2006
Teatro Municipale Valli, 8 aprile 2006
jünge deutsche philharmonie
andrey boreyko direttore
janine jansen violinista
JÜNGE DEUTSCHE
PHILHARMONIE
ANDREY BOREYKO DIRETTORE
JANINE JANSEN VIOLINISTA
Sergej Prokof’ev
Concerto per violino e orchestra n. 2 in sol minore op. 63
1. Allegro moderato
2. Andante assai - Allegretto - Andante assai
3. Allegro, ben marcato
Dimitri Shostakovich
Sinfonia n. 7 in do maggiore op. 60 “Leningrado”
Teatro Municipale Valli, 8 aprile 2006, ore 20,30
Edizioni del Teatro Municipale Valli
1. Allegretto
2. Moderato (Poco allegretto)
3. Adagio
4. Allegro non troppo
Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, 2006.
A cura dell’Ufficio stampa, comunicazione e promozione.
Ricerche e documentazione a cura di Giulia Bassi.
un saggio
di Marcello Zuffa
intrecci
Prokof’ev
Franco Pulcini, Il sorriso del naufrago, in “Amadeus” n. 171.
Galina Visneskaja, Galina, una Storia Russa, Frassinelli, Milano 1985.
Enzo Siciliano, Carta per musica, Mondadori, Milano 2004.
Franco Pulcini, Shostakovich, EDT, Torino 1993.
Massimo Mila, I costumi della Traviata, Studio Tesi, Pordenone 1984.
Dictionary of Musical Quotations, Chambers, Edimburgh 1991.
saggio *
Shostakovich
La monolitica Settima Sinfonia (più di un’ora
di musica), di Dimitri Dimitrjevich Shostakovich
(S. Pietroburgo, 1906 - Mosca, 1975), è opera
che richiede un qualche sforzo a comprendere
quanto in realtà essa si fermi un passo prima
del baratro della retorica. Sulle prime ci colpisce
infatti lo strumentale possente (vi si prevede
anche il clarinetto basso, il controfagotto, ben
sei tromboni, il pianoforte), l’impianto in do
maggiore, tono in pericolo di brillante banalità,
che conta quindi non molti utilizzi, felicemente
visitato solo da pochi grandi compositori; ci
sentiamo sequestrati dalla vasta sezione mediana
del primo movimento, esposta in luogo del
normale sviluppo in questa ennesima formasonata, basata su un tema ostinatamente ripetuto, in cui lo stratificato aggiungersi di strumenti
crea un ineluttabile crescendo, in una sorta di
asciugatura novecentista del modello di passacaglia presente nell’ultimo movimento della
Quarta Sinfonia di Brahms, incrociata col Bolero
di Ravel, con annesso testardo tamburo; potremmo perfino stancarci del lungo Adagio,
luogo di accordi corali, di linee melodiche meticolosamente stese, di ritmi puntati di marcia,
o essere stremati dalla sfacciata coda dell’ultimo
movimento.
Ma dotati di più attenzione rileveremmo la
grande abilità del Nostro nel progettare solide
architetture sonore, fatte di simmetrie, come
nel primo movimento, dove l’iniziale tema eroico
e il secondo elegiaco (dialettica assolutamente
tradizionale) si presentano in ordine invertito
alla conclusione del brano, o di grandi campate
d’arco, come nell’ultimo movimento, dove veniamo presi per mano a camminare sopra una
lunga sezione sorretta da una travatura reticolare
ben calcolata di modulazioni, mentre percepiamo
il progressivo accumularsi di tensioni gravitazionali, fino all’alto culmine, quando siamo
finalmente premiati dalla visione di un solare e
intrecci
* Istruzioni per l’uso del
programma di sala
La musica si ascolta, il
programma di sala la circonda
di attenzioni verbali, di notizie,
di analisi, non per sostituirsi
ad essa, ma per sottrarla al
piano della comunicazione
immediata, che si fa spettacolo,
e porla su quello della cultura;
badando a non congelarla nei
recessi della storia, e nel
contempo a non slanciarsi in
movenze interpretative
d’accatto, soprattutto se si
pongono come imprescindibili
preludi all’ascolto. Si ha, come
dice Pennac, anche il
sacrosanto diritto di non
leggerlo. (M. Z.)
