Luigi Pastore, pittore «aversano»

Luigi Pastore, pittore «aversano»
Il 24 maggio del 1834 Aversa dava i natali a Luigi Pastore destinato a diventare uno
dei migliori pittori italiani tra Ottocento e Novecento. Figlio di un modesto operaio,
Pastore, cui la città ha dedicato una via nella zona sud, studiò all’Istituto di Belle Arti
di Napoli dove rivelò ben presto il suo ingegno con dei pregevoli acquerelli imitanti
affreschi di età romana. L’aneddotica riporta che uno dei suoi acquarelli raffigurante
Pompei, attualmente nelle collezioni del Louvre, suscitò l’attenzione niente di meno
che dell’imperatore Napoleone III, il quale, ispirato dalla sua bellezza, pare
partorisse, in quell’occasione, l’idea di allestire con altri disegni di Pastore e la
collaborazione di ingegneri italiani, un’altra Pompei a Parigi. Ancora giovanissimo
realizzò un quadro ad olio per una delle cappelle laterali della chiesa di S. Lucia a
mare di Napoli, andato purtroppo distrutto in uno dei bombardamenti subiti dalla città
nell’ultimo conflitto mondiale. Dipinse prevalentemente paesaggi e soggetti ispirati ai
temi letterari o religiosi, in cui è evidente l’affinità stilistica con molte opere di
Morelli, ritenuto il suo maestro, benché questo presunto discepolato non sia
documentato.
Aversa, Cappella cimiteriale, L. Pastore, Le tre Marie al sepolcro
Nel 1855 esordì alla Mostra borbonica con La figlia di Tiziano, mentre nell’edizione
del 1859 inviò il Sant’Antonio abate piangente sulle spoglie di san Paolo prima
eremita, molto lodato dalla critica per il realismo della luce. Negli anni successivi
partecipò alle Promotrici partenopee del 1866 (Imitazione di un affresco pompeiano),
del 1874 (Il cadavere di Cologny), del 1879 (La piccola operaia) e del 1883 (Il
canale di Vena). Nella chiesa frattese di San Sossio, Pastore realizzò una pala d’altare
raffigurante Santa Giuliana, andata dispersa nel tempo.
All’attività espositiva affiancò una vasta produzione di dipinti con soggetti storici o
religiosi per privati. Tra i dipinti di soggetto storico si ricordano Il pentimento di
Fanfulla di Lodi, oggi nella collezione del nipote, l’avv. Giovanni Pastore, ad Aversa
e La congiura di Marin Faliero, già presso i Roccatagliata di Napoli, andato
anch’esso perduto durante i bombardamenti dell’ultima guerra. Identica sorte, ma per
restauri e rifacimenti, subirono i due dipinti che occupavano le pareti laterali della
chiesa dei Santi Filippo e Giacomo di Aversa e un affresco in uno degli ambienti
dell’antico Palazzo municipale del comune di Frattamaggiore. I dipinti aversani,
realizzati nel 1879, rappresentavano San Luca che ritrae la Vergine e Il cardinale
Fabrizio Ruffo libera Aversa dai francesi. Si
sono, invece, salvati i medaglioni con Uomini
illustri di Aversa che adornano la volta del
soffitto dell’antica Sala consiliare nell’ex
Palazzo municipale della sua città natale.
