, l’altitudine, la topografia, la distribuzione delle
terre e dei mari, la circolazione atmosferica, la copertura vegetale.
Parola per parola
Clima deriva dal greco
klíma, che significa
“inclinazione”, con
riferimento all’inclinazione
dei raggi solari, che varia
spostandosi dall’Equatore
ai poli.
Topografia deriva dal greco
tópos, che significa
“luogo”, e da graphía
“scrittura”: la topografia
è quindi la disciplina
che si occupa della
rappresentazione grafica
della superficie terrestre.
Sapendo che in greco
onomastikós significa
“relativo al nome”, di che
cosa si occupa, secondo
te, la toponomastica?
La latitudine L’intensità della radiazione solare che
raggiunge la superficie terrestre diminuisce all’aumentare della latitudine, ovvero a mano a mano che
ci si allontana dall’Equatore in direzione nord oppure sud. Come si può osservare nella figura 1.2, vicino
ø Figura 1.2 Le fasce
all’Equatore i raggi solari colpiscono la superficie terclimatiche principali
della Terra.
restre in modo quasi perpendicolare e la radiazione solare è particolarmente intensa o, in altre parofascia polare
le, l’energia per unità di superficie è massima.
Si individua, quindi, una fascia tropicale che si estende dal Tropico del
cro
Cancro (23° 27´ N) al Tropico del
an
C
fascia
el
Capricorno (23° 27´ S) e dove, in geod
temperata ropic
nere, il clima è caldo durante tutT
to il corso dell’anno.
Equatore
Nelle fasce temperate, comprese
tra il Tropico del Cancro e 66° 34´
fascia tropicale
N e tra il Tropico del Capricorno
rno
rico
p
a
e 66° 34´ S, i raggi solari arrivano,
el C
co d
Tropi
invece, con un’inclinazione maggiofascia temperata
re. Questa caratteristica, insieme alla
maggiore durata del dì in estate rispetto alfascia polare
raggi
solari
inclinati
raggi
solari
diretti
raggi
solari
inclinati
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138 PARTE C IL PIANETA AZZURRO: ATMOSFERA E IDROSFERA
temperatura
(˚C)
40
precipitazioni
(cm)
temperatura
di Phoenix
33°30' N
30
60
50
20
40
10
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0
!10
!20
!30
temperatura
di Flagstaff
20
35°15' N
precipitazioni
di Flagstaff
precipitazioni
10
di Phoenix
GF MAM GL A S ON D
(mesi)
o Figura 1.3 Dati climatici
per due città a differente
altitudine. Questo grafico
mostra i dati per le città
di Phoenix e Flagstaff
(Arizona, Stati Uniti), che si
trovano rispettivamente
all’altitudine di 338 m
e di 2134 m.
Quale delle due città
presenta un clima più
rigido? Sapresti spiegare
perché?
ø Figura 1.4 Vegetazione
a confronto. A I cactus
sono un tipo di vegetazione
comune nel clima arido
e caldo di Phoenix, in
Arizona. B La vegetazione
di alta montagna,
nei pressi di Flagstaff,
sempre in Arizona,
è assai differente.
A
l’inverno, determina, nelle zone temperate, estati mediamente calde e inverni mediamente freddi.
Spostandosi dal limite delle fasce temperate verso nord, oppure verso sud, fino ai poli, s’incontrano le fasce polari. In queste
regioni l’inclinazione dei raggi solari è così elevata che si registrano basse temperature anche durante l’estate.
Le differenze di riscaldamento terrestre
dovute alla latitudine determinano differenze di pressione che causano a loro volta la formazione di venti, ma anche di nubi e perturbazioni. In sintesi, si può affermare
che siano le differenze di energia su scala
globale a determinare i diversi climi.
L’altitudine Con l’aumentare dell’altitudine, cioè della quota sul livello del mare, la
temperatura dell’aria diminuisce di circa
6,5 °C ogni 1000 m, influenzando notevolmente il clima locale. L’altitudine alla quale si trova
una località influenza anche la quantità delle precipitazioni, come si può osservare dalla figura 1.3, che
mostra i dati di due città poste all’incirca alla stessa
latitudine, ma a quote differenti.
0
La topografia Le caratteristiche topografiche, come per esempio la presenza di una montagna, giocano un ruolo assai importante nel determinare la
quantità di precipitazioni che si verificano in una
località. Come abbiamo già visto, se l’aria umida e
calda risale lungo un pendio, si formano nubi che
possono portare abbondanti precipitazioni. Raggiungendo la cima del monte, l’aria perde la maggior parte dell’umidità e ridiscende dal versante opposto come aria secca, che si può estendere fino a
centinaia di kilometri di distanza.
La distribuzione delle terre e dei mari Le grandi masse d’acqua, come i laghi oppure gli oceani, giocano un ruolo importante nella regolazione della
temperatura delle località. La temperatura dell’acqua influenza, infatti, quella dell’aria sovrastante,
agendo così sul clima. Le località collocate nei pres-
B
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si di grandi masse d’acqua, in genere, presentano
estati più fresche e inverni più miti rispetto a quelle che si trovano nell’entroterra.
La circolazione atmosferica La circolazione atmosferica su scala globale è un altro fattore che gioca un ruolo rilevante nel determinare il clima. I venti spostano grandi masse d’aria, ridistribuendo l’umidità
e il calore in esse contenuti nelle varie aree del pianeta. L’aria calda tende a muoversi dall’Equatore verso i poli e quella fredda nella direzione opposta.
La copertura vegetale Il tipo di vegetazione che
si sviluppa in un’area dipende dal clima, come illustrato nella figura 1.4. Ma è vero anche l’inverso: la vegetazione influenza il clima. Le piante possono, infatti, agire sia sulle precipitazioni, sia sulle temperature
di un’area geografica. La vegetazione influisce sulla
quantità di energia solare assorbita dalla superficie
terrestre e sulla velocità con la quale questa viene
rilasciata. Inoltre, durante un processo chiamato
traspirazione le piante rilasciano nell’atmosfera vapor d’acqua, influenzando l’umidità dell’aria e, di
conseguenza, le precipitazioni. Infine, le piante sono anche responsabili della produzione di alcuni nuclei di condensazione, come per esempio i pollini,
che, trasportati a quote elevate, favoriscono la formazione delle nubi.
Sai rispondere?
1. Qual è la differenza tra tempo meteorologico e clima?
2. Che cosa sono i climatogrammi?
3. Confronta le tre fasce climatiche (tropicale,
temperata e polare) in termini di intensità
delle radiazioni solari ricevute.
4. Perché le aree desertiche si trovano spesso sul
versante sottovento di una catena montuosa, ovvero
quello in cui si hanno venti discendenti, opposto al
versante sopravento dove risale l’aria umida?
Provaci tu!
Il climatogramma della tua città
Raccogli, utilizzando Internet, i dati relativi alle medie mensili, nell’arco di un anno, delle temperature e dei millimetri
di pioggia caduti nella tua città, oppure nel grande centro
urbano più vicino. Costruisci una tabella a tre colonne che
raccolga queste informazioni mese per mese. Utilizzando
matita e righello traccia sulla carta millimetrata il climatogramma della tua città. Indica con un colore la temperatura e con un colore differente le precipitazioni.
■ Qual è il mese più piovoso?
■ Qual è il mese più secco?
■ Quanto vale l’escursione termica annua, cioè la differenza tra la temperatura media del mese più caldo e
quella del mese più freddo?
■ Prova a motivare l’andamento del grafico che hai
tracciato in relazione alla collocazione geografica
della città in cui vivi.
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UNITÀ 8 I CLIMI DELLA TERRA 139
Lezione
2
La classificazione dei climi
e i climi italiani
In questa lezione
Le domande guida
■
■
■
■
Che cos’è la classificazione
di Köppen?
Quali caratteristiche hanno
in comune i climi megatermici?
Quali sono le caratteristiche
dei climi aridi?
Quali differenze esistono
tra i vari climi mesotermici?
Le parole chiave
■
■
■
■
Quali sono le caratteristiche
dei climi microtermici?
Quali sono le caratteristiche
dei climi nivali?
Quali differenze si osservano
tra il clima di montagna e quello
di pianura?
Quali sono i principali climi italiani?
Viaggiando intorno al mondo si può incontrare un’incredibile varietà di climi. La natura molto varia della superficie terrestre e le numerose interazioni che
si verificano nell’atmosfera fanno sì che ogni luogo
del pianeta abbia un clima particolare, addirittura
unico. Nonostante queste differenze specifiche, i
climi possono essere classificati in base a temperatura e precipitazioni, i cui valori sono molto semplici da raccogliere.
