Le politiche del lavoro e la valutazione del loro impatto ¾ Classificazione delle politiche ¾ L’analisi economica delle politiche del lavoro ¾ La valutazione dell’efficacia delle politiche del lavoro: • Metodologie di valutazione di impatto • L’esperienza valutativa: un confronto internazionale • Esempi di applicazione valutazione di impatto delle politiche attive del lavoro in Italia Alcuni riferimenti bibliografici ¾ Baici-Samek (2001) cap.5 ¾ Brucchi-Luchino (2001) cap.11 e cap. 20 ¾ Fay R.G.(1996), Enhancing the effectiveness of active labour market policies: evidence from programme evaluation in OECD countries, in OECD Labour Market and Social Policy Occasional Paper, no. 18 (scaricabile dal sito oecd) ¾ Rettore E., Trivellato U. e Martini A. (2002), La valutazione delle politiche del lavoro in presenza di selezione: migliorare la teoria, i metodi o i dati? scaricabile da: www.stat.unipd.it/lavoro2001/uniloc_padova_base.htm ¾ Tavistock Institute, GHK and IRS (2003), The evaluation of socio-economic development - The Guide, scaricabile dal sito Esempi di valutazione di interventi di politica attiva del lavoro ¾ Ichino A., Mealli F. e Nannicini T. (2003), Il lavoro interinale in Italia. Trappola del precariato o trampolino verso un impiego stabile?, mimeo, scaricabile da www.welfare.gov.it ¾ Laudisa F. (2000), Valutare gli effetti occupazionali della formazione utilizzando i non ammessi ai corsi come gruppo di controllo, mimeo ¾ Martini A., Valutazione dell’efficacia di interventi pubblici contro la povertà: questioni di meotodo e studi di casi, mimeo 1997 Le politiche del lavoro (1) Diverse politiche hanno effetti sul mercato del lavoro perché influenzano la domanda e l’offerta di lavoro: A. POLITICHE DI SOSTEGNO ALLA DOMANDA AGGREGATA ED ALLA DOMANDA DI LAVORO (politiche macroeconomiche, sussidi all’occupazione, creazione di lavoro nel settore pubblico, riduzione del costo del lavoro) B. POLITICHE DI SOSTEGNO DEL REDDITO DURANTE LA NON-OCCUPAZIONE (sussidi di disoccupazione, politiche assistenziali e politiche sociali in genere) C. POLITICHE RIVOLTE ALL’OFFERTA DI LAVORO (riduzione offerta di lavoro, istruzione/formazione e riqualificazione dell’offerta di lavoro, sostegno all’incontro tra domanda ed offerta di lavoro) D. POLITICHE DI REGOLAZIONE DEI RAPPORTI DI LAVORO e di contrattazione salariale Le politiche del lavoro (2) Si considerano propriamente politiche del lavoro tutte le politiche che operano direttamente nel mercato del lavoro e si rivolgono ai soggetti in difficoltà occupazionale (selettività). Queste politiche sono volte ad attivare e a facilitare l’inserimento lavorativo dei soggetti che si trovano al margine del mercato (politiche attive) o a sostenere il reddito delle persone in cerca di lavoro o a facilitare l’uscita dal lavoro (politiche passive). In base alla classificazione OCSE ed Eurostat si distingue tra: POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO ¾ASSISTENZA ALLA RICERCA DI LAVORO ¾FORMAZIONE PROFESSIONALE ¾SUSSIDI ALL’OCCUPAZIONE NEL SETTORE PRIVATO ¾SOSTEGNO AL LAVORO AUTONOMO ¾CREAZIONE DI LAVORO NEL SETTORE PUBBLICO POLITICHE PASSIVE DI SOSTEGNO DEL REDDITO ¾SUSSIDI DI DISOCCUPAZIONE E SOSTEGNO DEL REDDITO DISOCCUPATI ¾SCHEMI DI PREPENSIONAMENTO AI Struttura e tendenze della spesa per le politiche del lavoro ¾ Nel 2004 la spesa pubblica per le politiche del lavoro va da circa il 0.7% del PIL negli USA al 4,4% della Danimarca. Circa un terzo è dato dalle politiche attive ¾ in Europa il livello di spesa maggiore per le politiche del lavoro nei paesi nordici. In questi paesi e’ anche alta la quota di spesa per le politiche attive del lavoro. ¾ la spesa più bassa per le politiche del lavoro in Grecia, Gran Bretagna, Italia, intorno al 1% del pil. ¾ nella media UE circa un terzo delle spese per politiche attive del lavoro si concentra nelle politiche di formazione professionale, circa un quarto nei sussidi di disoccupazione. il 17% sui servizi per l’impiego, il 16% misure per i giovani ed il 12% per i disabili. ¾ Nei paesi europei è anche relativamente elevata la spesa per i sussidi di