LO SVILUPPO Lo sviluppo può essere definito come la crescita del benessere di un paese. E’ una nozione che coinvolge due aspetti: ASPETTO QUALITATIVO Migliore qualità della vita ASPETTO QUANTITATIVO Crescita economica (patrimoni e redditi) NOZIONE DI SVILUPPO Mentre la crescita economica è misurabile attraverso indici economici (seppure approssimativi), la qualità della vita riguarda aspetti più difficilmente misurabili e soprattutto più soggettivi, in quanto legati a giudizi. Ecco perché le statistiche economiche spesso fanno riferimento solo agli aspetti quantitativi. In particolare l’indice più utilizzato per misurare il tasso di crescita di un paese è l’incremento del PIL. Vale a dire la variazione del PIL in un anno rapportato in percentuale al PIL di partenza (es. +4% del PIL). La crescita del PIL misura indirettamente la crescita del reddito nazionale e quindi ci dà un’idea di quanta ricchezza è stata creata nell’anno in un determinato paese. Qualora però si vogliano confrontare due paesi diversi, al fine di comparare il benessere economico è opportuno riferirsi al guadagno medio di ogni residente che si calcola attraverso il PIL procapite o in alternativa il RNL procapite. Tale dato si ottiene dividendo il PIL per il numero degli abitanti (es. se un paese ha un PIL medio procapite di 20.000 € e un altro di 2.000 € possiamo in prima approssimazione dire che il primo paese è 10 volte più ricco del secondo). In realtà anche il PIL pro‐capite ha dei limiti. Esso non tiene conto del livello di prezzi interni (Se per esempio supponiamo che il livello dei prezzi è doppio nel primo paese rispetto al secondo, il distacco fra i due paesi si riduce della metà). Il problema è ancora più difficoltoso quando i due paesi non hanno la stessa moneta. Esistono comunque degli organismi internazionali che confrontando i poteri di acquisto dei due paesi forniscono il PIL pro‐capite reale che permette dei confronti più precisi. Rimaniamo all’aspetto quantitativo e ci chiediamo: perché un paese cresce? In prima battuta possiamo dire che un paese cresce a) Perché ha delle risorse produttive; b) Perché è in grado di incrementare le proprie risorse produttive possedute; c) Perché è in grado di sfruttare meglio le risorse di cui dispone. Le risorse produttive, secondo l’impostazione economica classica, possono essere divise in 3 categorie: risorse naturali (suolo, sottosuolo, acque, aria, paesaggio, risorse storico culturali ecc.) risorse umane (lavoro) capitali (finanziari e reali). LE RISORSE NATURALI: Le risorse naturali sono date (non sono quindi incrementabili a meno che non si conquistino nuovi territori) ma ne può essere migliorato lo sfruttamento (anche scoprendo nuove risorse che c’erano ma erano sconosciute) IL LAVORO 1 L’incremento della forza lavoro passa in primo luogo attraverso l’incremento della popolazione (meno morti più nascite, meno emigrazione più immigrazione). In secondo luogo attraverso l’aumento della forza lavoro (persone che cercano lavoro e che sono in grado di lavorare) ed in terzo luogo mettendo in grado in grado le persone di lavorare effettivamente preoccupandosi: a) che siano in salute (assistenza sanitaria) b) che siano preparate e concretamente utilizzabili nel mondo del lavoro (istruzione e formazione) c) Che siano in grado di trovare il lavoro quando lo cercano o siano in grado di farsi trovare quando sono le imprese a cercarli (efficienza del mercato del lavoro) d) Che ci siano imprese in grado di assumere i lavoratori (alto tasso di occupazione) I CAPITALI I capitali sono costituiti attraverso gli investimenti. Gli investimenti costituisono la spesa per beni destinati a produrre altri beni. Essi quindi rappresentano incrementi degli stock di capitali esistenti. I capitali esistenti si decrementano per effetto dell’uso che di essi se ne fa (ammortamento) e si incrementano quando vengono ricostituiti attraverso la nuova produzione. L’incremento o per meglio dire l’accumulazione di capitali è forse il fattore più rilevante per la crescita economica. Ma gli investimenti si possono realizzare solo se qualcuno li finanzia. Dunque assume un ruolo determinante ai fini dello sviluppo l’organizzazione e il funzionamento del sistema creditizio (sistema bancario e finanziario efficiente). Ma il sistema creditizio può essere se esiste qualcuno che risparmia. In un paese in cui vi sono solo consumi e nessuno risparmia, non si verifica alcuna accumulazione di capitale. Non essendoci capitali non sono sfruttate né la risorsa