Ditegli [a Solzenitsin] che
non dovrebbe sfidare la
combriccola del Cremino. Dovrebbe lavorare.
Uno scrittore deve lavorare. Dovrebbe scrivere,
è un grande scrittore.
(Shostakovich)
Non si parla mai di Prokof’ev senza ricordare le
sue disgrazie politiche
vissute nella Russia sovietica insieme a Shostakovich.
...
All’inizio della sua carriera Prokof’ev s’impose in
Europa come un rappresentante di quel sano dinamismo russo che tanto contrastava con la
mollezza occidentale.
(Franco Pulcini)
solenne panorama. Oppure potremmo compiacerci della qualità icastica delle idee tematiche,
come il saltellante motto-motteggio su cui si
basa la già ricordata parte intermedia del primo
movimento, o il nobile arco melodico d’aspetto
mahleriano che è tema principale del secondo
movimento, brano che si presenta come un’isola
di “mezzo carattere”, né tragica, né eroica, una
specie di Scherzo intriso di humour, concepito
nell’intenzione, testualmente dichiarata, di rifarsi
al principio di mescolanza e articolazione dei
generi proprio a Shakespeare.
La Settima nasce nel 1941. Siamo in piena
guerra e i nazisti sono alle porte di S. Pietroburgo, Mitja tenta ripetutamente di arruolarsi e alla
fine otterrà soltanto un impiego cittadino per
lo spegnimento degli incendi; le autorità sovietiche non amavano, infatti, mandare al fronte
personalità importanti della cultura e dello
spettacolo, volendo salvaguardare figure utili
alla propaganda di regime: le spedivano anzi
per lo più in luoghi lontani e tranquilli. Shostakovich decide così di fare la guerra a modo suo
e concepisce l’affresco della Settima, dedicata
appunto alla città di S. Pietroburgo, e di cui
sussiste un “programma” che suona pressappoco così: I) a. La vita pacifica e felice del popolo;
b. La guerra irrompe; c. Apoteosi della vita e del
sole. II) I ricordi. III) I grandi spazi della mia
patria. IV) a. La guerra continua; b. La vittoria.
In realtà questa traccia si palesa solo a margine
del primo progetto dell’opera, che prevedeva la
stesura di una sorta di poema sinfonico in un
unico movimento, fornito di un’introduzione
corale, progetto che l’energia emozionale del
Nostro quasi subito trasforma e amplia sino
alle misure della sinfonia. Ultimata abbastanza
celermente, è presentata per la prima volta il 5
marzo 1942 a Kuibyshev al suono dell’orchestra
moscovita del Bolshoi, lì evacuata, come del
resto Mitia e la sua famiglia, e al comando
dell’amico Samuel Samossud. Tacciata subito
d’eroismo dalla forza beethoveniana, quest’arma
musicale antinazista deflagra in Unione Sovietica,
preda della propaganda, ma anche in Occidente,
dove il fascino del compositore che, sulle barricate, parla dell’eroico assedio della sua città,
conquista tutte le platee dal vivo e radiofoniche.
In America si pensa persino di confezionare un
film basato sulla musica della Settima; quivi
l’onore della prima esecuzione spetta a Toscanini
con la sua NBC.
Non vogliamo con ciò sminuire le qualità musicali dell’opera (né tantomeno il nobile motivo
della sua composizione), rammentandoci di
quanto l’autore stesso si sia premurato in seguito
di distanziarsi dal concetto di programma, nel
proporre una lettura del lavoro come risultato
di pura spinta emozionale, oppure di quel che
afferma in altra occasione, quando assegna il
primo movimento della Sinfonia al novero dei
rondò-sonata, segnalandoci così l’importanza
di guardare ai dati puramente musicali. Ci spetta
piuttosto rimarcare che questa sinfonia, come
e più delle altre sue, è per Shostakovich prediletto mezzo espressivo. Vi si parla una lingua
antica, coerentemente sorretta da una grammatica altrettanto antica, vale a dire che contrappunto, armonia, melodia, ritmo, elaborazione
motivica, forme tradizionali sono per lui elementi
costruttivi ancora validi per ampie architetture
musicali; e potremmo inferire che questo si
attui al fine di costruire una vicenda sonora che
raggiunga il peso del romanzo letterario. In altri
termini, infatti, come per scrittori quali Pasternak,
Bulgakov, Zinoviev, per ciò che concerne dimensioni dell’opera, natura del plot, tipo di linguaggio,
sono visibili le impronte di Tolstoj e Turgeniev,
nel sinfonismo shostakovichiano si lasciano
agevolmente intravedere i grandi modelli ottocenteschi del genere, segnatamente quelli di
Ciajkovskij e Mahler; ma il suono è immerso in
un colore, in un trattamento della dissonanza
assolutamente moderni, atti a determinarne la
In gioventù Shostakovich
era un uomo allegro, di
compagnia, ma la vita
l’aveva portato a chiudersi in se stesso. Quando
gli rivolgevano degli elogi, assumeva un atteggiamento di penosa goffaggine, come se stessero raccontandogli delle
frottole.
