Indagine su obesità e infertilità

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PIÙ GRASSI, MENO FERTILI: DOSSIER OBESITÀ E INFERTILITÀ
In Europa e nei paesi occidentali il sovrappeso e l’obesità stanno assumendo i contorni di
una vera e propria emergenza, diventando uno dei principali motivi di preoccupazione di
governi e istituzioni: l'eccesso di grasso corporeo, lungi dall’essere solo un problema
estetico, ha importanti ripercussioni sulla salute individuale. Per l'Organizzazione Mondiale
della Sanità 1, questa condizione rappresenta un importante fattore di rischio per numerose
malattie – il diabete mellito di tipo 2, per esempio, ma anche ipertensione, calcolosi biliare,
narcolessia, asma, cataratta, problemi muscolo scheletrici, fino ad alcune neoplasie – e per
sindromi come l’infarto miocardico e l’ictus ischemico.
Oggi, tuttavia, a questo quadro già di per sé allarmante si vanno ad aggiungere altre
preoccupazioni. Perché sono ormai numerose le evidenze dell'impatto negativo che
sovrappeso e obesità possono avere sulla funzionalità riproduttiva e sulla risposta ai
trattamenti di procreazione medicalmente assistita. Sappiamo, per esempio, che l'obesità
può accentuare la condizione di infertilità sia negli uomini sia nelle donne. Nel primo caso,
accentuando problemi di disfunzione erettile, o riducendo il numero di spermatozoi; nel
secondo aumentando il tasso di complicazioni in gravidanza. Altre possibili conseguenze
dell'eccesso di peso riguardano invece, più nello specifico, la riuscita dei cicli di
fecondazione in vitro.
L’ultimo studio in ordine di tempo a dare conto di queste problematiche è quello portato
avanti al Brigham and Women's Hospital della Harvard Medical School e pubblicato lo
scorso luglio sulla rivista Obstetrics and Gynecology, che ha stimato gli effetti del grasso
ponderale sulla qualità di ovociti ed embrioni nelle donne che si sottoponevano alle tecniche
di procreazione medicalmente assistita (Pma). La ricerca (“Effect of obesity on oocyte and
embryo quality in women undergoing in vitro fertilization” 2) ha coinvolto 1721 coppie che
si sono sottoposte in Gran Bretagna a trattamenti di fecondazione autologa, ovvero in cui sia
le cellule uovo che lo sperma provengono dalla coppia stessa. I ricercatori hanno riscontrato
che le donne obese ottengono un numero minore di ovociti fertilizzati, livelli di estradiolo
(l’ormone che agisce sulla proliferazione dell’endometrio) più bassi della media, minori
probabilità di ottenere una gravidanza e maggiori percentuali di aborti spontanei e morti
intrauterine.
Il tasso crescente di popolazione in sovrappeso e obesa accentua dunque un altro problema
emergente nei paesi occidentali, in particolare in Europa: la diminuzione costante della
fertilità. Più della metà dei paesi dell'area europea presenta infatti tassi di fecondità definiti
dall’Oms (vedi “Low-fertility the future of Europe?” 3) come bassi o molto bassi (2,1 è
1 http://www.ccm-network.it/ebp_e_obesita/conferenza_Istanbul
2 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21691164
3 http://www.euro.who.int/en/what-we-do/health-topics/Life-stages/sexual-and-reproductive-
considerato il tasso per mantenere la popolazione stabile). Sotto la media europea, pari a
1,51 figli per madre, si trovano nazioni come Spagna, Germania, Italia a Grecia (con un
numero di figli per donna che secondo la Central Intelligence Agency statunitense è pari
rispettivamente a 1,47, 1,41, 1,39, 1,38 4). Sempre secondo l’Oms, il declino della fertilità si
può spiegare a partire dai cambiamenti di stile di vita che sono occorsi negli ultimi decenni:
abitudine al fumo, stress, sovrappeso e malattie sessualmente trasmesse. Cambiamenti
ancora in corso che potranno portare a una diminuzione ancora più marcata della fecondità.