Per individuare gruppi di climi accomunati da caratteristiche simili sono stati utilizzati molti sistemi di classificazione; nel seguito della Lezione prenderemo in esame quello più conosciuto, la classificazione
di Köppen.
■ La classificazione di Köppen
Il sistema di classificazione dei climi ideato da Wladimir Köppen (1846-1940), climatologo tedesco nato in Russia, suddivide la Terra in grandi regioni climatiche utilizzando, oltre ai valori di temperatura e
precipitazioni, le associazioni vegetali. Köppen, infatti, individuò nella distribuzione geografica della
vegetazione un ottimo “indicatore” delle caratteristiche climatiche. Nel definire i limiti tra le diverse regioni climatiche lo studioso si riferì quindi in larga
misura alla distribuzione geografica di alcune associazioni vegetali, ovvero a comunità di piante con
le medesime esigenze di temperatura, umidità, insolazione, che perciò vivono negli stessi climi. Egli in
particolare distinse queste associazioni in megaterme, mesoterme, microterme, considerando le condizioni di temperatura in cui si sviluppano.
classificazione di Köppen Köppen
classification
climi tropicali umidi humid tropical climates
climi aridi arid climates
climi temperati caldi humid mid-latitude
climates with mild winters
climi temperati freddi humid mid-latitude
climates with severe winters
climi nivali polar climates
Nel complesso la classificazione di Köppen (Figura
2.1 a pagina seguente) distingue cinque gruppi climatici principali, distribuiti secondo latitudini crescenti (dall’Equatore ai poli). Le principali caratteristiche di ciascuno sono elencate di seguito.
■
■
■
■
■
Climi tropicali umidi (o megatermici umidi):
temperatura media maggiore di 18 °C, assenza di
stagione invernale, abbondanti precipitazioni.
Climi aridi: temperatura media maggiore di 15 °C,
scarse precipitazioni e costante carenza d’acqua.
Climi temperati caldi (o mesotermici): temperatura media del mese più freddo inferiore ai 18 °C,
ma superiore ai –3 °C, medie precipitazioni annue.
Climi temperati freddi (o microtermici): alternanza di inverni secchi e freddi (temperatura media del
mese più freddo inferiore a –3 °C) ed estati piovose con temperatura media del mese più caldo
superiore ai 10 °C.
Climi nivali: assenza della stagione estiva e temperatura media del mese più caldo inferiore a 10 °C.
Ciascun gruppo a sua volta è suddiviso in sottogruppi, con determinati valori di temperatura e precipitazioni.
I climi tropicali umidi I climi tropicali umidi (o
megatermici umidi) sono caratterizzati dall’assenza dell’inverno, poiché presentano una temperatura
costantemente al di sopra dei 18 °C, motivo per cui
sono limitati a quote inferiori ai 1000 m. Se ne distinguono tre tipi differenti.
Parola per parola
Megatermico deriva dal
greco méga, che significa
“grande”, e da thérmos
“calore”: le megaterme
sono associazioni vegetali
che vivono in climi
caratterizzati da
temperature elevate.
Sapendo che theríon in
greco significa “belva”,
sapresti ipotizzare che
cosa sono i megateri?
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Circolo Polare Artico
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Tropico del Cancro
20
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Equatore
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0
Tropico del Capricorno
40
CLIMI TROPICALI UMIDI
40
clima equatoriale
e clima monsonico
60
clima tropicale
con inverno secco
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0
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60
100
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160
CLIMI TEMPERATI CALDI
clima mediterraneo
(o subtropicale
con estate asciutta)
clima subtropicale
umido (o sinico)
80
■
clima temperato
fresco umido
CLIMI TEMPERATI FREDDI
clima temperato
freddo umido
e freddo secco
con estate calda
clima temperato
freddo umido con
estate fresca e breve
CLIMI ARIDI
clima predesertico
clima desertico
CLIMI NIVALI
clima subpolare
(o della tundra)
clima polare
(o del gelo perenne)
CLIMI DI ALTA
MONTAGNA
clima di alta
montagna
o Figura 2.1 I climi
del mondo secondo la
classificazione di Köppen.
■
Il clima equatoriale e il clima monsonico presentano una vegetazione lussureggiante (figura 2.2)
che prende il nome di foresta pluviale tropicale nel
primo caso e di giungla nel secondo. Le piante tipiche sono gli alti alberi sempreverdi e, vicino ai
fiumi, le mangrovie, mentre le specie animali sono spesso arboricole e comprendono insetti, scimmie, numerosi uccelli, rane e grandi serpenti. Le
temperature sono elevate, a causa della scarsa inclinazione dei raggi solari e della durata pressoché costante del dì, mentre le abbondanti precipitazioni sono portate dai venti che spirano sui tropici
innalzando aria calda e umida.
Il clima tropicale con inverno secco (o subequatoriale) ha caratteristiche simili ai precedenti, ma
presenta una maggiore escursione termica annua
e piogge concentrate esclusivamente in una breve stagione umida. L’associazione vegetale di questo clima è la savana (figura 2.3): una prateria con
alberi sparsi che tollerano la siccità, abitata da
grandi erbivori (elefanti, giraffe) e carnivori (leoni, ghepardi, iene).
I climi aridi Il concetto di aridità si riferisce a
qualsiasi situazione di carenza d’acqua ed è, quindi, collegato alla quantità annuale di pioggia, ma
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anche all’evaporazione e alla temperatura. I climi
aridi esistono nelle zone vicino ai tropici, caratterizzate da cieli limpidi, soleggiati e secchi. Nei climi
desertici le precipitazioni annue sono inferiori a
250 mm, mentre in quelli predesertici la disponibilità di acqua è leggermente superiore. In generale
l’aridità non permette lo sviluppo di una copertura vegetale continua e si forma così il deserto di
sabbia o di roccia con rare piante dalle radici profonde e foglie e fusti carnosi. Gli animali sono soprattutto rettili, artropodi e piccoli mammiferi, spesso
con abitudini notturne.
■ I climi desertici e predesertici caldi sono situati a latitudini comprese tra 15° e 35° N e S, in corrispondenza delle fasce di alta pressione subtropicale dove si originano masse d’aria continentale
calde e asciutte. Le temperature sono caratterizzate da forti escursioni giornaliere: di giorno si
possono registrare anche 60 °C e di notte valori
inferiori allo zero.
■ I climi desertici e predesertici freddi sono propri delle medie latitudini, comprese tra i 35° e i
50° N e S. Queste zone subiscono l’influenza di
masse d’aria continentali tropicali (in estate) e
continentali polari (in inverno): è quindi molto
marcata l’escursione termica annuale.
60
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180
40
ncro
0
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Equatore
20
40
160
80
60
o Figura 2.2 La foresta pluviale amazzonica.
Perché la foresta pluviale è associata al clima
equatoriale?
I climi temperati caldi I climi temperati caldi (o
mesotermici) vengono spesso definiti climi subtropicali, ma si possono trovare anche in altre aree come le coste dell’Alaska e della Norvegia. Sono caratterizzati da una temperatura media del mese più
freddo inferiore ai 18 °C, ma superiore ai –3 °C, e
da medie precipitazioni annue.
■ Clima subtropicale umido (o sinico). Si trova nelle fasce comprese circa tra i 25° e i 40° di latitudine
N e S. Durante l’estate le temperature sono piuttosto alte a causa delle masse d’aria tropicali, mentre
gli inverni, in genere, sono miti, anche se è comune la presenza di ghiaccio o neve. La tipica vegetazione associata è la foresta subtropicale umida,
ricca di piante sempreverdi, palme e bambù, mentre tra le specie animali tipiche ci sono i panda, diverse scimmie, cervidi e uccelli galliformi.
■ Clima temperato fresco umido (o oceanico). È caratteristico delle aree costiere comprese circa tra i
40° e i 65° di latitudine N e S, dove le masse d’aria
risentono della presenza del mare, che mitiga sia
il freddo invernale, sia il caldo estivo e genera abbondanti precipitazioni. L’associazione vegetale tipica
è la foresta decidua, popolata da cinghiali, cervi,
tassi, volpi, scoiattoli, gufi, numerosi rettili, anfibi
e insetti. Al crescere della latitudine compare anche la foresta di conifere, con piante gigantesche
come le sequoie, mentre, dove mancano gli alberi,
si sviluppano la prateria e la brughiera.
