2006 Teatro Municipale Valli, 8 aprile 2006 jünge deutsche philharmonie andrey boreyko direttore janine jansen violinista JÜNGE DEUTSCHE PHILHARMONIE ANDREY BOREYKO DIRETTORE JANINE JANSEN VIOLINISTA Sergej Prokof’ev Concerto per violino e orchestra n. 2 in sol minore op. 63 1. Allegro moderato 2. Andante assai - Allegretto - Andante assai 3. Allegro, ben marcato Dimitri Shostakovich Sinfonia n. 7 in do maggiore op. 60 “Leningrado” Teatro Municipale Valli, 8 aprile 2006, ore 20,30 Edizioni del Teatro Municipale Valli 1. Allegretto 2. Moderato (Poco allegretto) 3. Adagio 4. Allegro non troppo Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, 2006. A cura dell’Ufficio stampa, comunicazione e promozione. Ricerche e documentazione a cura di Giulia Bassi. un saggio di Marcello Zuffa intrecci Prokof’ev Franco Pulcini, Il sorriso del naufrago, in “Amadeus” n. 171. Galina Visneskaja, Galina, una Storia Russa, Frassinelli, Milano 1985. Enzo Siciliano, Carta per musica, Mondadori, Milano 2004. Franco Pulcini, Shostakovich, EDT, Torino 1993. Massimo Mila, I costumi della Traviata, Studio Tesi, Pordenone 1984. Dictionary of Musical Quotations, Chambers, Edimburgh 1991. saggio * Shostakovich La monolitica Settima Sinfonia (più di un’ora di musica), di Dimitri Dimitrjevich Shostakovich (S. Pietroburgo, 1906 - Mosca, 1975), è opera che richiede un qualche sforzo a comprendere quanto in realtà essa si fermi un passo prima del baratro della retorica. Sulle prime ci colpisce infatti lo strumentale possente (vi si prevede anche il clarinetto basso, il controfagotto, ben sei tromboni, il pianoforte), l’impianto in do maggiore, tono in pericolo di brillante banalità, che conta quindi non molti utilizzi, felicemente visitato solo da pochi grandi compositori; ci sentiamo sequestrati dalla vasta sezione mediana del primo movimento, esposta in luogo del normale sviluppo in questa ennesima formasonata, basata su un tema ostinatamente ripetuto, in cui lo stratificato aggiungersi di strumenti crea un ineluttabile crescendo, in una sorta di asciugatura novecentista del modello di passacaglia presente nell’ultimo movimento della Quarta Sinfonia di Brahms, incrociata col Bolero di Ravel, con annesso testardo tamburo; potremmo perfino stancarci del lungo Adagio, luogo di accordi corali, di linee melodiche meticolosamente stese, di ritmi puntati di marcia, o essere stremati dalla sfacciata coda dell’ultimo movimento. Ma dotati di più attenzione rileveremmo la grande abilità del Nostro nel progettare solide architetture sonore, fatte di simmetrie, come nel primo movimento, dove l’iniziale tema eroico e il secondo elegiaco (dialettica assolutamente tradizionale) si presentano in ordine invertito alla conclusione del brano, o di grandi campate d’arco, come nell’ultimo movimento, dove veniamo presi per mano a camminare sopra una lunga sezione sorretta da una travatura reticolare ben calcolata di modulazioni, mentre percepiamo il progressivo accumularsi di tensioni gravitazionali, fino all’alto culmine, quando siamo finalmente premiati dalla visione di un solare e intrecci * Istruzioni per l’uso del programma di sala La musica si ascolta, il programma di sala la circonda di attenzioni verbali, di notizie, di analisi, non per sostituirsi ad essa, ma per sottrarla al piano della comunicazione immediata, che si fa spettacolo, e porla su quello della cultura; badando a non congelarla nei recessi della storia, e nel contempo a non slanciarsi in movenze interpretative d’accatto, soprattutto se si pongono come imprescindibili preludi all’ascolto. Si ha, come dice Pennac, anche il sacrosanto diritto di non leggerlo. (M. Z.) Ditegli [a Solzenitsin] che non dovrebbe sfidare la combriccola del Cremino. Dovrebbe