Tra i diversi fattori che contribuiscono a peggiorare le chance di procreare l’eccesso di peso,
sino a poco tempo fa, non era preso nella giusta considerazione. Oggi, tuttavia, alla luce
delle sempre più concrete prove scientifiche, fra i diversi fattori – sociali, ambientali,
genetici - che contribuiscono all’aumentare delle coppie infertili bisogna quindi considerare
anche quello del sovrappeso e obesità.
Tabella: Tasso di fertilità in alcune nazioni europee
PAESE
TASSO DI
FERTILITA’ (n
bambini/donna), 2011
stime
Irlanda
2,02
Francia
1,96
Gran Bretagna
1,91
Norvegia
1,77
Danimarca
1,74
Finlandia
1,71
Svezia
1,67
Olanda
1,66
Belgio
1,65
Portogallo
1,5
Spagna
1,47
Svizzera
1,46
Germania
1,41
Austria
1,4
Italia
1,39
Grecia
1,38
MEDIA EU
1,51
Fonte: The World Factbook, CIA
health/publications/entre-nous/entre-nous/low-fertility-the-future-of-europe.-entre-nous-53,-2006
4 https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/rankorder/2127rank.html
1. I numeri dell’obesità
Secondo l'ultimo rapporto dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo
Economico (Ocse) (Health at a Glance - Europe 2010 5), circa la metà della popolazione
adulta nell'Unione è obesa o pre-obesa, ma la percentuale supera il 50% in almeno 15 dei 27
paesi dell'Ue.
Come si misura l’obesità
Negli adulti, l’obesità viene misurata attraverso un parametro biometrico, l’Indice di Massa
Corporea (IMC o in inglese BMI, Body Mass Index): questo valore mette in relazione peso
ed altezza secondo una semplice formula (IMC=peso in kg/(altezza in m)2). Per
l'Organizzazione Mondiale della Sanità, l’obesità è caratterizzata da un IMC •NJP2 e il
sovrappeso da un IMC compreso fra 25 e 29,9 kg/m2.
In Italia il tasso di obesità è monitorato costantemente dall'Istituto Superiore di Sanità (Iss),
tramite un sistema di sorveglianza sanitaria basato su dati forniti dalle Asl. Secondo l'ultima
rilevazione (Rapporto nazionale Passi 2010 6), nel nostro paese gli adulti in sovrappeso sono
il 31,6% della popolazione, e gli obesi il 10,6%. In totale dunque, più di quattro italiani su
dieci presentano grasso in eccesso.
I tassi tuttavia variano di regione in regione, e la distribuzione cambia anche a seconda di
sesso, età, grado di istruzione e difficoltà economiche: il territorio italiano con la
percentuale più alta di cittadini obesi o pre-obesi è la Puglia, dove addirittura il 49% della
popolazione presenta un eccesso di grasso ponderale, mentre la provincia “più magra”
secondo l'Iss è quella autonoma di Trento (29%).
5 http://ec.europa.eu/health/reports/docs/health_glance_en.pdf
6 http://www.epicentro.iss.it/passi/R2010Indice.asp
Figura: Mappa dell’eccesso ponderale
Fonte: Pool Asl – Passi 2010, ISS
Per quanto riguarda la variabile di genere, poi, il 41% della popolazione maschile in Italia
risulta sovrappeso, contro il 23% di quella femminile, mentre la percentuale degli obesi è
simile nei due sessi (10% delle donne e 11% degli uomini). Sono dunque in misura
maggiore i maschi a risultare corpulenti, anche se i valori riportati dalle donne risultano più
spesso sottostimati: i dati di altezza e peso infatti non vengono direttamente misurati nelle
Asl, ma sono riferiti nelle visite o via interviste telefoniche dagli stessi cittadini, che
tendono a “migliorare” le proprie generalità (gli uomini e gli anziani di entrambi i sessi, per
esempio, dichiarano un’altezza maggiore di quella effettiva, e le donne un peso minore).