...
Una volta che si era visto
quel volto tormentato,
toccato da genio, non si
poteva dimenticarlo: il
suo sorriso infantile, vulnerabile, gli occhi grigio
chiari ingranditi dalle lenti. Camminava con
un’andatura rigida, a piccoli passi, e sembrava
non sapere cosa farsene
delle mani sempre inquiete. Spesso si grattava la testa con una mano,
poi con l’altra, quindi si
accarezzava il mento con
un gesto caratteristico,
così familiare a noi tutti.
(Galina Visnevskaja)
storicità e di conseguenza l’autenticità.
La Settima ci mostra apparentamenti tematici
e testuali riaffermazioni di idee, come l’apertura
del primo movimento che ritorna alla fine dell’opera, che contribuiscono alla sua somma
unitarietà e ne fanno il lucido monolite cui si
accennava al principio.
La mia esaltazione era
straordinaria. I primi tre
movimenti, cinquantadue minuti di musica,
vennero stesi al volo. Temevo che la fretta mettesse in pericolo la qualità della partitura e che
questa sembrasse raffazzonata. La feci ascoltare
a miei amici che mi rassicurarono. Ricordo esattamente le date: il primo tempo è stato terminato il 3 settemre, il secondo il 17, il terzo il 29.
Lavoravo giorno e notte.
Capitava che le bombe
cominciassero a piovere
e che la contraerea entrasse in azione, ma non
mi fermavo. Il 25 settembre festeggiai il mio anniversario a Leningrado
(compivo 35 anni) lavorando più del solito.
(Shostakovich)
I legami fra Shostakovich e Sergej Sergeevich
Prokof’ev (Soncovka, poi Krasnoje Selo, [Ukraina], 1891- Mosca, 1953) vanno ben al di là del
loro essere russi e dell’avere entrambi curiosamente lo stesso nome del babbo. Tralasciando
le differenze di classe (poiché i genitori di
Prokof’ev erano piccoli proprietari terrieri, mentre la famiglia di Shostakovich viveva con un
solo stipendio impiegatizio), li accomuna, e non
è poco, il fatto di avere ambedue potuto beneficiare dell’amore e della cura di madri attente
e puntuali, per di più eccellenti pianiste. Per
Shostakovich studente le partiture di Prokof’ev,
bambino prodigio che comincia molto presto
a scrivere musica, sono già oggetto di ammirazione e studio accanto a quelle di Musorgskij
e Rimskij-Korsakov. Né la fuga di Prokof’ev
dalla Russia nel 1918, all’indomani della Rivoluzione, né il suo ritorno definitivo nel ’35, carico
di fama acquisita nel mondo “decadente e
capitalista”, furono mai motivo di disistima da
parte di Shostakovich. Dal canto suo Sergej
Sergeevich, soprattutto negli Stati Uniti, dove
contava molti amici emigrati (come il potentissimo direttore e compositore Kusevickij), si
prodigò per ospitare in concerti le composizioni
dei musicisti sovietici e in particolare quelle di
Shostakovich, per certo perseguendo anche
l’obiettivo di meglio prepararsi il terreno per un
ritorno a casa. Dimitri Dimitrevich ebbe a sua
volta occasione di prendere le difese di Prokof’ev,
anche nel momento in cui Stalin, alla fine degli
anni ’30, esercitava personalmente una greve
vigilanza sulla minore o maggiore aderenza da
parte degli artisti ai dettami del “realismo
socialista”: Shostakovich si trovò accusato di
“formalismo”, ma lo fu anche l’ormai vecchio
Sergej, malgrado egli tenesse i piedi saldi su di
una solida fama internazionale, e potesse godere
del caldo abbraccio di molti e del deferente
rispetto di tutti.