■ Clima mediterraneo (o subtropicale con estate
asciutta). Questo tipo di clima, che si sviluppa
tra i 30° e i 45° di latitudine N e S, è l’unico ad
avere inverni con abbondanti precipitazioni, dovute alle masse d’aria polare marittima, ed estati con temperature elevate (22-28 °C) a causa delle masse d’aria tropicale marittima. La vegetazione
o Figura 2.3 La savana africana.
tipica è la macchia mediterranea (figura 2.4) costituita da boscaglie rade di alberi bassi e arbusti
sempreverdi, mentre, oltre agli animali già indicati sopra, sono presenti forme adattate all’aridità
come il ramarro e il geco.
I climi temperati freddi Nei climi temperati freddi
(o microtermici) gli inverni sono rigidi (la temperatura media del mese più freddo è inferiore a –3 °C) e
le temperature estive elevate (la media mensile è superiore a 10 °C). Questi climi dipendono dalla presenza di estese aree continentali delle medie latitudini e sono quindi assenti nell’emisfero meridionale,
dove, in questa fascia, prevalgono le aree oceaniche.
■ Clima temperato freddo umido. Interessa le parti centrali e orientali dell’Eurasia e dell’America
settentrionale, tra i 40° e i 50° di latitudine N. La
vegetazione tipica è una rada foresta decidua con
ricco sottobosco e, nelle zone più aride, la steppaprateria formata da piante erbacee e arbusti molto diradati.
■ Clima temperato freddo secco. Si colloca tra i
50° e i 70° di latitudine N, nelle zone d’origine delle masse d’aria polari. Le estati sono piuttosto calde e asciutte, ma brevi, e in inverno la temperatu-
Parola per parola
Mesotermico deriva dal
greco mésos, che significa
“intermedio”:
le mesoterme sono
associazioni vegetali
che vivono in climi
caratterizzati da
temperature non troppo
calde né troppo fredde.
Microtermico deriva dal
greco mikrós, che significa
“piccolissimo”:
le microterme sono
associazioni vegetali
che vivono in climi
caratterizzati da basse
temperature.
ø Figura 2.4 La macchia
mediterranea in
Sardegna.
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142 PARTE C IL PIANETA AZZURRO: ATMOSFERA E IDROSFERA
■
o Figura 2.5 La taiga
siberiana.
Per quale ragione, secondo
te, molti degli animali che
popolano la taiga vanno in
letargo?
ra scende spesso sotto 0 °C. La vegetazione tipica
è la foresta di conifere, detta anche taiga (figura
2.5). Abeti, larici e betulle della taiga rappresentano la più ampia estensione di foresta continua
sulla superficie terrestre. Gli animali caratteristici sono le specie che vanno in letargo d’inverno
(come l’orso bruno, lo scoiattolo, la marmotta),
uccelli migratori (come le oche) e grandi erbivori
(come l’alce e la renna).
I climi nivali I climi nivali sono caratterizzati da
una temperatura media del mese più caldo inferiore
a 10 °C e riguardano aree ad elevate latitudini. Durante i mesi estivi, le temperature restano fresche nonostante le giornate siano lunghe, perché il Sole rimane basso all’orizzonte non riuscendo a produrre
un riscaldamento significativo, mentre in inverno le
notti sono perpetue, o quasi, e le temperature diventano incredibilmente rigide. A queste basse temperature corrisponde anche scarsa evaporazione e quindi una altrettanto limitata quantità di vapor d’acqua
nell’aria, che rende scarse le precipitazioni.
■ Clima subpolare (o della tundra). La tundra è
una fascia priva di alberi che si può osservare quasi esclusivamente nell’emisfero settentrionale, ol-
tre i 50-55° di latitudine N. Vi si trovano licheni,
muschi e rari alberi nani come betulle e salici. La
fauna comprende erbivori tipici, come il caribù
(figura 2.6) e il bue muschiato, predatori, come la
volpe artica, e uccelli come la civetta delle nevi e
la pernice.
Clima polare (o della calotta polare). In questo clima, caratteristico della Groenlandia e dell’Antartide, non si osserva nemmeno un mese all’anno con
temperatura media superiore a 0 °C. Il paesaggio è
quindi perennemente coperto di ghiaccio o neve e
le precipitazioni sono ridottissime. Data la temperatura media la vegetazione non cresce; tuttavia le
regioni polari ospitano foche, orsi bianchi e, esclusivamente nell’emisfero meridionale, pinguini.
Il clima di alta montagna A differenza dei tipi di clima già descritti, che interessano regioni piuttosto
omogenee, i climi d’alta montagna sono caratterizzati da una grande diversità di condizioni climatiche. In
generale, l’effetto più importante che si osserva all’aumentare dell’altitudine è la diminuzione delle temperature, associata a un aumento delle precipitazioni.
Le basse temperature non favoriscono la crescita di
una copertura vegetale sulle cime, dove vivono animali come stambecchi e camosci. Scendendo lungo i versanti si incontrano invece praterie con fiori e molti insetti, anfibi e roditori (le marmotte, per esempio). Più
in basso crescono le conifere e quindi le latifoglie.
■ I climi italiani
Secondo la classificazione di Köppen, l’Italia rientra per la quasi totalità del territorio nell’area a clima mediterraneo; solo la parte più settentrionale
viene inclusa nell’area a clima temperato. In realtà,
il territorio italiano presenta una maggiore eterogeneità climatica, dovuta soprattutto all’influenza del
mare, delle catene montuose e dell’estensione latitudinale. Si possono quindi individuare nove tipologie di clima (figura 2.7).
Provaci tu!
Applica le tue conoscenze
O Figura 2.6 Un caribù
nella tundra.
Quali sono, secondo te,
le caratteristiche delle
piante che sopravvivono
nella tundra?
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Recupera l’immagine di un paesaggio naturale che si
trova nei pressi della tua scuola, oppure della tua città;
puoi utilizzare vecchie foto, cartoline, così come immagini trovate in Internet.
■ Quali sono le piante predominanti che riesci a distinguere?
■ Le associazioni vegetali presenti nella foto sono megaterme, mesoterme, oppure microterme?
■ Quali possono essere, secondo te, gli adattamenti
che queste piante hanno sviluppato in relazione all’ambiente?
■ In quale dei climi italiani elencati sopra collocheresti
il luogo rappresentato nella fotografia?
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Pagina 143
UNITÀ 8 I CLIMI DELLA TERRA 143
Ø Figura 2.7 La
distribuzione dei climi
in Italia.
Perché su un territorio così
limitato come quello del
nostro paese è possibile
osservare una tale varietà
di climi?
Clima temperato subtropicale. È il clima delle
regioni più calde con stagione estiva secca, caratteristico di ristrette fasce costiere dell’Italia meridionale e insulare. La temperatura media annua è superiore a 17 °C, la media del mese più freddo è superiore
a 10 °C e annualmente vi sono cinque mesi con media superiore a 20 °C.
Clima temperato caldo. Questo clima caldo, con
stagione estiva secca, è tipico della fascia costiera
tirrenica dalla Liguria alla Calabria, della fascia meridionale della costa adriatica, della costa ionica e
delle isole. La temperatura media annua oscilla tra
14,5 e 16,9 °C, la media del mese più freddo tra 6 e
9,9 °C e annualmente vi sono quattro mesi con media superiore a 20 °C. La vegetazione è rappresentata da latifoglie sempreverdi (macchia mediterranea)
e sono tipici il leccio, l’ulivo, la sughera.
Clima temperato sublitoraneo. È il clima delle
zone collinari preappenniniche di Toscana, Umbria
e Marche, dei versanti bassi dell’Appennino meridionale e delle zone interne delle isole, caratterizzato
ancora da stagione estiva secca. La temperatura media annua varia tra 10 e 14,4 °C, la media del mese
più freddo tra 4 e 5,9 °C e annualmente vi sono tre
mesi con media superiore a 20 °C. Le piante rappresentano la transizione tra la vegetazione a latifoglie
sempreverdi e quella a latifoglie caducifoglie.
Clima temperato subcontinentale. È il clima tipico di parte dell’alta Pianura Padana, di parte della pianura veneta e friulana, della costa adriatica romagnola, e dell’asse appenninico, a esclusione delle cime più
elevate. La media del mese più freddo è tra –1 e 3,9
°C, l’escursione annua tra 16 e 19 °C e annualmente
vi sono due mesi con media superiore a 20 °C. Le caducifoglie, come la quercia, l’acero, il castagno, l’olmo,
il tiglio e il carpino, sono le piante più diffuse.
Clima temperato continentale. Questo clima
interessa gran parte della Pianura Padana e parte di
quella veneta. La temperatura media annua oscilla
tra 9,5 e 15 °C, la media del mese più freddo tra –1,5
e 3 °C e annualmente vi sono tre mesi con media superiore a 20 °C.