Grafico: Caratteristiche dell’eccesso ponderale
Fonte: Pool Asl – Passi 2010, ISS
A livello europeo il paese più obeso è il Regno Unito, dove, secondo un recente studio del
National Health Service (Statistics on obesity, physical activity and diet: England, 2010),
addirittura un quarto delle donne e il 24% degli uomini risulta essere obeso, ma dove è alta
anche la percentuale di popolazione in sovrappeso (42% di quella maschile e 32% di quella
femminile). 7 Di poco migliore la situazione in Francia e Spagna: secondo l’Instituto
Nacional de Estadistica, nel paese iberico gli obesi sono il 17,1% e i pre-obesi il 36,7%
della popolazione 8. Il triste primato della Gran Bretagna viene confermato anche dagli
ultimi dati disponibili a livello internazionale, riportati nel già citato Rapporto OECD, che
individuano sopra la media europea di popolazione obesa (stimata al 15,5%), tra gli altri
anche Grecia, Finlandia, Repubblica Ceca e Irlanda.
Il quadro risulta preoccupante soprattutto perché è in costante aumento anche la percentuale
di popolazione sovrappeso (BMI tra 25 e 30), il cui rischio di sviluppare obesità è quindi
maggiore. Più della metà della popolazione adulta europea è obesa o sovrappeso. Nel
mondo, i bambini sotto i 5 anni in sovrappeso sono arrivati nel 2010 ad essere 43 milioni:
l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che oltre il 60% dei bimbi obesi diventerà un
adulto obeso, con un’aspettativa di vita minore dei coetanei normopeso e la comparsa
precoce di patologie come tumori e problemi cardiovascolari. 9
7
http://www.ic.nhs.uk/webfiles/publications/opad10/Statistics_on_Obesity_Physical_Activity_and_Diet_England_20
10.pdf
8 http://www.ine.es/prensa/np582.pdf
9 http://www.who.int/mediacentre/factsheets/fs311/en/
Le cause: la cattiva alimentazione
A determinare l’epidemia di obesità sono principalmente due fattori: la vita sempre più
sedentaria e la tendenza a mangiare in maniera disordinata e non equilibrata. L’Indagine
multiscopo sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana” (2001-2009) ha analizzato i
comportamenti alimentari degli italiani evidenziando il crescente consumo a livello
nazionale di snack, bevande gassate ed aperitivi alcolici, tutti cibi che favoriscono
l’aumento di peso. Un’ulteriore analisi è stata fatta per capire quanti italiani mangino
davvero, come previsto dalla dieta mediterranea, 5 porzioni di frutta e verdura al giorno.
Ebbene, solo una minima parte lo fa, sotto al 10%. Ed abita prevalentemente al Nord. Un
dato che ben si sposa con la prevalenza del sovrappeso nelle regioni meridionali. Infatti, fra
gli italiani appassionati di frutta e verdura troviamo gli abitanti del Trentino, del Friuli
Venezia Giulia, del Piemonte e della Val d’Aosta, insieme a quelli della Campania, gli unici
del Sud. Agli ultimi posti della classifica Sicilia, Puglia, Marche, Basilicata, Calabria.
I costi sociali dell’obesità
Favorendo l'insorgenza di malattie e aggravando patologie preesistenti, l’obesità riduce
l'aspettativa di vita e ne peggiora la qualità. Per questo motivo, la “pandemia” influisce
fortemente anche sullo sviluppo economico e sociale dei paesi coinvolti.
Secondo il rapporto Istat “Health for All 2008” 10, dal 1994 al 2007 si è assistito ad un
incremento del 2,6% del numero di obesi in Italia. In base ai dati riportati nel documento, il
costo sanitario pro-capite nel nostro paese è pari a 1.703 euro l'anno, di cui circa 138 euro
relativi a spese connesse all’obesità.
Sulla base di dati epidemiologici e di review internazionali, la Scuola Superiore Sant’Anna
ha dunque stimato nel 2009 il costo sociale dell’obesità in Italia 11. Considerata una
percentuale di obesi pari al 9,9% della popolazione – ovvero il tasso italiano secondo i dati
disponibili al tempo dello studio, che corrispondeva a quasi cinque milioni di persone adulte
– il costo sociale annuo dell’obesità risulterebbe essere di 8,3 miliardi di euro, pari a circa il
6,7% della spesa sanitaria pubblica. Ipotizzando una vita media di 75 anni, si può calcolare
che nel corso della sua esistenza un diciottenne obeso costerà allo Stato 100.000 euro in più
rispetto a un suo coetaneo normopeso.