lavorare. Uno scrittore deve lavorare. Dovrebbe scrivere, è un grande scrittore. (Shostakovich) Non si parla mai di Prokof’ev senza ricordare le sue disgrazie politiche vissute nella Russia sovietica insieme a Shostakovich. ... All’inizio della sua carriera Prokof’ev s’impose in Europa come un rappresentante di quel sano dinamismo russo che tanto contrastava con la mollezza occidentale. (Franco Pulcini) solenne panorama. Oppure potremmo compiacerci della qualità icastica delle idee tematiche, come il saltellante motto-motteggio su cui si basa la già ricordata parte intermedia del primo movimento, o il nobile arco melodico d’aspetto mahleriano che è tema principale del secondo movimento, brano che si presenta come un’isola di “mezzo carattere”, né tragica, né eroica, una specie di Scherzo intriso di humour, concepito nell’intenzione, testualmente dichiarata, di rifarsi al principio di mescolanza e articolazione dei generi proprio a Shakespeare. La Settima nasce nel 1941. Siamo in piena guerra e i nazisti sono alle porte di S. Pietroburgo, Mitja tenta ripetutamente di arruolarsi e alla fine otterrà soltanto un impiego cittadino per lo spegnimento degli incendi; le autorità sovietiche non amavano, infatti, mandare al fronte personalità importanti della cultura e dello spettacolo, volendo salvaguardare figure utili alla propaganda di regime: le spedivano anzi per lo più in luoghi lontani e tranquilli. Shostakovich decide così di fare la guerra a modo suo e concepisce l’affresco della Settima, dedicata appunto alla città di S. Pietroburgo, e di cui sussiste un “programma” che suona pressappoco così: I) a. La vita pacifica e felice del popolo; b. La guerra irrompe; c. Apoteosi della vita e del sole. II) I ricordi. III) I grandi spazi della mia patria. IV) a. La guerra continua; b. La vittoria. In realtà questa traccia si palesa solo a margine del primo progetto dell’opera, che prevedeva la stesura di una sorta di poema sinfonico in un unico movimento, fornito di un’introduzione corale, progetto che l’energia emozionale del Nostro quasi subito trasforma e amplia sino alle misure della sinfonia. Ultimata abbastanza celermente, è presentata per la prima volta il 5 marzo 1942 a Kuibyshev al suono dell’orchestra moscovita del Bolshoi, lì evacuata, come del resto Mitia e la sua famiglia, e al comando dell’amico Samuel Samossud. Tacciata subito d’eroismo dalla forza beethoveniana, quest’arma musicale antinazista deflagra in Unione Sovietica, preda della propaganda, ma anche in Occidente, dove il fascino del compositore che, sulle barricate, parla dell’eroico assedio della sua città, conquista tutte le platee dal vivo e radiofoniche. In America si pensa persino di confezionare un film basato sulla musica della Settima; quivi l’onore della prima esecuzione spetta a Toscanini con la sua NBC. Non vogliamo con ciò sminuire le qualità musicali dell’opera (né tantomeno il nobile motivo della sua composizione), rammentandoci di quanto l’autore stesso si sia premurato in seguito di distanziarsi dal concetto di programma, nel proporre una lettura del lavoro come risultato di pura spinta emozionale, oppure di quel che afferma in altra occasione, quando assegna il primo movimento della Sinfonia al novero dei rondò-sonata, segnalandoci così l’importanza di guardare ai dati puramente musicali. Ci spetta piuttosto rimarcare che questa sinfonia, come e più delle altre sue, è per Shostakovich prediletto mezzo espressivo. Vi si parla una lingua antica, coerentemente sorretta da una grammatica altrettanto antica, vale a dire che contrappunto, armonia, melodia, ritmo, elaborazione motivica, forme tradizionali sono per lui elementi costruttivi ancora validi per ampie architetture musicali; e