Non alto Dimitri Dimitrevich, Prokof’ev arriva
quasi ai due metri; quanto quello è introverso,
serio e generoso, quanto questo è socievole,
diretto e un po’ opportunista. Le differenze di
carattere di questi due pianisti per parte di
mamma, trovano ovviamente riflesso nella musica che inventano.
Quella di Sergej sembra sgorgare facilmente,
ha tinta più leggera, come le delicate figure
volanti dei quadri di Chagall, ed è sostenuta da
impalcature neoclassiche direttamente scendenti
dal côté mozartiano di Ciajkovskij. Non alieno
alla forza, specie nelle sue sinfonie, Prokof’ev
riesce sempre a stemperarla in repentini cambi
di colore generati dall’armonia, o a scioglierla
in melodie discendenti. Colpisce la meticolosa
cura del particolare, che non sovraccarica il
suono, non lo annega in barocchismi, ma piuttosto lo definisce più nitidamente. Se un determinato tipo di musica, o in generale un fenomeno culturale antropologicamente e
sociologicamente inteso è, secondo Gramsci,
il risultato di una riarticolazione e ricomposizione
di elementi preesistenti, la musica di Prokof’ev
è anche latrice di un gusto timbrico prodotto
dal colorismo sinfonico alla Rimskij, incrociato
con l’armonia-timbro alla francese, come la
vediamo in Debussy, laddove potremmo anche
collocare il villaggio Prokof’ev a metà strada fra
la fabbrica Shostakovich e l’ipermercato Rachmaninov.
Spiando nell’autobiografia di Sergej Sergeevich:
«nel 1935 un gruppetto di fan del violinista
Fin da bambino ho sempre fatto cose che non
volevo fare. Sono stato
una puttana, sono una
puttana e lo sarò sempre.
(Shostakovich)
Shostakovich viveva nel
dolore del suo popolo.
(Enzo Siciliano)
Non sprecate le vostre
forze. Lavorate, suonate.
Dovete vivere in questo
paese e dovete guardare
le cose come sono realmente. Non createvi illusioni. Non ci sono altre
vite. Non ci possono essere. Siate riconoscenti
per avere la possibilità di
respirare.
(Shostakovich)
Sopraggiunge Prokof’ev:
la freschezza, il vigore, il
tono baldanzoso di un
uomo che conosce le sue
forze. E con questo,
un’immensa volontà creatrice e uno slancio insopprimibile!
...
La fantasia di Prokof’ev
è inesauribile: la sua disinvoltura vi lascia inebetiti. Nulla di voluto, di forzato di ricercato d’inconsistente: il compositore
sembra giocare con i
suoni che dimorano nella
sua anima.
(Theodor W. Adorno)
La musica di Debussy
esala profumo, invece
questa di Prokof’ev puzza. (Aleksandr Siloti)
francese Robert Soëtens mi invitò a scrivere
per lui un concerto, da concedergli in esclusiva
per un anno. Poiché avevo materiali pronti per
il violino accettai di buon grado. Dal punto di
vista tecnico lo volevo certamente diverso dal
primo concerto. L’ho scritto in diverse città, a
seconda di dove mi portava il lavoro: Parigi,
Voronez, Baku. La prima esecuzione ha luogo
a Madrid, il 1 dicembre 1935, con Soëtens agli
ordini della bacchetta di Enrique Arbòs».
Il concerto esordisce con la prima idea affidata
al solista, in pratica l’arpeggio ascendente dell’accordo di sol minore; dopo la transizione
condotta su un motivo cullante, si apre la liricissima seconda idea in si bemolle. Lo sviluppo
è condotto accademicamente sulle veloci figurazioni del solista, vi galleggiano le idee tematiche iniziali e lacerti motivici frammentati dall’elaborazione, e la ricapitolazione prevista dalla
forma-sonata giunge rassicurante. Il secondo
movimento (Andante assai) presenta una melodia postromanticamente posata su arpeggi e
linea di basso affidati ad archi e clarinetto, di
sapore quartettistico; più tardi gli arpeggi costituiscono le figurazioni discorsive del solista che
sfociano nella velocità. Liquidato tale materiale
c’imbattiamo in un Allegretto centrale con funzione di scherzo, secondo un consueto modello
brahmsiano ma anche ciajkovskiano, occasione
per croccanti volate del violino, oltre il quale
giunge la prevedibile ripresa dell’inizio. L’Allegro
ben marcato finale, in forma pressoché ternaria
di semplice rondò, si basa su metri dispari
talvolta zoppicanti (3/4 e 7/4), accentuati da
accordi secchi d’orchestra, d’umore rabbioso.