Altre analisi hanno invece cercato di quantificare il valore totale della produttività lavorativa
persa in conseguenza dei problemi sanitari dei lavoratori, che risultano maggiori di quelli
dovuti alle cure mediche. Uno degli studi più accreditati in questo senso è quello condotto
nel 2010 dalla Duke University e apparso sul Journal of Occupational and Environmental
10 http://www.istat.it/sanita/Health/
11 http://www.sssup.it/news.jsp?ID_NEWS=2774&GTemplate=default.jsp
Medicine 12. Secondo l’indagine, il costo dell'obesità tra gli impiegati a tempo pieno negli
Stati Uniti ammonta a 73,1 miliardi di dollari. Lo studio quantifica il costo pro-capite
dell'obesità considerando tre fattori: spese mediche dei lavoratori, presentismo (produttività
persa sul lavoro per problemi di salute) e assenza dal lavoro (assenteismo).
Anche se sono più difficili da quantificare in termini finanziari, tra i costi sociali dell’obesità
dovrebbero poi essere considerati anche altri costi intangibili, come per esempio il minor
rendimento scolastico, la discriminazione sul lavoro, i problemi psicologici e sociali e la
scarsa qualità della vita. E, come vedremo, i disagi e i costi legati alla compromissione della
fertilità.
2. Il rischio per la salute riproduttiva
Quando si parla di infertilità legata all'obesità ci si riferisce a problemi riproduttivi che
possono riguardare sia le donne sia gli uomini. Nel primo caso diversi studi hanno messo in
relazione un indice di massa corporea troppo elevato con una riduzione dell'ovulazione, un
aumento della probabilità di aborti spontanei o dello sviluppo di sindrome da ovaio
policistico, e una peggiore qualità degli ovociti. Ma ultimamente l'obesità è stata collegata
anche all'infertilità maschile: gli uomini in eccesso di peso presentano infatti livelli anormali
degli ormoni legati alla riproduzione, lamentano più spesso disfunzioni erettili, alte
temperature scrotali che possono danneggiare la qualità del seme, e soffrono di disturbi
come le apnee notturne che possono ripercuotersi sul meccanismo di produzione di
testosterone.
Obesità e infertilità femminile
Una delle principali cause di infertilità nelle donne obese, come dimostra uno studio inglese
pubblicato nel 2010 su Reproduction (Brewer e Balen, “The adverse effects of obesity on
conception and implantation”), risiederebbe nell'insulinoresistenza, ovvero nella scarsa
sensibilità delle cellule all'insulina, che caratterizza i pazienti con diabete di tipo 2.
L'insulinoresistenza è infatti un fattore chiave nello sviluppo di anovulazione (mancanza di
ovulazione dovuta a fattori ormonali) nelle donne con eccesso di peso.
Ancor più di recente, uno studio della Washington University in St. Louis (“The impact of
obesity on egg quality” 13, Journal of assisted reproduction and genetics, marzo 2011)
mostra come anche il metabolismo degli ovociti venga reso meno efficace dall'eccesso di
grasso ponderale: il risultato è un tasso di natalità più basso per le donne obese.
12
http://journals.lww.com/joem/Abstract/2010/10000/The_Costs_of_Obesity_in_the_Workplace.4.aspx
13 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21625966
Inoltre, le donne obese che soffrono della sindrome dell'ovaio policistico (PCOS,
dall'inglese PolyCistyc Ovary Sindrome) - il disturbo ormonale più comune nelle donne in
età riproduttiva e la principale causa di infertilità femminile – rischiano molto più di quelle
normopeso di sviluppare altre malattie. L'eccesso di peso (Vrbikova e Hainer, Obesity
Facts 14 febbraio 2009), può infatti aggravare tutte le manifestazioni cliniche e le anomalie
metaboliche della sindrome: resistenza all'insulina, ipertensione arteriosa, infiammazioni
croniche, livelli anormali di lipidi nel sangue.