potremmo inferire che questo si attui al fine di costruire una vicenda sonora che raggiunga il peso del romanzo letterario. In altri termini, infatti, come per scrittori quali Pasternak, Bulgakov, Zinoviev, per ciò che concerne dimensioni dell’opera, natura del plot, tipo di linguaggio, sono visibili le impronte di Tolstoj e Turgeniev, nel sinfonismo shostakovichiano si lasciano agevolmente intravedere i grandi modelli ottocenteschi del genere, segnatamente quelli di Ciajkovskij e Mahler; ma il suono è immerso in un colore, in un trattamento della dissonanza assolutamente moderni, atti a determinarne la In gioventù Shostakovich era un uomo allegro, di compagnia, ma la vita l’aveva portato a chiudersi in se stesso. Quando gli rivolgevano degli elogi, assumeva un atteggiamento di penosa goffaggine, come se stessero raccontandogli delle frottole. ... Una volta che si era visto quel volto tormentato, toccato da genio, non si poteva dimenticarlo: il suo sorriso infantile, vulnerabile, gli occhi grigio chiari ingranditi dalle lenti. Camminava con un’andatura rigida, a piccoli passi, e sembrava non sapere cosa farsene delle mani sempre inquiete. Spesso si grattava la testa con una mano, poi con l’altra, quindi si accarezzava il mento con un gesto caratteristico, così familiare a noi tutti. (Galina Visnevskaja) storicità e di conseguenza l’autenticità. La Settima ci mostra apparentamenti tematici e testuali riaffermazioni di idee, come l’apertura del primo movimento che ritorna alla fine dell’opera, che contribuiscono alla sua somma unitarietà e ne fanno il lucido monolite cui si accennava al principio. La mia esaltazione era straordinaria. I primi tre movimenti, cinquantadue minuti di musica, vennero stesi al volo. Temevo che la fretta mettesse in pericolo la qualità della partitura e che questa sembrasse raffazzonata. La feci ascoltare a miei amici che mi rassicurarono. Ricordo esattamente le date: il primo tempo è stato terminato il 3 settemre, il secondo il 17, il terzo il 29. Lavoravo giorno e notte. Capitava che le bombe cominciassero a piovere e che la contraerea entrasse in azione, ma non mi fermavo. Il 25 settembre festeggiai il mio anniversario a Leningrado (compivo 35 anni) lavorando più del solito. (Shostakovich) I legami fra Shostakovich e Sergej Sergeevich Prokof’ev (Soncovka, poi Krasnoje Selo, [Ukraina], 1891- Mosca, 1953) vanno ben al di là del loro essere russi e dell’avere entrambi curiosamente lo stesso nome del babbo. Tralasciando le differenze di classe (poiché i genitori di Prokof’ev erano piccoli proprietari terrieri, mentre la famiglia di Shostakovich viveva con un solo stipendio impiegatizio), li accomuna, e non è poco, il fatto di avere ambedue potuto beneficiare dell’amore e della cura di madri attente e puntuali, per di più eccellenti pianiste. Per Shostakovich studente le partiture di Prokof’ev, bambino prodigio che comincia molto presto a scrivere musica, sono già oggetto di ammirazione e studio accanto a quelle di Musorgskij e Rimskij-Korsakov. Né la fuga di Prokof’ev dalla Russia nel 1918, all’indomani della Rivoluzione, né il suo ritorno definitivo nel ’35, carico di fama acquisita nel mondo “decadente e capitalista”, furono mai motivo di disistima da parte di Shostakovich. Dal canto suo Sergej Sergeevich, soprattutto negli Stati Uniti, dove contava molti amici emigrati (come il potentissimo direttore e compositore Kusevickij), si prodigò per ospitare in concerti le composizioni dei musicisti sovietici e in particolare quelle di Shostakovich, per certo perseguendo anche l’obiettivo di meglio prepararsi il terreno per un ritorno a casa. Dimitri Dimitrevich ebbe a sua volta occasione di prendere le difese di Prokof’ev, anche nel momento in cui