Clima freddo d’altitudine. Interessa le zone alpine al di sopra dei 2000 m. La temperatura media
del mese più freddo è inferiore a –6 °C, la media annua è inferiore a 0 °C, quella del mese più caldo è inferiore a 9,9 °C. Tipiche di quest’area sono: la brughiera alpina a rododendri, ginepro nano, mirtilli; la
tundra alpina, con azalea nana e diverse specie di
salici; la prateria alpina d’alta quota, in cui si ritrovano esclusivamente specie erbacee.
Clima temperato fresco. È il clima delle Prealpi e
delle cime più elevate dell’Appennino. La temperatura media annua varia tra 6 e 9,9 °C, la media del mese più freddo tra 0 e –3 °C, quella del mese più caldo tra
15 e 19,9 °C e l’escursione annua tra 18 e 20 °C.
Clima temperato freddo. È il clima tipico della
catena alpina. La temperatura media del mese più
freddo è inferiore a –3 °C, la media annua oscilla tra
3 e 5,9 °C, quella del mese più caldo tra 10 e 14,9
°C. La vegetazione caratteristica è rappresentata dalle conifere (abete rosso, larice e cembro).
Clima nivale. È il clima delle vette alpine oltre i
3500 m, con neve perenne e moderata escursione
termica stagionale. Queste aree sono generalmente
poco adatte all’insediamento della vegetazione, anche se sono diverse le specie adattate ai climi estremi; un esempio su tutti è rappresentato dal ranuncolo glaciale, una piccola pianta erbacea che può
raggiungere quote superiori a 4000 m.
Sai rispondere?
1. Quali sono le caratteristiche del clima subtropicale
umido?
2. Confronta i due tipi di climi temperati freddi.
3. Qual è la vegetazione caratteristica dei climi nivali?
4. Che cos’è un deserto?
5. Perché l’Antartide potrebbe essere classificato
tra i deserti?
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144 PARTE C IL PIANETA AZZURRO: ATMOSFERA E IDROSFERA
Lezione
3
Le cause dei cambiamenti
climatici
In questa lezione
Le domande guida
■
■
Le parole chiave
Quali sono i processi naturali che
possono causare cambiamenti
climatici?
Quale relazione esiste tra effetto
serra e temperatura media sulla
superficie terrestre?
ø Figura 3.1 Nuove crisi
idriche. La siccità che ha
colpito il bacino dei fiumi
Murray e Darling,
nell’Australia sud-orientale,
ha messo in ginocchio
l’economia locale, basata
sulle attività agricole.
Il complesso sistema di
irrigazione artificiale che
alimentava le coltivazioni
si è dimostrato inadeguato
in seguito all’incremento
delle temperature medie
registrato negli ultimi dieci
anni.
■
■
■
Che cos’è il riscaldamento globale?
Quali sono le conseguenze
di questo riscaldamento?
In quale misura l’uomo
è responsabile
del riscaldamento globale?
Il clima cambia in continuazione: alcuni cambiamenti si verificano piuttosto rapidamente, altri avvengono nel corso di periodi di tempo estremamente lunghi; alcuni sono il risultato di processi naturali, altri
ancora sono causati delle attività umane. In questa
Lezione prenderemo in esame sia i processi naturali che influenzano il clima, sia il contributo delle attività umane al cambiamento climatico globale di cui
siamo testimoni (figura 3.1).
■ Le cause naturali delle variazioni
climatiche
Molti processi naturali possono determinare, in tempi più o meno lunghi, variazioni a livello globale del
clima della Terra. Questi fenomeni agiscono contemporaneamente, rendendo le modificazioni del clima
un fenomeno estremamente complesso e articolato.
cambiamento climatico globale
global climate change
effetto serra greenhouse effect
riscaldamento globale global warming
Tettonica delle placche Secondo la teoria della
tettonica delle placche, la litosfera, il guscio esterno
e rigido della Terra, è suddivisa in enormi blocchi (alcuni ospitano interi continenti), chiamati placche litosferiche, che sono in movimento continuo, anche
se lentissimo, l’una rispetto all’altra. Il movimento
delle placche litosferiche sposta gradualmente i continenti, avvicinandoli o allontanandoli dall’Equatore. Su scale temporali molto lunghe (milioni di anni)
questi cambiamenti possono avere un effetto eccezionale sul clima: in particolare, la formazione di nuove catene montuose può interferire con il ciclo del
carbonio, modificando la percentuale di diossido di carbonio, un importante gas serra, nell’atmosfera. Inoltre, lo spostamento delle masse di terraferma può
portare a cambiamenti importanti nella circolazione oceanica, che, come vedremo, contribuisce a sua volta al trasporto del calore intorno al globo.
Variazioni dell’orbita terrestre La posizione
relativa di Terra e Sole è di fondamentale importanza nel determinare la quantità e la distribuzione delle radiazioni solari che raggiungono la superficie del
pianeta. Le variazioni dell’orbita che la Terra descrive attorno al Sole e dell’inclinazione del suo asse di
rotazione, benché minime, influenzano il clima globale su scale temporali medie.
L’orbita che la Terra percorre intorno al Sole è sempre ellittica. Tuttavia, con una ciclicità di 100 000400 000 anni, la forma dell’ellisse varia facendosi più
o meno “schiacciata” e portando la Terra ad avvicinarsi e allontanarsi in misura diversa dal Sole nell’arco
dell’anno; di conseguenza, cambia la quantità di radiazione solare che raggiunge la superficie terrestre
nelle diverse stagioni. Anche l’inclinazione dell’asse
di rotazione terrestre varia di circa 3 gradi con un periodo di circa 20 000-40000 anni, determinando un cam-
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UNITÀ 8 I CLIMI DELLA TERRA 145
biamento nelle caratteristiche stagionali. Quando l’asse è meno inclinato, le differenze di temperatura tra
inverno ed estate sono ridotte; quando l’inclinazione
aumenta, l’escursione termica si accentua.
Circolazione oceanica I cambiamenti nelle dinamiche che regolano le correnti oceaniche possono
determinare variazioni climatiche su scala temporale ridotta. Per esempio, alcune fasce geografiche solitamente aride possono ricevere grandi quantità di
precipitazioni se raggiunte da El Niño, un importante fenomeno meteorologico che interessa le acque dell’Oceano Pacifico. Al contrario, alcune regioni che solitamente sono caratterizzate da abbondanti
precipitazioni possono inaridirsi in seguito ad alterazioni della circolazione oceanica.
Attività solare È stato ipotizzato che, su scala temporale ridotta, le fluttuazioni dell’attività solare possano influenzare il clima globale. In particolare, i cicli delle macchie solari, grandi macchie scure che si
osservano sulla superficie del Sole, in quantità che
varia secondo un ciclo di 11 anni, sembrerebbero
influenzare temperature e precipitazioni. Un aumento delle macchie solari sembra essere correlato
a un periodo particolarmente caldo in Europa e America settentrionale, mentre la scarsità di macchie solari sembra essere correlata a periodi più freddi. Per
esempio, la “Piccola era glaciale”, verificatasi in Europa durante il 1600, corrisponde a un periodo caratterizzato da poche macchie solari.
Nonostante le numerose ricerche, non è stata ancora accertata una connessione inequivocabile tra
variabilità solare e clima: l’argomento è oggetto di studio e di intenso dibattito.
Eruzioni vulcaniche Come si può osservare nella
figura 3.2, le eruzioni vulcaniche esplosive possono
immettere nell’atmosfera grandi quantità di ceneri,
polveri e gas, spingendole verso l’alto tanto da raggiungere la stratosfera, dove possono restare in sospensione anche per anni. Una quantità sufficientemente elevata della componente più fine di queste
polveri, detta aerosol, può creare una sorta di “barriera” che riflette nello spazio una quantità di radiazioni solari maggiore del solito, con conseguente raffreddamento degli strati inferiori dell’atmosfera. Al
contrario, su scala temporale più ampia, le eruzioni
vulcaniche possono determinare un incremento della temperatura globale, perché introducono nell’atmosfera grandi quantità di diossido di carbonio, con
conseguente aumento dell’effetto serra.
biamenti climatici avvenuti nel corso dei 4,6 miliardi di anni di vita della Terra. Gli scienziati sono sempre più concordi sul fatto che anche le attività umane abbiano avuto un impatto rilevante sul clima,
soprattutto nella storia più recente del pianeta, in relazione all’immissione nell’atmosfera di grandi quantità di gas serra.