Già più di un decennio fa alcuni ricercatori inglesi (Willis, Journal of Clinical
Endocrinology & Metabolism 1996) avevano dimostrato che nelle donne l'insulina stimola
la produzione di androgeni, gli steroidi che controllano le caratteristiche maschili, e inibisce
la produzione di una proteina chiamata SHBG (Sex Hormone-Binding Globulin) che si lega
ai regolatori sessuali, favorendo l’aumento di testosterone libero. Questa presenza di ormoni
maschili nell'organismo femminile blocca l'ovulazione, provocando un arresto nello
sviluppo dei follicoli. Tale risultato è stato recentemente confermato anche da una ricerca
dell'Università di Groeningen, (Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism 2010 15).
In quest'ultimo studio, in particolare, si metteva in relazione l'anovulazione con la cosiddetta
obesità centrale, ovvero quella che prevede un accumulo di grasso nella metà inferiore del
torace.
Obesità e infertilità maschile
Nel sesso maschile, una delle cause principali dell’infertilità provocata dall’obesità sarebbe
connessa ai livelli anormali degli androgeni. Il grasso in eccesso è stato infatti associato a
basse percentuali di testosterone libero nel sangue, e in molti obesi di sesso maschile è stata
riscontrata un'alta concentrazione di estrogeni. Queste caratteristiche, secondo uno studio
pubblicato su Nature Clinical Practice Endocrinology & Metabolism (“Treatment of Male
Infertility Secondary to Morbid Obesity” 16, dicembre 2008), sono provocate da
un'iperattività dell'enzima aromatasi, presente in alte percentuali nel cosiddetto tessuto
adiposo bianco. L’enzima converte gli androgeni in estradiolo, il principale regolatore
endocrino prodotto dalle ovaie. In un organismo maschile, il mancato controllo del livello di
ormoni sessuali femminili può ridurre alcuni importanti funzioni riproduttive, come
l’efficienza testicolare e la genesi degli spermatozoi (spermatogenesi).
Il tessuto adiposo bianco è anche il principale sito di sintesi della leptina, un ormone che
regola il senso di sazietà ma che ha delle implicazioni anche nel funzionamento del sistema
riproduttivo. A dimostrare questo legame, in uno studio che resta una pietra miliare del
settore, sono stati nel 1999 alcuni ricercatori italiani (The Journal of Clinical Endocrinology
& Metabolism, “Leptin and Androgens in Male Obesity: Evidence for Leptin Contribution
14 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20054201
15 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20200335
16 http://www.medscape.com/viewarticle/578840
to Reduced Androgen Levels”). Quando lo steroide viene prodotto in quantità eccessiva può
ridurre il livello di androgeni, e poiché i suoi recettori si trovano nel tessuto testicolare,
questo può ripercuotersi direttamente sulla funzionalità dello sperma.
Un altro fattore specifico del tessuto adiposo che influenza la fertilità maschile è la
maggiore produzione di resistina, proteina collegata all'insulinoresistenza. Secondo una
ricerca della Queen's University di Belfast (“Insulin dependant diabetes mellitus:
implications for male reproductive function”, Human Reproduction, maggio 2007),
l'iperinsulinemia è connessa all'inibizione della spermatogenesi, e produce anche un
deterioramento del Dna spermatico, che non solo provoca una riduzione nella fertilità, ma
anche una maggiore incidenza di aborti spontanei nelle partner.
L’eccesso di peso comporta anche problemi di natura fisiologica: uno studio della
Pennsylvania State University pubblicato su Fertility & Sterility, (“Diminished paternity and
gonadal function with increasing obesity in men” 17, 2008) mostra come il 76% degli uomini
che soffrono di disfunzione erettile sono sovrappeso o obesi. Questi soggetti presentano un
tasso maggiore di grasso scrotale che, combinato a bassi livelli di attività fisica e a uno stile
di vita più sedentario, può portare a una maggiore temperatura testicolare e a uno stress
genitale: questo, come spiegato da Andreas Jung nell'articolo “Influence of genital heat
stress on semen quality in humans” 18 (Andrologia, dicembre 2007), può provocare un
peggioramento nella qualità e nella concentrazione del liquido seminale.