La parte solistica del violino è piuttosto difficile,
come testimonia un duro scambio epistolare
fra Prokof’ev e Soëtens, il quale impetrava pietà
per ottenere una semplificazione delle battute
finali. Prokof’ev si rifiutò come sempre. La
qualità di quest’opera risiede a nostro avviso
in un deciso ripiegamento cameristico, raggiunto
non soltanto grazie ad uno svuotamento della
densità verticale, cioè con l’aumento della distanza fra le parti portatore di trasparenza sonora, ma anche attraverso il continuo percorrere
la tavolozza strumentale: brevi frasi di archi e
fiati si alternano rapidamente scaricando l’accumulazione di suono. Non sfugge d’altro canto
all’analisi il fatto che i temi ci appaiano brevi e
immediati, come facili all’ascolto, certamente
il risultato della scommessa che il Nostro fa
con se stesso per ciò che concerne il problema
della “semplicità”. Prokof’ev, risovietizzato negli
anni ’30, cercando di fare in qualche modo
propri i diktat culturali di regime, scrive che nella
musica occorre appunto cercare semplicità di
idee e di trattamento, avendo cura di evitare
banalità e ripetitività. Ben conscio di camminare
sul filo di una lama, Prokof’ev tenta di trasformare la dialettica col potere in autodisciplina
compositiva.
Prokof’ev appartiene al
futuro.
(Theodor W. Adorno)
Durante l’assedio di Leningrado, agosto 1942, il soldato acquista un biglietto per il concerto
con la Settima di Shostakovich, annunciata dal manifesto.
ANDREI BOREYKO è uno dei direttori provenienti dall’Est europeo che si è
messo maggiormente in evidenza negli ultimi anni.
Attualmente è Direttore musicale della Winnipeg Symphony Orchestra, Direttore
principale della Sinfonica di Amburgo e, dal 2006, sarà Direttore principale
della Sinfonica di Berna. Il primo incarico di Direttore musicale è stato con la
Ural Philharmonic a Ekaterinburg, Russia. In sèguito lo è stato della Filarmonica
di Poznan, Polonia, per quattro anni. Dal 1998 al 2001, mentre era Direttore
principale associato della Russian National Orchestra, si è esibito in Russia e
negli Stati Uniti. Dal 2000 al 2003 è stato Direttore ospite principale della
Vancouver Symphony Orchestra.
È nato a San Pietroburgo dove ha studiato direzione al conservatorio RimskijKorsakov, diplomandosi con il massimo dei voti. I riconoscimenti internazionali
iniziano nel 1987, anno in cui vince il premio Fitelberg per direttori d’orchestra
a Katowice, seguito dal premio Kondrashin ad Amsterdam nel 1989. Famoso
per il suo approccio innovativo alla programmazione, ha ricevuto, soprattutto
per il lavoro con la Filarmonica di Jena dal 1998 al 2003, il Deutscher
Musikverleger-Verband nel 2000, 2001 e 2003. Un tale riconoscimento non
aveva precedenti nella storia del premio.
Nelle stagioni più recenti ha debuttato con i Berliner Philharmoniker; ha collaborato con la Chicago Symphony
Orchestra, all’interno del progetto “Silk Road” con Yo-Yo Ma nel 2002. Ha inoltre collaborato con orchestre quali
Concertgebouw-Amsterdam, Gewandhaus-Lipsia, Royal Stockholm Philharmonic, Sinfonica di S. Pietroburgo,
Orchestre de la Suisse Romande, Sydney, Melbourne, Netherlands Radio Symphony, Maggio Fiorentino, BBC
Symphony, Bamberg, Danish National Symphony e RAI-Torino. L’anno scorso ha debuttato in Giappone con la
Sinfonica di Tokyo, e a Tanglewood con la Boston Symphony. Ha diretto in un lungo tour la Filarmonica di Monaco;
con la Filarminica Cecoslovacca ha compiuto un tour degli Stati Uniti culminato alla Carnegie Hall di New York.