lavoro né le risorse naturali. Il sistema non può crescere. IL CIRCOLO DELLA POVERTA’ Il problema più limitante nella crescita dei paesi poveri è costituito dal fatto che i redditi sono troppo bassi. La gente non ha risorse sufficienti per vivere e quindi tanto meno avrà risorse per risparmiare. Ma se non ci sono risparmi anche gli investimenti tendono a zero. Il sistema non cresce. REDDITO BASSO ACCUMULAZIONE ZERO RISPARMIO NULLO INVESTIMENTI ZERO Per uscire da questo circolo i paesi poveri spesso ricorrono al risparmio dei paesi esteri, cioè contraggono prestiti con il resto del mondo. Se tuttavia gli investimenti realizzati attraverso questi finanziamenti non sono efficienti e quindi tali da far crescere produzione (o peggio se questi finanziamenti vengono utilizzati per alimentare i consumi e non per gli investimenti) accade che questi paesi contraggono debiti verso l’estero (o anche verso organismi internazionali quali Banca Mondiale e Fondo monetario Internazionale) molto alti, il cui servizio (rate di rimborso + interessi) diventano insostenibili. Si pone quindi il problema da parte dei paesi sviluppati di “cancellare il debito dei paesi poveri”. Non è raro che poi questi paesi abbiano sistemi poco democratici (la democrazia permette ai più deboli e poveri di ottenere che i loro interessi siano rappresentati) e quindi che perseguano interessi particolaristici piuttosto che interessi generali della collettività. 2 ALTRI FATTORI DI SVILUPPO Accanto ai tradizionali fattori di sviluppo visti in precedenza possiamo citarne alcuni altri: ‐ Capacità organizzativa imprenditoriale. Questa è una risorsa che dipende anche dalla storia e cultura di un paese, ma è in parte migliorabile attraverso processi formativi; ‐ La politica dello stato e il tipo di sistema economico prescelto (sistemi economici pianificati garantiscono maggiormente l’uguaglianza, ma in genere determinano bassi livelli di crescita) ‐ La politica economica dello Stato e la capacità di fornire i capitali infrastrutturali (opere pubbliche che servono a tutti, ma che nessuno sarebbe in grado di fare da solo o troverebbe conveniente fare perché ad esempio se ne potrebbe usufruire a costo zero – es. faro) I LIMITI ALLO SVILUPPO Una domanda che gli economisti si sono fatti è se lo sviluppo è destinato a perdurare nel tempo o se lo stesso incontra dei limiti. Analizziamo il pensiero dei principali economisti che si sono occupati del problema: ADAM SMITH Per Smith il principale fattore di sviluppo è dato dalla “divisione del lavoro” e quindi 1723‐1790 dalla organizzazione della produzione. La divisione del lavoro: ‐ Migliora l’abilità del lavoratore ‐ Riduce i tempi di attesa per passare da un lavoro all’altro ‐ Migliora le capacità di innovazione L’analisi di Smith è tesa a evidenziare il fenomeno della rivoluzione industriale e quindi non si sofferma sui limiti dello sviluppo DAVID RICARDO Risulta pessimista sulle possibilità di sviluppo del sistema economico. Egli elabora la 1772‐1823 teoria della “caduta tendenziale del saggio di profitto” che è figlia del sistema prevalentemente agricolo dell’epoca in cui scrive. Con lo sviluppo infatti occorrerà aumentare la produzione agricola e quindi bisognerà mettere a coltura terre sempre meno fertili. Gli imprenditori cercheranno di accaparrarsi le terre più fertili, ma i proprietari terrieri sulle terre più fertili chiederanno affitti maggiori. La concorrenza farà sì che tutti i guadagni delle terre più fertili andranno ai rentiers e tutti gli imprenditori guadagneranno esattamente quanto guadagna l’imprenditore sul terreno meno fertile e così via mano a mano che si metteranno a coltura terreni sempre meno fertili. Solo il progresso tecnico (maggiore produzione anche sulle terre meno fertili) potrà rallentare questo processo, ma non evitarlo. Prima o poi il saggio di profitto sarà azzerato e l’accumulazione annullata (per l’economista i proprietari terrieri non producono ricchezza). Oggi questa teoria ha perso importanza. Tuttavia secondo alcuni sarebbe ancora valida se la si considera alla luce della terziarizzazione dell’economia. Con lo sviluppo economico l’economia tende a spostarsi dal settore primario a quello secondario e da questo al terziario, in cui la produttività è più bassa. Anche qui la concorrenza dovrebbe allineare i saggi di profitto verso valori inferiori. Malthus è preoccupato dalla crescita della popolazione che secondo lui avviene a ritmi THOMAS molto superiori al tasso di crescita delle risorse. Se la gente sta meglio, fa più figli e ROBERT questo determina un boom demografico con un insufficienza di risorse per alimentare MALTHUS la popolazione. 