disoccupazione che sono molto generosi e di lunga durata e coprono in genere una larga percentuale di persone senza lavoro (Italia eccezione) ¾ Negli anni più recenti tentativi di riduzione della spesa pubblica che hanno portato anche a ridurre la spesa per i sussidi di disoccupazione, e a rivedere le politiche attive del lavoro Le politiche del lavoro nell’analisi economica (1) Nel modello neoclassico gli squilibri nel mercato del lavoro sono ricondotti a: ¾ Legislazione che impone salari minimi superiori a quelli di equilibrio o riduce la flessibilità salariale ¾ Assenza di perfetta informazione che porta a valutazioni errate dei prezzi e dei salari, oltre che della produttività (modelli di ricerca di lavoro) ¾ Sussidi di disoccupazione troppo generosi (modelli di ricerca di lavoro) ¾ Assenza di concorrenza perfetta nel mercato dei beni e del lavoro ¾ Vincoli alla mobilità del lavoro Implicazioni di politica economica:lasciare che il mercato si aggiusti, riducendo il più possibile l’intervento regolativo Le politiche del lavoro nell’analisi economica (2) ¾ Nel modello NAIRU il tasso di disoccupazione effettivo ha una componente ciclica (che dipende dalla domanda aggregata e dalla velocità di aggiustamento a shock esterni) ed una componente strutturale di lungo periodo (il NAIRU) che dipende dalle caratteristiche dell’offerta (condizioni di produzione e mercato del lavoro). ¾ Nel lungo periodo il tasso di disoccupazione di equilibrio dipende solo da fattori di offerta (strutturali). ¾ In questo modello dunque solo fattori strutturali influenzano il tasso naturale di disoccupazione e quindi solo politiche strutturali che agiscono sull’offerta aggregata possono influenzare il tasso di disoccupazione di equilibrio (NAIRU). ¾ Politiche macro-economiche che agiscono sulla domanda aggregata non influenzano il tasso di disoccupazione naturale, ma solo quello di breve periodo e l’andamento di prezzi e salari (inflazione). ¾ Si può temporaneamente abbassare la disoccupazione sotto il tasso naturale a spese di una maggiore inflazione. Caratteristiche della disoccupazione europea e politiche del lavoro (1) Per individuare le politiche più adatte di lotta alla disoccupazione è necessario verificare: • Se e quanto la disoccupazione sia - strutturale (NAIRU) - ciclica • Se e quanto incidono meccanismi di persistenza ⇓ ¾ Se disoccupazione è soprattutto strutturale (elevato livello di equilibrio o NAIRU) allora sono necessarie politiche dell'offerta che riformino il sistema di intervento nel mercato del lavoro (sistema di protezione dell'occupazione, di sostegno del reddito durante la disoccupazione, di contrattazione salariale, sistema fiscale e di sicurezza sociale, ecc.) e sostengano l’offerta di lavoro (formazione, sostegno nella ricerca di lavoro, incontro domanda ed offerta) ¾ Se si verificano meccanismi di persistenza, allora sono necessarie politiche che rimuovano gli ostacoli alla capacità e velocità di aggiustamento. ¾ Se la disoccupazione è ciclica, allora necessarie politiche della domanda Che politiche per ridurre la disoccupazione europea? ¾ Se la disoccupazione europea è soprattutto dovuta all'aumento del NAIRU e a fenomeni di isteresi, politiche macroeconomiche espansive non bastano perché alimenterebbero l'inflazione. D'altro canto interventi di riforma strutturale nel mercato del lavoro sono più facili da realizzare in condizioni di crescita economica. ¾ Politiche di maggiore flessibilità del mercato del lavoro potrebbero essere utili nel medio periodo, ma non nel breve perché non consentirebbero di ridurre la disoccupazione attuale ¾ Sono necessarie politiche strutturali di riduzione del NAIRU e del meccanismo di propagazione degli effetti degli shocks (PAL): • politiche di investimento in capitale umano • politiche di riduzione del costo del lavoro meno qualificato • politiche attive del lavoro per migliorare efficacia del processo di matching MA queste politiche sono costose e possono avere effetti negativi. ¾ INOLTRE per ridurre probabilità shocks asimmetrici è necessaria una convergenza nei sistemi di regolazione del mercato del