Stalin, alla fine degli anni ’30, esercitava personalmente una greve vigilanza sulla minore o maggiore aderenza da parte degli artisti ai dettami del “realismo socialista”: Shostakovich si trovò accusato di “formalismo”, ma lo fu anche l’ormai vecchio Sergej, malgrado egli tenesse i piedi saldi su di una solida fama internazionale, e potesse godere del caldo abbraccio di molti e del deferente rispetto di tutti. Non alto Dimitri Dimitrevich, Prokof’ev arriva quasi ai due metri; quanto quello è introverso, serio e generoso, quanto questo è socievole, diretto e un po’ opportunista. Le differenze di carattere di questi due pianisti per parte di mamma, trovano ovviamente riflesso nella musica che inventano. Quella di Sergej sembra sgorgare facilmente, ha tinta più leggera, come le delicate figure volanti dei quadri di Chagall, ed è sostenuta da impalcature neoclassiche direttamente scendenti dal côté mozartiano di Ciajkovskij. Non alieno alla forza, specie nelle sue sinfonie, Prokof’ev riesce sempre a stemperarla in repentini cambi di colore generati dall’armonia, o a scioglierla in melodie discendenti. Colpisce la meticolosa cura del particolare, che non sovraccarica il suono, non lo annega in barocchismi, ma piuttosto lo definisce più nitidamente. Se un determinato tipo di musica, o in generale un fenomeno culturale antropologicamente e sociologicamente inteso è, secondo Gramsci, il risultato di una riarticolazione e ricomposizione di elementi preesistenti, la musica di Prokof’ev è anche latrice di un gusto timbrico prodotto dal colorismo sinfonico alla Rimskij, incrociato con l’armonia-timbro alla francese, come la vediamo in Debussy, laddove potremmo anche collocare il villaggio Prokof’ev a metà strada fra la fabbrica Shostakovich e l’ipermercato Rachmaninov. Spiando nell’autobiografia di Sergej Sergeevich: «nel 1935 un gruppetto di fan del violinista Fin da bambino ho sempre fatto cose che non volevo fare. Sono stato una puttana, sono una puttana e lo sarò sempre. (Shostakovich) Shostakovich viveva nel dolore del suo popolo. (Enzo Siciliano) Non sprecate le vostre forze. Lavorate, suonate. Dovete vivere in questo paese e dovete guardare le cose come sono realmente. Non createvi illusioni. Non ci sono altre vite. Non ci possono essere. Siate riconoscenti per avere la possibilità di respirare. (Shostakovich) Sopraggiunge Prokof’ev: la freschezza, il vigore, il tono baldanzoso di un uomo che conosce le sue forze. E con questo, un’immensa volontà creatrice e uno slancio insopprimibile! ... La fantasia di Prokof’ev è inesauribile: la sua disinvoltura vi lascia inebetiti. Nulla di voluto, di forzato di ricercato d’inconsistente: il compositore sembra giocare con i suoni che dimorano nella sua anima. (Theodor W. Adorno) La musica di Debussy esala profumo, invece questa di Prokof’ev puzza. (Aleksandr Siloti) francese Robert Soëtens mi invitò a scrivere per lui un concerto, da concedergli in esclusiva per un anno. Poiché avevo materiali pronti per il violino accettai di buon grado. Dal punto di vista tecnico lo volevo certamente diverso dal primo concerto. L’ho scritto in diverse città, a seconda di dove mi portava il lavoro: Parigi, Voronez, Baku. La prima esecuzione ha luogo a Madrid, il 1 dicembre 1935, con Soëtens agli ordini della bacchetta di Enrique Arbòs». Il concerto esordisce con la prima idea affidata al solista, in pratica l’arpeggio ascendente dell’accordo di sol minore; dopo la transizione condotta su un motivo cullante, si apre la liricissima seconda idea in si bemolle. Lo sviluppo è condotto accademicamente sulle veloci figurazioni del solista, vi galleggiano le idee tematiche iniziali e lacerti motivici frammentati dall’elaborazione, e la ricapitolazione