1766‐1834 L’evidenza storica ha smentito questa previsione. Nei paesi più avanzati la gente tende a fare meno figli e comunque le risorse sono cresciute a ritmi superiori rispetto alla crescita popolazione. La teoria rimane tuttavia valida quando si pensi soprattutto all’esaurimento delle risorse naturali irriproducibili (petrolio, risorse idriche, risorse forestali ecc.) e anche al peggioramento della loro qualità (qualità dell’aria, surriscaldamento del pianeta, buco 3 dell’ozono ecc.). Non sappiamo se l’uomo sarà in grado di fronteggiare con risorse alternative o nuove tecnologie tali problemi. KARL MARX Marx è il torico dello sfruttamento. Nel sistema capitalistico vi è una classe (capitalisti) 1818‐1883 contro un’altra (proletari). Solo i capitalisti investono i profitti realizzati, profitti che derivano dallo sfruttamento dei lavoratori. I capitalisti troveranno sempre più conveniente sostituire macchine a lavoratori. Tuttavia l’aumento del solo fattore produttivo “macchine” comporterà meno lavoratori impiegati, meno sfruttamento e quindi meno profitti e in definitiva minore accumulazione e crescita (caduta tendenziale del tasso di profitto). La crisi del sistema economico capitalistico non sarà però dovuta alla riduzione dei profitti, bensì sarà determinato dalla forza rivoluzionaria del proletariato, che rovescerà il sistema capitalistico. Per Schumpeter lo sviluppo è attribuibile principalmente all’imprenditore innovatore JOSEPH (nuovi prodotti, nuovi modi di costruire ecc). Le innovazioni smuovono il sistema SCHUMPETER economico dalla posizione di equilibrio e rigenerano il profitto fino a quando gli altri 1883‐1950 imprenditori lo imiteranno annullando il vantaggio iniziale. Ma riguardo al futuro non è ottimista. Egli vede alcuni elementi che tendono a rallentare il processo di innovazione e quindi la crescita economica: ‐ Eccessiva concentrazione della ricchezza in poche imprese spegnerà la voglia di innovare ‐ L’eccessivo intervento pubblico renderà l’economia più burocratica e poco incline a innovare ‐ Le generazioni future staranno meglio e avranno meno voglia di rischiare POSTKEYNESIANI Mentre Keynes si occupa più dell’andamento ciclico dello sviluppo, i suoi seguaci elaborano alcune teorie, fra cui: a) Ristagno secolare – Secondo questa teoria i sistemi economici tendono a sottoutilizzare le risorse (non c’è sufficiente domanda) e quindi è necessaria la spesa pubblica b) Modello Harrod‐Domar: che ritiene molto difficile conciliare sviluppo e piena occupazione che si potranno ottenere solo ad un diffcile equilibrio fra risparmi, consumi e investimenti LE RISORSE AMBIENTALI L’ambiente è una risorsa che poche volte viene presa in considerazione nelle decisioni economiche (l’imprenditore non paga i danni causati all’ambiente e quindi il costo sociale non finisce sul prezzo di vendita e quindi non disincentiva il consumatore) Ad esempio un produttore causa danni ambientali per 100.000 euro l’anno. Egli produce 100 sedie che gli costano 40 euro ciascuna e che rivende a 50 euro. Se dovesse pagare i costi ambientali le sedie costerebbero (100.000/100 + 40) =1.040 e sarebbe costretto a rivenderle a 1.050, ma a quel prezzo probabilmente nessun consumatore le comprerebbe. In questo modo si eviterebbero i danni ambientali causati da quel produttore (anche se molta gente rimarrebbe in piedi). L’ambiente tuttavia è risorsa fondamentale sia per l’economia, ma soprattutto per la vita umana. Sono sotto gli occhi di tutti i principali problemi ambientali creati a causa dell’opera spesso scriteriata dell’uomo: desertificazione, deforestazione, piogge acide, effetto serra, buco dell’ozono, traffico, inquinamento ecc. SVILUPPO SOSTENIBILE Se a questo sommiamo l’eccessivo consumismo delle società avanzate e le disuguaglianze nella distribuzione mondiale dei redditi, capiamo che occorre ricercare un nuovo modello di sviluppo, che spesso viene chiamato “modello di sviluppo sostenibile”. Per sviluppo sostenibile quindi si intende una forma di sviluppo che non compromette la possibilità delle future generazioni di perdurare nello sviluppo, preservando la qualità e la quantità del patrimonio e delle risorse naturali e ambientali e nello stesso tempo realizzare una più equilibrata distribuzione del reddito. L'obiettivo è quindi uno sviluppo economico compatibile con l'equità sociale e gli ecosistemi. 4