Impegni futuri includono reinviti a Monaco, Chicago, Londra, e nuovi impegni con la Los Angeles e la Philadelphia
Philharmonic, la London e la City of Birmingham Symphony, la Oslo Philharmonic, l’Orchestra della Radio Svedese
e le Orchestre Sinfoniche di Detroit, Pittsburgh, Toronto, Montreal, del Maggio Fiorentino, della RAI e di Tokyo.
Boreyko è un grande sostenitore della musica contemporanea e ha un rapporto privilegiato con compositori quali
Leonid Desyatnikov, Henryk Gorecki, Sofia Gubaidulina, Giya Kancheli, Arvo Part, Alexander Raskatov.
La sua discografia include opere di Ginastera, Bloch, Silvestrov e Takemitsu. Di quest’ultimo ha registrato, con Gidon
Kremer e la Deutsches Symphonie Orchester di Berlino, diverse opere. La sua ultima registrazione è stata per
l’etichetta Teldec, con l’acclamato trombettista Sergei Nakariakov.
Fin dalla sua fondazione nel 1974 la JÜNGE
DEUTSCHE PHILHARMONIE appartiene
ai più interessanti e popolari complessi sulla
scena orchestrale tedesca. Responsabilità
diretta, cambio di direttori, scelta libera dei
solisti e un programma autonomamente
composto sono i concetti base di questa
orchestra di studenti democraticamente
organizzata. Essendo composta dai più dotati
studenti delle scuole musicali tedesche, si
riunisce tre volte all‘anno per un intenso
periodo di prove. Sotto la bacchetta di
rinomati direttori d‘orchestra vengono
selezionati programmi di concerti che
includono musica moderna così come opere
dal repertorio classico romantico.
È ospite regolare della Berliner Festwochen, della Alten Oper Frankfurt, della Koelner Philharmonie e della
Hamburger Musikhalle. Culmine della storia dell‘orchestra sono state l‘esibizione delle opere complete di Anton
Webern nel 1983 — con Gary Bertini —, la collaborazione con Stockhausen e Boulez nel 1990, il tour in
Scandinavia e USA con Michael Gielen nel 1988 e 1991, l‘esibizione dell‘opera di Heiner Goebbels “Surrogate
Cities” nel 1994, il debutto ai BBC-Proms alla Royal Albert Hall di Londra nel 1995, così come il tour nel nord-
Il debutto londinese di JANINE JANSEN nel novembre
2002 con la Philharmonia, sotto la direzione di Vladimir
Ashkenazy, ha attirato l’attenzione del mondo intero. Subito
dopo la violinista olandese ha firmato un contratto in
esclusiva con Decca, e la sua prima registrazione ha avuto
un grande successo di critica, testimoniato tra gli altri da
una recensione a cinque stelle nel BBC Music Magazine.
Una seconda incisione è stata pubblicata nell’autunno del
2004.
Jansen è oggi considerata una delle giovani violiniste più
promettenti del panorama musicale internazionale. Si
esibisce regolarmente per il Concertgebouw di Amsterdam,
la Società Filarmonica di Bruxelles, le Filarmoniche di
Colonia e Berlino, la Cité de la Musique, il Konzerthaus di
Vienna, la Carnegie Hall di New York, Wigmore Hall, Royal
Festival Hall e Royal Albert Hall per i BBC Proms di Londra.
Tra le orchestre con cui ha collaborato ci sono la
Concertgebouw Chamber Orchestra, la Royal
Concertgebouw Orchestra, la Netherlands Radio Orchestra,
la Filarmonica di Rotterdam, la Residentie Orchestra dell’Aja,
l’Orchestra Nazionale del Belgio, l’Orchestra della Radio di
Berlino, l’Orchestra da camera di Monaco, la City of
Birmingham Orchestra, l’Hallé Orchestra, le orchestre della
BBC e la Philharmonia Orchestra.
Ha collaborato con direttori quali Ashkenazy, Brüggen,
Mark Elder, Gergiev, Noseda, Sakari Oramo, Svetlanov,
Hans Vonk and Jaap van Zweden.
est europeo con Rudolf Barshai nel 1997, che ha incluso
Amsterdam, Helsinki, San Pietroburgo, Mosca e altre
città. Nel 1997 la Philharmonie ha fatto un tour
internazionale in Italia e Spagna, condotto da Maazel.