prevista dalla forma-sonata giunge rassicurante. Il secondo movimento (Andante assai) presenta una melodia postromanticamente posata su arpeggi e linea di basso affidati ad archi e clarinetto, di sapore quartettistico; più tardi gli arpeggi costituiscono le figurazioni discorsive del solista che sfociano nella velocità. Liquidato tale materiale c’imbattiamo in un Allegretto centrale con funzione di scherzo, secondo un consueto modello brahmsiano ma anche ciajkovskiano, occasione per croccanti volate del violino, oltre il quale giunge la prevedibile ripresa dell’inizio. L’Allegro ben marcato finale, in forma pressoché ternaria di semplice rondò, si basa su metri dispari talvolta zoppicanti (3/4 e 7/4), accentuati da accordi secchi d’orchestra, d’umore rabbioso. La parte solistica del violino è piuttosto difficile, come testimonia un duro scambio epistolare fra Prokof’ev e Soëtens, il quale impetrava pietà per ottenere una semplificazione delle battute finali. Prokof’ev si rifiutò come sempre. La qualità di quest’opera risiede a nostro avviso in un deciso ripiegamento cameristico, raggiunto non soltanto grazie ad uno svuotamento della densità verticale, cioè con l’aumento della distanza fra le parti portatore di trasparenza sonora, ma anche attraverso il continuo percorrere la tavolozza strumentale: brevi frasi di archi e fiati si alternano rapidamente scaricando l’accumulazione di suono. Non sfugge d’altro canto all’analisi il fatto che i temi ci appaiano brevi e immediati, come facili all’ascolto, certamente il risultato della scommessa che il Nostro fa con se stesso per ciò che concerne il problema della “semplicità”. Prokof’ev, risovietizzato negli anni ’30, cercando di fare in qualche modo propri i diktat culturali di regime, scrive che nella musica occorre appunto cercare semplicità di idee e di trattamento, avendo cura di evitare banalità e ripetitività. Ben conscio di camminare sul filo di una lama, Prokof’ev tenta di trasformare la dialettica col potere in autodisciplina compositiva. Prokof’ev appartiene al futuro. (Theodor W. Adorno) Durante l’assedio di Leningrado, agosto 1942, il soldato acquista un biglietto per il concerto con la Settima di Shostakovich, annunciata dal manifesto. ANDREI BOREYKO è uno dei direttori provenienti dall’Est europeo che si è messo maggiormente in evidenza negli ultimi anni. Attualmente è Direttore musicale della Winnipeg Symphony Orchestra, Direttore principale della Sinfonica di Amburgo e, dal 2006, sarà Direttore principale della Sinfonica di Berna. Il primo incarico di Direttore musicale è stato con la Ural Philharmonic a Ekaterinburg, Russia. In sèguito lo è stato della Filarmonica di Poznan, Polonia, per quattro anni. Dal 1998 al 2001, mentre era Direttore principale associato della Russian National Orchestra, si è esibito in Russia e negli Stati Uniti. Dal 2000 al 2003 è stato Direttore ospite principale della Vancouver Symphony Orchestra. È nato a San Pietroburgo dove ha studiato direzione al conservatorio RimskijKorsakov, diplomandosi con il massimo dei voti. I riconoscimenti internazionali iniziano nel 1987, anno in cui vince il premio Fitelberg per direttori d’orchestra a Katowice, seguito dal premio Kondrashin ad Amsterdam nel 1989. Famoso per il suo approccio innovativo alla programmazione, ha ricevuto, soprattutto per il lavoro con la Filarmonica di Jena dal 1998 al 2003, il Deutscher Musikverleger-Verband nel 2000, 2001 e 2003. Un tale riconoscimento non aveva precedenti nella storia del premio. Nelle stagioni più recenti ha debuttato con i Berliner Philharmoniker; ha collaborato con la Chicago Symphony Orchestra, all’interno del progetto “Silk Road” con Yo-Yo Ma nel 2002. Ha inoltre collaborato con orchestre quali