Infine, da non dimenticare anche un problema che affligge circa i due terzi degli uomini
obesi: le apnee notturne, ripetuti episodi di ostruzione delle vie aeree superiori durante il
sonno. Sebbene siano poche le ricerche che hanno affrontato l’argomento, alcuni studi
dimostrano come questo problema possa avere ripercussioni sulla fertilità maschile. In
particolare, una ricerca pubblicata su Obesity Research (“Altered Luteinizing Hormone and
Testosterone Secretion in Middle-Aged Obese Men with Obstructive Sleep Apnea”, febbraio
2005) documenta come le apnee notturne interrompano la normale crescita dei livelli di
testosterone che si verifica durante il sonno, e come questo possa provocare anomalie nella
spermatogenesi.
3. Gli effetti dell’obesità sui trattamenti di Pma
Le donne obese hanno difficoltà a concepire anche quando ricorrono alla procreazione
medicalmente assistita (Pma). Sebbene non esista una metodologia condivisa e la
definizione di obesità spesso non sia uniforme, la maggior parte delle ricerche condotte in
questo ambito ha trovato una correlazione tra obesità e ridotto successo nella Pma.
A rendere più complicata la vita delle donne obese che devono ricorrere a queste tecniche
17 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18291378
18 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18076419
sono diversi fattori.
In primo luogo, l'eccesso di peso ponderale si ripercuote in maniera negativa sulla
stimolazione ovarica. Lo dimostra per esempio uno studio pubblicato su Reproductive
Biomedics Online (“Impact of isolated obesity on ICSI outcome” 19, 2008), secondo cui nelle
donne obese sono necessarie dosi maggiori di gonadotropine (gli ormoni usati per
stimolare la produzione di ovociti), e per un tempo di somministrazione più lungo. Questo
può provocare uno sfasamento tra i tempi di produzione degli ovociti e quelli della
recettività uterina ottimale. Risultato: le donne obese portano a termine i cicli di
inseminazione in maniera meno efficace rispetto alle altre, e in più spesso non riescono a
produrre un numero adeguato di follicoli maturi. Una conseguenza che ha risvolti
importanti anche dal punto di vista economico: secondo uno studio olandese pubblicato su
Human Reproduction Update (“Economic consequences of overweight and obesity in
infertility: a framework for evaluating the costs and outcomes of fertility care” 20, 2010), i
costi della Pma per le donne obese o sovrappeso sono superiori del 70% rispetto alle
normopeso, o addirittura del 100 % se le pazienti sono soggette ad anovulazione.
Inoltre, sebbene la qualità degli embrioni impiantati non risulti inferiore, diverse ricerche
(compreso lo stesso studio su Human Reproduction Update) hanno riscontrato, nelle donne
con peso in eccesso, una minore qualità media nel numero complessivo di embrioni
prodotti, riducendo anche le possibilità di crioconservazione.
Un altro problema delle pazienti obese riguarda i livelli di leptina: in queste donne,
l'ormone è spesso presente nel fluido follicolare in alte concentrazioni. Questa caratteristica
comporta una resistenza alle gonadotropine durante la stimolazione ovarica nella FIVET
(Fertilizzazione In Vitro con Embryo Transfer), come prova uno studio apparso nel 2009 su
Current Opinion in Obstetrics and Gynecology (“The impact of body mass index on assisted
reproduction” 21). Per compensare questo fenomeno, alle donne obese vengono
somministrate dosi maggiori di gonadotropine. Il che, tuttavia, può portare un
indebolimento dello sviluppo embrionale, e dunque ridurre le possibilità di impianto
dell’embrione in utero.