L’effetto serra Ricordiamo che l’effetto serra è un
fenomeno naturale che determina il riscaldamento
sia della superficie terrestre, sia degli strati inferiori dell’atmosfera. I principali gas coinvolti in questo
fenomeno sono il vapor d’acqua, il diossido di carbonio
(CO2) e il metano. Essi, come gli altri gas serra, sono
trasparenti alla radiazione solare incidente, ma non
lo sono alla radiazione riemessa dalla superficie terrestre verso l’atmosfera. Parte dell’energia solare rimane quindi intrappolata negli strati inferiori dell’atmosfera, e la riscalda. La quasi totalità delle forme
di vita note non potrebbe sopravvivere in assenza
di effetto serra; tuttavia, una sua intensificazione
eccessiva potrebbe avere effetti devastanti.
Diversi studi mostrano che le attività umane hanno contribuito a incrementare l’effetto serra durante gli ultimi duecento anni. Come si può osservare
nella figura 3.3 a pagina seguente, il livello di diossido di carbonio (CO2) nell’atmosfera ha subito un’impennata a partire dal 1850. La maggior parte di questo gas deriva dall’utilizzo dei combustibili fossili, che
rappresentano la nostra principale fonte energetica.
In realtà, come sostengono alcuni scienziati, è probabile che l’impatto della specie umana sul clima globale abbia origini più remote. L’utilizzo del fuoco, prima, e lo sviluppo dell’allevamento e dell’agricoltura,
poi, hanno causato, infatti, una riduzione della copertura vegetale del pianeta. Questo cambiamento ha
inciso notevolmente sull’albedo e sulla quantità di
evaporazione, senza considerare che la combustione della legna è un’attività che libera in atmosfera
diossido di carbonio immagazzinato in vita dalle
piante, alterandone la percentuale nell’atmosfera se
la copertura vegetale non viene ripristinata.
ø Figura 3.2 Pennacchi
di fumo sull’Etna.
Il vulcano fotografato
da uno dei membri
dell’equipaggio della
Stazione Spaziale
Internazionale.
■ L’impatto delle attività umane
sul clima globale
Finora sono state prese in esame alcune cause naturali che hanno contribuito almeno in parte ai cam© Pearson Italia S.p.A., E.J. Tarbuck F.K. Lutgens - Scienze della Terra - Voi siete qui
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146 PARTE C IL PIANETA AZZURRO: ATMOSFERA E IDROSFERA
360
340
320
concentrazione
di CO2
nell’atmosfera
300
280
260
800
1000
1200
1400
anno
A
O Figura 3.3 La
concentrazione di diossido
di carbonio nell’atmosfera.
Il rapido aumento nella
concentrazione di diossido
di carbonio dall’inizio
dell’industrializzazione (A)
ha seguito strettamente
l’aumento delle emissioni
dello stesso gas dovuto
all’uso dei combustibili
fossili (B). Le concentrazioni
sono indicate in parti
per milione (ppm).
ø Figura 3.4 Le variazioni
medie annue della
temperatura globale nel
periodo 1860-2006. La base
variazioni di temperatura (°C)
per il confronto è la media
del periodo 1961-1990
(la linea 0,0). Ogni barra
indica di quanto, in un dato
anno, la temperatura media
globale si è discostata da
quel valore. L’istogramma
mette in evidenza che,
nonostante le variazioni
da un anno all’altro, la
tendenza generale è verso
un incremento della
temperatura.
B
emissioni di CO2
da combustibili
fossili (miliardi di tonnellate)
concentrazione di CO2 (ppm)
380
1600
1800
2000
8
6
4
emissioni di CO2
2
0
1850
1900
anno
1950
2000
Il riscaldamento globale Come risultato dell’aumento di CO2 e di altri gas serra, anche la temperatura del pianeta è aumentata. Questo fenomeno,
che prende il nome di riscaldamento globale, è evidente osservando la figura 3.4, che mostra come negli
ultimi due secoli la temperatura media della superficie del pianeta sia aumentata di circa 1 °C, e sembri destinata ad aumentare ancora. Le previsioni si
basano su modelli matematici, detti modelli climatici, che simulano le interazioni tra l’atmosfera e la
superficie terrestre prendendo in considerazione
un’enorme quantità di dati relativi a temperature,
precipitazioni e altre variabili.
È sulla base di tali modelli che lavora l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), nato nel 1988 a
partire da due organizzazioni delle Nazioni Unite per
studiare il riscaldamento globale. L’attività principale
dell’IPCC è il monitoraggio e la comprensione del cam-
0,6
0,6
0,4
0,4
0,2
0,2
0,0
0,0
!0,2
!0,2
!0,4
!0,4
!0,6
1860
1880
1900
1920
1940
1960
1980
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2000
anno
!0,6
biamento climatico causato dalle attività umane, delle sue conseguenze e delle possibilità di contrastarlo.
Per svolgere questo complesso compito, al suo interno si distinguono tre diversi gruppi di lavoro che si
occupano, rispettivamente, di valutare le basi scientifiche dei cambiamenti climatici, registrare gli impatti di questi cambiamenti sugli organismi e indicare
percorsi volti a limitare le emissioni di gas serra.
Dall’ultimo rapporto dell’IPCC è emerso che:
■ durante il XX secolo la temperatura globale è aumentata di circa 0,6 °C;
■ l’aumento della temperatura globale verificatosi
nel XX secolo è il più alto che si sia osservato negli ultimi 1000 anni;
■ l’aumento della temperatura globale nel 2100 sarà compreso tra 1,4 °C e 5,8 °C.
I modelli matematici utilizzati, sebbene siano assai
sofisticati, non possono però descrivere l’atmosfera
nella sua complessità, perché i fenomeni atmosferici non sono riproducibili in laboratorio e il clima è
un sistema molto complesso, in cui intervengono
meccanismi di feedback che rendono più incerte le
previsioni. Quindi i risultati che se ne ricavano sono sempre da considerarsi un’approssimazione.
I meccanismi di risposta del clima Il meccanismo più importante in risposta all’aumento della
temperatura globale è l’aumento dei tassi di evaporazione, con conseguente aumento della quantità
di vapor d’acqua presente nell’atmosfera. Considerando che questo gas contribuisce all’effetto serra in
modo ancora più marcato del CO2, il suo contenuto nell’atmosfera determina un ulteriore aumento
della temperatura.
Un altro importante meccanismo a feedback positivo è rappresentato dalla fusione dei ghiacci: l’innalzamento della temperatura globale comporta una
diminuzione delle grandi superfici ghiacciate del
pianeta, e, di conseguenza, la riduzione dell’albedo
su scala globale. La conseguenza è un ulteriore aumento della temperatura, che alimenta a sua volta la
fusione dei ghiacci.
Alcune delle conseguenze possibili Vista la complessità dei meccanismi di regolazione del clima, fare delle previsioni sugli effetti del cambiamento climatico nelle singole regioni del pianeta è piuttosto
difficile; tuttavia, si può definire uno scenario plausibile su vasta scala geografica e temporale (tabella 3.1).