lavoro che può essere realizzata o attraverso competizione istituzionale o attraverso intervento diretto delle istituzioni europee. Effetti attesi delle politiche attive (1) Distinguere tra impatto microeconomico (sui partecipanti) e impatto macreconomico (sul mercato del lavoro e su altri mercati, tenendo conto degli effetti di complementarietà tra le politiche). Nel secondo caso sono necessari modelli di equilibrio economico generale. Le politiche attive del lavoro: gli effetti attesi • riduzione la disoccupazione esplicita tra i partecipanti alle misure (effetto lordo) • aumento della partecipazione al mercato del lavoro e delle probabilita’ di occupazione dei disoccupati • aumento della produttivita’ del lavoro • miglioramento efficacia del processo di incontro tra domanda ed offerta di lavoro • riduzione del numero e della durata dei periodi di disoccupazione • riduzione della spesa per le politiche di sostegno del reddito • riduzione dei salari di equilibrio grazie alla maggiore competizione nel mercato del lavoro degli “outsiders” • controllo dell’effettiva condizione di disoccupazione di chi riceve i sussidi di disoccupazione Effetti attesi delle politiche attive (2) I possibili effetti negativi ¾ rischio di effetti distorsivi sul mercato del lavoro (effetti di sostituzione e di spiazzamento) ¾ Rischio di non avere effetti aggiuntivi: si aiuta chi troverebbe lavoro anche senza sostegno pubblico (spreco di risorse) ¾ Rischio di disincentivare la ricerca di lavoro durante la partecipazione ai programmi e di ridurre le pressioni per la riduzione dei salari ¾ Se costano molto e sono finanziate attraverso la tassazione, possono avere effetti negativi attraverso la maggiore pressione fiscale L’ampiezza di questi effetti dipende molto da chi sono i soggetti verso cui si indirizzano le politiche del lavoro. Difficile stabilire a priori l’effetto netto delle politiche attive del lavoro, che dipendono molto anche dal modo in cui le politiche sono attivate. Disegno delle politiche deve rispondere alle seguenti domande: in che momento della disoccupazione dovrebbero essere attivate? ¾ a chi devono essere indirizzate ? (gruppi ristretti o ampi di beneficiari?) ¾ che livello e durata dovrebbero avere gli interventi ? ¾ la partecipazione dovrebbe essere obbligatoria o facoltativa? ¾ i diversi interventi dovrebbero essere integrati tra loro o no? Il monitoraggio e la valutazione delle politiche consentono di ottenere qualche risposta a queste domande Tabella 5.1. Impatto atteso delle diverse misure di politica attiva del lavoro MISURA EFFETTI ATTESI POSITIVI EFFETTI ATTESI NEGATIVI - Riduzione durata disoccupazione Effetti di dispersione elevati. Sussidi alla occupazione (sussidi alle imprese che Riducendo il costo della disoccupazione - Riduzione potere contrattuale assumono disoccupati o possono accrescere la pressione salariale degli insider e minori pressioni popolazione target) salariali per l’accresciuta offerta Aumenta la richiesta di sussidi di effettiva di lavoro disoccupazione - Controllo dell’effettiva ricerca di Effetto “stigma” negativo lavoro Spiazzamento settore privato Creazione di lavoro nel settore - Aiuta i gruppi più deboli a mantenere il contatto con il Stigma che può peggiorare la posizione dei pubblico mercato del lavoro (esperienze di lavoro soggetti coinvolti temporaneo nel settore pubblico - Controllo dell’ effettiva ricerca Riduce il costo della disoccupazione e può o non profit per i disoccupati di di lavoro accrescere la pressione salariale - Può creare nuovi lavori che il lunga durata e popolazione La produttività marginale è molto bassa mercato non avrebbe prodotto target) Rischio di creare un settore parallelo in cui sono “intrappolati” i più deboli - Aiuta a ridurre la durata della Effetti di dispersione se si aiuta chi troverebbe Servizi per l’impiego disoccupazione (servizi di informazione, comunque lavoro - Può ridurre il potere contrattuale orientamento, sostegno alla Possono spiazzare i disoccupati i lunga durata degli insider e le pressioni ricerca di lavoro, incontro salariali per accresciuta offerta