Concertgebouw-Amsterdam, Gewandhaus-Lipsia, Royal Stockholm Philharmonic, Sinfonica di S. Pietroburgo, Orchestre de la Suisse Romande, Sydney, Melbourne, Netherlands Radio Symphony, Maggio Fiorentino, BBC Symphony, Bamberg, Danish National Symphony e RAI-Torino. L’anno scorso ha debuttato in Giappone con la Sinfonica di Tokyo, e a Tanglewood con la Boston Symphony. Ha diretto in un lungo tour la Filarmonica di Monaco; con la Filarminica Cecoslovacca ha compiuto un tour degli Stati Uniti culminato alla Carnegie Hall di New York. Impegni futuri includono reinviti a Monaco, Chicago, Londra, e nuovi impegni con la Los Angeles e la Philadelphia Philharmonic, la London e la City of Birmingham Symphony, la Oslo Philharmonic, l’Orchestra della Radio Svedese e le Orchestre Sinfoniche di Detroit, Pittsburgh, Toronto, Montreal, del Maggio Fiorentino, della RAI e di Tokyo. Boreyko è un grande sostenitore della musica contemporanea e ha un rapporto privilegiato con compositori quali Leonid Desyatnikov, Henryk Gorecki, Sofia Gubaidulina, Giya Kancheli, Arvo Part, Alexander Raskatov. La sua discografia include opere di Ginastera, Bloch, Silvestrov e Takemitsu. Di quest’ultimo ha registrato, con Gidon Kremer e la Deutsches Symphonie Orchester di Berlino, diverse opere. La sua ultima registrazione è stata per l’etichetta Teldec, con l’acclamato trombettista Sergei Nakariakov. Fin dalla sua fondazione nel 1974 la JÜNGE DEUTSCHE PHILHARMONIE appartiene ai più interessanti e popolari complessi sulla scena orchestrale tedesca. Responsabilità diretta, cambio di direttori, scelta libera dei solisti e un programma autonomamente composto sono i concetti base di questa orchestra di studenti democraticamente organizzata. Essendo composta dai più dotati studenti delle scuole musicali tedesche, si riunisce tre volte all‘anno per un intenso periodo di prove. Sotto la bacchetta di rinomati direttori d‘orchestra vengono selezionati programmi di concerti che includono musica moderna così come opere dal repertorio classico romantico. È ospite regolare della Berliner Festwochen, della Alten Oper Frankfurt, della Koelner Philharmonie e della Hamburger Musikhalle. Culmine della storia dell‘orchestra sono state l‘esibizione delle opere complete di Anton Webern nel 1983 — con Gary Bertini —, la collaborazione con Stockhausen e Boulez nel 1990, il tour in Scandinavia e USA con Michael Gielen nel 1988 e 1991, l‘esibizione dell‘opera di Heiner Goebbels “Surrogate Cities” nel 1994, il debutto ai BBC-Proms alla Royal Albert Hall di Londra nel 1995, così come il tour nel nord- Il debutto londinese di JANINE JANSEN nel novembre 2002 con la Philharmonia, sotto la direzione di Vladimir Ashkenazy, ha attirato l’attenzione del mondo intero. Subito dopo la violinista olandese ha firmato un contratto in esclusiva con Decca, e la sua prima registrazione ha avuto un grande successo di critica, testimoniato tra gli altri da una recensione a cinque stelle nel BBC Music Magazine. Una seconda incisione è stata pubblicata nell’autunno del 2004. Jansen è oggi considerata una delle giovani violiniste più promettenti del panorama musicale internazionale. Si esibisce regolarmente per il Concertgebouw di Amsterdam, la Società Filarmonica di Bruxelles, le Filarmoniche di Colonia e Berlino, la Cité de la Musique, il Konzerthaus di Vienna, la Carnegie Hall di New York, Wigmore Hall, Royal Festival Hall e Royal Albert Hall per i BBC Proms di Londra. Tra le orchestre con cui ha collaborato ci sono la Concertgebouw Chamber Orchestra, la Royal Concertgebouw Orchestra, la Netherlands Radio Orchestra, la Filarmonica di Rotterdam, la Residentie Orchestra dell’Aja, l’Orchestra Nazionale del Belgio, l’Orchestra della Radio di