Per esempio, è probabile che l’aumento della temperatura sarà più contenuto vicino all’Equatore, mentre sarà via via più consistente spostandosi verso i poli. Le aree del pianeta interessate dalla siccità sembrano
destinate ad aumentare; d’altra parte, alcune regioni saranno soggette a precipitazioni più intense, con
conseguente aumento dei danni dovuti a inondazioni. In generale, questi cambiamenti sono desti-
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UNITÀ 8 I CLIMI DELLA TERRA 147
Tabella 3.1
Cambiamenti ed effetti stimati del riscaldamento globale nel XXI secolo
Cambiamenti previsti e stima
della probabilità
Esempi di impatti stimati
temperature massime più
elevate; maggior numero di
giornate calde e ondate di calore
su quasi tutte le terre emerse
(praticamente certo)
{ aumento dell’incidenza di decessi e malattie gravi tra gli anziani e i poveri delle città
{ aumento dello stress da calore nel bestiame e negli animali selvatici
{ cambiamenti nelle destinazioni turistiche
{ aumento dei rischi di danneggiamento per alcune coltivazioni
{ aumento della richiesta di impianti elettrici di raffreddamento e conseguente riduzione dell’affidabilità
delle forniture energetiche
temperature minime più elevate;
minor numero di giornate
fredde, giornate di gelo e ondate
di freddo su quasi tutte le terre
emerse
(praticamente certo)
{ diminuzione della morbilità (frequenza delle malattie) e della mortalità umane collegate alle basse temperature
{ diminuzione del rischio di danneggiamento per alcune coltivazioni e aumento del rischio per altre
{ aumento della diffusione e dell’attività di alcuni organismi patogeni e infestanti
{ riduzione nella domanda di energia elettrica per il riscaldamento
episodi di precipitazioni più
intense
(molto probabile)
{ aumento dei danni dovuti a inondazioni, frane, valanghe e colate di fango
{ aumento dell’erosione del suolo
{ aumento dei deflussi di piena e possibile aumento della ricarica di alcune falde acquifere in corrispondenza
delle piane alluvionali
{ aumento del costo delle assicurazioni pubbliche o private contro i danni dovuti a inondazioni e calamità naturali
aumento delle aree interessate
da siccità
(probabile)
{ diminuzione del rendimento delle coltivazioni
{ aumento dei danni alle fondamenta causati dall’inaridimento del terreno
{ diminuzione della quantità e della qualità delle risorse idriche
{ aumento del rischio di incendi forestali
aumento dell’attività dei cicloni
tropicali violenti
(probabile)
{ aumento dei rischi per le vite umane, come il rischio di epidemie di malattie infettive
{ aumento dell’erosione costiera e dei danni alle costruzioni e alle infrastrutture lungo le coste
{ aumento dei danni agli ecosistemi costieri, come le barriere coralline e le foreste di mangrovie
*Praticamente certo indica una probabilità superiore al 99%; molto probabile indica una probabilità del 90-99%;
probabile indica una probabilità del 67-90%. (Fonte: IPCC, 2001, 2007)
nati a ridistribuire le risorse idriche su scala mondiale e a intensificare gli squilibri già esistenti: per questo avranno certamente conseguenze sulla produttività agricola di molte fasce del pianeta. Analogamente
l’innalzamento del livello dei mari, che si stima possa
raggiungere i 50 cm entro il 2100, è destinato a provocare una rapida erosione di molte località costiere e il completo allagamento di altre.
Sai rispondere?
1. Quali sono le cause naturali dei cambiamenti
climatici?
2. Come sembrano correlati l’attività solare e il clima?
3. Che cos’è e quale funzione svolge l’IPCC?
4. In che modo le attività umane hanno contribuito
al riscaldamento globale?
Immagini per imparare
L’isola di calore
La tabella a fianco mostra le variazioni climatiche che si riscontrano in corrispondenza dei grandi centri urbani rispetto alle zone circostanti. Le temperature delle
città, in genere, sono superiori a quelle
delle vicine campagne; i meteorologi
chiamano questo effetto “isola di calore
urbana”. Con l’aiuto della tabella, rispondi alle seguenti domande.
Variazioni climatiche medie determinate dai centri urbani
Fattore
Confronto con le aree rurali
presenza di particolato
(polveri sottili)
10 volte maggiore
temperatura media annuale
0,5-1,5 °C più elevata
radiazioni solari
15-30% inferiori
precipitazioni
5-15% maggiori
frequenza dei temporali
16% maggiore
umidità relativa
6% inferiore
frequenza della nuvolosità
5-10% maggiore
frequenza della nebbia
60% maggiore
velocità dei venti
25% inferiore
1. Rispetto alle zone rurali, quali fattori sono incrementati
dall’urbanizzazione?
2. Quali risultano, invece, ridotti?
3. Di tutti i fattori riportati nella
tabella, quale presenta il
maggior incremento in seguito all’urbanizzazione?
4. Ipotizza le ragioni per ciascuno dei seguenti effetti sul clima determinato dalla presenza di una città:
a aumento del particolato;
b diminuzione della velocità
dei venti;
c aumento delle precipitazioni.
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Pagina 148
Uomo e ambiente
Il controllo delle emissioni
e la geoingegneria
Ormai è dimostrato che le attività umane hanno contribuito all’aumento delle concentrazioni di gas serra in atmosfera, giocando un
ruolo attivo nell’innalzamento medio della
temperatura in atto sul nostro pianeta. Da alcuni anni, quindi, la comunità internazionale ha iniziato a valutare possibili interventi
per cercare di far fronte ai cambiamenti climatici.
Il Protocollo di Kyoto
specchi nello spazio
aerosol
in stratosfera
coltivazioni
riflettenti
alberi artificiali (torri)
riforestazione
imbiancamento
delle nubi spruzzando
goccioline d’acqua
di mare
Una tappa fondamentale in questo processo
è rappresentata dal noto Protocollo di Kyoto, un accordo sottoscritto dalla maggior parte dei paesi industrializzati che racchiude le
linee guida per ridurre le emissioni di gas
serra. La riduzione delle emissioni ha però
dei costi, spesso molto elevati; per agevolare
i paesi sottoscrittori nel mantenere gli impegni presi, il Protocollo di Kyoto prevede diverse vie di intervento, una delle quali è nota come mercato del CO2.
Il mercato del CO2
I metodi tradizionali per la riduzione degli
inquinanti prevedono che venga fissato un
tetto massimo alle emissioni e che non vada
in alcun modo superato. Il mercato del CO2
è un sistema alternativo, più accettabile ed
economicamente più sostenibile per gli effettivi produttori di inquinamento.
Questo sistema, adottato a livello mondiale,
recepito dalla Comunità Europea e gestito
dai singoli paesi, prevede che venga definito
un tetto massimo di emissioni, cioè il valore
complessivo per tutti i partecipanti al mercato; successivamente, sulla base di questo
tetto, a ogni partecipante viene assegnato un
certo numero di quote o permessi di emissione, cioè un certo numero di tonnellate di
CO2 che può emettere ogni anno. Tali quote
possono essere utilizzate direttamente, oppure scambiate con gli altri partecipanti. In questo modo, chi produce inquinanti può adottare differenti strategie per ridurre le proprie
emissioni: intervenire realmente sui processi
produttivi per limitare le proprie emissioni,
oppure acquistare sul mercato altre quote di
CO2 per aumentare la quantità di inquinanti che può liberare nell’ambiente. Gli impianti che non rispettano le quote assegnate pagano un costo proporzionale al surplus di
inquinamento prodotto, mentre gli impianti
virtuosi, per i quali le emissioni risultano inferiori alle quote autorizzate, possono rivendere le proprie quote ottenendone un guadagno.
carbone agricolo
ottenuto da residui
vegetali
aggiunta di calce
nelle acque
oceaniche
fertilizzazione
dell’oceano
Figura 1 Le principali tecniche proposte dalla geoingegneria.
Le attività industriali sottoposte a regime di
controllo delle emissioni sono gli impianti a
combustione per la produzione di energia, le
raffinerie di petrolio, le industrie siderurgiche, le industrie del cemento, del vetro, della ceramica e le cartiere.
La geoingegneria
Un numero sempre crescente di scienziati sta
portando avanti particolari studi per applicare le attuali conoscenze scientifiche e ingegneristiche alla riduzione delle cause dei cambiamenti climatici; questa nuova disciplina
prende il nome di geoingegneria (figura 1).
Alla base di questi studi c’è l’idea che qualsiasi intervento volto alla riduzione delle emissioni (in particolare, l’impiego sempre più
diffuso di fonti energetiche alternative ai combustibili fossili) nulla potrà fare sulle quantità già liberate responsabili dei cambiamen-
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ti climatici attualmente in atto. La geoingegneria si propone quindi come una disciplina in grado di mettere a punto modalità di
manipolazione su larga scala dell’ambiente
terrestre, intervenendo artificialmente sui sistemi climatici per cercare di contrastare gli
effetti indotti dalle attività umane.
Le proposte
della geoingegneria
Le metodologie proposte per diminuire la
temperatura sulla superficie terrestre sono
molteplici e ne vengono continuamente ideate di nuove; ne trovi alcune illustrate nella figura. Le strategie principali di intervento sono fondamentalmente due: la prima, aumentare
l’albedo, cioè la quantità di radiazione solare riflessa dalla Terra (o diminuire l’irraggiamento solare); la seconda, sottrarre gas serra,
in particolare CO2, dall’atmosfera.
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Per aumentare l’albedo della Terra e diminuire l’irraggiamento, alcuni scienziati hanno proposto di collocare nello spazio miliardi di specchi di alcune decine di centimetri di
diametro, o nubi di particelle metalliche riflettenti, con lo scopo di ridurre la quantità di
luce incidente sulla Terra. Altri hanno proposto di aumentare la nuvolosità in alcune
regioni del globo, liberando nubi di aerosol
artificiale; altri ancora hanno proposto di immettere nella stratosfera migliaia di tonnellate di zolfo, mediante l’uso di palloni sonda: in seguito a una catena di reazioni chimiche,
lo zolfo formerebbe minuscole particelle di
solfato, creando uno “scudo” in grado di assorbire la radiazione solare.