Restano fortunatamente in loco, dopo un
tentativo di furto, anche i due dipinti che
adornano la Cappella Madre del Cimitero di
Aversa, Le Marie al sepolcro di Gesù ed Eliseo
risuscita il figlio della donna di Sunam, del
1865, che ancora una volta denotano l’adesione
del pittore aversano allo stile e alle tematiche
della pittura morelliana. Per la cappella
Andreozzi nello stesso cimitero di Aversa
realizzò un Cristo morto, mentre in quella della
famiglia Carotenuto si trova un interessante
bozzetto su lastra d’ardesia dal titolo La morte
improvvisa. Restaurò, ma in realtà rifece quasi
del tutto, gli affreschi realizzati da Belisario
Corenzio nelle volte, nella crociera e nei
peducci della chiesa napoletana di Santa
Maria la Nova raffiguranti Angeli, Arcangeli
e Cherubini, i Santi fondatori degli ordini
religiosi, Profeti e Figure simboliche. Nella
cappella della Croce della stessa chiesa
restaurò l’affresco, oggi male conservato,
raffigurante la Cena in Emmaus, attribuito a
Simone Papa junior, che adorna la scodella
della volta. Negli stessi anni egli andava
realizzando il suo capolavoro, Il Tasso alla
Corte di Ferrara, un enorme quadro ad olio,
commissionatogli dalla famiglia Peccerillo
di Casapulla, presso di cui è dato tuttora
vederlo, che gli costò ben sei anni di studio e
paziente lavoro. L’opera, completata nel
1876, misura ben sette metri per due metri e
mezzo. A lavoro ultimato (Pastore lo
Aversa, ex Palazzo municipale,
realizzò nella sua casa paterna di Aversa),
L. Pastore, D. Parente
per poter fare uscire il grande quadro,
Aversa, Ex Palazzo municipale,
L. Pastore, D. Cimarosa
bisognò praticare una grossa apertura nella parete del salone dove il maestro aveva
lavorato. Il prezzo pattuito per l’opera fu di cinquantamila lire.
Casapulla, Palazzo Peccerillo, L. Pastore, Il Tasso alla corte di Ferrara
Dopo aver riscosso un anticipo, il Pastore fu pagato con moltissime rate di lire dieci
ciascuna che andava a riscuotere periodicamente a Casapulla con il suo calesse. La
scena del quadro è maestosa: su un’ampia terrazza che domina i giardini della villa
estense a Belriguardo, Pastore dipinge figure storiche al «naturale». C’è il Tasso con
al fianco Eleonora D’Este. Di fronte a loro ci sono la Duchessa di Urbino, Lucrezia,
sorella del Duca Alfonso II, e la Contessa di Scandiano. Quello che colpisce di
quest’opera, oltre alle grandi dimensioni, è la bravura dell’artista aversano nel
fondere insieme prospettiva lineare aerea, paesaggio storico e pittura di «genere», in
una perfetta armonia naturale di colori. Per i critici fu un’opera geniale perché «si
ispira alla leggenda degli amori del più geniale poeta d’Italia del Cinquecento per
Eleonora d’Este ed è opera coscienziosa, di storico accorto, di artista che la leggenda
l’ha intravista nei libri, l’ha studiata, l’ha vagliata e rappresentata non come la
fantasia per caso concepisce, ma come la storia richiede. E se il Pastore non fosse un
potente Maestro del Colore, se non fosse dotto disegnatore, se non curasse come egli
cura ritrarre nelle sue figure viventi tutto il loro mondo intimo degli affetti e delle
sensazioni, basterebbe la cura scrupolosa che mette nell’osservanza storica
dell’ambiente per chiamarlo Artista». Il dipinto riscosse un buon successo presso i
critici e i pittori del tempo fra cui Vincenzo Marinelli, Achille Carrelli, Gabriele
Smargiassi, Federico Maldarelli, Raffaele Postiglione, Tommaso Solari e Domenico
Morelli che, portatisi a osservare il quadro, esposto per qualche giorno in un locale
situato nella Villa Nazionale (l’attuale Villa Comunale) rilasciarono all’autore un
attestato della loro ammirazione. Negli ultimi decenni della sua vita, Pastore si dedicò
soprattutto all’insegnamento, prima presso la scuola serale della Società operaia di
Aversa e poi all’Istituto d’Arte di San Lorenzo, tralasciando quasi del tutto l’attività
espositiva. Le cronache registrano, tuttavia, una sua partecipazione all’Esposizione
Nazionale di Roma del 1893 con un’opera da cavalletto, Concerto musicale, ispirata
a un’antica pittura murale di Ercolano. Il grande pittore aversano morì il 19 gennaio
del 1913, all’età di 79 anni. Pianto dalla sua città, dopo una vita condotta con grande
umiltà, Aversa proclamò quel giorno il lutto cittadino. Una grande folla di amici e di
estimatori lo accompagnò nel suo ultimo viaggio al cimitero cittadino. Il carro
funebre fu seguito dalla banda musicale dei suoi giovani allievi del S. Lorenzo.
Franco Pezzella