Nel 1999 si sono svolti concerti in Italia, sotto la guida
artistica di Lothar Zagrosek.
Il 1999 è inoltre stato caratterizzato dai concerti del
lungo tour per la celebrazione dei primi vent’anni della
JDP, l’orchestra si è esibita sotto la direzione di Iván
Fischer. Nel dicembre 2001 si è esibita al Festival
Tedesco in India, e in tour nella Corea del Nord.
Un livello eccezionale di interpretazione e programmi
inusuali sono divenuti il segno di riconoscimento di
questo gruppo ripetutamente premiato. Ha vinto la
Herbert-von-Karajan-Competition, la Deutscher
Schallplattenpreis; è stato Artista dell‘Anno nel 1978;
ha ricevuto il Deutscher Kritikerpreis, la Medaglia
Mozart della città di Francoforte, il Grand Prix Année
Européenne de la Musique, il Deutscher Kulturpreis,
il premio di avanzamento della Ernst-von-SiemensFoundation nel 1996, il Würth-price of Jeunesses
Musicales e il Bruno-Frey-price dell‘accademia
musicale Ochsenhausen nel 1997. Nel 2000 la JDP ha
ottenuto una borsa di studio dalla Ernst von Siemens
Foundation .
Famosi direttori, compositori e solisti lavorano con
l‘orchestra: ad esempio, Inbal, Bertini, Kondraschin,
Dutoit, Maazel, Lutoslawski, Boulez, Holliger,
Zagrosek, Ozawa, Barshai, Kagel, Stockhausen, Eötvös,
Kremer, Barenboim, Metzmacher, Zimmermann,
Tetzlaff, Meyer, etc.
La collaborazione con Lothar Zagrosek, direttore
musicale della Stuttgarter Staatsoper e dal maggio
1995 'primo direttore ospite e consulente artistico' della
Philharmonie, continuerà in stretto contatto. Nel 1997
Zagrosek ha diretto l‘esibizione all‘aperto del ‘Don
Giovanni’ di Mozart al castello di Weikersheim. Nel
1999 Zagrosek e la Philharmonie hanno ottenuto un
lavoro su commissione per la Musik-Biennale Berlin,
premiato al concerto finale di quel festival.
La Philharmonie ha sede a Francoforte sul Meno.
Essa riceve fondi pubblici per far fronte al suo
importante lavoro musicale e pedagogico. Senza la
cooperazione di organizzatori, festival, sponsor e
sostenitori privati i suoi progetti non potrebbero essere
tradotti in realtà.
L‘orchestra è sostenuta per i singoli progetti dalla
Deutsche Ensemble Akademie, dalla Gesellschaft zur
Verwertung von Leistungsschutzrechten mbH (GLV),
dalla Hochschule der Kuenste Berlin, dall’Oscar und
Vera Ritter-Stiftung, dal Mobil Pegasus Programm,
dal Commerzbank AG, dal Siemens Kulturprogramm,
dal Deutscher Musikrat, dal Ministero degli Esteri
della Germania e dalla Verein der Freunde der Jungen
Deutschen Philharmonie. La Junge Deutsche
Philharmonie è membro della Federazione Europea
delle Giovani Orchestre Nazionali..
Fonti: Cronologia universale, Roma, Newton Compton, 1996. Dizionario della musica e dei musicisti, Utet, 1994. www.musicweb.uk.net/Classpedia/index.htm. http://it.wikipedia.org/wiki2004
coincidenze
1935
1942
Prokof’ev: Concerto per violino n. 2
Shostakovich: Sinfonia n. 7 “Leningrado”
Prokof’ev: Romeo e Giulietta.
Mascagni: Nerone, opera.
Strauss: Der Friedenstag, opera.
Zemlinsky: Salmo XIII, per soli e orchestra.
De Falla: Pour le tombeau de Paul Dukas, per pianoforte.
Stravinskij: Concerto per due pianoforti.
Webern: Das Augenlicht, per coro e orchestra. Tre Lieder.
Berg: Concerto per violino “alla memoria di un Angelo”.
Milhaud: Concerto per violoncello n. 1. Quartteto d’archi n. 9.
Hindemith: Concerto per orchestra. Concerto per viola “Der
Schwanendreher”.