Anche per sequestrare CO2 dall’atmosfera le
proposte sono le più disparate. Per alcuni la
soluzione è raccogliere i gas emessi dagli impianti industriali prima che si disperdano in atmosfera, liquefarli e stoccarli nel sottosuolo. Altri
propongono il sequestro del CO2 nei bacini
oceanici; questi progetti prevedono la fertilizzazione di alcuni tratti di mare con grandi
quantità di ferro, elemento fondamentale per
la fotosintesi delle alghe. La fertilizzazione stimolerebbe l’attività biologica incrementando
la quantità di alghe presenti (figura 2); questo,
a sua volta, aumenterebbe la quantità di CO2
fissata durante la fotosintesi di questi organismi. Alla loro morte, i resti andrebbero ad accumularsi sui fondali, facendo precipitare il
carbonio in profondità.
Per altri ancora si potrebbero utilizzare apposite torri, o alberi artificiali, per catturare CO2
direttamente in atmosfera, prelevandolo dalle masse d’aria.
Professione...
ingegnere
ambientale
La professione
L’ingegnere ambientale è un professionista dalla preparazione interdisciplinare che si occupa
dell’analisi e della risoluzione di problematiche
legate all’ambiente e alla sua gestione; progetta e coordina le opere e gli interventi necessari per un corretto utilizzo delle risorse del territorio, con lo scopo di ottimizzare l’interazione
tra uomo e ambiente.
Le abilità richieste
L’ingegnere ambientale riassume nella sua figura numerose competenze e deve perciò possedere una giusta capacità di sintesi e di collegamento interdisciplinare. Deve essere in grado di
applicare un insieme di conoscenze ingegneristiche, naturalistiche e ambientali alla risoluzio-
I pro e i contro
della geoingegneria
Si tratta in tutti i casi di sistemi piuttosto ingegnosi, dai costi elevati e dai risultati non
del tutto sicuri; questo alimenta il dibattito
tra favorevoli e contrari all’applicazione di
queste tecniche.
I sostenitori della geoingegneria sottolineano i parziali insuccessi dei piani di riduzione
delle emissioni proposti fino a oggi, e il fatto
che il semplice controllo delle emissioni non
può far nulla per mitigare l’effetto degli inquinanti già liberati nell’ambiente. Gli oppositori, invece, sottolineano che, a tutt’oggi, si
possono solo ipotizzare gli eventuali effetti
collaterali che tali interventi potrebbero comportare. Anche le tecniche di sequestro del
CO2 dall’atmosfera, considerate preferibili,
avrebbero dei costi elevatissimi se impiegate
su larga scala. Infine, gli oppositori segnalano la pericolosità legata a una eventuale repentina sospensione dei trattamenti, per esempio in caso di conflitti o di calamità naturali:
essa potrebbe determinare un’improvvisa risalita delle temperature in un intervallo di
tempo brevissimo, con conseguenze sconosciute, ma potenzialmente devastanti.
Molti esponenti della comunità scientifica,
pur ammettendo l’importanza di queste linee di ricerca, ribadiscono che la comunità
internazionale dovrebbe comunque privilegiare e intensificare il proprio impegno nelle
azioni per ridurre le emissioni previste per i
prossimi decenni.
ne di problemi pratici di gestione ambientale,
quali la pianificazione territoriale, la gestione dei
rifiuti e degli inquinanti, la realizzazione di opere di ingegneria naturalistica.
Gli studi necessari
Figura 2 Una fioritura di fitoplancton lungo
le coste della Norvegia.
Per capire e per riflettere
1. Il mercato del CO2 consente di:
a. abbattere drasticamente le emissioni
di CO2 nell’atmosfera.
b. sequestrare CO2 dall’atmosfera.
c. regolamentare le emissioni da parte
degli impianti industriali attraverso
il meccanismo delle quote.
d. realizzare interventi su grande scala per
porre rimedio ai cambiamenti climatici.
2. Nella figura sono illustrate diverse tecniche
di geoingegneria, alcune delle quali non
sono citate nel testo. Prova a cercare in
Internet alcune informazioni per ciascuna
di esse. Confrontati con i compagni: quali ti
sembrano le più costose? Quali le più
realizzabili in tempi brevi?
prevenzione dei rischi naturali, gestione delle risorse minerarie, realizzazione di opere civili, tecnologie per la prevenzione o la mitigazione delle
emissioni di inquinanti, e, oggi sempre più, di impiego sostenibile delle risorse energetiche.
Per capire e per riflettere
Per diventare ingegnere ambientale è necessaria una laurea quinquennale (tre anni di laurea
triennale e due di magistrale) in Ingegneria per
l’ambiente e il territorio; queste lauree sono attivate in numerosi atenei e politecnici italiani. Oltre
agli insegnamenti di base tipici di tutti gli indirizzi ingegneristici, la formazione prevede insegnamenti di argomento naturalistico e ambientale:
ecologia, geologia ambientale, geofisica, gestione del rischio sismico e idrogeologico, cartografia e telerilevamento, pianificazione territoriale,
sistemi di smaltimenti dei rifiuti ecc.
Gli sbocchi lavorativi
Le opportunità di lavoro per un ingegnere ambientale sono molte e diversificate. Questi professionisti possono infatti occuparsi di monitoraggio ambientale, sistemi di difesa del suolo,
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150 PARTE C IL PIANETA AZZURRO: ATMOSFERA E IDROSFERA
Le risposte
alle domande guida
■
■
Lezione 1
■
■
■
■
Il clima è l’insieme delle condizioni meteorologiche medie
che si verificano in una località e in un determinato
intervallo di tempo. Gli elementi che caratterizzano
i climi sono: temperatura, pressione, venti, umidità e
precipitazioni.
Al crescere della latitudine l’intensità dei raggi solari diminuisce. Come conseguenza di ciò si distinguono per ciascun emisfero una fascia tropicale, una fascia temperata e una fascia polare.
■
■
■
Lezione 2
■
■
■
■
■
Il sistema di classificazione dei climi ideato da Wladimir Köppen, il più noto e utilizzato, suddivide la
Terra in cinque grandi regioni climatiche utilizzando
i valori di temperatura e precipitazioni e le associazioni vegetali.
■
■
I climi megatermici, o climi tropicali umidi, sono caratterizzati dall’assenza dell’inverno e da una temperatura media sempre superiore ai 18 °C; si trovano in
aree geografiche poste a quote inferiori ai 1000 m.
Nei climi aridi, posti in genere in corrispondenza delle fasce di alta pressione subtropicale, le scarse precipitazioni annue e la forte evaporazione non permettono lo sviluppo di una copertura vegetale continua.
Il clima subtropicale umido, che si trova nelle fasce
comprese tra 25° e 40° di latitudine N e S, presenta estati con temperature piuttosto alte e inverni in genere
miti; quello temperato fresco umido, caratteristico
delle aree costiere comprese tra 40° e 65° di latitudine N e S, ha estati e inverni mitigati dalla vicinanza
del mare; quello mediterraneo, che si sviluppa tra
30° e 45° di latitudine N e S, è l’unico caratterizzato
da inverni con abbondanti precipitazioni ed estati
con temperature elevate.
Nei climi microtermici, o climi temperati freddi,
caratteristici delle aree continentali estese delle medie latitudini (e assenti quindi nell’emisfero meridionale, dove prevalgono le masse oceaniche), gli inverni sono rigidi e le temperature estive sono elevate.
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I climi di montagna sono in genere più freddi e più
piovosi rispetto a quelli delle aree vicine poste a quote inferiori.
Il territorio italiano è caratterizzato da una grande
eterogeneità climatica, dovuta soprattutto all’influenza del mare e delle catene montuose e alla grande
estensione latitudinale, motivo per cui in Italia esistono nove tipologie di clima differenti.
Lezione 3
Oltre alla latitudine, gli altri fattori che determinano
il clima di una regione sono altitudine, topografia,
distribuzione delle terre e dei mari, circolazione atmosferica e copertura vegetale.
La copertura vegetale influisce sulla quantità di energia solare assorbita dalla superficie terrestre; inoltre,
attraverso la traspirazione, agisce sull’umidità dell’aria e quindi sull’abbondanza delle precipitazioni.
Nei climi nivali, caratteristici di aree poste a latitudini elevate, le temperature medie del mese più caldo sono sempre inferiori a 10 °C.
■
Il costante movimento delle placche litosferiche ha
avuto, nell’arco di milioni di anni, grande influenza
sul clima; il cambiamento dell’orbita e quello dell’inclinazione dell’asse di rotazione della Terra influiscono sul clima a medio termine; i cambiamenti nelle
correnti oceaniche, la variazione dell’attività solare
e le eruzioni vulcaniche possono influire a breve termine sul clima.