Sempre su Human Reproduction Update, infine, uno studio del 2007 (“Effect of overweight
and obesity on assisted reproductive technology—a systematic review”) avvalora la tesi che
le donne obese corrano un rischio maggiore di aborto spontaneo rispetto alle normopeso,
sebbene le motivazioni di questa prevalenza non siano ancora chiare. Non abbiamo invece
prove sufficienti per chiarire la relazione tra eccesso di grasso ponderale e le percentuali di
nati vivi. Tuttavia, numerosi studi riportano un tasso di gravidanze e nascite che si riduce al
crescere dell'Indice di Massa Corporea nelle donne che ricorrono a procreazione
19 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18854116
20 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20056674
21 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19395966
medicalmente assistita (“Female obesity impairs in vitro fertilization outcome without
affecting embryo quality 22”, Obesity Research Today, gennaio 2010).
4. L’infertilità si può contrastare
Sebbene il quadro descritto sembri lasciare spazio a poche speranze, esistono alcuni
accorgimenti che le donne in sovrappeso possono adottare, per aumentare le chance di
ottenere una gravidanza.
È stato dimostrato, infatti, che un cambiamento delle abitudini di vita (e dunque la perdita di
qualche chilo in eccesso) può ristabilire la fertilità e diminuire i rischi in gravidanza per chi
presenta un eccesso di grasso ponderale.
Chiave di volta di questa teoria è un articolo apparso sul British Medical Journal nel 2001, e
da allora citato in quasi 500 studi: “Treatment of obesity: need to focus on high risk
abdominally obese patients”. La ricerca documenta come, nelle donne con un Bmi maggiore
di 30kg/m2, un calo di peso anche solo del 5% sia associato a una perdita di grasso viscerale
che può arrivare fino al 30%. Questo comporta un consistente miglioramento metabolico e
può significare il recupero della normale ovulazione, e una riduzione dell’insulinoresistenza
e nei livelli di testosterone nell'organismo.
Bisogna però stare attenti a non favorire una perdita di peso troppo rapida o diete con un
numero di calorie troppo basso: queste ultime in particolare sono state associate ad una
riduzione della probabilità di riuscita delle tecniche di procreazione medicalmente assistita
(“Effect of a very-low-calorie diet on in vitro fertilization outcomes” 23, Fertility and
Sterility, giugno 2006). Quindi ad esempio, le donne che si sottopongono a interventi
chirurgici per perdere peso dovrebbero evitare gravidanze nel primo anno dopo l'operazione,
che è quello in cui il dimagrimento è più massiccio e veloce (“Pregnancy and Fertility
Following Bariatric Surgery”, The Journal of American Medical Association, novembre
2008). A maggior ragione interventi come questi potrebbero non essere positivi per gli
uomini obesi: alcuni studi (“Secondary male factor infertility after Roux-en-Y gastric
bypass for morbid obesity: case report” 24, Human Reproduction, aprile 2005) indicano la
possibilità di sviluppo di infertilità secondaria dopo essersi sottoposti a tali operazioni
chirurgiche.
È dunque importante rimarcare l'importanza per le donne sovrappeso che cercano una
gravidanza, e per i loro partner obesi, di apportare dei cambiamenti sostanziali nello stile di
vita, ad esempio associando ad un regime alimentare corretto un programma quotidiano di
esercizi fisici. È infatti la combinazione di dieta, attività fisica e un cambiamento generale
22 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19171335
23 http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S001502820600567X
24 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15618249
dei comportamenti sbagliati causa dell'obesità a favorire la perdita di grasso, diminuendo
anche il rischio di diabete mellito di tipo 2 (“Exercise in obesity, metabolic syndrome, and
diabetes” 25, Progress in Cardiovascular Diseases, maggio-giugno 2011). Nelle donne,
secondo uno studio molto importante del Brigham and Women's Hospital di Boston
pubblicato nel 1998 (“Exercise, glucose transport, and insulin sensitivity” 26, Annual Review
of Medicine), l'esercizio fisico aiuta al mantenimento del peso corporeo, ma anche in
assenza di dimagrimento migliora la risposta insulinica e le possibilità di concepimento.
25 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21545927
26 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9509261
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