Orff: Carmina Burana.
Gershwin: Porgy and Bess, opera.
Poulenc: Suite française per orchestra da camera. Cinque
poemi di Eluard.
Weill: A Kingdom for a Cow, musical play.
Shostakovich: Sinfonia n. 4. Cinque frammenti per piccola
orchestra.
Messiaen: La Nativité du Seigneur, nove meditazioni per organo.
Shostakovich: Sonata per pianoforte n. 2. Sei Romanze su versi di Poeti inglesi.
R. Strauss: Concerto per corno n. 2.
Schönberg: Concerto per pianoforte.
Pizzetti: Sonata per pianoforte.
Malipiero: Minnie la candida, opera.
Stravinskij: Danses concertantes, per orchestra da camera. Circus Polka, per orchestra.
Casella: Paganiniana, per orchestra.
Prokof’ev: Sonata per flauto. Ivan il terribile, musica da film.
Martinu: Sinfonia n. 1.
Milhaud: Quartetto d’archi n. 11.
Poulenc: Sonata per violino.
Dallapiccola: Marsia, balletto. Cinque Frammenti di Saffo.
Menotti: The Island God, opera.
Britten: A Ceremony of Carols, per tre soprani ed arpa. Hymn to St Cecilia, per voci a cappella.
Bernstein: Sonata per clarinetto e pianoforte. Sinfonia n. 1 “Jeremiah”.
Irving Berlin: White Christmas.
Elias Canetti, L’accecamento.
Arcibald Cronin, E le stelle stanno a guardare.
John Steinbeck, Pian della Tortilla.
Thomas Stearns Eliot, Assassinio nella cattedrale.
René Magritte dipinge: La condizione umana.
Fausto Melotti realizza: Scultura n. 15.
A Stoccolma Gunnar Asplund iniziatore dell’architettura organica
termina la costruzione del Crematorio del cimitero sud.
Le truppe italiane penetrano in Etiopia dopo che erano scoppiati
incidenti alla frontiera con la Somalia.
Hitler ripristina la coscrizione obbligatoria. Inizia con le “leggi
di Norimberga” la persecuzione degli ebrei e dei non ariani.
Termina dopo 10.000 km. la lunga marcia, i comunisti guidati
da Mao Ze-Dong raggiungono la regione dello Shensi dove
nasce una repubblica sovietica del 90.000 partiti.
Nicola Abbagnano, Introduzione all’esistenzialismo.
Yves Tanguy dipinge: Ancora e sempre.
Piet Mondrian dipinge: Broadway-Boogie-Woogie.
Salvaore Quasimodo, Ed è subito sera.
Gianni Stuparich, L’isola.
Salvator Gotta, Ottocento.
Antonio Baldini, Rugantino.
Albert Camus, Lo straniero.
William Saroyan, La commedia umana.
A Salisburgo s’incontrano Hitler e Mussolini per un esame della situazione.
Sidney e altre città australiane vengono bombardate dai giapponesi.
In giungo, alla seconda conferenza di Washington, Roosevelt e Churchill decidono di studiare
nuove iniziative militari per alleggerire la pressione tedesca sul fronte russo e gettano le basi
per la costruzione della bomba atomica.
In luglio Sebastopoli è occupata definitivamente dalla truppe tedesche e romene.
Comincia la serie di battaglie sul Volga e per Stalingrado che durerà fino all’inizio di febbraio
del 1943.
Dal ghetto di Varsavia inizia la deportazione degli ebrei al campo di concentramento di Treblinka.
In agosto a Mosca Churcill e Stalin si incontrano per la prima volta.
In dicembre i Sovietici lanciano un’offensiva sul fronte del Don, provocando la rotta delle forze
tedesche e la disfatta del contingente italiano accerchiato a quasi annientato: solo pochi reparti
decimati riusciranno ad effettuare la ritirata.
coincidenze
Negli Stati Uniti il geofisico Charles Francis Richter mette a
punto una scala per la misurazione dell’intensità dei terremoti.
Il fisico Robert A.Watson-Watt inventa il radar.
Rudolf Carnap scrive il saggio: Il problema logico della scienza.
Il 2 dicembre nel campo squash dell’Università di Chicago si attua il primo esperimento di
reazione nucleare a catena controllata con un reattore realizzato dal fisico italiano Enrico Fermi.