domanda ed offerta) effettiva di lavoro - Costa meno rispetto alle altre misure Sostegno autoimpiego (incentivi monetari e assistenza tecnica ai disoccupati che vogliono mettersi in proprio) Corsi di formazione professionale (in aula o sul lavoro) - Sviluppo imprenditorialità - Minori pressioni salariali per l’accresciuta offerta di lavoro - Maggiore competizione nel mercato dei prodotti - Aumenta la produttività dei disoccupati - Aumenta l’offerta effettiva di lavoro Effetti di dispersione elevati. Spiazzamento di imprese non sussidiate Solo una piccola quota di disoccupati è interessata Costosi Si riduce l’intensità della ricerca di lavoro durante la formazione Riduce il costo della disoccupazione e può accrescere la pressione salariale Effetti di dispersione elevati Fonte: Fay (1996), Samek Lodovici (1995) QUESTIONI APERTE Quanto deve durare il sussidio e che profilo temporale deve assumere? Che livello ottimale dovrebbe avere? In che momento della disoccupazione dovrebbe essere offerto? Quali controlli per evitare le frodi? Quanto dovrebbero durare questi lavori? Come si può ridurre lo spiazzamento? Che livello retributivo bisogna considerare? Come si possono massimizzare i benefici nonostante la bassa produttività? A che stadio della disoccupazione dovrebbero essere attivati? Ogni quanto dovrebbe essere controllata la disponibilità al lavoro? Che tipo di sostegno? Quanto deve durare il sostegno? Con che modalità si devono erogare i finanziamenti? Come tenere conto dei bisogni e come coinvolgere le imprese? A che stadio della disoccupazione dovrebbero essere attivati ? Che durata e dimensione dovrebbero avere i corsi? La partecipazione deve essere volontaria? Deve essere pagato un sussidio e a che livello ? Tabella 5.2. I costi ed i benefici dei programmi di politica attiva del lavoro livello Individuale Erario costi Costo opportunità di essere in un programma piuttosto che alla ricerca di lavoro o impegnato in altre attività (studio, cura dei famigliari,..). Il costo dipende dalle caratteristiche di ciascun individuo Costi diretti di partecipazione Costi diretti di gestione e amministrazione dei programmi Collettività Costi legati agli effetti di dispersione e agli effetti redistributivi sui non partecipanti alle misure (maggiore tassazione per finanziare i programmi ad esempio, spiazzamento lavoratori e imprese non coinvolte nei programmi,…). Questi costi sembrano più elevati dove mercato dle lavoro più rigido e dove i programmi sono più estesi. Fonte: Fay (1996), Heckman et al. (1999) benefici Aumento delle probabilità di occupazione e dei salari attesi legati alla partecipazione ai programmi La riduzione della disoccupazione dovrebbe nel lungo periodo tradursi i minori costi di gestione e amministrazione dei programmi Minore spesa per sussidi di disoccupazione e assistenza sociale Aumento delle entrate fiscali legate all’aumento dell’occupazione e dei salari Minore tasso di criminalità (soprattutto tra i giovani) Effetti di imitazione su altri individui: ad es. maggiori incentivi all’ investimento in formazione Effetti indiretti positivi: ad es. programmi di incentivo al lavoro autonomo possono creare posti di lavoro anche per i non partecipanti Valore dei prodotti della maggiore occupazione Maggiore co-operazione tra i diversi livelli di intervento Tabella 5.3. Effetti attesi delle politiche attive del lavoro sulle principali variabili del mercato del lavoro Effetto previsto su Migliore processo di matching (incontro domanda/offerta di lavoro) Aumento offerta di lavoro Maggiore competizione per posti di lavoro Salario reale Occupazione Occupazione Offerta di lavoro regolare in % regolare in % della effettiva delle forze di popolazione lavoro ? +(?) +(?) - - (?) + - + + - - - + - - Effetti di dispersione Minori costi della disoccupazione Aumento produttività + (0) ? (+) ? (+) Controllo effettiva ricerca di lavoro 0 (-) 0 (+) 0 (+) Tassazione ? ? (0) ? (0) Altre politiche ? ? ? 