Berlino, l’Orchestra da camera di Monaco, la City of Birmingham Orchestra, l’Hallé Orchestra, le orchestre della BBC e la Philharmonia Orchestra. Ha collaborato con direttori quali Ashkenazy, Brüggen, Mark Elder, Gergiev, Noseda, Sakari Oramo, Svetlanov, Hans Vonk and Jaap van Zweden. est europeo con Rudolf Barshai nel 1997, che ha incluso Amsterdam, Helsinki, San Pietroburgo, Mosca e altre città. Nel 1997 la Philharmonie ha fatto un tour internazionale in Italia e Spagna, condotto da Maazel. Nel 1999 si sono svolti concerti in Italia, sotto la guida artistica di Lothar Zagrosek. Il 1999 è inoltre stato caratterizzato dai concerti del lungo tour per la celebrazione dei primi vent’anni della JDP, l’orchestra si è esibita sotto la direzione di Iván Fischer. Nel dicembre 2001 si è esibita al Festival Tedesco in India, e in tour nella Corea del Nord. Un livello eccezionale di interpretazione e programmi inusuali sono divenuti il segno di riconoscimento di questo gruppo ripetutamente premiato. Ha vinto la Herbert-von-Karajan-Competition, la Deutscher Schallplattenpreis; è stato Artista dell‘Anno nel 1978; ha ricevuto il Deutscher Kritikerpreis, la Medaglia Mozart della città di Francoforte, il Grand Prix Année Européenne de la Musique, il Deutscher Kulturpreis, il premio di avanzamento della Ernst-von-SiemensFoundation nel 1996, il Würth-price of Jeunesses Musicales e il Bruno-Frey-price dell‘accademia musicale Ochsenhausen nel 1997. Nel 2000 la JDP ha ottenuto una borsa di studio dalla Ernst von Siemens Foundation . Famosi direttori, compositori e solisti lavorano con l‘orchestra: ad esempio, Inbal, Bertini, Kondraschin, Dutoit, Maazel, Lutoslawski, Boulez, Holliger, Zagrosek, Ozawa, Barshai, Kagel, Stockhausen, Eötvös, Kremer, Barenboim, Metzmacher, Zimmermann, Tetzlaff, Meyer, etc. La collaborazione con Lothar Zagrosek, direttore musicale della Stuttgarter Staatsoper e dal maggio 1995 'primo direttore ospite e consulente artistico' della Philharmonie, continuerà in stretto contatto. Nel 1997 Zagrosek ha diretto l‘esibizione all‘aperto del ‘Don Giovanni’ di Mozart al castello di Weikersheim. Nel 1999 Zagrosek e la Philharmonie hanno ottenuto un lavoro su commissione per la Musik-Biennale Berlin, premiato al concerto finale di quel festival. La Philharmonie ha sede a Francoforte sul Meno. Essa riceve fondi pubblici per far fronte al suo importante lavoro musicale e pedagogico. Senza la cooperazione di organizzatori, festival, sponsor e sostenitori privati i suoi progetti non potrebbero essere tradotti in realtà. L‘orchestra è sostenuta per i singoli progetti dalla Deutsche Ensemble Akademie, dalla Gesellschaft zur Verwertung von Leistungsschutzrechten mbH (GLV), dalla Hochschule der Kuenste Berlin, dall’Oscar und Vera Ritter-Stiftung, dal Mobil Pegasus Programm, dal Commerzbank AG, dal Siemens Kulturprogramm, dal Deutscher Musikrat, dal Ministero degli Esteri della Germania e dalla Verein der Freunde der Jungen Deutschen Philharmonie. La Junge Deutsche Philharmonie è membro della Federazione Europea delle Giovani Orchestre Nazionali.. Fonti: Cronologia universale, Roma, Newton Compton, 1996. Dizionario della musica e dei musicisti, Utet, 1994. www.musicweb.uk.net/Classpedia/index.htm. http://it.wikipedia.org/wiki2004 coincidenze 1935 1942 Prokof’ev: Concerto per violino n. 2 Shostakovich: Sinfonia n. 7 “Leningrado” Prokof’ev: Romeo e Giulietta. Mascagni: Nerone, opera. Strauss: Der Friedenstag, opera. Zemlinsky: Salmo XIII, per soli e orchestra. De Falla: Pour le tombeau de Paul Dukas, per pianoforte. Stravinskij: Concerto per due pianoforti. Webern: Das Augenlicht, per coro e orchestra. Tre Lieder. Berg: Concerto per violino “alla memoria di un Angelo”. Milhaud: Concerto per