L’effetto serra è un fenomeno naturale che determina il riscaldamento della superficie terrestre e dello strato inferiore dell’atmosfera. I gas coinvolti, detti gas
serra, trattengono la radiazione riemessa dalla superficie terrestre verso l’atmosfera.
Con riscaldamento globale si indica l’innalzamento
della temperatura media della superficie del pianeta
verificatosi negli ultimi due secoli e tuttora in atto.
Si prevede che il riscaldamento globale possa dar luogo a gravi siccità in alcuni territori e precipitazioni
eccessive in altri, con conseguenze sulla produttività
agricola del pianeta, e all’innalzamento del livello dei
mari, con conseguente erosione di zone costiere.
L’uomo ha contribuito al riscaldamento globale, specialmente a partire dal 1850, attraverso l’utilizzo massiccio di combustibili fossili per la produzione di energia, che determina l’immissione nell’atmosfera di
enormi quantità di CO2.
Le parole chiave
Puoi rivedere nel Glossario in fondo al volume le definizioni delle parole chiave che hai imparato in questa unità.
cambiamento climatico globale • classificazione di Köppen
• clima • climi aridi • climi nivali • climi temperati caldi •
climi temperati freddi • climi tropicali umidi• elementi
climatici • effetto serra • fascia polare • fascia temperata •
fascia tropicale • fattori climatici • riscaldamento globale
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UNITÀ 8 I CLIMI DELLA TERRA 151
Mettiti alla prova!
Vero o falso?
Lezione 1
9 La vegetazione di un luogo ne può
Per ripassare
influenzare la temperatura.
V
F
V
F
V
F
V
F
10 Nella fascia tropicale l’angolo di incidenza
dei raggi solari è massimo rispetto
alle altre fasce.
Sai utilizzare le parole che hai imparato?
Lezione 1
1 Le variazioni di temperatura e pressione, i venti, le
precipitazioni e l’ …………………………… dell’aria
rappresentano gli …………………………… principali che
concorrono nel determinare un clima.
2 La …………………………… , l’altitudine, la topografia, la di-
stribuzione dei mari, la circolazione atmosferica e
la copertura vegetale sono i principali
…………………………… che influenzano il clima.
Lezione 2
Lezione 2
11 La savana è caratteristica dei climi equatoriali.
12 L’Italia presenta una notevole omogeneità
climatica.
Scegli la soluzione corretta.
Lezione 1
13 Quale dei seguenti non è un fattore climatico?
a
3 Le …………………………… …………………………… individuate da
Köppen sono comunità di piante con le stesse necessità di temperatura, umidità e irraggiamento
solare, che quindi si possono trovare negli stessi
…………………………… .
4 Köppen ha distinto cinque ……………………………
principali basandosi sui valori di
temperatura e …………………………… , oltre che sulla vegetazione locale.
……………………………
Lezione 3
b
Altitudine.
Latitudine.
c
d
Topografia.
Precipitazioni.
Lezione 2
14 In un clima arido le precipitazioni annuali sono:
a
b
c
d
inferiori alle potenziali perdite per evaporazione.
maggiori della media delle evaporazioni.
maggiori nei deserti rispetto alle steppe.
inferiori a quelle dei climi polari.
Lezione 3
5 Le previsioni sull’andamento del clima nel futuro si
basano su …………………………… …………………………… che analizzano un grande numero di dati relativi a temperature, precipitazioni e altre variabili su scala globale.
Completa la mappa inserendo i termini appropriati.
Lezione 2
temperatura
15 Quale conseguenza avrebbe lo scioglimento delle
grandi coperture glaciali?
a
L’innalzamento del livello del mare.
b
L’abbassamento del livello del mare.
c
Temperature medie inferiori alle attuali.
d
Una diminuzione delle precipitazioni.
Collega i termini elencati (numeri) alle descrizioni appropriate (lettere).
Lezione 2
La classificazione di Köppen
6 ……………………………
17 tundra
si basa su
suddivide i
climi in:
16 deserto
vegetazione
18 savana
19 taiga
7 ……………………………
a foresta di conifere adattate a
climi temperati freddi secchi
b presenta rare piante dalle ra-
dici profonde e fusti carnosi
c priva di alberi, vi si trovano
muschi, licheni e alberi nani
assenza di inverno
d prateria con alberi sparsi che
tollerano la siccità
aridi
carenza d’acqua
mesotermici
medie precipitazioni
8 ……………………………
inverni freddi
Rispondi in modo sintetico alle seguenti domande.
Lezione 1
20 Che cosa si intende per fascia temperata?
Lezione 2
21 Quali sono le caratteristiche dei climi nivali?
Lezione 3
nivali
assenza di estate
22 Quali sono le previsioni dell’IPCC sull’andamento
del riscaldamento globale da oggi al 2100?
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152 PARTE C IL PIANETA AZZURRO: ATMOSFERA E IDROSFERA
Per riflettere e applicare le conoscenze
Per gli appassionati
Sai interpretare un grafico?
Il protocollo di Kyoto
Lezione 3
Il Protocollo di Kyoto è un accordo internazionale stipulato in Giappone l’11 dicembre 1997 da oltre 160 paesi, con
il preciso obiettivo di diminuire le emissioni dei gas principali responsabili dell’effetto serra e del riscaldamento del
pianeta. Il Protocollo è entrato in vigore il 16 febbraio 2005,
dopo la ratifica da parte della Russia, e prevede che:
■ i paesi più industrializzati riducano, nel periodo che va dal
2008 al 2012, le emissioni dei principali gas serra e di altri inquinanti almeno del 5% rispetto ai livelli del 1990;
■ i paesi predispongano progetti di protezione di boschi,
foreste e terreni agricoli, poiché rappresentano sistemi
naturali di riassorbimento dell’anidride carbonica;
■ ogni paese realizzi un sistema nazionale per la stima
delle emissioni gassose;
■ ogni paese possa avvalersi di un sistema di commercio
delle quote di emissione valido su scala internazionale.
I paesi firmatari andranno incontro a sanzioni se mancheranno di raggiungere gli obiettivi, mentre per i paesi in via
di sviluppo le regole sono più flessibili.
1. Ricerca quali sono i sei gas indicati dal Protocollo, indicandone le principali fonti di emissione.
2. Il Protocollo indica misure differenti per i paesi in via di
sviluppo e per quelli industrializzati: secondo te, perché?
3. Ricerca in Internet come si pone l’Italia rispetto agli
obiettivi del Protocollo.
Domande 23-25 Osserva i due grafici e rispondi alle do-
mande che seguono.
Temperatura media in Antartide negli ultimi
160 000 anni, espressa in gradi Fahrenheit
"5
oggi
!5
!10
!15
150 000
anni fa
100 000
50 000
oggi
Concentrazione di CO2 negli ultimi 160 000 anni,
espressa in parti per milione
280
260
240
220
In English, please!
200
150 000
anni fa
100 000
50 000
oggi
23 La temperatura attuale della Terra è simile a quella di:
a
b
150 000 anni fa.
135 000 anni fa.
c
d
50 000 anni fa.
25 000 anni fa.
24 In quale intervallo di tempo, secondo te, la copertura
glaciale del pianeta è stata maggiore rispetto a oggi?
a
Tra 150 000 e 140 000 anni fa.
b
Tra 140 000 e 120 000 anni fa.
c
Tra 135 000 e 20 000 anni fa.
d
Tra 20 000 e 10 000 anni fa.
25 Qual è stato l’andamento del livello di CO2 nell’at-
mosfera negli ultimi 160 000 anni?
Rispondi alle seguenti domande.
Lezione 1
26 Perché due località alla stessa latitudine possono ave-
re climi differenti?
Lezione 2
27 Quale pensi sia l’influenza delle Alpi sul clima italia-
no?
Lezione 3
28 In che modo il riscaldamento globale può influire
sulle precipitazioni?
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Identifying causes and effects
Some factors that influence climate
Causes
Effects
Increase in latitude
1. …………………………
2. …………………………
Highland climate
Increase in greenhouse gases
3. …………………………
4. …………………………
More coastal erosion
Large volcanic eruption
5. …………………………
Nearby lake
6. …………………………
Copy the table onto a sheet of paper. Use the words
below to complete the table.
short-term lower temperatures • colder climate • rise in sea
level • more moderate climate • global warming • high
elevation/mountains
Now use the information in the chapter to answer
the following questions.
1. Name the three major climate zones, and explain why
their overall temperatures differ.
2. Why can two places at the same latitude have different
climates?
3. What is global warming?
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