0 + 0 0 0 0 ? ? (+) Nota: Le parentesi indicano effetti attesi possibili, ma incerti. L’ultima colonna non considera gli effetti secondari sull’offerta di lavoro che possono verificarsi in seguito alle variazioni nei salari e nell’occupazione indotte dai cambiamenti descritti nelle altre colonne. Fonte: Calmfors (1994), table 1 pag.25 Le politiche di sostegno del reddito (1) Effetti attesi positivi (equità ed efficienza) ¾ Alleviare perdita di benessere connessa alla disoccupazione ¾ Consentire ai disoccupati una più efficace ricerca di un nuovo posto di lavoro ed un più efficiente processo di matching, riducendo le pressioni ad accettare il primo lavoro disponibile. ¾ Contribuire a rendere più flessibile il mercato del lavoro e ad aumentare la mobilità del lavoro, rendendo meno "costoso", per lavoratori e imprese, il ricorso al licenziamento. ¾ Sostegno alle imprese che domandano lavoro stagionale o a termine: in loro assenza, le imprese dovrebbero offrire salari più elevati per attirare i lavoratori di cui hanno bisogno. Negli USA si prevede che il contributo delle imprese al finanziamento del sussidio sia legato al tasso di utilizzo (experience-rating). ¾ Ammortizzatori ciclici automatici: in presenza di mercati dei capitali imperfetti, che comportano vincoli di liquidità per i lavoratori, essi impediscono il verificarsi di situazioni di equilibrio di sottoconsumo di tipo keynesiano. ¾ Gli schemi di tipo assicurativo, sistema più diffuso e più antico di sostegno del reddito durante la disoccupazione, hanno la loro ragione d’essere in questi principi di efficienza. Essi prevedono che lavoratori ed imprese versino dei contributi per assicurarsi contro il rischio della perdita del posto di lavoro. Ragioni di equità in condizioni di fallimento del mercato spiegano invece l’intervento pubblico in questo campo. Il fallimento del mercato è in questo caso dovuto al fatto che in condizioni di mercato, sarebbero proprio i lavoratori a più basso reddito, che solitamente presentano i maggiori rischi di disoccupazione, a dover pagare i premi più elevati. Le politiche di sostegno del reddito (2) Effetti attesi negativi ¾ Le teorie della ricerca di lavoro mostrano che i sussidi di disoccupazione possono ridurre l’incentivo a cercare attivamente lavoro ed accrescere i salari di riserva dei disoccupati, perché abbassano la propensione ad accettare i posti di lavoro disponibili per tutta la loro durata. I sussidi possono quindi favorire la permanenza nello stato di disoccupazione ed aumentare la persistenza e la durata media della disoccupazione (trappola della disoccupazione). ¾ Secondo le teorie della contrattazione salariale, inoltre, riducendo il costo della disoccupazione, i sussidi possono accrescere il potere contrattuale dei lavoratori ed elevare le pressioni salariali. ¾ La disoccupazione di equilibrio può aumentare anche per la maggiore partecipazione al lavoro di chi ha più probabilità di sperimentare episodi di disoccupazione, indotta dalla possibilità di ottenere sussidi di disoccupazione dopo qualche episodio di occupazione. Questo effetto di “entitlement” può, d’altro canto, ridurre il salario di accettazione di chi entra per la prima volta nel mercato del lavoro. ¾ Infine i sussidi possono rafforzare e perpetuare nel tempo gli effetti negativi sui salari e la disoccupazione di altri fattori che influenzano negativamente il mercato del lavoro. Effetti delle diverse politiche sull’equilibrio del mercato del lavoro Politiche passive in Italia ¾ L’Italia spende relativamente poco in politiche passive 1. 2. Ridotta copertura dei disoccupati (coloro in cerca di prima occupazione non beneficiano di sussidi) Replacement rate basso (40% per 6 mesi) [Trattamenti più generosi – CIG– solo in alcuni casi, in primis aziende manifatturiere con più di 15 addetti. NB: la CIG presuppone il mantenimento del posto di lavoro] Emergono tre modelli a. b. c. Sussidi a livello basso e con pochi beneficiari (400mila nel 1999) Supporto ai redditi agricoli e edilizi: integrazioni ex post per periodi di scarsa attività nei 12 mesi precedenti. CIG (ordinaria e straordinaria) e prepensionamenti per aziende manifatturiere oltre la soglia dei 15 addetti. Politiche passive in Italia Le politiche attive in Italia