violoncello n. 1. Quartteto d’archi n. 9. Hindemith: Concerto per orchestra. Concerto per viola “Der Schwanendreher”. Orff: Carmina Burana. Gershwin: Porgy and Bess, opera. Poulenc: Suite française per orchestra da camera. Cinque poemi di Eluard. Weill: A Kingdom for a Cow, musical play. Shostakovich: Sinfonia n. 4. Cinque frammenti per piccola orchestra. Messiaen: La Nativité du Seigneur, nove meditazioni per organo. Shostakovich: Sonata per pianoforte n. 2. Sei Romanze su versi di Poeti inglesi. R. Strauss: Concerto per corno n. 2. Schönberg: Concerto per pianoforte. Pizzetti: Sonata per pianoforte. Malipiero: Minnie la candida, opera. Stravinskij: Danses concertantes, per orchestra da camera. Circus Polka, per orchestra. Casella: Paganiniana, per orchestra. Prokof’ev: Sonata per flauto. Ivan il terribile, musica da film. Martinu: Sinfonia n. 1. Milhaud: Quartetto d’archi n. 11. Poulenc: Sonata per violino. Dallapiccola: Marsia, balletto. Cinque Frammenti di Saffo. Menotti: The Island God, opera. Britten: A Ceremony of Carols, per tre soprani ed arpa. Hymn to St Cecilia, per voci a cappella. Bernstein: Sonata per clarinetto e pianoforte. Sinfonia n. 1 “Jeremiah”. Irving Berlin: White Christmas. Elias Canetti, L’accecamento. Arcibald Cronin, E le stelle stanno a guardare. John Steinbeck, Pian della Tortilla. Thomas Stearns Eliot, Assassinio nella cattedrale. René Magritte dipinge: La condizione umana. Fausto Melotti realizza: Scultura n. 15. A Stoccolma Gunnar Asplund iniziatore dell’architettura organica termina la costruzione del Crematorio del cimitero sud. Le truppe italiane penetrano in Etiopia dopo che erano scoppiati incidenti alla frontiera con la Somalia. Hitler ripristina la coscrizione obbligatoria. Inizia con le “leggi di Norimberga” la persecuzione degli ebrei e dei non ariani. Termina dopo 10.000 km. la lunga marcia, i comunisti guidati da Mao Ze-Dong raggiungono la regione dello Shensi dove nasce una repubblica sovietica del 90.000 partiti. Nicola Abbagnano, Introduzione all’esistenzialismo. Yves Tanguy dipinge: Ancora e sempre. Piet Mondrian dipinge: Broadway-Boogie-Woogie. Salvaore Quasimodo, Ed è subito sera. Gianni Stuparich, L’isola. Salvator Gotta, Ottocento. Antonio Baldini, Rugantino. Albert Camus, Lo straniero. William Saroyan, La commedia umana. A Salisburgo s’incontrano Hitler e Mussolini per un esame della situazione. Sidney e altre città australiane vengono bombardate dai giapponesi. In giungo, alla seconda conferenza di Washington, Roosevelt e Churchill decidono di studiare nuove iniziative militari per alleggerire la pressione tedesca sul fronte russo e gettano le basi per la costruzione della bomba atomica. In luglio Sebastopoli è occupata definitivamente dalla truppe tedesche e romene. Comincia la serie di battaglie sul Volga e per Stalingrado che durerà fino all’inizio di febbraio del 1943. Dal ghetto di Varsavia inizia la deportazione degli ebrei al campo di concentramento di Treblinka. In agosto a Mosca Churcill e Stalin si incontrano per la prima volta. In dicembre i Sovietici lanciano un’offensiva sul fronte del Don, provocando la rotta delle forze tedesche e la disfatta del contingente italiano accerchiato a quasi annientato: solo pochi reparti decimati riusciranno ad effettuare la ritirata. coincidenze Negli Stati Uniti il geofisico Charles Francis Richter mette a punto una scala per la misurazione dell’intensità dei terremoti. Il fisico Robert A.Watson-Watt inventa il radar. Rudolf Carnap scrive il saggio: Il problema logico della scienza. Il 2 dicembre nel campo squash dell’Università di Chicago si attua il primo esperimento di reazione nucleare a catena controllata con un reattore realizzato dal fisico italiano Enrico Fermi.